GPII 1994 Insegnamenti - L'omelia del Papa durante la Santa Messa, celebrata a Castel Gandolfo in collegamento radiotelevisivo con Sarajevo

L'omelia del Papa durante la Santa Messa, celebrata a Castel Gandolfo in collegamento radiotelevisivo con Sarajevo

Titolo: Basta con la guerra! Dio è dalla parte degli oppressi: è suo il popolo che sta morendo

Sia lodato Gesù Cristo.

Spiritualmente unito alla comunità cristiana di Sarajevo, leggo ora l'omelia da me preparata per la Celebrazione Eucaristica che dovevo presiedere tra i fedeli di quella città. La leggo nella loro lingua per testimoniare anche in questo modo la mia profonda vicinanza a quella popolazione tanto provata.


1. "Padre nostro, che sei nei cieli...".

Ci troviamo presso l'altare intorno al quale si raduna l'intera Chiesa che è in Sarajevo. Pronunciamo le parole che ci ha insegnato Cristo, Figlio del Dio Vivente: Figlio consustanziale al Padre. Solo Lui chiama Dio "Padre" (Abbà - Padre! Padre mio!) e Lui soltanto può autorizzarci a rivolgerci a Dio chiamandolo "Padre", "Padre nostro". Egli ci insegna questa preghiera in cui è contenuto tutto. Desideriamo oggi trovare in questa preghiera quello che si può e si deve dire a Dio - nostro Padre, in questo momento storico, qui a Sarajevo.

"Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra".

"Io, Vescovo di Roma, il primo Papa slavo, mi inginocchio davanti a Te per gridare: "Dalla peste, dalla fame e dalla guerra - liberaci!""


2. Padre nostro! Padre degli uomini: Padre dei popoli. Padre di tutti i popoli che abitano nel mondo. Padre dei popoli d'Europa. Dei popoli dei Balcani.

Padre dei popoli che appartengono alla famiglia degli Slavi del Sud! Padre dei popoli che qui, in questa penisola, da secoli scrivono la loro storia.

Padre dei popoli, toccati purtroppo non per la prima volta dal cataclisma della guerra.

"Padre nostro...". Io, Vescovo di Roma, il primo Papa slavo, mi inginocchio davanti a Te per gridare: "Dalla peste, dalla fame e dalla guerra - liberaci!". So che in questa supplica molti si uniscono a me. Non solo qui a Sarajevo, in Bosnia ed Erzegovina, ma nell'Europa intera ed oltre i suoi confini.

Vengo qui portando con me la certezza di questa preghiera che pronunciano i cuori e le labbra di innumerevoli miei fratelli e sorelle. Da tanto tempo aspettavano che proprio questa "grande preghiera" della Chiesa, del popolo di Dio, si potesse compiere in questo luogo. Da tanto tempo, io stesso ho invitato tutti a partecipare a questa preghiera.

Come non ricordare qui la preghiera fatta in Assisi nel gennaio dell'anno scorso? E poi quella elevata a Roma, nella Basilica di San Pietro, nel gennaio di quest'anno? Dall'inizio dei tragici avvenimenti nei Balcani, nei Paesi dell'ex-Jugoslavia, il pensiero-guida della Chiesa, e in particolare della Sede Apostolica, è stata la preghiera per la pace.


3. Padre nostro, "sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno...". Risplenda fra gli uomini il tuo nome santo e misericordioso. Venga il tuo regno, regno di giustizia e di pace, di perdono e di amore.

"Sia fatta la tua volontà...".

Si compia nel mondo, e particolarmente in questa travagliata terra dei Balcani, la tua volontà. Tu non ami la violenza e l'odio. Tu rifuggi dall'ingiustizia e dall'egoismo. Tu vuoi che gli uomini siano tra loro fratelli e Ti riconoscano come loro Padre.

Padre nostro, Padre di ogni essere umano, "sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra". Tua volontà è la pace!


4. E' Cristo "la nostra pace" (Ep 2,14). Egli che ci ha insegnato a rivolgerci a Dio chiamandolo "Padre".

Egli che con il suo sangue ha vinto il mistero dell'iniquità e della divisione, e con la sua Croce ha abbattuto il muro massiccio che separava gli uomini, rendendoli estranei gli uni agli altri; Egli che ha riconciliato l'umanità con Dio e ha unito gli uomini tra loro come fratelli.

Per questo Cristo ha potuto dire un giorno agli Apostoli, prima del suo sacrificio sulla Croce: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi" (Jn 14,27). E' allora che ha promesso lo Spirito di Verità, che è al tempo stesso Spirito dell'Amore, Spirito della Pace! Vieni, Spirito Santo! "Veni, creator Spiritus, mentes tuorum visita...!". "Vieni, Spirito creatore, visita le nostre menti, riempi della tua grazia i cuori che hai creato".

