GPII 1994 Insegnamenti - La traduzione italiana del discorso del Papa al Presidente della Repubblica austriaca, Thomas Klestil - Città del Vaticano


1. E' con grande gioia che accolgo oggi il Capo di Stato della Repubblica Austriaca, il Ministro degli Affari Esteri e altre insigni personalità. Soddisfo volentieri il Suo desiderio di incontrarsi con me e Le do il benvenuto ringraziando di cuore per questa visita.


2. Conservo un vivo ricordo delle mie due visite pastorali nel Suo Paese, che hanno suscitato in me la forte impressione, del resto già esistente, della preziosa eredità culturale e cristiana dell'Austria. La Repubblica austriaca avrà un compito pieno di responsabilità di tutelare questa eredità e di utilizzarla soprattutto nell'ambito della Unione Europea. A questo proposito devo anche ricordare la grande maturità politica che i cittadini del Suo Paese hanno dimostrato nell'aderire all'Unione Europea.

Guardando all'eredità dell'Austria, appare chiaro che è soprattutto l'aspetto etico della cultura a svolgere un ruolo significativo. La cultura nelle sue forme di espressione più o meno esigenti ha a che fare con dei valori e in definitiva con la verità: "Nel dialogo con gli altri uomini il cristiano, attento ad ogni frammento di verità che incontri nell'esperienza di vita e nella cultura dei singoli o delle Nazioni, non rinuncerà ad affermare tutto ciò che gli ha fatto conoscere la sua fede ed il corretto esercizio della ragione" (CA 46). L'importanza della cultura non risiede soltanto nell'intensità e nella qualità dell'esperienza vissuta, ma anche nel grado di interesse che essa suscita.

Se il Suo Paese intende soddisfare le esigenze della sua cultura, Signor Presidente, i suoi cittadini devono tutelare la preziosa eredità della fede cristiana nel suo ricco sviluppo culturale e nel suo ordine intrinseco di valori.

Anche se la fede non può essere assorbita da determinati mezzi e forme di espressioni culturali e quindi deve essere aperta a nuove e forse anche insolite espressioni, è tuttavia necessario trattare con cura la ricca e molteplice eredità culturale. Attualmente si riflette sullo sviluppo della cultura e si prova timore di fronte al sensazionalismo, alla ricerca del puro piacere e alla mancanza di trascendenza, e anche di fronte a un rapporto, in parte trascurato, con il cristianesimo in quanto fermento della cultura europea. Nel corso dei secoli i Suoi cittadini hanno attinto dalla fede una cultura della vita.

Rinnovare questa cultura, effettuare il quotidiano discernimento del pensiero e chiarire i valori fondamentali nella famiglia e nell'educazione dei figli sarà essenziale per il futuro dell'Europa. I cristiani non possono rendere alla nostra cultura un servizio più grande di questo. Auspico, Signor Presidente, che anche i responsabili del Suo amato Paese si dedichino al raggiungimento di questo scopo.


3. Nell'ambito politico ed eticosociale è prioritario considerare l'uomo come soggetto personale. La Repubblica Austriaca è stata orientata, negli ultimi decenni, in gran parte all'affermazione di questo principio. Il Suo Paese ha aperto le porte ai rifugiati che nel proprio Paese venivano perseguitati e discriminati. Il Suo Paese ha previsto legalmente la tutela esemplare delle minoranze etniche e infine ha prestato un prezioso aiuto umanitario alle persone che ne hanno bisogno. Per questo, ringrazio sinceramente tutti i responsabili e tutti i cittadini. Che Dio possa ricompensarvi lautamente.

Grazie alla sua alta considerazione dell'uomo e della sua dignità, il Suo Paese riuscirà a superare manifestazioni isolate di violenza e la tendenza alla violenza contro gli stranieri e contro altri gruppi marginali. La violenza potrà essere bandita definitivamente soltanto mediante l'educazione alla non violenza e il predominio della giustizia. Questo è uno dei compiti più importanti dell'educazione. Soltanto in questo modo l'uomo sarà in grado di "rendere onore" agli altri: "Il "principio di rendere onore", il riconoscimento cioè il rispetto dell'uomo come uomo, è la condizione fondamentale di ogni autentico processo educativo" (LF 16).


