GPII 1994 Insegnamenti - Telegramma alla vedova del Capo di Stato del Rwanda - Città del Vaticano

Telegramma alla vedova del Capo di Stato del Rwanda - Città del Vaticano

Titolo: Desidero esprimerle la mia profonda partecipazione

Signora Juvénal Habyarimana - Kigali Profondamente addolorato per l'annuncio della tragica morte del Presidente della Repubblica, suo sposo, desidero esprimere a lei e alla sua famiglia la mia profonda partecipazione e assicurarle la mia fervida preghiera per il defunto. Chiedo al Signore di accogliere nel suo Regno tutte le vittime del dramma di Kigali e di sostenere le famiglie del Rwanda e del Burundi che piangono la perdita di persone care. In questo tempo di Pasqua in cui celebriamo Cristo vincitore del male, spero che i cattolici sapranno mettere in atto il comandamento di amore fraterno lasciato da Cristo ai suoi discepoli e invio a tutti i suoi la mia Benedizione Apostolica.

IOANNES PAULUS PP. II (Traduzione dal francese)

Data: 1994-04-08 Data estesa: Venerdi 8 Aprile 1994





Telegramma alla vedova del Presidente del Burundi - Città del Vaticano

Titolo: Il Signore sostenga coloro che piangono i loro cari

Signora Cyprien Ntaryamira - Bujumbura Apprendendo con tragica costernazione la morte del Presidente della Repubblica, suo sposo, porgo a lei e alla sua famiglia le mie vive condoglianze e le assicuro la mia fervida preghiera per il riposo della sua anima. Chiedo al Signore di accogliere nel suo Regno tutte le vittime del dramma di Kigali e di sostenere le famiglie del Burundi e del Rwanda che piangono la scomparsa dei loro cari. In questo tempo di Pasqua in cui celebriamo la vittoria della vita sulle forze del male, mi auguro che i cattolici aprano il cuore al comandamento di amore fraterno lasciato da Cristo ai suoi discepoli e invio a lei e a tutti i suoi la mia Benedizione Apostolica.

IOANNES PAULUS PP. II (Traduzione dal francese)

Data: 1994-04-08 Data estesa: Venerdi 8 Aprile 1994





A circa 200 fedeli dell'Arcidiocesi di Madrid - Città del Vaticano

Titolo: E il tempo di Dio!

Cari Fratelli nell'Episcopato, illustri Autorità, sacerdoti, religiosi e religiose, amatissimi fratelli e sorelle, E' per me motivo di particolare gioia ricevere questa mattina una rappresentanza dell'Arcidiocesi di Madrid, guidata dal Signor Cardinale Angel Suquia, desiderosa di esprimere al Successore di Pietro la sua gratitudine per la visita pastorale dello scorso mese di giugno nella capitale spagnola. Vi si sono uniti anche un gruppo di Mostoles, diocesi di Getafe, con il suo vescovo Mons.

Francisco José Pérez y Fernandez Golfin, e Mons. Manuel Urena Pastor, vescovo di Alcala de Henares.

La vostra presenza qui mi fa tornare alla mente quelle indimenticabili giornate di fede e di speranza, durante le quali ho avuto la gioia di presiedere la solenne cerimonia di consacrazione della Cattedrale di Nostra Signora de la Almudena e di canonizzare il Beato Enrique de Osso, illustre figlio della Catalogna e fondatore delle Religiose della Compagnia di Santa Teresa.

Con la consacrazione di questo tempio il popolo cristiano madrileno ha potuto coronare un'antica e fervida aspirazione, quella di poter avere una Cattedrale, cuore della diocesi e degna dimora in cui invocare Dio e implorare la sua misericordia. La conclusione di quest'opera ha rappresentato, allo stesso tempo, un segno del dinamismo della Chiesa di Madrid, che ha saputo unire i suoi sforzi, i suoi lavori, le sue elemosine e le sue preghiere per far diventare realtà questa splendida cattedrale dedicata alla Madre di Dio, con il nome "de la Almudena". Sono presenti al nostro incontro i membri del Patronato per la conclusione dei lavori di questo tempio, che in così vasta misura hanno contribuito a plasmare quel fervido desiderio di Pastori e fedeli.

