GPII 1994 Insegnamenti - Udienza: il discorso di Giovanni Paolo II ai pellegrini convenuti a Roma per le beatificazioni - Città del Vaticano

Udienza: il discorso di Giovanni Paolo II ai pellegrini convenuti a Roma per le beatificazioni - Città del Vaticano

Titolo: La testimonianza di cinque appassionati di Cristo: la vita ha senso sole se è donata a Dio, vissuta per Lui, con Lui e in Lui

Cari Fratelli nell'Episcopato, Cari amici dell'Ordine di San Domenico, Cari Fratelli e Sorelle,


1. E' con gioia ed emozione che vi ritrovo all'indomani della Solennità di Cristo Re nel corso della quale mi è stato concesso di annoverare fra i beati Padre Hyacinthe-Marie Cornier, Madre Marie Poussepin, Suor Agnès de Jésus, Suor Eugénie Joubert e Frate Claudio Granzotto. Cinque nuove figure si presentano oggi ai nostri occhi, cinque adoratori di Cristo, che in epoche diverse e in circostanze molto differenti, hanno avuto un unico fine: dimostrare che la vita ha un senso solo se è donata a Dio, vissuta per Lui, con Lui e in Lui.


2. Come ho già fatto notare ieri, tre dei nuovi Beati appartengono alla grande famiglia dei Figli di San Domenico. Essi testimoniano, anche dopo la loro morte, la vitalità dell'Ordine che, fondato più di sette secoli fa, non ha mai smesso di essere una luce per la Chiesa e un prezioso sostegno per i miei predecessori.

Attraverso il ministero della predicazione, che è al centro dell'intuizione dei loro fondatori, i Domenicani hanno attraversato l'Europa e poi il mondo intero, annunciando la Buona Novella del Signore morto e risorto, l'unica in grado di riempire una vita umana.

La loro opera evangelizzatrice non sarebbe stata possibile senza un'intensa preparazione dell'intelletto alla scoperta e alla messa in luce delle Scritture in cui Dio si rivela e si comunica allo spirito umano. Non occorre sottolineare ancora la qualità del lavoro intellettivo fornito dai "frati predicatori". E' sufficiente ricordare i nomi di Alberto il Grande o di Tommaso d'Aquino, fra gli altri, per intuire fino a che punto lo "Splendore della Verità" possa illuminare un essere umano quando "lo Spirito si uniscce al suo spirito" (cfr. Rm 8,16).

La semplice rievocazione di questi nomi prestigiosi costituisce oggi un appello per ciascuno di voi a ravvivare la fiamma e a trasmettere agli altri ciò che voi stessi avete ricevuto. L'insigne figura di Padre Cornier vi invita a far ciò in modo particolare, poiché voi conoscete il valore che attribuiva allo studio delle Sacre Scritture, che definiva a giusto titolo una "fonte di apostolato" (Lettera del 27 settembre 1912). I suoi rapporti con padre Lagange sono volti alla fondazione dell'Università dell'Angelicum, il che esorta a ribadire l'importanza di una buona formazione dell'intelletto cristiano. Sono lieto di menzionare a questo proposito l'opera di Padre Yves Congar, recentemente chiamato a entrare nel Collegio dei Cardinali. E non posso che far mie le riflessioni di uno dei Maestri dell'Ordine di questo secolo: nella nostra epoca, "bisogna compiere un serio sforzo per confrontare in mutua fecondità le conclusioni della scienza e della filosofia moderne con le intuizioni di San Tommaso" (P. de Couesnongle, Lettera del 22 dicembre 1975).


3. La necessità di un lavoro teologico serio - caritas veritatis - non ci farà mai dimenticare l'urgenza di un'azione decisa a favore del nostro prossimo. Lo ribadisco con forza: veritas caritatis; se c'è una "carità della verità", c'è anche una "verità della carità". E, in questo, le figure di marie Poussepin, di Agnès di Langeac e di Suor Eugénie Joubert ci sono particolarmente preziose come testimonia, mie care sorelle, la vostra presenza questa mattina fra noi. Esse ricordano in particolare l'importanza della vita contemplativa e della preghiera che, accendendo di amore verso Dio un uomo o una donna, permette loro di amare i propri fratelli.

