GPII 1994 Insegnamenti - Lettera Apostolica "Motu Proprio" con la quale Giovanni Paolo II istituisce la Pontificia Accademia per la Vita


IOANNES PAULUS PP. II

Data: 1994-03-01 Data estesa: Martedi 1 Marzo 1994





Udienza: all'Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari - Sala del Concistoro, Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il dono della vita è aggredito e rapinato in numerosi bambini condannati dall'odio e dal calcolo egoistico a non avere futuro

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Sono lieto di incontrarmi con voi in occasione della terza Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari. Non è senza significato che la vostra assise abbia luogo nel periodo in cui la Chiesa vive liturgicamente il "tempo forte" della Quaresima, nel quale si fanno preminenti e pressanti gli inviti alla preghiera e alla penitenza, alla conversione e al rinnovamento. In questo periodo la liturgia sottolinea il valore della sofferenza che, alleviata e consolata, diviene occasione di carità, e, accettata e offerta in unione col Sofferente del Golgota, acquista efficacia redentiva e pasquale.

Come non riconoscere, in questo contesto, tutta l'importanza del Pontificio Consiglio che Voi costituite e rappresentate, al quale spetta il compito di manifestare "la sollecitudine della Chiesa per gli infermi", svolgendo ed orientando "l'apostolato della misericordia" (cfr. Cost. past. Pastor bonus, 152)? A voi, pertanto, va il mio riconoscente e cordiale saluto: innanzitutto al Presidente del Dicastero, il Signor Cardinale Fiorenzo Angelini, che ringrazio per le cortesi parole rivoltemi e per i rapidi cenni con cui ha voluto illustrare il lavoro svolto e da svolgere; il saluto si estende poi ai venerati fratelli nell'Episcopato, membri del Dicastero, al Segretario e al Sotto-segretario, ai Sacerdoti, ai Religiosi e alle Religiose, ai Laici, ai Consultori e agli Esperti.

A tutti l'espressione della mia più viva gratitudine per l'intensa ed illuminata azione svolta in questo ultimo biennio.


2. L'antico interrogativo, posto alla mente ed al cuore dell'uomo dall'esistenza del dolore, si ripropone ai nostri giorni con dimensioni e intensità crescenti. Si constata con dolente meraviglia che le sofferenze, frutto della cattiveria, dell'egoismo e dell'esecrabile fame dell'oro e del potere, vanno assumendo proporzioni tali da creare sgomento.

Il dono della vita è aggredito e rapinato, oltre che nei confronti di milioni di nascituri, in numerosissimi bambini condannati dall'odio e dal calcolo egoistico a non aver futuro. Al tempo stesso, molte famiglie vengono distrutte e intere comunità sociali sperimentano la minaccia dell'estinzione nello spietato massacro-olocausto delle guerre fratricide.

La Chiesa vive con profonda ed accorata partecipazione ogni forma di sofferenza umana, non cedendo mai alla tentazione dell'assuefazione e della passiva rassegnazione, ma alzando il suo grido materno di ammonimento e di implorazione ed invitando i suoi figli a reagire con l'impegno della carità e della preghiera. Il cristiano, anche quando si sente umanamente impotente di fronte allo straripare del male, sa di poter contare mediante la preghiera sull'onnipotenza di Dio che non abbandona chi confida in Lui.

La Chiesa, che prega e spera, scopre nella fede la risposta all'interrogativo che il mistero della sofferenza ogni giorno ripropone. Essa sa che "soltanto nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo" (GS 22); in particolare, sa che "nella croce di Cristo non solo si è compiuta la redenzione mediante la sofferenza, ma anche la stessa sofferenza è stata redenta" (Salvifici Doloris, 19). così, in Cristo, che "ha aperto la sua sofferenza all'uomo", l'essere umano ritrova il proprio dolore arricchito di un nuovo contenuto e di un nuovo messaggio" (ivi 20).


3. Tuttavia la Chiesa non si limita ad offrire a chi soffre la risposta illuminante della fede, ma, secondo la sua antica consuetudine, si fa carico della sofferenza umana. Secondo l'esempio del divino Maestro che "percorreva tutte le città e i villaggi... curando ogni malattia e infermità" (Mt 9,35), essa non si stanca di moltiplicare le iniziative per alleviare i dolori e le pene dell'umanità. In tale prospettiva, esorta ciascun cristiano a comportarsi come il buon Samaritano, in quella che è "la parabola-chiave per la piena comprensione del comandamento dell'amore del prossimo" (VS 14).

A voi, carissimi Fratelli e Sorelle, spetta il compito di promuovere ed animare questo apostolato che trova il suo momento qualificante nel servizio alla vita, la cui preziosità e nobiltà rifulgono in particolare in coloro che soffrono.

