GPII 1995 Insegnamenti 675

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1. La ricorrenza del bicentenario della nascita di San Vincenzo Pallotti (1795-1995), Sacerdote romano e Fondatore dell'Unione dell'Apostolato Cattolico, mi offre l'opportunità di esprimere un cordiale saluto a tutta la benemerita Famiglia Pallottina, unitamente all'auspicio che tale evento segni un tempo di rendimento di grazie a Dio per il dono fatto alla Chiesa di quel testimone della fede cristiana che visse in pienezza l'amore evangelico. E' bello costatare che la celebrazione avvenga in un momento, in cui la cristianità intera si sta preparando al terzo Millennio della nascita del Salvatore; ciò conferisce alla ricorrenza una particolare significazione. perciò il ringraziamento si eleverà al Signore, come ho affermato nella mia Lettera apostolica Tertio millennio adveniente, anche per tutti i "frutti di santità maturati nella vita di tanti uomini e donne che in ogni generazione ed in ogni epoca storica hanno saputo accogliere senza riserve il dono della Redenzione" (
TMA 32).

Con questo animo mi unisco alla preghiera di lode della grande Famiglia Pallottina - Sacerdoti, Fratelli, Suore e Fedeli Laici - ed esprimo il mio compiacimento per le iniziative promosse allo scopo di ridestare il carisma peculiare lasciato in eredità dal venerato Fondatore. Questo dono dello Spirito sia di stimolo per ognuno a rinnovare la vita spirituale e per unire gli sforzi apostolici al fine di testimoniare al mondo la presenza del Dio vivente, che è Amore infinito.

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2. Il messaggio che voglio affidare ai carissimi Fratelli e Sorelle dell'Unione dell'Apostolato Cattolico è lo stesso che ripeterebbe in questi nostri tempi San Vincenzo Pallotti: conservate la fede cristiana, annunziatela con parole ed opere, aiutate gli altri a credere che Dio è il Padre misericordioso di tutti gli uomini, che Gesù Cristo è il Salvatore, nel quale siamo rigenerati alla vita nuova, che lo Spirito Santo è la forza della nostra vita; che la fede "opera per mezzo della carità" (
Ga 5,6) (cfr. Opere complete X, 198-199).

Con gioia affido nuovamente questo carisma di fondazione a tutta la Famiglia Pallottina, perché sia fonte di ispirazione in risposta ai bisogni odierni della Chiesa e del mondo. L'attualità di questo messaggio appare evidente alle soglie del terzo Millennio; infatti, in un mondo che rischia di scristianizzarsi, quale contributo più significativo potrebbero offrire i membri dell'Unione dell'Apostolato Cattolico se non quello di essere vivamente impegnati nella nuova evangelizzazione? Occorre, dunque, che ognuno si interroghi sull'efficacia del proprio impegno nel ravvivare la fede in una società, in cui l'indifferenza religiosa "porta tanti uomini... a vivere come se Dio non ci fosse o ad accontentarsi di una religiosità vaga, incapace di misurarsi con il problema della verità e con il dovere della coerenza" (TMA 36).

La Chiesa oggi ha bisogno di testimoni coerenti e annunciatori attendibili della fede affinché i cristiani facciano esperienza della vita in Cristo e sappiano discernere le realtà divine e umane secondo lo Spirito di Dio.

Come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica "per vivere, crescere e perseverare nella fede sino alla fine, dobbiamo nutrirla con la Parola di Dio, dobbiamo chiedere al Signore di accrescerla; essa deve operare "per mezzo della carità" (Ga 5,6), essere sostenuta dalla speranza e radicata nella fede della Chiesa" (CEC 162). Di tutto ciò era ben persuaso San Vincenzo quando diceva che "la religione... deve essere difesa dai suoi seguaci con l'esempio e con la rettitudine delle parole, dimostrandone ancora la ragionevolezza" (Opere complete XI, 837). Ma per annunciare il Vangelo mediante la testimonianza della vita e della parola, occorre una profonda formazione cristiana, nutrita e sostenuta dal continuo contatto con Cristo per mezzo della preghiera, della celebrazione liturgica, della vita fraterna, della pratica della carità e della riflessione teologica.

Un aspetto particolare dell'annuncio della fede merita ancora attenzione. San Vincenzo Pallotti fu grande sostenitore dell'impegno dei fedeli in favore della missione "ad gentes". Una sfida della nuova evangelizzazione è quella di far arrivare il Vangelo di Cristo là dove non è ancora conosciuto. In questo nostro tempo non si può dimenticare l'appello del Fondatore: "nulla più sicuramente vuole favorire la gloria di Dio, e il bene spirituale del prossimo, quanto le missioni in quei luoghi, ove ancora non è giunta la luce del Vangelo, e dove la vastità del territorio, e la deficienza di operai lascia i nuovi fedeli quasi in abbandono" (Opere complete V, 80). So bene quanto i Pallottini siano impegnati nell'azione missionaria; essi sappiano che la Chiesa è profondamente grata per tale prezioso servizio.

