GPII 1994 Insegnamenti - Visita "ad limina": il discorso ai Presuli della Conferenza Episcopale di Porto Rico - Città del Vaticano (Roma)

Visita "ad limina": il discorso ai Presuli della Conferenza Episcopale di Porto Rico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La testimonianza sacerdotale e la santità di vita costituiscono le prime forme dell'evangelizzazione

Cari fratelli nell'Episcopato,


1. Il Signore ci concede oggi la grazia di questo incontro, eloquente testimonianza della vostra unione con il Successore di Pietro, mediante la quale si rafforzano i vincoli della carità nel ministero pastorale, continuazione della missione affidata da Cristo stesso agli Apostoli. In questi momenti di viva comunione, sentiamo anche la vicinanza dei vostri sacerdoti, dei religiosi, delle religiose e degli altri collaboratori impegnati nel compito di vegliare sul "gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come Vescovi a pascere la Chiesa di Cristo, che egli si è acquistata con il suo sangue" (Ac 20,28). Queste parole di San Paolo descrivono in tutta la sua grandezza la missione che ci è stata affidata e ci fanno capire il grado di sollecitudine con il quale, seguendo l'esempio del Buon Pastore, dobbiamo dedicarci alla cura delle nostre comunità ecclesiali.

L'ora attuale, cari fratelli, è l'ora dell'annuncio gioioso del Vangelo, l'ora della rinascita morale e spirituale. I valori cristiani, che hanno caratterizzato la storia di Porto Rico, devono suscitare un rinnovato impulso in tutti i figli della Chiesa cattolica affinché diano una trasparente testimonianza della loro fede, mediante una vita ispirata ai principi del Vangelo. E' giunto il momento di portare a termine un'intensa azione pastorale, che, con audacia apostolica, conduca al rinnovamento della vita interiore delle vostre comunità ecclesiali e di tutta la società portoricana.


2. Per questo, è indispensabile la stretta comunione affettiva ed effettiva tra i Pastori del Popolo di Dio. Il Concilio Vaticano II dice a riguardo: "I Vescovi, sia come legittimi successori degli apostoli sia come membri del collegio episcopale, sappiano essere sempre tra loro uniti e dimostrarsi solleciti di tutte le Chiese; pensando che per divina disposizione e comando del potere apostolico ognuno di essi, insieme con gli altri Vescovi, è garante della Chiesa" (CD 6). Questa unità, che oggi dovete promuovere con particolare intensità e esprimere in modo visibile, è fonte di consolazione nell'arduo ministero che vi è stato affidato e, allo stesso tempo, garanzia e incoraggiamento per i fedeli, che possono vedere il vostro servizio pastorale come nato veramente dallo Spirito del Signore, che accompagna e guida la sua Chiesa in ogni momento e in tutte le congiunture storiche.

La collegialità porta con sé esigenze pastorali che, come Vescovi, non potete dimenticare. In effetti leggiamo nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa: "Come san Pietro e gli altri apostoli costituirono, per istituzione del Signore, un unico collegio apostolico, similmente il Romano Pontefice, successore di Pietro, e i Vescovi, successori degli apostoli, sono fra loro uniti" (LG 22). Il Vescovo è il principio e il fondamento visibile dell'unità della Chiesa particolare della quale è Pastore (cfr. LG 23), tuttavia come membro del Collegio Episcopale deve agire solidalmente con i suoi fratelli, soprattutto nell'ambito di uno stesso Paese. L'affetto collegiale è l'anima della collaborazione tra i Vescovi e il presupposto indispensabile per l'efficacia apostolica.


3. Comunione e ministero sono due grandi aspetti dell'unità della Chiesa, della quale siamo servitori e custodi. Capire che la Chiesa è comunione significa penetrare meglio il cuore del suo ministero e l'identità della missione come Vescovi, chiamati a annunciare che questa nostra comunione è "col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo" (1Jn 1,3).

Il Vescovo per rendere presente Cristo, Buon Pastore, riceve con l'ordinazione episcopale la pienezza dello Spirito Santo, dalla quale nascono insondabili ricchezze, affinché, mediante la Parola e i sacramenti, possa edificare la Chiesa, comunità di salvezza e luogo di incontro con Dio.

Tuttavia non bisogna dimenticare che la prima forma di evangelizzazione è la testimonianza (cfr. RMi 42-43). Per questo la santità di vita è il dono più prezioso che potete offrire alle vostre comunità e il cammino del vero rinnovamento che il Concilio ha chiesto di apportare alla Chiesa. Siate quindi "modelli" per il vostro gregge, come esorta San Pietro (cfr. 1P 5,3): "nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza", come San Paolo esorta Timoteo (1Tm 4,12). Oggi più che mai ci viene richiesta una testimonianza evangelica personale. Innanzitutto, ce lo chiede Cristo, Buon Pastore e Capo dei Pastori, con il suo esempio di bontà, di mansuetudine e di carità fino a dare la vita per le sue pecore come suprema manifestazione dell'amore.


4. Siate ben coscienti del fatto che la santità è un'esigenza di perenne attualità. L'uomo sente oggi un'urgente bisogno di testimoni di vita santa. Lo hanno manifestato i Vescovi dell'America Latina riuniti nella Conferenza di Santo Domingo affermando: "Abbiamo sentito che il Signore Gesù ripeteva la chiamata a una vita santa (cfr. Ep 1,4), fondamento di tutta la nostra azione missionaria" (n. 31). In effetti l'annuncio della verità di Cristo "potenza di Dio e sapienza di Dio" (1Co 1,24), deve essere rafforzato dalla testimonianza di una vita plasmata nella preghiera e nell'umile servizio di amore verso tutti.