In quella occasione ho invitato tutti a rinnovare il proprio impegno nei compiti dell'evangelizzazione. E' il tempo di Dio, vi dicevo - il tempo di rendere presente il fermento del Vangelo per l'animazione e la trasformazione delle realtà temporali. E vi esortavo con queste parole: "Uscite per strada, vivete la vostra fede con gioia, portate agli uomini la salvezza di Cristo che deve penetrare nella famiglia, nella scuola, nella cultura e nella vita politica!" (15 giugno 1993).

Il giorno seguente nella Piazza di Colombo, il fedele popolo di Madrid - in una delle maggiori concentrazioni mai conosciute dalla capitale spagnola - seppe esprimere la propria fede e il proprio entusiasmo durante la cerimonia di canonizzazione di San Enrique de Osso. perciò desidero esprimere, ancora una volta, il mio ringraziamento alle Autorità, agli organizzatori e a tante persone generose che hanno contribuito a fare di quella celebrazione eucaristica una grandiosa manifestazione dei valori spirituali che sono patrimonio secolare della Chiesa di Spagna.

In quest'Anno Internazionale della Famiglia, voglio ripetere l'appello che, dal cuore di Madrid, rivolsi alle famiglie spagnole ad essere sempre luogo di incontro con Dio, centro di irradiamento della fede, scuola di vita cristiana.

"Esorto tutti - vi dicevo - a perseverare nella difesa della dignità di ogni vita umana, nell'indissolubilità del matrimonio, nella fedeltà dell'amore coniugale, nell'educazione dei bambini e dei giovani, seguendo i principi cristiani di fronte a cieche ideologie che negano la trascendenza e che la storia recente ha squalificato mostrandone il vero volto" (16 giugno 1993).

E come non inviare da qui un saluto caloroso alle migliaia di giovani, ragazzi e ragazze madrilene e di molti altri luoghi della Spagna, che con il loro entusiasmo e la loro profonda devozione hanno saputo mettere una nota di allegria e di speranza in quell'indimenticabile incontro nella Plaza de Colon? Essi sono la promessa di un futuro per la Chiesa, come ho potuto apprezzare ancora di più durante la cerimonia nel Seminario, attorniato dai candidati al sacerdozio - alcuni dei quali sono oggi qui presenti - e che un giorno saranno gli animatori delle varie comunità ecclesiali. Chiedo con fervore a Dio che quest'Anno della Famiglia sia un'occasione favorevole per ravvivare i valori cristiani all'interno della famiglia, in modo che in essa nascano e si sviluppino numerose e sante vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, che mantengano viva la gloriosa tradizione missionaria del la Chiesa in Spagna che, in America Latina e in molte altre zone del mondo, ha il vanto di aver piantato il seme fecondo del Vangelo.

Per concludere, desidero ribadire a tutti i presenti la mia viva gratitudine per le innumerevoli attenzioni di cui sono stato oggetto durante la mia permanenza a Madrid e soprattutto per il vostro generoso e zelante contributo al buon svolgimento delle diverse cerimonie celebrate. In particolare, il mio ringraziamento va ai membri della Delegazione per la visita Pontificia.

Con la gioia di questo tempo pasquale, vi invito a fare delle vostre parrocchie, delle vostre comunità, gruppi e movimenti apostolici, dei centri di irradiamento della fede, che infondano nuova vita alla metropoli madrilena, mentre concedo con tutto l'affetto la mia Benedizione Apostolica, che estendo di cuore alle vostre famiglie.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1994-04-09 Data estesa: Sabato 9 Aprile 1994





Regina Caeli: la riflessione prima della preghiera mariana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Apparendo dopo la Risurrezione Gesù inaugura il tempo del grande perdono

Carissimi fratelli e sorelle!


1. "Pace a voi!". Ecco il saluto del Risorto, che più volte è risuonato nelle letture bibliche di questa Ottava di Pasqua e, in particolare, nel Vangelo dell'odierna liturgia. Sulle labbra di Gesù tale saluto va ben oltre la prospettiva e l'augurio di una pace esteriore, pur tanto necessaria. La pace recata da Gesù è la pienezza del dono pasquale.

Cristo stesso è la nostra pace (cfr. Ep 2,14). Apparendo agli Apostoli dopo la risurrezione, Egli, l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo (cfr. Jn 1,29), inaugura il tempo del grande perdono, offerto agli uomini attraverso il dono dello Spirito e i sacramenti della Chiesa: "A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi" (Jn 20,23).


