GPII 1994 Insegnamenti - Regina Caeli: la Giornata per l'Università Cattolica - Piazza San Pietro, Città del Vaticano (Roma)

Regina Caeli: la Giornata per l'Università Cattolica - Piazza San Pietro, Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Il principio e la prospettiva della ricerca scientifica trovano il loro saldo fondamento nei valori del Vangelo"

Si celebra oggi in Italia la Giornata per l'Università Cattolica del Sacro Cuore, il cui tema significativo è, quest'anno, l'invito ad "investire in cultura", alla ricerca di "vie nuove" di presenza cristiana nella società contemporanea.

Auspico che i cattolici italiani con generosa sensibilità continuino ad assicurare a questa gloriosa Istituzione il sostegno della preghiera, dell'affetto e del contributo concreto, perché essa sia sempre in grado di proporre con la forza delle idee la necessità di quel Principio e di quella prospettiva della ricerca scientifica che trovano il loro saldo fondamento nei valori del Vangelo.

(Il saluto ai Seminaristi partecipanti ad un Convegno:) "Vi invito a pregare intensamente per la Chiesa che è in Africa, visitata anche in questi giorni dalla sofferenza e dal martirio". Rivolgo un saluto cordiale ai trecento Seminaristi italiani che partecipano al Convegno, promosso dalle Pontificie Opere Missionarie, sul tema "Incontro con l'Africa del Sinodo". Sono molto lieto, carissimi, del vostro interessamento a questo evento così importante per la Chiesa africana e la Chiesa universale. Sono certo che in questo Convegno avete maturato l'impegno di approfondire la vostra formazione. La Chiesa, sparsa in ogni popolo e cultura, guarda con fiducia a voi, che vi state preparando ad offrire il vostro servizio al Vangelo. Con voi benedico i vostri educatori e le vostre famiglie, e vi invito a pregare intensamente per la Chiesa che è in Africa, visitata anche in questi giorni dalla sofferenza e dal martirio.

(Infine ha salutato con queste parole i pellegrini giunti da diverse parti d'Italia:) Saluto poi il gruppo di spiritualità familiare di San Giovanni a Teduccio, Napoli; le Comunità neocatecumenali di Vicenza, Castellammare di Stabia e Pozzuoli; il Terz'Ordine Francescano di Rutigliano (Bari). Esorto tutti a trarre profitto dal Tempo pasquale per rinnovarsi nella fede e nell'impegno di costruire la civiltà dell'amore.

Un saluto, infine, agli alunni dell'Istituto "Il Caminetto", di Chiaverano (Torino), con l'augurio di un felice pellegrinaggio a Roma.

Data: 1994-04-17 Data estesa: Domenica 17 Aprile 1994





Visita pastorale: l'omelia durante la celebrazione eucaristica nella parrocchia di San Bernardino da Siena - Roma

Titolo: La Chiesa d'Africa, nata grazie all'opera dei missionari, ora si prepara ad essere essa stessa missionaria verso di noi

"Io sono". Questa è la parola che ci guida attraverso tutta la Sacra Scrittura. Oggi la ascoltiamo sulla bocca di Gesù Risorto. Ma prima la abbiamo ascoltata dai Padri, soprattutto da Mosè, già in una "teofania" di Dio, quando dal fuoco che ardeva nel roveto si è alzata la voce: "Io sono". Mosè chiedeva a Colui che parlava il suo nome e la risposta era: "Io sono". Questa è la rivelazione di Dio. Dio è Colui che si chiama: "Io sono", Iavhé.

E' vero che attraverso tutte le creature, attraverso tutto lo splendore, tutta l'immensità del creato, si poteva scoprire anche prima Colui che è, quel "Io sono". Ma ci è voluto un periodo lungo, fino a quando in persona è venuto Colui che è, per dire a Mosè: "Io sono"; il mio nome è questo: "Io sono".

Lo diceva ancora prima ad Abramo. Lo ha detto poi, attraverso i Patriarchi, i Profeti, e finalmente lo ha detto in Cristo. Cristo ha usato la stessa parola e per questo è stato anche condannato, perché la parola "Io sono" vuole esprimere il nome di Dio. Cristo usava questa parola in riferimento a se stesso e questo voleva dire che si faceva Dio. Lo hanno condannato, lo hanno messo in croce, lo hanno crocifisso e sepolto. E dopo tre giorni è risorto e con la stessa parola che esprime il suo nome è apparso agli Apostoli: "Io sono".

Lo vediamo così oggi, lo vediamo nel Cenacolo. Questo "Io sono" è di un Dio incarnato, di un Dio fattosi carne già nella Vergine Maria. Questo "Io sono" è di uno che è capace di essere toccato, visto, ascoltato con le orecchie, che è capace anche di prendere del cibo e mangiare con loro.

Questo è proprio il motivo del nostro incontro.

Siamo qui, insieme, per essere con Lui, per ascoltare questa sua Parola.

