GPII 1995 Insegnamenti 716

S.Messa di Beatificazione: l'omelia del Papa durante la solenne Concelebrazione - Trento

Titolo: Giovanni Nepomuceno: ha vissuto un grande distacco da ogni forma di compromesso con gli onori della terra



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1. "Proclamiamo la tua risurrezione!". La Chiesa proclama la risurrezione di Cristo nel momento centrale di ogni Santa Messa quando, dopo la consacrazione, il celebrante pronuncia ad alta voce le parole: "Mistero della fede!". Ad esse tutta l'assemblea risponde con l'acclamazione: "Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta". Queste parole rimandano al nucleo centrale degli eventi salvifici trasmessi a noi nel Vangelo.

La Chiesa annunzia ancora oggi il Cristo crocifisso, come hanno fatto gli Apostoli; come ha fatto san Paolo, che non riteneva di sapere altro "se non Gesù Cristo, e questi crocifisso" (
1Co 2,2). La Chiesa annunzia la morte di Cristo, indicando in essa l'inizio della nuova vita.

Signore Gesù, anche noi oggi in Trento "proclamiamo la tua risurrezione". Insieme con le donne e con gli Apostoli, ci fermiamo presso la pietra rotolata via dall'ingresso della tua tomba, rimasta ormai vuota. Come i discepoli, ti incontriamo sulla via di Emmaus; in modo particolare, ti incontriamo nel cenacolo insieme con gli Apostoli e, con Tommaso, tocchiamo le tue ferite. Ti incontriamo anche in Galilea, sul lago di Genezaret, dove prima eri stato visto tante volte mentre insegnavi. Su quel lago avevi chiamato gli Apostoli a seguirti, ed essi, lasciate le reti, avevano iniziato il cammino del quale tu sei Maestro e Guida.

Su quel lago erano risuonate un giorno le parole da te rivolte a Pietro: "Prendi il largo e calate le reti per la pesca" (Lc 5,4). E Pietro aveva eseguito l'ordine, ottenendone una pesca straordinariamente abbondante. Dopo la risurrezione questa stessa scena si ripresenta, come racconta il brano evangelico dell'odierna liturgia. Ancora una volta agli Apostoli, stanchi per la pesca infruttuosa durata tutta la notte, Tu dici: "Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete" (Jn 21,6). Essi dunque gettano la rete, e questa si riempie talmente di pesci da essere tratta a riva con grande fatica.

Quando la Chiesa, celebrando l'Eucaristia, proclama la risurrezione di Cristo, lo fa in virtù della testimonianza resa dagli Apostoli, che hanno personalmente rivisto il loro Maestro vivo. La loro testimonianza oculare è la prima fonte della fede della Chiesa, la quale proclama la risurrezione di Cristo come evento realmente accaduto, fondamento della fede e ragione della speranza di quanti cercano la salvezza.

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2. Di questa fede vive la Comunità apostolica a Gerusalemme: ad essa fa riferimento la prima lettura dell'odierna Liturgia. Gli Apostoli, condotti ancora una volta davanti al tribunale del Sinedrio, ricevono nuovamente dal Sommo Sacerdote un ammonimento severo: "Vi avevamo espressamente ordinato di non insegnare più nel nome di costui, ed ecco voi avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina e volete far ricadere su di noi il sangue di quell'uomo" (
Ac 5,28). La risposta di Pietro e degli Apostoli è semplice, ma allo stesso tempo ferma: "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini" (Ac 5,29): dobbiamo, cioè, obbedire a quanto Dio comanda, a ciò che Egli ci affida come sua parola, piuttosto che a quanto ci viene ordinato dal Sinedrio.

Gli Apostoli, che videro con i propri occhi il Cristo dopo la risurrezione, non potevano tacere la loro straordinaria esperienza. Se Egli si era mostrato ad essi, lo aveva fatto affinché la verità della sua risurrezione giungesse a tutti gli uomini mediante la loro testimonianza qualificata. La risurrezione di Gesù è il nuovo inizio dell'intervento di Dio nella storia del Popolo eletto. Proclamando ogni giorno durante la celebrazione dell'Eucaristia la risurrezione di Cristo, la Chiesa si ricollega a questo nuovo inizio: "Proclamiamo la tua risurrezione".

