GPII 1994 Insegnamenti - Udienza: ai partecipanti al XIV Congresso mondiale dell'Ufficio Internazionale dell'Insegnamento Cattolico - Città del Vaticano (Roma)


1. Sono lieto di accogliervi, voi che partecipate al quattordicesimo Congresso mondiale dell'Ufficio internazionale dell'Insegnamento cattolico, sul tema "La Scuola cattolica al servizio di tutti". La vostra presenza a Roma manifesta la vostra costante preoccupazione di compiere la vostra missione educativa nello spirito del Vangelo e secondo gli insegnamenti del Magistero, così come il vostro desiderio di rafforzare incessantemente i vincoli con la Santa Sede. Rivolgo un saluto particolare al vostro Presidente, Monsignor Angelo Innocent Fernandes, e al vostro Segretario Generale, Padre Andrés Delgado Hernandez, che ringrazio vivamente per il lavoro svolto con dinamismo e con dedizione, seguendo la linea del Fratello Paulus Adams, morto recentemente e che affidiamo al Signore. Non voglio dimenticare i fondatori della vostra associazione, in particolare Monsignor Michel Descamps, che si è a lungo prodigato nel servizio dell'Insegnamento cattolico.


2. A nome di tutta la Chiesa, desidero rivolgervi il mio profondo ringraziamento e la mia viva gratitudine per la vostra azione e, attraverso di voi, questo ringraziamento va a tutti coloro che operano nell'Insegnamento cattolico, in tutti i continenti. Il vostro bollettino testimonia lo slancio missionario che anima la comunità educativa cattolica. Apprezzo anche l'attaccamento e la fedeltà con cui seguite gli orientamenti dati dalla Chiesa in materia di educazione e di formazione. In effetti, i diversi documenti sull'educazione che provengono dal Magistero, in particolare dopo il Concilio, sono per voi un'importante fonte d'ispirazione.

Voi svolgete una delle missioni fondamentali dell'intera Chiesa: educare i giovani per condurli, attraverso le diverse fasi della loro crescita, fino alla maturità umana e cristiana. San Giovanni Crisostomo riassumeva questo compito con due comandamenti congiunti: "Ogni giorno, guardate i giovani attentamente" e "formate degli atleti per Cristo" (Dell'educazione dei bambini, nn. 22; 19).


3. Come ricorda il tema del vostro Congresso, il vostro desiderio legittimo è quello di permettere a tutti i giovani, indipendentemente dalle loro convinzioni religiose e dalla loro razza, di ricevere l'educazione specifica alla quale hanno diritto, anche in virtù della loro dignità personale (cfr. Concilio Vaticano II, Dichiarazione sull'educazione cristiana GE 1). Secondo il principio di sussidiarietà al quale la Chiesa è particolarmente attaccata (cfr. LF 16), i genitori devono poter scegliere la scuola, statale o non statale, alla quale desiderano affidare i loro figli. Spetta ai governi, che hanno il gravoso compito d'organizzare il sistema educativo, di rendere concretamente possibile l'esercizio di tale libertà.

La vostra prospettiva è quella di fare in modo che, nei giovani, il lungo periodo della formazione serva alla crescita di tutto l'uomo e di ogni uomo, evitando una visione elitaria della Scuola cattolica, poiché quest'ultima è chiamata a dare ad ognuno le opportunità necessarie per la formazione della sua personalità, della sua vita morale e spirituale, così come per il suo inserimento nella società. Questa prospettiva si basa sui principi evangelici che guidano la vostra azione di educatori. L'attenzione della Scuola cattolica verso coloro che non hanno sempre i mezzi per ricevere l'educazione alla quale possono aspirare, è anch'essa una manifestazione della missione materna della Chiesa. Coloro che dispongono di limitati mezzi economici, che sono privi di assistenza, che non hanno la fede o che non hanno famiglia devono poter essere tra i beneficiari privilegiati dell'Insegnamento cattolico (cfr. GE 8).


4. La Scuola cattolica non può accontentarsi di dare una formazione intellettuale alle giovani generazioni. In effetti, l'istituzione scolastica è per ognuno, insegnanti e allievi, un luogo accogliente, una grande famiglia educativa (cfr. LF 16) dove ogni giovane è rispettato al di là delle sue capacità e delle sue possibilità intellettuali, che non possono essere considerate come le sole ricchezze della sua persona. E' la condizione essenziale affinché i talenti di ognuno possano accrescersi. In effetti, la missione primordiale della Scuola cattolica è quella di formare uomini e donne che, nel mondo di domani, possano donare il meglio di se stessi per il bene della società e della Chiesa. Le diverse istituzioni scolastiche cattoliche non devono mai perdere di vista il compito particolare che spetta loro. Oltre alla necessità di impartire un insegnamento di qualità, gli insegnanti e gli educatori devono anche impegnarsi per formare ai valori morali e spirituali, essenziali per l'esistenza umana, e a testimoniare essi stessi Cristo, fonte e centro di tutta la vita. Essi si preoccuperanno sempre di testimoniare la speranza che è in loro (cfr. 1P 3,15).