E, allora, non posso che compiacermi per le numerose iniziative che il vostro Dicastero con instancabile zelo ha promosso al fine di sostenere - sul piano della sensibilizzazione, della formazione delle coscienze, della cooperazione a tutti i livelli e dell'aiuto ai bisognosi - la magnifica opera a difesa della vita minacciata. Lo dimostrano la vostra partecipazione ai progetti nazionali ed internazionali per la promozione della salute, i costanti contatti con gli altri Dicasteri della Curia Romana e con le Conferenze Episcopali, le visite pastorali agli ospedali, l'attività editoriale per far conoscere le direttive del Magistero della Chiesa, le importanti Conferenze internazionali sui temi centrali a difesa della vita, lo sforzo di comunione interecclesiale ed ecumenica, l'attenzione concreta a particolari situazioni che richiedono interventi immediati di sostegno e, infine, gli stessi riconoscimenti ricevuti dalle più alte Organizzazioni Mondiali impegnate nel campo della sanità e della salute. Lo dimostra, infine, questa nuova Accademia per la Vita, istituita dalla Santa Sede, sotto la presidenza del Professor Lejeune.


4. L'11 febbraio scorso, la Chiesa ha celebrato per la seconda volta l'annuale Giornata Mondiale del Malato. In quell'occasione ho voluto ricordare il decimo anniversario della pubblicazione della Lettera Apostolica Salvifici doloris. Tale documento costitui l'immediato preludio all'istituzione del vostro Dicastero che, in conformità ai contenuti e alle indicazioni del "Vangelo della sofferenza", ha così efficacemente contribuito a dilatare, nell'intera Comunità ecclesiale una nuova sensibilità nel servizio al dolore umano.

In questi nove anni di vita l'attività del vostro Pontificio Consiglio è venuta registrando un costante crescendo. Significativamente, perciò, sempre l'11 febbraio scorso, ho voluto firmare il Motu Proprio Vitae mysterium, col quale ho istituito la Pontificia Accademia per la Vita. Collegato col Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, tale nuovo Organismo dovrà operare in stretto rapporto con esso, in adempimento dello specifico compito di "studiare, informare e formare circa i principali problemi di biomedicina e di diritto, relativi alla promozione e alla difesa della vita, soprattutto nel diretto rapporto che essi hanno con la morale cristiana e le direttive del Magistero della Chiesa" (n.4).


5. La Chiesa, in un generale sforzo di evangelizzazione, è oggi impegnata a raccogliere le sfide della società del nostro tempo: sfide che, nelle smisurate e dilaganti forme di sofferenza e di solitudine, hanno forse uno degli aspetti più preoccupanti.

Voi, carissimi fratelli e sorelle, siete chiamati ad operare su questa ardua frontiera apostolica e missionaria, sorretti dalla fede e corroborati dalla preghiera. Incontrando l'umanità sofferente, i credenti sono consapevoli di incontrare Cristo stesso, il cui Santo Volto è il volto di coloro che portano le infinite croci imposte dall'ingiustizia, dalla violenza, dall'egoismo.

In tale servizio a chi soffre si ravvisa il più fecondo terreno vocazionale, come confermano le crescenti forme del volontariato cristiano ed il numero di vocazioni sacerdotali e di speciale consacrazione che maturano nelle aree del mondo più provate dalla sofferenza.

A questo riguardo, mi compiaccio di quanto il vostro Dicastero sta compiendo, in termini di studio, di proposte e di iniziative, in vista della celebrazione della IX Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi che, nel prossimo autunno, affronterà il tema della Vita Consacrata e della sua missione nella Chiesa e nel mondo. E' vostra cura, infatti, approfondire il particolare carisma dei Religiosi nel servizio agli infermi, considerando salute e infermità quale campo privilegiato di evangelizzazione da parte delle persone consacrate, nella motivata consapevolezza dello stretto rapporto esistente tra pastorale sanitaria e pastorale della promozione delle vocazioni.

Nell'affidare i vostri progetti e propositi alla Vergine Santissima "icona vivente del Vangelo della sofferenza", poiché nel suo cuore "si è ripercosso in modo unico ed incomparabile il dolore del Figlio per la salvezza del mondo" (Messaggio per la II Giornata Mondiale del Malato, 6), vi incoraggio a perseverare con rinnovato entusiasmo nel vostro lavoro ed imparto a voi ed ai vostri collaboratori, quale pegno di speciale affetto, la mia Benedizione.