2. La pace donata dal Risorto è, così, il trionfo della Divina Misericordia. Che cosa infatti è la misericordia, se non l'amore sconfinato di Dio, che di fronte al peccato dell'uomo, frenando il sentimento di una severa giustizia, quasi si lascia intenerire dalla miseria della sua creatura, e si spinge fino al dono totale di sé, nella croce del Figlio? "O felice colpa che ci hai meritato un così grande Redentore!" (Preconio pasquale).

Per cogliere la profondità di questo mistero, dobbiamo prendere sul serio la sconcertante rivelazione di Gesù: "Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione" (Lc 15,7). Dio è veramente il Pastore che lascia le novantanove pecore per andare alla ricerca di quella smarrita (cfr. Lc 15,4-6); è il Padre sempre in attesa del figlio perduto (cfr. Lc 15,11-31). Chi può dire di essere senza peccato e di non aver bisogno della misericordia di Dio? Noi, uomini di questo nostro tempo così inquieto, oscillante tra il vuoto dell'auto-esaltazione e l'avvilimento della disperazione, abbiamo più che mai bisogno di una rigenerante esperienza di misericordia. Dobbiamo imparare a ripetere a Dio, con fiducia e semplicità di figli: "Grande è il nostro peccato, ma più grande è il tuo amore!" (Inno ai Vespri del Tempo di Quaresima).

Aprendoci alla misericordia, non intendiamo certo trarne motivo per adagiarci nella mediocrità e nel peccato, ma al contrario ci sentiamo rianimati a propositi di vita nuova.


3. O Maria, Madre di misericordia! Tu conosci come nessun altro il cuore del tuo Figlio divino. Instillaci nei confronti di Gesù la confidenza filiale vissuta dai Santi, quella confidenza che animo la Beata Faustina Kowalska, grande apostola della Divina Misericordia nel nostro tempo.

Guarda con amore alla nostra miseria; strappaci, o Madre, alle opposte tentazioni dell'autosufficienza e dell'avvilimento, ed ottienici l'abbondanza della misericordia che ci salva.

(Dopo aver formulato un rinnovato appello per la pace in Rwanda, sconvolto dalla guerra civile, il Santo Padre, rivolgendosi ad un gruppo di pellegrini sloveni, ha detto le parole che pubblichiamo in una traduzione italiana:) Benvenuti i pellegrini di Studenice presso Poljcane e di Ljubljana in Slovenia. Il risorto Salvatore sia la Vostra meta e la Madre Celeste custodisca Voi e i Vostri cari. Con questo desiderio vi impartisco la Benedizione Apostolica.

Data: 1994-04-10 Data estesa: Domenica 10 Aprile 1994





L'omelia alla Santa Messa per l'apertura dell'Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi - Basilica Vaticana, Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Un Sinodo totalmente africano che respira l'universalità della Chiesa




1. "Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso!..." (Ps 117/118,24).

Così canta la Chiesa per tutta l'Ottava di Pasqua, mentre gioisce del Cristo che è la "pietra angolare" della sua costruzione eterna (cfr. Ep 2,20).

Questo è il giorno fatto dal Signore "Questo è il giorno fatto dal Signore...". così canta oggi in modo particolare la Chiesa che è nel continente africano, la Chiesa che condivide le sorti dei popoli e delle nazioni di questo antico continente. Li essa ha radici così antiche, come in poche altre parti del mondo. Guardando indietro, verso l'Antico Testamento, troviamo che li, attraverso l'Egitto, già passava la strada di Abramo, padre della nostra fede, e poi la strada di Israele. Li ha inizio la Pasqua dell'Antica Alleanza, la liberazione dalla schiavitù, li sta il Monte Sinai dove Mosè ricevette i Dieci Comandamenti, li si svolsero i quarant'anni del popolo eletto nel deserto. Tutto sta li.

L'Africa è anche in un certo senso la seconda patria di Gesù L'Africa è anche in un certo senso la seconda patria di Gesù. Piccolo bimbo, fu li che cerco rifugio contro la crudeltà di Erode.

