GPII 1994 Insegnamenti - Visita "ad limina": la traduzione italiana del discorso del Papa a Presuli della Conferenza Episcopale del Perù - Città del Vaticano

Visita "ad limina": la traduzione italiana del discorso del Papa a Presuli della Conferenza Episcopale del Perù - Città del Vaticano

Titolo: Trasmettere integralmente ai fratelli la Parola di Dio capace di liberare l'uomo da ogni forma di ingiustizia

Amatissimi Fratelli nell'Episcopato,


1. Nell'accogliervi con grande gioia in questo incontro collettivo della visita ad Limina, vi porgo il mio più cordiale e fraterno saluto e mediante voi desidero salutare anche i sacerdoti, i religiosi, le religiose, e i laici impegnati, che con generosa dedizione, non priva di sacrifici, contribuiscono a edificare il Regno di Dio in Perù.

Ringrazio vivamente Mons. Lorenzo Leon Alvarado, Vescovo di Huacho, per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome di tutti e desidero esprimere nuovamente il mio apprezzamento per la vostra generosa dedizione al servizio delle comunità ecclesiali che il Signore vi ha affidato.


2. La vostra missione ecclesiale viene indicata chiaramente dal Concilio Vaticano II: "Anche i Vescovi, posti dallo Spirito Santo, succedono al posto degli apostoli come pastori delle anime e, insieme con il Sommo Pontefice e sotto la sua autorità, hanno la missione di perpetuare l'opera di Cristo, pastore eterno... per virtù dello Spirito Santo, che loro è stato dato, sono divenuti i veri e autentici maestri della fede, i Pontefici e i pastori" (CD 2).

In quanto maestri della fede, l'insegnamento della verità fa parte della sublime missione che, oggi e per sempre, siete chiamati a svolgere instancabilmente in un mondo così desideroso di ciò che è autentico e minacciato da tanti errori. Per questo dobbiamo presentare con coraggio ai nostri fratelli la Verità, che è Gesù Cristo stesso (cfr. Jn 14,6). Come ho indicato nell'Enciclica Veritatis Splendor "promuovere e custodire nell'unità della Chiesa, la fede e la vita morale è il compito affidato da Gesù agli apostoli (cfr. Mt 28,19-20), che prosegue nel ministero dei loro successori" (VS 27).

La predicazione integra della verità rivelata, in conformità alla Tradizione, con la parola e con la testimonianza della propria vita, è il cammino più adatto a realizzare e a vivere l'unità della Chiesa, tanto desiderata dal nostro Salvatore (cfr. Jn 11,23) e della quale noi siamo i primi servitori. Non si può pertanto accettare nessuna forma di riduzionismo che taccia aspetti importanti dell'ordine soprannaturale, del contenuto della fede e delle norme morali al fine di ottenere una coesione che per questo cammino sarebbe solo apparente o esterna e falserebbe la missione della Chiesa esaltando solo valori etici, sociologici, economici o culturali.

L'unione dei Pastori fra di loro e con il Sommo Pontefice, così come quella che deve esistere con i fedeli, rivela quel volto misterioso della Chiesa che è comunione. Per questo, radicati nella verità di Gesù Cristo, dobbiamo vivere dando sempre una testimonianza coerente di unità affinché il mondo creda che Egli è stato mandato dal Padre (cfr. Jn 17,21), il Redentore degli uomini. Non si tratta di un'unità qualsiasi, come potrebbe esserlo quella derivante da sentimenti meramente umani, ma si tratta di un'unità che nasce dall'adesione alla Parola della Verità, ossia alla persona stessa di Gesù Cristo e al suo messaggio, animata e vivificata dall'azione dello Spirito Santo. Nel nostro sforzo per consolidare sempre questa unità, i fedeli troveranno assistenza e aiuto lungo il cammino della salvezza, e le nostre opere avranno efficacia auspicata.

L'unità, alimentata ogni giorno nella celebrazione dell'Eucaristia, deve anche manifestarsi in modo visibile nelle diverse circostanze della vita. Per i Pastori la Conferenza Episcopale è il mezzo più indicato per esprimerla poiché in essa i Vescovi "esercitano congiuntamente il loro mandato apostolico" (CD 38) e allo stesso tempo è un modo per concretizzare l'"affectus collegialis" (cfr. LG 23). Mediante essa si potrà programmare e promuovere la "nuova evangelizzazione" nel vostro amato Paese. così, il progressivo consolidamento della vostra comunione affettiva e effettiva in seno alla Conferenza contribuirà certamente a dare vigore al vostro ministero e vi consentirà di seguire meglio le complesse realtà pastorali. Al momento attuale, l'ineludibile testimonianza di unità fra voi è anche un'esigenza pastorale che aiuterà a far crescere ancor più l'unione fra i vostri sacerdoti, fra gli agenti di pastorale e fra gli altri membri delle Chiese particolari.