4. Per Lei, Signor Presidente, per tutti i credenti e per le persone di buona volonà del Suo stimato Paese, invoco per intercessione della Madre di Dio e di tutti i santi patroni protettori della Sua patria l'autentico sostegno di Dio. Vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1994-11-25 Data estesa: Venerdi 25 Novembre 1994





Messaggio a Sua Santità Bartolomaios I - Città del Vaticano

Titolo: Che il terzo millennio ci trovi più vicini all'unità!

A Sua Santità Bartolomaios I Arcivescovo di Costantinopoli Patriarca ecumenico "Simon Pietro, servo e Apostolo di Gesù Cristo, a coloro che hanno ricevuto in sorte con noi la stessa preziosa fede per la giustizia del nostro Dio e salvatore Gesù Cristo: grazia e pace sia concessa a voi in abbondanza nella conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro" (2P 1,1-2).

In occasione dei festeggiamenti solenni di Sant'Andrea Apostolo, è con queste parole della Lettera di Pietro che saluto Sua Santità e la Chiesa riunita nel suo mistero.

Glorifichiamo Dio e rendiamo grazie per aver fatto pervenire sino a noi e alle estremità del mondo, per mezzo degli Apostoli, la Buona Novella della salvezza. Nella nostra fede comune, la celebrazione di un Apostolo ci ricorda la successione apostolica, garanzia dell'unità del popolo di Dio e della sua continuità nella fedeltà alla fede, "trasmessa ai credenti una volta per tutte" (Jud 1,3).

Teniamo presente la prossima entrata nel terzo millennio e il Grande Giubileo con il quale celebreremo l'Incarnazione del Verbo di Dio. Nell'attuale momento storico, meditando le S. Scritture, come i discepoli di Emmaus, ci sentiamo "ardere il cuore nel petto" (cfr. Lc 24,32), nel vivo desiderio di proclamare a tutti il Vangelo della salvezza. Desideriamo annunciare Gesù Cristo con nuovo ardore e con un più profondo amore. Ma si sa, egli vuole che l'unità dei suoi sia il segno dato "perché il mondo creda" (Jn 17,21). Il mio più grande desiderio è che, in questi anni di preparazione al Giubileo, noi troviamo le vie per una stretta collaborazione tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa! In questo contesto, si situano le nostre celebrazioni annuali comuni, come le conversazioni cordiali e fraterne tra le delegazioni delle nostre Chiese in occasione delle feste, a Roma, dei Santi apostoli Pietro e Paolo e, a Costantinopoli, dell'apostolo Andrea, il primo chiamato. Avvenimenti consacrati a coordinare i nostri sforzi verso l'unità e a promuovere una comune testimonianza e una pratica concertata dell'evangelizzazione.

A questo riguardo, il dialogo teologico tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica ha raggiunto traguardi importanti nell'affermazione della "nostra fede comune sul mistero della Chiesa e il legame tra la fede e i sacramenti", come già dichiarato al vostro predecessore Sua Santità Dimitrios I (AAS 80, (1988), p.253). Ne rendiamo grazie a Dio; e esprimiamo la nostra riconoscenza verso coloro che hanno contribuito a questo dialogo in uno spirito di fede, di speranza e di servizio della Chiesa. Ora, dopo aver risolto una questione che ostacolava pesantemente il nostro procedere verso nuovi progressi, il dialogo teologico può riprendere il suo corso, secondo il programma convenuto, esaminando le conseguenze ecclesiologie e canoniche della struttura sacramentale della Chiesa. Ci incamminiamo così verso la considerazione più diretta dell'articolazione della comunione ecclesiale.

L'alba del terzo millennio dovrà dunque trovarci più vicini all'unità che insieme raggiungeremo. E la domanda che insistentemente rivolgo al Signore.

E in questo senso che invito la Chiesa cattolica tutta a partecipare a questa grande supplica. Saro profondamente felice se tutti i cristiani si ritrovassero uniti in tale preghiera e nell'invocazione comune di nostro Signore Gesù Cristo, certi che "non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12). Da parte mia, posso assicurare Sua Santità della costante disponibilità della Chiesa cattolica per la preghiera, i contatti fraterni, lo studio teologico e la pratica collaborazione.

E in questi sentimenti di fede e di gioia condivisa che invio a Sua Santità e alla sua Chiesa, la delegazione presieduta dal nostro Venerato fratello il Cardinale Edward Idris Cassidy. La sua presenza vuole essere, presso di voi, la testimonianza della partecipazione della Chiesa di Roma alle festività della Chiesa sorella di Costantinopoli in occasione della celebrazione del suo Santo Patrono.