Vengono, poi, i tempi apostolici. E la Chiesa torna nuovamente in Africa per mezzo del diacono Filippo, che battezza un funzionario della regina d'Etiopia.

In questo modo nasce la Chiesa in quell'antica, venerata parte del continente africano.

Seguono, poi, i tempi dei martiri. Il periodo del primo Concilio, l'indimenticabile attività della Chiesa alessandrina, sant'Atanasio, un po' più tardi sant'Agostino, sant'Antonio Eremita e la grande tradizione ascetica dei Padri del Deserto. Tutto questo è l'Africa! Come si vede, il giorno dell'Africa nella Chiesa dura ormai da quasi 2000 anni.

Tutta l'Africa è presente oggi nella Basilica di San Pietro


2. Dobbiamo ricordarlo oggi, iniziando questo Sinodo della Chiesa nel continente africano, primo nella storia.

Naturalmente, ricordiamo i Sinodi africani dei primi secoli, l'attività di Origene, di san Cipriano, le controversie ecclesiologiche, che dividevano allora il cristianesimo. Ma tutto ciò si concentrava prima di tutto lungo le coste settentrionali del continente. Oggi per la prima volta si svolge un Sinodo della Chiesa africana che interessa l'intero continente: da Alessandria fino al Capo di Buona Speranza, dal Golfo Persico sino a Gorée e alle isole atlantiche di Capo Verde.

Tutta l'Africa è presente oggi nella Basilica di San Pietro. Con un profondo fremito del cuore il Vescovo di Roma saluta l' Africa. La saluta nelle persone dei Vescovi riuniti per il Sinodo, i quali nella stragrande maggioranza sono ormai figli dei popoli africani: scelti fra quei popoli e per essi costituiti (cfr. He 5,1). Lo Spirito Santo li ha posti come Vescovi tra le Chiese africane.

Il Vescovo di Roma saluta tutti i popoli del vostro Continente, carissimi Fratelli rappresentanti di tutte le razze e culture, di tutte le lingue, le tradizioni e le usanze, nelle quali queste culture si esprimono da secoli. Roma si è sentita legata all'Africa sin dall'inizio della nostra era, ed anche da prima. Figli e figlie dell'Africa giungevano in Italia già ai tempi dell'antico impero romano, come giungono anche oggi. Non è possibile richiamare tutti i particolari storici dai tempi prima di Cristo, ma è doveroso ricordare che sin dall'inizio dell'era nuova i figli dell'Africa furono presenti nella Chiesa, ed esercitarono in essa vari ministeri. Vi furono degli africani anche tra i Papi.

I figli e le figlie dell'Africa amano la vita


3. Il Vescovo di Roma saluta oggi la Chiesa che è in Africa, in tutte le regioni di quel grande Continente: sia nell'immenso Sahara, come nel profondo delle savane africane e delle ricche foreste tropicali, dove vivono popoli molto antichi. La Chiesa Romana saluta questi popoli, saluta specialmente le loro tradizioni religiose, nelle quali si esprime l'ardente ricerca dell'unico Dio attraverso la venerazione degli avi.

Queste antiche tradizioni sono ancora la parte della maggioranza degli abitanti dell'Africa. Sono tradizioni aperte al Vangelo, aperte alla verità, espressa oggi da san Giovanni, il quale afferma che Gesù è il Messia: "Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato" (1Jn 5,1).

I figli e le figlie dell'Africa amano la vita. E' proprio l'amore per la vita a comandare loro di attribuire così grande importanza alla venerazione degli avi. Credono istintivamente che quei morti continuino a vivere e rimangano in comunione con loro. Non è questo in qualche modo una preparazione alla fede nella Comunione dei Santi? I popoli dell'Africa rispettano la vita che viene concepita e nasce. Gioiscono di questa vita. Rifiutano l'idea che possa essere annientata, anche quando a ciò vorrebbero indurli le cosiddette "civiltà progressiste". E le pratiche ostili alla vita vengono loro imposte per mezzo di sistemi economici al servizio dell'egoismo dei ricchi.