3. Gran parte delle difficoltà della Chiesa in Perù deriva dalla grave penuria di sacerdoti, alleviata in parte dall'aiuto di altre Chiese sorelle che inviano li i loro missionari. Inoltre, l'ineguale distribuzione del clero aggrava la situazione. Tutto ciò esige dai vostri sacerdoti una grande dedizione apostolica, il che li rende meritevoli di appoggio e di stima da parte dei Vescovi. Per questo sono lieto del fatto che avete dedicato all'inizio di quest'anno la vostra 71 Assemblea Plenaria a studiare il sacerdozio, la sua spiritualità e la sua formazione, così come la sua conveniente sicurezza e previdenza sociale, alla luce di quanto ho esposto nell'Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis.

Vi esorto quindi vivamente a continuare a occuparvi dei vostri sacerdoti con sollecitudine pastorale, trattandoli come fratelli e amici e aiutandoli innanzitutto ad acquisire sotto l'influsso della Grazia, la "specifica" santità sacerdotale. Quest'ultima, derivante dal sacramento dell'Ordine, fa si che "la vita spirituale del sacerdote" venga "improntata, plasmata, connotata da quegli atteggiamenti e comportamenti che sono propri di Gesù Cristo... e che si compendiano nella sua carità pastorale" (ibidem PDV 21). Deve anche essere improntata a un "essenziale atteggiamento di servizio, ...secondo Dio e volentieri...: in questo modo... i presbiteri potranno essere "modello" del gregge, che, a sua volta, è chiamato ad assumere nei confronti del mondo intero questo atteggiamento sacerdotale di servizio alla pienezza della vita dell'uomo e alla sua liberazione integrale" (ibidem, PDV 21). La carità pastorale, come ho già avuto l'opportunità di indicare in un'altra occasione, è "intimità con Dio, è imitazione di Cristo, povero, casto e umile; è amore senza riserva alle anime e donazione al loro vero bene; è amore alla Chiesa che è santa e ci vuole santi, perché tale è la missione che Cristo le ha affidato" (Omelia 9. 10. 1984, Insegnamenti, VII/2, 1984, p. 839).

Affinché i presbiteri possano svolgere con profitto le proprie funzioni e non si scoraggino nella loro sublime missione, è necessario che mantengano vivo "un generale e integrale processo di continua maturazione, mediante l'approfondimento sia di ciascuna delle dimensioni della formazione - umana, spirituale, intellettuale e pastorale -, sia del loro intimo e vivo collegamento specifico, a partire dalla carità pastorale e in riferimento ad essa" (PDV 71). Si eviterà così di cadere in un attivismo eccessivo e soprattutto si concretizzerà il dono ricevuto nell'ordinazione, essendo in condizione di servire meglio il popolo di Dio in particolare nella formazione di coloro che, come catechisti, animatori liturgici, servitori della carità e altri ministeri, sono più spesso in contatto con il presbitero.

La vastità del Perù fa si che molti sacerdoti soffrano di solitudine, con i conseguenti pericoli derivanti da un ambiente che a volte può essere aggressivo. Gli incontri formativi, corsi ed esercizi spirituali, i contatti periodici con il Vescovo e il Presbiterio, la vita in comune laddove le circostanze lo consigliano, così come la sana e matura amicizia con i laici, sono circostanze che mitigano questa situazione e che indubbiamente le apportano beneficio. Tuttavia, essi non devono dimenticare che la solitudine "accettata in spirito di offerta e ricercata nell'intimità con Gesù Cristo Signore" (ibidem, PDV 74), può essere utile in quanto favorisce la preghiera, l'indispensabile studio, la santificazione personale e la maturità umana.


4. La storia religiosa del Perù ci offre la testimonianza di tante anime consacrate che, nel vivere i consigli evangelici, hanno operato per la diffusione del Regno di Dio. Mi ritornano in mente i meravigliosi esempi di Santa Rosa de Lima e San Martin de Porres, San Toribio de Mogrovejo, San Juan Macias e San Francisco Solano, la Beata Ana de Monteagudo e altri.