Vieni, Spirito Santo! Ti invochiamo da questa città di Sarajevo, crocevia di tensioni tra culture e nazioni diverse, dove s'è accesa la miccia che, all'inizio del secolo, ha scatenato il primo conflitto mondiale, e dove alla fine del secondo millennio, si trovano ad essere concentrate tensioni analoghe capaci di distruggere popoli chiamati dalla storia a collaborare in armoniosa convivenza.

Vieni, Spirito della pace! Per mezzo tuo gridiamo: "Abbà, Padre" (Rm 8,15).


5. "Dacci oggi il nostro pane quotidiano...".

Pregare per il pane, vuol dire pregare per tutto ciò che è necessario alla vita. Preghiamo perché, nella distribuzione delle risorse fra gli individui ed i popoli, si possa realizzare sempre il principio di una universale partecipazione degli uomini ai beni creati da Dio.

Preghiamo perché l'impiego delle risorse negli armamenti non danneggi o addirittura distrugga il patrimonio della cultura, che costituisce il bene superiore dell'umanità. Preghiamo perché le misure restrittive, giudicate necessarie per frenare il conflitto, non siano causa di disumane sofferenze per la popolazione inerme. Ogni uomo, ogni famiglia ha diritto al suo "pane quotidiano".


6. "Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori...".

Con queste parole tocchiamo la questione cruciale. Ce ne ha resi avvertiti Cristo stesso, il quale, morendo sulla croce, ha detto a proposito dei suoi uccisori: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34).

La storia degli uomini, dei popoli e delle nazioni è piena di reciproci rancori e di ingiustizie. Quanta importanza ha avuto la storica espressione rivolta dai Vescovi polacchi ai loro Confratelli tedeschi alla fine del Concilio Vaticano II: "Perdoniamo e chiediamo perdono"! Se in quella regione d'Europa si è potuta avere la pace, sembra proprio che ciò sia avvenuto grazie all'atteggiamento efficacemente espresso da tali parole.

Oggi vogliamo pregare perché si rinnovi un simile gesto: "Perdoniamo e chiediamo perdono" per i nostri fratelli nei Balcani! Senza questo atteggiamento è difficile costruire la pace. La spirale delle "colpe" e delle "pene" non si chiuderà mai, se ad un certo punto non si arriverà al perdono. Perdonare non significa dimenticare. Se la memoria è legge della storia, il perdono è potenza di Dio, potenza di Cristo che agisce nelle vicende degli uomini e dei popoli.


7. "Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male...".

Non ci indurre in tentazione! Quali sono le tentazioni che oggi chiediamo al Padre di allontanare? Sono quelle che rendono il cuore dell'uomo un cuore di pietra, insensibile al richiamo del perdono e della concordia. Sono le tentazioni dei pregiudizi etnici, che rendono indifferenti ai diritti dell'altro e alla sua sofferenza. Sono le tentazioni dei nazionalismi esasperati, che conducono alla sopraffazione del prossimo e alla bramosia della vendetta. Sono tutte le tentazioni in cui s'esprime la civiltà della morte.

Di fronte al desolante spettacolo dei cedimenti umani, preghiamo con le parole del Venerato Fratello Bartolomeo I, Patriarca della Chiesa di Costantinopoli: "Signore, fa' che i nostri cuori di pietra si sgretolino alla vista delle tue sofferenze e diventino cuori di carne. Fa' che la tua Croce dissolva i nostri pregiudizi. Con la visione della tua lotta straziante contro la morte, fuga la nostra indifferenza o la nostra ribellione" (Via Crucis al Colosseo, Venerdi santo 1990, Preghiera iniziale).

Liberaci dal male! Ecco un'altra parola che appartiene completamente a Cristo e al suo Vangelo. "Non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo" (Jn 12,47). L'umanità è chiamata alla salvezza in Cristo e mediante Cristo. A questa salvezza sono chiamate anche le Nazioni che la guerra in corso ha così terribilmente divise! Preghiamo oggi perché la potenza salvifica della Croce aiuti a superare la storica tentazione dell'odio. Basta con le innumerevoli distruzioni! Preghiamo - seguendo il ritmo della preghiera del Signore - perché inizi il tempo della ricostruzione, il tempo della pace.

Pregano con noi i morti di Sarajevo, le cui spoglie giacciono nel vicino cimitero. Pregano tutte le vittime di questa guerra crudele, che nella luce di Dio invocano per i sopravvissuti riconciliazione e pace.


8. "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio!" (Mt 5,9).