Gesù lo dirà attraverso la bocca del sacerdote, del Papa: "Ecco il mio corpo, ecco il mio sangue". Vuol dire: "Io sono", io sono con voi, io sono per voi, io sono qui per accettare le vostre offerte, le vostre preghiere, le vostre sofferenze, i vostri doni; io sono qui per accettare tutto questo e poi per ridarvi il dono che sono io stesso per tutti voi.

E' splendida questa realtà che si chiama Eucaristia, costituita nell'Ultima Cena.

Oggi, nella Liturgia delle Ore, recitata da tutti i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i monaci e anche da molti laici, si ricorda la celebrazione dell'Eucaristia nel secondo secolo. La descrive San Giustino martire e padre apostolico. Si vede che la Liturgia di quasi venti secoli fa era la stessa di oggi. Si celebrava in modo molto simile. La celebrazione dell'Eucaristia in questo modo è una intuizione primitiva uscita dal Cenacolo, per dare spazio centrale a Gesù che dirà: "Io sono: Ecco il mio Corpo, ecco il mio Sangue. Venite, mangiate. Venite, bevete".

E' splendida questa Eucaristia. E' splendida questa unità attraverso i secoli, attraverso le generazioni: unità della Chiesa, della comunità, del Popolo di Dio attraverso l'Eucaristia.

In questi giorni partecipo per molte ore al Sinodo africano. I Vescovi di tutta l'Africa sono presenti a Roma per considerare, dibattere, approfondire i problemi della Chiesa nel loro Continente. Questa Chiesa è una delle più antiche, una di quelle apostoliche, se si considera soprattutto l'Etiopia. Ma è anche molto giovane, ha meno di cento anni nella gran parte del Continente. E' una Chiesa giovane e robusta, piena di speranza, di dinamismo. Una volta certamente è stata fondata dai missionari europei, da italiani, francesi, tedeschi, polacchi e tanti altri. Anche oggi ci sono diversi missionari. Ma adesso questa Chiesa si prepara ad essere essa stessa missionaria, forse verso di noi. Se a noi mancheranno le forze, sarà la Chiesa d'Africa a venirci in aiuto.

Così è l'Economia divina, tutta radicata nella Parola di Dio: "Io sono"; voi non potete essere senza di me; io sono con voi, io sono per voi, grazie al fatto che voi siete creature, figli e figlie dei vostri genitori ma anche figli di Dio come me.

E' stupenda questa realtà della nostra fede. Vi auguro, carissimi, di crescere in questa fede. Da questa fede è originata la Chiesa, la parrocchia di San Bernardino da Siena. Da questa fede è originata anche la parrocchia vicina che ho visitato stamattina, dedicata a Santa Maria Madre dell'Ospitalità. Grazie a Dio sono nate queste parrocchie qui nella periferia di Roma. Il Vescovo di Roma ringrazia il Signore oggi con voi e attraverso di voi per questa nascita di nuove chiese, di nuove comunità in zone che potevano essere abbandonate senza la Parola di Dio, senza l'Eucaristia che c'è adesso.

In mezzo a voi c'è l'Eucaristia, in mezzo a voi c'è il Vescovo di Roma, in mezzo a voi c'è il sacerdote, che è il vostro vicino, il vostro fratello. Sta qui anche per confessarvi. Mi diceva che confessa molto: va sempre un giorno della settimana all'altra parrocchia e confessa dalle nove di mattina alle dieci di sera.

Con il Cardinale Vicario e con Monsignor Mani, che è Vescovo Ausiliare per questo Settore, vi esprimo il mio compiacimento e vi dico come Gesù ha detto agli Apostoli radunati nel Cenacolo: "Pace a voi".

Pace all'Italia, pace all'Europa, pace al mondo, pace alla Chiesa! Pace a noi, pace a voi! Amen! (Agli animatori dei centri pastorali:) Avevo pensato di concludere come un vecchio filosofo, con Aristotele e Platone. Ma poi ho abbandonato l'idea, per concludere con Michelangelo.

Voi sapete che da poco è stata riaperta la Cappella Sistina. Pensavo oggi: ecco, bisogna tornare un po' dietro, bisogna andare al vecchio Foro Romano, bisogna vedere le rovine della Roma antica e bisogna vedere quella prima cappella cristiana dentro un edificio romano, pagano, dove è dipinta la Vergine Maria. Era il secolo IV.

Da studente, con grande attenzione, ho cercato le Catacombe, ho cercato le prime Basiliche. Erano delle abitazioni, delle case private: Santa Balbina e tante altre Basiliche di Roma, più antiche, più prestigiose, più sante.

Da questi inizi, da questi principi così modesti si è arrivati non solamente ad un roveto, ma ad un albero grande, molto ramificato a cui vengono tutti, si precipitano tutti perché c'è Michelangelo, c'è la Cappella Sistina che è frutto di una lunga maturazione della fede, dell'arte cristiana della Chiesa incarnata. Se non ci fosse l'incarnazione di Dio, il Verbo, non sarebbe mai stata possibile la Cappella Sistina.