Ora, alla vigilia dell'Assemblea del Sinodo dei Vescovi dedicata alla vita consacrata, desidero esprimere la mia gratitudine per l'opera di tanti religiosi e religiose, che hanno portato la Parola di Dio nel vostro vasto Paese o che si sono dedicati al generoso servizio in diverse opere apostoliche con bambini, giovani, anziani o malati, senza dimenticare lo splendido contributo della loro preghiera elevata al Padre da tutta la Chiesa come testimonianza di totale dono di sé a Dio.

Tenendo presente quindi i vari servizi che essi prestano alla Chiesa, desidero ricordare, cari Fratelli, il dovere che avete di promuovere la crescita e lo sviluppo della vita consacrata. I religiosi sono parte inscindibile della vita e della santità della Chiesa (cfr. LG 44) e così sono anche oggetto della sollecitudine pastorale del Vescovo, nel rispetto del diritto proprio di ogni Istituto secondo il suo carisma e le norme canoniche. Per questo vi esorto ad accettare ciò che la vita religiosa rappresenta per le comunità ecclesiali del Perù, promuovendo la fedeltà di ogni Istituto al proprio carisma e, dove necessario, contribuendo con le vostre parole a superare le difficoltà che potrebebro sorgere fra il clero diocesano e i religiosi.

Questi ultimi non lavorano per se stessi, ma per la Chiesa, la cui responsabilità finale ricade sui successori degli Apostoli. Per questo, devono integrare la loro vita pastorale con quella delle diocesi in cui operano. Questo è uno degli aspetti dove anche bisogna rendere visibile l'unità ecclesiale.

Tuttavia, l'apporto dei consacrati all'unità visibile della Chiesa non si esaurisce nell'efficace collaborazione pastorale. I religiosi devono mostrare anche una sintonia continua, chiara e fedele con il Magistero del Sommo Pontefice e dei Vescovi in comunione con lui, poiché "nessun altro ha il potere di esercitare alcuna funzione sia di magistero sia di santificazione sia di governo, se non in partecipazione e in comunione con essi" (Mutuae relationes, n. 9).


5. Nella vita di ogni Chiesa particolare, e con ancora maggiore urgenza in regioni che, come la vostra, sperimentano la scarsità di sacerdoti, la pastorale vocazionale deve essere considerata come una priorità. E' vero che ci sono segni confortanti, ma ciò deve essere un incentivo ad approfondire ancora di più i suoi obiettivi e i suoi risultati.

Gesù Cristo continua ad invitare i giovani, e anche i meno giovani, a seguirlo nella sua missione di Buon Pastore. Bisogna creare, mediante iniziative adeguate, le condizioni necessarie affinché tutti possano udire la sua voce e affinché cresca così il numero dei consacrati interamente al suo servizio e a quello del Corpo mistico che è la Chiesa.

Non stancatevi quindi, durante le visite pastorali, di invitare i fedeli con semplicità e con chiarezza, come faceva il Maestro, a lasciare ogni cosa e a seguire Colui che ha parole di vita eterna e di verità. Che non manchino a coloro che si mostrano disposti ad accettare l'invito, in spirito di fede e di obbedienza, i mezzi necessari per decidere e per essere aiutati nel dare la loro risposta.

Nel concludere questo incontro desidero invocare su ognuno di voi, sulle Chiese particolari che presiedete e su tutti i loro membri, la protezione della Vergine Santissima, venerata nel vostro Paese con il suggestivo titolo di Nuestra Senora de la Evangelizacion, affinché mediante l'intercessione dello Spirito del Signore vi colmi con la sua pienezza e diffonda a piene mani nella vostra nazione il dono della pace e della convivenza fraterna fra tutti i suoi figli.

Con questi fervidi auguri vi accompagna la mia preghiera e la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1994-09-17 Data estesa: Sabato 17 Settembre 1994





L'omelia di Giovanni Paolo II durante la solenne concelebrazione eucaristica nello stadio di Lecce

Titolo: Nella nebbia che non di rado avvolge l'umanità i cristiani sappiano coniugare in una logica di servizio contemplazione e azione




1. "Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti" (Mc 9,35).

Le parole di Gesù, nel brano evangelico appena proclamato, tracciano la via regale di una santa "ambizione", che è propria di quanti conoscono e amano Dio: è la via di un primato spirituale, che paradossalmente si realizza nel mettersi all'ultimo posto, quello del servizio generoso e senza riserve, sull'esempio stesso di Gesù, venuto a servire, e non ad essere servito.