Nell'attesa di un prossimo incontro personale con Sua Santità, La abbraccio affettuosamente nel Signore.

Dal Vaticano, 25 novembre 1994.

IOANNES PAULUS PP. II 17/01/19102 Pag. 20657

Data: 1994-11-25 Data estesa: Venerdi 25 Novembre 1994





Il discorso del Santo Padre durante la celebrazione svoltasi nell'Aula Paolo VI - Città del Vaticano

Titolo: Gli eletti alla dignità cardinalizia sono chiamati in modo del tutto singolare ad un esigente servizio d'amore

"Filius hominis venit ut ministraret et daret animam suam redemptionem pro multis" (Acclamazione al Vangelo, cfr. Mc 10,45).


1. Gesù presenta così la sua missione, offrendosi come modello da imitare e da seguire. Il mandato che ha ricevuto dal Padre, Egli lo affida agli apostoli e ad ogni credente: annunciare e testimoniare al mondo la Verità. Cristo, il Primogenito di ogni creatura, per questa causa ha donato la vita sulla croce in riscatto "dei molti", cioè di tutti gli uomini.

In questo suo donarsi totalmente fino al sacrificio della Croce emergono con la più grande chiarezza l'amore di Cristo per gli uomini ed il servizio evangelico da Lui assunto in obbedienza al Padre. Questo esempio del Maestro tutti i discepoli sono chiamati a condividere e proporre, ciascuno secondo la propria vocazione, pronti sempre a farsi, insieme con Lui, servi di ogni uomo.

Le parole dell'evangelista Marco illuminano pienamente il senso del Concistoro, momento di grande importanza per la vita della Chiesa, costruita sul fondamento degli Apostoli e dei Martiri. Il servizio di amore, al quale il Signore chiama i battezzati, viene proposto in modo del tutto singolare a voi, carissimi e venerati Fratelli, eletti alla dignità cardinalizia.

E' un servizio esigente, da prestare con la massima dedizione "usque ad effusionem sanguinis", come afferma la formula per l'imposizione della berretta e come ben mostra il colore rosso collegato con la dignità cardinalizia.


2. Pascete il gregge di Dio, facendovi modelli (cfr. 1P 5,2-3). Venerati Fratelli, con l'odierna celebrazione voi entrate a far parte a pieno titolo della Chiesa di Roma, di cui il Successore di Pietro è Vescovo. Fin dal primo millennio della sua storia, la Chiesa di Roma comprendeva le diocesi suburbicarie affidate a vescovi, le parrocchie delle quali erano responsabili i presbiteri, e le diaconie delle quali, conformemente ad un'antica tradizione apostolica, si occupavano i diaconi con compiti sia liturgici che sociali. Il Collegio cardinalizio riflette tuttora, pur nelle mutate condizioni storiche, tale ordinamento attraverso la triplice divisione in Cardinali vescovi, Cardinali presbiteri e Cardinali diaconi.

E' assai significativo, ad esempio, che responsabili dei Dicasteri della Curia Romana siano Cardinali diaconi, a sottolineare quasi visibilmente il carattere "diaconale" della Curia a servizio della Chiesa universale.

Il vostro legame con la Chiesa di Roma mette così in luce la missione peculiare che questa Comunità ecclesiale ed il suo Pastore, il Papa, rivestono nei confronti dell'intero popolo cristiano. Missione diaconale di comunione e di guida nel predicare e testimoniare il Vangelo, rispondendo alle grandi "sfide" del mondo contemporaneo.


3. Compito specifico dei Cardinali riuniti in Conclave è proprio l'elezione del Vescovo di Roma, Successore di Pietro, assicurando la continuità della successione apostolica in questa Sede, continuità essenziale per la Chiesa e per il suo cammino nei secoli al fedele servizio del Vangelo.

Il Collegio cardinalizio nella sua attuale composizione esprime, assai significativamente, l'unità e l'universalità del popolo di Dio e, soprattutto negli ultimi anni, si è arricchito della crescente presenza di Presuli di molte Nazioni d'ogni Continente: nella schiera dei nuovi Cardinali sono rappresentate ben ventiquattro Nazioni di ogni parte del mondo.