Nell'ambito di questa esigenza di santità ed esemplarità personale vi esorto vivamente affinché - a imitazione di Gesù, Maestro e amico dei discepoli - prestiate un'attenzione speciale ai vostri sacerdoti. Essi sono i collaboratori immediati nel ministero episcopale e devono essere i primi destinatari della vostra sollecitudine pastorale. Cercate di trattarli con profonda amicizia e fraternità, aiutandoli a svolgere con abnegazione il ministero che hanno ricevuto da Cristo a favore degli uomini. E se qualcuno, per debolezza, non fosse fedele ai suoi impegni sacerdotali o, peggio ancora, smettesse di essere modello e guida per i fedeli che dovrebbe edificare, è vostro dovere - con l'atteggiamento del Buon Pastore - ammonirlo con sollecitudine e amore, sapendo che il bene delle anime, legge suprema della Chiesa, deve essere l'obiettivo prioritario nel vostro compito di pascere il gregge che Cristo si è acquistato con il suo sangue (cfr. Ac 20,28).


5. Le sfide dell'epoca attuale richiedono più che mai sacerdoti virtuosi, formati nello spirito di preghiera e di sacrificio, con una solida preparazione nelle scienze ecclesiastiche - la cui anima è la Sacra Scrittura (cfr. DV 24) -, con atteggiamento di obbedienza, dediti al servizio di Cristo e della Chiesa mediante l'esercizio della carità. In effetti, il Concilio Vaticano II ci insegna che la "carità pastorale scaturisce soprattutto dal sacrificio eucaristico il quale risulta il centro e la radice di tutta la vita del presbiterio, cosicché l'anima sacerdotale si studia di rispecchiare in sé ciò che non viene realizzato sull'altare" (PO 14). Di conseguenza, la prima e grande responsabilità del sacerdote dinnanzi al popolo fedele è quella di essere irreprensibile nella sua condotta personale, seguendo Cristo povero, casto e obbediente. Il vostro popolo è particolarmente cosciente della dignità del sacerdote e in ogni sacerdote si aspetta di vedere un Pastore esemplare, dedito al suo ministero con la generosità di chi si è consacrato al Signore con una vita di celibato, per dedicarsi interamente alla missione che gli è stata affidata (cfr. PO 16).


6. E' dalla piena configurazione a Cristo che si comprende la legislazione della Chiesa latina - e anche quella di alcuni riti orientali - che esige da tutti i sacerdoti il celibato. "La volontà della Chiesa trova la sua ultima motivazione nel legame che il celibato ha con l'Ordinazione sacra, che configura il sacerdote a Gesù Cristo Capo e Sposo della Chiesa" (PDV 29). Il sacerdote deve chiedere insistentemente la grazia di vivere fedelmente questo grande dono con il quale il Signore ha benedetto la sua Chiesa. E' questa un'esortazione che, mediante voi, cari Fratelli nell'Episcopato, rivolgo oggi a tutti i sacerdoti di Porto Rico che collaborano con voi nei compiti della Nuova Evangelizzazione. Con la vostra parola e il vostro esempio di dedizione e di santità, aiutateli ad essere sempre luce che illumina e sale che dà sapore di virtù cristiane a quanti li circondano. Che la loro testimonianza come sacerdoti sia sempre irreprensibile affinché coloro che hanno bisogno della luce della fede accolgano con gioia la parola di salvezza; affinché coloro che sono poveri e dimenticati sentano la vicinanza della solidarietà fraterna e sperimentino l'amore di Cristo; affinché coloro che sono senza voce si sentano ascoltati; affinché coloro che sono trattati ingiustamente trovino difesa e aiuto.


7. In questa stessa prospettiva di vita sacerdotale vorrei far riferimento ad un tema che, per la Chiesa dei nostri giorni, è motivo di preoccupazione e di viva speranza: il Seminario. In esso si formano i candidati al sacerdozio dai quali dipenderà in gran parte il futuro delle Chiese particolari. Per questo, dovete prestare una particolare sollecitudine affinché il seminario sia, innanzitutto, "una comunità educativa in cammino", nella quale si ravvivi "l'esperienza formativa che il Signore ha dedicato ai dodici" (cfr. PDV 60); una scuola di autentici Pastori, nella quale si imparta una formazione integrale a livello spirituale, umano, intellettuale e pastorale.

Siete tutti coscienti del fatto che il problema dei Seminari va al di là del semplice aumento numerico degli studenti. In effetti, un elemento centrale di ogni pastorale vocazionale è l'attento discernimento nell'accettazione dei candidati al sacerdozio e la sollecita attenzione durante il periodo di formazione. Per la qual cosa è di fondamentale importanza la selezione degli educatori e dei professori dei Seminari. A questo proposito la Congregazione per l'Educazione Cattolica ha recentemente diffuso il documento "Direttive sulla preparazione degli educatori nei seminari", che offre criteri e linee di condotta in un ambito così importante per la vita della Chiesa. In effetti, poiché questo è un compito di grande trascendenza per il presente e per il futuro delle vostre diocesi, dovete affidarlo a sacerdoti idonei e di provata virtù. Come non esprimere viva gratitudine a tanti educatori e professori di Seminario, che, mediante la loro opera - a volte occulta e sacrificata - contribuiscono giorno per giorno a formare in modo integrale i futuri sacerdoti!


8. Dedicate anche il meglio del vostro tempo e del vostro impegno a promuovere la catechesi a tutti i livelli, dai suoi aspetti più intimi di conversione personale a Dio, fino allo svolgersi della vita comunitaria, sacramentale e apostolica.