La formazione dell'intelligenza deve necessariamente essere accompagnata dalla formazione della coscienza e dallo sviluppo della vita morale mediante la pratica delle virtù, così come dall'apprendistato della vita sociale e dall'apertura al mondo. Questa indispensabile educazione integrale dell'uomo è la via dello sviluppo e della promozione della persona e dei popoli, il cammino della solidarietà e dell'intesa fraterna, la via di Cristo e della Chiesa (cfr. RH 14).

Nella società moderna, l'educazione ai valori è senza dubbio la più grave sfida per l'insieme della comunità educativa che voi formate. La trasmissione di una cultura non può avvenire senza la trasmissione, allo stesso tempo, di ciò che ne è il fondamento e l'anima più interiore, la verità e la dignità, rivelate da Cristo, della vita e della persona umana, che trova in Dio la sua origine e il suo fine. In tal modo i giovani scopriranno il senso profondo della loro esistenza e potranno conservare dentro di sé la speranza.


5. La vostra lunga tradizione e la vostra grande esperienza di educatori vi conferiscono un posto riconosciuto nel mondo internazionale dell'educazione; è l'occasione per far udire la voce della Chiesa, la cui preoccupazione principale è lo sviluppo integrale della persona, e non, come la società attuale è tentata di pensare e di realizzare, il rendimento del soggetto in seno al sistema politico ed economico. Vi invito dunque volentieri a proseguire e a intensificare le diverse forme possibili di collaborazione con le Conferenze episcopali, affinché la vostra missione sia pienamente integrata alla prassi pastorale messa in opera dai Pastori, e di collaborazioni con le Organizzazioni internazionali e con le diverse associazioni continentali e nazionali che sono al servizio della promozione dell'insegnamento e della formazione della gioventù. La vostra presenza è anche richiesta dai Responsabili delle nazioni, perché le preoccupazioni della Chiesa in materia di formazione, di educazione e di rispetto dei valori morali siano sempre più prese in considerazione, in particolare nei periodi in cui i programmi d'insegnamento vengono rivisti e adattati alle nuove norme scientifiche. Oggi alcuni Paesi hanno particolarmente bisogno del vostro sostegno. Penso ai Paesi del Terzo Mondo, nei quali si svolgono dei programmi d'alfabetizzazione e d'educazione di base, così come ai Paesi dell'Est e ai Paesi in guerra. La riorganizzazione del sistema educativo è una delle vie privilegiate della ricostruzione nazionale e della partecipazione alla vita internazionale.


6. Al termine del nostro incontro, desidero assicurarvi il mio sostegno, la mia fiducia e la mia preghiera per l'opera istancabile compiuta dalla vostra Organizzazione. Vi auguro, al termine dei vostri lavori, di ripartire confortati al fine di proseguire la vostra missione educativa.

Affidandovi all'intercessione di San Giovanni Bosco, apostolo della gioventù, vi imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica, che estendo volentieri a tutti i membri dell'Organizzazione internazionale dell'insegnamento cattolico e alle loro famiglie, così come ai giovani che sono i beneficiari delle vostre costanti cure.

Data: 1994-03-06 Data estesa: Domenica 6 Marzo 1994





Credenziali: il discorso al nuovo Ambasciatore presso la Santa Sede per la presentazione delle Lettere - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fondamentale ruolo storico dell'Italia in Europa

Signor Ambasciatore, Nell'accogliere le Lettere Credenziali, con cui Ella inaugura la sua missione di Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica Italiana presso la Santa Sede, rivolgo il mio pensiero deferente e cordiale al Capo dello Stato, l'On. Oscar Luigi Scalfaro, come pure all'intera popolazione d'Italia, dei cui sentimenti di leale e franca devozione Ella si è reso interprete eloquente.

La costante attenzione e la preminente sollecitudine pastorale per la Chiesa universale e per gli interessi religiosi dei popoli non mi impediscono di dedicare una non meno premurosa considerazione alle sorti ed ai problemi umani e spirituali dell'Italia, "che fin dall'inizio del mio Pontificato mi ha dimostrato così grande benevolenza, tanto che sento di poter parlare dell'Italia come della mia seconda Patria" (Lettera all'Episcopato italiano, 6 gennaio 1994).