Data: 1994-03-01 Data estesa: Martedi 1 Marzo 1994





Visita "ad limina": il discorso ai Vescovi del Guatemala - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: E' solo nel Vangelo che il cristiano trova la forza per seminare attorno a sé la giustizia e la pace

Cari fratelli nell'Episcopato,


1. Siate i benvenuti in questo incontro collegiale, che è per me motivo di profonda gioia, e con il quale culmina la vostra visita "ad limina Apostolorum", la quale - con le parole del Concilio Vaticano II - è segno di comunione con la Sede Apostolica, in continuità con "l'antichissima disciplina, secondo cui i Vescovi di tutto il mondo comunicano fra di loro e con il Vescovo di Roma, nel vincolo della carità, dell'unità e della pace" (LG 22). Si tratta inoltre di un pellegrinaggio alle origini della Chiesa per venerare le tombe degli apostoli Pietro e Paolo come espressione dell'indissolubile unità nell'amore di Cristo, il Pastore supremo (cfr. 1P 5,4).

In voi saluto le Chiese particolari del Guatemala affidate alla vostra cura pastorale e, in modo particolare, quanti condividono con voi in modo più diretto la missione dell'evangelizzazione: sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, catechisti e laici impegnati. Assicuro a tutti gli amati figli del Guatemala il mio ricordo costante nella preghiera e allo stesso tempo formulo ferventi voti affinché il Signore renda molto feconda la loro opera apostolica nell'ambito della nuova evangelizzazione.


2. Nel vostro documento collettivo "500 anni seminando il Vangelo" affermate: "In quest'ora privilegiata della Storia aderiamo con rinnovato entusiasmo al progetto della Nuova Evangelizzazione e invitiamo tutti gli uomini e le donne di buona volontà a costruire una società più giusta, umana, fraterna e democratica" (Introduzione). Come ho indicato nel discorso inaugurale della IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latino-americano a Santo Domingo "in realtà, il richiamo alla Nuova Evangelizzazione è prima di tutto un richiamo alla conversione.

Infatti, attraverso la testimonianza di una Chiesa sempre più fedele alla sua identità e più viva in tutte le sue manifestazioni, gli uomini e i popoli dell'America Latina e di tutto il modo potranno continuare ad incontrare Gesù Cristo, e in lui la verità della loro vocazione e della loro speranza, il cammino verso un'umanità migliore" (n. 1). La Nuova Evangelizzazione dovrà quindi preservare le ricchezze spirituali del vostro popolo e favorire in tutti una conversione sempre più coerente con il Vangelo; essa deve portare tutti i fedeli a penetrare sempre più il mistero di Cristo.


3. "L'intero mistero di Cristo" (CD 12), cari Fratelli, deve essere sempre il punto centrale della vostra azione evangelizzatrice. Le grandi verità della fede, che la liturgia ci ricorda ciclicamente, devono essere proposte al popolo cristiano in modo vivo, attuale e attraente per suscitare una maggiore partecipazione personale e comunitaria e rafforzare così la ferma adesione ai misteri che si celebrano. Quando il Vescovo offre il sacrificio eucaristico e celebra i sacramenti, trasmette ciò che egli stesso ha ricevuto dalla tradizione che viene dal Signore (cfr. 1Co 11,25) e in tal modo edifica la Chiesa. E' quindi necessario che tali celebrazioni occupino un posto prioritario nell'azione pastorale e nella vita dei fedeli. Mediante la proclamazione della Parola, l'amministrazione dei sacramenti e gli altri mezzi di santificazione si vedrà rafforzata la radicata religiosità del popolo guatemalteco e ciò sarà la migliore garanzia per affrontare le gravi sfide che oggi si presentano alla Chiesa e alla stessa società. Formulo ferventi voti affinché la celebrazione del IV centenario del Santo Cristo di Esquipulas, che avrà luogo il prossimo anno, sia occasione propizia per un profondo rinnovamento spirituale, basato su una partecipazione più attiva e cosciente alla vita liturgica e sacramentale, e promuova nelle diocesi e nelle parrocchie, nelle comunità e nei movimenti apostolici, un vigoroso dinamismo nei compiti della Nuova Evangelizzazione.

Voi, come "veri e autentici maestri della fede, i pontefici e i pastori" (CD 2), siete stati posti da Dio per insegnare con autorità la verità rivelata, la quale adempie alla funzione di vigilanza per prevenire gli errori. perciò, vi ricordo vivamente che nell'esercizio della vostra missione magisteriale realizzate anche un sereno e autentico discernimento dottrinale e pratico per illuminare e guidare gli agenti di pastorale e tutti i fedeli. Una riflessione teologica che alterasse la Parola di Dio con riduzioni arbitrarie e riletture soggettive non potrebbe essere accettata dalla Chiesa, anche se con ciò si volesse denunciare l'ingiustizia, poiché "L'annuncio è sempre più importante della denuncia, e questa non può prescindere da quello, che le offre la vera solidità e la forza della motivazione più alta" (SRS 41).