Nell'ambito di questa opera di educazione nella fede vi esorto a perseverare nella vostra sollecitudine pastorale per i giovani, i quali spesso incontrano difficoltà a vivere la loro vocazione cristiana con intensità e coerenza in mezzo a una società secolarizzata e debilitata nei suoi valori morali. E' necessario che ogni giovane scopra che Cristo è la verità che ci rende liberi (cfr. Jn 8,34), che Egli è per tutti "la via, la verità e la vita" (Jn 14,6).

Anche Gesù chiama oggi molti di essi: "vieni e seguimi" (Mt 19,21).

Indubbiamente una pastorale vocazionale ben strutturata deve prestare particolare attenzione alle famiglie nel cui seno si forgia il futuro dell'umanità e della stessa Chiesa. Come segno della mia sollecitudine verso questa cellula primaria della società ho voluto recentemente rivolgere una Lettera alle Famiglie, affinché nel corso di quest'anno, dedicato particolarmente ad esse, si approfondisca la realtà dell'istituzione familiare sottolineando i valori - oggi seriamente minacciati - di questa comunità di vita e di amore.


9. A questo proposito è motivo di gioia costatare la religiosità delle famiglie portoricane che attendono e hanno bisogno della vostra guida dottrinale per poter così purificare e consolidare nella verità le loro vive credenze religiose. Come indica giustamente il Documento di Santo Domingo "la religiosità popolare è un'espressione privilegiata dell'inculturazione della fede. Non si tratta solo di espressioni religiose, ma anche di valori, criteri, comportamenti e atteggiamenti che nascono dal dogma cattolico e costituiscono la saggezza del nostro popolo, formando la sua matrice culturale" (n. 36). Nonostante ciò sapete bene che, come "veri e autentici maestri della fede" (CD 2), è vostra missione offrire giusti criteri ai fedeli in modo che risplendano sempre la verità e la sana dottrina e si evitino deviazioni che possono seminare confusione attentando alla purezza della stessa fede.


10. Nel concludere questo incontro fraterno le mie parole desiderano essere soprattutto un messaggio di viva speranza, di incoraggiamento e di stimolo per voi, in obbedienza al mandato di Cristo di confermare nella fede i fratelli (Lc 22,32). Di tutto cuore desidero sostenervi in questo bel compito di guidare e illuminare la vita del Popolo di Dio. In questi momenti, lasciatemi rivolgere anche un saluto, pieno di affetto, a tutti i membri delle vostre Chiese diocesane: in particolare ai sacerdoti, generosi collaboratori del vostro ministero, ai religiosi e alle religiose, ai seminaristi e ai formatori, ai catechisti e agli educatori, ai padri e alle madri cristiani, a tutti i fedeli che sono testimoni del Vangelo di Gesù Cristo nelle campagne e nelle città, nelle università e nelle fabbriche, in salute e malattia, nella cultura, nella politica e nei diversi ambiti della vita sociale.

A tutti imparto con grande affetto la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1994-03-14 Data estesa: Lunedi 14 Marzo 1994





Visita "ad limina": il discorso ai Presuli della Conferenza Episcopale di Porto Rico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La testimonianza sacerdotale e la santità di vita costituiscono le prime forme dell'evangelizzazione

Cari fratelli nell'Episcopato,


1. Il Signore ci concede oggi la grazia di questo incontro, eloquente testimonianza della vostra unione con il Successore di Pietro, mediante la quale si rafforzano i vincoli della carità nel ministero pastorale, continuazione della missione affidata da Cristo stesso agli Apostoli. In questi momenti di viva comunione, sentiamo anche la vicinanza dei vostri sacerdoti, dei religiosi, delle religiose e degli altri collaboratori impegnati nel compito di vegliare sul "gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come Vescovi a pascere la Chiesa di Cristo, che egli si è acquistata con il suo sangue" (Ac 20,28). Queste parole di San Paolo descrivono in tutta la sua grandezza la missione che ci è stata affidata e ci fanno capire il grado di sollecitudine con il quale, seguendo l'esempio del Buon Pastore, dobbiamo dedicarci alla cura delle nostre comunità ecclesiali.

L'ora attuale, cari Fratelli, è l'ora dell'annuncio gioioso del Vangelo, l'ora della rinascita morale e spirituale. I valori cristiani, che hanno caratterizzato la storia di Porto Rico, devono suscitare un rinnovato impulso in tutti i figli della Chiesa cattolica affinché diano una trasparente testimonianza della loro fede, mediante una vita ispirata ai principi del Vangelo. E' giunto il momento di portare a termine un'intensa azione pastorale, che, con audacia apostolica, conduca al rinnovamento della vita interiore delle vostre comunità ecclesiali e di tutta la società portoricana.


2. Per questo, è indispensabile la stretta comunione affettiva ed effettiva tra i Pastori del Popolo di Dio. Il Concilio Vaticano II dice a riguardo: "I Vescovi, sia come legittimi successori degli apostoli sia come membri del collegio episcopale, sappiano essere sempre tra loro uniti e dimostrarsi solleciti di tutte le Chiese; pensando che per divina disposizione e comando del potere apostolico ognuno di essi, insieme con gli altri Vescovi, è garante della Chiesa" (CD 6). Questa unità, che oggi dovete promuovere con particolare intensità e esprimere in modo visibile, è fonte di consolazione nell'arduo ministero che vi è stato affidato e, allo stesso tempo, garanzia e incoraggiamento per i fedeli, che possono vedere il vostro servizio pastorale come nato veramente dallo Spirito del Signore, che accompagna e guida la sua Chiesa in ogni momento e in tutte le congiunture storiche.

