GPII 1995 Insegnamenti 344

Udienza: il Santo Padre all'Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano - Città del Vaticano

Titolo: "Voi contribuite con la vostra silenziosa opera alla quotidiana realizzazione del servizio apostolico del Successore di Pietro"

Signor Prefetto Marinelli, Signor Ispettore Generale, Dr. Valenti, Signori Funzionari ed Agenti!

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1. Sono molto lieto di accogliervi per il tradizionale incontro di inizio d'anno con l'Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano. Ringrazio il Prefetto Enrico Marinelli per le gentili espressioni con cui ha interpretato i sentimenti dei presenti e tutti saluto cordialmente.

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2. La prima parola che desidero dirvi è ancora una volta "grazie". Grazie per quello che fate al fine di facilitare e proteggere il Papa nello svolgimento della sua azione pastorale. Grazie per il costante lavoro di vigilanza, mediante il quale assicurate ordine e sicurezza nelle zone adiacenti alla Città del Vaticano.

Il Signore vi ricompensi per l'impegno che profondete e per i sacrifici che compite. Voi contribuite con la vostra silenziosa opera alla quotidiana realizzazione del servizio apostolico del Successore di Pietro e della Sua missione nella Chiesa e nel mondo.

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3. Come sapete, la Chiesa, nella sua dimensione storica di popolo di Dio pellegrinante nel tempo, si è ormai decisamente incamminata verso il grande Giubileo dell'anno 2000. La Diocesi di Roma, in particolare, è consapevole di doversi preparare ad una straordinaria opera di accoglienza. Anche il vostro Ispettorato naturalmente sarà coinvolto, a suo tempo, nell'assicurare le condizioni migliori di pubblica sicurezza ai pellegrini che giungeranno in gran numero a Roma e in Vaticano nel corso del 2000, specialmente in occasione delle principali celebrazioni. So che fin d'ora voi state preparandovi a rispondere in modo adeguato alle esigenze che tale evento comporterà.

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4. Vi è un altro aspetto che desidero considerare insieme con voi: quello del ruolo della donna nella promozione e nella difesa della pace. Come sapete, il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest'anno ha per tema: "Donna: educatrice alla pace". Negli ultimi tempi le donne sono divenute sempre più partecipi nei vari ambiti della vita civile ed economica della società. Esse sono entrate anche in gran numero nel Corpo di Polizia dello Stato, e quindi anche nel vostro Ispettorato.

Colgo pertanto l'occasione per rivolgere uno speciale pensiero alle donne che prestano questo servizio e, in particolare, a voi, Signore e Signorine che operate presso il Vaticano. Ripeto anche a voi il mio augurio: siate educatrici alla pace, prima di tutto nelle vostre famiglie; in secondo luogo nell'ambito professionale, tanto più in un lavoro come il vostro, che vi pone costantemente in prima linea nel servizio all'ordine pubblico.

Con questi auspici rinnovo a tutti voi qui presenti l'espressione della mia più viva riconoscenza ed imparto di cuore a ciascuno la Benedizione Apostolica, che estendo volentieri ai vostri familiari.

Data: 1995-02-27 Data estesa: Lunedi 27 Febbraio 1995


Mercoledi delle Ceneri: l'omelia del Papa durante la Messa nella Basilica romana di Santa Sabina all'Aventino

Titolo: Entriamo nell'"abisso della passione di Cristo" per sperimentare la gioia della Risurrezione



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1. "Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza" (
2Co 6,2).

Con queste parole San Paolo si rivolge a noi nel Mercoledi delle Ceneri, in questa liturgia che, conformemente ad una tradizione plurisecolare, stiamo celebrando nella Basilica di Santa Sabina sull'Aventino. Siamo giunti qui in processione penitenziale dalla Basilica di Sant'Anselmo cantando, come ogni anno, il Miserere: "Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; nella tua grande bontà cancella il mio peccato.

Lavami da tutte le mie colpe, mondami dal mio peccato.

Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi.

Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto.

Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo" (Ps 50,1-6 Ps 50,12 (51],1-6.12).