Guardando alla realtà del vostro Paese con gli occhi della fede, avete instancabilmente sottolineato la necessità di riconciliazione e di perdono, in uno sforzo comune per conseguire, attraverso il dialogo e i mezzi pacifici, il superamento dello scontro armato e dei persistenti antagonismi, degli squilibri e degli interessi contrapposti, che ostacolano il processo di pace.

La causa della giustizia e della pace è pienamente portata avanti dalla Chiesa nel suo servizio agli uomini, in particolare, ai più bisognosi. Una causa integrata nella sua dottrina sociale "per favorire sia la corretta impostazione dei problemi che la loro migliore soluzione" (SRS 41) al fine di ottenere "uno sviluppo autentico dell'uomo e della società che rispetti e promuova in tutta la sua dimensione la persona umana" (cfr. SRS 41). Essere seminatori di giustizia e di pace significa difendere e diffondere i loro postulati a tutti i livelli e, allo stesso tempo, segnalare le loro violazioni come qualcosa di contrario al Vangelo e alla dignità della persona. Per questo, gli obbiettivi della giustizia e della pace non solo esigono che si combattano le strutture che si oppongono loro, ma anche il peccato personale, soprattutto l'egoismo, che è alla base degli scontri e delle strutture ingiuste.

"Chi non pratica la giustizia non è da Dio, né lo è chi non ama il suo fratello" (Jn 3,10). Seminare la giustizia significa per il cristiano trarre dalla propria fede e dai principi del Vangelo la forza e l'ispirazione per cambiare le situazioni concrete con metodi evangelici, ossia mediante il dialogo, la solidarietà e l'amore. Per questo è sempre riprovevole il ricorso alla violenza e all'odio come mezzi per conseguire una meta di pretesa giustizia.

In questo ambito acquista particolare rilievo la menzionata Lettera pastorale collettiva, con la quale avete fatto un pressante appello a favore di una fascia del vostro popolo particolarmente afflitta dalla povertà e dall'abbandono: gli indigeni. Conosco la sollecitudine pastorale con la quale avete intrapreso la missione di rendere ogni giorno più presente Gesù Cristo in mezzo alle comunità indigene, che rappresentano più della metà della popolazione guatemalteca. La Chiesa non può rimanere in silenzio né passiva dinanzi all'emarginazione di molti di questi nostri fratelli; per questo, li accompagna seguendo in ogni momento i criteri di pace e di amore del Vangelo, in particolare quando si tratta di difendere i legittimi diritti alle loro proprietà, al lavoro, all'educazione e alla partecipazione alla vita pubblica del Paese. Motivo di consolazione è constatare che numerosi rifugiati sono ritornati in Guatemala e, anche se non senza difficoltà, si stanno reintegrando nella vita cittadina.

Portate loro quindi il saluto e la benedizione del Papa, in particolare a quanti soffrono ancora per la separazione dalla loro patria e dai loro cari.


5. Motivo di particolare preoccupazione, nella vostra sollecitudine di Pastori, è il proliferare delle sette, che seminano confusione tra i fedeli e deformano il contenuto del messaggio evangelico. E' certo che le persistenti campagne proselitiste di movimenti e gruppi "pseudo spirituali" - come li definisce il documento di Puebla n. 628 - cercano innanzitutto di disgregare l'unità cattolica del vostro popolo. Come ho indicato nel discorso inaugurale della IV Conferenza dell'Episcopato latino-americano "al preoccupante fenomeno delle sette bisogna reagire con un'azione pastorale che ponga al centro di tutta la persona la sua dimensione comunitaria e il suo anelito ad un rapporto personale con Dio". E' un fatto che là dove la presenza della Chiesa è dinamica, come nel caso delle parrocchie in cui si impartisce un'assidua catechesi sulla Parola di Dio, là dove esistono una liturgia attiva e partecipata, una solida pietà mariana, un'effettiva solidarietà nel campo sociale, una forte sollecitudine pastorale per la famiglia, per i giovani e per i malati, vediamo che le sette e i movimenti para-religiosi non riescono ad attecchire e a svilupparsi" (Santo Domingo, 12.10.1992, n. 12).