Voi ricordate la via indicata dalla Beata Marie Poussepin alle sue sorelle: il servizio nella parrocchia, l'istruzione dei giovani, la cura dei malati. Questo triplice obiettivo ci ricorda che non è necessario andare molto lontano per mettersi al servizio del prossimo. E' inanzitutto nelle comunità parrocchiali che bisogna lavorare per la venuta del Regno di Dio. Bisogna tarsmettere ai giovani la fede e l'amore della Chiesa. E' vicino a voi, nel vostro paese, nella vostra strada, che bisogna continuare a servire i poveri affinché Dio sia "tutto in tutti" (1Co 15,28). Religiosi e laici sono profondamente uniti in queste difficili, ma esaltanti missioni, in questo appello universale alla santità mediante la carità e l'umiltà di Cristo al servizio degli uomini, loro fratelli (cfr. LG 42).


4. Carissimi Fratelli e Sorelle, insieme con tutta la Chiesa lodiamo e ringraziamo il Signore per i luminosi esempi di virtù e santità offerti dal Beato Claudio Granzotto. La sua vita è stata una splendida testimonianza della ricchezza e della gioia della vita consacrata. Dopo avere cercato Dio nel silenzio, nella preghiera e nella carità verso i poveri e gli ammalati, Fra Claudio ha saputo esprimere attraverso l'arte di scultore la profondità del suo animo francescano, innamorato dell'infinita bellezza divina.

Ai giovani il Beato Claudio indica l'impegno di ricercare la Verità evangelica e di viverla con il suo stesso entusiasmo, trovando in Cristo l'ispirazione, l'energia ed il coraggio di annunciarla agli uomini del nostro tempo. Agli artisti suggerisce lo spirito di servizio, con cui proporre l'inesauribile mistero dell'incarnazione di Cristo attraverso il linguaggio dell'arte. Agli infermi, infine, rivolge un messaggio di condivisione e di speranza, invitandoli ad offrire le proprie sofferenze, in unione al Crocifisso, per il bene della Chiesa e del mondo.

L'esempio e l'intercessione di questo umile figlio di Francesco d'Assisi incoraggi ciascuno a proseguire con fedeltà e costanza sulla via della santità, rispondendo generosamente all'universale chiamata alla santità e mettendo a frutto i doni ricevuti dal Signore.


5. Benedetto sia Dio che ci concede ogni giorno la grazia di vivere per Lui e la forza di seguirlo, come hanno fatto i santi e i Beati! Affinché Egli vi accompagni tutti i giorni e vi aiuti a compiere la vostra missione, vi imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica.

A tutti la mia Benedizione con l'augurio di un rinnovato impegno di vita cristiana sulle orme e con l'aiuto dei nuovi Beati.

Data: 1994-11-21 Data estesa: Lunedi 21 Novembre 1994





Messaggio di Giovanni Paolo II per la terza Giornata Mondiale del Malato che si celebrerà l'11 febbraio del 1995 - Città del Vaticano

Titolo: Dalla testimonianza coraggiosa dei deboli, dei malati e dei sofferenti può scaturire il più alto contributo alla pace nel mondo




1. I gesti di salvezza di Gesù verso "tutti coloro che erano prigionieri del male" (Mess. Rom., Pref. Com. VII) hanno sempre trovato un significativo prolungamento nella sollecitudine della Chiesa per i malati. Ai sofferenti essa manifesta questa sua attenzione in molti modi, tra i quali riveste grande rilievo, nell'attuale contesto, l'istituzione della Giornata Mondiale del Malato. Tale iniziativa, che ha incontrato larga accoglienza presso quanti hanno a cuore la condizione di chi soffre, intende imprimere nuovo stimolo all'azione pastorale e caritativa della Comunità cristiana così da assicurarne una presenza sempre più efficace ed incisiva nella società.

E', questa, un'esigenza particolarmente sentita nel nostro tempo, che vede intere popolazioni provate da enormi disagi in conseguenza di crudeli conflitti, il cui prezzo più alto è spesso pagato dai deboli. Come non riconoscere che la nostra civiltà "dovrebbe rendersi conto di essere, da diversi punti di vista, una civiltà malata, che genera profonde alterazioni nell'uomo" (LF 20)? E' malata per l'imperversante egoismo, per l'utilitarismo individualistico spesso proposto come modello di vita, per la negazione o l'indifferenza che, non di rado, viene dimostrata nei riguardi del destino trascendente dell'uomo, per la crisi di valori spirituali e morali, che tanto preoccupa l'umanità. La "patologia" dello spirito non è meno pericolosa della "patologia" fisica, ed entrambe si influenzano a vicenda.