Da un ormai notevole numero di anni i rapporti fra la Santa Sede e l'Italia, che avevano conosciuto in epoche precedenti aspre tensioni e dolorose rotture, hanno trovato nei Patti Lateranensi un felice e vitale equilibrio, confermato dall'Accordo di Revisione del 1984, di cui ricorre quest'anno il decennale. Il periodo trascorso da quell'avvenimento, permette di affermare che il significato più alto dell'Accordo risiede proprio nella "reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e il bene del Paese", a cui Stato e Chiesa si sono nell'art. 1 solennemente e sinceramente impegnati.

Come è noto, la fase attuativa dell'Accordo è da completare in alcuni aspetti importanti, quali la salvaguardia del grande patrimonio dei beni culturali ecclesiastici esistenti in Italia, la cui tutela e valorizzazione sono dirette al bene della persona, intesa nella sua integralità, così come alla crescita civile e culturale della società. Nondimeno si può constatare come tale "sana collaborazione" (GS 76) si sia positivamente dispiegata in vari settori proprio in virtù della comune anche se differenziata, destinazione della Chiesa e della comunità politica al servizio dell'uomo.

Nella consapevolezza che ogni regolamentazione giuridica, anche quella di origine convenzionale, non è fatta per arrestare l'incessante divenire della società umana, ma per guidarlo ed accompagnarlo nel fluire della storia verso obiettivi e mete di volta in volta definiti, è agevole immaginare che la predetta dedizione alla causa dell'uomo possa e debba allargarsi ad altri campi, seppure non direttamente contemplati dai menzionati Accordi.

Desidero far riferimento alle giuste e legittime aspettative - richiamate anche nei giorni scorsi - che la Comunità ecclesiale italiana nutre per il destino della scuola cattolica, posta al servizio dell'intera società civile, specialmente nelle sue componenti più deboli ed emarginate. La ricerca di adeguate ed equilibrate soluzioni al riguardo riconoscerebbe, da una parte, il valore di una imprescindibile dimensione della missione evangelizzatrice della Chiesa e consentirebbe, dall'altra, l'attuarsi di un apporto più libero e pieno delle famiglie cristiane all'edificazione e alla difesa dell'unico patrimonio culturale, morale e sociale della Nazione. Occorre, infatti, tener sempre presente che l'uomo "non è limitato al solo orizzonte temporale, ma, vivendo nella storia umana, conserva integralmente la sua vocazione eterna" (GS 76).

Signor Ambasciatore, nel suo indirizzo, Ella, con cortesi ed apprezzate espressioni, rammentando la diuturna opera della Santa Sede in favore della pace, ha sottolineato come il Successore di Pietro continui a levare la Sua voce in favore del superamento di nuovi ed antichi antagonismi, di lacerazioni dolorose e disumane, di nazionalismi esasperati, di sanguinosi conflitti come quello che sconvolge la Bosnia, nella convinzione che la missione evangelizzatrice della Chiesa è pure impegno di proclamazione e di promozione della dignità dell'uomo e dei diritti dei popoli.

La ringrazio per queste sue parole: questa missione si conferma di fatto in tutta la sua urgenza, se si guarda al "mutato quadro geopolitico europeo... in costante evoluzione", che preannuncia "per i prossimi anni grandi sfide e nuovi scenari" (Lettera all'Episcopato italiano, n. 2). Infatti, se i recenti sconvolgimenti nell'Europa Centro-Orientale hanno mostrato quanto assurda fosse la pretesa di regimi atei e totalitari di estirpare dall'uomo le radici della sua fede e della sua libertà, ed hanno consentito ad intere Nazioni di riappropriarsi della propria storia, essi hanno anche fatto emergere gravi tensioni e divisioni, che, per essere sanate, necessitano del concorso di tutto il Continente europeo.

In questo contesto, rinnovo il mio convincimento che l'Italia, come Nazione, ha "moltissimo da offrire a tutta l'Europa" (GS 4), al fine di favorire in tutto il Continente una unità solidale, resa più feconda dalla luce e dalla forza del Vangelo.

Un contributo da misurarsi, certo, in iniziative pratiche e concrete a favore della cooperazione e dell'integrazione tra l'Ovest e l'Est dell'Europa; ma, ancor prima, destinato a dispiegarsi a servizio di tutti, in difesa del "patrimonio religioso e culturale innestato a Roma dagli apostoli Pietro e Paolo"; un patrimonio che, come è noto, alcuni recenti orientamenti di istituzioni europee rischiano di compromettere gravemente, livellandolo in una dimensione puramente economica e secolaristica (cfr. GS 4).