6. In questo Anno della Famiglia desidero rivolgere, attraverso di voi uno speciale messaggio di incoraggiamento e di speranza alle care famiglie guatemalteche. Ad esse, che sono i santuari dell'amore e della vita (cfr. CA 39), rivolgo un'esortazione affinché siano autentiche "chiese domestiche", luogo di incontro con Dio, centro di diffusione della fede, scuola di vita cristiana. Come ho evidenziato nella recente Lettera che ho rivolto alle famiglie del mondo "la famiglia è il centro e il cuore della civiltà dell'amore" (n. 13) "L'avvenire dell'umanità passa attraverso la famiglia! E', dunque, indispensabile ed urgente, che ogni uomo di buona volontà si impegni a salvare e a promuovere i valori e le esigenze della famiglia" (FC 86 Conclusione).

Sono ben noti i problemi che ai nostri giorni insidiano il matrimonio e l'istituzione familiare: divorzio, aborto, campagne anti-natalità - in contrapposizione all'autentitica paternità responsabile (cfr. GS 50-51) - unioni consensuali libere, deterioramento dei principi etici e morali.

Per questo è necessario presentare con autenticità l'ideale della famiglia cristiana, basato sull'unità e sulla fedeltà dei coniugi, aperto alla fecondità, guidato e illuminato dall'amore. Esorto quindi tutti a insistere nella difesa della dignità di ogni vita umana, nell'indissolubilità del matrimonio, nella fedeltà dell'amore coniugale, nell'educazione dei bambini e dei giovani secondo i principi cristiani di fronte a ideologie cieche che negano la trascendenza e che la storia recentemente ha svilito mostrando il loro vero volto. Che in seno ai focolari cristiani, i giovani, che sono la grande forza e speranza di un popolo, possano scoprire ideali alti e nobili che appaghino le ansie dei loro cuori e li allontanino dalla tentazione di una cultura non solidale e senza orizzonti che conduce irrimediabilmente al vuoto e allo scoraggiamento.


7. Cari fratelli, ringrazio fervidamente Dio per avermi permesso di condividere con voi la sollecitudine pastorale che anima il vostro ministero per il bene della Chiesa in Guatemala. Vi assicuro della mia preghiera e della mia partecipazione spirituale ai vostri lavori apostolici. Già sapete che per ottenere il miglior risultato nella vostra opera evangelizzatrice, è importantissimo camminare uniti, rafforzando tra voi, Pastori, la comunione di volontà e propositi che già vi anima. L'unità tra i Vescovi è garanzia di efficacia apostolica e testimonianza di fedeltà alla volontà di Cristo, che prega incessantemente "perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola perché il mondo creda che mi hai mandato" (Jn 17,21). L'unità - affettiva ed effettiva - tra i Vescovi di una stessa Nazione è oggi più necessaria che mai, in particolare tenendo conto delle urgenti sfide che dovete affrontare. Questa costante unità, voluta da Cristo, non si fonda su semplici motivazioni umane, ma nasce dalla comune esigenza di essere degni Pastori della Chiesa di Dio, e deve manifestarsi anche nel vostro operato collegiale.

Ogni Vescovo ha, certamente, la sua propria esperienza pastorale e può considerare un determinato problema da un diverso punto di vista. Tuttavia, dinanzi alle sfide dell'ora attuale "l'amore del Cristo ci spinge" (2Co 5,14) a cercare sempre ciò che ci unisce dando in tal modo testimonianza di un'opera apostolica unitaria per la costruzione del Regno di Dio e per l'edificazione spirituale della propria comunità diocesana. Per quanto si riferisce alla collegialità, il Concilio Vaticano II ci ricorda che "specialmente ai nostri tempi i Vescovi spesso difficilmente sono in grado di svolgere in modo adguato e con frutto il loro mandato, senza una cooperazione sempre più stretta e concorde con gli altri Vescovi" (CD 37). Lo stesso spirito di comunione e di collaborazione deve esistere e crescere anche tra voi e i presbiteri, ai quali è stato affidato il compito giornaliero di guidare il popolo cristiano.

Accompagnateli con affetto paterno e con fiducia. Condividete i loro problemi e il loro anelito apostolico.

Prima di concludere, desidero ringraziarvi vivamente per la vostra dedizione pastorale in fedeltà a nostro Signore Gesù Cristo. Già sono trascorsi dieci anni dalla mia visita pastorale in Guatemala, Paese di cui conservo indimenticabili ricordi e per cui nutro un profondo affetto. Ancora ricevo lettere dai vostri fedeli nelle quali essi evocano gli indimenticabili incontri di quei giorni. Consentitemi oggi di reiterare l'esortazione ad amare la Chiesa, che ho rivolto durante la Celebrazione Eucaristica al Campo di Marte, dove si riuni la più grande assemblea di persone fino ad allora conosciuta in America Centrale: "dovete amare sempre questa Chiesa che con lo sforzo dei suoi figli migliori, contribui tanto a formare la vostra personalità e libertà; che è stata presente negli avvenimenti più gloriosi della vostra storia; che è stata e continua ad essere al vostro fianco quando vi arride la sorte o v'opprime il dolore; che ha tentato di scacciare l'ignoranza gettando, per mezzo delle sue scuole, dei suoi collegi e delle università, la luce dell'educazione sulla mente e il cuore dei suoi figli; che ha levato, e continua a levare la sua voce per condannare ingiustizie, per denunciare soprusi contro i più poveri e umili non in nome di ideologie - di qualsiasi segno - ma in nome di Cristo, del suo Vangelo, del suo messaggio di amore e di pace, di giustizia, di verità e libertà" (Omelia, 7.3.1983, n. 4).