2. Nel messaggio per la Giornata del Malato dello scorso febbraio ho voluto ricordare il decimo anniversario della pubblicazione della Lettera Apostolica Salvifici doloris, che tratta del significato cristiano della sofferenza umana.

Nella presente circostanza vorrei attirare l'attenzione sull'approssimarsi del decennale di un altro evento ecclesiale particolarmente significativo per la pastorale degli infermi. Con il Motu proprio Dolentium hominum, dell'11 febbraio 1985, istituivo infatti la Pontificia Commissione, divenuta poi Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, che, attraverso molteplici iniziative, "manifesta la sollecitudine della Chiesa per gli infermi aiutando coloro che svolgono il servizio verso i malati e i sofferenti, affinché l'apostolato della misericordia, a cui attendono, risponda sempre meglio alle nuove esigenze" (Cost. Apost. Pastor Bonus, art. 152).

L'appuntamento più importante della prossima Giornata Mondiale del Malato, che celebreremo l'11 febbraio 1995, si svolgerà in terra africana, presso il Santuario di Maria Regina della Pace di Yamoussoukro, in Costa d'Avorio. Sarà un incontro ecclesiale spiritualmente collegato all'Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi; sarà, al tempo stesso, un'occasione per partecipare alla gioia della Chiesa ivoriana, che ricorda il centenario dell'arrivo dei primi missionari.

Ritrovarsi per una così sentita ricorrenza nel Continente africano e, in particolare, nel Santuario mariano di Yamoussoukro invita ad una riflessione sul rapporto tra il dolore e la pace. Si tratta di un rapporto molto profondo: quando non vi è pace, la sofferenza dilaga e la morte allarga il suo potere tra gli uomini. Nella comunità sociale, come pure in quella familiare, il venir meno della pacifica intesa si traduce in un proliferare di attentati alla vita, mentre il servizio alla vita, la sua promozione e la sua difesa, anche a prezzo del sacrificio personale, costituiscono la premessa indispensabile per un'autentica costruzione della pace individuale e sociale.


3. Alle soglie del terzo Millennio la pace è, purtroppo, ancora lontana, e non sono pochi i sintomi di un suo possibile ulteriore allontanamento.

L'identificazione delle cause e la ricerca dei rimedi appaiono non di rado faticose. Perfino tra cristiani succede che siano talora consumate sanguinose lotte fratricide. Ma quanti si pongono con animo aperto in ascolto del Vangelo non possono stancarsi di richiamare a se stessi ed agli altri l'impegno del perdono e della riconciliazione. Sull'altare della quotidiana, trepida preghiera essi sono chiamati, insieme ai malati di ogni parte del mondo, a presentare l'offerta della sofferenza che Cristo ha accettato come mezzo per redimere l'umanità e salvarla.

Sorgente della pace è la Croce di Cristo, nella quale tutti siamo stati salvati. Chiamato all'unione con Cristo (cfr. Col 1,24) e a soffrire come Cristo (cfr. Lc 9,23 Lc 21,12-19 Jn 15,18-21), il cristiano, con l'accettazione e l'offerta della sofferenza, annuncia la forza costruttiva della Croce. Infatti, se la guerra e la divisione sono frutto della violenza e del peccato, la pace è frutto della giustizia e dell'amore, che hanno il loro vertice nell'offerta generosa della propria sofferenza spinta - se necessario - fino al dono della propria vita in unione con Cristo. "Quanto più l'uomo è minacciato dal peccato, quanto più pesanti sono le strutture del peccato che porta in sé il mondo d'oggi, tanto più grande è l'eloquenza che la sofferenza umana in sé possiede. E tanto più la Chiesa sente il bisogno di ricorrere al valore delle sofferenze umane per la salvezza del mondo" (Lett. Apost. Salvifici doloris, n. 27).


4. La valorizzazione della sofferenza e la sua offerta per la salvezza del mondo sono già di per sé azione e missione di pace, poiché dalla testimonianza coraggiosa dei deboli, dei malati e dei sofferenti può scaturire il più alto contributo alla pace. La sofferenza, infatti, sollecita una più profonda comunione spirituale favorendo, da una parte, il ricupero di una migliore qualità della vita e promovendo, dall'altra, l'impegno convinto per la pace tra gli uomini.