L'annuncio della fede porta alla riscoperta di Dio che è amore (cfr. 1Jn 4,8). Questo fu un tema della continua e instancabile predicazione di San Vincenzo Pallotti, che ebbe il suo fondamento nell'esperienza personale di sentirsi amato da Dio, senza condizioni e senza limiti. Le sue meditazioni non cessano di risuonare nel cuore dei suoi figli spirituali. Dio, l'Amore infinito, è presente sempre e dappertutto. Dio, Carità per essenza, creo "l'uomo a sua immagine e somiglianza" (Opere complete III, 151): l'uomo "non è un'immagine dipinta in tela, né un'immagine di legno, di pietra, di metallo, ma una sostanza vivente, ragionevole, spirituale" (Iddio l'Amore infinito, Roma 1936, p. 30); Gesù Cristo è la manifestazione dell'amore di Dio che ha dato "il suo Figlio unigenito" (cfr. Jn 3,16) per ristabilire con l'uomo peccatore un'alleanza nuova; vivere in Cristo, quindi, è vivere nell'amore del Padre (cfr. Opere complete III, 34-40). E' alla luce di queste convinzioni che il Santo scelse come motto le parole di San Paolo: "l'amore del Cristo ci spinge" (2Co 5,14).

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3. In questa occasione desidero esortare ciascuno dei Membri dell'Unione a contribuire in modo concreto alla realizzazione del desiderio del Fondatore, espresso con queste parole: "nel vedere, o pensare ai poveri... vorrei diventare vitto, bevanda, liquore, vestimenta... vorrei essere trasformato nella luce per i ciechi, loquela per i muti, udito per i sordi, salute per gl'infermi" (Opere complete X, 15-16). L'amore per i poveri dovrà, quindi, costituire un'esigenza intrinseca e primaria dell'Unione. Sarà perciò particolare impegno di ciascuno quello di favorire i fratelli abbandonati ed emarginati e di difendere la vita dei giovani, degli anziani e degli esclusi; di promuovere le azioni caritative destinate a soccorrere il prossimo nelle proprie necessità corporali e spirituali; come pure di istruire, consigliare, consolare, confortare, perdonare e sopportare con pazienza. Queste sono le opere con le quali San Vincenzo testimonio la carità fraterna e contribui all'edificazione della civiltà dell'amore.

Da parte mia, non posso non esprimere i miei rallegramenti per l'impegno dimostrato nel promuovere e sviluppare questa visione profetica, che costituisce la carta di identità dei Pallottini nella Chiesa. Nel Documento finale della XVII Assemblea Generale del 1993, è stato riaffermato che "L'Unione dell'Apostolato Cattolico, dono dello Spirito Santo, è una comunione (communio) di singole persone e comunità che, secondo il carisma di San Vincenzo Pallotti, promuove la corresponsabilità di tutti i battezzati per ravvivare la fede e riaccendere la carità nella Chiesa e nel mondo e così portare tutti all'unità in Cristo" (n. 16).

A questa scuola ciascuno si ispiri per essere sempre più fervido annunciatore della fede viva e apostolo della carità operosa. Si impegni nella realizzazione dei fini propri dell'Unione dell'Apostolato Cattolico, che il Santo Fondatore voleva promuovere, stabilire e propagare, "perché sia perpetuamente nella Chiesa di Gesù Cristo come tromba evangelica che chiama tutti, che invita tutti, che risveglia lo zelo e la carità in tutti i fedeli" (Opere complete 1,5).

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4. Accompagno ed avvaloro questi pensieri e voti con la preghiera, affinché Maria Santissima, Regina degli Apostoli, tenga uniti gli appartenenti all'Unione come gli Apostoli nel Cenacolo. Riferendosi all'evento di Pentecoste il Santo Fondatore scrisse: "in qualunque luogo mi trovero intendo figurarmi (e procurero di ritrovare spesso questo sentimento) di stare io e tutte quante le creature nel Cenacolo di Gerusalemme, ove gli Apostoli riceverono lo Spirito Santo..." (Opere complete, X, p. 86). Auspico che tutte le comunità dell'Unione dell'Apostolato Cattolico siano veri "Cenacoli", dove si senta il vento dello Spirito Santo e da dove si diffondano sempre di più il fuoco del suo Amore e la luce della sua Sapienza.

La Benedizione Apostolica, che ora imparto di gran cuore, scenda abbondante su di Lei e su tutti i membri dell'Unione, in lieto pegno di grazie e di conforti celesti.

Dal Vaticano, 21 aprile 1995.

Data: 1995-04-21 Data estesa: Venerdi 21 Aprile 1995

Ai giovani dell'Arcidiocesi di Boston - Città del Vaticano

Titolo: Cercate, amate e testimoniate Gesù

Caro Cardinale Law, Cari giovani Amici dell'Arcidiocesi di Boston, Mi dà una grande gioia accogliervi e salutarvi con le parole che il Signore Risorto disse ai suoi discepoli: "La pace sia con voi".

So che il vostro pellegrinaggio volge già alla fine. Mentre vi preparate a lasciare Roma vorrei consegnarvi tre parole da portare con voi negli Stati Uniti, tre parole per voi da vivere sempre: cercare, amare e testimoniare.