La comunione dell'intero gregge di Dio, nutrito da Cristo, principe dei pastori (cfr. LG 6), viene così a rispecchiarsi, in certo modo, nel Collegio cardinalizio, la cui istituzione è molto importante dal punto di vista della tradizione collegiale della Chiesa. La dimensione collegiale, costitutiva ed essenziale per l'episcopato, trova in effetti una manifestazione eminente ed esemplare nei Cardinali stretti intorno al Successore di Pietro.

Questa dimensione collegiale, originaria ed intrinseca alla successione apostolica, è andata sviluppandosi nel corso dei secoli, in connessione con la storia della Chiesa e vive oggi un momento particolarmente felice di riscoperta della sua genuinità e di acquisizione di nuove potenzialità.

Ciò vale anche per quella sua peculiare espressione che è costituita dal Collegio dei Cardinali: oltre ad abbracciare, per così dire, il mondo intero, esso, grazie alle maggiori possibilità di comunicazione e di incontro, sviluppa oggi in maniera più costante ed efficace il suo servizio. Comunione, collegialità e comunicazione vanno insieme: la comunicazione al servizio della collegialità e la collegialità al servizio della comunione.


4. Singolare espressione della comunione ecclesiale, ed in particolare della collegialità episcopale, è senza dubbio il Sinodo dei Vescovi. Il Concilio Vaticano II, come pure il mio venerato predecessore il Servo di Dio Paolo VI, hanno operato attivamente perché tale istituzione acquistasse sempre più vigore e consistenza. Si è registrato così, negli anni del post-Concilio, un provvidenziale sviluppo della dimensione sinodale della Chiesa, i cui frutti sono sotto gli occhi di tutti. La chiamata alla dignità cardinalizia del Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi va vista, oltre che come riconoscimento alla persona, come un'ulteriore tappa di tale incremento.

Lo sviluppo della "sinodalità" nella Chiesa, in cui si rispecchia visibilmente la collegialità dell'intero Episcopato, procede di pari passo con la tradizione dei Concistori ordinari e straordinari. Nei sedici anni del mio servizio pastorale, ho avuto occasione di convocare sei Concistori ordinari e cinque straordinari, l'ultimo dei quali ha avuto luogo nel giugno scorso ed è stato dedicato alla preparazione del Grande Giubileo dell'Anno 2000. Da quella riunione ho tratto molti elementi per la stesura della Lettera Apostolica Tertio millennio adveniente.


5. Venerati Fratelli! Sono veramente lieto in questa circostanza di salutare con affetto ciascuno di voi, insieme con le Comunità ecclesiali delle quali siete Pastori o dalle quali provenite. Fra voi vi sono Prelati che offrono già da tempo un prezioso servizio alla Santa Sede, Pastori che sono alla guida di Comunità cristiane cariche di storia o note per la loro sofferta e coraggiosa testimonianza evangelica, Presuli che per la prima volta assicurano alle loro Comunità di provenienza presenza e voce nel Collegio cardinalizio; vi sono fra i neo-Eletti anche illustri esponenti della cultura cattolica e della Teologia.

Di voi si è fatto interprete il carissimo Cardinale Nasrallah-Pierre Sfeir, che ringrazio sentitamente per le toccanti parole rivoltemi. Egli ha voluto, inoltre, riaffermare l'impegno di ciascuno dei neo Cardinali a restare fedele alla propria vocazione di Pastore, in piena e generosa collaborazione con la Sede Apostolica.

Il pensiero va naturalmente in questo momento con speciale intensità ad ogni Comunità cristiana duramente provata. Penso ai fedeli che si trovano nel Libano, ove sperimentano nella propria carne le conseguenze dei gravi problemi legati alla situazione politica in Medio Oriente; penso alle Chiese dell'Est, che per lunghi anni hanno dovuto subire le vessazioni di un regime totalitario ateo; penso ai cattolici del Viêt Nam e di Cuba, che danno una coraggiosa testimonianza di fedeltà a Cristo e di servizio silenzioso ai fratelli in mezzo a non poche difficoltà; penso, in particolare, ai cristiani di Sarajevo e della Bosnia ed Erzegovina, dove purtroppo non si è ancora fermato il devastante fragore delle armi e tanto sangue innocente continua a scorrere, senza che si intraveda una prospettiva di pace.