Il credente sa che, associandosi alle sofferenze di Cristo, diventa un autentico operatore di pace. E' questo un mistero insondabile, i cui frutti sono pero rilevabili con evidenza nella storia della Chiesa e, in particolare, nella vita dei santi. Se esiste una sofferenza che provoca la morte, c'è pero anche, secondo il piano di Dio, una sofferenza che porta alla conversione e alla trasformazione del cuore dell'uomo (cfr. 2Co 7,10): è la sofferenza che, in quanto completamento nella propria carne di "ciò che manca" alla passione di Cristo (cfr. Col 1,24), diventa ragione e fonte di letizia, perché generatrice di vita e di pace.


5. Carissimi Fratelli e Sorelle che soffrite nel corpo e nello spirito, auguro a voi tutti di saper riconoscere ed accogliere la chiamata di Dio ad essere operatori di pace attraverso l'offerta del vostro dolore. Non è facile rispondere ad una chiamata così esigente. Guardate sempre con fiducia a Gesù "Servo sofferente", chiedendo a Lui la forza di trasformare in dono la prova che vi affligge. Ascoltate con fede la sua voce che ripete a ciascuno: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi, e io vi ristorero" (Mt 11,28).

La Vergine Maria, Madre Addolorata e Regina della pace, ottenga ad ogni credente il dono di una fede salda, della quale il mondo ha estremo bisogno.

Grazie ad essa, infatti, le forze del male, dell'odio e della discordia saranno disarmate dal sacrificio dei deboli e degli infermi, unito al mistero pasquale di Cristo Redentore.


6. Mi rivolgo ora a voi, medici, infermieri, membri di associazioni e gruppi di volontariato, che siete al servizio dei malati. La vostra opera sarà autentica testimonianza e concreta azione di pace, se sarete disposti ad offrire vero amore a coloro con i quali venite a contatto e se, come credenti, saprete onorare in essi la presenza di Cristo stesso. Questo invito è rivolto in modo del tutto speciale ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose che per carisma del loro Istituto o per particolare forma di apostolato sono direttamente impegnati nella pastorale sanitaria.

Mentre esprimo il mio vivo apprezzamento per quanto fate con abnegazione e generosa dedizione, auspico che quanti intraprendono le professioni mediche e paramediche lo facciano con entusiasmo e generosa disponibilità e prego il Padrone della messe che mandi numerosi e santi operai a lavorare nel vasto campo della salute, così importante per l'annuncio e la testimonianza del Vangelo.

Maria, Madre dei sofferenti, sia al fianco di quanti sono nella prova e sostenga lo sforzo di coloro che dedicano la loro esistenza al servizio dei malati.

Con tali sentimenti imparto di cuore a voi, carissimi ammalati, e a tutti coloro che in qualsiasi modo vi sono accanto nelle molteplici vostre necessità materiali e spirituali, una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 21 Novembre dell'anno 1994, diciassettesimo di Pontificato.

Data: 1994-11-21 Data estesa: Lunedi 21 Novembre 1994




Visita all'"Angelicum": il Santo Padre ai professori e agli alunni della Pontificia Università "San Tommaso d'Aquino"

Titolo: La nuova evangelizzazione impone un nuovo slancio missionario per risvegliare le coscienze, orientandole verso Cristo, Redentore dell'uomo

Cari Religiosi, Insegnanti ed Alunni dell'Angelicum!


1. Sono lieto di trovarmi per la seconda volta in mezzo a voi, in questa Università che anch'io, da giovane, ho frequentato. Rivolgo un cordiale saluto al Gran Cancelliere, P. Timothy Radcliffe, che ringrazio per le gentili parole di benvenuto, al Magnifico Rettore, ai docenti ed agli studenti, mentre con pensiero affettuoso intendo altresi raggiungere, da questo prestigioso centro di studi, i membri dell'intera Famiglia domenicana.

