GPII 1994 Insegnamenti - Udienza: il discorso di Giovanni Paolo II ai partecipanti al Capitolo Generale dei Frati Minori Cappuccini - Città del Vaticano

Udienza: il discorso di Giovanni Paolo II ai partecipanti al Capitolo Generale dei Frati Minori Cappuccini - Città del Vaticano

Titolo: "E' necessaria una fedeltà creativa e concreta al vostro carisma"

Carissimi Fratelli!


1. Sono lieto di incontrarmi quest'oggi con voi, che prendete parte al vostro Capitolo generale, "massimo segno di unione e di solidarietà di tutta la Fraternità cappuccina riunita nei suoi rappresentanti", come recitano le vostre Costituzioni (16,1).

Saluto con affetto il neoeletto Ministro Generale, P. John Corriveau, al quale porgo i miei auguri di buon lavoro nel nuovo impegno di governo a cui è stato chiamato. Rivolgo un particolare pensiero anche al P. Flavio Roberto Carraro, che è stato per dodici anni alla guida del vostro Ordine, ed invoco per lui copiose ricompense di grazia e di pace per la dedizione con cui ha prestato la sua opera.

Ogni Assise Capitolare costituisce per l'Ordine un benefico e necessario momento di riflessione non solo sul senso profondo della propria vocazione specifica, ma anche sulle situazioni dell'umanità che interpellano la Fraternità francescana a leggere e ad accogliere i "segni dei tempi" (cfr. Mt 16,1-3 Lc 12,54-57) quale voce di Dio per l'Istituto.

Non ho certo bisogno di ricordarvi che questo vostro appuntamento si svolge in un momento quanto mai significativo per la Chiesa in generale e per i chiamati alla vita consacrata in modo del tutto particolare. La prossima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che avrà come tema "La vita consacrata e la sua missione nella Chiesa e nel mondo", costituisce infatti un qualificato stimolo per l'intero popolo di Dio a riflettere sul dono inestimabile che lo Spirito ha fatto e fa di continuo alla Chiesa di Cristo mediante il carisma della vita consacrata.

Il sessennio capitolare che ora prende avvio si inserisce, inoltre, in un tempo carico di singolare significato storico per la Comunità ecclesiale protesa alla celebrazione del secondo Millennio dell'Incarnazione di Gesù Cristo.


2. In tale contesto la missione del credente e specialmente di ogni religioso è quella di essere testimone dell'Assoluto, anche all'interno delle tragiche conseguenze che l'"assenza di Dio", vissuta in larghe fasce dell'odierna società, sta provocando. Ciò esige anzitutto che il Cappuccino viva in unione con il Signore, sperimentandone la presenza nella propria vita.

Preghiera e contemplazione: ecco l'impegno primario a cui dovete soddisfare, seguendo l'esempio luminoso di san Francesco e di tanti altri maestri della vostra lunga tradizione. Dall'intima comunione con la divina Trinità scaturisce l'amore fraterno, che voi siete chiamati a vivere prima di tutto fra voi ("Da questo riconosceranno...": Jn 13,35). Potrete allora essere pronti a vivere per gli altri, specialmente per i poveri, come vi viene continuamente raccomandato dalle Costituzioni e dai documenti del vostro Ordine. La fraternità è un valore che lo stesso san Francesco, mosso dallo Spirito Santo, inculco nei suoi primi compagni per guarire la società divisa del suo tempo. Voi oggi volete riproporre questo stile di vita in un momento in cui il virus della divisione e dell'individualismo è singolarmente aggressivo. Siate, allora, esempi di fraternità e di concordia: offrite nelle vostre comunità la testimonianza di fratelli che vivono insieme nella pace, nella preghiera, nella carità vera, nel mutuo perdono, nella povertà, nell'accoglienza.


3. Per questo è necessaria una fedeltà creativa e concreta al vostro carisma francescano-cappuccino, conosciuto sempre meglio alla luce degli insegnamenti e degli esempi del vostro santo Fondatore, Francesco d'Assisi. Impegnatevi a proseguirne l'opera e la testimonianza evangelica, ricercando spazi di presenza, di testimonianza e di servizio apostolico, adeguati alle esigenze sempre nuove dell'uomo di oggi.

Ho parlato di fedeltà creativa, intendendo riferirmi alla necessità di una attenta lettura dei segni dei tempi, per scoprire le indicazioni che lo Spirito Santo suggerisce ai cristiani di oggi. Una lettura compiuta con la stessa sensibilità del Poverello d'Assisi, che fu condotto a rispondere alle istanze della radicalità evangelica con una nuova forma di vita consacrata. L'apertura e la disponibilità di Francesco vi libereranno tanto dal rischio dell'immobilismo quanto dalla tentazione di comode acquiescenze alle mode del momento.

La vostra fedeltà deve, inoltre, essere concreta: San Francesco esortava i suoi frati a testimoniare Cristo "plus exemplo quam verbo". Da questo punto di vista occorrerà, già nella cura delle vocazioni e nella formazione iniziale e permanente dei frati, promuovere più la qualità della vita consacrata che la quantità dei consacrati. Ci si dovrà poi preoccupare di essere autentici testimoni di Dio e della fraternità evangelica: voi, carissimi Cappuccini, siete un Ordo Fratrum, chiamato a mantenere e rinforzare la tradizionale vicinanza al popolo mediante un saggio processo di inculturazione.


4. Per restare vicini agli uomini occorre che vi sforziate mediante lo studio, la riflessione e la preghiera di capire alla luce del Vangelo i problemi e le esigenze che essi vivono oggi. Senza una solida dottrina si rischia di lavorare invano.