Mi riferisco ad alcune posizioni che - come ho ricordato nella recente "Lettera alle Famiglie" - appaiono minacciare più da vicino i diritti fondamentali della famiglia, "seminarium rei pubblicae", come la si considerava già nell'antica Roma, ed essa stessa "società naturale fondata sul matrimonio" (art. 29 della Costituzione italiana).

Non posso non augurare che la Nazione italiana, memore del suo incomparabile patrimonio morale e civile, e consapevole di quanto la famiglia possa favorire la serena convivenza sociale, si mostri sempre gelosa custode della dignità e dei diritti di un così fondamentale istituto di diritto naturale. Nel presente contesto sociale e culturale non particolarmente favorevole, la famiglia ha urgente bisogno di essere sostenuta da una politica organica, che ne sappia soddisfare le varie esigenze economiche, giuridiche e sociali, impegnandosi per la tutela della sacralità della vita dal concepimento al suo naturale tramonto.

Signor Ambasciatore, nel mio recente Messaggio all'Episcopato italiano, suggerito unicamente dall'amore che provo per la Nazione italiana, ho avuto modo di soffermarmi sul delicato momento storico che l'intero Paese attraversa, ed ho auspicato che l'Italia sappia felicemente superarlo, rinsaldando nel segno della concordia e della solidarietà la propria identità spirituale e culturale. Nel rinnovare tali voti, mi è gradito ora assicurarLa dell'impegno con cui sia i Vescovi italiani sia tutte le componenti della Comunità ecclesiale partecipano alle vicende umane e civili della diletta Nazione italiana. In particolare, poi, i cittadini cattolici non mancheranno di continuare ad offrire il loro contributo costruttivo sulle frontiere della dedizione generosa al servizio del bene comune.

Signor Ambasciatore, i temi da me or ora delineati permettono di intravvedere lungo quali itinerari potrà svilupparsi l'ulteriore e proficua collaborazione tra la Santa Sede e l'Italia, a beneficio della pace tra i popoli e della strenua difesa dei diritti fondamentali della persona umana. Confido altresi che, con l'aiuto di Dio, tale assonanza di obiettivi possa essere avvalorata da felici risultati anche grazie all'azione che Ella si appresta a svolgere.

Mentre Le attesto tutta la mia considerazione, formulo i più fervidi voti augurali per il successo della sua Missione e di vero cuore imparto a Lei, Signor Ambasciatore, l'Apostolica Benedizione, che volentieri estendo ai Suoi Collaboratori, alle rispettive Famiglie e a tutto l'amato Popolo italiano.

Data: 1994-03-10 Data estesa: Giovedi 10 Marzo 1994





Udienza: a militari canadesi reduci da una missione delle Nazioni Unite nella ex Jugoslavia - Sala del Concistoro, Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Santa Sede non risparmia alcuno sforzo per incoraggiare la ricerca della pace in Bosnia, nel rispetto delle persone, della loro vita familiare, sociale e religiosa

Colonnello, cari amici, Sul cammino del vostro ritorno in Canada, vi ringrazio di aver voluto rendermi visita. Sono lieto di questa occasione che ho di salutarvi, militari del centoventesimo Reggimento corazzato canadese, voi che avete appena partecipato alla grave e delicata missione della FORPRONU in Bosnia.

Sapete quale preoccupata attenzione la Chiesa rivolge ogni giorno alla situazione in Bosnia. Per tutto ciò che può dipendere dalla Santa Sede, non risparmieremo alcuno sforzo per incoraggiare la ricerca della pace, nel rispetto delle persone, della loro vita familiare, della loro vita sociale e religiosa. Ci tengo a comunicarvi la grande stima che nutro verso i "Caschi blu" delle diverse nazioni, che contribuiscono, in condizioni molto difficili, a limitare le azioni di guerra e a riavvicinare questo sfortunato Paese alla pace desiderata da tutti i suoi abitanti.

Con lodevole perseveranza, siete stati gli agenti efficaci della solidarietà internazionale. La vostra presenza ha permesso all'aiuto umanitario di giungere a popolazioni che gli scontri e gli assedi interminabili hanno posto in condizioni di vita psicologica e materiale ai limiti di ciò che è umanamente sopportabile. Senza l'azione dei "Caschi blu", sappiamo che la situazione sarebbe ancora più grave.

Nell'ambito di questo breve incontro, vorrei semplicemente ringraziarvi a nome di tutti coloro che voi avete assistito. Auspico che il ricordo che conserverete della vostra missione faccia di voi degli artefici di pace convinti, sempre aperti alla solidarietà, con il cuore pieno d'amore per tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle in umanità.

Affinché Dio vi aiuti lungo il vostro cammino, vi imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1994-03-10 Data estesa: Giovedi 10 Marzo 1994





Udienza: il discorso ai partecipanti al terzo Convegno internazionale degli Ordinari Militari - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il principio dell'ingerenza umanitaria affida al militare un ruolo al quale il Vangelo offre motivazioni determinanti

Venerati fratelli nell'Episcopato!