Alle soglie del terzo millennio, guardando alle gloriose tradizioni di santità e di cultura dei Frati Predicatori, recentemente richiamate dalle beatificazioni del P. Hyacinthe- Marie Cormier, Generale dell'Ordine e fondatore del Nuovo Collegio Angelico e di due religiose della stessa Famiglia, Suor Marie Poussepin e Suor Agnès de Jésus Galand de Langeac, vorrei ripercorrere con voi le tappe del grande contributo all'evangelizzazione dato dai figli di San Domenico, per soffermarmi su ciò che oggi essi sono chiamati ad offrire alla Chiesa e al mondo nell'impegno della nuova evangelizzazione.


2. La fiorente vitalità dell'Ordine si è maggiormente espressa, lungo la storia, quando ha più intensamente condiviso l'appartenenza alla Chiesa e la partecipazione alla sua missione. San Domenico, "vir qui vivit in medio Ecclesiae", ha posto al centro della vostra Regola il carisma dell'evangelizzazione, l'Uffizio del Verbo, come dirà Santa Caterina da Siena, scegliendo per i suoi confratelli la vita degli Apostoli: "Nos oportet orationi et ministerio verbi intentos esse" (Ac 6,4), in piena a costante obbedienza ai Successori di Pietro.

Mi piace evocare in particolare tre fasi salienti, in cui il carisma dell'evangelizzazione è stato vissuto dal vostro Ordine con particolare impegno: l'ardore missionario degli inizi verso i popoli dell'Europa, dell'Africa e dell'Asia; l'annuncio evangelico nelle terre del nuovo Continente durante il secolo sedicesimo; lo slancio apostolico dell'Ordine in Francia dopo la rivoluzione, ad opera specialmente del P. Lacordaire e, in seguito, del P. Cormier.

Il servizio reso dall'Ordine dei Predicatori all'opera missionaria nel secolo tredicesimo è davvero singolare. Con gli Ordini Mendicanti, infatti, la Chiesa organizzo in modo consistente le missioni ad gentes, oltre i confini del mondo conosciuto. Il Vangelo venne annunziato non soltanto in tutti i paesi dell'area mediterranea, ma fu portato anche in tanti paesi dell'estremo Oriente.

Fin da allora inizio il dialogo con l'Islam e si approfondi quello con gli Ebrei. Se a questo slancio missionario, si aggiunge lo sforzo dei teologi domenicani per promuovere il servizio della catechesi, abbiamo un panorama completo dell'opera d'inculturazione del Vangelo intrapresa in modo esemplare nel secolo tredicesimo con il valido apporto del carisma domenicano.

In occasione del V Centenario dell'Evangelizzazione dell'America è stato opportunamente ricordato il prezioso contributo dato in quell'occasione alla causa del Vangelo dalla Famiglia domenicana. Lo testimoniano figure luminose quali Antonio Montesinos, Pedro di Cordova, Bartolomeo de Las Casas e Juan Solano, Vescovo di Cuzco, che nel 1575, presso Santa Maria sopra Minerva, fondo il Collegio di San Tommaso per rispondere alle sfide dell'inculturazione.

Dopo le ferite della Rivoluzione francese, la rinascita dell'Ordine vide la ripresa dell'osservanza regolare e il ritorno allo studio e all'apostolato specialmente ad opera del P. Lacordaire. Successivamente, con il sostegno e l'incoraggiamento del Papa San Pio X, il P. Cormier svolse un ruolo decisivo per il rilancio del carisma domenicano nel secolo ventesimo. Con fedeltà e amore alla Chiesa, egli promosse l'impegno dell'evangelizzazione fondando a tal fine il Nuovo Collegio Angelico a Roma e sostenendo con forza la Facoltà di Teologia di Friburgo, come pure la nascente Scuola Biblica di Gerusalemme.

Di questa fecondità del rinnovato carisma domenicano sono splendido esempio anche le due religiose della vostra Famiglia, che ho avuto la gioia di elevare all'onore degli altari. E' noto, infatti, l'impegno nell'America Latina delle Suore domenicane della Presentazione, fondate da Marie Poussepin e la carica di ardore apostolico lasciato da Suor Agnès de Jésus Galand de Langeac, madre spirituale ed ispiratrice del fondatore dei Sulpiziani.