L'impegno di venire incontro alle esigenze profonde del nostro mondo vi porterà inoltre ad essere creativi. Abbiate, carissimi, vero slancio profetico nell'aiutare gli uomini del nostro tempo, che, quanto a valori morali, brancolano non di rado nel buio. Animate i giovani, promuovete gruppi biblici e comunità di preghiera. Portate Cristo al mondo! Portatelo con coraggio. Il vostro Ordine da sempre ha dato luminoso esempio di evangelizzazione, specialmente attraverso la consuetudine di contatto popolare che vi contraddistingue.

Siate missionari! L'esigenza di portare il Vangelo ad gentes si fa ora tanto più impellente in quanto cresce la massa dei popoli che non hanno ancora incontrato veramente il Signore Gesù. Infondete la spinta missionaria alle giovani generazioni e alle giovani circoscrizioni del vostro Ordine, mantenendo sempre salda l'ecclesialità del vostro carisma, in linea con il "mandato" del Crocifisso di San Damiano a san Francesco: "Va' e ripara la mia casa". Francesco lo fece ai suoi tempi, adesso tocca a voi! Le necessità pastorali dell'ambiente nativo non costituiscono una ragione sufficiente per non lasciare la propria terra e recarsi dove Dio vi mostrerà.

Siate apostoli di pace, dono di Dio troppo spesso calpestato dall'ingiustizia e dai delitti, in un mondo che pur vorrebbe chiamarsi civile e progredito.

La vita evangelica realmente vissuta e annunciata vi renderà profeti, cioè uomini di Dio e portatori di Dio, come veri figli del serafico Padre che, al dire di un biografo, era posseduto da un "luminoso spirito di profezia" (Ubertino da Casale, Arbor vitae crucifixae Jesu, V, 3). Nel suo insegnamento e nel suo esempio voi avete una ricca eredità da custodire: essa vi rende particolarmente preparati per la nuova evangelizzazione, in vista dell'ormai prossimo Giubileo del 2000.


5. Carissimi Fratelli, vorrei concludere richiamando una bella ammonizione delle vostre Costituzioni, nella quale si rispecchia la sapienza dello Spirito, che nutri l'animo dei vostri padri: "Nell'apostolato... siate poveri e umili, senza appropriarvi del ministero, perché sia evidente a tutti che voi cercate solo Gesù Cristo; mantenete quella unità di fraternità che Cristo volle così perfetta, da far si che il mondo riconosca che il Figlio è stato mandato dal Padre. Nella convivenza fraterna coltivate la vita di preghiera e di studio per essere intimamente uniti col Salvatore, e, mossi dallo Spirito Santo, siate sempre generosamente pronti a testimoniare nel mondo la lieta novella" (Cost., 154, 3-4).

Con questi auspici, affido i frutti della vostra assemblea capitolare alla materna protezione di Maria, la "Vergine fedele", perché mantenga in voi un forte desiderio di fedeltà alla vocazione evangelica e francescana. Prego la "Regina degli apostoli", perché vi conceda di sperimentare, come i primi discepoli, la presenza di Gesù Cristo e un'intima comunione con Lui. Invoco la "Regina dei profeti", perché vi ottenga di essere intimamente posseduti dallo Spirito di Dio, si da poter essere efficaci strumenti di salvezza per i fratelli.

Mentre confido nelle vostre preghiere per i bisogni della Chiesa e vi ringrazio per il prezioso servizio che rendete al Regno di Dio, imparto di cuore a voi qui presenti e a tutto il vostro Ordine l'Apostolica Benedizione.

Data: 1994-07-01 Data estesa: Venerdi 1 Luglio 1994





Angelus: la riflessione proposta da Giovanni Paolo II ai fedeli per la recita della preghiera - Piazza San Pietro, Città del Vaticano

Titolo: Il matrimonio: un'alleanza d'amore vissuta nell'unità e nella fedeltà

Carissimi Fratelli e Sorelle!


1. Riprendendo il discorso sull'amore coniugale, vorrei oggi soffermarmi su di una proprietà essenziale del matrimonio: la sua unità. Il vincolo che nasce dal consenso matrimoniale valido è per sua natura unico ed esclusivo, ed esige da entrambi i coniugi l'impegno di una perenne e reciproca fedeltà.

Con un'immagine efficace, la Sacra Scrittura insegna che gli sposi sono chiamati ad essere "una sola carne" (Gn 2,24). Si tratta infatti di un'alleanza di amore, che investe la totalità, corporea e spirituale, dei coniugi. Mediante l'unione dei loro corpi, essi esprimono la profondità e la definitività del loro reciproco dono.

Proprio alla luce di questo carattere di totalità, tipico del patto coniugale, si capisce perché l'unione sessuale debba aver luogo esclusivamente nel matrimonio, che sigilla, sul piano personale e sociale, la scelta di integrale comunione di vita.

Solo in questo contesto il marito e la moglie possono rivivere in pienezza "quello stupore originario che nel mattino della creazione spinge Adamo ad esclamare davanti ad Eva: "E' carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa" (Gn 2,23). E' lo stupore che riecheggia nelle parole del Cantico dei Cantici: "Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, sposa, tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo"" (Ct 4,9). (LF 19).