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3. Durante questa celebrazione solenne ho la gioia di elevare agli altari, qui a Trento, il servo di Dio Giovanni Nepomuceno de Thchiderer. Non è forse questa beatificazione una singolare proclamazione della risurrezione di Cristo? Quest'uomo, che a cominciare da oggi chiameremo "Beato", non partecipava forse spiritualmente all'incontro degli Apostoli con Cristo risorto, di cui parla l'odierno Vangelo? Anch'egli non ha forse udito la stessa domanda che Cristo rivolse a Pietro sul lago di Genezaret: "Mi ami tu?" (
Jn 21,15). E non ha cercato anche lui, come Pietro, di rispondere a quella domanda con tutta la sua vita: "Certo, Signore, tu lo sai che ti amo" (Jn 21,15)? Quando ci occupiamo della significativa beatificazione di Giovanni Nepomuceno de Thchiderer e del suo sconfinato amore per Cristo, pensiamo anche alla sua regione d'origine nella quale ha svolto la sua opera benefica fra i credenti di lingua tedesca. Per questo porgo un saluto particolare ai fedeli delle diocesi di Bolzano-Bressanone, di Innsbruck e di Feldkirch. Queste Chiese locali sono legate al Vescovo Giovanni Nepomuceno. Nato e battezzato a Bolzano, ha operato anche come Pastore nelle parrocchie di lingua tedesca della Diocesi di Trento. In quanto Vescovo Ausiliare di Bressanone rivolgeva la sua sollecitudine pastorale anche a Feldkirch.

Il Vescovo Giovanni Nepomuceno de Thchiderer fu anche un uomo che oltrepasso i confini. Fece suo l'ordine del Signore di servire e di non "farsi servire" (Mt 20,26). Il Vescovo Giovanni Nepomuceno fu in grado di oltrepassare i confini della diversità di condizioni sociali, di lingua e di mentalità.

Il nuovo Beato ha di fatto operato nel cuore dell'Europa ed è stato in grado, con l'esempio illuminante della sua persona, di conservare le identità e tuttavia di promuovere la comunità.

L'amore per il Signore Risorto e per la sua Chiesa, che ha il compito di annunciare il Vangelo a tutti i popoli fino ai confini della terra e di fare di tutti gli uomini i suoi discepoli (cfr. Mt 28,19) suscito nel nuovo Beato anche la sollecitudine per le vocazioni. I seminari vescovili, soprattutto il Giovanneo, che porta il suo nome, richiamano alla mente anche oggi questo compito di preparazione così importante per la Chiesa e per una risposta ferma della vita sacerdotale alla chiamata del Signore alla sua particolare sequela. Esorto tutti i fedeli, i sacerdoti e i religiosi delle vostre Diocesi a non smettere mai di pregare affinché il Signore delle Messi invii operai nella sua vigna (cfr. Mt 9,37-38).

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4. Il Vescovo Giovanni Nepomuceno ebbe da Dio, in straordinaria misura, il dono dell'amore. Ogni atto della sua vita fu animato da un profondo ed intenso rapporto con il Signore, coltivato quotidianamente nel raccoglimento e nella preghiera.

Grazie a questo egli seppe vivere un grande distacco da ogni forma di compromesso con gli agi e gli onori della terra. I diversi ministeri che gli furono affidati, con il loro grave carico di responsabilità, vennero da lui affrontati con quel coraggio che viene solo dall'umiltà. Pienamente consapevole della propria inadeguatezza, non esito a gettare le reti fidando, come Pietro, sulla parola di Cristo.

Se in queste stupende valli trentine continua a risuonare benefico il nome di Cristo e se la risposta di fede in Lui rimane sempre molto viva, lo si deve certamente, oltre che alla grazia dello Spirito Santo, ai primi evangelizzatori di questa terra, san Vigilio e i martiri d'Anaunia, e a quanti dopo di loro seppero superare, come il nuovo Beato, la paura degli uomini per consacrarsi fino in fondo al Vangelo. Il vescovo Giovanni Nepomuceno lo mise al primo posto e lo annuncio con le parole e con la vita. Sul suo atto di morte fu scritto: "Amo Trento e fu l'amore dei Trentini".