Con questo Salmo penitenziale abbiamo percorso il cammino sul Colle Aventino da Sant'Anselmo a Santa Sabina. Ed ora stiamo celebrando la liturgia della Parola, nella quale abbiamo ascoltato prima il Profeta Gioele, poi San Paolo e, infine, San Matteo in una pagina del suo Vangelo.

Le parole del Vangelo sono la diretta introduzione al rito penitenziale dell'imposizione delle ceneri: "Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai" (cfr. Gn 3,19). E', pero, significativo il fatto che la liturgia postconciliare abbia introdotto accanto a queste parole del Libro della Genesi anche la seconda variante: "Convertitevi e credete al vangelo" (Mc 1,15).

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2. Mentre, come ogni anno, celebro la liturgia del Mercoledi delle Ceneri, mi viene in mente la tradizione quaresimale polacca, che sin dal diciassettesimo secolo si esprime con una devozione particolare, quella dell'"Amaro pentimento".

Permettetemi questa volta di riportare le parole che udivo e cantavo sin da bambino; esse restano profondamente stampate nella mia memoria: "Vieni, amaro pentimento, trapassa i nostri cuori.

Scioglietevi, mie pupille! Sgorgate, sorgenti di meste lagrime! Il sole, le stelle vengono meno, si coprono di lutto.

Piangono mestamente gli Angeli, chi saprà dire il loro duolo? Le rupi si induriscono, dai sepolcri si levano i morti.

Domando: che è, che succede? Tutta la creazione resta sbigottita! Di fronte al dolore della Passione di Cristo ci pervade un pentimento inesprimibile! Gesù, spezza senza indugio le dure rocce dei nostri cuori! Spegni l'ardore delle mie passioni, entrando nell'abisso della tua Passione".

Bisogna dire che questa poesia del periodo barocco è sconvolgente. E penso che sia grande poesia, questa dell'"Amaro pentimento". E' una devozione grande, prima di tutto, per l'intensità dell'esperienza religiosa e poi anche per la semplicità con cui l'animo umano si presenta di fronte alla passione di Cristo, rendendosi conto che essa è un grande "abisso divino" che penetra nell'abisso dei nostri cuori: "Un abisso chiama l'abisso" (Ps 41(42],8). Queste parole ispirate del Salmo sembrano corrispondere pienamente a ciò che la Chiesa vive durante la Quaresima, iniziando con il Mercoledi delle Ceneri.

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3. San Paolo scrive nella Lettera ai Corinzi: "Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo tratto da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio" (Co 5,20-21). Questo non vuol proprio dire: "Un abisso chiama l'abisso?" Dio che fa gravare sul suo Figlio i peccati di tutta l'umanità, che pone su di Lui i peccati di noi tutti - questo Dio appare a noi come un vero "abisso", una insondabile "profondità" dell'Amore che giustifica, che perdona, che rinnova l'uomo.

L'uomo non può rimanere indifferente di fronte ad una tale chiamata. Su questo sfondo risuonano con forza le parole di Cristo che nel Vangelo di Matteo sollecitano alla pratica dell'elemosina, della preghiera e del digiuno, cioè degli atti penitenziali propri del tempo di Quaresima, che oggi ha inizio. Cristo dice: "Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati. Praticatele nel segreto, perché vi veda il Padre vostro che è nei cieli" (cfr.
Mt 6,1-8). Durante questo periodo di penitenza è essenziale per noi entrare in una particolare intimità con Dio che è nostro Padre, con Dio che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma - ripetiamolo ancora una volta - lo ha trattato da peccato in nostro favore, perché noi potessimo trovare in Lui la giustificazione dai nostri peccati (cfr. 2Co 5,21).

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4. Il periodo della Quaresima è preparazione alla Pasqua.

Entriamo nell'"abisso della passione di Cristo", ci avviciniamo alla sua croce, a quella croce sulla quale Egli ha dato la sua vita per i nostri peccati; ci avviciniamo per sperimentare, al termine del digiuno di quaranta giorni, la gioia della Risurrezione. Già oggi l'annunciano le parole del Salmo: "Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo.