La collegialità porta con sé esigenze pastorali che, come Vescovi, non potete dimenticare. In effetti leggiamo nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa: "Come san Pietro e gli altri apostoli costituirono, per istituzione del Signore, un unico collegio apostolico, similmente il Romano Pontefice, successore di Pietro, e i Vescovi, successori degli apostoli, sono fra loro uniti" (LG 22). Il Vescovo è il principio e il fondamento visibile dell'unità della Chiesa particolare della quale è Pastore (cfr. LG 23), tuttavia come membro del Collegio Episcopale deve agire solidalmente con i suoi fratelli, soprattutto nell'ambito di uno stesso Paese. L'affetto collegiale è l'anima della collaborazione tra i Vescovi e il presupposto indispensabile per l'efficacia apostolica.


3. Comunione e ministero sono due grandi aspetti dell'unità della Chiesa, della quale siamo servitori e custodi. Capire che la Chiesa è comunione significa penetrare meglio il cuore del suo ministero e l'identità della missione come Vescovi, chiamati a annunciare che questa nostra comunione è "col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo" (1Jn 1,3).

Il Vescovo per rendere presente Cristo, Buon Pastore, riceve con l'ordinazione episcopale la pienezza dello Spirito Santo, dalla quale nascono insondabili ricchezze, affinché, mediante la Parola e i sacramenti, possa edificare la Chiesa, comunità di salvezza e luogo di incontro con Dio.

Tuttavia non bisogna dimenticare che la prima forma di evangelizzazione è la testimonianza (cfr. RMi 42-43). Per questo la santità di vita è il dono più prezioso che potete offrire alle vostre comunità e il cammino del vero rinnovamento che il Concilio ha chiesto di apportare alla Chiesa. Siate quindi "modelli" per il vostro gregge, come esorta San Pietro (cfr. 1P 5,3): "nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza", come San Paolo esorta Timoteo (1Tm 4,12). Oggi più che mai ci viene richiesta una testimonianza evangelica personale. Innanzitutto, ce lo chiede Cristo, Buon Pastore e Capo dei Pastori, con il suo esempio di bontà, di mansuetudine e di carità fino a dare la vita per le sue pecore come suprema manifestazione dell'amore.


4. Siate ben coscienti del fatto che la santità è un'esigenza di perenne attualità. L'uomo sente oggi un'urgente bisogno di testimoni di vita santa. Lo hanno manifestato i Vescovi dell'America Latina riuniti nella Conferenza di Santo Domingo affermando: "Abbiamo sentito che il Signore Gesù ripeteva la chiamata a una vita santa (cfr. Ep 1,4), fondamento di tutta la nostra azione missionaria" (n. 31). In effetti l'annuncio della verità di Cristo "potenza di Dio e sapienza di Dio" (1Co 1,24), deve essere rafforzato dalla testimonianza di una vita plasmata nella preghiera e nell'umile servizio di amore verso tutti.

Nell'ambito di questa esigenza di santità ed esemplarità personale vi esorto vivamente affinché - a imitazione di Gesù, Maestro e amico dei discepoli - prestiate un'attenzione speciale ai vostri sacerdoti. Essi sono i collaboratori immediati nel ministero episcopale e devono essere i primi destinatari della vostra sollecitudine pastorale. Cercate di trattarli con profonda amicizia e fraternità, aiutandoli a svolgere con abnegazione il ministero che hanno ricevuto da Cristo a favore degli uomini. E se qualcuno, per debolezza, non fosse fedele ai suoi impegni sacerdotali o, peggio ancora, smettesse di essere modello e guida per i fedeli che dovrebbe edificare, è vostro dovere - con l'atteggiamento del Buon Pastore - ammonirlo con sollecitudine e amore, sapendo che il bene delle anime, legge suprema della Chiesa, deve essere l'obiettivo prioritario nel vostro compito di pascere il gregge che Cristo si è acquistato con il suo sangue (cfr. Ac 20,28).


5. Le sfide dell'epoca attuale richiedono più che mai sacerdoti virtuosi, formati nello spirito di preghiera e di sacrificio, con una solida preparazione nelle scienze ecclesiastiche - la cui anima è la Sacra Scrittura (cfr. DV 24) -, con atteggiamento di obbedienza, dediti al servizio di Cristo e della Chiesa mediante l'esercizio della carità. In effetti, il Concilio Vaticano II ci insegna che la "carità pastorale scaturisce soprattutto dal sacrificio eucaristico il quale risulta il centro e la radice di tutta la vita del presbiterio, cosicché l'anima sacerdotale si studia di rispecchiare in sé ciò che non viene realizzato sull'altare" (PO 14). Di conseguenza, la prima e grande responsabilità del sacerdote dinnanzi al popolo fedele è quella di essere irreprensibile nella sua condotta personale, seguendo Cristo povero, casto e obbediente. Il vostro popolo è particolarmente cosciente della dignità del sacerdote e in ogni sacerdote si aspetta di vedere un Pastore esemplare, dedito al suo ministero con la generosità di chi si è consacrato al Signore con una vita di celibato, per dedicarsi interamente alla missione che gli è stata affidata (cfr. PO 16).


6. E' dalla piena configurazione a Cristo che si comprende la legislazione della Chiesa latina - e anche quella di alcuni riti orientali - che esige da tutti i sacerdoti il celibato. "La volontà della Chiesa trova la sua ultima motivazione nel legame che il celibato ha con l'Ordinazione sacra, che configura il sacerdote a Gesù Cristo Capo e Sposo della Chiesa" (PDV 29). Il sacerdote deve chiedere insistentemente la grazia di vivere fedelmente questo grande dono con il quale il Signore ha benedetto la sua Chiesa. E' questa un'esortazione che, mediante voi, cari Fratelli nell'Episcopato, rivolgo oggi a tutti i sacerdoti di Porto Rico che collaborano con voi nei compiti della Nuova Evangelizzazione. Con la vostra parola e il vostro esempio di dedizione e di santità, aiutateli ad essere sempre luce che illumina e sale che dà sapore di virtù cristiane a quanti li circondano. Che la loro testimonianza come sacerdoti sia sempre irreprensibile affinché coloro che hanno bisogno della luce della fede accolgano con gioia la parola di salvezza; affinché coloro che sono poveri e dimenticati sentano la vicinanza della solidarietà fraterna e sperimentino l'amore di Cristo; affinché coloro che sono senza voce si sentano ascoltati; affinché coloro che sono trattati ingiustamente trovino difesa e aiuto.