8. Che lo Spirito Santo che ci è stato infuso in modo particolare con l'ordinazione episcopale vi renda ogni giorno più fedeli e audaci per annunciare la speranza della salvezza mediante la Parola di verità e per riunire i fedeli delle vostre diocesi in un'autentica comunione di vita ecclesiale. Che la santissima Vergine, che è vita, dolcezza e speranza nostra, ottenga per voi dal suo divino Figlio, Principe della Pace, l'anelato dono della pace, che ponga fine agli scontri e faccia regnare in tutti i cuori sentimenti di solidarietà e di amore cristiano.

Con questi desideri, vi imparto la Benedizione Apostolica che estendo con gioia ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai catechisti e a tutti gli 17/01/19102 Pag. 20105 amatissimi figli delle vostre Chiese particolari.

Data: 1994-03-04 Data estesa: Venerdi 4 Marzo 1994





Angelus: verso la prossima Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Cristo chiama l'Africa! L'Africa è pronta per Cristo!"

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Mentre si avvicina la prossima Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa, il mio pensiero va ancora una volta a questo grande Continente che, nonostante i suoi numerosi problemi, sta assumendo un ruolo sempre più rilevante nella storia del mondo, e merita una speciale attenzione da parte della Chiesa.

Il rapporto dell'Africa col Vangelo ha conosciuto diversi e ben distinti periodi. Nei primi secoli del cristianesimo l'Africa del Nord vide comunità ecclesiali fiorenti, in cui emersero personalità della statura di Tertulliano, san Cipriano, sant'Agostino. Furono africani anche alcuni Pontefici romani. Purtroppo di quel primo cristianesimo, per una serie di tristi eventi storici, non rimasero che poche tracce.

Con l'età moderna, il Vangelo ha trovato nuove vie per radicarsi nel cuore dell'Africa. Molto fecondo si è dimostrato soprattutto l'impegno missionario a partire dalla metà del secolo scorso. Oggi i cattolici africani, come pure i cristiani di altre confessioni, sono in costante crescita e molti di loro offrono una significativa testimonianza a Cristo. E' il frutto di un cammino segnato anche dal martirio ed arricchito da generosi frutti di santità. Come non ricordare, a tal proposito, i Martiri dell'Uganda, canonizzati da Paolo VI, e la sudanese Giuseppina Bakhita, che io stesso ho avuto la gioia di proclamare beata?


2. E' forse giunta, nei disegni della Provvidenza, l'ora del grande Continente africano. Cristo chiama l'Africa! E' questa la consapevolezza che animerà la prossima Assemblea sinodale.

L'Africa possiede una tradizione ricca di umanità e di senso religioso, che la rende una riserva di valori spirituali per l'intera umanità. Tali valori costituiscono una significativa preparazione al Vangelo.

L'Africa è pronta per Cristo! Nessuno tema, nell'annuncio del Redentore, il rischio di una neo-colonizzazione culturale! Come ci ha ricordato il Concilio, il cristianesimo ha un'intrinseca universalità, che lo rende capace di "adattarsi al genio e all'indole di ogni cultura" (AGD 22), accogliendone gli autentici valori, purificandoli e portandoli alla loro pienezza.

E' urgente, dunque, non solo che il Vangelo venga annunciato, ma anche che venga inculturato nel mondo africano. A quest'opera pongono già mano in prima persona le Comunità ecclesiali locali, in piena comunione con la Chiesa universale.


3. La Vergine Santa susciti e accompagni questo nuovo slancio evangelizzatore. In Lei la Parola di Dio si fece carne, incontrando così profondamente la realtà umana, ed anzi prendendo i lineamenti dell'uomo. Maria è, perciò, madre e modello di ogni evangelizzazione e di ogni inculturazione della fede. Voglia Ella guidare l'Africa ad una sempre più vasta e profonda accoglienza di Cristo.