Ben poco avevano capito di Lui i discepoli, che lungo la strada verso Cafarnao discutevano su "chi fosse il più grande" (Mc 9,34). Di questa ambizione tutta umana parla efficacemente l'apostolo Giacomo additandola quale origine delle "guerre e delle liti", che devastano la società: "Bramate e non riuscite a possedere e uccidete: invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra!" (Jc 4,2). E' lo spettacolo di un mondo dominato "dalle passioni che combattono" nelle membra e nel cuore dell'uomo.

Come è realistico questo messaggio, quando guardiamo all'odierna società! La disputa riportata nel brano evangelico ci avverte che anche tra i figli della Chiesa si può insinuare il tarlo roditore di orgogli, magari camuffati, e di ambizioni inconfessate, che disturbano l'opera di Dio. Di fronte a tale tentazione la parola di Gesù è categorica, e va presa sul serio: "chi vuole essere il primo sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti!".


2. "Servo di tutti". Servire è imitare Cristo, che ha dato se stesso in sacrificio per noi. Servire è vivere in rapporto di concreta solidarietà con i fratelli, specialmente i più poveri. Servire è amare generosamente e gratuitamente, senza nulla attendersi in cambio.

Se la Chiesa vuole essere oggi un segno di speranza per la società, deve vivere profondamente la logica del servizio. Il mondo d'oggi - scriveva il mio venerato predecessore Paolo VI - "ascolta più volentieri i testimoni che i maestri" (EN 41). Questo vale soprattutto nel servizio della carità, che, praticata generosamente, è via maestra per l'evangelizzazione, come ci ricorda il tema scelto dai Vescovi italiani per gli orientamenti pastorali degli anni Novanta (cfr. Evangelizzazione e testimonianza della carità, n. 9).

Bisogna essere veri testimoni di carità, ed esserlo dappertutto: nelle famiglie, nelle parrocchie, nei luoghi di studio e di lavoro. E' quanto voi, cari fedeli di Lecce, cercate di fare con generosità, mostrandovi attenti alle fasce più deboli della popolazione. Continuate su questa strada con slancio sempre rinnovato. C'è più che mai bisogno di tale impegno in una società che registra ancora tante forme di povertà, materiali e spirituali, antiche e nuove. E' necessaria una cultura della solidarietà. Si impegnino soprattutto i genitori e gli educatori a formare le giovani generazioni allo spirito di servizio, all'apertura, al dialogo, al superamento di ogni tentazione egoista ed edonista. Nulla è tanto meritorio quanto quest'opera formativa di grande respiro, da realizzare, prima che con le parole, con l'esempio costante e convincente.


3. C'è, poi, uno speciale servizio, che i credenti sono chiamati a rendere alla società. Si tratta di infondere in essa quel supplemento d'anima che consenta all'uomo contemporaneo, frastornato da molti richiami, di non smarrire i valori fondamentali dello spirito.

L'apostolo Giacomo ci ha ricordato le caratteristiche della "sapienza che viene dall'alto": essa è "pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia" (3,17). La testimonianza di una simile sapienza non può non indurre chi ne è toccato a guardare verso "l'alto". Ed oggi è da molti avvertito il possente richiamo di Dio. Nella nebbia che non di rado avvolge l'umanità, si sente la necessità della luce divina, che i cristiani sono chiamati a testimoniare a titolo tutto speciale. Essi devono essere uomini del soprannaturale, e lo saranno in modo sempre più credibile, se sapranno coniugare in una sintesi equilibrata la contemplazione e l'azione, dimostrando coi fatti quanto possa contribuire la fede alla stessa costruzione di un mondo degno dell'uomo.


4. Carissimi Fratelli e Sorelle di Lecce e del Salento! Rendo grazie al Signore per questo nostro incontro, tanto atteso ed a lungo preparato, e vi ringrazio di cuore per la calorosa accoglienza. Rivolgo un particolare saluto al vostro Pastore, il caro Monsignor Cosmo Francesco Ruppi, che con tanto zelo guida questa antica ed amata Chiesa metropolitana.

Saluto con fraterno affetto il Cardinale Ursi. Saluto i Vescovi di Puglia presenti alla Concelebrazione e gli altri Vescovi qui convenuti per la circostanza, con un pensiero speciale per i Vescovi Emeriti, che hanno generosamente servito le Diocesi loro affidate.

Il mio cordiale saluto va, inoltre, ai sacerdoti e ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai laici appartenenti ai diversi gruppi, movimenti ed associazioni, ed all'intero popolo di Dio venuto da ogni angolo del Salento per incontrare il Successore di Pietro.