7. In questa stessa prospettiva di vita sacerdotale vorrei far riferimento ad un tema che, per la Chiesa dei nostri giorni, è motivo di preoccupazione e di viva speranza: il Seminario. In esso si formano i candidati al sacerdozio dai quali dipenderà in gran parte il futuro delle Chiese particolari. Per questo, dovete prestare una particolare sollecitudine affinché il seminario sia, innanzitutto, "una comunità educativa in cammino", nella quale si ravvivi "l'esperienza formativa che il Signore ha dedicato ai dodici" (cfr. PDV 60); una scuola di autentici Pastori, nella quale si imparta una formazione integrale a livello spirituale, umano, intellettuale e pastorale.

Siete tutti coscienti del fatto che il problema dei Seminari va al di là del semplice aumento numerico degli studenti. In effetti, un elemento centrale di ogni pastorale vocazionale è l'attento discernimento nell'accettazione dei candidati al sacerdozio e la sollecita attenzione durante il periodo di formazione. Per la qual cosa è di fondamentale importanza la selezione degli educatori e dei professori dei Seminari. A questo proposito la Congregazione per l'Educazione Cattolica ha recentemente diffuso il documento "Direttive sulla preparazione degli educatori nei seminari", che offre criteri e linee di condotta in un ambito così importante per la vita della Chiesa. In effetti, poiché questo è un compito di grande trascendenza per il presente e per il futuro delle vostre diocesi, dovete affidarlo a sacerdoti idonei e di provata virtù. Come non esprimere viva gratitudine a tanti educatori e professori di Seminario, che, mediante la loro opera - a volte occulta e sacrificata - contribuiscono giorno per giorno a formare in modo integrale i futuri sacerdoti!


8. Dedicate anche il meglio del vostro tempo e del vostro impegno a promuovere la catechesi a tutti i livelli, dai suoi aspetti più intimi di conversione personale a Dio, fino allo svolgersi della vita comunitaria, sacramentale e apostolica.

Nell'ambito di questa opera di educazione nella fede vi esorto a perseverare nella vostra sollecitudine pastorale per i giovani, i quali spesso incontrano difficoltà a vivere la loro vocazione cristiana con intensità e coerenza in mezzo a una società secolarizzata e debilitata nei suoi valori morali. E' necessario che ogni giovane scopra che Cristo è la verità che ci rende liberi (cfr. Jn 8,34), che Egli è per tutti "la via, la verità e la vita" (Jn 14,6).

Anche Gesù chiama oggi molti di essi: "vieni e seguimi" (Mt 19,21).

Indubbiamente una pastorale vocazionale ben strutturata deve prestare particolare attenzione alle famiglie nel cui seno si forgia il futuro dell'umanità e della stessa Chiesa. Come segno della mia sollecitudine verso questa cellula primaria della società ho voluto recentemente rivolgere una Lettera alle Famiglie, affinché nel corso di quest'anno, dedicato particolarmente ad esse, si approfondisca la realtà dell'istituzione familiare sottolineando i valori - oggi seriamente minacciati - di questa comunità di vita e di amore.


9. A questo proposito è motivo di gioia costatare la religiosità delle famiglie portoricane che attendono e hanno bisogno della vostra guida dottrinale per poter così purificare e consolidare nella verità le loro vive credenze religiose. Come indica giustamente il Documento di Santo Domingo "la religiosità popolare è un'espressione privilegiata dell'inculturazione della fede. Non si tratta solo di espressioni religiose, ma anche di valori, criteri, comportamenti e atteggiamenti che nascono dal dogma cattolico e costituiscono la saggezza del nostro popolo, formando la sua matrice culturale" (n. 36). Nonostante ciò sapete bene che, come "veri e autentici maestri della fede" (CD 2), è vostra missione offrire giusti criteri ai fedeli in modo che risplendano sempre la verità e la sana dottrina e si evitino deviazioni che possono seminare confusione attentando alla purezza della stessa fede.


10. Nel concludere questo incontro fraterno le mie parole desiderano essere soprattutto un messaggio di viva speranza, di incoraggiamento e di stimolo per voi, in obbedienza al mandato di Cristo di confermare nella fede i fratelli (Lc 22,32). Di tutto cuore desidero sostenervi in questo bel compito di guidare e illuminare la vita del Popolo di Dio. In questi momenti, lasciatemi rivolgere anche un saluto, pieno di affetto, a tutti i membri delle vostre Chiese diocesane: in particolare ai sacerdoti, generosi collaboratori del vostro ministero, ai religiosi e alle religiose, ai seminaristi e ai formatori, ai catechisti e agli educatori, ai padri e alle madri cristiani, a tutti i fedeli che sono testimoni del Vangelo di Gesù Cristo nelle campagne e nelle città, nelle università e nelle fabbriche, in salute e malattia, nella cultura, nella politica e nei diversi ambiti della vita sociale.

A tutti imparto con grande affetto la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1994-03-14 Data estesa: Lunedi 14 Marzo 1994





La meditazione alla concelebrazione eucaristica con i Vescovi italiani presso la tomba dell'Apostolo Pietro - Roma

Titolo: La grande preghiera per l'Italia e con l'Italia




1. "Benedictus es, Domine, Deus universi...".