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5. Carissimi Fratelli e Sorelle, sono molto lieto di porgere un cordiale saluto a ciascuno di voi, cominciando dai Presuli presenti, con uno speciale pensiero al Pastore della Chiesa di Trento, il carissimo Mons. Giovanni Maria Sartori, che ringrazio per le cortesi espressioni rivoltemi all'inizio della celebrazione.

Saluto il suo venerato predecessore, Mons. Alessandro Maria Gottardi, associandomi di cuore all'augurio di una lunga vita in comunione d'amore con la Diocesi da lui guidata per venticinque anni.

Saluto il Cardinale Marco Cé, Patriarca di Venezia, ed i membri della Conferenza Episcopale Triveneta con gli altri Arcivescovi e Vescovi presenti anche dall'Austria, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i laici attivamente impegnati nei molteplici settori pastorali della Diocesi. Rivolgo un deferente pensiero alle Autorità amministrative, politiche e militari che hanno voluto partecipare a questa celebrazione liturgica.

Ricordo con speciale affetto gli ammalati, i sofferenti nel corpo e nello spirito, coloro che non hanno potuto essere fisicamente presenti a questa celebrazione e ci seguono attraverso la radio e la televisione. Saluto in modo particolare le famiglie: ad esse sono rivolte le premure della Chiesa, che desidera collocarle al centro della sua azione pastorale, perché sono al cuore della nuova evangelizzazione.

Cari fedeli della Chiesa di Dio che vive in Trento e delle altre Diocesi qui rappresentate: ravvivate le radici secolari della vostra fede; custodite e arricchite il prezioso patrimonio delle vostre tradizioni religiose, ricevuto dalle precedenti generazioni a prezzo di sacrifici durissimi; camminate incontro al terzo millennio dell'era cristiana con la certezza che il Signore risorto è al vostro fianco e vi sostiene.

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6. "Proclamiamo la tua risurrezione". La Liturgia eucaristica non proclama soltanto la risurrezione di Cristo testimoniata dagli eventi che ebbero luogo in Galilea dopo la Pasqua o a Gerusalemme nel primo periodo dell'attività della Chiesa dopo la discesa dello Spirito Santo; essa conduce il nostro sguardo di fede anche verso il ritorno finale di Cristo: "Proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta". Nel Libro dell'Apocalisse Giovanni ci parla della visione da lui avuta del Cristo glorificato. A Lui è rivolta la lode degli spiriti celesti e di tutta la creazione: "A colui che siede sul trono e all'Agnello lode, onore, gloria e potenza nei secoli dei secoli" (
Ap 5,13). Cristo, innalzato alla destra del Padre, è dunque descritto come l'Agnello di Dio, l'Agnello immolato, cioè offerto in sacrificio per i peccati del mondo. Proprio così fu indicato sul Giordano Gesù di Nazaret da Giovanni Battista: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo" (Jn 1,29). Parole profetiche, che dovevano compiersi nel Mistero pasquale. Come è eloquente il fatto che tali parole vengano fatte proprie dalla Chiesa ogni giorno nella celebrazione eucaristica al momento della Santa Comunione: "Ecco l'Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo".

Quando riceviamo Cristo nella Comunione, si ripete in un certo senso l'evento accaduto sul lago di Galilea. Gesù domanda a ciascuno di noi, che ci accostiamo all'Eucaristia: "Mi ami tu?". Ed ognuno, dopo aver confessato la propria indegnità con le parole del centurione tramandate nel Vangelo: "Signore, ... io non son degno" (Lc 7,6), risponde con le parole di Pietro: "Certo, Signore, tu lo sai che ti amo" (Jn 21,15).

Oggi la Chiesa a Trento, in un modo del tutto particolare, annunzia la morte di Cristo e proclama la sua risurrezione. Oggi, nel contesto dei 450 anni dal Concilio di Trento, la vostra Chiesa sperimenta anche con speciale intensità l'attesa della venuta di Cristo nella gloria. Essa, infatti, si allieta insieme con il Beato Giovanni Nepomuceno de Thchiderer e con tutti i Santi e i Beati per i frutti centuplicati che continuano a sgorgare dalla risurrezione di Cristo.

In comunione con loro, anche noi oggi annunciamo la tua morte, o Signore, proclamiamo la tua risurrezione, ed attendiamo sicuri nella speranza la tua venuta nella gloria alla fine dei tempi.