3. Su tale scia si colloca l'attuale vostro impegno nella nuova evangelizzazione.

Si tratta di alimentare la fiaccola dell'annuncio cristiano nel contesto di una opportuna inculturazione della fede. Gli apostoli della nostra epoca hanno davanti uno scenario ben diverso da quelli del passato e dispongono di inedite e ben più idonee risorse culturali e scientifiche. Ma nel momento del passaggio dal secondo al terzo millennio è forte la consapevolezza della crisi della cultura moderna, come pure la coscienza delle responsabilità dei cristiani nell'attuale contesto.

Compito senz'altro arduo che pone i credenti, in maniera particolare, di fronte a tre grandi categorie di uomini in difficoltà: coloro che ancora non credono, coloro che sono nati nel contesto di popoli cristiani tra i più fedeli, ma che oggi non credono più, e coloro che, avendo il dono della fede, non sono in grado di conformare la propria vita al Vangelo. Davanti a tale realtà la nuova evangelizzazione impone un nuovo slancio missionario per risvegliare le coscienze, orientandole verso Cristo, Redentore dell'uomo.

Cari Padri Domenicani, ecco il vostro compito: prendete parte attiva alla nuova evangelizzazione! Il vostro carisma di studio della parola di Dio e delle realtà umane può prestare un valido servizio oggi, come avvenne nel passato.

La fedeltà al carisma vi sollecita alla approfondita comprensione della realtà culturale del presente, alla denuncia profetica delle deviazioni intellettuali e morali, e all'inculturazione della fede.


4. Una lettura cristiana della presente situazione culturale non può non percepirne la crisi profonda, che è soprattutto crisi della ragione. Molti, oggi, sono portati a riconoscere soltanto il ruolo strumentale della ragione, in ordine alla comprensione scientifica della realtà e all'applicazione tecnologica dei suoi risultati, escludendo dalla sua competenza la dimensione morale e quella trascendente. In tal modo l'uomo corre il rischio di rinunciare sempre più al compito della ragione in quanto intelligenza, privandosi delle possibilità di arrivare alla trascendenza, e di proporre verità assolute, fini, valori e norme di carattere incondizionato, postulati dalla legge morale naturale, come ho sottolineato nell'enciclica Veritatis splendor. Di fronte a questo smarrimento del ruolo dell'intelligenza, il carisma domenicano deve ritrovare la sua vocazione all'approfondimento della verità, dell'assoluto, delle ragioni stesse della vita.

L'uomo del nostro tempo somiglia molto al malcapitato viandante di cui si parla nella parabola del buon Samaritano (cfr. Lc 10,30-37): è spogliato, percosso e ferito; deve pertanto ritrovare Dio, suo fondamento, principio e fine.

Ancorato al reale e alla ricerca della trascendenza, il vostro carisma profetico non può conformarsi alla mentalità di questo secolo, secondo l'ammonimento dell'apostolo Paolo (cfr. Rm 12,2). Dovete riproporre con forza anche oggi il primato di Dio e la testimonianza del mistero di Cristo, la fedeltà alla Chiesa (cfr. Discorso ai Capitolari dei Frati Predicatori, in Insegnamenti VI/2, 1983, 387-393). Siete chiamati a mettere al servizio del nostro tempo tale vostra preziosa eredità carismatica. In particolare, Tommaso d'Aquino, che ben può essere detto Doctor humanitatis per la sua dedizione appassionata alla verità e per il valore della sua antropologia e della sua metafisica, deve diventare per voi modello di dialogo con la cultura del nostro tempo. Attento alla verità e all'amore per l'uomo, egli ricorda alla cultura teologica del nostro tempo la vigilanza nei confronti delle deviazioni della cultura moderna. La sua fiducia nel potere della verità incoraggia ad assumere il duplice compito di ricerca della verità e di denuncia degli errori. Compito che voi già adempite efficacemente in questa Università e negli Istituti ad essa collegati.


5. Carissimi Fratelli! Carisma dei Frati Predicatori è di annunciare il Salvatore, proclamare a tutti gli uomini la salvezza in Gesù Cristo, Vangelo del Padre. San Domenico l'ha imparato dall'apostolo Paolo, le cui lettere egli portava sempre con sé, vicino al cuore. Accanto pero a tale missione il domenicano è chiamato a penetrare nei misteri di Cristo mediante la preghiera, particolarmente con il Rosario. L'orazione, infatti, fa esercitare in modo sublime l'ufficio di ponte culturale tra Dio e gli uomini del nostro tempo.