Questo ci ha detto Gesù nell'odierno brano evangelico. Si, carissimi Fratelli e Sorelle, saremo veramente beati, se ci renderemo artefici di quella pace che solo Cristo sa dare (cfr. Jn 14,27), anzi che è Cristo stesso. "Cristo è la nostra pace". Diventeremo costruttori di pace, se come lui saremo disposti a perdonare.

"Padre, perdonali!" (Lc 23,34). Cristo dalla Croce offre il perdono e chiede anche a noi di seguirlo sull'ardua via della Croce per ottenere la sua pace. Solo accogliendo questo suo invito si potrà impedire all'egoismo, al nazionalismo, alla violenza di continuare a seminare distruzione e morte.

Il male, in ogni sua manifestazione, costituisce un mistero d'iniquità, di fronte al quale si alza chiara e decisa la voce di Dio, che abbiamo ascoltato nella prima Lettura: "così parla l'Alto e l'Eccelso... In luogo eccelso e santo io dimoro, ma sono anche con gli oppressi e gli umiliati" (Is 57,15). In queste parole profetiche si racchiude per tutti l'invito ad un serio esame di coscienza.

Dio è dalla parte degli oppressi: è accanto ai genitori che piangono i figli assassinati, ascolta il grido impotente degli inermi calpestati, è solidale con le donne umiliate dalla violenza, è vicino ai profughi costretti ad abbandonare la loro terra e le loro case. Non dimentica le sofferenze delle famiglie, degli anziani, delle vedove, dei giovani e dei bambini. E' suo il popolo che sta morendo.

Occorre porre fine ad una simile barbarie! Basta con la guerra! Basta con la furia distruttiva! Non è più possibile tollerare una situazione che produce solo frutti di morte: uccisioni, città distrutte, economie dissestate, ospedali sprovvisti di farmaci, malati ed anziani abbandonati, famiglie in lacrime e dilaniate. Bisogna giungere al più presto ad una pace giusta. La pace è possibile, se viene riconosciuta la priorità dei valori morali sulle pretese della razza o della forza.


9. Carissimi Fratelli e Sorelle! In questo momento, assieme a voi, elevo al Signore il grido del salmista: "Aiutaci, Dio, nostra salvezza, per la gloria del tuo nome, salvaci e perdona i nostri peccati" (Ps 79,9).

Affidiamo questa nostra supplica a Colei che "stava" sotto la Croce silenziosa ed orante (cfr. Jn 19,25). Guardiamo alla Vergine Santa, della quale la Chiesa celebra oggi con gioia la Natività.

E' significativo che questa mia visita, da tempo desiderata, abbia potuto avere luogo proprio in questa festa mariana a voi tanto cara. Con la nascita di Maria è sbocciata nel mondo la speranza di una nuova umanità non più oppressa dall'egoismo, dall'odio, dalla violenza e dalle tante altre forme di peccato che hanno lordato di sangue i sentieri della storia. A Maria Santissima chiediamo che anche per questa vostra terra possa sorgere il giorno della piena riconciliazione e della pace.

Regina della pace, prega per noi! (Al termine della Celebrazione Eucaristica, il Santo Padre ha rivolto ai fedeli di Sarajevo, collegati attraverso la radio e la televisione, le seguenti parole di saluto:) "Nativitas est hodie sanctae Mariae Virginis, cuius vita inclita cunctas illustrat Ecclesias".


1. La nascita della Vergine Santissima, invocata dai nostri fratelli dell'Oriente cristiano come "Lavacro che purifica le coscienze" e "Pace dei Popoli", illumina e dà lustro a tutte le Chiese, a quelle dell'Oriente come a quelle dell'Occidente.

Illumina e dà lustro, in particolare, alla vostra comunità cristiana, carissimi fratelli e sorelle della Bosnia ed Erzegovina, così duramente provati da questa assurda guerra fratricida. E sono lieto che l'odierna mia visita, da lungo tempo auspicata, abbia potuto realizzarsi proprio in quest'otto settembre, che ricorda la nascita di Maria.

Maria è sorgente di conforto e di speranza per ogni credente. Ella "brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore" (LG 68). A Lei guardiamo quest'oggi con trepidante fiducia. A Lei domandiamo di soccorrerci nella presente tribolazione, certi d'essere esauditi.


2. Con questo auspicio, saluto te, caro Monsignor Vinko Puljic, Arcivescovo di Vrhbosna-Sarajevo, ed il tuo Ausiliare, Monsignor Pero Sudar; saluto voi, coraggiosi sacerdoti, e voi, generosi religiosi e religiose, che con spirito evangelico state condividendo le sorti delle popolazioni così a lungo e duramente provate, come pure voi, laici impegnati nelle numerose e fiorenti associazioni dell'Arcidiocesi di Vrhbosna.