La vostra presenza, venerati Fratelli, è un grande segno di speranza: essa sta ad indicare che la Chiesa intera è accanto a chi soffre con la preghiera e con una spirituale e concreta solidarietà. La Chiesa ed il Papa sono particolarmente solidali con i fratelli e le sorelle dell'amata terra di Bosnia ed Erzegovina, simbolo di assurde lotte fratricide che insanguinano l'Europa e il mondo. Guardano a quella regione con cristiana fiducia ed invocano da Dio misericordioso per i popoli coinvolti nel conflitto l'avvento dell'auspicata riconciliazione e della pace.


6. E' Cristo, venerati Fratelli, la nostra autentica Pace: noi lo attendiamo.

Inizia proprio domani il tempo dell'Avvento, tempo di attesa e di orante vigilanza.

Ma l'Avvento quest'anno assume un rilievo tutto particolare. Con esso prende avvio, infatti, la preparazione di tutta la Chiesa allo storico appuntamento del grande Giubileo del 2000, verso il quale siamo ormai velocemente incamminati.

Nella recente Lettera Apostolica "Tertio millennio adveniente", ho sottolineato come "i cristiani sono chiamati a prepararsi al Grande Giubileo dell'inizio del terzo millennio rinnovando la loro speranza nell'avvento definitivo del Regno di Dio, preparandolo giorno dopo giorno nel loro intimo, nella Comunità cristiana a cui appartengono, nel contesto sociale in cui sono inseriti e così anche nella storia del mondo" (TMA 46).

La Chiesa è chiamata a mostrare all'umanità intera, con la parola e con l'esempio, che il suo cammino nel tempo è in realtà un itinerario verso Cristo, un misterioso viaggio spirituale che termina in Dio.


7. Affido questo impegnativo itinerario alla Vergine Madre del Redentore, particolarmente presente nella liturgia dell'Avvento. Ella è l'immagine perfetta della Chiesa, che attende con speranza la venuta del Figlio di Dio. Maria ci precede nel cammino verso Cristo, salda nella fede e pronta nell'adempimento della parola di Dio. La sua totale adesione al disegno salvifico è modello per ogni credente che vive nell'attesa operosa del ritorno del Signore della gloria.

A Lei affido, in particolare, voi, carissimi Fratelli, ai quali mi accingo ad imporre la berretta e ad assegnare il titolo cardinalizio, affinché guidi e sostenga il vostro servizio nella Chiesa.

Rivestita di speranza e di amore, rinvigorita nel suo splendore e nella sua santità, la Comunità dei credenti possa così proseguire con quotidiano coraggio la sua ardua missione di annunciare e testimoniare la buona novella di Cristo.

Certa che dopo una breve sofferenza, il Dio di ogni grazia la confermerà e la renderà stabile per sempre (cfr. 1P 5,10), la Chiesa prosegue serenamente "tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio" (S. Agostino, De civitate Dei, 18,59,2).

"Ipsi, soli Deo, imperium in saecula saeculorum. Amen!" (1P 5,11).

Data: 1994-11-26 Data estesa: Sabato 26 Novembre 1994





Udienza: il Papa a conclusione della Conferenza organizzata dal Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari - Città del Vaticano

Titolo: L'alternativa alla cultura della vita S la negazione della vita stessa e di ogni altro diritto dell' uomo




1. Sono particolarmente lieto di concludere i lavori di questa IX Conferenza Internazionale, che il Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari ha voluto dedicare, quest'anno, al tema della vita nella triplice dimensione del conoscere, dell'amare e del servire, muovendo dal doveroso ed altissimo presupposto secondo il quale, nella misura in cui la vita è conosciuta, può essere amata e, soltanto se amata, essa è anche degnamente servita.

Saluto il Signor Cardinale Fiorenzo Angelini e lo ringrazio sia per i sentimenti espressi poc'anzi a nome di tutti, sia per il dinamismo con cui dirige ed anima il Pontificio Consiglio a lui affidato. Il mio ringraziamento si estende ai suoi Collaboratori, come pure agli eminenti studiosi, ricercatori, rappresentanti di Stati e di Governi, che hanno voluto onorare con la loro presenza e con il loro contributo scientifico questo Simposio.

Per una felice coincidenza, in concomitanza con la Conferenza, ha avuto oggi inizio la prima Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia per la Vita, l'Organismo da me istituito nello scorso mese di febbraio con lo scopo di indagare, informare e formare su ciò che attiene alla vasta e complessa problematica della promozione e della difesa della vita umana alla luce degli straordinari progressi della scienza, delle irrinunciabili istanze etiche e morali e dell'apporto che alla conoscenza del mistero della vita viene dalla divina Rivelazione.