Alla luce dell'eredità del vostro carisma di evangelizzatori e dell'urgenza della sua proiezione nel nostro contesto culturale, risalta l'importanza del tema del Congresso, che avete recentemente celebrato, centrandolo sulla formazione. Chiamati a vivere sui due versanti della contemplazione e della comunicazione delle verità contemplate, "contemplari et contemplata aliis tradere" (S.Th. 2-2,186,6), è vostro compito fare della formazione dei futuri evangelizzatori uno degli obiettivi primari del vostro impegno nel mondo d'oggi.

Con l'ausilio della solida dottrina di San Tommaso, il processo della formazione deve seguire le inclinazioni al bene della natura, per arrivare alla disponibilità alla grazia dello Spirito Santo, così che la personalità dell'evangelizzatore domenicano sia, da una parte, effetto dei doni di Dio, autore della natura e datore della Grazia e, dall'altra, risultato dell'impegno della persona stessa.

Non si tratta tanto di assumere elementi esterni, ma di sviluppare armonicamente ogni potenzialità già presente nella natura umana. La formazione dell'uomo, infatti, consiste nello sviluppo delle proprie capacità, nella formazione della propria libertà mediante la quale dispone di se stesso (cfr. Tommaso, Quaestiones Disputatae. De Magistro, 11).

Occorre poi promuovere la maturazione della persona, aiutandola a sviluppare le sue dimensioni socio-culturali, morali, religiose mediante l'uso retto della libertà. La formazione unitaria della personalità umana non può non tendere alla crescita integrale nelle sue relazioni col mondo, con gli altri, e principalmente con Dio. Egli solo è Buono (cfr. Mt 19,17). Questo implica innanzitutto, come ricorda San Tommaso, la formazione etica che ha il primato nella formazione integrale della persona.


6. Nella perfezione cristiana, inoltre, elementi decisivi sono la grazia e i doni dello Spirito Santo, che viene in aiuto dell'uomo debole e peccatore. La formazione del predicatore è opera della grazia, la quale eleva la natura, infonde le virtù teologali, e rende l'attività dell'uomo capace di tendere a Dio come è in Se stesso. L'uomo perfetto è colui che si conforma a Gesù Cristo, l'uomo in pienezza.

Carissimi, è questa la vostra grande missione: la formazione iniziale e permanente, sotto l'influsso della grazia di Dio e mediante la luce e la forza dello Spirito. Dal mistero trinitario stesso scaturisce la forza della vostra spiritualità, capace di offrire la forma mentis et cordis dell'autentico evangelizzatore per il nostro tempo.

A Maria, Regina degli Apostoli, affido le vostre fatiche, affinché sia Lei a camminare al vostro fianco, in modo che sappiate portare con letizia e forza all'uomo d'oggi l'annuncio vivificante del Vangelo.

Con tali auspici, imparto a tutti la Benedizione Apostolica.

Data: 1994-11-24 Data estesa: Giovedi 24 Novembre 1994





Udienza: il Papa a Vescovi partecipanti ad un Seminario promosso dalla Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli - Città del Vaticano

Titolo: Il mondo che nasce ha bisogno della santità e della competenza dei presbiteri

Signor Cardinale, Cari Fratelli nell'Episcopato, Vi ringrazio vivamente per il messaggio che mi avete appena rivolto e, in particolare, per il filiale attaccamento di cui è espressione fedele, da parte dei Vescovi delle giovani Chiese, riuniti per queste tre settimane di riflessione sul ministero episcopale.

Sono molto lieto di avere l'occasione di esprimere il mio affetto e la mia stima a voi che siete Pastori in territori in cui l'evangelizzazione è attiva e auspico che questo incontro sia per tutti un incoraggiamento e un sostegno nella speranza apostolica che vi anima. So che svolgete il vostro ministero in condizioni difficili; molti di voi appartengono a Chiese provate. Dovete riunire nella fede in Cristo uomini troppo spesso divisi, unirli nella carità e promuovere l'annuncio del Vangelo, la cui urgenza appare chiaramente alle soglie del terzo millennio.