Questa cosa vi è stata detta per incoraggiarvi. Voi avete qui degli inizi piuttosto modesti. Ma avete questa ferma convinzione che la Chiesa siamo noi: ciascuno di noi è tempio del Dio vivente.

La Chiesa siamo noi, la Chiesa è la famiglia. E non si deve mai disperare per le famiglie, perché una volta si ritroveranno come Chiesa. Non possono vivere fuori della Chiesa, senza essere Chiesa, perché così ha deciso Iddio creando l'uomo maschio e femmina, creandoli come erano all'inizio per diventare poi un modello della Chiesa, come leggiamo nel Vangelo e soprattutto in San Paolo agli Efesini.

Tutto questo è un presagio, una profezia per le vostre due parrocchie.

Una è un po' più ricca perché ha un tetto, l'altra è meno ricca, ha una cappellina piccola. C'è lo stesso parroco, che è molto entusiasta delle sue due parrocchie.

Dice: quale parroco di Roma ha due parrocchie? E' vero. Quando il Papa avrebbe potuto nella stessa domenica visitare due parrocchie? E la prima volta e forse l'ultima...

Pensavo che qui avrei dovuto incontrare il Consiglio Pastorale. Nelle parrocchie già ben sistemate c'è un gruppo di persone. Qui invece c'è quasi la parrocchia intera! Mi diceva il parroco che ci sono tanti "Consigli", diversi ambienti, diversi compiti. E' furbo questo parroco!...

Sono queste un po' le impressioni di questa visita che porto con me ritornando a Roma, in Vaticano, per predicare, soprattutto per pregare il "Regina Coeli". E poi anche per combattere un programma, un progetto fatto dalle Nazioni Unite, che vogliono distruggere la famiglia. Dio mio! Nazioni Unite! Io dico semplicemente: ripensateci, convertitevi! Se siete Nazioni Unite non potete dividere, distruggere! (Ai giovani:) Vi saluto nel nome di Gesù. La prima cosa che vorrei sapere è: come ha potuto questo piccolo ragazzo rubare tutte le cose che ha detto? Lui è piccolo, innocente, certamente non ha mai rubato. Ma ha citato le parole evangeliche di un altro, che veramente ha rubato, ha acquistato beni non suoi, si è arricchito con questi beni. Si chiamava Zaccheo. Lui non è Zaccheo, è un bravo ragazzo...

Vorrei dire una cosa interessante. Gesù non si ruba; ma Lui vuole essere "rubato", vuole essere "acquistato", vuole diventare nostra proprietà, come ci ha detto questa ragazza giovanissima, studentessa, catechista. Gesù vuole essere "rubato", vuole essere acquistato da noi, vuole diventare nostra proprietà. E venuto nel mondo come il Figlio eterno del Padre eterno per diventare uno di noi, per diventare quasi la nostra proprietà. Questa proprietà è sempre espressa dalla lampada ardente davanti all'altare. Lui è sempre qui, sempre ci aspetta, sempre vuole che veniamo a prenderlo con noi, a farlo diventare nostra proprietà, per camminare con noi, sulle strade del mondo, della nostra vita.

Così è Gesù. E Gesù crocifisso ha "acquistato" anche questo ambiente attraverso San Bernardino da Siena, Santo italiano, grande apostolo del nome di Gesù, egli stesso "acquistato" da Gesù. Ha scelto questo ambiente di Roma, questa parrocchia per diventare qui il Patrono di tutti quelli che vogliono "rubare" Cristo.

Vi saluto cordialmente. Questa è una visita primaverile: c'è la primavera. Nel nome di questa primavera vi saluto, perché la primavera sono questi bambini. Voi siete primavera di Roma, primavera d'Italia, del mondo! Vi auguro di crescere con Gesù. Gesù vuol crescere con voi, vuol diventare la vostra vita, la vostra crescita, il vostro sviluppo, il vostro futuro. Lo auguro di cuore a quelli che si preparano alla Prima Comunione, a quelli che si preparano anche alla Cresima e poi a quelli che già sono pronti a guidare gli altri, ad aiutare gli altri.

Il vostro parroco è molto gioioso. L'ho invitato in Vaticano con il Cardinale Ruini, con Monsignor Mani. Vedo che è molto gioioso, è molto contento di essere il vostro parroco. Penso che anche voi siate contenti di averlo.

(Rivolgendosi poi ai numerosi giovani che proprio la scorsa domenica avevano ricevuto il Sacramento della Confermazione il Papa ha ricordato:) La Cresima non è solo una domenica è tutta la vita. Si diventa "soldato di Cristo" per essere poi testimoni. Cresimato vuol dire un po' apostolo, come quelli che stavano intorno a Gesù e che Gesù ha confermato, ha "cresimato" con la sua Parola, con la sua morte in croce, con la sua Risurrezione. Voi cresimati siete già simili a quegli apostoli. Vi auguro di essere fedeli alla vostra Cresima durante tutta la vita.