Amen.

Data: 1995-04-30 Data estesa: Domenica 30 Aprile 1995

Regina Caeli: la meditazione mariana del Papa - Trento

Titolo: Una "corona" di case di preghiera intitolate a Maria

Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. Al termine di questa solenne celebrazione, durante la quale ho avuto la gioia di beatificare Giovanni Nepomuceno de Thchiderer, figlio di questa terra e Vescovo di Trento, rivolgiamo ora la nostra preghiera a Maria Santissima, di cui il nuovo Beato era devotissimo.

Come l'Italia intera, così il Trentino è costellato di Santuari mariani.

Vorrei qui ricordarne alcuni, particolarmente cari al popolo cristiano che abita in queste splendide valli: la Madonna di Caravaggio in Montagnaga di Belsega di Piné; la Madonna delle Grazie di Arco; la Madonna dell'Aiuto di Segonzano; la Madonna delle Grazie di Folgaria, legata alla memoria del mio venerato predecessore Giovanni XXIII; la Madonna "del Lares" di Bolbeno e quella "del Feles" di Bosentino; l'Addolorata di Cavalese e la Madonna dell'Assunzione di Campiglio.

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2. Sono lieto di poter evocare con voi questa "corona" di case di preghiera intitolate a Maria proprio oggi, alla vigilia del mese di Maggio, tradizionalmente dedicato alla Madre di Dio. Non si deve pensare che questa tradizione sia superata dai tempi. Certo, le generazioni passate vivevano in un ambiente sociale e culturale ben diverso dall'attuale, più semplice, più vicino alla natura ed ai suoi ritmi; e il "Mese di Maggio" era una sintesi felice tra fede e cultura popolare.

Tuttavia, il tempo presente non ha forse più bisogno ancora di pace, di armonia del corpo e dello spirito? L'uomo d'oggi ha soprattutto bisogno di riscoprire la dimensione del silenzio e della preghiera, dimensione indispensabile per aprire il cuore a Dio e ai fratelli.

Maria, perfetta discepola del suo Figlio Gesù, è maestra di tutto ciò: maestra di preghiera e di vita, di spiritualità incarnata nell'umanità. Ella ci insegna come si ascolta la parola di Dio e la si mette in pratica nella vita di ogni giorno.

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3. A fianco di Maria, ricordiamo anche San Giuseppe, che domani, primo maggio, celebreremo quale "Artigiano" e Patrono dei lavoratori. Come lo scorso 19 marzo, pure oggi desidero affidare a San Giuseppe il mondo del lavoro, e in modo speciale gli uomini e le donne che operano in questa terra trentina, dove l'artigianato è particolarmente fiorente e rinomato.

Preghiamo e facciamo il possibile affinché vi sia lavoro per tutti, specialmente per i giovani. Curiamo pero che esso sia sempre illuminato e sorretto da una visione religiosa della vita, dall'amore per Dio e per il prossimo, da una coscienza morale sensibile e onesta. Promuoviamo continuamente l'unità familiare e il servizio alla vita. Maria e Giuseppe di Nazaret, artigiani della famiglia e della vita, siano modello e guida per i giovani, i coniugi e gli anziani in tutte le famiglie trentine e italiane.

(Al termine delle parole del "Regina Caeli" il Papa ha aggiunto:] Alla fine desidero ancora esprimere il mio compiacimento e ringraziamento per lo spirito missionario che anima l'Arcidiocesi di Trento, la quale ha dato numerosi missionari alla Chiesa. Ho appreso con sincero apprezzamento che questa Arcidiocesi mantiene 59 seminaristi ucraini nel Seminario di Lublino. E' una cooperazione tra le Chiese che cordialmente incoraggio.

(Infine il Santo Padre ha così concluso:] Per la prima volta nella mia vita ho potuto celebrare l'Eucaristia in Trento. Eucaristia vuol dire ringraziamento e volevo portare dentro questa Celebrazione Eucaristica un grande ringraziamento non solamente della mia vita, della mia vocazione, ma anche della secolare vocazione della Chiesa che, qui in Trento, ha trovato in diverse epoche, e specialmente nell'epoca moderna, cominciando dal secolo XVI, un grande appoggio.