Rivolgo anche il mio affettuoso pensiero al Vescovo della diocesi di Banja Luka, Mons. Franjo Komarica, intrepido difensore dei cattolici e, in generale, della popolazione locale, il cui numero, purtroppo, è ormai decimato dall'inumana politica della cosiddetta "pulizia etnica". Ugualmente saluto il Vescovo di Mostar-Duvno e Amministratore di Trebinje e Mrkan, Mons. Ratko Peric, ed il suo predecessore, Mons. Pavao Zanic, i quali pure hanno visto nelle loro diocesi distruzioni e morte causate dalla guerra in corso.

A tutti dico: guardate con fiducia verso il futuro della Chiesa in Bosnia ed Erzegovina. Il Papa, che è oggi al vostro fianco, continuerà come sinora ad esservi vicino spiritualmente e a sostenervi nei vostri sforzi per ricostruire in questo territorio una comunità solidale e fraterna.

In particolare, vorrei sottolineare il valoroso esempio che voi sacerdoti donate al mondo intero. Durante la terribile tormenta che ha sconvolto la vita di tante persone e di tante città della Bosnia ed Erzegovina, voi siete rimasti qui al vostro posto, imitando Cristo Buon Pastore, che ha dato la vita per le sue pecore. Con il vostro popolo avete condiviso sofferenze e speranze, privazioni e rischi, aiutando con ogni mezzo gli afflitti non solo da problemi spirituali, ma anche dalla mancanza di cibo, medicinali, casa, lavoro, libertà.

Nella desolazione presente, la vostra è un'eroica testimonianza di speranza nel Regno di Dio. Perseverate in questo vostro coraggioso atteggiamento di servizio, che con la grazia di Dio non mancherà di affrettare l'avvento della pace.

Dirigo infine un cordiale saluto alla comunità serba di Sarajevo, intendendo allo stesso tempo abbracciare spiritualmente l'intero popolo serbo della Bosnia ed Erzegovina, a cui porgo i miei più sentiti voti di prosperità nella concordia e nella solidarietà. Do il bacio di pace a Sua Santità il Patriarca Pavle e a tutti gli Episcopi della Chiesa Ortodossa Serba. Lo faccio con le parole della liturgia: "Cristo è in mezzo a noi".

Data: 1994-09-08 Data estesa: Giovedi 8 Settembre 1994





I discorsi che Giovanni Paolo II avrebbe pronunciato a Sarajevo

Titolo: Al Presidente della Presidenza della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina

Signor Presidente, Autorità civili e religiose, Fratelli e Sorelle!


1. Da tanto tempo desideravo compiere questo viaggio per vedere con i miei occhi lo strazio di questa Città, per condividere il vostro dolore, per levare con voi lo sguardo verso il cielo e implorare il Dio della vita e della pace.

In questi lunghi, interminabili anni di guerra, Sarajevo è stata veramente al centro del mio cuore. Qui mi sono reso spiritualmente presente, insieme con fratelli di differenti confessioni cristiane e credenti di altre religioni, durante la Giornata di preghiera svoltasi ad Assisi il 9 e 10 gennaio del 1993. Qui sono venuto in pellegrinaggio spirituale il 23 gennaio scorso, durante la Santa Messa celebrata nella Basilica di San Pietro per la pace nei Balcani. A voi ho rivolto continuamente il mio pensiero, nelle tante occasioni in cui ho elevato appelli accorati per una rapida pacificazione.

Solo ora il Signore ha esaudito il mio desiderio di essere anche fisicamente in mezzo a voi per condividere da vicino le vostre speranze e le vostre lacrime. E' una visita purtroppo rapida, ma spero ardentemente che essa segni l'avvio di una nuova alba di pace e di concordia per questo amato e martoriato Paese!


2. Grazie, Signor Presidente, per la gentile accoglienza. Nel porgerLe il mio saluto cordiale, che estendo con deferenza alle Autorità presenti ed a quanti hanno collaborato per rendere possibile questa visita, ho davanti agli occhi i cittadini di Sarajevo e dell'intera Bosnia ed Erzegovina: bosniaci Musulmani, Serbi, Croati, come pure membri di minoranze nazionali. Tutti desidero stringere in un unico abbraccio. Penso con affetto all'amata Comunità cattolica; ai fratelli della venerabile Chiesa Ortodossa; alla numerosa Comunità islamica; alla piccola e cara Comunità ebraica, ancora una volta dispersa. Tutte sono state vittime delle azioni violente di un nazionalismo insensibile ai valori della pacifica convivenza tra i popoli.

Penso con grata ammirazione alle organizzazioni religiose e umanitarie, in particolare a quelle delle Nazioni Unite, e alle tante persone che hanno offerto la loro concreta solidarietà in molti modi e con diversi mezzi, incuranti dei pericoli, giungendo talvolta persino ad affrontare la morte perché altri potessero vivere.