Rendimi la gioia di essere salvato sostieni in me un animo generoso.

Signore apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode" (
Ps 50 (51],12.14.17).

Data: 1995-03-01 Data estesa: Mercoledi 1 Marzo 1995

Il discorso rivolto dal Santo Padre dal clero della Diocesi di Roma durante l'incontro svoltosi nella Sala Clementina

Titolo: I compiti della Chiesa di Roma in ordine al Giubileo del 2000

Signor Cardinale, Venerati Fratelli nell'Episcopato, Carissimi parroci e sacerdoti del clero di Roma!

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1. E' per me una grande gioia incontrarvi oggi, all'inizio del "tempo forte" della Quaresima, secondo una bella e familiare consuetudine. Vi saluto tutti con affetto, rivolgendo uno speciale pensiero al carissimo Cardinale Camillo Ruini, Vicario Generale per la Diocesi di Roma, al Vicegerente ed ai Vescovi Ausiliari.

Vi ringrazio per gli interventi e le interessanti domande che sono state poste.

Anche se non direttamente, le vostre domande riguardano il Grande Giubileo in senso mediato perché si tratta dei problemi delle parrocchie di Roma, di come Roma deve presentarsi, di come le parrocchie di Roma devono presentare Roma dinanzi all'Anno Duemila.

Nella Lettera apostolica Tertio millennio adveniente ho presentato il significato del prossimo Giubileo, indicando le grandi tappe del cammino che deve condurci a quello storico appuntamento. L'odierno incontro e le vostre domande mi offrono l'occasione per una riflessione più specifica sui compiti della Chiesa di Roma in ordine a tale evento significativo. Certo, la celebrazione dell'Anno Santo del 2000 avverrà non soltanto a Roma, ma anche in altri luoghi particolarmente rilevanti come, ad esempio, in Terra Santa e nelle Chiese locali del mondo intero (cfr.
TMA 55). Roma costituirà tuttavia in ogni caso il centro ed il cuore della grande celebrazione e sarà la meta del più grande numero di pellegrini. La Chiesa di Roma è perciò chiamata a mostrare, in tale circostanza, quella "esemplarità" che la contraddistingue in quanto sede di Pietro e dei suoi Successori.

Non è sufficiente, infatti, dare a coloro che qui verranno per il Giubileo la possibilità di ammirare lo splendore delle grandi memorie storiche della Roma cristiana. Occorre soprattutto offrire la testimonianza viva della Comunità dei credenti, cioè di una Chiesa particolare che partecipa concretamente della sollecitudine universale del suo Vescovo ed è costantemente protesa ad aiutare le Chiese particolari sparse in ogni parte del mondo nel comune impegno della sequela del Signore Gesù, della lode a Dio e del servizio di amore al prossimo.

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2. L'eredità spirituale degli Apostoli Pietro e Paolo, custodita e accresciuta nei secoli da una moltitudine di Santi e di Sante, va messa a frutto anche oggi, resistendo alle correnti di scristianizzazione che attraversano Roma e l'intera umanità. Forse sempre più nell'Occidente ma dappertutto. Nei prossimi anni, prima di preparazione e poi di celebrazione del grande Giubileo, la Chiesa di Roma deve dunque proseguire e intensificare il proprio cammino di rinnovamento, crescendo nella comunione al suo interno e nel dinamismo missionario verso l'esterno, affinché i pellegrini che qui confluiranno sperimentino come una grande e moderna città, pur carica di tante problematiche, possa non smarrire la propria identità cristiana, ma anzi riproporla negli stili di vita caratteristici del nostro tempo.

Il Sinodo diocesano che abbiamo da poco concluso era concepito fin dall'inizio come scuola di attuazione a Roma del Concilio Vaticano II e, contestualmente, come preparazione al Giubileo del terzo millennio. Il programma pastorale che cerca di tradurlo in pratica, e che nel biennio 1994-1996 riguarda principalmente la parrocchia come soggetto di nuova evangelizzazione, è già di per sé un modo valido e concreto di predisporci al Giubileo.