1. Rivolgo con affetto a ciascuno di voi il mio saluto e vi esprimo la mia gioia per questa gradita visita, a conclusione dei lavori del Terzo Convegno Internazionale degli Ordinari Militari. Ringrazio il Cardinale Bernardin Gantin per le cortesi parole che a nome vostro mi ha indirizzato, e mi compiaccio per la felice iniziativa, intrapresa dalla Congregazione per i Vescovi, di radunarvi nella Città eterna al fine di scambiare le esperienze e riflettere sull'impegno pastorale al servizio dei membri delle Forze Armate.

L'odierno incontro mi offre l'occasione di manifestare anzitutto il mio apprezzamento per questo peculiare ministero, da voi compiuto con infaticabile generosità. Vorrei assicurarvi che vi sono vicino, profondamente partecipe delle vostre sollecitudini. E' molto importante la presenza dei Cappellani nel mondo militare. Mediante il loro ministero, infatti, la Chiesa elargisce abbondantemente i mezzi salvifici ai fedeli che si trovano in quella speciale condizione di vita e, nel contempo, li aiuta a formarsi una retta coscienza riguardo a questioni etiche di vitale importanza, soprattutto in ordine all'educazione alla pace. La pastorale castrense merita pertanto di essere considerata con grande stima ed attenzione.


2. Dal programma dei lavori del vostro Convegno - che si svolge a dieci anni di distanza dal precedente, sulle solide basi poste dalla Costituzione Apostolica Spirituali militum curae - ho rilevato con soddisfazione che vi siete proposti di affrontare il tema della nuova evangelizzazione nel mondo militare. A questo scopo avete articolato le vostre riflessioni attorno all'identità della Chiesa che opera in tale ambito, alla sua peculiare opera pastorale, al tipico ruolo del Cappellano militare ed inoltre alla missione che il fedele laico è chiamato a svolgere nel campo delle Forze Armate. Auguro di cuore che anche lo studio e il dialogo di questi giorni contribuiscano a rinnovare lo slancio apostolico di quanti annunciano il Vangelo fra coloro che, esercitando il loro servizio alla patria nelle file dell'esercito, intendono concorrere alla stabilità della pace. Essi sono da considerarsi, secondo la felice espressione del Concilio Vaticano II, ministri della sicurezza e della libertà dei popoli (cfr. GS 79).


3. L'attenzione pastorale va rivolta, in primo luogo, alla persona stessa del militare ed alla sua famiglia. L'uomo e la famiglia, infatti, sono sempre le vie privilegiate dalla Chiesa per l'adempimento della sua azione apostolica e missionaria.

La formazione cristiana del militare, gli itinerari di fede per la preparazione ai Sacramenti, in particolare a quelli della Confermazione e del Matrimonio, possono essere occasioni propizie per gettare e consolidare le basi di una vita spirituale più matura, santificando le singole persone e le famiglie e dando vita a comunità che, nel mondo militare, fanno esperienza di comunione e di apostolato.

In tale opera di evangelizzazione i fedeli laici militari, che sono parte integrante e preponderante delle vostre Chiese particolari, possono svolgere, insieme con i Cappellani, un lavoro pastorale di grande efficacia. Anche nell'ambito militare, la partecipazione dei laici alla missione della Chiesa è condizione indispensabile per un'evangelizzazione che sappia raggiungere ogni realtà umana nella sua profondità ed interezza.


4. L'attenzione si dirige, in secondo luogo, alla stessa funzione militare, affinché essa non si configuri come apparato bellico di aggressione, bensi come forza a servizio esclusivo di difesa della sicurezza e della libertà dei popoli.

Ciò vale in particolare per i casi in cui le forze militari, mediante cooperazioni multinazionali sotto l'egida dell'O.N.U., intervengono in difesa dei diritti umani dovunque essi siano lesi e rendono possibile l'aiuto umanitario in regioni colpite da carestia, epidemie o altre calamità.

Evangelizzare il mondo delle Forze Armate significa, in tal senso, far prendere coscienza ai militari del nuovo modo di concepire il proprio ruolo, si che il soldato appaia all'opinione pubblica anche come operatore di pace.

Il contesto storico nel quale viviamo, dopo la caduta del muro di Berlino e il superamento della "guerra fredda", va rendendo sempre più attuale questa immagine del militare. Numerose sono le missioni umanitarie e di pace che le Nazioni Unite vanno sostenendo in vari Paesi di ogni parte del mondo, secondo specifiche esigenze delle situazioni locali.