Come forti sono queste montagne così forte è la fede che ci ha lasciato il Concilio di Trento nel suo Magistero.

E noi tutti siamo debitori verso questo evento storico. La nostra fede è costruita su questo Magistero indimenticabile del Concilio di Trento.

Grazie a voi, trentini contemporanei!

Data: 1995-04-30 Data estesa: Domenica 30 Aprile 1995

Il 450° anniversario del Concilio: il discorso del Papa durante l'incontro di preghiera in Duomo per commemorare il grande evento - Trento

Titolo: Il Concilio Tridentino è stata la grande risposta della fede cattolica alle sfide della cultura moderna

Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. "Quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!" (
Ps 132,1).

Le parole del salmo esprimono efficacemente la letizia di questo incontro che vede riunite in Cattedrale le componenti più significative della Chiesa trentina e gli eredi di quel popolo fedele che accompagno e sostenne con entusiastica e pia partecipazione i Padri Conciliari in tutte le fasi della celebrazione del Concilio di Trento.

Vi saluto tutti con affetto. Voi siete figli di una grande tradizione religiosa, che trae origine dal sangue dei martiri Sisinio, Martirio ed Alessandro, dallo zelo del Vescovo Vigilio, prodigatosi fino al supremo sacrificio per recare alle genti trentine il prezioso patrimonio della fede, come pure dalla luminosa testimonianza del beato Giovanni Nepomuceno de Thchiderer, nonché di altre grandi figure di santi e di missionari, vanto di questa terra e della Chiesa tutta.

Rivolgo il mio saluto particolare al Pastore di questa Arcidiocesi, Mons. Giovanni Maria Sartori. Con lui rendo omaggio al venerato Fratello nell'Episcopato Alessandro Maria Gottardi, per lunghi anni Pastore di questa Chiesa, e ai Vescovi del Triveneto qui convenuti.

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2. Oggi facciamo memoria di un grande evento della storia della Chiesa: ricordiamo quel Concilio, che dalla città di Trento prende nome, proprio perché in questa Cattedrale ebbe inizio 450 anni or sono, il 13 dicembre 1545, e qui celebro i suoi momenti salienti. Di tale straordinario avvenimento, durato ben 18 anni, vogliamo innanzitutto rendere grazie a Dio che, nonostante le incertezze degli uomini e le oggettive difficoltà dei tempi, offri alla sua Chiesa una inestimabile occasione di grazia e di religioso rinnovamento.

Di fronte alla crisi spirituale ed ecclesiale dei primi anni del '500, la Chiesa a Trento seppe trovare il coraggio della fedeltà alla Tradizione apostolica, lo slancio di un rinnovato impegno di santità, la forza per un autentico rilancio pastorale, sicché non si esagera affermando che quel Concilio ha segnato e plasmato un'intera epoca della Chiesa e continua ancora oggi a produrre benefici effetti.

Convocato per avviare la riforma all'interno della Chiesa ed insieme per chiarire fondamentali questioni dogmatiche oggetto di controversia, il Concilio non perse mai la speranza di poter sanare l'aspro dissidio che si era determinato in seguito alla Riforma protestante. La sede stessa del Concilio, questa Città di Trento compresa nell'impero di Carlo V, era stata scelta "per facilitare l'incontro, per fare da ponte, per offrire l'abbraccio della riconciliazione e dell'amicizia" (Discorso di Paolo VI alla Chiesa Tridentina: Insegnamenti, II, 1964, p.157). Purtroppo per il momento non si poté fare altro che constatare la divisione. Ma la tensione al ristabilimento della piena comunione non sarebbe mai venuta meno, ed oggi, dopo le grandi indicazioni ecumeniche del Concilio Vaticano II, è sentita come una priorità pastorale della Chiesa.

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3. Ad un sereno sguardo retrospettivo, il Concilio Tridentino si presenta come la grande risposta della fede cattolica alle sfide della cultura moderna ed agli interrogativi posti dai Riformatori. Attraverso la sua opera di chiarificazione dogmatica e di rilancio pastorale, esso traccio le grandi vie della Chiesa per i secoli successivi, favorendo così quell'autentico umanesimo cristiano, che avrebbe portato non pochi frutti nella cultura, nell'arte, nella vita religiosa e sociale.