Partecipo al dolore di quanti piangono la perdita dei loro cari, specialmente di giovani figli e figlie, stroncati dagli orrori di una guerra che non risparmia niente e nessuno.

Sono venuto come messaggero di concordia e di pace, mosso soltanto dal desiderio di pormi al fianco delle vittime della sopraffazione e della violenza, per ripetere ancora una volta: "Non siete abbandonati. Siamo con voi. Sempre più saremo con voi!".

Questa mia visita vuole essere un pellegrinaggio di pace in una regione afflitta da tante sofferenze e ingiustizie; una regione in cui migliaia sono le persone perite, innumerevoli i feriti e i profughi a causa di una violenza assurda e cieca. No, questa guerra non può, non deve continuare!


3. Sarajevo, questa città-crocevia di tensioni tra culture e nazioni diverse, può essere considerata come la "città del nostro secolo". Proprio qui infatti ha preso inizio la prima guerra mondiale, nell'anno 1914. E qui ci tocca ritornare alla fine di questo secolo: nel 1994. Ma che cosa è avvenuto nell'Europa in questi ottant'anni? Tante cose sono successe. Sono cadute anzitutto le grandi potenze costruite nel secolo scorso. Il 1918 ha significato l'avvio dell'indipendenza per molti Paesi dell'Europa centrale. Quell'Europa è durata vent'anni. Sul luogo delle vecchie potenze sono sorte le nuove: all'Ovest il regime nazista, all'Est quello comunista dell'Unione Sovietica. Due potenze, due sistemi nemici, ma pronti ai compromessi per realizzare programmi imperialistici.

La fine della guerra, nell'anno 1945, ha segnato la sconfitta del nazismo tedesco. La frontiera del comunismo vittorioso si è allora spostata verso Ovest. Al di qua della cortina di ferro, all'Ovest, muoveva intanto i primi passi la nuova Comunità Europea. All'Est invece, le nazioni sono state costrette ad intraprendere una dura lotta per la propria identità ed indipendenza politica.

Momento d'importanza storica in questa lotta è stato il 1989. Tale anno ha segnato la fine dell'impero comunista, ma anche l'inizio delle tensioni e poi della terribile guerra nei Balcani tra i popoli della ex-Jugoslavia. Ecco per tutti una nuova sfida, giacché nel conflitto balcanico sono coinvolti cattolici, ortodossi e musulmani: si tratta di credenti che confidano nella potenza della preghiera e che si trovano accomunati da una identica preoccupazione.


4. Quale preoccupazione? Ritorniamo col pensiero al 1945. Uscite dalla seconda guerra mondiale, le Nazioni che avevano subito indicibili atrocità, si resero conto di una urgente necessità: coalizzarsi contro la guerra. Uno dei primi atti sul cammino verso la pace fu la "Dichiarazione dei diritti dell'uomo". La guerra è contro l'uomo. Se si vuole evitare la guerra, occorre assicurare il rispetto per i diritti fondamentali della persona umana, tra i quali occupa il primo posto il diritto alla vita, che ogni uomo ha dal concepimento fino alla morte naturale. Vi sono poi gli altri diritti, quelli, ad esempio della libertà religiosa e della libertà di coscienza, che definiscono i principi della convivenza degli uomini nella dimensione spirituale. Ad essi il Concilio Vaticano II ha dedicato una apposita Dichiarazione, la "Dignitatis humanae".

La convivenza degli individui e dei popoli va inoltre basata sui "diritti delle Nazioni". Come il singolo, l'individuo, così anche ogni popolo ha diritto all'esistenza, al suo sviluppo secondo le risorse culturali della Nazione.

Ad esse attingono le famiglie che, educando i figli, trasmettono alle future generazioni i beni della cultura patria. Di questo ho avuto modo di parlare diverse volte, particolarmente all'UNESCO nel corso della mia visita, nel 1980 (cfr. , vol.III/1, (1980), pp. 1.636-1.655) Nasce così, nel rispetto dei diritti delle persone e delle nazioni, e così si costruisce e si difende la pace.


5. Essa è pertanto un grande compito, affidato all'impegno di tutti. Moltissimo dipende certo da quanti hanno pubbliche responsabilità, sia nell'ambito delle parti in conflitto che degli organismi internazionali. Come non incoraggiare gli sforzi rinnovati della Comunità internazionale in favore della pace in Bosnia ed Erzegovina? E' necessario che tali sforzi procedano coerentemente sulla base dei principi sanciti dal Diritto Internazionale e ribaditi dalle numerose risoluzioni assunte a questo riguardo.