Il principio della non-indifferenza - o, in positivo, dell'ingerenza umanitaria - dinanzi ai drammi dei popoli, affida al militare ed all'esercito un ruolo nuovo e importante, al quale il Vangelo è in grado di offrire motivazioni più forti e determinanti di ogni altra ragione di carattere politico ed economico.

I cristiani che operano in tale ambito, come singoli fedeli laici e come facenti parte di comunità ecclesiali, possono dare un grande impulso a questa nuova concezione della funzione militare, sia attraverso la formazione delle coscienze, sia mediante una più incisiva diffusione dei valori della giustizia, della solidarietà e della pace: valori che vanno posti alla base di un vero ordine internazionale.

Il "ministerium pacis inter arma" può così diventare nuovo annuncio del Vangelo nel mondo militare, di cui i militari cristiani e le loro comunità non possono non essere i primi araldi.


5. Venerati fratelli, l'umanità abbisogna oggi più che mai di Cristo Principe della Pace: è della sua pace che hanno sete i cuori degli uomini. L'approssimarsi del terzo millennio cristiano offre a tutti i credenti un'ulteriore ragione di impegno apostolico. Sentitevi pertanto chiamati, carissimi, a promuovere con coraggio la missione evangelica tra i militari, affinché anch'essi, accogliendo il vangelo della pace, ne diventino con ogni mezzo servitori. Il Signore, per intercessione di Maria Santissima, fortifichi tale impegno e renda sempre più proficuo il vostro ministero! A voi e a tutti i vostri collaboratori la mia Benedizione.

Data: 1994-03-11 Data estesa: Venerdi 11 Marzo 1994





Visita "ad limina": il discorso rivolto ai Vescovi del Bangladesh - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri è un disordine morale che esige una risposta decisa da parte della Chiesa

Cari fratelli Vescovi,


1. Ringrazio sempre Dio per voi - Vescovi del Bangladesh - e per il Popolo di Dio affidato alla vostra cura pastorale memore "davanti a Dio e Padre nostro del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nella carità e della vostra costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo" (1Th 1,2-3). Ricordo ancora con profonda gratitudine la mia Visita Pastorale di otto anni fa, quando venni come "un pellegrino nell''anima' del popolo del Bangladesh" (Discorso a Dacca, 19 novembre 1986, n. 2). Siete un "piccolo gregge", ma siete forti nel Signore (cfr. Ps 46,1), e da voi traggo grande conforto. Prego affinché questa visita "ad limina" rafforzi ulteriormente i vincoli di unità, carità e pace, che uniscono la Chiesa in Bangladesh a questa Sede Apostolica. Attraverso il Ministero Petrino, che è essenzialmente legato a ogni Chiesa particolare, il Vescovo di Roma vi offre il suo sostegno, confermandovi nel compimento del vostro dovere pastorale di edificare l'unico Corpo di Cristo (cfr. Ep 4,12).


2. Poiché i Pastori partecipano alla pienezza del Sacerdozio di Cristo, lo Sposo della Chiesa, anch'essi devono "dare se" stessi "per lei" (Ep 5,25). Noi siamo servitori della koinonia: sia nella nostra comune sollecitudine per l'intera Chiesa come membri del Collegio episcopale (cfr. LG 23) sia nella cura della Chiesa particolare dove Cristo ha posto ognuno di noi come segno visibile di unità. Il Vescovo vive un rapporto sponsale con la sua comunità, rappresentando Cristo, lo Sposo divino. Come il suo Signore, il Vescovo deve amare il suo popolo con cuore totalmente generoso, nutrirlo con la parola rivitalizzante della verità e la grazia dei Sacramenti, e deve spingerlo a compiere tutto "nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre" (Col 3,17).

I nostri primi pensieri in occasione della vostra visita "ad limina" devono essere quindi rivolti al nostro ministero di Successori degli Apostoli al servizio del Vangelo. Il Concilio Vaticano II ricorda a tutti i pastori la loro responsabilità di essere "araldi della fede, che portano a Cristo nuovi discepoli" (LG 25). Questo appello può essere fecondo soltanto attraverso una vita interiore resa più intensa dall'amore di Cristo. Per mietere un abbondante raccolto nella vigna del Signore bisogna ascoltare la Parola di Dio con riverenza (cfr. DV 1) e meditare su di essa con amore nei nostri cuori (Lc 2,19). Ciò richiede tempo per la preghiera e quella serenità interiore che produce apostoli autentici che possano essere "contemplativi nell'azione". Come testimoni credibili dovremo trasmettere ad altri ciò che abbiamo udito con le nostre orecchie, visto con i nostri occhi, osservato e toccato con le nostre mani: la Parola di Vita! (cfr. 1Jn 1,1).