Determinante fu, certamente, per lo svolgimento dell'assise conciliare l'iniziativa dei miei venerati Predecessori: la prudenza e la fermezza di Paolo III nel volere il Concilio, la tenacia di Giulio III nel tessere la tela tra i principi e le varie componenti ecclesiali, la concretezza operativa di Pio IV nel promuoverne la positiva conclusione, e poi lo zelo di Pio V, Gregorio XIII, Sisto V nel curare l'attuazione dei decreti conciliari, costituiscono altrettante componenti del "successo" dello storico evento.

E come non ricordare anche la solerte intraprendenza dei legati pontifici, grandi uomini di Chiesa ed esperti politici, nel favorire lo sviluppo di un'opera insidiata continuamente da più parti? Doverosa è pure la menzione dei contributi rilevanti di Vescovi e teologi sapienti, in specie dei dotti e pii Cardinali Seripando ed Hosio, degli abili Cardinali Madruzzo, Vescovo di Trento, e Morone e dello stesso infaticabile san Carlo Borromeo. Sono tutte "chiavi di lettura" necessarie per capire ciò che allora avvenne; ma la spiegazione esaustiva dell'evento conciliare deve essere ricercata nell'iniziativa amorevole di Dio, che volle essere accanto alla sua Chiesa per sostenerla in un momento particolarmente grave della sua storia.

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4. Numerosi erano infatti i problemi che agli albori del XVI secolo, affliggevano la Chiesa, rendendo urgente una profonda riforma. In particolare, la riflessione teologica accusava ritardi di fronte ai grandi interrogativi, intellettuali e religiosi, che fermentavano la cultura del tempo, ed offriva in tal modo il fianco all'errore dottrinale.

In così preoccupante contesto, il Tridentino ripropose la dottrina cattolica in maniera precisa ed inequivocabile. Era una chiarificazione dogmatica che, in più di un caso, non si limito a ristabilire la verità negata, ma valorizzo anche, riportandole nell'alveo cattolico, significative istanze messe in luce dalla Riforma protestante. così, ad esempio, la preoccupazione per la salvaguardia dell'assoluto primato della grazia di Dio e della sua opera in ordine alla salvezza dell'uomo aveva indot- to i Riformatori ad una problematica reinterpretazione del ruolo dell'uomo religioso e della Chiesa. Il Concilio apprezzo e raccolse questa indicazione e illustro, a sua volta, con ampio ricorso alle fonti bibliche e con un linguaggio alto e profondamente religioso l'opera di Dio e il ruolo salvifico della fede. Nel medesimo tempo, sottolineo gli effetti di obiettivo risanamento prodotti dalla grazia divina e fece appello alla responsabile cooperazione dell'uomo nell'assecondare l'opera di Dio.

In tal modo, con il Decreto sulla Giustificazione - una delle acquisizioni più preziose per la formulazione della dottrina cattolica - il Concilio intese salvaguardare nel processo della giustificazione dell'uomo peccatore il ruolo da Cristo assegnato alla Chiesa e ai suoi sacramenti.

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5. Altro frutto importante del Concilio, che investe in maniera centrale e decisiva la vita di fede del popolo cristiano, è il Decreto sull'Eucaristia.

Di fronte ad una prassi a volte poco illuminata, che aveva offerto ai Riformatori l'occasione per porre in discussione il valore della Messa come sacrificio, il Concilio seppe formulare una teologia dell'Eucaristia che ci appare ancor oggi sorprendentemente perspicua: nella XXII sessione i Padri di Trento affermarono che nel mistero eucaristico è "ripresentato" in modo mirabile il sacrificio della Croce, consumato una volta per sempre sul Calvario. Di quell'unico sacrificio la Messa è perenne ed efficace memoriale e ne applica la virtù salutifera in remissione dei peccati.

A monte e a garanzia del realismo sacrificale della Messa, il Concilio, in una precedente sessione, la XIII, aveva sottolineato con espressioni precise ed inequivocabili ("vere, realiter, substantialiter") la realtà della presenza di Cristo sotto le specie eucaristiche del pane e del vino: presenza che non contraddice, ma integra, sublima e porta a compimento le altre modalità di presenza vera di Cristo.