Primo: cercate Gesù. Cercate la sua presenza nella vostra vita, sforzatevi di conoscerlo sempre più intimamente; e non abbiate paura di farvi conoscere da lui. Portate le vostre domande e paure al Signore, perché in lui scoprirete il vero senso della vita e la vostra vocazione in questo mondo.

Quindi: amate Gesù. Dategli voi stessi nella preghiera, ricevetelo nei Sacramenti, adoratelo nell'assemblea dei fedeli. Amare Cristo è la vostra risposta al suo amore per voi; è rispondere a ciò che lui vi dice, soprattutto nelle Scritture e nell'insegnamento della Chiesa. Nel suo amore troverete l'adempimento alle vostre aspirazioni più profonde, e crescerete nella piena maturità spirituale.

In fine: testimoniate Gesù. Riponete fermamente la vostra speranza in lui e lasciate che le vostre parole e azioni parlino coraggiosamente di questa speranza agli altri. servite Cristo nella vostra famiglia e negli amici, e in tutti coloro che incontrerete sul sentiero della vita.

Cari giovani amici, la pace che il Signore promise a Pasqua colmi i vostri cuori. Portate i miei saluti alle vostre famiglie, e come pegno della gioia e della forza nel Signore Gesù volentieri vi imparto la mia Benedizione Apostolica.

(Traduzione dall'inglese]

Data: 1995-04-22 Data estesa: Sabato 22 Aprile 1995

Regina Caeli: la preghiera di Giovanni Paolo II nella "Domenica della Divina Misericordia" - Città del Vaticano

Titolo: La spirale dell'odio e della violenza può essere interrotta solo dal miracolo del perdono

Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. Con oggi si conclude l'Ottava di Pasqua, durante la quale la Chiesa ripete con esultanza le parole del Salmo: "Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso" (117(118],24). Tutta l'Ottava è come un unico giorno, il giorno nuovo, il giorno della nuova creazione. Sconfiggendo la morte, Cristo ha fatto nuova ogni cosa (cfr.
Ap 21,5). Dalla Pasqua scaturiscono per i credenti novità di vita, pace e gioia.

La pace e la gioia della Pasqua pero non sono solo per la Chiesa: sono per il mondo intero! La gioia è vittoria sulla paura, sulla violenza e sulla morte. La pace è l'opposto dell'angoscia. Salutando gli Apostoli spaventati e scoraggiati per la sua passione e morte, il Risorto dice: "Pace a voi!" (Jn 20,19). Quando Cristo appare a Giovanni sull'isola di Patmos, è ancora questo il suo invito: "Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi" (Ap 1,17-18).

La Pasqua sconfigge la paura dell'uomo, perché dà l'unica vera risposta ad uno dei suoi più grandi problemi: la morte. Annunciando la Risurrezione di Gesù, la Chiesa vuole trasmettere all'umanità la fede nella risurrezione dei morti e nella vita eterna. L'annuncio cristiano è essenzialmente "vangelo della vita".

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2. Celebrate il Signore, perché è buono (cfr. Ps 117(118],1). L'odierna è, in modo particolare, la domenica del ringraziamento per la bontà che Dio dimostra all'uomo in tutto il mistero pasquale. Per questo porta anche il nome di Domenica della Divina Misericordia. Nella sua essenza la Misericordia di Dio, come aiuta a meglio comprendere l'esperienza mistica della Beata Faustina Kowalska, innalzata agli onori degli altari due anni or sono, rivela proprio questa verità: il bene vince il male, la vita è più forte della morte, e l'amore di Dio è più potente del peccato. Tutto questo si manifesta nel mistero pasquale di Cristo. Qui Dio ci appare per quello che è: un Padre dal cuore tenero, che non si arrende di fronte all'ingratitudine dei suoi figli, ed è sempre disposto al perdono.

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3. Carissimi Fratelli e Sorelle! Di tale Misericordia dobbiamo fare personale esperienza, se vogliamo essere a nostra volta capaci di misericordia. Impariamo a perdonare! La spirale dell'odio e della violenza, che insanguina il cammino di tanti individui e tante nazioni, può essere interrotta solo dal miracolo del perdono.

Maria ottenga per l'intera umanità questo dono della Divina Misericordia, perché gli uomini ed i popoli, particolarmente provati da ostilità e guerre fratricide, vincano l'odio e costruiscano concreti atteggiamenti di riconciliazione e di pace.

(Il Papa ha poi aggiunto:] In un recente incontro con i giovani di Roma mi sono state offerte due sciarpe con i colori delle squadre di calcio della Roma e della Lazio. Ho accolto con piacere questo dono, specialmente per il messaggio di fratellanza e di pace che esso manifesta.

Esprimo l'augurio che l'odierna sfida calcistica fra le due squadre sia occasione di sano divertimento e costituisca un pacifico e leale confronto.

Auspico inoltre che quanti sono interessati a vario titolo al mondo del calcio e dello sport in genere - organizzatori, atleti, giornalisti, tifosi - operino insieme affinché le manifestazioni sportive siano sempre portatrici degli autentici valori di umanità e di fraternità.