Saluto con viva cordialità il Presidente dell'Accademia, il Prof. Juan de Dios Vial Correa, e ciascuno degli illustri Membri di questo Consesso a me particolarmente caro. Sento il bisogno di rivolgere, altresi, un pensiero di commossa gratitudine al primo Presidente dell'Accademia, il compianto Prof. Jérôme Lejeune, ricordandone la generosa e coerente dedizione alla nobile causa della difesa della vita.


2. Il tema centrale della prima Assemblea Plenaria della neocostituita Accademia - "Fondamenti razionali della sacralità della vita umana in tutte le fasi della sua esistenza" - si salda con quello della presente Conferenza Internazionale, a conferma dello stretto vincolo, ideale ed operativo, che lega fra loro le due Istituzioni.

Il rispetto della vita umana - si fa giustamente rilevare - ha motivazioni razionali che spiegano l'universale consenso sul diritto umano fondamentale alla vita. Esso, infatti, è per l'uomo, non uno dei diritti, bensi il diritto fondamentale: "Non ce n'è nessun altro che tocchi più da vicino l'esistenza stessa della persona! Diritto alla vita significa diritto a venire alla luce e, poi, a perseverare nell'esistenza fino al suo naturale estinguersi: "Finché vivo ho diritto di vivere"" (Giovanni Paolo II, Varcare la soglia della speranza, 1994, p. 223).

La Pontificia Accademia per la Vita - stimolata dallo stesso Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, tra le cui finalità istitutive è la diffusione, l'illustrazione e la difesa del Magistero della Chiesa nel campo della sanità e della salute -, si prefigge di operare per la ricerca di una convergenza preliminare, ma decisiva, di quanti, dai più diversi e nobili versanti culturali e religiosi, guardano al diritto alla vita come al diritto-cardine della autentica civiltà.

L'illuminato amanuense che, nel secolo tredicesimo - come risulta da un prezioso documento conservato nella Biblioteca Vaticana - volle trascrivere il Giuramento di Ippocrate disponendone il testo a forma di croce, già riconosceva all'argomentazione razionale sul diritto alla vita un valore propedeutico alla concezione cristiana intorno alla persona umana, alla sacralità della vita, anzi al riconoscimento pieno del mistero della vita. Tale riconoscimento non umilia né circoscrive l'impulso della scienza, ma lo sprona e lo nobilita.


3. In questo particolare momento storico, segnato da contraddizioni che mostrano tutta la loro carica negativa quando si confrontano con le esigenze poste dal rispetto per la vita umana, la Chiesa, mentre incoraggia e sostiene la scienza, a questa è grata per l'aiuto che ne riceve. Il Magistero ecclesiastico, quando entra negli ambiti che sono oggetto delle ricerche degli uomini di scienza, non lo fa in virtù di una sua competenza scientifica particolare. "La Chiesa interviene solo in virtù della sua missione evangelica: essa ha il dovere di apportare alla ragione umana la luce della rivelazione, di difendere l'uomo e di vegliare sulla "sua dignità di persona dotata di un'anima spirituale, di responsabilità morale e chiamata alla comunione beatifica di Dio" (Congregazione per la Dottrina della Fede, Donum vitae, n. 1). Quando, infatti, è in causa l'uomo, i problemi superano l'ambito della scienza che non può spiegare la trascendenza del soggetto né dettare le regole morali che derivano dalla centralità e dalla dignità primordiale del soggetto nell'universo" (Giovanni Paolo II, Discorso alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, 28 ottobre 1994).

Le questioni affrontate nel corso di questa Conferenza hanno ulteriormente confermato che gli straordinari risultati ottenuti dalla scienza, come, ad esempio, la progressiva scoperta di una mappa genetica e le precisazioni sempre più accurate della sequenza del genoma, non solo non contraddicono ma anzi confortano la dottrina della Chiesa sulla sacralità, l'inviolabilità, la grandezza della vita umana. La Chiesa, per parte sua, invita a guardare con fiducia all'altissima missione della scienza ed incoraggia ogni forma di ricerca rispettosa della dignità dell'uomo, perché vede nelle capacità per così dire inesauribili dell'intelligenza il riflesso e l'impronta dell'intelligenza di Dio.