So che questa mia Visita all'Arcidiocesi di Lecce si inserisce in un lungo cammino pastorale compiuto in preparazione al Sinodo diocesano, che sarà aperto questo pomeriggio. Il Sinodo è un tempo di straordinaria vitalità e di rinnovamento della diocesi. Esso, cari Fratelli e Sorelle, vi offre l'opportunità provvidenziale di approfondire la comunione fra le diverse componenti della vostra comunità ecclesiale. Sappiate valorizzare appieno questo kairos; siate pronti soprattutto a mettervi al servizio gli uni degli altri. Recate a tutti il messaggio lieto ed esigente di Cristo, Redentore dell'uomo.


5. "Ecco, Dio è il mio aiuto, / il Signore mi sostiene" (Ps 53,6). Con questa fiducia deponiamo ora sull'altare voti ed auspici. Sulla mensa eucaristica si rende nuovamente presente il sacrificio di Cristo, mistero di amore, fulcro della vita di ogni credente e dell'intero popolo di Dio. L'Eucaristia è il dono supremo lasciatoci dal Salvatore; ad essa dobbiamo attingere come a sorgente di perenne salvezza. Ogni vostra liturgia, carissimi Fratelli e Sorelle, sia viva, attiva e partecipata, secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II e dei successivi documenti di applicazione. Una liturgia legata alla vita, una liturgia che cambia la vita.

Con tali sentimenti di rinnovato impegno evangelico e di intima conversione, apprestiamoci ad innalzare il calice della salvezza. Lo faremo con lo sguardo rivolto verso le nazioni in guerra, e in particolare verso le martoriate popolazioni dei Balcani e del Rwanda. Lo faremo allargando lo sguardo ai popoli di tutta la terra, consapevoli che il Sacrificio eucaristico è il vincolo saldo che affratella gli uomini, perché segno e strumento efficace dell'amore salvifico di Dio.


7. "Sei tu, Signore, il mio sostegno" (Sal. resp.). Mai venga meno l'entusiasmo nel servire il Signore, la Chiesa e i fratelli, fidando sempre nella presenza operante del divin Maestro.

Come Maria, tanto amata e onorata da voi e dalle popolazioni di questa vostra Regione, è necessario sapersi fare umili servi (cfr. Lc 1,48), perché è ai piccoli che il Padre rivela i misteri del Regno dei cieli (cfr. Canto al Vang.).

La Vergine Santa aiuti tutti a comprendere che "se uno vuole essere il primo, deve farsi l'ultimo e il servo di tutti".

Alla Madre di Dio affido la vostra Città, che si qualifica come Civitas mariana; a Lei affido il Salento e le Puglie, affinché ne protegga gli abitanti ed indichi loro la via che conduce alla vita piena e duratura. Ella vi renda disponibili e pronti a servire e ad annunciare il Vangelo, senza cedere a stanchezze e compromessi di alcun tipo.

Maria Santissima sia sempre accanto a voi, ai vostri malati, ai vostri giovani. Sia per tutto questo popolo segno di consolazione e di sicura speranza.

Amen!

Data: 1994-09-18 Data estesa: Domenica 18 Settembre 1994





La riflessione del Santo Padre prima della recita dell'Angelus Domini al termine della Messa - Lecce

Titolo: "Vergine Santissima la nostra preghiera si innalza fervente per tutte le famiglie esposte a tante difficoltà, insidie e proposte che ne stravolgono la fisionomia voluta dal Creatore"




1. Dalla città di Lecce, che s'onora di qualificarsi Civitas mariana, elevo oggi la mia preghiera a Te, Vergine Santa. Lo faccio tra questa cara gente del Salento, che Ti venera con profonda devozione e Ti saluta come Madre di tutte le Grazie. Tu che ci precedi nel pellegrinaggio della fede accompagni il Successore di Pietro nell'odierna visita che costituisce un'ulteriore tappa della "Grande Preghiera per l'Italia".

Vergine Santissima, ci consola il saperti al nostro fianco. Tu con mano sicura ci guidi a Cristo tuo Figlio. A Te, in questa provvidenziale circostanza, la Chiesa che è in Lecce affida i suoi progetti di bene, le fatiche apostoliche e l'impegno della testimonianza evangelica in mezzo a queste genti laboriose e fedeli.


2. Ti salutiamo, Vergine benedetta, nei Santuari che la pietà popolare Ti ha elevato in terra salentina: quello della Madonna di Roca, in riva al mare; quello della Madonna della cultura, di Paràbita; e, in particolare, tra i molti altri quello di Santa Maria "de finibus terrae", di Leuca.