Ogni giorno, con queste parole, rendiamo grazie a Dio per i doni che ci permette di offrirgli, cioè il pane e il vino. Questi doni simboleggiano tutto ciò che l'uomo riceve dal Creatore e che, a sua volta, porta in offerta a Dio, come frutto del lavoro delle proprie mani, come frutto della civiltà e della cultura.

In essi si esprime l'uomo e la sua storia. In questo modo le nazioni, i popoli e le culture portano il loro dono, inserendolo nella grande comunità universale, come ha ricordato il Concilio Vaticano II. In virtù di una tale comunione di doni cresce non soltanto la Chiesa, ma anche l'umanità. Sono essi a conferire una dimensione adeguata a questa comunità di genti diverse. Grazie a ciò la vita dell'umanità, nonostante tutte le tendenze opposte, cioè nonostante ogni inimicizia e tutti i particolarismi, procede sulle strade diritte della reciprocità, della solidarietà e dell'unità.

Un popolo che da due millenni va peregrinando sulle strade di questa terra benedetta Inizia oggi la grande preghiera per l'Italia. E' la preghiera della Chiesa che vive in questa Nazione, la preghiera di tutti i Pastori, qui rappresentati dal Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale, la preghiera di ogni Chiesa particolare, la preghiera dell'intero popolo di Dio, che da due millenni va peregrinando sulle strade di questa terra particolarmente benedetta dalla Provvidenza. Ci incontriamo oggi presso la Tomba di san Pietro per dare inizio alla grande preghiera, che dovrà durare nove mesi del corrente anno, per concludersi a Loreto il 10 dicembre.

Pietro e Paolo: due componenti della nostra civiltà Rendiamo grazie innanzitutto per l'eredità degli Apostoli Pietro e Paolo. Il primo di essi, un pescatore di Galilea; il secondo, un colto cittadino romano dell'Asia Minore, ebreo di origine e fariseo della diaspora, cresciuto a contatto diretto col mondo greco-romano. Mai ci si stupirà abbastanza delle disposizioni della divina Provvidenza, che volle condurre Pietro direttamente da Gerusalemme, attraverso Antiochia, qui a Roma. Né meno stupefacente è il disegno della Provvidenza che qui guido Paolo di Tarso, attraverso la Grecia: Tessalonica, Filippi, Corinto e Atene. In questo modo le due componenti della nostra civiltà, che attingono da Gerusalemme e da Atene, si incontrarono a Roma.

Oggi non possiamo far a meno di ringraziare Dio per questo patrimonio di fede e di cultura, che è stato posto alle basi della storia d'Italia, e che nel corso di duemila anni ne ha progressivamente plasmato lo sviluppo. Ci rendiamo conto con chiarezza del fatto che la divina Provvidenza per mezzo di Pietro ha legato in modo particolare la storia dell'Italia con la storia della Chiesa, come per mezzo di Paolo l'ha congiunta anche con la storia dell'evangelizzazione del mondo intero.

Roma simbolo del martirio, spirituale seminagione per l'intera cultura umana


2. Rendiamo grazie inoltre per la testimonianza grandiosa che è stata resa a Cristo qui, in questa terra, quasi paradigma della testimonianza che, nel corso dei secoli, verrà resa dai confessori di Cristo, e specialmente dai martiri, in tanti altri luoghi, fino ai nostri tempi. Il martirio è la forma più completa di testimonianza che possa essere data a Cristo. Essa ha avuto qui, a Roma, una dimensione singolare. Anche in altri luoghi, specialmente in determinati periodi, i cristiani sono stati oggetto di persecuzione, ma Roma rimarrà sempre il simbolo del martirio per amore di Cristo, e il Circo, le fiaccole di Nerone, le catacombe parleranno sempre a tutte le generazioni: "Sanguis martyrum - semen christianorum". Sono parole che hanno trovato la loro conferma storica più eloquente proprio qui, in Italia.

Pregando oggi per l'Italia, rendiamo grazie per questa grande eredità di martiri, divenuta spirituale seminagione per l'intera cultura umana.

La grande iniziativa di San Benedetto un laboratorio dello spirito europeo


3. Rendiamo grazie poi per l'eredità di san Benedetto, che Paolo VI, non senza profonde ragioni, ha proclamato Patrono d'Europa. Il patrimonio della vita monastica, che ebbe il suo inizio in Oriente, specialmente in Egitto, nella tradizione dei Padri del deserto, trovo la sua originale e creativa espressione in Occidente grazie a questo grande figlio dell'Italia, Benedetto da Norcia, ed alla sorella, santa Scolastica. L'abbandono del mondo per Dio ha avuto come conseguenza la trasformazione dello stesso mondo. In questo consiste il senso fondamentale della cultura umana: l'uomo trasforma il mondo trasformando se stesso. Questo è uno dei significati della vocazione benedettina. Esprimiamo la nostra gratitudine per la grande iniziativa benedettina, divenuta quasi un laboratorio dello spirito europeo. Rendiamo grazie per l'"ora et labora" benedettino, che indico le direzioni dello sviluppo della cultura umana per tutti i tempi. Rendiamo grazie perché ciò è successo proprio qui, in Italia.

L'epopea missionaria e la creativa compenetrazione di culture


4. Ringraziamo oggi per la grande epopea missionaria della Chiesa, che nella tradizione benedettina ebbe un suo particolare centro spirituale. I missionari partivano da Roma, come Agostino, al quale il Papa Gregorio Magno affido l'evangelizzazione delle isole britanniche, oppure venivano dall'Irlanda come Bonifacio o Willibrord, che furono gli apostoli della Germania e dei Paesi sul Reno, o come Ansgario e gli altri che arrivarono fino alla Scandinavia. Rendiamo grazie per questa epopea missionaria della Chiesa, che contribui alla diffusione non soltanto del Vangelo, ma anche della cultura classica e della lingua latina.