In un momento in cui la vita umana sperimenta così gravi e drammatiche aggressioni, la Chiesa, in forza della sua missione pastorale, sente il dovere di sostenere la ricerca scientifica nella consapevolezza che fede e scienza hanno il loro punto di incontro in quella sapienza nella quale si dispiega pienamente il disegno di Dio.


4. E' precisamente in questa prospettiva che assumono tutta la loro rilevanza culturale e operativa i concetti del conoscere, dell'amare e del servire la vita.

Scienza e fede non esauriscono il loro rapporto nell'ambito della conoscenza astratta del mistero della vita, ma introducono l'intelligenza ed il cuore alla conoscenza esperienziale di tutti quei valori che si raccolgono intorno alla realtà del vivere. Esse devono insieme collaborare per costruire intorno al diritto umano fondamentale alla vita la giusta gerarchia di ogni altro diritto umano individuale e sociale, poiché l'alternativa ad una cultura di vita non è che la negazione della vita e, con essa, di ogni altro diritto umano.

Da questa conoscenza integralmente umana scaturisce l'amore alla vita, che è la prima, la più intensa, la più universale e la più condivisa forma di amore concessa all'uomo. I progressi in campo scientifico e tecnologico si traducono così in un impegno appassionato di servizio alla vita in ogni essere umano, particolarmente se appena concepito o prossimo ad estinguersi.

A questo servizio devono portare sia la miglior conoscenza della vita sia l'amore convinto per essa. Conoscenza ed amore, tuttavia, possono apparire braccia inermi di fronte alla smisurata domanda di servizio che si leva dal genere umano sottoposto a dolorosissime limitazioni nella promozione e nella difesa del suo primo e fondamentale diritto.

La recente Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi, dedicata alla vita consacrata e alla sua missione nella Chiesa e nel mondo, ha messo in luce quale apporto di servizio alla vita umana ed alla sua migliore qualità venga dagli Istituti religiosi che, per carisma originario, sono sorti e si sono sviluppati per servire l'uomo in ciò che ha di più prezioso ed essenziale. Il Magistero della Chiesa, sollecitato dallo stesso "stupore" suscitato dalle conquiste della scienza e della tecnica, non cessa dal farsi portavoce, in tutte le sedi, di questa domanda di servizio.

Servire la vita è fondamentale misura della giustizia tra gli uomini. La Chiesa che, nel suo divino Maestro Gesù, "venuto non per essere servito ma per servire" (Mt 20,28), ha il suo esempio indefettibile, prega incessantemente Dio, Datore della vita, affinché susciti al suo interno e nella società sempre nuove forze al servizio della vita.


5. L'auspicio che esprimo in questa circostanza è che i lavori di questa IX Conferenza Internazionale e le conclusioni a cui addiverrà la prima Assemblea plenaria della Pontificia Accademia per la Vita siano interpretazione efficace del ministero di servizio alla vita, del quale la Chiesa, alle soglie del terzo millennio, vuole essere interprete, promotrice e instancabile realizzatrice accanto ad ogni persona di buona volontà.

La civiltà del nostro tempo, nel suo più autentico impulso, muove alla ricerca di una sintesi di valori capace di ridare speranza. Ma ciò non potrà ottenersi senza una riaffermata scelta in favore della vita, che veda tutti concordemente impegnati nella difesa e nella promozione di questo fondamentale valore, alle cui scaturigini sta l'iniziativa stessa di Dio, "amante della vita" (Sg 11,26).

A Lui affido le vostre persone e quelle dei vostri cari, mentre, nell'invocare la sua continua assistenza sulle vostre attività a servizio della vita, a tutti imparto la mia Benedizione.


17/01/19102 Pag. 20663

Data: 1994-11-26 Data estesa: Sabato 26 Novembre 1994





Angelus: la preghiera di Giovanni Paolo II con i fedeli radunati in Piazza San Pietro - Città del Vaticano

Titolo: L'Avvento segna l'avvio della prima fase della preparazione al Grande Giubileo del 2000

Carissimi Fratelli e Sorelle!


1. Oggi, prima domenica d'Avvento, iniziamo un nuovo Anno Liturgico. "A te Signore innalzo l'anima mia", abbiamo ripetuto con il Salmo 24, accogliendo l'invito a guardare in alto e ad andare incontro a Colui che ci dona la sua salvezza.

La Chiesa esorta i credenti a farsi pellegrini per riprendere con coraggio il cammino verso il Signore Gesù che viene a visitarci. Le parole forti e pressanti della liturgia risuonano con particolare intensità in questi giorni dell'Avvento, che segnano l'avvio della prima fase della preparazione al Grande Giubileo del 2000.