Ti preghiamo, Vergine fedele, da questa terra, che ama invocarti anche come Odegitria, assisti i credenti nel quotidiano sforzo di trovare vie d'incontro e di mutua comprensione. Qui, dove l'Oriente e l'Occidente si sono scambiati preziosi doni di fede e di civiltà, Ti sentiamo vicina, Madre dell'unità.

Alimenta in tutti i cristiani il desiderio di giungere presto a proclamare in piena sintonia la fede degli Apostoli, per poter celebrare all'unica mensa il sacrificio del Corpo e del Sangue del Signore. Apri il loro cuore alla fiducia e al dialogo, perché possano essere nel mondo testimoni credibili del Vangelo di salvezza.


3. La nostra preghiera si innalza fervente per tutte le famiglie, in quest'anno particolarmente a loro dedicato. Tu conosci le difficoltà a cui sono esposte, le insidie che ne minacciano la stabilità, le proposte che ne stravolgono la fisionomia voluta dal Creatore.

Tu sai quanto abbiamo insistito, unendo gli sforzi dei credenti a quelli di tutti gli uomini di buona volontà, perché la recente Conferenza Internazionale del Cairo riconoscesse nella famiglia il santuario della comunione e della vita e ne assicurasse la tutela contro ogni tentativo di sconvolgerne la struttura naturale. Ci rivolgiamo a Te, che hai dato al mondo il Redentore, perché non sia ulteriormente indebolita questa primordiale cellula della società, culla della vita dell'essere umano e "via" della Chiesa.

Ti raccomandiamo i giovani, specialmente quelli delle Puglie, proiettati verso un'avvenire di speranza; le donne, chiamate ad offrire un grande contributo all'edificazione di una società più accogliente per tutti; i deboli, gli anziani, gli ammalati e i sofferenti, bisognosi di più attenta solidarietà.

Veglia su ciascuno con assidua premura, e su tutti effondi l'abbondanza dei tuoi doni, o Regina senza macchia di peccato, o Madre di tutte le grazie, o Vergine Maria! (Prima di guidare la recita dell'Angelus Domini Giovanni Paolo II ha detto:) Che questa preghiera mariana sia accompagnata dalla fede nella Comunione dei Santi. L'Italia è una terra di Santi, di tanti Santi. Ogni regione d'Italia è una regione di Santi. Anche qui, a Lecce, abbiamo già citato questi Santi durante la Celebrazione Eucaristica e anche ieri nel momento del primo incontro.

Vorrei sottolineare un Santo che oggi viene celebrato nella Chiesa, un Santo di Copertino, Figlio di San Francesco. La sua santità, la sua vocazione, è iscritta anche nella Liturgia della Parola odierna dove si parla, nella prima e nella terza Lettura, della Passione del Signore. E lui era tanto innamorato della Passione del Signore e dell'immagine del suo Padre e Maestro spirituale San Francesco d'Assisi.

In unione con Maria, in unione con tutti i Santi della Chiesa, specialmente con i Santi di questa terra, adesso preghiamo l'"Angelus Domini" unendoci con tutti quelli che lo fanno insieme a noi dappertutto nel mondo.

(Impartita la Benedizione Apostolica, il Santo Padre, prima di lasciare lo stadio, si è nuovamente rivolto ai numerosissimi fedeli che avevano partecipato alla Santa Messa. Queste le sue parole di saluto e di ringraziamento:) Carissimi fratelli e sorelle, ieri abbiamo guardato, ammirando, la bellezza dell'architettura di Lecce, specialmente nel punto centrale, nella Piazza del Duomo.

Ma questa architettura visibile esprime in realtà un'architettura interna del Corpo di Cristo, della Chiesa Corpo di Cristo, e oggi abbiamo vissuto durante la Celebrazione Eucaristica questa architettura, questo Corpo Mistico di Cristo.

E vorrei indirizzarmi, ringraziando, a tutti voi, a tutti quelli che hanno contribuito a questa Celebrazione e a questa realizzazione del Corpo Mistico attraverso la Celebrazione Eucaristica.

Voglio indirizzarmi, ringraziando, a tutti. Con quanta bellezza contribuiscono al Corpo Mistico di Cristo tutti: i bambini, i giovani, i genitori, gli adulti, agli ammalati.

Gli ammalati. Quanto questo Corpo Mistico di Cristo, questa Chiesa, deve alla vostra sofferenza: voi completate, usando le parole di San Paolo, quello che manca ai patimenti di Cristo per la sua Chiesa. Carissimi ammalati, giovani e adulti.

Non posso non ringraziare tutti quelli che hanno collaborato per dare a questa Celebrazione Eucaristica questo aspetto così degno, così profondo, così sacrale.