2. E' vero: se si guarda alla storia, il principio dell'unità del matrimonio ha conosciuto incertezze, dovute a molteplici condizionamenti socio-culturali. Quanto al dovere della fedeltà, poi, sono purtroppo sotto i nostri occhi le insidie dell'umana fragilità, specialmente in quegli ambienti in cui il senso morale è poco vivo e l'esercizio della sessualità è ridotto a pura esperienza erotica o a sfruttamento dell'altro per il proprio piacere.

Ma le deviazioni di fatto non possono incrinare la norma morale, oggettiva e universale, che è saldamente radicata nella natura stessa dell'uomo.

Non rientra forse nella logica dell'autentico amore coniugale il promettersi di essere, l'uno per l'altro, l'unico uomo e l'unica donna? Proprio per questo si soffre tanto quando ci si sente abbandonati o traditi dall'uomo o dalla donna che si ama, e da cui si ha diritto di attendersi piena corrispondenza di amore. Tale testimonianza di unità e di fedeltà è anche l'attesa più naturale dei figli, che costituiscono il frutto dell'amore di un solo uomo e di una sola donna e che questo amore reclamano con tutte le fibre del loro essere.


3. Sia la Vergine Santa l'educatrice di tutti al senso dell'amore. Guardi Maria con materna pietà soprattutto alle tante difficoltà a cui vanno incontro i coniugi in una società come la nostra, dove scarsi sono i punti di riferimento etico e innumerevoli invece le tentazioni. Aiuti la Madre del Bell'Amore i giovani che si preparano al matrimonio a mettere salde fondamenta alla loro reciproca dedizione, per viverla fedelmente lungo l'intera esistenza terrena.

(Dopo aver guidato la recita della preghiera il Santo Padre ha voluto rivolgere particolari espressioni di saluto ad alcuni gruppi italiani presenti sulla Piazza.

Queste le sue parole:) Saluto con affetto il folto gruppo di quattordicenni dell'Azione Cattolica di Milano, venuti a Roma per fare la loro professione di fede sulla Tomba di San Pietro. Cari ragazzi, la vostra guida sia sempre Gesù: dialogate con Lui nella preghiera, incontratelo nel Vangelo, nell'Eucaristia, nella Confessione.

Non abbandonatelo mai, perché Egli è sempre al vostro fianco.

Rivolgo poi un saluto cordiale ai membri del gruppo sportivo "Vecchie glorie" di Codroipo (Udine), come pure ai ministranti della parrocchia di San Giovanni Battista in Adro (Brescia). A loro, ai familiari che li accompagnano e a tutti gli altri pellegrini auguro una buona permanenza in Roma.

(Dopo aver salutato i pellegrini polacchi presenti in Piazza San Pietro, il Papa si è rivolto ai presenti con queste parole:) Voglio salutare tutti, i romani e gli altri pellegrini, specialmente quelli del Messico, i messicani, e tutti gli altri. Vi auguro il coraggio di sopportare questo "calore, calore sommo". Vi invito per la prossima domenica a Castel Gandolfo: così si prevede. Sia lodato Gesù Cristo e arrivederci.

Data: 1994-07-03 17/01/19102Data estesa: Domenica 3 Luglio 1994 Pag. 20352





Messaggio al Vescovo di Dresden-Meissen, Mons. Reinelt, in occasione del 92 "Katholikentag" - Città del Vaticano

Titolo: L'uomo obiettivo principale di tutti i nostri sforzi

Al Venerabile Fratello Joachim Reinelt Vescovo di Dresden-Meissen Venerabile Fratello nell'Episcopato! Cari Fratelli e Sorelle! Sulla via dell'unità" - con questo tema siete giunti alla 92esima edizione del Deutschen Katholikentag a Dresda. Rivolgo un caro saluto anche a voi tutti che vi siete riuniti per la S. Messa nella piazza della insigne cattedrale.

Fino ad alcuni anni fa nessuno avrebbe potuto immaginare che nel cuore della città di Dresda i cattolici tedeschi dell'est si sarebbero riuniti con i cattolici tedeschi dell'ovest. L'indimenticabile incontro dei cattolici a Dresda nel 1987 ha gettato un ponte vitale che è giunto fino alla Giornata Cattolica del 1994. Vi trovate realmente sulla via dell'unità.

L'organizzazione e la realizzazione di questo Katholikentag e anche la collaborazione di così tanti cristiani evangelici dimostrano che i cristiani in Germania stanno percorrendo la via dell'unità. Attraverso l'impegno ecumenico, la vostra testimonianza del messaggio salvifico di Gesù Cristo diventa ancor più degna di fede.

Particolarmente importante è nel vostro Paese il dialogo con i non credenti e i non battezzati. Avete permesso loro di partecipare al vostro lavoro e ai vostri colloqui. Tutti gli uomini di buona volontà sono chiamati a collaborare e ad offrire il proprio contributo per l'edificazione di un mondo nuovo sulla via dell'unità. Per raggiungere l'unità è necessario anzitutto promuovere la solidarietà e la comprensione reciproche. Con una tale base sarete in grado di affrontare anche le grandi sfide economiche e sociali che avete di fronte e che opprimono non poche persone spingendole alla rassegnazione. Per un valido sviluppo della vita sociale dobbiamo rivolgere una particolare attenzione alla famiglia.

Poiché "la famiglia possiede vincoli vitali e organici con la società, perché ne costituisce il fondamento e l'alimento... dalla famiglia infatti nascono i cittadini e nella famiglia essi trovano la prima scuola di quelle virtù sociali, che sono l'anima della vita e dello sviluppo della società stessa" (FC 42).