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6. Alle formulazioni dogmatiche sull'Eucaristia è intimamente e organicamente legata la dottrina sul ministero ordinato: nel proclamarne l'origine divina, il Concilio ne illustra la natura di sacramento, voluto da Cristo come componente essenziale della sua Chiesa. In virtù della sacra Ordinazione, il battezzato è assunto tra i membri della comunità e costituito per agire "in persona Christi" a servizio dei fratelli.

Nella XXIII sessione viene tracciato il profilo del ministro ordinato: escludendo che i suoi compiti si possano ridurre al solo ministero di predicare il Vangelo, si ribadisce che nel Nuovo Testamento esiste un sacerdozio visibile ed esteriore, con poteri di consacrare e di offrire il vero corpo e sangue del Signore e di rimettere o ritenere i peccati.

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7. All'impegno di chiarificazione dogmatica il Concilio Tridentino uni quello di grande rilancio della dimensione pastorale della Chiesa. Anzi, esso fuse in mirabile sintesi le due esigenze, proponendo, soprattutto per la decisa volontà dei Sommi Pontefici, la fedele adesione alla Verità rivelata come condizione indispensabile per una pastorale adeguata e per una autentica riforma della Chiesa.

Furono così create le condizioni perché l'interiore vitalità della grazia potesse emergere, contribuendo a rinnovare il volto della Sposa di Cristo.

Ai Padri Conciliari stava soprattutto a cuore promuovere nella Chiesa un degno esercizio del ministero, sottolineandone le caratteristiche genuinamente pastorali a tutti i livelli. Questa era, infatti, la vera emergenza nella Chiesa del tempo e la sua più impellente urgenza. A tanto miravano le lunghe discussioni sull'obbligo di residenza per i Vescovi, che occuparono un notevole spazio nelle sessioni conciliari. Era convinzione comune che solo da ministri degni, preparati, e intimamente e concretamente dediti alla cura della anime, sarebbe scaturita la riforma del corpo ecclesiale. Raccogliendo anche gli stimoli provenienti dai Riformatori, l'Assise conciliare presento nelle Sessioni V e XXIV la praedicatio evangelii come praecipuum episcoporum munus. Veniva così ricollocato al centro della pastorale ordinaria l'annuncio della parola di Dio nelle forme della predicazione e della catechesi, come elemento essenziale e rivitalizzante della fede e della devozione del popolo cristiano.

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8. Al fine di una adeguata formazione dottrinale e pastorale dei sacerdoti, il Concilio si preoccupo di istituire i seminari. E questo costitui un'autentica svolta nella vita e nella prassi della Chiesa. I Padri erano ben convinti che il progresso della comunità cristiana è impossibile senza l'opera di sacerdoti zelanti, formati sia intellettualmente che moralmente.

Non minori risvolti pastorali ebbero nel Concilio tridentino i decreti sui sacramenti. Oltre che frenare il disordine allora presente nell'ambito della liturgia, il Concilio si preoccupo di dare unità, verità e dignità alle celebrazioni liturgiche, per offrire un efficace servizio alla Comunità riunita in preghiera.

L'influsso del Concilio travalico gli stessi confini della Chiesa e si pose come fattore determinante di civiltà in Europa e, mediante la grande espansione dell'attività missionaria, nel resto del mondo. I Padri di Trento, pur sensibili ai fermenti positivi che accompagnavano la nascita dell'evo moderno, indicarono nel ritorno alle radici cristiane della cultura la condizione necessaria per costruire un autentico umanesimo. Per questo può dirsi con verità che a Trento furono poste premesse decisive per quell'"umanesimo cristiano" a cui attinsero un Filippo Neri, un Pietro Canisio, un Francesco di Sales, e tante altre splendide figure di testimoni di Cristo, che così larga messe di bene seppero suscitare nella società del loro tempo.

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9. Purtroppo tutto questo splendido patrimonio di verità e di iniziative pastorali non basto a sanare la frattura che in quei decenni si era verificata in seguito alla "Riforma".

Desiderosi di non compromettere ulteriormente la prospettiva della riunificazione, i Padri conciliari evitarono di inasprire la polemica con specifiche condanne personali, pur rigettando con fermezza le dottrine dei Riformatori là dove spezzavano la continuità della Tradizione e ne smarrivano dati essenziali.