Cari sacerdoti e cari parroci, proprio la parrocchia e i suoi compiti nella prospettiva dell'Anno Santo meritano la nostra speciale attenzione. E' anzitutto nelle parrocchie che si articola e vive la Diocesi. Ciò esige che le stesse comunità parrocchiali, e in primo luogo i presbiteri che ne hanno la cura pastorale, siano ben consapevoli di che cosa significhi appartenere alla Chiesa di Dio che è in Roma e partecipare alla sua missione universale.

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3. La vostra sollecitudine pastorale saprà trovare certamente le vie per dare forma pratica a questo senso di appartenenza e di partecipazione. Tra tali vie primeggia una catechesi capace di illustrare e far comprendere la singolare indole e vocazione della Chiesa di Roma, come è proposta in termini concisi ed efficaci nella prima parte del Libro del Sinodo. La catechesi dovrà poi tradursi in gesti concreti di carità ecclesiale, improntati alla logica del "dare" ma anche del "ricevere", ossia dello "scambio dei doni", in particolare fra le parrocchie romane ed altre parrocchie o anche Diocesi che desiderino dare una peculiare concretezza al loro legame con la Chiesa di Roma.

Ma qui, nelle voci prima di questo mio intervento, si è sollevata anche la necessità di uno scambio di doni tra le stesse parrocchie romane. E questo si deve ancora studiare e attuare.

In vista della celebrazione del grande Giubileo, non soltanto le parrocchie del centro storico, ma anche quelle delle varie periferie della città, sono chiamate a predisporsi ad accogliere convenientemente i pellegrini e i visitatori, facendo loro incontrare delle comunità cristiane che pregano, vivono e diffondono la Parola di Dio, ed insieme offrendo la testimonianza di una carità operosa. Là dove è possibile le parrocchie dovranno sforzarsi di assicurare ospitalità ai pellegrini, non limitandola agli aspetti pratici e materiali, bensi arricchendola di contenuti di esperienza di fede e di fraternità ecclesiale.

E' chiaro d'altronde che le parrocchie, dove sussistono le grandi memorie cristiane di Roma, sono interpellate in maniera speciale dall'evento del Giubileo e dovranno impegnarsi con ogni sollecitudine per far corrispondere alle testimonianze del passato l'attuale vitalità delle proprie comunità e per facilitare ai pellegrini un contatto spiritualmente e culturalmente qualificato con i luoghi e i monumenti sacri.

Già in questi anni di preparazione, la consapevolezza di quale grande dono sia l'appartenere alla Chiesa di Roma, e dei compiti che ne conseguono, può essere accresciuta nei fedeli delle nostre parrocchie mediante visite guidate ai luoghi più significativi della storia cristiana. Esse devono venire preparate con una catechesi appropriata - che abbracci anche le dimensioni storiche e artistiche - e culminare in celebrazioni liturgiche o momenti di speciale preghiera. così verrà facilitata quell'integrazione tra centro e periferia della città che è un'esigenza obiettiva di Roma, anche sotto il profilo pastorale.

Qui è il punto, direi, importante, perché tutti quelli che sono romani, che vivono in Roma, sono già abituati e non vedono sempre la grandezza di questa Città, la sua importanza spirituale, il valore specifico di Roma. Si deve riproporre loro questa possibilità di comprendere Roma, di capire Roma, di visitare Roma. Visitare vuol dire entrare nel cuore, nel mistero della Città, e questo è un compito per tutti noi romani.

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4. Come sappiamo bene, cari parroci e sacerdoti, la nostra Diocesi è benedetta da Dio con una presenza singolarmente numerosa e qualificata di case religiose, di monasteri di vita contemplativa, di nuove forme di vita consacrata, come pure di associazioni e movimenti laicali. Da essi attendiamo un contributo speciale nell'opera della nuova evangelizzazione e della santificazione di questa città, attraverso la preghiera, la proposta della fede, il servizio della carità e, in particolare per i laici, l'animazione cristiana delle realtà terrene. così la presenza e il multiforme impegno dei religiosi e delle religiose, in cordiale collaborazione con le parrocchie nell'unità della Comunità diocesana, contribuiranno validamente a predisporre Roma al grande Giubileo. Gran parte delle attività ed iniziative che le parrocchie dovranno attuare in vista dell'Anno Santo, dalla catechesi all'accoglienza ai pellegrini fino alla valorizzazione delle memorie cristiane, possono del resto vedere egualmente protagonisti gli istituti di vita consacrata e gli organismi laicali.