(Successivamente il Papa si è rivolto ai pellegrini di lingua italiana presenti in Piazza San Pietro, salutandoli con queste parole:] Rivolgo un cordiale saluto a tutti i pellegrini e i visitatori, in particolare ai fedeli della parrocchia Beata Vergine Maria del Perpetuo Suffragio di Cave (Padova) e della parrocchia San Martino di Brogliano (Vicenza). Saluto inoltre gli alunni della Scuola elementare "Scaglioni" di Lodi, i volontari del gruppo Amici degli spastici "Daniela Zamboni" di Verona, i giovani partecipanti alla "Festa di Primavera" promossa dagli Oratori degli Oblati di San Giuseppe e quelli della "Professione di fede" delle parrocchie di Desio (Milano), il gruppo AVIS di San Bernardino in Semonte (Perugia), il Corpo musicale "Gaetano Donizetti" di San Giovanni Battista in Bagnatica (Bergamo) e l'associazione "Protezione civile Euro Moto".

A tutti auguro una buona domenica nella pace e nella gioia di Cristo Signore! (Seguono saluti in francese e polacco]

Data: 1995-04-23 Data estesa: Domenica 23 Aprile 1995

L'omelia della Celebrazione Eucaristica presieduta dal Santo Padre nella chiesa di Santo Spirito in Sassia - Roma

Titolo: "Noi, uomini di questo secolo, desideriamo ringraziare il Signore per il messaggio della Divina Misericordia"



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1. "Pace a voi!" (
Jn 20,19).

Gesù risorto pronunzio per due volte queste parole apparendo agli Undici nel cenacolo, la sera del giorno stesso in cui risuscito dai morti. Il Signore, come attesta l'evangelista Giovanni, mostro loro le mani e il costato, per confermare davanti ad essi l'identità del suo corpo, quasi a dire: Questo è lo stesso corpo che due giorni fa venne inchiodato alla croce e poi deposto nel sepolcro; il corpo che porta le ferite della crocifissione e del colpo di lancia; esso costituisce la prova diretta che io sono risorto e vivo.

Quella fu, dal punto di vista umano, una costatazione difficile da accettare, come dimostra la reazione di Tommaso. La sera della prima apparizione nel cenacolo, Tommaso era assente. E quando gli altri Apostoli gli raccontarono di aver visto il Signore, egli con fermezza si rifiuto di credere: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non credero" (Jn 20,25). Da queste parole si può capire quanto sia stata importante per la verità della resurrezione l'identità fisica del corpo di Cristo.

Quando il Signore Gesù, l'ottavo giorno - come oggi - venne nuovamente nel cenacolo, si rivolse direttamente a Tommaso, quasi ad esaudire la sua richiesta: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!" (Jn 20,27). Di fronte a tale prova l'Apostolo non solo credette, ma trasse l'estrema conclusione di quanto aveva visto e sperimentato, e la manifesto con un'altissima quanto concisa professione di fede: "Mio Signore e mio Dio!" (Jn 20,28). Alla presenza del Risorto divenne evidente per Tommaso sia la verità della sua umanità sia quella della sua divinità. Colui che è risuscitato con la propria potenza è il Signore: "Non conosce la morte il Signore della vita" (da un canto pasquale polacco).

La confessione di Tommaso chiude il ciclo delle testimonianze sulla resurrezione di Cristo, che la Chiesa ripropone durante l'Ottava di Pasqua. "Mio Signore e mio Dio!". Replicando a tali parole, Gesù in un certo senso schiude la realtà della sua resurrezione al futuro dell'intera storia umana. Dice infatti a Tommaso: "Perché mi hai veduto, hai creduto; beati quelli che pur non avendo visto crederanno" (Jn 20,29). Pensa a coloro che non Lo vedranno risorto alla maniera degli Apostoli, né mangeranno e berranno con Lui (cfr. Ac 10,41), eppure crederanno sulla base delle affermazioni dei testimoni oculari. Sono costoro, in modo particolare, ad essere chiamati da Cristo "beati".

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2. "Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente" (
Ap 1,17).

Esiste una certa analogia tra l'apparizione nel cenacolo - specialmente quella dell'ottavo giorno, in presenza di Tommaso - e la visione escatologica di cui parla San Giovanni nella seconda lettura tratta dall'Apocalisse. Nel cenacolo Cristo mostra agli Apostoli, e specialmente a Tommaso, le ferite delle mani, dei piedi e del costato, per confermare l'identità del suo corpo risorto e glorioso con quello crocifisso e deposto nella tomba. Nell'Apocalisse il Signore si presenta come il Primo e l'Ultimo, come Colui da cui inizia e con cui termina la storia del cosmo, Colui che è "generato prima di ogni creatura" (Col 1,15), "il primogenito di coloro che risuscitano dai morti" (Col 1,18), principio e fine della storia dell'uomo.