In questo modo per lunghi anni l'Europa è rimasta latina e tutto il patrimonio delle culture e delle lingue romaniche ha preso da li il suo avvio.

Rendiamo grazie ancora per il fatto che nel corso della sua storia l'Italia, e specialmente le regioni del sud, Italia meridionale, sono divenute terreno d'incontro e di creativa compenetrazione della lingua e della cultura dell'antica Grecia e del mondo latino in costante crescita. Ciò è stato importante per la Chiesa, che in quel tempo respirava ancora con due polmoni; è stato importante anche per tutta la cultura mediterranea e per le prospettive che ad essa si sono aperte nel corso dei secoli.

Rendiamo grazie ancora per Cirillo e Metodio Rendiamo grazie ancora per Cirillo e Metodio, i santi Fratelli di Salonicco, che scoprirono per il cristianesimo e per l'Europa il grande mondo slavo. Ringraziamo perché quei figli di Bisanzio cercarono sempre l'unità con Roma, lasciando tale ricerca dell'unità come loro testamento spirituale non soltanto per la Chiesa e per il cristianesimo, ma anche per l'intera Europa.

Gregorio VII distinse chiaramente ciò che è di Dio da ciò che è di Cesare


5. In modo particolare rendiamo grazie a Dio perché i Vescovi di Roma riuscirono a resistere alle pretese egemoniche degli imperatori, orientali prima, ed occidentali poi. Alcuni di loro hanno per questo subito anche il martirio. Papa Gregorio VII seppe distinguere chiaramente ciò che è di Dio da ciò che è di Cesare, e non permise all'imperatore di appropriarsi di ciò che era divino.

Comincio così ad emergere quella corretta impostazione di relazioni che nel Concilio Vaticano II avrebbe trovato la sua formulazione definitiva: "La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra nel proprio campo. Tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti, in maniera tanto più efficace quanto meglio coltivano una sana collaborazione tra di loro, secondo modalità adatte alle circostanze di luogo e di tempo" (GS 76). Proprio questa dottrina evangelica sulla distinzione e sulla cooperazione tra ciò che è umano e ciò che è divino costituisce il patrimonio durevole di Roma. Qui ha avuto la sua prima applicazione. Bisogna che anche ai nostri tempi trovi in Italia comprensione e applicazione.

La straordinaria vocazione di San Francesco d'Assisi e il genio irripetibile di San Tommaso d'Aquino: periodo d'oro della storia d'Italia


6. Il secondo millennio ha portato all'Italia una fondamentale testimonianza evangelica, specialmente grazie alla straordinaria vocazione di san Francesco d'Assisi. Il Santo Poverello appartiene a tutta la Cristianità e a tutta l'umanità, ma le sue radici sono in terra umbra. La sua testimonianza evangelica continua a costituire una forza potente per tutti coloro che desiderano servire la giustizia e la pace. Essi tornano costantemente ad Assisi cercando là ispirazione e sostegno anche di fronte alle sfide dei tempi odierni.

Accanto alla figura di san Francesco, dal cuore della storia del tredicesimo secolo, occorre richiamarne un'altra. Si tratta di un gigante del pensiero, un genio forse irripetibile: parlo di san Tommaso d'Aquino, figlio dell'Ordine di san Domenico. La sintesi filosofica e teologica da lui elaborata costituisce un bene solido e durevole della Chiesa e dell'umanità.

Oggi dobbiamo dunque ringraziare per questo periodo d'oro della storia d'Italia. E' quello il tempo in cui emerge anche il genio della lingua italiana, il poeta Dante Alighieri con la sua "Divina Commedia". Nel campo delle arti plastiche s'affermano la pittura ispirata di Fra' Angelico e quella di tanti altri maestri che preannunciano e preparano il secolo di Michelangelo, di Raffaello e degli altri grandi del Rinascimento italiano. Sulle rovine della Roma antica cresce una Roma nuova, ormai non più la Roma dei Cesari, ma la Roma nella quale in vari modi si manifesta il genio del cristianesimo. E' questa ormai, con tutto il suo carattere universale, la cultura propria dell'Italia; una cultura di cui vive l'Italia, ma vivono anche, in un certo senso, le nazioni dell'Europa e del mondo.

Santa Caterina da Siena, il genio della femminilità italiana


7. Venerati fratelli, celebrando l'Eucaristia presso la tomba di Pietro non possiamo oggi non ringraziare per santa Caterina da Siena. In un momento critico per Roma e per la Chiesa, si rivelo in essa il genio della femminilità italiana.

Insieme a san Francesco, Caterina viene giustamente riconosciuta quale Patrona d'Italia. La sua personale esperienza di comunione con Cristo continua ad attirare i mistici.

Caterina pero preannuncia anche la grande crisi che avrebbe attraversato la Chiesa, e con essa la società, tra il XIV e il XV secolo. Fu una crisi pericolosa che contribui probabilmente anche alla grande divisione dell'Europa cristiana, all'epoca della Riforma. Anche in questo periodo bisogna tornare al genio dello spirito romano che si manifesta in Italia in modo particolare nella persona di san Carlo Borromeo, il principale promotore delle riforme del Concilio tridentino. E se in quel periodo il cristianesimo, diviso in Europa, sperimenta con la scoperta dell'America una sorta di grande compensazione, ciò avvenne grazie a Cristoforo Colombo, un italiano nativo di Genova. Anche qui la Provvidenza si è servita di un figlio dell'Italia per aprire all'umanità e alla Chiesa nuove vie, nuove prospettive che sarebbero andate molto lontano nel futuro.

Galileo Galilei apri la strada alla scienza moderna


8. In questo contesto va menzionata ancora una figura-chiave, almeno da un certo punto di vista, per la storia della conoscenza dell'universo: Galileo Galilei.