La Chiesa che parla in questo momento con le mie labbra, gioisce per il fatto che i popoli dell'Africa con le loro culture e i loro costumi vivono oggi in propri stati e sistemi, sono sovrani sul proprio Continente. Tale sovranità permette loro, da un lato, di valutare tutto ciò che di positivo gli europei hanno portato per lo sviluppo del loro Continente e, dall'altro, di giudicare criticamente tutte le ingiustizie subite nel corso dell'epoca coloniale e, prima ancora, in conseguenza della pratica crudele, durata tanto a lungo, di ridurre in schiavitù molti figli dell'Africa per deportarli nel Nuovo Mondo.

Il Continente è anche tormentato da annose tensioni e sanguinose lotte


4. Ma se, da un lato, constatiamo con soddisfazione che l'apertura alla vita costituisce una delle caratteristiche più belle e tipiche del Continente africano, con profondo dolore e preoccupazione vediamo, dall'altro, che esso è tormentato da annose tensioni e sanguinose lotte. Non si può non rimanere profondamente colpiti e turbati da questo drammatico contrasto tra amore e odio, tra gioia di vivere e terrore, tra solidarietà e fratricidio, tra vita e morte.

Sacerdoti, religiose e catechisti: vittime di un odio assurdo In questo contesto, che tocca purtroppo numerosi Paesi, desidero ora ricordare, in maniera particolare, il popolo e la Chiesa rwandesi, provati in questi giorni da una impressionante tragedia, legata anche alla drammatica uccisione dei Presidenti del Rwanda e del Burundi. Con voi, Vescovi, condivido la sofferenza di fronte a questa nuova catastrofica ondata di violenza e di morte, che, investendo questo diletto Paese, ha fatto scorrere in proporzioni impressionanti anche il sangue di sacerdoti, religiose e catechisti: vittime di un odio assurdo.

Assieme a voi, riuniti in questo Sinodo Africano, e in spirituale comunione con i Vescovi del Rwanda che non hanno potuto essere oggi qui con noi, sento il dovere di rivolgere un appello affinché sia fermata la mano omicida dei violenti. Con voi elevo la mia voce per dire a tutti: Basta con queste violenze! Basta con queste tragedie! Basta con queste stragi fraticide! In Rwanda e in Burundi, duramente provati in questi ultimi tempi, come anche in tutta l'Africa, la Chiesa è chiamata a dare il suo prezioso e insostituibile contributo nel promuovere una urgente e radicale opera di riconciliazione, che faccia del Continente africano una terra dove regni la pace e l'amore per la vita.

Il Concilio Vaticano II è la principale fonte d'ispirazione per il Sinodo Africano


5. Il Concilio Vaticano II, che è la principale fonte d'ispirazione per il Sinodo Africano, ha aperto un fecondo dialogo non solo con i cristiani, ma anche con le religioni non cristiane. In Africa questo dialogo ha un suo grande campo d'azione.

Ciò vale specialmente nei confronti di coloro che si ritengono discendenza spirituale di Abramo, cioè i musulmani. La Chiesa di Roma saluta tutti i seguaci dell'Islam che vivono nel continente africano, specialmente nella sua parte settentrionale. Augura a loro la benedizione di Dio onnipotente e misericordioso.

Contemporaneamente questa Chiesa, che è in tutta la terra e che oggi si esprime in modo particolare attraverso la presenza dei Vescovi africani, crede fermamente che l'onnipotenza e la misericordia dell'unico Dio si sono realizzate prima di tutto per mezzo dell'Incarnazione del Figlio di Dio - Figlio che è consostanziale col Padre e che opera insieme al Padre nello Spirito Santo e in tale unità trinitaria riceve piena gloria e onore. L'uomo e l'umanità intera sono chiamati a rendere onore a questo Dio in Spirito e verità. Gesù Cristo è colui che è venuto, come dice S. Giovanni, "con acqua e sangue (...) non con acqua soltanto, ma con l'acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità" (1Jn 5,6). Questa è la nostra fede, questa è la fede della Chiesa, questa è la fede di tutte le Chiese particolari che peregrinano nel continente africano verso la casa del Padre. Questa fede vince il mondo. Vince il mondo colui che crede che Gesù è il Figlio di Dio. Vince il mondo ciò che è nato da Dio (cfr. 1Jn 5,4-5).