Ringrazio tutti i fedeli di Lecce e delle Puglie. Che la vostra terra e la vostra città - "Civitas mariana" - rimangano sempre una città e una terra benedette da Dio.

Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1994-09-18 Data estesa: Domenica 18 Settembre 1994





Il discorso del Papa per l'apertura del Sinodo diocesano e per l'inaugurazione del Seminario alla presenza di migliaia di ragazzi - Lecce

Titolo: C'è bisogno di giovani affascinati dalla santità per costruire una società degna dell'uomo

"Magnificat anima mea Dominum"


1. Carissimi fratelli e sorelle! E' con le parole di Maria che desidero oggi esprimere la mia gioia per essere qui tra voi, in occasione dell'apertura del Sinodo diocesano, nonché dell'inaugurazione di due opere - il nuovo Seminario e la Casa del Clero - promosse con lungimirante impegno dal vostro Arcivescovo, Mons.

Cosmo Francesco Ruppi. Lo ringrazio cordialmente per le gentili parole che mi ha rivolto. Con lui saluto i Presuli presenti, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i laici impegnati nelle Associazioni e nei Movimenti. Ringrazio anche il rappresentante dei giovani per il cordiale indirizzo che mi ha rivolto a nome dei coetanei. Saluto tutti voi che siete qui convenuti per incontrare il Successore di Pietro, e, in particolare, quanti saranno direttamente impegnati nello svolgimento dell'assemblea sinodale.


2. Il Sinodo diocesano che, a distanza di 163 anni dall'ultimo, inizia oggi, dovrà essere per voi un'intensa esperienza di Cenacolo, una tappa di crescita nella comunione. Il cammino che vi accingete a compiere è destinato a rinnovare la vita di fede della vostra Chiesa particolare. Esso comporterà una verifica della qualità della vostra testimonianza cristiana e, al tempo stesso, offrirà uno stimolo efficace per una sempre più generosa dedizione al servizio di Dio e dei fratelli.

Un primo suo frutto sarà certamente la stessa esperienza dello "stare insieme", nella fede e nell'amore reciproco, come gli Apostoli lo furono attorno a Cristo nel Cenacolo. Li il Divino Maestro istrui i suoi discepoli, aprendone gli occhi allo splendore della verità. Li dono loro il sacramento dell'unità e dell'amore, l'Eucaristia. Dopo la risurrezione, poi, nel Cenacolo effuse su di loro lo Spirito Santo. Tutto questo Egli è pronto a fare anche oggi per la vostra assemblea.

Dovete essere ben coscienti del fatto che il vero protagonista del Sinodo dovrà essere proprio lo Spirito di Dio. Sappiate ascoltarlo con umiltà e disponibilità. Invocatelo con fiducia.


3. Nel Cenacolo, durante l'ultima Cena e la lavanda dei piedi, emerse chiaramente come il servizio sia una delle dimensioni fondamentali della vita cristiana. Esso deve essere l'anima di tutti i ministeri ecclesiali.

E' compito del Sinodo aiutare la Chiesa leccese, in tutte le sue componenti, a riscoprire il senso e la gioia del servizio. Questo vale innanzitutto per voi, cari sacerdoti, configurati a Cristo "capo e pastore" per guidare il popolo di Dio. Siate riconoscenti e lieti del dono ricevuto. Siate generosi nello svolgimento del vostro lavoro pastorale, sostenendolo con una costante formazione culturale, teologica e spirituale.

Ma un particolare impegno è chiesto anche a voi, cari fedeli laici, qui presenti così numerosi. Il mio pensiero va alle Associazioni e ai Movimenti che arricchiscono la Chiesa leccese, in special modo all'Azione Cattolica, forma singolare e preziosa di ministerialità laicale. Sappiate "rendere ragione della speranza che è in voi" (cfr. 1P 3,15), offrendo generosamente la vostra opera al servizio della Chiesa e portando il lievito del Vangelo in tutti gli ambiti della cultura e della vita.


4. Una speciale attenzione il Sinodo non potrà non dedicare alla pastorale familiare, alla quale ci richiama l'"Anno della Famiglia" che stiamo celebrando.

"La Chiesa - come ho scritto recentemente nella mia Lettera alle famiglie (LF 2) - considera il servizio alla famiglia uno dei suoi compiti essenziali". Dobbiamo sentirlo sempre di più, aiutando le famiglie cristiane a vivere fino in fondo la loro vocazione di "chiese domestiche".