Nel tempo di Avvento, che si apre davanti a noi, siamo chiamati a vivere la dimensione della lode e del ringraziamento di fronte al grande dono dell'Incarnazione del Verbo e della Redenzione, e siamo invitati a gioire della grazia di essere, nella Chiesa, figli amati e liberati dai nostri peccati. Con uguale intensità siamo sollecitati a renderci sempre più consapevoli del male che minaccia gli stessi cristiani, "quando si allontanano dallo spirito di Cristo e del suo Vangelo" (TMA 33).

Tale rinnovata coscienza deve spingere tutta la Chiesa, che si prepara a varcare la soglia del nuovo millennio, a proclamare con ardore all'uomo contemporaneo l'amore misericordioso del Signore, e ad offrire una coraggiosa testimonianza di fedeltà al suo Vangelo.


2. La fedeltà a Cristo richiede una saldezza che può giungere anche fino all'effusione del sangue, come è stato ricordato ieri ai nuovi Cardinali nella celebrazione del Concistoro. Saluto con affetto questi venerati Fratelli che vengono a far parte della Chiesa di Roma, affidata dalla Provvidenza all'Apostolo Pietro ed ai suoi Successori. Li saluto insieme ai loro familiari e a quanti li circondano in questa felice circostanza. Ciò sottolinea anche visibilmente l'universalità della Chiesa, stretta dal vincolo dell'unità, della verità e dell'amore. La porpora che indossano, segno della dedizione al Signore Gesù fino alla morte, indica che il dono dell'unità della Chiesa è frutto del Sangue di Cristo, nostra Pace, per mezzo del quale "possiamo presentarci, gli uni e gli altri al Padre, in un solo Spirito" (Ep 2,18). La presenza di alcuni nuovi Cardinali, provenienti da Comunità particolarmente provate, ci ricorda la "Chiesa dei martiri" del nostro tempo, come pure la passione di Cristo che continua in tanti fratelli e sorelle, vittime della violenza e della guerra.


3. Li accompagni nel loro servizio ecclesiale Maria, Madre della Chiesa. La Vergine dell'Avvento guidi tutti noi in questo tempo di attesa, nel quale, mentre contempliamo il Mistero della prima Venuta, che si è compiuta nell'Incarnazione, rivolgiamo lo sguardo verso l'ultimo giorno in cui il Signore ritornerà "con tutti i suoi santi" (1Th 3,13).

La Novena in preparazione alla Solennità dell'Immacolata, che inizieremo martedi prossimo, offra a tutti i cristiani l'occasione per riscoprire la loro vocazione, imitando Maria che ha accolto senza riserve la volontà di Dio.

(Dopo aver impartito la Benedizione Apostolica, il Papa ha invitato i fedeli della diocesi di Roma a prendere coscienza del problema della mancanza di chiese nella periferia della città. Ecco le sue parole:) Durante il tempo dell'Avvento i fedeli della diocesi di Roma sono invitati a prendere rinnovata coscienza del disagio in cui versa la cerchia periferica urbana per la mancanza di chiese. Al fine di provvedere a tale carenza è stato lanciato a suo tempo il progetto "50 chiese per l'anno duemila". Occorre assicurare in ogni quartiere una adeguata struttura parrocchiale, che sia luogo d'incontro della comunità cristiana e punto di riferimento del tessuto civile cittadino. Mentre ringrazio quanti, negli anni scorsi, hanno già dimostrato al riguardo concreta sensibilità, auspico che i fedeli, nello spirito del digiuno e dell'astinenza caratteristico dell'Avvento, si impegnino a contribuire fattivamente alla costruzione dei centri pastorali tuttora mancanti.

(Al termine dell'incontro di preghiera, il Santo Padre ha detto:) Leggo queste parole su uno striscione: "E' tempo di predicare il Vangelo dai tetti". Qui non è ancora il tetto, ma si predica il Vangelo dalla finestra, abbastanza alta, vicino al tetto. Grazie a tutti e buon Avvento, carissimi romani e pellegrini, ospiti e non.

Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1994-11-27 Data estesa: Domenica 27 Novembre 1994






GPII 1994 Insegnamenti - La traduzione italiana del discorso del Papa al Presidente della Repubblica austriaca, Thomas Klestil - Città del Vaticano