3. Nell'adempimento delle vostre responsabilità pastorali guardate opportunamente ai vostri fratelli sacerdoti, i vostri primari collaboratori nel sacro ministero.

A essi va il mio incoraggiamento e l'assicurazione delle mie preghiere poiché sono a conoscenza delle difficili circostanze del loro ministero. Proprio come Cristo chiamo i suoi discepoli "amici" (Jn 15,15), così un Vescovo deve considerare i suoi sacerdoti "come figli e amici" e essere disposto "ad ascoltarli e a trattarli con fiducia e benevolenza; promuovendo l'intera attività pastorale in tutta la diocesi" (CD 16). Sulle spalle del Vescovo ricade il fardello della promozione della santificazione e della formazione permanente del suo presbiterio. Il "dono di Dio" conferito attraverso l'Ordinazione deve essere incessantemente "ravvivato" (cfr. 2Tm 1,6). Lo "stoppino" non deve essere spento (Is 42,3). Attraverso il dinamismo della sua grazia, lo Spirito Santo chiama continuamente i sacerdoti alla conversione di vita, alla preghiera devota e alla carità pastorale. Il Vescovo "è responsabile della formazione permanente, che è destinata a far si che tutti i suoi presbiteri siano generosamente fedeli al dono e al ministero ricevuto, così come il Popolo di Dio li vuole e ha "diritto" di averli" (PDV 79). Vi incoraggio a lavorare insieme per stabilire un programma sistematico e completo di formazione sacerdotale, sia nei vostri seminari sia per i sacerdoti che hanno già vissuto alcuni anni di ministero attivo.

Allo stesso modo, la vita consacrata ha bisogno del vostro sostegno, in particolare quando gli istituti religiosi cercano di migliorare la formazione spirituale e intellettuale dei loro membri. I religiosi rappresentano una grande parte della vita della Chiesa in Bangladesh: la loro consacrazione è un segno potente del Regno di Dio che opera nella vita del vostro popolo e il loro apostolato è la ricca fonte di così tanto bene. Sono certo che continuerete ad incoraggiare i religiosi a riflettere sui metodi per incrementare il numero dei possibili candidati. L'intera comunità cattolica è chiamata a una crescente consapevolezza della motivazione cristologica ed ecclesiale che sta dietro a ogni forma di vocazione (cfr. Redemptionis Donum, n. 3).


4. Soltanto con un impegno di studio serio e devoto è possibile che "l'unica fede" penetri nel profondo delle varie culture, in particolare in Asia, dove le antiche tradizioni religiose hanno plasmato profondamente il carattere e lo stile di vita delle persone. Vegliare sull'autentica inculturazione della fede nei vostri greggi è per voi una grande sfida (cfr. RMi 55). La cristianità non è estranea a nessuna cultura e a nessun popolo. La proclamazione del Vangelo arricchisce "ciò che ogni uomo, popolo e nazione, ogni cultura durante la storia riconoscono ed attuano come bene, verità e bellezza" (Slavorum Apostoli, n. 18).

L'Incarnazione Redentrice del Salvatore arricchisce i valori autentici di ogni popolo permettendogli di produrre nuovi e abbondanti frutti.

Il vigore e la creatività dovrebbero ispirare la vostra opera di evangelizzazione, in particolare in quelle regioni che sono più aperte a ricevere il Vangelo. Nel vostro Piano Pastorale della Chiesa in Bangladesh, riconoscete giustamente che la pianificazione e la consultazione a tutti i livelli favoriscono la comunione e il servizio "con" e "per" gli altri. Come un piccolo gregge della "moltitudine di coloro che eran venuti alla fede" è particolarmente importante che rimaniate "un cuore solo e un'anima sola" (Ac 4,32) e che siate mossi da un grande senso d'unità e di solidarietà reciproca. L'apparente successo delle sètte in alcune parti del vostro Paese è per voi già motivo di preoccupazione. Questa sfida dovrebbe spingervi a non risparmiare alcuno sforzo nel proclamare la verità nel Vangelo, che è "l'unica risposta pienamente valida..." ai "problemi" e alle "speranze che la vita pone a ogni uomo e a ogni società" (CL 34).

La particolare situazione della vostra nazione rende necessario che coloro che predicano "la verità del Vangelo" (Ga 2,14) conoscano le tradizioni religiose dei loro connazionali. Ammettendo umilmente ma fermamente che "uno solo è il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù" (1Tm 2,5), coloro che evangelizzano devono sempre rispettare "i semi della Parola" sparsi fra i popoli e le religioni dallo Spirito che "soffia dove vuole" (Jn 3,8). Discernere la sua presenza e la sua attività, non solo negli individui, ma nelle società, nei popoli e nelle culture, è essenziale se la proclamazione della Chiesa deve produrre un ricco raccolto (cfr. RMi 28). Il futuro dell'evangelizzazione e dell'armonia interreligiosa passa attraverso il rispetto, il dialogo e la cooperazione per il bene comune.