Questa sua identità, che pervade perennemente la storia degli uomini, viene formulata con le parole "Io ero morto, ma ora vivo per sempre" (Ap 1,18). Ed è come se dicesse: Ero morto nel tempo; ho accettato la morte per rimanere fedele fino alla fine all'incarnazione, per la quale, restando Figlio di Dio consostanziale al Padre, sono diventato vero uomo in tutto, fuorché nel peccato (cfr. He 4,15). I tre giorni della passione e morte, necessari all'opera della redenzione, rimangono in me e in voi. Ed ora io vivo in eterno e manifesto con la mia risurrezione la volontà di Dio che chiama ogni uomo a partecipare alla mia stessa vita immortale. Ho le chiavi della morte con le quali devo aprire i sepolcri terreni e mutare i cimiteri, da luoghi in cui regna la morte, a vasti spazi per la resurrezione.

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3. "Non temere!". Quando, nell'isola di Patmos, Gesù rivolge a Giovanni questa esortazione, rivela la sua vittoria sui molti timori che accompagnano l'uomo nella sua esistenza terrena, prima di tutto di fronte alla sofferenza e alla morte. Il timore per la morte concerne anche la grande incognita che essa rappresenta: si tratta forse di un totale annientamento dell'essere umano? Le severe parole: "Ricordati che sei polvere, e in polvere tornerai" (cfr.
Gn 3,19) non esprimono pienamente la dura realtà della morte? L'uomo, dunque, ha seri motivi per provare timore di fronte al mistero della morte.

La civiltà contemporanea fa di tutto per distogliere la coscienza umana dall'ineluttabile realtà del morire, tentando di indurre l'uomo a vivere come se la morte non esistesse. E ciò s'esprime praticamente nel tentativo di distogliere la coscienza dell'uomo da Dio: farlo vivere come se Dio non esistesse! La realtà della morte pero è evidente. Non è possibile farla tacere; non è possibile dissipare la paura che ad essa è legata.

L'uomo teme la morte così come teme ciò che viene dopo la morte. Teme il giudizio e la punizione, e questo timore ha un valore salvifico: esso non va cancellato nell'uomo. Quando Cristo dice: "Non temere!", vuol dare risposta a ciò che costituisce la fonte più profonda delle paure esistenziali dell'essere umano.

Egli intende dire: Non temere il male, poiché nella mia risurrezione il bene si è dimostrato più potente del male. Il mio Vangelo è verità vittoriosa. La morte e la vita si sono affrontate sul Calvario in un mirabile duello e la vita ne è uscita vittoriosa: "Dux vitae mortuus regnat vivus!", "Io ero morto, ma ora vivo per sempre" (Ap 1,18).

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4. "La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d'angolo" (Ps 117(118],22). Il versetto del Salmo responsoriale dell'odierna liturgia ci aiuta a comprendere la verità sulla risurrezione di Cristo. Esprime anche la verità sulla Divina Misericordia rivelatasi nella resurrezione: l'amore ha riportato la vittoria sul peccato, e la vita sulla morte. Questa verità costituisce in un certo senso l'essenza stessa della Buona Novella. Cristo pertanto può dire: "Non temere!". E ripete tali parole ad ogni uomo, specialmente a chi è sofferente nel fisico o nello spirito. può ripeterle con tutta fondatezza.

Intui questo in modo particolare suor Faustina Kowalska, che ho avuto la gioia di beatificare due anni fa. Le sue esperienze mistiche si sono focalizzate tutte intorno al mistero di Cristo Misericordioso e costituiscono quasi un singolare commento alla parola di Dio presentataci dall'odierna liturgia domenicale. Suor Faustina non soltanto le ha annotate, ma ha cercato un artista capace di dipingere l'immagine di Cristo Misericordioso, così come ella lo vedeva.

Immagine che insieme alla figura della Beata Faustina rappresenta una testimonianza eloquente di ciò che i teologi chiamano "condescendentia divina".

Dio si rende comprensibile ai suoi interlocutori umani. La Sacra Scrittura, e specialmente il Vangelo, ne sono la conferma.

Carissimi Fratelli e Sorelle! Su tale linea si colloca il messaggio di suor Faustina. Ma era soltanto di suor Faustina o, piuttosto, non si trattava allo stesso tempo di una testimonianza resa da parte di tutti coloro ai quali tale messaggio ha infuso coraggio nelle dure esperienze della seconda guerra mondiale, nei campi di concentramento, nello sterminio e nei bombardamenti? L'esperienza mistica della Beata Kowalska ed il richiamo a Cristo Misericordioso si inscrivono nel duro contesto della storia del nostro secolo. Noi, come uomini di questo secolo, che volge ormai al termine, desideriamo ringraziare il Signore per il messaggio della Divina Misericordia.

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5. Oggi, in particolare, sono lieto di poter rendere grazie a Dio in questa Chiesa di Santo Spirito in Sassia, annessa all'omonimo ospedale e divenuta Centro specializzato per la pastorale degli infermi come pure per la promozione della spiritualità della Divina Misericordia. E' molto significativo ed opportuno che proprio qui, accanto all'antichissimo ospedale, si preghi e si operi con costante sollecitudine per la salute del corpo e dello spirito. Mentre per questo esprimo rinnovato compiacimento al Cardinale Vicario, il mio grato pensiero va anche al Cardinale titolare Fiorenzo Angelini. Saluto il Vescovo del Settore Ovest, il Rettore e gli altri Sacerdoti, le Religiose e tutti voi, cari fedeli qui presenti.