Avendo intuito che la decisiva scoperta fatta da Copernico, nella lontana Warmia, era giusta, Galileo si schiero tra coloro che mossero, per così dire, la terra e fermarono il sole. I criteri metodologici da lui proposti aprirono la strada alla scienza moderna, la strada delle scienze della natura.

Successivamente nel continente europeo iniziarono i tempi dell'allontanamento dal cristianesimo: fu un allontanamento piuttosto radicale. E' una costatazione che riempie la Chiesa di dolore, ma non le toglie la speranza.

Essa sa infatti che è Cristo, e Lui solo, ad aver parole di vita eterna: solo Lui è capace di soddisfare le aspirazioni più profonde della ragione e del cuore umano.

Nel rievocare il periodo degli "abbandoni", non si può, tuttavia, non rilevare la potenza del bene che è emersa in mezzo a quelle molteplici forme di male, presenti nella storia d'Europa negli ultimi secoli, e soprattutto in quello corrente. A fronteggiare radicali pericoli sono sorti testimoni altrettanto radicali di Cristo. E l'Italia è patria di molti fra questi: penso a san Paolo della Croce, sant'Alfonso Maria de' Liguori, san Giovanni Bosco. Ricordiamo pure il grande numero di santi e di beati di questo secolo. S'avverte ben presente, anche ai nostri tempi, il poderoso soffio dello Spirito Santo, che rinnova la Chiesa mediante associazioni e movimenti sorti di recente. Molti di essi sono nati proprio qui, in Italia.

Alcide De Gasperi e Giorgio La Pira Il programma di san Paolo: "Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male!" (Rm 12,21) è diventato il programma di questa nostra epoca.

Quando, dopo la seconda guerra mondiale, si è delineato il programma della ricostruzione dell'Europa, in esso hanno avuto una parte importante due cristiani quali Alcide De Gasperi e quella figura carismatica che fu il sindaco di Firenze Giorgio La Pira.

Gli attuali figli e figlie dell'Italia diventino degni di una così significativa eredità


9. Venerati fratelli, saliamo ora all'altare. Saliamo per deporre i doni che abbiamo ricevuto da Dio: "Benedictus es, Domine, Deus universi, quia de tua largitate accepimus panem, quem tibi offerimus... offerimus fructum vitis". Pane e vino, i grandi simboli eucaristici, in cui è contenuto tutto ciò che l'uomo ha ricevuto da Dio, ciò che egli deve anche al lavoro delle proprie mani, della propria mente, quanto è eredità di intere generazioni. Questi simboli sono per noi oggi l'espressione di quanto l'Italia con il suo popolo cristiano, dalle Alpi alla Sicilia, ha rappresentato attraverso i secoli per la Chiesa e per il mondo. Questo popolo, con la sua tradizione mediterranea, e con le sue ascendenze greco-romane, questo popolo protagonista di eventi di carattere decisivo per la storia umana, sta davanti a noi. Ogni sua vicenda noi portiamo e presentiamo sull'altare, domandando che diventi per noi pane di vita (panis vitae), che diventi nell'Eucaristia una nuova bevanda (potus spiritalis). Proprio questa è la grande preghiera per l'Italia e con l'Italia. Presentiamo come offerta tutti i frutti dello spirito umano, nei quali si sono espressi il lavoro e la creatività, la cultura e la sofferenza dei figli e delle figlie di questa terra. Preghiamo, in modo particolare, per gli attuali figli e figlie dell'Italia, perché diventino degni di una così significativa eredità, e sappiano esprimerla nella loro vita presente individuale, familiare e sociale, nell'economia e nella politica.

L'Eucaristia costituisce una prospettiva dominante di questo anno, che vedrà la celebrazione a Siena del Congresso Eucaristico Nazionale, al quale ci invita l'Episcopato italiano. Desideriamo che in tale Congresso abbia luogo la grande preghiera dell'Italia per l'Europa e per il mondo, redento a prezzo del Sangue di Cristo. Bisogna che in virtù di questo "prezzo" l'umanità riconosca la sua dignità e la vocazione ricevuta da Dio in Cristo.

Al santuario di Loreto desideriamo recarci spiritualmente in pellegrinaggio lungo tutti i prossimi mesi 10. Maria è sempre presente nell'opera di Cristo e nella Chiesa. La sua presenza si esprime attraverso vari santuari, moltiplicatisi in tutto il mondo, e in particolare nel Continente europeo. Attraverso questi santuari passa la misteriosa trama della storia dei singoli paesi, delle singole nazioni ed epoche. In Italia, il pensiero va quest'anno in particolare al santuario di Loreto, al quale desideriamo recarci spiritualmente in pellegrinaggio lungo tutti i prossimi mesi.

Così, dunque, anche la nostra preghiera di quest'anno per l'Italia diventa un pellegrinaggio, un pellegrinaggio nella fede. Siamo pellegrini insieme a Colei che ci precede sulla via della fede, della speranza e dell'unione con Cristo. Se il nostro pellegrinaggio trova il suo inizio qui, presso la tomba di san Pietro, ciò corrisponde a tutta la logica della storia ed alla profonda eloquenza che ne promana. Cristo, che è verità e vita (cfr. Jn 14,6), è diventato per noi la via lungo i secoli. Su questa "via" noi intendiamo camminare, avvicinandoci al termine del secondo millennio della sua presenza tra gli uomini.

"Iesus Christus heri et hodie idem, et in saecula!" (He 13,8).

Amen!

Data: 1994-03-15 Data estesa: Martedi 15 Marzo 1994






GPII 1994 Insegnamenti - Visita "ad limina": il discorso ai Presuli della Conferenza Episcopale di Porto Rico - Città del Vaticano (Roma)