Fra le varie categorie di deboli e bisognosi, non possiamo restare indifferenti al destino dei disoccupati. Sono necessari molteplici sforzi affinché il maggior numero possibile di disoccupati possa essere reintegrato nel processo lavorativo. Tutti i responsabili dell'economia e dello Stato hanno il compito di "agire contro la disoccupazione, la quale è in ogni caso un male e, quando assume certe dimensioni, può diventare una vera calamità sociale. Essa diventa un problema particolarmente doloroso quando vengono colpiti soprattutto i giovani, i quali (....), non riescono a trovare un posto di lavoro e vedono penosamente frustrate la loro sincera volontà di lavorare e la loro disponibilità ad assumersi la propria responsabilità per lo sviluppo economico e sociale della società" (LE 18).

Essere sulla via dell'unità significa essere sulla via dell'uomo. Per questo l'uomo, così come Dio lo ha concepito e creato, deve essere l'obiettivo principale di tutti i nostri sforzi. Per svolgere il compito di preparare un futuro basato sullo spirito del Vangelo, non dobbiamo mai dimenticare che "l'uomo è la via della Chiesa..." (cfr. CA 53) Soltanto tenendo conto del sistema di valori spirituali e religiosi una società può essere autenticamente umana. Più si riuscirà ad orientare la vita economica verso l'uomo, più il vostro Paese potrà contribuire a far si che i rapporti in Europa e nel mondo assumano un volto umano.

Care sorelle e cari fratelli, la più profonda unità ci è donata in Gesù Cristo. In Lui, nella sua morte in croce e nella sua risurrezione, l'unità fra Dio e l'uomo è divenuta realtà visibile ed effettiva. Nella storia dell'uomo l'unità sociale priva di legittimo pluralismo è degenerata spesso in dittatura, come nel nostro secolo molti Paesi dell'Europa hanno dolorosamente sperimentato. D'altra parte un pluralismo non radicato in una unità vincolante rischia di scadere nel qualunquismo, che dobbiamo affrontare in molti ambiti della civiltà moderna.

Dobbiamo giungere a una unità che comprenda il pluralismo. La Chiesa si sente chiamata ad offrire un contributo e a far si che si verifichino cambiamenti nelle strutture umane. Per promuovere questa crescita del pluralismo nella responsabilità comune, i cattolici in Germania - e vorrei ricordarlo con gratitudine - si sono dimostrati disponibili attraverso la fondazione della nuova opera caritativa Renovabis. Nonostante le difficoltà economiche del vostro Paese collaborate infatti efficacemente con la preghiera e con un generoso sostegno finanziario ai compiti sociali ed ecclesiastici nell'Europa centrale, orientale e meridionale. Siete riuniti nella solennità dell'Eucaristia. In essa Gesù Cristo si dona e unisce i fedeli al Padre. Chiedete la grazia di poter ritornare nelle vostre comunità di origine come testimoni viventi, affinché la Chiesa con la sua unità possa dare una testimonianza della vita che ci è donata in Gesù Cristo.

Per questo a voi, partecipanti al 92esimo Deutschen Katholikentag 1994 a Dresda, collaboratori e cooperatori, che avete contribuito al felice esito di questo incontro, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 21 giugno 1994 GIOVANNI PAOLO PP. II

Data: 1994-07-04 Data estesa: Lunedi 4 Luglio 1994





Credenziali: il Papa al primo Ambasciatore della Repubblica Slovacca nel ricordo dello storico viaggio apostolico del 1990 - Città del Vaticano

Titolo: "E' importante che i rapporti diplomatici affondino le radici in più profondi e duraturi legami di cultura e di fede"

Signor Ambasciatore,


1. Accolgo con particolare gradimento le Lettere Credenziali che La accreditano per una Missione di notevole importanza: nella sua persona, infatti, la nobile Nazione slovacca dopo esser diventata uno Stato indipendente e sovrano, il 1 gennaio 1993, esprime il primo Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario presso la Santa Sede. Rivolgo in questo momento un deferente pensiero al Presidente della Repubblica, il Signor Michal Kovac, ed all'intera popolazione della Slovacchia, i cui sentimenti di devozione al Successore di Pietro Ella ha poc'anzi voluto gentilmente confermare. Come Ella ha giustamente sottolineato, la singolarità della presente circostanza trova riscontro nella contemporanea nomina del primo Nunzio Apostolico in Slovacchia, nella persona di S.E. Mons. Luigi Dossena.

Il rapporto del Papa con il popolo slovacco è segnato da speciale affetto e cordialità. Numerosi sono infatti i pellegrini che, provenendo dall'Arcidiocesi di Trnava e dalle Diocesi di Banska Bystrika, Kosice, Nitra, Roznava e Spis, nonché dall'Eparchia di Presov, ogni settimana giungono a Roma per rendermi visita. Inoltre, tra i miei più stretti collaboratori, vi è un vostro illustre compatriota, il Cardinale Jozef Tomko, il quale pone la fede genuina, ereditata nel cuore dell'Europa, al servizio dell'evangelizzazione del mondo intero.

Restano, poi, per me indimenticabili le giornate del Viaggio apostolico in Boemia, Moravia e Slovacchia, nell'aprile del 1990. Conservo ancora negli occhi le immagini della celebrazione eucaristica colma di entusiasmo svoltasi all'aeroporto di Bratislava. Si tratta di momenti che non è esagerato definire storici, e mi piace pensare che la sua presenza a Roma, Signor Ambasciatore, sia in qualche modo anche il frutto dell'intensità e del valore di quegli incontri.