Il credo religioso è una fonte di pace sociale e soltanto la perversione del sentimento religioso conduce alla discriminazione e al conflitto. Le esigenze della verità bandiscono l'uso del proselitismo coercitivo e qualsiasi limitazione del diritto di professare convinzioni personali (cfr. Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1991, n. 4). La repressione del diritto alla libertà religiosa deve essere deplorata come un affronto alla dignità delle persone coinvolte.


5. Cari fratelli, condivido profondamente la vostra preoccupazione, in realtà il vostro profondo dolore, per la povertà che affligge così tanti vostri connazionali. Il disordine morale rappresentato dal divario sempre maggiore tra le nazioni ricche e quelle povere ma anche tra il ricco e il povero all'interno dello stesso Paese, richiede una risposta decisa da parte della Chiesa. "Insegnare e diffondere la dottrina sociale appartiene alla sua missione evangelizzatrice e fa parte essenziale del messaggio cristiano" (CA 5). Come testimoniano i vostri sforzi in questo ambito, la Chiesa nutre un amore particolare per le persone povere, abbandonate, emarginate e sofferenti e ha un particolare compito verso di esse. Sono lieto di sapere che, con l'aiuto della Santa Sede, è stato recentemente inaugurato a Mugaipar il Centro Papa Giovanni Paolo II. Prego affinché questo Centro - e tutta l'opera educativa, l'assistenza sanitaria e i servizi sociali che vedono impegnati così generosamente religiosi e laici - siano segni visibili e duraturi dell'amore universale di Dio per ogni persona, indipendentemente dal credo, dalla classe e dall'origine etnica.


6. Questo Anno Internazionale della Famiglia è un passo significativo nel nostro cammino verso la prossima "ora" del Terzo Millennio. Il Signore ci invita ad accrescere la nostra attenzione pastorale verso il "Vangelo della famiglia" (cfr. LF 23) e a riconoscere che la difesa e la promozione della dignità della famiglia sono la principale responsabilità del nostro ministero. Per la Chiesa in Bangladesh, voi siete maestri e custodi della verità sulla famiglia.

So che state già prendendo delle iniziative in questo "settore, senza dubbio prioritario, della pastorale" (FC 73), e desidero incoraggiare l'intera Chiesa in Bangladesh - Vescovi, sacerdoti, religiosi, catechisti e tutti i fedeli laici - affinché si chiedano in quali modi specifici essi possono tutelare e promuovere la santità del matrimonio e della famiglia.

Spero che la mia Lettera alle Famiglie, pubblicata recentemente, letta unitamente agli importanti capitoli della Gaudium et spes (GS 47-52), della Humanae vitae e della Familiaris consortio, servirà a guidare ogni stadio del piano pastorale concernente le famiglie.

Tra le vostre preoccupazioni, rivolgerete indubbiamente un'attenzione particolare alla preparazione matrimoniale per i fidanzati, alle associazioni familiari per le famiglie, all'apostolato giovanile e agli sforzi volti a porre fine al "costume che discrimina la donna" che è "eredità del peccato" (MD 14). Con particolare soddisfazione lodo il contributo che avete dato all'educazione alla paternità e alla maternità responsabili attraverso la pianificazione familiare naturale. Questi metodi implicano un modo di vivere il dono della fecondità coniugale che accresce la libertà e la responsabilità degli sposi e assicura un rispetto incondizionato per la dignità della persona e per l'autentica natura del matrimonio.


7. Miei cari fratelli: una delle consolazioni del mio ministero nella Chiesa universale è il costante ed entusiastico amore per Cristo che anima le "giovani" Chiese nel mondo. Sono sostenuto dalla forza della loro testimonianza e dal fervore delle loro preghiere (cfr. Ac 12,5). Con la ferma fiducia che la Chiesa in Bangladesh sperimenterà una "grande primavera per la Cristianità", affido tutti i vostri sacerdoti, religiosi e laici alla materna intercessione della Santa Vergine Maria. Come "Madre del più puro Amore", essa è il "segno" che l'Onnipotente continua a fare grandi cose per noi; e santo è il suo nome (cfr. Lc 1,49). Con la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1994-03-11 Data estesa: Venerdi 11 Marzo 1994






GPII 1994 Insegnamenti - Udienza: ai partecipanti al XIV Congresso mondiale dell'Ufficio Internazionale dell'Insegnamento Cattolico - Città del Vaticano (Roma)