Data: 1994-04-17 Data estesa: Domenica 17 Aprile 1994





La visita alla parrocchia di Santa Maria Madre dell'Ospitalità - Roma

Titolo: Con dedizione e con sacrificio arricchite la Chiesa di Roma

Certamente voi non avete molte ricchezze! Questo si vede subito: avete solamente questa chiesetta, come nei territori delle missioni, come in Africa.

Peccato che non sia venuto con me un Vescovo africano. Adesso a Roma ce ne sono tanti che partecipano al Sinodo africano. Tutta l'Africa è presente a Roma: Roma è "africanizzata"...

Questi poveri fratelli nostri dell'Africa non hanno molte ricchezze, ma hanno una ricchezza grande costituita da loro stessi, dalla loro fede. così dovete essere anche voi, che, grazie a Dio, siete più anziani, più ricchi in genere, perché gli italiani sono tra i Paesi più progrediti, più ricchi del mondo. Ma anche in questi Paesi più ricchi vi sono parrocchie che mancano di ricchezze.

Hanno solamente questa ricchezza sostanziale rappresentata da loro stesse: rappresentata da voi intorno a Gesù Crocifisso, a Gesù Risorto, intorno alla sua Madre, che è la vostra Patrona, intorno ad un sacerdote.

Qui sembra che abbiate dato vita alla comunità come la madre dà la vita al suo bambino. Con forza, con dedizione, con sacrificio avete dato vita a questa vostra comunità parrocchiale, nella periferia di Roma. Avete arricchito così la Chiesa di Roma, con questa comunità, con questo Cristo che qui soffre, ma che qui risorge, in voi, nella vostra fede, nelle vostre famiglie.

Vi saluto di cuore. E' l'unico caso in cui il Papa visita due parrocchie nella stessa domenica: prima la vostra, e poi andremo all'altra di San Bernardino da Siena. E' lo stesso Parroco che guida, che segue le due parrocchie. Vi invito, anche se non so se sia possibile, a venire anche là... Piuttosto è lui un Parroco "viaggiante", itinerante.

Questa è la prima volta. E quando ci sarà dato di visitare la vostra comunità per la seconda volta, vi auguro di avere anche una Basilica. Forse si potrebbe portare una delle Basiliche della vecchia Roma e impiantarla qui. così è cresciuta la fede, così è cresciuta la Chiesa, così è cresciuta la Chiesa di Roma.

E noi siamo testimoni di questa crescita, di questo sviluppo: testimoni con la nostra predicazione, con la nostra fede e con il nostro amore.

Devo esprimere questo amore a tutti i presenti, a tutte le generazioni, dai più anziani ai più piccoli, ai neonati, ai nascituri, a tutti. Vi offro una Benedizione che vorrei sia anche portata in tutte le case, in tutte le famiglie.

Grazie per questo incontro primaverile!

Data: 1994-04-17 Data estesa: Domenica 17 Aprile 1994






Lettera al Card. Joseph Ratzinger - Città del Vaticano

Titolo: Per il millennio della morte di San Wolfgang

Al Venerato Fratello Nostro Joseph Ratzinger Cardinale S. R. E.

Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede La Chiesa è abituata a tributare grandissimo onore a tutti i Santi ed in modo speciale a coloro che con ardore e zelo si sono dedicati all'attività apostolica ed hanno avuto il ruolo di fondatori di comunità di fedeli. Tra di essi va senza dubbio annoverato San Wolfgang, dalla cui morte ad oggi sono trascorsi ormai mille anni. Adorno di una straordinaria regola di vita, egli, "ottimo autore di poesie", fu, a quanto si narra, fondatore di molti monasteri. Ebbe inoltre l'illustre Sede di Ratisbona, di cui egli fu come il faro e la colonna, dandole lustro con la sua attività, tanto da essere annoverato tra i più grandi Vescovi della Germania.

Siamo perciò particolarmente commossi, sapendo che la pia morte di questo Santo sarà adeguatamente celebrata nella diocesi di Ratisbona, particolarmente il 3 luglio prossimo, così che quegli antichi esempi di splendore e monumenti di virtù siano richiamati e siano nuovamente confermate ed efficacemente accresciute la fede e la pietà.

Vogliamo dunque venire incontro con piacere alla richiesta del Venerato Fratello Manfred Muller, Vescovo di Ratisbona, che, affinché questo evento si svolga più solennemente, ci ha chiesto di inviare alle celebrazioni un uomo eminente. Abbiamo così rivolto il pensiero a Lei, Venerato Fratello Nostro, giudicandola degno ed all'altezza di svolgere questo incarico, sia per la sua importanza che per la sua origine ed il suo particolare legame con quella città.

Pertanto, significandole la Nostra grande stima, la nominiamo e costituiamo Nostro Inviato Speciale a questa solennità.