Ho voluto fare cenno a tali eventi per sottolineare quanto sia bello ed importante che i rapporti diplomatici affondino le radici in legami più profondi e duraturi di cultura e di fede. E una simile considerazione è più che mai pertinente nell'attuale stagione della vita del continente europeo, nella quale il rischio è palesemente quello di sottovalutare le dimensioni dei valori umanistici a vantaggio degli aspetti economici, i quali hanno si, grande importanza, ma non sono tali da poter fondare e sostenere da soli un "ethos", un comune sentire.

Questa verità, che tanto sta a cuore alla Chiesa, riveste una speciale validità nel presente della Slovacchia, la quale sta vivendo una favorevole ma delicata fase di transizione verso un ruolo di piena maturità nazionale ed internazionale.


2. Diventando Stato sovrano, la Repubblica Slovacca ha "ereditato" tutta la legislazione relativa, da una parte, al regolamento delle relazioni con la comunità internazionale e, dall'altra, all'elaborazione della normativa interna.

Essa ha come punto cardine il rispetto dei diritti umani, inclusa la libertà religiosa. Un ulteriore sviluppo di queste norme permetterà alla Slovacchia di occupare degnamente il suo posto nell'ambito delle nazioni e, specialmente, di sviluppare relazioni di buon vicinato con quelle limitrofe. Quanto all'ambito interno, l'applicazione sempre più accurata delle normative summenzionate offrirà ad ogni cittadino, incluse le minoranze nazionali, la sicurezza legale e la possibilità di uno sviluppo armonico nel rispetto delle peculiarità dei gruppi che compongono lo Stato.


3. Ho già fatto cenno al solido legame che unisce gli Slovacchi alla Chiesa ed alla Sede di Pietro, grazie sicuramente alla geniale opera di evangelizzazione compiuta dai Santi Cirillo e Metodio. Il fatto che le venerate spoglie del primo siano custodite a Roma mentre quelle del secondo riposino non lontano dalle frontiere della Slovacchia, a Velehrad, in Moravia, dove ho avuto la gioia di sostare, pellegrino, in preghiera, sta ad indicare in modo eloquente tale parentela spirituale. Proprio domani, per una felice e propizia coincidenza, si celebra in Slovacchia la Solennità dei due Santi Fratelli Co-Patroni d'Europa, che è anche festa nazionale.

Si può dire che il cristianesimo è intimamente connesso alla storia della Nazione. La gran parte dei cittadini della Slovacchia si dichiara infatti cattolica, riconoscendosi in questa più che millenaria identità, che caratterizza il ricco patrimonio storico e culturale del Paese. E le cinque diocesi in cui è suddivisa la provincia ecclesiastica di Trnava, oltre all'Eparchia di Presov, immediatamente soggetta alla Santa Sede, trasmettono di generazione in generazione questa eredità di inestimabile valore.

Sappiamo pero che il rapporto tra il Vangelo e un popolo è sempre un rapporto vivo, da alimentare continuamente e da rinnovare ad ogni generazione.

Auspico pertanto che la nostra epoca, periodo di passaggio dal secondo al terzo millennio cristiano, veda all'opera generosi e saggi testimoni della Verità, appartenenti a tutti gli stati di vita, dediti totalmente, come Cirillo e Metodio, a seminare il messaggio cristiano nelle concrete situazioni socio-culturali, perché i figli e i nipoti di coloro che tanto hanno sofferto per la fede sperimentino a loro volta la gioia di spendere la vita al servizio di Dio e dell'uomo.


4. Anche per quanto riguarda le relazioni tra lo Stato slovacco e la Chiesa questo è un periodo carico di promesse e di sviluppi. Dal gennaio 1993 fino ad oggi, le disposizioni delle autorità della Repubblica riguardanti la Chiesa sono da valutare con favore. Sono state emanate importanti norme tese a ristabilire un regime di equità e di piena legalità. Penso, per esempio, alle leggi relative alla restituzione dei beni ecclesiastici confiscati, all'insegnamento della religione nelle scuole pubbliche, e ad altre ancora.

Su tale strada occorre certamente proseguire, come Ella, Signor Ambasciatore, ha affermato con convinzione nel suo indirizzo. Si tratta di approfittare del tempo favorevole che la Provvidenza ci concede, per dare compiutezza agli accordi già realizzati, regolare questioni tuttora pendenti, e progredire così nel perseguimento di obiettivi comuni. Mi riferisco in particolare, alla presenza della Chiesa in alcuni ambienti che fino a poco tempo fa le erano preclusi: gli ospedali, le scuole, le carceri, le caserme, i mezzi di comunicazione sociale, il mondo della cultura.

La Chiesa, come Ella ben sa, non domanda privilegi, ma solo desidera servire il bene comune, contribuendo alla rinascita spirituale della Slovacchia, dopo la triste stagione dell'oppressione totalitaria comunista. Essa non si stancherà, secondo il mandato ricevuto da Cristo, di proporre a tutti i cittadini le norme morali ed i loro immutabili fondamenti, per aiutarli a scoprire o a confermare l'importanza dei valori etici nella vita privata e pubblica.

A tal fine, è quanto mai auspicabile che la collaborazione tra le Autorità dello Stato e quelle della Chiesa continui, si approfondisca e si intensifichi nel rispetto delle reciproche autonomie e competenze. Nell'attuale Anno dedicato alla famiglia è doveroso ricordare che la difesa e la promozione dell'istituzione familiare, cellula fondamentale della Chiesa e della società, deve diventare un campo privilegiato di stretta collaborazione fra la comunità ecclesiale e quella politica. La Chiesa, da parte sua, obbedendo all'invito del Signore si dedicherà con sempre maggiore attenzione all'evangelizzazione e alla promozione umana, cercando di rimediare, secondo le sue possibilità, alle necessità dei più poveri e bisognosi.