Cristo crocifisso e risorto è la speranza dell'Africa


6. Davanti a voi, credenti che professate un solo Dio, diamo testimonianza di questo ineffabile mistero, che Dio volle rivelare all'uomo in Gesù Cristo, portandogli la giustificazione mediante la fede e la remissione dei peccati. Gesù è Figlio di Maria Vergine di Nazaret, come anche voi riconoscete. Proprio questo Gesù, Dio-Uomo crocifisso e risorto, è la speranza di tutta l'umanità. Egli è anche la speranza dell'Africa! Inaugurando il Sinodo dei Vescovi per l'Africa vi chiediamo la preghiera all'unico Dio, per mezzo di Abramo, padre della nostra fede, affinché possiamo adempiere bene alla vocazione, che i popoli dell'Africa da 2000 anni ricevettero da Dio per mezzo di Cristo, nella sua santa Chiesa.

La liturgia odierna della seconda Domenica di Pasqua ci riporta agli antichissimi tempi della Chiesa, quando "la moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola (...), gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande stima" (Ac 4,32 Ac 4,33). Chiediamo allo Spirito Santo che questa "grande stima" animi la nostra assemblea sinodale. Essa è frutto di un lungo lavoro. Prima la Chiesa, che è in tutta l'Africa ha cercato una forma adeguata a questo incontro. Dopo si è scoperto che quella forma esisteva già da tanto tempo in tanti Sinodi africani.

Oggi tale forma si esprime attraverso il Sinodo dei Vescovi della Chiesa che è nel continente africano in comunione con il Vescovo di Roma. In questo modo il presente Sinodo ha un carattere totalmente africano e, allo stesso tempo, partecipa alla piena universalità della Chiesa, che s'esprime nel ministero del Successore di Pietro.

Il Sinodo africano deve scaturire da tutto il patrimonio del Magistero della Chiesa


7. Desideriamo dunque che questo sia un Sinodo africano fino in fondo, che vada alle radici stesse, mediante ciò per cui la Chiesa in Africa è africana e allo stesso tempo universale. Desideriamo che esso confronti la vita di tutte le Chiese dell'Africa con il comandamento dell'amore di Dio e del prossimo e con tutto il ricco messaggio cristiano della verità morale, che ha la sua dimensione personale, familiare, sociale, nazionale ed internazionale. Desideriamo che questo Sinodo studi l'applicazione alle necessità dell'Africa dei principi della dottrina sociale cattolica, ravvivando al tempo stesso il bisogno di giustizia e di pace nella dimensione internazionale e continentale. Se l'Africa subi dagli altri molti torti nel corso della storia, dobbiamo porci la domanda: che cosa occorre fare perché questo stato di cose muti? A chi bisogna rivolgersi e con quale messaggio, convincendo e pretendendo, esortando nel nome di Dio, ed anche nel nome dei diritti dell'uomo e del bene comune di tutta la famiglia umana, della quale i figli e le figlie dell'Africa sono una parte importante? così dunque il Sinodo africano deve scaturire da tutto il patrimonio del Magistero della Chiesa, deve anche leggere in profondità dalla propria specifica angolatura tutte le verità del recente Catechismo della Chiesa Cattolica. Dopo la fase romana dei lavori, il Sinodo si trasferirà con il proprio patrimonio in Africa, e là, nei luoghi opportuni, darà testimonianza di quanto esso sia un Sinodo nato in Africa e destinato all'Africa.

Il movimento ecumenico contemporaneo ha preso inizio tra le missioni africane


8. L'odierno Vangelo ricorda come Gesù, otto giorni dopo la risurrezione, venne per la seconda volta al cenacolo e si rivolse a Tommaso il quale prima era assente. Gesù gli disse: "Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente" (Jn 20,27). Tommaso gli rispose: "Mio Signore e mio Dio!" (Jn 20,28).

La confessione di fede con cui Tommaso si rivolge a Gesù Cristo, Dio-Uomo, unisce tutti noi che oggi iniziamo i lavori del Sinodo africano. Questa confessione ci unisce anche ai nostri fratelli cristiani, che non permangono con noi nella piena unità della Chiesa universale. Oggi in modo particolare diamo anche a loro il benvenuto. Salutiamo sia i rappresentanti delle Chiese ortodosse, specialmente dell'antichissima Chiesa copta in Egitto e in Abissinia, sia quelli delle Chiese e delle comunità nate dopo la Riforma: anglicani, luterani e riformati. Salutiamo quanti confessano che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, vero Dio e vero uomo, sia che appartengano alla popolazione indigena o siano venuti da altri Paesi come missionari. E' proprio a loro che dobbiamo in modo particolare il rilancio dell'impegno per l'unità dei cristiani nell'epoca moderna.