A tutti i partecipanti e i presenti a questa commemorazione manifesterà il Nostro favore e la Nostra benevolenza, con i quali abbracciamo l'intera città di Ratisbona e gli innumerevoli luoghi dove opero il Santo. Invochiamo pure su tutti il Suo patrocinio, affinché si degni di aiutarli con i benefici celesti ed i fedeli di quei luoghi, senza lentezza ed indugio, corrano dietro le sue orme.

Vogliamo infine che Lei impartisca la Nostra Benedizione Apostolica, che sia annuncio di divine grazie, sprone ad un rinnovamento degli animi, felice premonizione del mondo che verrà.

Dal Vaticano, 20 aprile dell'anno del Signore 1994, sedicesimo del Nostro Pontificato.

IOANNES PAULUS PP. II (Traduzione dal latino)

Data: 1994-04-20 Data estesa: Mercoledi 20 Aprile 1994





Lettera al Cardinale Jozef Tomko - Città del Vaticano

Titolo: Per il 150° anniversario dell'evangelizzazione delle Isole Fiji

Al Venerato Fratello Nostro Cardinale S. R. E. Jozef Tomko Osservando, con particolare gioia del Nostro animo di pastori, gli eventi memorabili del popolo di Dio sparso sulla terra tra le diverse comunità ecclesiali, Noi non possiamo fare a meno di desiderare d'essere in qualche modo in mezzo a ciascuna di esse, e prendere parte, quasi fossimo presenti, alla loro santa letizia, insieme con i Fratelli nell'Episcopato, i presbiteri a loro associati, i religiosi, loro coadiutori nella vigna, e i fedeli stessi.

La memoria di uno di questi eventi, come sappiamo, allieta grandemente oggi le Isole Fiji, dove l'intera Arcidiocesi di Suva festeggia il 150° anniversario dall'inizio della evangelizzazione cristiana di quel luogo e del suo popolo. E poiché desideriamo spendere tutto il Nostro ministero, come pastori di tutta la Chiesa, affinché sia intrapresa e portata a compimento una nuova evangelizzazione degli uomini, e il nome di Cristo sia più profondamente impresso nelle anime, riteniamo che commemorazioni di questo genere siano di grandissimo giovamento. Grazie ad esse infatti, mentre si rinnova la consapevolezza del passato e si medita sullo sviluppo delle cose, si aggiunge nuovo ardore apostolico alle opere ed iniziative di evangelizzazione nel mondo.

Così quest'anno la stessa solennità di Maria Santissima Assunta in Cielo costituirà quasi il coronamento e il compimento dei riti e delle celebrazioni previste per questo evento missionario, che a tutti è noto con lo splendido titolo che lo contraddistingue: "Evangelizzazione: Egli mi ha mandato". In questa occasione i pensieri, le esortazioni, le preghiere della Nostra mente saranno rivolti senza dubbio alle Isole Fiji, riguarderanno il Venerato Fratello Petero Mataca, si uniranno a tutte le celebrazioni, liturgiche e civili. E perché non manchi da parte Nostra alcun segno di questo Nostro favore e gioia comune, Lei stesso, Venerato Fratello Nostro, destinato a questo importante incarico in virtù di questa Lettera, presenzierà, quale Nostro Inviato Speciale, per onorare codesta celebrazione del 150° anniversario dalla fondazione della Chiesa cattolica nelle Isole Fiji.

In quel felicissimo giorno, 15 agosto prossimo, si rivolgerà a nome Nostro a tutti i presenti e partecipanti, e secondo le Nostre intenzioni li esorterà, affinché perseguano ulteriormente, con raddoppiato vigore, la necessaria opera dell'evangelizzazione, conforterà, con la Nostra felicitazione paterna, tutto il Popolo Cattolico e lo confermerà nel lodevole cammino missionario di vita e azione Cattolica per mezzo della Benedizione Apostolica. Affidando fiduciosamente a Lei questa fruttuosa ambasciata ed attestando tutta la Nostra benevolenza nei suoi riguardi per gli incarichi da Lei già efficacemente svolti per Noi tra la comunità delle Isole Fiji, le porgiamo di cuore i Nostri ringraziamenti.

Dal Vaticano, 20 aprile 1994, sedicesimo anno del Nostro Pontificato.

IOANNES PAULUS PP. II (Traduzione dal latino)

Data: 1994-04-20 Data estesa: Mercoledi 20 Aprile 1994





Udienza: il discorso al Simposio sulla "Partecipazione dei fedeli laici al Ministero presbiterale" - Sala del Concistoro, Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il sacro Ministero sia presentato nella sua specificità ontologica che non permette frammentazioni né indebite appropriazioni

Venerati Signori Cardinali e fratelli nell'Episcopato! Carissimi fratelli!


1. Sono molto lieto di incontrarmi con voi, che prendete parte al Simposio sulla "Partecipazione dei fedeli laici al ministero presbiterale", promosso dalla Congregazione per il Clero.