5. Signor Ambasciatore, ho molto apprezzato, nelle cortesi parole che Ella mi ha rivolto, una partecipe vicinanza al sentire della Chiesa ed alle sue finalità.

Sono certo che ciò costituisce la migliore premessa per una cooperazione sempre più proficua, a beneficio non solo del Paese che Ella rappresenta, ma della pacifica convivenza e dello sviluppo dei popoli dell'intera Europa.

Conosco quanto sia cara all'anima del popolo che Ella rappresenta la devozione alla Madre di Dio, espressa, in modo particolare, nei santuari a Lei dedicati di Levoca e di Sastyn, e perciò desidero affidare la missione che Ella intraprende alla costante protezione della Vergine Santissima. All'intercessione della celeste protettrice della Slovacchia e dei Santi Cirillo e Metodio raccomando al tempo stesso il cammino dell'intera popolazione slovacca, in tutte le sue componenti, perché possa vivere in pace e prosperità.

Per Lei, Signor Ambasciatore, l'augurio sentito di svolgere con serena dedizione la missione affidataLe, sulla quale invoco volentieri l'abbondanza dei celesti favori, in pegno dei quali Le imparto di cuore l'implorata Benedizione Apostolica, estendendola ai Collaboratori, alle rispettive famiglie e a tutti i cittadini dell'amata Repubblica di Slovacchia.

Data: 1994-07-04 Data estesa: Lunedi 4 Luglio 1994





Visita "ad limina": la traduzione del discorso del Papa a Presuli della Conferenza Episcopale del Messico - Città del Vaticano

Titolo: Il Messico rifiuti qualsiasi tentazione di violenza Oggi più che mai ha bisogno di pace e di giustizia

Venerabili Fratelli nell'Episcopato,


1. Sono molto lieto di incontrarvi, Pastori del Messico del Sud, in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum. Insieme a voi sento vicini tutti i membri delle vostre rispettive comunità ecclesiali, ai quali rivolgo anche il mio affettuoso saluto assicurandovi, con le parole di San Paolo, che "non cesso di render grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di Sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di Lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati" (Ep 1,16-18).

Ringrazio in primo luogo Mons. Manuel Castro Ruiz, Arcivescovo dello Yucatan per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome dei presenti e alle quali rispondo sottolineando il mio vivo affetto, che estendo agli amati sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi, alle religiose, agli agenti di pastorale e a tutti i fedeli diocesani.

I colloqui personali e i resoconti quinquennali sullo stato delle vostre diocesi mi hanno fatto ricordare le indimenticabili giornate vissute con gli amatissimi figli del Messico durante le tre visite pastorali che il Signore mi ha concesso di realizzare, l'ultima nello Yucatan, dove ho potuto incontrare i rappresentanti delle amate comunità indigene del Messico.


2. In questo incontro di oggi, amati Fratelli, desidero incoraggiarvi a continuare a rafforzare l'unità fra voi. Questa diventerà una realtà sempre più tangibile se la comunione intima nella fede e nella carità penetrerà il vostro essere e il vostro ministero pastorale nel partecipare, unitamente al Successore di Pietro, "della sollecitudine per tutte le chiese" (CD 3).

Mi conforta sapere che, nella maggior parte dei piani pastorali delle vostre diocesi, avete dato priorità alla pastorale familiare, e che nell'ultima Assemblea Sinodale avete riflettuto sulla famiglia, dando validi orientamenti per l'organizazione di tale pastorale nelle diverse regioni del Messico.

La famiglia messicana è la depositaria dei grandi valori umani, spirituali e morali che non solo hanno reso possibile il superamento di gravi crisi economiche, politiche, sociali e persino religiose, ma che costituiscono anche la garanzia per un futuro migliore a livello ecclesiale e sociale.

Continuate quindi a promuovere e a purificare il profondo senso del trascendente che regna nelle famiglie messicane, che le apre alla fede e che dà solidi fondamenti alla religiosità popolare; continuate a suscitare in molti suoi membri la testimonianza eroica di quella stessa fede che li ha portati a dare la vita nel martirio, a diffondere la solidarietà e la generosità soprattutto fra i più bisognosi e a risvegliare un grande amore e venerazione verso Nostra Signora di Guadalupe, presente in tutti i focolari messicani come loro Regina e Madre.


3. Dinanzi ai cambiamenti profondi che si stanno verificando nella vostra Nazione, la famiglia non può rimanere alla mercè delle grandi trasformazioni né essere vittima degli eventi, ma deve essere protagonista nella promozione e nella difesa dei suoi valori, fondamentali per il progresso della vostra Patria così come per dare una maggiore vitalità alle sue comunità ecclesiali. Pertanto condivido la vostra preoccupazione per quelle famiglie con caratteristiche culturali molto particolari e che sfortunatamente hanno in comune l'estrema povertà. Mi riferisco in particolare alle famiglie indigene e a quelle emarginate.

Dovete rivolgere una particolare sollecitudine pastorale alle famiglie indigene, che costituiscono una grande ricchezza per il Paese, soprattutto per la dignità dei loro membri come figli di Dio, ma anche per tutti i valori insiti nelle loro culture e per ciò che esse possono apportare alla Nazione con il loro modo particolare di concepire la vita, di percepire i vincoli familiari, di organizzarsi, di condividere e di praticare la fede cristiana evitando il rischio di chiudersi in se stesse e di isolarsi dalla comunità della Patria e della Chiesa, il che renderebbe difficile la crescita umana, culturale e religiosa a cui anelano.