E' evidente tuttavia che i destini della pace sono in gran parte affidati non soltanto alle formule istituzionali, che pur vanno efficacemente disegnate nel dialogo sincero e nel rispetto della giustizia; i destini della pace dipendono soprattutto da una ritrovata solidarietà degli animi. E questa suppone, sullo sfondo di tanto sangue e tanto odio, il coraggio del perdono. Occorre saper chiedere perdono e perdonare! Ciò non vuol dire che i crimini non debbano essere perseguiti anche dall'umana giustizia - cosa anzi necessaria e doverosa -, ma la giustizia è ben lontana da ogni cieco istinto di vendetta, e si lascia piuttosto guidare dal forte senso del bene comune che mira al recupero dell'errante.


6. Solo questo orizzonte spirituale può costituire il terreno propizio per la pace e favorire il buon esito delle trattative in corso. Le proposte e i contatti di questi ultimi tempi, tanto lodevoli nell'intento di far terminare finalmente il conflitto, non hanno ancora prodotto l'intesa necessaria per raggiungere il traguardo auspicato. Bisogna che tali contatti continuino e si intensifichino. Non è più possibile ignorare l'implorazione di quanti - uomini, donne, giovani, vecchi, bambini - attendono con ansia che si ponga fine allo scontro e si faccia spazio alla possibilità dell'incontro! Vorrei, per questo, ripetere qui quello che dicevo all'inizio di quest'anno: "Ciò che viene conquistato o eliminato con la forza non fa mai onore ad un uomo o alla causa che desidera promuovere" (Discorso al Corpo Diplomatico 15.1.1994, L'Osservatore Romano, 16.1.1994, p. 7).

Il metodo del dialogo, che nonostante le resistenze si va affermando, richiede lealtà, perseveranza e magnanimità in quanti vi prendono parte. Solo sulla base di questi principi si potranno comporre i disaccordi e le divergenze esistenti, e si farà spazio alla concreta speranza di un futuro più degno per tutte le popolazioni che insieme vivono in questo territorio.


7. Affido a Lei, Signor Presidente, queste considerazioni, che intendono riaffermare la speranza in un futuro più sereno per ogni abitante di questo amato Paese. Certo, nelle condizioni in cui si trova la città di Sarajevo, e con essa tante altre città e villaggi, la speranza potrebbe apparire un'illusione o un'evasione dalla dura realtà quotidiana. Nondimeno occorre avere speranza, fidando in Dio che non abbandona.

Ecco il mio vivo auspicio: terminato finalmente il tempo della tribolazione e della divisione, inizi presto l'èra della tolleranza, della concordia, della riconquistata solidarietà fra popoli fratelli! Come ho avuto modo di ricordare in altra occasione, "la guerra non è una fatalità; la pace è possibile! E' possibile perché l'uomo ha una coscienza e un cuore. E' possibile perché Dio ama ognuno di noi, così com'è, per trasformarlo e farlo crescere" (Discorso al Corpo Diplomatico 15.1.1994, L'Osservatore Romano, 16.1.1994, p. 7).

Voglia Dio, Creatore e Signore di ogni uomo, donare a tutti la sua consolazione, rafforzando negli animi i propositi di dialogo, di intesa, di impegno concorde per la pace e la ricostruzione. E' questa, Signor Presidente, la preghiera che rivolgo all'Onnipotente, invocandone la benedizione sull'intera Bosnia ed Erzegovina, specialmente su coloro che recano più profondi e visibili i segni della guerra e più ardentemente anelano alla pace.

Data: 1994-09-08 Data estesa: Giovedi 8 Settembre 1994





In occasione del VII centenario dell'arrivo a Pechino di Fra' Giovanni da Montecorvino

Titolo: Lettera del Papa al Card. Tomko

Al mio Caro Fratello Cardinale Jozef Tomko Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli Sono molto lieto del fatto che Lei presiederà le cerimonie speciali a Taiwan per commemorare la singolare opera missionaria di Giovanni da Montecorvino, primo evangelizzatore fra i cinesi e primo Arcivescovo di Khambaliq, l'attuale Pechino. Infatti, sono trascorsi sette secoli da quando il grande missionario giunse a Khambaliq, dopo un viaggio di cinque anni, portando con sé una lettera di Papa Niccolo IV diretta al governante dei vasti territori dell'Estremo Oriente.

Dalle sue lettere e da quelle dei suoi contemporanei sappiamo che il suo apostolato in Cina ha dato frutti talmente abbondanti che nel 1307 Papa Clemente V lo elevo al rango di Arcivescovo e gli concesse la facoltà di edificare e organizzare la Chiesa in quella lontana regione. La sua ordinazione ebbe luogo nel 1310 alla presenza del Khan, quando i Vescovi inviati per consacrarlo riuscirono ad arrivare nella capitale.