Vorrei, inoltre, inviare un fraterno pensiero ai degenti dell'Ospedale Santo Spirito, insieme pure ai medici, agli infermieri, alle Suore, ed a quanti quotidianamente li assistono. A tutti vorrei dire: Abbiate fiducia nel Signore! Siate apostoli della Divina Misericordia e, secondo l'invito e l'esempio della Beata Faustina, prendete cura di chi soffre nel corpo e specialmente nello spirito. Ad ognuno fate sperimentare l'amore misericordioso del Signore che consola e infonde gioia.

Sia Gesù la vostra pace! "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre" (
He 13,8). Contemplandolo nel mistero della croce e della resurrezione, ripetiamo insieme alla liturgia dell'odierna domenica: "Celebrate il Signore, perché è buono!" Celebrate il Signore, perché è misericordioso!

Data: 1995-04-23 Data estesa: Domenica 23 Aprile 1995

Udienza: Giovanni Paolo II al pellegrinaggio dell'Arcidiocesi di Lodz, nell'Aula Paolo VI - Città del Vaticano

Titolo: La vostra Arcidiocesi compie 75 anni

Cari Fratelli e Sorelle, Vi do un cordiale benvenuto nella casa del Papa, in Vaticano.

Saluto in modo particolare l'Arcivescovo, Monsignor WLadysLaw ZioLek, e gli sono grato per le parole rivoltemi in apertura di questo incontro.

Saluto anche i Vescovi Ausiliari qui presenti: Mons. Jan Kulik e Mons.

Bogdan Bejze, Mons. Adam Lepa, il più giovane degli Ausiliari, Mons. Janusz Bolonek, Nunzio Apostolico in Romania che dalla città di Lodz è partito per la sua missione. Saluto cordialmente i rappresentanti del Clero, degli Ordini religiosi e tutti i fedeli della Chiesa di Lodz. Rivolgo un particolare saluto ai rappresentanti del mondo della cultura e della scienza; ai Rettori degli Istituti superiori di Lodz; agli universitari ed anche al mondo dell'industria di Lodz. La cultura ha dato alla città anche il suo sviluppo industriale.

Mi unisco spiritualmente anche a Monsignor Jozef Rozwadowski, Vescovo emerito di Lodz e vi prego di trasmettere a lui il mio saluto.

Siete venuti a Roma per celebrare il 75 di fondazione della vostra Arcidiocesi, per approfondire qui, presso le tombe dei Santi Apostoli, la vostra fede, per consolidare la speranza ed accendere la carità. Siete venuti in questa grande Città irrorata dal sangue dei martiri, per apprendere da loro il valore della testimonianza a Cristo.

La Diocesi di Lodz è una giovane diocesi, ma possiede una storia già ricca e una tradizione profondamente radicata. L'hanno creata questa tradizione ricca e profondamente radicata, il Popolo di Dio sotto la guida dei suoi Pastori in tempi difficili per la Chiesa e per la nostra Patria. Frutto di un tale sforzo è stata una vasta azione sociale, che mirava al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione operaia. A questo fine si sviluppo la pastorale caritativa, sorsero i Comitati "Caritas" dell'Azione Cattolica. A Lodz inizio anche la sua attività l'Università Cattolica Operaia.

Di particolare premura vennero circondati i bambini e la gioventù scolastica, specialmente quella artigiana. Tutto questo mirava a portare ad un livello più alto l'istruzione e la qualificazione professionale, ma, alla base di tutto questo, c'era la sollecitudine per le anime della giovane generazione.

Desidero ora nominare il primo Pastore della vostra Diocesi, il Vescovo Wincenty Tymieniecki. A lui la Chiesa di Lodz deve il suo dinamico sviluppo spirituale e materiale; il sorgere di numerose chiese e cappelle e l'approfondimento della vita di pietà. Lui edificava tutto ciò non sulla sabbia, ma sulla roccia, e questa roccia è Cristo. Ne sono prova i vari Congressi Eucaristici, che ebbero luogo in quel tempo a lask, a leczyca, a Piotrkow Trybunalski. In modo particolare il Congresso Eucaristico di Lodz nel 1928 divenne per tutta la Diocesi un grande evento pastorale.

Fratelli e Sorelle, questa è una grande eredità, per la quale bisogna rendere incessanti grazie a Dio; di queste grazie ricevute non è lecito dimenticarsi, ma occorre vivere di Lui, da Lui attingere ispirazione e di lui arricchirsi. Come ho ricordato, questa eredità veniva costruita in tempi difficili e tragici per la nostra Nazione. Ho in mente soprattutto la seconda guerra mondiale, durante la quale la Diocesi di Lodz soffri moltissimo e subi un'enorme devastazione. Basti aggiungere, che come effetto delle operazioni belliche, degli arresti e delle deportazioni nei campi di concentramento, peri circa un terzo del clero della Diocesi. Oggi desideriamo ricordare tutti coloro, sacerdoti e laici, che con la loro sofferenza, e anche con l'offerta di vita, edificarono dalle fondamenta questa Diocesi.