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5. Nella Lettera apostolica Tertio millennio adveniente ho sottolineato, fra l'altro, la dimensione ecumenica e del dialogo interreligioso del prossimo Giubileo. Anche sotto questi due aspetti alla Chiesa di Roma è affidata una missione peculiare. Essa, che nell'ambito cattolico presiede all'unità delle Chiese sorelle, deve offrire l'esempio di una non minore sollecitudine nel cammino verso l'unione piena di tutti i discepoli di Cristo. Il Sinodo diocesano, con la partecipazione dei Delegati fraterni delle altre Confessioni cristiane, ha rappresentato una tappa importante e feconda di ulteriori sviluppi nel cammino verso la piena comunione. Si tratta ora di proseguire, senza stancarci nel collocare l'impegno ecumenico tra le priorità pastorali della Diocesi facendo maturare i germi di speranza che già sono stati seminati. Il rapporto con i fratelli Ebrei, che a Roma possono vantare una presenza più antica di quella cristiana, dovrà avere a sua volta forte risalto in questo Giubileo, di modo che le celebrazioni in Terra Santa trovino adeguato corrispettivo in Roma.

Anche il dialogo con l'Islam e con le religioni orientali troverà qui a Roma una efficace preparazione e il sigillo dell'autenticità nella misura in cui, con la grazia del Signore, sapremo proseguire ed intensificare l'accoglienza fraterna, generosa e rispettosa ai membri di queste religioni, che giungono a Roma in cerca di lavoro e di migliori possibilità di vita e che soprattutto verso la Chiesa cattolica rivolgono le loro attese e la loro fiducia.

Così ho toccato anche uno dei punti sollevati nella discussione: il dialogo ecumenico e il dialogo interreligioso. Forse si potrebbe ricordare l'esperienza di Assisi. Si celebrano questi incontri di preghiera, ma Assisi è un po' sempre il modello. Si potrebbe anche prevedere qualche iniziativa di questo tipo, qualche iniziativa speciale guardando verso il 2000.

A Roma, cari parroci e sacerdoti, nessuno deve sentirsi straniero: è questa una regola d'oro per celebrare degnamente il terzo millennio della nascita di Colui che "per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo". Ma proprio per esser capaci di aprire a tutti il cuore e le porte della nostra città dobbiamo stringerci alla "pietra viva" che è il Signore Gesù Cristo (cfr.
1P 2,4-5); occorre rinsaldare, approfondire e, qualora fosse necessario, ricostruire il legame vitale con Lui, sia personalmente sia comunitariamente, da parte dell'intero popolo di Dio che è in Roma.

Carissimi, vi ringrazio per tutto ciò che, con la grazia del Signore, farete in preparazione al grande Giubileo del 2000. Sono certo che continuerete ad operare in piena sintonia e comunione con il Cardinale Vicario, il Vicegerente e i Vescovi Ausiliari. Assicurandovi il mio costante ricordo nella preghiera, ed invocando sulle vostre persone e sul vostro ministero episcopale, sacerdotale e parrocchiale la materna protezione di Maria, "Salus Populi Romani", vi benedico tutti con grande affetto.

(Al termine del discorso il Santo Padre ha aggiunto le seguenti parole:] Certamente il problema della povertà, che negli interventi è stato sollevato due volte, ci deve spronare ad un impegno forse ancora più organizzato, più efficace. Si devono identificare questi centri e queste forme di povertà, e poi anche le forme attraverso cui incontrarli.

Sulle Famiglie religiose ho già parlato. Roma è veramente molto privilegiata per la presenza di tante Famiglie religiose maschili e femminili.

Questo appartiene alla sua centralità nella Chiesa, ma appartiene anche alla sua ricchezza spirituale e alla sua ricchezza pastorale.