Quando nel 1318 Giovanni da Montecorvino mori, i suoi trentaquattro anni di saggia e instancabile attività missionaria a Khambaliq avevano dato vita a numerose e ferventi comunità cristiane e a una vasta rete di chiese, conventi, scuole e altre istituzioni.

La celebrazione del settimo centenario dell'arrivo a Pechino di Giovanni da Montecorvino mi dà l'opportunità di rivolgere i miei pensieri all'attuale comunità cattolica cinese, che rappresenta la continuazione e lo sviluppo di quella prima plantatio Ecclesiae sul suolo cinese.

Sono dunque lieto di poter rinnovare il mio profondo affetto e la mia stima in nostro Signore Gesù Cristo a tutte le figlie e i figli cattolici della grande e illustre famiglia cinese. Di tutto cuore sono presente spirirtualmente in mezzo a loro e assicuro loro di essere particolarmente vicino a quelli che sono rimasti fedeli a Gesù Cristo e alla sua Chiesa nonostante difficoltà di ogni sorta e hanno testimoniato e continuano a testimoniare, anche al prezzo di lunghe e dolorose sofferenze, che un cattolico, che desideri restare tale e essere riconosciuto come tale, non può rinunciare al principio della comunione con il Successore di Pietro, che il Signore fece suo Vicario e "fondamento perpetuo e visibile dell'unità della fede e della comunione" (LG 18).

Sono consapevole della grande crescita di molte ferventi conunità in diverse parti del Paese, e nel compimento della missione ricevuta da Cristo di confermarle nella fede, nella speranza e nell'amore (cfr. Lc 22,32), desidero promuovere fra di loro fedeltà, comprensione e riconciliazione e unirle tutte nella comunione che ci unisce a Cristo attraverso la potenza delo Spirito Santo.

Invitando tutti i figli e le figlie della Chiesa Cattolica in Cina a vivere questa comunione in verità e amore (cfr. 2Jn 1,3), prego affinché ciò possa manifestarsi in un modo sempre più concreto. La fede e la pratica religiose sono una fonte dinamica di impegno nella sfera della responsabilità sociale e civile. Non può esserci opposizione o incompatibilità fra essere allo stesso tempo veramente cattolici e autenticamente cinesi.

Prego affinché queste celebrazioni a Taiwan incoraggino i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i laici di quella cara comunità, che spero di incontrarre il più presto possibile quando la Divina Provvidenza lo consentirà. Possa essa incoraggiarli ad essere sempre più discepoli fedeli di Cristo e generosi cooperatori dei loro fratelli e delle loro sorelle cinesi in quel continente. Come segno del mio grande desiderio di abbracciare l'intera famiglia cattolica cinese, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 8 settembre 1994.

Data: 1994-09-08 Data estesa: Giovedi 8 Settembre 1994





Ai sacerdoti e ai religiosi della Bosnia Erzegovina

Titolo: Invochiamo il principe della pace: Gesù Cristo

(Discorso preparato, ma non pronunciato dal Santo Padre:) Venerati Fratelli nell'Episcopato, Carissimi Sacerdoti, Amati Religiosi e Religiose!


1. La Chiesa cattedrale è simbolo di unità, è luogo di incontro, di preghiera, di pace. Qui la comunità cristiana si raduna intorno al Vescovo, per proclamare la sua fede e vivere la sua comunione specialmente nella celebrazione del mistero eucaristico. Qui dunque ci siamo raccolti per invocare il Principe della Pace, Gesù Cristo, unica e vera nostra speranza.

Alla Cattedrale di questa Città martoriata guarda oggi tutta la Chiesa.

Sono venuto fin qui, per farmi voce dell'intero popolo di Dio e dire a te, cara Chiesa di Sarajevo, così duramente provata, che non sei sola. I fratelli di ogni parte del mondo sono qui spiritualmente raccolti nell'ardente implorazione della pace.

Sono particolarmente lieto di poter vivere con voi, pastori della comunità, e con voi, religiosi e religiose, parte eletta dell'Arcidiocesi, questi attimi intensi di fraternità. Vi saluto tutti con grande affetto.

Saluto in primo luogo te, Monsignor Vinko Puljic, Pastore solerte di questa Arcidiocesi, e ti esprimo il mio grazie sincero per i sentimenti che mi hai poco fa manifestato. Voglio dirti, in particolare, il mio cordiale apprezzamento per la coraggiosa testimonianza di partecipazione alle sofferenze della martoriata popolazione di Sarajevo. Saluto pure il tuo Ausiliare, Monsignor Pero Sudar, e ciascuno di voi, coraggiosi sacerdoti, religiosi e religiose di Sarajevo qui presenti. Estendo il mio affettuoso pensiero a quanti avrebbero ben voluto intervenire all'odierna riunione, ma non hanno potuto a causa, purtroppo, della guerra in corso.