Fin dai primi anni del dopoguerra la Diocesi di Lodz si è sviluppata con molto dinamismo e sotto numerosi aspetti. Desidero nominare qui l'attività nel campo della catechesi, rivolta ai ragazzi ed ai giovani, la pastorale della cultura e tra i giovani universitari. Particolare cura è stata riservata alle famiglie attraverso una rete di consultori famigliari parrocchiali e interparrocchiali, nonché una rete di formazione di istruttori di vita famigliare.

Con queste numerose azioni pastorali la Diocesi di Lodz ha dato un grande contributo alla storia della Chiesa in Polonia. Tutto ciò è stato messo in rilievo specialmente con l'atto di erezione dell'Arcidiocesi di Lodz, il 25 marzo del 1992.

Ci troviamo alla soglia del Terzo Millennio Cristiano. Il Giubileo della vostra Diocesi è preparazione al Grande Giubileo dell'Anno 2000. Che cos'è un Giubileo? E' un tempo dedicato in modo particolare a Dio. Un tempo di preghiera e di riflessione. Un tempo di grazia! Ascoltiamo la voce di Cristo che ci parla attraverso la sua Chiesa "segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano", secondo la "Lumen gentium" (cfr. LG 1). Non lasciamoci sedurre da altre voci, da altri slogan e da altri incitamenti. Gesù Cristo è l'unica luce - Lumen gentium -, l'unico segnale stradale e l'unica speranza dell'umanità. Che questo Giubileo contribuisca alla santificazione di ciascuno e di ciascuna di voi, dei vostri figli e delle vostre famiglie. Siate lievito per il mondo, trasformatelo dal di dentro, specialmente con l'esempio della vostra vita. Irradiando la fede, la speranza e la carità, mostrate agli altri Gesù Cristo. Rivolgo queste parole a tutti i presenti: laici, sacerdoti, religiosi e religiose, perché tutti siamo chiamati alla santità.

In modo particolare desidero anche rivolgermi al mondo del lavoro, soprattutto alle donne che lavorano e a tutti coloro che operano nelle fabbriche e nelle industrie. Sarebbe difficile per me dimenticare l'incontro con le operaie tessili a Lodz, durante il mio ultimo viaggio. Nel territorio della vostra Arcidiocesi, e specialmente nella città di Lodz, vi sono molte di queste industrie. Lodz è infatti una città industriale. La Chiesa è sempre stata ed è vicina al mondo del lavoro. Nell'Arcidiocesi di Lodz questa tradizione di sollecitudine verso il mondo del lavoro è molto viva. Oggi abbiamo nuovi problemi e nuove sfide, ma non possiamo dimenticare che l'uomo è sempre al centro della società e che i rapporti sociali devono essere edificati sulla giustizia, sulla solidarietà e sull'amore verso il prossimo.

Cari pellegrini! Annunziate al mondo il Vangelo! Il Vangelo dell'amore, della giustizia. Annunciate il Vangelo della vita! Nell'ultima Enciclica sul valore e l'inviolabilità della vita umana ho scritto tra l'altro: "E' necessario far giungere il Vangelo della vita al cuore di ogni uomo e donna e immetterlo nelle pieghe più recondite dell'intera società. E' proclamazione dello straordinario rapporto di Gesù con ciascun uomo, che consente di riconoscere in ogni volto umano il volto di Cristo; è indicazione del 'dono sincero di sé' quale compito e luogo di realizzazione piena della propria libertà. Siamo il popolo della vita e per la vita e in tal modo ci presentiamo davanti a tutti" (cfr. nn. 78,80,81). Queste parole dovrebbero essere oggetto di una profonda riflessione non solo per coloro che amano la vita e la servono, ma anche per coloro che, nel nome di false ideologie e di un concetto degenerato di libertà, respingono il messaggio cristiano sulla vita.

Giubileo: tempo di grazia! Che questo tempo apra i vostri cuori a Cristo. Il Padre lo ha dato al mondo perché l'uomo non si smarrisca sulle intricate vie del suo pellegrinaggio, ma perché abbia la vita eterna (cfr. Jn 3,16). Il futuro va costruito su Cristo, perché soltanto Lui "dà sempre all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla suprema sua vocazione" (GS 10).

Carissimi fratelli e sorelle, vi auguro di approfondire incessantemente in voi stessi questa consapevolezza che Cristo, nostra via, nostra verità e nostra vita (cfr. Jn 14,6), e che voi in questo modo contribuiate nella nostra difficile terra polacca, alla vittoria morale, indispensabile all'uomo e alla Nazione.

Questo è il mio fervido augurio che oggi vi rivolgo. Portatelo alle vostre famiglie, alle vostre parrocchie, ai vostri ambienti nei quali vivete e lavorate.

A tutti i connazionali.

Prima di concludere voglio dire che siamo coetanei. La diocesi di Lodz ha 75 anni ed anche il Papa ha 75 anni. Desidero aggiungere infine che a Lodz sono stato molte volte e ho avuto stretti rapporti con i vostri Vescovi. Non ricordo Mons. Jasinski, ricordo invece Mons. MichaL Klepacz. Ho fatto anche l'elogio funebre durante le sue esequie. Certamente ricordo molto bene il suo successore, Mons. Jozef Rozwadowski, giunto da Cracovia. Era mio vicino di camera nella canonica di San Floriano. Ricordo, naturalmente, quando egli era ancora studente, il vostro attuale Arcivescovo che oggi è presente a questo nostro incontro. Gli altri Arcivescovi e Vescovi li ho elencati all'inizio perché li ho conosco da anni.