Data: 1994-03-06 Data estesa: Domenica 6 Marzo 1994





Ai partecipanti al "Familyfest" promosso dal Movimento dei Focolari - Aula Paolo VI, Città del Vaticano (Roma)

Saluto ora con gioia i numerosi Focolarini presenti oggi in Piazza S. Pietro, che partecipano al "Familyfest '94", promosso dal Movimento Famiglie Nuove di Roma, Lazio e Abruzzo.

Carissimi, questa opportuna iniziativa, che si riallaccia idealmente alla grande manifestazione internazionale dello scorso anno, intende offrire un significativo contributo alle celebrazioni dell'Anno dedicato alla Famiglia, mediante la riflessione, lo scambio di esperienze e, soprattutto, la preghiera.

Nella "Lettera alle Famiglie" ho voluto instaurare un dialogo diretto, in una forma immediata e confidenziale, con tutte le famiglie, ricordando i pericoli a cui sono spesso esposte e, insieme, le grandi potenzialità di cui sono depositarie, per il bene dell'intera società in vista della costruzione della "civiltà dell'amore" (LF 13). E ho scritto alle famiglie, ma si poteva scrivere anche ai focolari. Perché appunto le famiglie sono focolari e i focolari di per sé sono famiglie anche se vivono insieme persone consacrate come in convento, come in comunità religiosa.

La famiglia, comunità di amore e scuola di vita per tutti i suoi componenti, è chiamata innanzitutto a vivere al proprio interno e poi a testimoniare all'esterno i valori fondamentali dell'esistenza umana: l'accoglienza, la solidarietà e l'impegno comune per un autentico progresso materiale e spirituale. Accanto alla persona umana, anche la famiglia costituisce perciò "la via della Chiesa" (n. 2). E non solamente la via, ma anche la missione.

La missione della Chiesa si realizza attraverso le famiglie e voi, carissimi focolarini, lo avete molto ben indovinato grazie al genio femminile di Chiara e di voi tutti. Salutate Chiara, prego per lei ogni giorno.

Avete indovinato questo e tutto il vostro Movimento è apostolico, profondamente. Perché è focolarino, familiare, ci insegna come essere insieme, come essere insieme in Cristo. E questo è veramente apostolato esemplare.

Per l'impegno e la generosità con cui vivete i legami familiari e i rapporti all'interno della grande "Famiglia di Dio", che è la Chiesa, vi dico grazie.

Desidero estendere questo mio ringraziamento a tutti i Focolarini del mondo, con un pensiero particolare a Chiara. Mentre incoraggio ciascuno di voi a proseguire con fedeltà sulla strada evangelica intrapresa, invoco la materna protezione di Maria sulle vostre famiglie e di cuore vi benedico.

Grazie! Buona continuazione! Siate a casa qui all'Aula Paolo VI, sentitevi a casa, e buona continuazione per il pomeriggio.

(Il Papa ha quindi voluto rivolgere un saluto ai numerosi fedeli che si erano raccolti in Piazza San Pietro per la preghiera dell'Angelus:) Grazie a tutti per questa adunanza di preghiera insieme a Piazza San Pietro. così il Papa si sente di più di essere Vescovo di Roma se i romani convengono, se il Papa visita le parrocchie, se poi ritorna incontrando tanta gente attraverso le strade. Si sente a Roma, Vescovo di Roma. Grazie a tutti, a voi specialmente. Sia lodato Gesù Cristo. Buona Quaresima.

Data: 1994-03-06 Data estesa: Domenica 6 Marzo 1994





Visita pastorale: l'omelia nella parrocchia di Bernardo da Chiaravalle - Centocelle (Roma)

Titolo: Intrepidi ed intransigenti nel difendere la vera famiglia

Fratelli e sorelle della parrocchia di San Bernardo, Oggi la Parola di Dio nella Liturgia ci parla del tempio. Voi avete la gioia di avere un nuovo tempio, una nuova chiesa parrocchiale costruita a costo di tanti sforzi e sacrifici. I bambini della Prima Comunione hanno cantato su questo tema, illustrando con le mani e con le voci, come si sia posto mattone su mattone per costruire questa chiesa.

Mi congratulo con voi, con i progettisti, con i costruttori, con tutta la vostra comunità, con il vostro parroco, con il vostro clero. E' una grande gioia anche per me.

Questa chiesa nuova appartiene alla Chiesa di Roma e così, attraverso di essa, si consolida la Chiesa di Roma. Non essendo potuto venire in novembre, la mia gioia per questa visita odierna è tanto maggiore.