I gruppi emarginati, a causa dello sradicamento che hanno subito e del rifiuto di cui sono continuamente vittima soprattutto nelle grandi città, presentano caratteristiche culturali molto diverse e soffrono di mali molto profondi che richiedono inziative e misure pastorali adeguate al fine di rafforzare questi nuclei familiari così spesso disgregati e vittima dell'incuria e dell'abbandono.


4. Unitamente all'apertura di nuovi mercati nella vostra Nazione si sono aperte ancora altre porte attraverso le quali sono penetrati modelli di vita e criteri molto diversi da quelli che hanno consolidato la società messicana. Spesso i mezzi di comunicazione sociale, perseguendo interessi poco etici, diffondono messaggi che portano alla violenza e alla corruzione dei costumi.

Di fronte a ciò avete, in quanto Pastori, l'imprescindibile dovere di guidare le vostre comunità ecclesiali illuminandole lungo il giusto "cammino morale" da seguire per difendere la dignità inviolabile della persona umana e il valore perenne della famiglia, la quale, essendo "un'istituzione fondamentale per la vita di ogni società..., come comunità di amore e di vita la famiglia, è una realtà sociale saldamente radicata e, in modo tutto proprio, una società sovrana" (LF 17). Tuttavia, nella vostra sollecitudine e opera pastorale non dovete "prescindere da un profondo e sincero rispetto, animato da amore paziente e fiducioso di cui ha sempre bisogno l'uomo nel suo cammino morale, spesso reso faticoso da difficoltà, debolezze e situazioni dolorose" (VS 95).


5. Nel parlare dei valori della famiglia e della loro tutela, mi ritornano in mente i tristi fatti che hanno seminato dolore e lutto in tanti focolari messicani. Il momento che il Messico sta attraversando è indubbiamente difficile.

Come avete sottolineato nel documento conclusivo della LVI Assemblea Plenaria, vi preoccupa profondamente la "violenza, l'incertezza, la sfiducia e il crescente impoverimento" (Messaggio, 15.4.1994, n. 1).

Tuttavia, quest'ora difficile è anche apportatrice di speranza poiché, sostenuti dalla forza di Gesù Cristo risorto e dall'intercessione di sua Madre, potete intravedere la nascita di una società più giusta e solidale, e anche più cristiana, che dia testimonianza di unità.

Per questo, la Chiesa non cessa di proclamare che "la disponibilità al dialogo e alla collaborazione vale per tutti gli uomini di buona volontà e, in particolare, per le persone e i gruppi che hanno una specifica responsabilità nel campo politico, economico e sociale, a livello sia nazionale che internazionale (CA 60).


6. Questa è l'ora di una profonda riconciliazione nazionale, in particolar modo tra le amate comunità e popolazioni del Chiapas. In effetti, bisogna ora lavorare incessantemente con la speranza di offrire alle generazioni future un Paese in cui tutti i membri della società collaborino fraternamente: i lavoratori e gli imprenditori, gli abitanti delle campagne e delle città, gli uomini della cultura e quelli dediti a diverse attività, le autorità e i cittadini. Oggi più che mai il Messico ha bisogno di pace e di giustizia, di riconciliazione, sfuggendo qualsiasi tentazione di violenza. La violenza armata non solo sarebbe un cammino sbagliato, ma anche il peggiore dei mali, come dimostra tristemente la storia dei recenti conflitti che hanno distrutto i popoli vinti dall'odio.

La giustizia è un valore che deve permeare tutte le relazioni umane a livello economico, sociale, politico, culturale e persino religioso. E' un valore che impegna tutti: individui, famiglie, gruppi sociali, poteri pubblici. Pertanto, tutti sono chiamati a metterla in pratica in modo che sia il cammino verso l'autentica pace.

Ebbene, osservando gli avvenimenti con gli occhi della fede, scopriamo che le dolorose lacerazioni che affliggono oggi la Nazione messicana, affondano le loro più profonde radici nell'intimo dell'uomo, che è il peccato (cfr. RP 2). Per questo, nell'urgente processo di riconciliazione che il Paese esige, il primo passo da fare è un appello alla conversione per poter offrire con abbondanza e generosità a tutti i messicani l'opportunità di un incontro personale con il perdono e la misericordia del Padre e con suo Figlio Gesù Cristo, che ci riconcilia tutti.

A questo proposito si legge nell'Esortazione Apostolica Reconciliatio et paenitentia: "La funzione riconciliatrice della Chiesa deve così svolgersi secondo quell'intimo nesso, che raccorda strettamente il perdono e la remissione del peccato di ciascun uomo alla fondamentale e piena riconciliazione dell'umanità, avvenuta con la redenzione. Questo nesso ci fa capire che, essendo il peccato il principio attivo della divisione - divisione tra l'uomo e il creatore, divisione nel cuore e nell'essere dell'uomo, divisione fra gli uomini e i singoli e fra i gruppi umani, divisione fra l'uomo e la natura creata da Dio -, soltanto la conversione dal peccato è capace di operare una profonda e duratura riconciliazione dovunque sia penetrata la divisione" (RP 23).


7. Sebbene il Paese disponga di abbondanti risorse naturali, non bisogna dimenticare che la sua più grande ricchezza è costituita dalle sue genti e dai valori che esse incarnano. Nonostante le attuali difficoltà, i cattolici messicani nel loro insieme possono contare su un ricchissimo patrimonio culturale e spirituale: una fede viva e operante, una radicata pietà popolare, solidi valori familiari, una devozione tenera e fiduciosa nella Santissima Vergine e una ferma adesione alla Sede di Pietro.