Ci sarebbero molti altri ricordi. Spesso mi sono fermato nella residenza dei Vescovi di Lodz quando avevo degli impegni da svolgere in quella città.

Ricordo il primo festival "Sacrosong" che ha avuto luogo proprio a Lodz. Ho ancora parecchi ricordi ma non voglio dilungarmi.

Lodz città accademica e universitaria -, mi suggerisce il vostro Arcivescovo ed ha ragione -. Ricordo gli esercizi spirituali dettati per gli universitari su invito di Mons. Klepacz. Sono contento che Lodz accademica sia qui anche così ben rappresentata. Vi sono i Rettori, vi sono i rappresentanti degli Istituti superiori, delle Università, sicuramente del Politecnico, dell'Accademia Medica, di quella Militare, della Scuola Superiore delle Belle Arti, dell'Accademia di Musica. Vi ringrazio ancora e chiedo scusa se ho dimenticato qualcuno, ma volevo abbracciare tutti e non è facile perché si tratta di una città di quasi un milione di abitanti. Per il secondo millennio supererà il milione.

Adesso pregheremo per la nostra Patria e poi con tutti i Vescovi presenti impartiremo la Benedizione.

Data: 1995-04-24 Data estesa: Lunedi 24 Aprile 1995

Al Consiglio di Amministrazione della "Papal Foundation" - Città del Vaticano

Titolo: Attingete coraggio e forza dalla presenza di Cristo

Gentile Cardinale Krol, Loro Eccellenze, Signore e Signori, In questo periodo pasquale i nostri pensieri sono sempre rivolti al Risorto e alla sua vittoria sul peccato e sulla morte, vittoria in cui trovano fondamento la nostra speranza e il nostro impegno di cristiani. La presenza di Cristo, per mezzo della sua Chiesa e della sua grazia presente nei nostri cuori, è l'inestinguibile fonte a cui attingere coraggio e forza per i compiti che noi, come cristiani, siamo chiamati a svolgere per il bene dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Compito principale è testimoniare in modo convincente il Vangelo con la nostra aspirazione alla santità e all'amore perfetto. Possano le parole rivolte dal Risorto ai suoi discepoli: "Pace a voi!" (Jn 20,19) risuonare nei vostri cuori e infondere in voi la serenità e la fiducia necessarie a continuare nelle utili attività in cui siete impegnati.

E con questo spirito che porgo il mio saluto di benvenuto al Consiglio di Amministrazione della "Papal Foundation" in occasione della vostra visita annuale. La vostra presenza è sempre motivo di gioia, poiché l'intento principale della vostra fondazione consiste nell'offrire sostegno al mio ministero, il ministero del successore di Pietro. So bene che siete in questo impegnati non solo perché ispirati dalle ragioni della fede e dell'amore per la Chiesa, ma anche per un profondo senso di gratitudine a Dio del quale avete sperimentato le benedizioni nelle vostre vite e nelle vostre attività.

La Chiesa tutta è sempre più consapevole della chiamata e della sfida rappresentati dall'ormai prossimo Giubileo che inaugurerà il Terzo Millennio della Cristianità. E mia profonda convinzione che questo evento, e gli anni che da questo ci separano, siano un momento di abbondante grazia e di grande responsabilità per tutti noi. Come ho avuto modo di scrivere nella lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente, "specifici compiti e responsabilità, in vista del Grande Giubileo dell'Anno 2000, spettano al ministero del Vescovo di Roma" (n. 22). In ogni caso il mio ministero dovrà essere più intenso e più universale, e dovrà affrontare i grandi problemi che la Chiesa ha di fronte in questo momento epocale, tra i quali rivestono una loro importanza la ricerca dell'unità dei cristiani e l'impegno di far crescere la pace nel mondo sulle solide basi del riconoscimento e della garanzia del rispetto della dignità umana e dei diritti di ognuno.

Mi è naturalmente molto gradito il sostegno che la "Papal Foundation" mi offre in questo impegno evangelico e, riconoscente, chiedo al Risorto di mandare su di voi il suo Spirito, "caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato, a lode della sua gloria" (Ep 1,14) e in segno della mia vicinanza nel Nostro Signore e Salvatore, Gesù Cristo, imparto con gioia, a voi e alle vostre famiglie, la mia Benedizione Apostolica.

(Traduzione dall'inglese]

Data: 1995-04-26 Data estesa: Mercoledi 26 Aprile 1995

Udienza: Giovanni Paolo II ai partecipazione ad un Colloquio internazionale sulla "Veritatis Splendor" - Aula Paolo VI, Città del Vaticano

Titolo: Le preoccupazione della Chiesa in campo morale convergono con il rinnovato interesse della filosofia attuale

Signori Cardinali, Venerati Fratelli nell'Episcopato, Illustri Docenti, Carissimi Studenti delle Università Pontificie,


GPII 1995 Insegnamenti 675