Saluto il Cardinale Prefetto, Monsignor Segretario e gli Officiali di questa Congregazione, come pure i Rappresentanti dei Dicasteri interessati e delle Conferenze Episcopali, gli Invitati speciali e gli Esperti che sono intervenuti.

Esprimo anzitutto viva soddisfazione per il lavoro compiuto, che ha coinvolto numerose Conferenze Episcopali. Rendiamo insieme grazie al Signore, anche per la felice coincidenza del vostro incontro con l'Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, all'interno della quale la riflessione circa il rapporto tra laici e ministri ordinati occupa un posto rilevante.

Il tema della eventuale partecipazione dei fedeli laici a certi aspetti concreti dello specifico ministero pastorale dei presbiteri trova la sua giusta collocazione nel contesto assai più ampio della loro partecipazione all'unica missione della Chiesa, edificata da Cristo sul fondamento degli Apostoli.

La Chiesa tutta intera, in ogni sua componente, vive nel mistero di una "comunione missionaria". Si tratta di una "comunione "organica", analoga a quella di un corpo vivo e operante,... caratterizzata dalla compresenza della diversità e della complementarità delle vocazioni e condizioni di vita, dei ministeri, dei carismi e delle responsabilità" (CL 20); e di una "missione unitaria" (cfr. AA 2 CL 55), che coinvolge dinamicamente tutti i battezzati nell'opera di edificazione del Corpo mistico di Cristo e nel coraggioso annuncio del Vangelo al mondo.


2. E' dentro la visione, organica e dinamica, del Corpo ecclesiale gerarchicamente strutturato dallo Spirito Santo per mezzo dei suoi diversi doni sacramentali, che dobbiamo considerare, con gioiosa riconoscenza, lo sviluppo avuto in questo secolo dall'apostolato dei laici, sia dal punto di vista organizzativo che da quello dell'approfondimento concettuale e dottrinale (cfr. LG 33 AA 1). Esso si inserisce opportunamente nelle complesse circostanze del tempo attuale, che esigono una rinnovata azione missionaria globale "ad intra" e "ad extra", stimolando a riconoscere e mobilitare al meglio tutte le energie proprie dei diversi membri del Corpo mistico di Cristo (cfr. Udienza Generale, mercoledi 2 marzo 1994).

Questo nostro tempo assorbe e richiede sempre maggiori energie sacerdotali. Esso pero, mentre conosce in molte parti della terra una rigogliosa fioritura di vocazioni, constata in altre una persistente carenza di presbiteri, ed inoltre il fenomeno dell'ingente numero di sacri ministri in età assai avanzata, infermi o debilitati dai ritmi sempre più vorticosi dell'attività apostolica. Accade così che, anche là dove più elevato è il numero di ordinazioni e di ingressi nei seminari, la disponibilità di presbiteri rimane comunque insufficiente a soddisfare tutte le necessità.

Si avverte pertanto l'esigenza di una adeguata collaborazione dei fedeli laici al ministero pastorale dei presbiteri, rispettosa sempre, logicamente, dei limiti sacramentali e della diversità dei carismi e delle funzioni ecclesiali. In alcune situazioni locali si sono cercate soluzioni generose e intelligenti. La stessa normativa del Codice di Diritto Canonico ha offerto possibilità nuove, che pero vanno applicate rettamente, per non cadere nell'equivoco di considerare ordinarie e normali soluzioni normative che sono state previste per situazioni straordinarie di mancanza o scarsità di sacri ministri.

Insieme al buon grano è tuttavia cresciuto, a volte, il loglio di una certa ideologia, tributaria di una visione di sinodalità perpetua della Chiesa e di una concezione funzionalistica dell'Ordine sacro, con grave detrimento della identità teologica sia dei laici che dei chierici e conseguentemente dell'intera opera di evangelizzazione.


3. Non possiamo certo dimenticare che il benessere e la crescita dell'intero corpo ecclesiale non dipendono da una immissione disordinata di energie, anche se generose, ma dal fatto che tale corpo "secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere, in modo da edificare se stesso nella carità" (Ep 4,16).

Occorre riconoscere, difendere, promuovere, discernere e coordinare con saggezza e determinatezza il dono peculiare di ogni membro della Chiesa, senza confusione di ruoli, di funzioni o di condizioni teologiche e canoniche. Senza di ciò, non si costruisce il Corpo di Cristo, né si sviluppa rettamente la sua missione di salvezza.

Da un lato, occorre rispettare e valorizzare ogni ufficio, ogni dono e ogni compito - riconoscendo l'uguale dignità cristiana (cfr. LG 32 CIC 208) e la vocazione intrinsecamente missionaria di tutti i battezzati (cfr. LG 17 CIC 211; CL 55; RMi 71); dall'altro, occorre ricordare sempre che la Chiesa "è, per sua natura, una realtà diversa dalle semplici società umane" e che, pertanto, "è necessario affermare che non sono trasferibili automaticamente alla Chiesa stessa la mentalità e la prassi esistenti in alcune correnti culturali, socio-politiche del nostro tempo" (cfr. ).