Nello spirito ecumenico tanto sottolineato dal Vaticano II, ho incoraggiato negli anni scorsi lo sviluppo del dialogo con i fratelli, eredi della Riforma protestante. I risultati del Gruppo misto di teologi costituito da qualche anno, su alcuni temi nodali si sono rivelati davvero promettenti, e ci fanno nutrire la speranza che si possa pervenire ad ulteriori punti di convergenza sui temi per i quali non è stato ancora raggiunto un accordo sufficiente. Le affermazioni dogmatiche del Concilio di Trento conservano naturalmente tutto il loro valore. Ma un sereno approfondimento della verità rivelata, in obbedienza allo Spirito di Dio e in atteggiamento di reciproco ascolto, ci porterà sempre più vicini, rendendo le stesse incomprensioni del passato occasioni di crescita nella fede e nell'amore.

10. Carissimi Fratelli e Sorelle! In questa solenne commemorazione vorrei far giungere il mio incoraggiamento a quanti si dedicano, con sacrificio e passione ecumenica, alla indagine storica e teologica creando, nel dialogo ispirato ad una rigorosa ricerca della verità, le condizioni per il ritorno alla piena unità visibile di tutti i cristiani.

L'impegno per l'unità dei cristiani acquista particolare significato in vista della celebrazione del Giubileo del 2000, che deve essere una grande occasione per implorare dal Signore "che cresca l'unità tra tutti i cristiani delle diverse confessioni fino al raggiungimento della piena comunione". L'evento sarà "l'occasione propizia di una fruttuosa collaborazione nella messa in comune delle tante cose che ci uniscono e che sono certamente più di quelle che ci dividono. Quanto gioverebbe in tale prospettiva che, nel rispetto dei programmi delle singole Chiese e Comunità, si raggiungessero intese ecumeniche nella preparazione e realizzazione del Giubileo: esso acquisterà così ancor più forza testimoniando al mondo la decisa volontà di tutti i discepoli di Cristo di conseguire al più presto la piena unità nella certezza che "nulla è impossibile a Dio" (
TMA 16).

11. Sulla nostra assemblea domina l'immagine austera e commovente del Crocifisso.

Su questa antica immagine, che i Padri del Concilio Tridentino posero al centro delle loro sessioni e della loro preghiera, uno scultore credente lascio scritto: "Solus Christus! Sola Gratia!". Guardando questo volto dolce e sofferente siamo invitati a comprendere la vera misura della misericordia di Dio ed il senso ultimo della sua giustizia; siamo spinti ad assecondare la sua grazia, per cogliere nel cammino ecclesiale sempre e solo l'essenziale: l'avvento del Regno di Cristo, crocifisso e risorto per la nostra salvezza.

Di tale cammino ecclesiale i Concili costituiscono tappe importanti e provvidenziali. Quattrocentocinquant'anni or sono il Concilio Tridentino segno l'avvio di un forte processo di rilancio spirituale e pastorale nella Chiesa.

Analogamente il Concilio Vaticano II, vera "grazia di Dio e dono dello Spirito Santo" (cfr. Assemblea Straordinaria del Sinodo dei Vescovi a vent'anni dalla conclusione del Concilio, Relazione finale, n. 2), ha dato alla Chiesa del nostro tempo una rinnovata coscienza del suo mistero e della sua missione, imprimendo all'intera comunità una profetica spinta al rinnovamento in obbedienza alla parola di Dio, per meglio servire gli uomini e per portare ad essi più efficacemente l'annuncio del Vangelo.

Come nel secolo XVI la fedele attuazione delle dottrine conciliari fu all'origine dell'auspicato rilancio pastorale, così ora la fedele applicazione degli insegnamenti del Concilio Vaticano II consentirà di offrire risposte adeguate alle problematiche emergenti nella nostra epoca, alla vigilia ormai del terzo millennio cristiano.

Maria, la Madre dell'unità e dell'amore, aiuti ciascuno ad assumere le proprie responsabilità nella Chiesa. Ci aiuti soprattutto ad accogliere Colui che regna dalla Croce, per essere sempre disponibili ad offrire al mondo il segno grande della piena comunione che nasce dall'Amore trinitario.

Data: 1995-04-30 Data estesa: Domenica 30 Aprile 1995


GPII 1995 Insegnamenti 716