Abbraccio tutti e ciascuno con la letizia di un padre che può finalmente incontrare i suoi figli, afflitti da gravi difficoltà di ogni genere. Sono lieto di essere con voi e di poter insieme con voi ringraziare Dio per la provvidenziale opportunità che quest'oggi ci ha offerto. Il nostro incontro testimonia davanti al mondo un vincolo di comunione che nulla potrà infrangere. Vi giunga, attraverso la mia voce, il saluto di Cristo risorto: pace, pace a voi! (Jn 20,19).


2. Carissimi Fratelli e Sorelle, conosco bene la vostra generosa ed instancabile dedizione nel seguire il gregge affidatovi, incuranti dei sacrifici e dei pericoli a cui il vostro impegno ogni giorno vi espone. Sono venuto per ringraziarvi del valoroso esempio che donate al mondo intero. Durante la terribile tormenta che ha sconvolto la vita di tante persone e di tante città della Bosnia ed Erzegovina, voi siete rimasti qui al vostro posto, imitando Cristo Buon Pastore, che ha dato la vita per le sue pecore.

Con il vostro popolo avete condiviso sofferenze e speranze, privazioni e rischi, aiutando con ogni mezzo gli afflitti non solo da problemi spirituali, ma anche dalla mancanza di cibo, medicinali, casa, lavoro, libertà. Nella desolazione presente, la vostra è un'eroica testimonianza di speranza nel Regno di Dio. Voi non vi risparmiate nel donare voi stessi, consapevoli che il Signore rende il vostro servizio fecondo di frutti di giustizia, di amore e di pace.


3. Purtroppo quest'assurdo conflitto fratricida non è ancora finito e continua a portare con sé un'interminabile scia di dolore, di morte e di lutto. A voi, carissimi, il Signore chiede di non perdervi di coraggio. Vi esorta a rimanere a fianco del gregge affidatovi, alleviandone, per quanto è possibile, ogni sofferenza materiale e spirituale. E' il tempo della passione, segnato dal mistero della Croce. Ma è nella Croce - non dimentichiamolo mai - che si è compiuta la nostra salvezza. Dal Golgota sgorga per l'umanità travagliata l'annuncio della vittoria dell'Amore sull'odio, della vita sulla morte, della pace e della riconciliazione su ogni contesa e divisione.

A voi, educatori e testimoni a servizio del popolo di Dio, il compito di far risplendere la forza sanante e liberatrice del mistero pasquale, soprattutto riproponendo il vangelo della misericordia. Tutti abbiamo bisogno del perdono di Dio. Ma tutti dobbiamo anche essere pronti a perdonare ai nostri fratelli.

Siate portatori instancabili di un messaggio di speranza. Non dimenticare pero che la fiaccola della speranza va alimentata costantemente con l'olio della preghiera. Quando si resta saldi in Cristo, nulla può scuotere la volontà di continuare a lottare per la pace. E' la preghiera l'arma dei generosi costruttori del Regno divino. Non abbiate pertanto paura: Cristo ha vinto il mondo (cfr. Jn 16,33). Egli è con tutti voi: la sua pace illumini sempre l'orizzonte della vostra esistenza e torni a splendere nella vita di tutti i popoli che hanno per patria la Bosnia ed Erzegovina.

Non perdetevi d'animo, carissimi Fratelli e Sorelle, anche se le circostanze presenti sono tali da mettere in pericolo, dopo secoli di crescita rigogliosa, la sopravvivenza stessa della Chiesa nel vostro Paese. Voi avete un compito di portata storica: dipende soprattutto da voi, sacerdoti, religiosi e religiose, far si che l'annuncio evangelico continui ad essere diffuso in ogni angolo della vostra Patria, e che la Comunità dei credenti rimanga unita e saldamente legata ai propri Pastori. I vostri sforzi saranno benedetti da abbondanti frutti; restate, per questo, in comunione costante con Cristo e crescete nella solidale collaborazione con i vostri Vescovi e tra voi.

La Chiesa universale è al fianco della Comunità cristiana di Bosnia ed Erzegovina. Con tutti i mezzi disponibili lavoreremo affinché essa possa superare le presenti difficoltà e costruire un fiorente avvenire.

Nell'affidare questi voti alla materna intercessione di Maria Santissima, invocata con profonda venerazione in tanti Santuari e Cappelle della vostra terra, con affetto tutti vi saluto e benedico.

Data: 1994-09-09 Data estesa: Venerdi 9 Settembre 1994






GPII 1994 Insegnamenti - L'omelia del Papa durante la Santa Messa, celebrata a Castel Gandolfo in collegamento radiotelevisivo con Sarajevo