4. Non possiamo intaccare la costituzione gerarchica della Chiesa né per richiamare i Pastori alla coscienza umile e amorevole del servizio, né per il desiderio di fare assurgere i fedeli laici alla piena consapevolezza della loro dignità e responsabilità. Non possiamo far crescere la comunione e l'unità della Chiesa né "clericalizzando" i fedeli laici, né "laicizzando" i presbiteri.

Di conseguenza, neppure possiamo offrire ai fedeli laici esperienze e strumenti di partecipazione al ministero pastorale dei presbiteri, che, in qualsiasi modo e misura, comportino un'incomprensione teorica o pratica delle irriducibili diversità, volute da Cristo stesso e dallo Spirito Santo per il bene della Chiesa: diversità di vocazioni e stati di vita, diversità di ministeri, di carismi e di responsabilità.

Non esiste alcun "diritto originario o prioritario" di partecipare alla vita e alla missione della Chiesa, il quale possa annullare tali diversità, poiché ogni diritto nasce dal dovere di accogliere la Chiesa come dono che Dio stesso ha anticipatamente concepito.

Per parlare dunque della "partecipazione dei fedeli laici al ministero pastorale dei presbiteri" è necessario, anzitutto, riflettere accuratamente sul termine "ministero" e sulle diverse accezioni che esso può assumere nel linguaggio teologico e canonico.

Da un certo tempo è invalso l'uso di chiamare "ministeri" non solo gli "officia" e i "munera" esercitati dai Pastori in virtù del sacramento dell'Ordine, ma anche quelli esercitati dai fedeli laici, in virtù del sacerdozio battesimale.

La questione lessicale diviene ancor più complessa e delicata quando si riconosce a tutti i fedeli la possibilità di esercitare - in veste di supplenti, per deputazione ufficiale elargita dai Pastori - certe funzioni più proprie dei chierici, le quali, tuttavia, non esigono il carattere dell'Ordine (cfr. CIC 230).

Bisogna riconoscere che il linguaggio si fa incerto, confuso, e quindi non utile per esprimere la dottrina della fede, tutte le volte che, in qualsiasi maniera, si offusca la differenza "di essenza e non solo di grado" che intercorre tra il sacerdozio battesimale e il sacerdozio ordinato (cfr. LG 10).

Parallelamente, non distinguendo con chiara evidenza, anche nella prassi pastorale, il sacerdozio battesimale da quello gerarchico, si corre altresi il rischio di svalutare il "proprium" teologico dei laici e di dimenticare "il legame ontologico specifico che unisce il sacerdote a Cristo, sommo Sacerdote e buon Pastore" (Esort. Ap. post-sinodale PDV 11).

"I presbiteri sono, nella Chiesa e per la Chiesa, una ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo, capo e pastore" (PDV 15). Dunque, può essere pastore soltanto chi è, al tempo stesso, capo: egli, il presbitero, agisce infatti "in persona Christi". La "forma del Pastore" è una e indivisibile e non può mai essere sostituita dagli altri componenti del gregge: i servizi e i ministeri prestati dai fedeli laici, dunque, non sono mai propriamente pastorali, nemmeno quando suppliscono certe azioni e certe preoccupazioni del Pastore (cfr. ).

Ciò che ha permesso, in alcuni casi, l'estensione del termine "ministero" ai "munera" propri dei fedeli laici è il fatto che anche questi, nella loro misura, sono partecipazione all'unico sacerdozio di Cristo. Gli "officia", loro affidati temporaneamente, sono invece esclusivamente frutto di una deputazione della Chiesa.

Solo il costante riferimento all'unico e fontale "ministero di Cristo" - alla "santa diaconia" da Lui vissuta per il bene della Chiesa suo Corpo e, mediante la Chiesa, di tutto il mondo - permette, in una certa misura, di applicare anche ai fedeli laici, senza ambiguità, il termine "ministero": senza, cioè, che esso venga percepito e vissuto come indebita aspirazione al "ministero ordinato", o come progressiva erosione della sua specificità (cfr. CL 21).

In questo senso originario il termine "ministero" ("servitium") esprime soltanto il lavoro con cui membri della Chiesa prolungano, al suo interno e per il mondo, "la missione e il ministero di Cristo" (cfr. LG 34).

Quando, invece, il termine viene differenziato nel rapporto e nel confronto tra i diversi "munera" e "officia", allora occorre avvertire con chiarezza che solo in forza della Sacra Ordinazione esso ottiene quella pienezza e univocità di significato che la tradizione gli ha sempre attribuito. Precisare e purificare il linguaggio diventa urgenza pastorale perché, dietro ad esso, possono annidarsi insidie molto più pericolose di quanto non si pensi. Dal linguaggio corrente alla concettualizzazione il passo è breve.