Naturalmente ritorna sempre il problema di come mai, con tante forze spirituali, con tanti Santi e Beati, con così gran numero di clero, soprattutto di quello impegnato nelle parrocchie, ma il clero in genere - le Università, la Santa Sede -, solo il dieci per cento dei romani sono praticanti, come abbiamo sentito... Il Cardinale dice che sono di più, e che non sono meno della media europea. Ma questo sarebbe un tema a sé, un problema a sé, da approfondire e da analizzare.

C'erano altri problemi, non meno fondamentali. Vorrei ritornare ancora una volta all'ultimo intervento sull'esperienza di Manila. Si deve puntare sui giovani. Io lo penso sempre. A loro appartiene il terzo millennio. E il nostro compito è di prepararli a questa prospettiva, a questo impegno. Loro sono pronti.

Lo si vede in diversi incontri, anche nelle parrocchie, e poi soprattutto in questi incontri internazionali, mondiali. Si vede che aspettano di essere invitati, di essere coinvolti. Vogliono essere presenti e sentono che da parte della Chiesa e di Cristo, semplicemente parlando, possono aspettarsi quello che il vero bene per loro e per il mondo. Questo mi lascia una speranza, mi rende più facile varcare questa soglia della speranza, di cui parla anche il libro. Penso che questo è importante ed è anche valido per tutte le Chiese particolari. Roma come Chiesa particolare ha anche, e forse soprattutto, questa bella tradizione della Domenica delle Palme. Per dire la verità, con questa tradizione della Domenica delle Palme è incominciato tutto il cammino delle Giornate mondiali dei giovani.

Naturalmente accanto ai giovani si deve, secondo me, sempre vedere le famiglie. Giovani e famiglia sono i due punti principali del programma pastorale.

E tutti i Pastori, tutti i Parroci lo avvertono molto bene.

Vorrei anche alla fine dire a tutti voi, carissimi fratelli, che in questo anno per me mancavano un po' le visite alle parrocchie; mancavano a causa di questa gamba, diventata famosa... Ma adesso, con la prima Domenica di Quaresima, ritorneranno, con la grazia del Signore, e speriamo che si potrà continuare, fin quando la Provvidenza ce lo permetta.

Vorrei ancora affidarmi alle vostre preghiere. Ho avvertito, soprattutto durante questo periodo di convalescenza, tante assicurazioni di preghiera, non solamente della Chiesa di Roma ma di tutte le Chiese del mondo. Vi ringrazio di tutto cuore per le vostre continue preghiere.

Data: 1995-03-02 Data estesa: Giovedi 2 Marzo 1995

Messaggio per la Campagna di Fraternità in Brasile - Città del Vaticano

Titolo: Un dovere che Cristo stesso ci ricorda

Miei amati fratelli e sorelle in Gesù Cristo! Cari Brasiliani!

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1. Promossa dai Vescovi, inizierà in questo amato Paese un'altra Campagna della Fraternità sul tema "Eri tu, Signore", rammentando il dovere che ha il cristiano di accogliere il fratello "escluso" che s'identifica con la persona di Gesù Cristo. Chi non si ricorda delle parole di Gesù: "Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato"... (Mt 25,35). La descrizione del Giudizio Finale, che il Signore paragona a un banchetto al quale il re invita a partecipare tutti i popoli, ravviva con forza nella coscienza umana la sentenza divina proferita dal Signore: "ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40). Abbiamo il dovere di accogliere tutti, soprattutto i più infelici della società, dovere che Cristo stesso ci ricorda nel chiederci di amarlo e di servirlo nei fratelli che patiscono ogni sorta di sofferenza: gli affamati, gli assetati, i pellegrini, gli ignudi, i malati, i detenuti... Ciò che sarà fatto a ognuno di essi sarà fatto a Cristo stesso (cfr. Mt 25,31-46). E l'annuncio della fraternità, che deve realizzarsi nell'ambito della società nel suo insieme, ma soprattutto deve essere assunto da ogni cristiano, da ogni uomo di buona volontà, come un imperativo della giustizia evangelica. La Quaresima, tempo di conversione e di penitenza, ha il fine di prepararci alla Pasqua, il passaggio del Signore. E una chiamata a un maggiore impegno per vivere come figli di Dio e fratelli in Cristo: è un appello alla salvezza e alla solidarietà fraterna, affinché tutti abbiano la Vita, diventino liberi aderendo alla Verità e percorrano il Cammino della purificazione dal peccato e della liberazione dal male che esso comporta, a livello personale, sociale e strutturale.