Annunziando Cristo e il Vangelo, essi sperimentarono ben presto quanto le divisioni confessionali ostacolassero la loro missione evangelizzatrice nel Continente africano. Si fecero perciò promotori dell'attività ecumenica per il superamento di tale divisione e la ricomposizione dell'unità dei cristiani. Si può dunque dire che il movimento ecumenico contemporaneo ha preso inizio tra le missioni africane.

Salutiamo tutti questi nostri fratelli e sorelle nella fede in Cristo risorto e li invitiamo a partecipare al Sinodo africano che si svolge nel tempo pasquale. In questo periodo, tutti confessiamo insieme a Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!" e tutti, come Tommaso, udiamo dalla bocca di Gesù il monito: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno" (Jn 20,29). Davvero beati, beati tutti coloro che nel Continente africano, senza vedere il Cristo con i propri occhi, hanno creduto in Lui. Beati i santi martiri ugandesi, beata suor Giuseppina Bakita del Sudan, beata suor Anuarite dello Zaire, beato Joseph Gérald O.M.I. missionario del Lesoto - beati tutti i Servi di Dio, come Isidoro Bakanja ed altri, la cui elevazione agli altari attendiamo.

Africa, gioisci nel Signore! "Questo è il giorno fatto dal Signore!". Gioisci, Africa, di tutti i tuoi figli e figlie che, anche se non hanno visto, hanno creduto! Allietati dei tuoi uomini di Stato, degli uomini di cultura. Gioisci di tutti coloro che sviluppano le ricchezze della vita e del pensiero africani, di coloro che sono fedeli, allo stesso tempo, agli autentici valori del Continente nero e a Cristo - quel Cristo che all'uomo ha rivelato l'uomo e la sua altissima vocazione.

Africa, gioisci nel Signore! Amen, Alleluja!

Data: 1994-04-10 Data estesa: Domenica 10 Aprile 1994



Lettera al Cardinale Giacomo Biffi - Per il Congresso Eucaristico Nazionale Italiano

Al Venerato Fratello Nostro S.R.E. Cardinale Giacomo Biffi Arcivescovo di Bologna In ogni luogo della terra la Chiesa è abituata a celebrare la Santa Eucaristia, il più grande mistero della fede cristiana, con rito adeguato e solenne. Da questo sacramento infatti scaturiscono, come da fonte augusta e zampillante, abbondanti benefici e grandissimi doni. I fedeli che si accostano a questa acqua di salvezza possono estinguere la sete delle cose celesti e bevendo come una linfa viva possono compiere la propria opera portando avanti il proprio dovere quotidiano con maggiore forza e desiderio.

Sappiamo che, molto opportunamente, il Congresso Eucaristico Nazionale Italiano avrà luogo a Siena. In quella città, specialmente durante il Medioevo, vi furono infatti, Santi e Sante che adorarono profondamente l'arcano mistero divino nascosto sotto le specie del pane e lo inculcarono negli altri con animo ardente.

Gli stessi monumenti per i quali è famosa quella bellissima città servono allo scopo di richiamare alla memoria una intensa pietà ed un ardente amore verso Gesù.

Noi desideriamo che anche nel nostro tempo si ripetano queste testimonianze di fede cristiana e sia suscitata la fede, affinché gli uomini di oggi godano più diffusamente e più pienamente della salvezza del Salvatore, e gustino gli abbondantissimi frutti che provengono da questo divino Sacramento.

Così, affinché questa celebrazione si svolga in maniera più splendida e magnificente, abbiamo stabilito di inviare un uomo eminente a rappresentare la Nostra persona e significare la Nostra intenzione. Abbiamo pertanto rivolto a Lei, Venerato Fratello Nostro, il Nostro pensiero, poiché la riteniamo adatto e degno di compiere questo ufficio e svolgerlo efficacemente, sapendo bene che Lei è un fermo assertore ed uno strenuo fautore della fede. perciò La costituiamo Inviato Speciale alla celebrazione senese del Congresso Eucaristico Nazionale Italiano.