5. Sui Pastori incombe il dovere di educare i fedeli laici a comprendere come attuare quella partecipazione al triplice ufficio di Cristo - sacerdotale, profetico e regale - di cui godono in forza dei sacramenti del Battesimo, della Confermazione e, per i coniugi, del Matrimonio (cfr. CL 23).

Ogni azione o funzione ecclesiale dei laici - anche quelle in cui i Pastori chiedono qualche supplenza ove sia possibile - si radica ontologicamente nella loro "comune" partecipazione al Sacerdozio di Cristo e non in una partecipazione "ontologica" (nemmeno temporanea o parziale) al ministero ordinato proprio dei Pastori. E' chiaro pertanto che se i Pastori affidano loro, in forma straordinaria, alcuni dei compiti che sono ordinariamente e propriamente connessi col ministero pastorale, ma che non esigono il carattere proprio dell'Ordine, i laici devono saperli radicare esistenzialmente nel loro sacerdozio battesimale, non altrove! Occorre sempre ricordare che "l'esercizio di questi compiti non fa del fedele laico un pastore: in realtà non è il compito a costituire il ministero, bensi l'ordinazione sacramentale" (CL 23).

Occorre altresi far comprendere che queste precisazioni e distinzioni non nascono dalla preoccupazione di difendere dei privilegi clericali, ma dalla necessità di essere obbedienti alla volontà di Cristo, rispettando la forma costitutiva che Egli ha indelebilmente impresso alla sua Chiesa. Certamente "soggetto originario" della missione della Chiesa nel mondo è l'intera comunità ecclesiale, ma così come Gesù l'ha voluta e formata: la comune responsabilità apostolica dei battezzati non è contraddetta o limitata da chi in essa agisce "in persona Christi", ma ne è piuttosto confermata ed ordinata.


6. Dalle presenti riflessioni discendono molteplici conseguenze che dovranno trovare espressione nella revisione del Motu proprio "Ministeria quaedam", secondo quanto espressamente richiesto dai Padri partecipanti al Sinodo del 1987 (cfr. CL 23). Il Simposio di questi giorni pertanto, con le sue modalità di preparazione e svolgimento, è stato quanto mai provvido, e le indicazioni che, a suo tempo, seguiranno, trovando attuazione nel governo ordinario, potranno apportare notevoli benefici all'intera compagine ecclesiale. Invito, pertanto, la Congregazione per il Clero, unitamente alle Conferenze Episcopali e ai Dicasteri della Curia Romana interessati, a continuare nel lavoro intrapreso.

Bisognerà, certamente, dare ogni possibile incremento all'apostolato dei laici, sia perché questo "è un loro diritto-dovere fondato sulla dignità battesimale" (RMs, 71), sia per l'urgenza che la Chiesa sente di dover raggiungere, nella maniera più capillare possibile, quel mondo che attende di essere nuovamente evangelizzato in ogni suo settore. Ma bisognerà anche garantire che ad ogni livello - nel linguaggio, nell'insegnamento, nella prassi pastorale, nelle scelte di governo - il sacro ministero sia presentato nella sua specificità ontologica, che non permette frammentazioni, né indebite appropriazioni.

Soprattutto, non si deve mai dimenticare che i problemi posti dalla scarsità numerica di ministri ordinati, solo secondariamente e temporaneamente possono essere alleviati da una certa supplenza dei fedeli laici. Alla mancanza di sacri Pastori si può ovviare soltanto "pregando il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe" (Mt 9,38), dando il primato a Dio e curando l'identità e la santità dei Sacerdoti che ci sono. Questa è semplicemente la logica della fede! Ogni comunità cristiana che vive il suo orientamento totale a Cristo e si mantiene disponibile alla sua Grazia, saprà ottenere da Lui proprio quelle vocazioni che servono a rappresentarLo come Pastore del suo popolo.

Dove queste vocazioni scarseggiano, il problema essenziale non è quello di cercare alternative - e Dio non voglia che qualcuno le cerchi stravolgendo il Suo disegno sapiente - ma di far convergere tutte le energie del popolo cristiano per rendere nuovamente possibile nelle famiglie, nelle parrocchie, nelle scuole cattoliche, nelle comunità l'ascolto della voce di Cristo che mai cessa di chiamare.

Tutti sappiamo, anche per esperienza personale, che una importante forma di partecipazione dei fedeli laici al ministero pastorale dei presbiteri avviene laddove alcuni giovani fedeli laici, accostandosi ai presbiteri, percepiscono la divina chiamata! Deponendo nel Cuore Immacolato della Madre della Chiesa ogni proposito 17/01/19102 Pag. 20239 di bene, vi benedico tutti con affetto.

Data: 1994-04-22 Data estesa: Venerdi 22 Aprile 1994






GPII 1994 Insegnamenti - Regina Caeli: la Giornata per l'Università Cattolica - Piazza San Pietro, Città del Vaticano (Roma)