E' per questa ragione che avete accettato di dedicare tre settimane a una riflessione metodica sul vostro ministero in una Chiesa in crescita e in un mondo in rapida e profonda trasformazione. Ringrazio la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli per aver organizzato con cura questo "aggiornamento" pastorale tanto opportuno. Vogliate esprimere la mia gratitudine a tutti coloro che hanno collaborato a questa sessione con competenza e con dedizione. Auspico che questa iniziativa venga seguita da altri "seminari" per i Vescovi appartenenti a contesti linguistici diversi.

Vescovi delle giovani Chiese, voi ritornate nelle vostre Diocesi con una maggiore consapevolezza del compito difficile, ma entusiasmante, che vi è stato affidato. Sappiate che il Buon Pastore è sempre con voi e che lo Spirito Santo vi accompagna.

"Perfector" del suo popolo, il Vescovo ha una missione di santificazione, in obbedienza allo spirito. Nella comunione ecclesiale universale, la Chiesa diocesana è presenza di Cristo e riflette il suo volto mediante la santità e l'unità dei suoi membri. Bisogna annunciare Cristo, bisogna rivelarlo attraverso la qualità della vita cristiana. Gesù ha chiesto ai suoi discepoli di essere uno "perché il mondo creda" (Jn 17,21): santità delle famiglie, chiamata a crescere nel corso di questo anno che è le è stato dedicato; santità dei religiosi e delle religiose, il cui recente Sinodo sulla vita consacrata ha mostrato il cammino; santità dei sacerdoti, in una fedeltà piena d'amore alla loro ordinazione, senza la quale il loro ministero perde la sua fecondità; santità delle comunità cristiane senza la quale la missione sarebbe vana.

Il Vescovo è maestro nella fede: la sua prima funzione è quella di annunciare la Parola di Dio a tutti gli uomini e di condurre a una comprensione sempre più profonda e più chiara di Cristo e di tutte le cose nella sua luce. Egli deve vegliare sull'autenticità della fede e del suo annuncio. Al momento della "Nuova Evangelizzazione" in vasti spazi sia socio-culturali sia geografici, dove Cristo è ancora ignorato o misconosciuto, l'evangelizzazione degli individui e dei gruppi si rivela particolarmente urgente.

Le vostre giovani Chiese sono molto vive: la profonda bellezza delle celebrazioni liturgiche e l'impegno dei cristiani ne sono segni manifesti; tuttavia, molte di esse devono affrontare il problema delle sette o, per ciò che concerne soprattutto l'Africa, intrattenere un dialogo difficile con un Islam in espansione. Dinanzi a tali sfide, voi continuate a edificare la Chiesa di Cristo, mistero del suo Corpo, comunione nel suo amore, missione al centro del mondo. Lo fate in cooperazione con il presbiterio, strettamente unito al suo Vescovo, e anche con i fedeli laici coscienti della loro vocazione nella Chiesa e della loro missione nel mondo. Non desistete, anche dinanzi agli indugi, alle resistenze e alle opposizioni! Avete riflettuto sulle esigenze della formazione dei sacerdoti, vostri più vicini collaboratori, al servizio della Chiesa e del Vangelo. Mantenete questa sollecitudine e condividetela; continuate a prestare particolare attenzione alla qualità spirituale della formazione impartita nei vostri seminari, al centro delle vostre Chiese. Il mondo che nasce ha bisogno della competenza, ma ancora di più della santità dei sacerdoti, segni viventi e manifesti dell'amore di Cristo Pastore.

Avete riflettuto insieme; fra voi si sono creati vincoli di amicizia.

Restate vicini nella preghiera, impegnati nella stessa opera apostolica in seno al collegio episcopale, proseguendo una ricerca comune delle "vie del Vangelo", in un rapporto aperto e fiducioso con il Successore di Pietro, che vuole anch'egli rimanere vicino a tutti coloro che portano il fardello delle Chiese di Dio.

Come espressione di questa fiducia e in pegno della speranza radicata nella fede in Cristo e nel suo spirito, vi imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1994-11-24 Data estesa: Giovedi 24 Novembre 1994





La traduzione italiana del discorso del Papa al Presidente della Repubblica austriaca, Thomas Klestil - Città del Vaticano

Titolo: Tutelare l'eredità culturale e cristiana dell'Austria per utilizzarla soprattutto nell'ambito dell'Unione Europea

Signor Presidente,


GPII 1994 Insegnamenti - Udienza: il discorso di Giovanni Paolo II ai pellegrini convenuti a Roma per le beatificazioni - Città del Vaticano