La Liturgia ci parla di un tempio metaforico. Si tratta non solo del tempio costruito dalle pietre, ma anche del tempio costruito dalle persone. Per questo concentriamo la nostra riflessione sulla famiglia, perché la tradizione antica della Chiesa dei Padri ha chiamato la famiglia chiesa domestica. Essa è costituita dai padri, dalle madri, dai figli e dalla figlie. In mezzo a loro abita Dio. Egli vuol trovare la sua dimora in questo tempio vivo. così la famiglia è chiesa domestica, ma per esserlo deve essere basata su un fondamento solido che è la Verità, come ho ricordato nell'Enciclica Veritatis Splendor.

La forza della verità consente di costruire un tempio dentro di noi e fra di noi, di costruirlo nella famiglia, nella società, nell'umanità intera.

Vi sono alcuni che vorrebbero costruirlo senza la Verità e contro la Verità. Soprattutto viene attaccato il tempio, la chiesa domestica della famiglia.

Si vuole togliere il fondamento della Verità, approfittando delle debolezze umane, affermando la legittimità dei divorzi, delle separazioni, e di tutto ciò che è contro la vita dei nascituri e degli anziani. Si afferma ciò contro il fondamento e contro il precetto che invece è chiaramente a favore della vita. La vita è sacra.

Lo stesso discorso vale per il tentativo di dare legittimità a false famiglie costituite da due uomini o da due donne. Noi rispettiamo ogni uomo e ogni donna, ma costruire una famiglia su queste basi è sbagliato e pericoloso.

Durante quest'Anno della Famiglia tutta la Chiesa deve essere molto prudente e molto coraggiosa per difendere la vera famiglia. Dobbiamo avere grande comprensione verso tutte le debolezze umane, come faceva Cristo, ma per la famiglia, intesa come principio di costruzione della società, dobbiamo essere intrepidi ed intransigenti. Cerco anch'io di esserlo, benché il Papa sia per sua natura un uomo dolce, non severo e rigido. Ma è necessario essere rigorosi sui principi. La costruzione viene basata sulla verità e quindi sui precetti. La Chiesa ci ricorda oggi il Decalogo, i Dieci Comandamenti, che sono le pietre inamovibili. Non se ne può abolire nessuna, tutte queste pietre devono tenere fortemente. così si costruisce la Chiesa.

Accanto al brano del Vecchio Testamento che ci ricorda i Dieci Comandamenti, c'è la Lettura del Vangelo in cui Cristo, nel tempio di Gerusalemme dice che la costruzione sarà distrutta, prevedendo la catastrofe dell'anno 70. Si può distruggere il tempio costruito dalle pietre, dice Gesù, potete anche distruggere il tempio del mio corpo, ma in tre giorni lo ricostruiro. Era la promessa della Risurrezione.

Cristo, morto e risorto, è rimasto per noi la prima pietra, la pietra angolare di tutta la costruzione della chiesa domestica e dell'umanità intera. Il ministero della Chiesa cattolica è proprio quello di costruire la vita umana sulla pietra che è Gesù. San Paolo dice che Gesù crocifisso è la nostra sapienza e la nostra forza. E' un paradosso, ma da questo Crocifisso nasce tutta la nostra forza, la forza dei sofferenti e di tutti coloro che nella vita non vogliono sbagliare, che vogliono mantenersi sulla linea retta, che vogliono costruire e non distruggere.

In questa Quaresima, con grande energia, presentiamo Cristo crocifisso come nostra saggezza, come nostra forza a tutto il mondo. Guardatelo, non lasciatelo da parte. Se volete escludere il nome di Dio, tutta la vostra costruzione risulterà vana. Si distruggerà da sola.

C'è una certa drammaticità nella Liturgia della Parola durante la Quaresima, più che negli altri periodi: il Decalogo, il discorso di Gesù nel tempio, le parole di Paolo.

Attraverso queste parole dobbiamo sempre ritrovare la serenità: Dio è più forte delle debolezze umane, delle deviazioni umane. Dio è sempre più forte, avrà sempre l'ultima parola. Dobbiamo avere lo spirito di San Bernardo, che era un dottore mariano e in Maria, anche nei turbolenti tempi medioevali, sapeva sempre trovare la serenità mariana.

Seguiamo il Patrono della vostra parrocchia e cerchiamo in Maria la serenità per risolvere i conflitti del nostro tempo.

Data: 1994-03-06 Data estesa: Domenica 6 Marzo 1994





Udienza: ai partecipanti al XIV Congresso mondiale dell'Ufficio Internazionale dell'Insegnamento Cattolico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I governi hanno il dovere di rendere possibile ai genitori l'esercizio della libertà di scelta della scuola per i figli

Signor Presidente, Signor Segretario Generale, Cari amici,


GPII 1994 Insegnamenti - Lettera Apostolica "Motu Proprio" con la quale Giovanni Paolo II istituisce la Pontificia Accademia per la Vita