Avrà cura di trasmettere le Nostre Parole e l'esortazione ad amare fortemente l'Eucaristia, e nello stesso tempo manifesterà a tutti i partecipanti la nostra benevolenza, che abbracci tutti e sia di consolazione a tutti. Vogliamo infine, che Lei impartisca largamente a tutti i presenti la Benedizione Apostolica, che sia annuncio di aiuti celesti e pegno di felice salvezza.

Dal Vaticano, 12 aprile 1994, XVI anno del Nostro Pontificato.

IOANNES PAULUS PP. II (Traduzione dal latino)

Data: 1994-04-12 Data estesa: Martedi 12 Aprile 1994






Regina Caeli: appello a tutte le coscienze sugli orientamenti della prossima Conferenza Internazionale dell'Onu - Piazza San Pietro, Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La famiglia viene prima dello Stato

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Ho già avuto modo, anche scrivendo ai Capi di Stato di tutto il mondo, di esprimere dolorosa sorpresa per alcuni orientamenti emersi in preparazione della Conferenza Internazionale sulla Popolazione e lo Sviluppo, convocata dall'ONU al Cairo per il prossimo mese di settembre.

A nessuno sfugge l'importanza di tale assise, posta di fronte ad alcune delle maggiori sfide che oggi interpellano l'umanità. I temi all'ordine del giorno non sono, infatti, questioni di pura organizzazione "tecnica" della vita sociale, da delegare esclusivamente ad economisti, sociologi e politici; toccano infatti una sfera vitale in cui tutti siamo direttamente coinvolti. E' in questione il modo di concepire la vita umana nei settori decisivi della sessualità e della famiglia. Davanti a problematiche tanto complesse nessuno può tirarsi in disparte, come se esse non lo riguardassero.

Ecco perché voglio dare oggi ulteriore eco a questa mia sentita preoccupazione, facendo appello a tutte le coscienze, agli animi liberi che non si lasciano irretire da logiche di schieramento o da interessi economici e politici.

Mi rivolgo a quanti sanno resistere ai modelli dilaganti di una fatua libertà e di un falso progresso, che, visti in profondità, costituiscono invece forme di schiavitù e di regresso, perché indeboliscono l'uomo, il carattere sacro della vita e la capacità di un vero amore. Ciò che viola la norma morale non è mai una vittoria, ma una sconfitta per l'uomo, che lo rende vittima di se stesso.


2. In questo Anno internazionale della Famiglia ci saremmo aspettati una riscoperta e un rilancio del principio affermato dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, secondo cui la famiglia è "l'elemento naturale e fondamentale della società" (art. 16,3). Per tale suo carattere, essa non è un'istituzione che si possa modificare a piacimento: la famiglia appartiene al patrimonio più originario e sacro dell'umanità! Viene anche prima dello Stato, che è tenuto a riconoscerla e ha il dovere di tutelarla sulla base di evidenze etico-sociali facilmente comprensibili e da non trascurare mai.

Ciò che minaccia la famiglia, in realtà, minaccia l'uomo. Questo è ancora più vero quando si parla di un presunto "diritto all'aborto". E' oggi urgente più che mai reagire contro modelli di comportamento che sono frutto di una cultura edonistica e permissiva, per la quale il dono disinteressato di sé, il controllo degli istinti, il senso della responsabilità sembrano nozioni legate ad un'epoca ormai superata. Mi domando: a quale società porterà questo permissivismo etico? Non ci sono già sintomi preoccupanti che fanno temere per il futuro dell'umanità?


3. Affido al cuore materno di Maria questi interrogativi, mentre li propongo alla riflessione di quanti hanno a cuore il vero bene dell'uomo e di ogni uomo. Non è mia intenzione indulgere al pessimismo e all'allarmismo; ritengo pero mio preciso dovere elevare forte la voce della Chiesa a proposito di una causa così importante. La Vergine Santa parli ai cuori, faccia passare queste mie parole oltre le barriere ideologiche e politiche, perché su questi argomenti fondamentali si cerchi e si trovi un rinnovato consenso tra tutti gli uomini di veramente buona volontà.

Data: 1994-04-17 Data estesa: Domenica 17 Aprile 1994






GPII 1994 Insegnamenti - Telegramma alla vedova del Capo di Stato del Rwanda - Città del Vaticano