I Pastori della Chiesa hanno la grave responsabilità di conservare questo inestimabile tesoro e di preservarlo costantemente dalle molteplici aggressioni che esso subisce a causa dell'influenza del materialismo del nostro tempo e del processo di secolarizzazione così diffuso in occidente, senza dimenticare l'azione disgregatrice compiuta dalle sette e dai nuovi gruppi pseudo religiosi.

I difficili momenti che ha attraversato recentemente la società messicana richiedono una grande prudenza e un chiaro discernimento. Sebbene sia legittimo, e a volte persino necessario, che i Vescovi illuminino tutti gli ambiti della vita dell'uomo e della società con la luce del Vangelo, non bisogna dimenticare, come insegna il Concilio Vaticano II, che la missione affidata da Cristo alla Chiesa non è di ordine politico, economico o sociale, ma religiosa e morale (cfr. GS 42). In effetti, non si contribuisce alla comunione e alla riconciliazione con azioni e parole che siano solo espressione o promozione ideologica.


8. D'altra parte, come voi stessi avete sottolineato nel Messaggio citato precedentemente, in Messico e nel mondo si osserva un'"allarmante crisi di verità" (Messaggio dell'Episcopato Messicano, 15.4.1994, nn. 5 e 39). Dato che gli uomini hanno bisogno della verità, come condizione indispensabile per un'autentica riconciliazione, non si possono non constatare la menzogna, l'inganno, le doppie intenzioni e la simulazione.

A questo proposito come ho detto nell'Enciclica Veritatis Splendor: "di fronte alle gravi forme di ingiustizia sociale ed economica e di corruzione politica di cui sono investiti interi popoli e nazioni, cresce l'indignata reazione di moltissime persone calpestate e umiliate nei loro fondamentali diritti umani e si fa sempre più diffuso e acuto il bisogno di un radicale rinnovamento personale e sociale capace di assicurare giustizia, solidarietà, onestà, trasparenza... il Bene supremo e il bene morale si incontrano nella verità: la verità di Dio Creatore e Redentore e la verità dell'uomo da Lui creato e redento.

Solo su questa verità è possibile costruire una società rinnovata e risolvere i complessi e pesanti problemi che la scuotono" (VS 98-99).

Solo su questo solido fondamento si potrà costruire una società giusta nella quale si garantisca la completa libertà agli individui e ai gruppi e, di conseguenza, l'autentica e duratura pace sociale a cui tanto anela la Nazione messicana.


9. A questo proposito, la Chiesa ha sempre rifiutato le varie forme di violenza come cammino per risolvere i problemi che affliggono la società. Come voi stessi avete sottolineato: "la violenza genera altra violenza" (Messaggio, 15.4.1994, n.#815

28). Dinanzi a qualsiasi forma di violenza la Chiesa proclama il comandamento dell'amore fraterno, cercando di persuadere, con la sua carica di immensa speranza, del fatto che l'autentico progresso passa per la conversione dei cuori, il che presuppone un cambiamento personale dai frutti duraturi, in quanto derivanti dalla libertà, dalla forza rinnovatrice di alcuni propositi generati tramite "un amore che trascenda l'uomo e, di conseguenza, tramite una effettiva disponibilità al servizio" (Octagesima adveniens, n. 45).

In questo delicato momento il Messico esige dalle diverse Istanze un alto grado di responsabilità e di maturità che favorisca la comprensione reciproca e la convivenza cristiana per trovare, mediante lo sforzo comune e il dialogo, la via più adeguata alla soluzione dello scontro e del conflitto.

In questo processo di riconciliazione e di rinnovamento della società messicana i laici hanno un compito imprescindibile. Per questo, ricordate sempre ai laici cristiani che devono assumere "la instaurazione dell'ordine temporale come compito proprio e in esso, guidati dalla luce del Vangelo e dal pensiero della Chiesa e mossi dalla carità cristiana", devono operare "direttamente e in modo concreto" (Apostolica actuositatem, AA 7). Pertanto, fa parte della vostra missione anche la promozione di un'adeguata formazione affinché i laici, senza creare una divisione fra la loro fede e la vita, sappiano rivendicare i loro diritti e compiere i loro doveri mentre svolgono le più diverse attività nella vita sociale (cfr. CL 59).


10. Prima di concludere, vi prego di portare il mio affettuoso saluto a tutti i membri delle vostre Chiese particolari: ai sacerdoti e ai diaconi, ai religiosi, alle religiose e agli altri agenti di pastorale, ai seminaristi e ai giovani, a tutte le famiglie, in modo particolare ai bambini e ai malati. Fate sapere loro che il Papa segue con grande sollecitudine pastorale e interesse gli avvenimenti del vostro nobile Paese, e che chiede ogni giorno al Signore di sostenere con la sua provvidenza tutti gli uomini di buona volontà che operano a favore della concordia, della riconciliazione e della pacifica convivenza di tutti gli abitati del Messico.

Nell'affidarvi alla materna intercessione di Nostra Signora di Guadalupe e come segno della costante assistenza divina, vi imparto la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1994-07-05 Data estesa: Martedi 5 Luglio 1994








GPII 1994 Insegnamenti - Udienza: il discorso di Giovanni Paolo II ai partecipanti al Capitolo Generale dei Frati Minori Cappuccini - Città del Vaticano