L'altra grande urgenza che stimolerà e orienterà la vostra riflessione è la promozione delle vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa. Mi rallegro per quanto già in diocesi si fa a questo proposito, e di cui è un segno anche questo Seminario che oggi inauguriamo. Considero un dono del Signore poterlo benedire, pensando a quante pagine di santità lo Spirito Santo vorrà scrivere tra le sue mura.

Cari seminaristi! Voi oggi siete giustamente i primi a far festa: questo Seminario è per voi, nonché per i ragazzi e i giovani che, con l'aiuto degli educatori, vorranno verificare l'eventuale chiamata del Signore nei loro confronti. Il Signore conceda alla vostra diocesi numerosi e santi sacerdoti! Egli faccia anche sorgere con abbondanza le vocazioni alla vita religiosa e consacrata, per un sempre più vivace cammino di santità di questa vostra Comunità.

Sono contento di poter benedire, insieme al Seminario, anche la Casa del Clero, destinata ad aiutare i presbiteri a vivere in fraternità, sperimentando i molteplici vantaggi della vita comune, raccomandata, nelle sue varie forme, dal Concilio (cfr. PO 8), e tanto preziosa per lo svolgimento del ministero.

Le vocazioni, che sono dono di Dio e vanno implorate con preghiera insistente, non germogliano senza l'umana collaborazione, e normalmente sbocciano al calore della testimonianza di sacerdoti e religiosi e religiose che vivono con gioiosa coerenza la loro consacrazione al Vangelo e il loro servizio al Popolo di Dio. A voi sacerdoti, a voi religiosi, guardano dunque i giovani. Da voi si attendono un'esperienza viva di Dio, una calda vicinanza umana, una convinta proposta dei grandi ideali evangelici.


5. Ed appunto ai giovani desidero indirizzare una parola specialissima. Qui a Lecce vi convergono in tanti. Penso in particolare agli universitari, che mi duole di non aver potuto incontrare nella sede dell'Università. Vi ringrazio di essere venuti qui, mentre saluto con deferenza il Rettore Magnifico e l'intera comunità accademica, augurando di cuore che l'impegno scientifico ed educativo dell'Ateneo leccese sia sempre in sintonia con i valori dello spirito e le istanze cristiane.

A voi, giovani tutti, il mio saluto affettuoso.

Voi rappresentate una moltitudine di ragazzi e ragazze che hanno accolto il messaggio di Cristo e vogliono testimoniarlo tra i loro amici e coetanei, compagni di scuola e di lavoro.

La Chiesa ha bisogno della vostra genialità, dei vostri doni, del vostro entusiasmo. Sappiate dire di si a Cristo che vi chiama ad essere santi. "Santità" è parola impegnativa, ma non deve farvi paura. Essa non implica il fare cose straordinarie, ma piuttosto il vivere veramente bene la propria vocazione, con l'aiuto della preghiera, dei sacramenti e lo sforzo quotidiano della coerenza. Si, è necessaria una generazione di giovani affascinati dall'ideale della "santità", se vogliamo costruire una società degna dell'uomo, una civiltà dell'amore. E qui voglio dire che avete evocato bene San Francesco d'Assisi e il suo "Cantico delle creature". E' un uomo, lui, così come è una donna la sua sorella spirituale Santa Chiara. Hanno saputo, nel secolo tredicesimo, costruire questa "civiltà dell'amore". Rimangono per noi sempre di esempio, rimangono di incitamento: perché non fare lo stesso nel nostro secolo ventesimo? Perché non trasmettere questo al secolo ventunesimo, al terzo millennio? E' un impegno per voi. I giovani amano avere degli impegni.


6. Fissando i vostri volti, guardo con speranza al futuro di questa terra e allargo il pensiero a tutto il Sud d'Italia, anzi a tutta l'area mediterranea, nel cui orizzonte si situa il Centro che qui è stato eretto.

All'antica cultura del Salento appartiene la convivenza tra Oriente ed Occidente. In questa terra è dunque particolarmente possibile la promozione di un movimento di opinione e di azione che avvicini nazioni e civiltà, facendo crescere i legami di fratellanza e solidarietà tra Nord e Sud, tra Est ed Ovest.

Affido a Maria, Regina della pace, quanti abiteranno, studieranno e lavoreranno in questa nuova cittadella di fede e di cultura.

Data: 1994-09-18 Data estesa: Domenica 18 Settembre 1994






GPII 1994 Insegnamenti - Visita "ad limina": la traduzione italiana del discorso del Papa a Presuli della Conferenza Episcopale del Perù - Città del Vaticano