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2. Il Papa non si dimentica di tutte queste persone, uomini e donne, bambini e anziani, abitanti della campagna e della città che sembrano non esistere - e ricorda come il Signore, in una certa occasione, chiamando i suoi discepoli, disse: "Sento compassione di questa folla: ...non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non svengano lungo la strada" (
Mt 15,32).

Per questo, ricordo a tutti che non è possibile un autentico progresso nella società senza un profondo senso di solidarietà reciproca. I1 popolo brasiliano è sempre stato generoso e capace di intervenire, a volte con vere mobilitazioni popolari, per aiutare coloro che soffrono.

L'ordine sociale e il suo progresso devono portare sempre al bene delle persone, poiché l'ordine delle cose deve essere subordinato all'ordine delle persone e non il contrario; è stato il Signore stesso che lo ha suggerito nel dire che il sabato è stato fatto per l'uomo, non l'uomo per il sabato (cfr. Mc 2,27).

Questo ordine, fondato sulla verità, costruito sulla giustizia e vivificato dall'amore, deve realizzarsi sempre più nel rispetto della dignità umana. Per conseguirlo, saranno necessari il rinnovamento della mentalità e l'introduzione di ampie riforme sociali (cfr. GS 26).

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3. E questo il cammino della fraternità, in vista della Pasqua liturgica e della Pasqua eterna, dove Cristo ci aspetta per dirci: "l'avete fatto a me!". "Venite benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il Regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo" (
Mt 25,34).

Affinché possiate prepararvi ad accogliere Cristo, vi imparto la mia benedizione, nel nome del Padre + e del Figlio + e dello Spirito Santo + Amen!

Data: 1995-03-02 Data estesa: Giovedi 2 Marzo 1995

All'Unione internazionale della Proprietà immobiliare - Città del Vaticano

Titolo: Ogni famiglia deve vivere degnamente

Signor Presidente, Cari amici, Sono contento di accogliere, voi, membri del Comitato esecutivo dell'Unione internazionale della Proprietà immobiliare. Sui luoghi in cui gli apostoli Pietro e Paolo hanno testimoniato la forza del Vangelo fino al martirio, i cristiani e tutti gli uomini di buona volontà sono invitati a scoprire la chiamata di Cristo che risuona nella sua parola. La Scrittura ci invita ad allargare lo spazio della nostra tenda (cfr. Is 54,2) per accogliere tutti gli uomini come fratelli, in particolare i più sfavoriti, poiché l'amore preferenziale per i poveri è un'espressione dell'amore per Cristo (cfr. Mt 25). Dopo l'Enciclica Rerum Novarum, la Chiesa ha instancabilmente ricordato che l'uomo rimane il centro della vita sociale e che, senza eliminare il principio della destinazione universale dei beni, "la proprietà privata (...) è per ognuno un diritto naturale" (cfr. Giovanni XXIII, MM 1), con una innegabile funzione sociale.

Negli ultimi decenni, i cambiamenti dei rapporti di forza internazionali hanno contribuito a far aumentare il numero delle persone che non possono più avere un tetto e non possono quindi vivere decentemente né avere il loro posto nella società. Senza ignorare le leggi del mercato, è opportuno oggi mobilitare tutti i partners sociali per difendere i diritti di quanti aspirano legittimamente ad avere un tetto e per sviluppare "programmi concreti di abitazioni a prezzi moderati e a condizioni di pagamento favorevoli, accompagnati da un facile accesso ai mezzi tecnici e legali necessari" (cfr. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Cos'hai fatto del tuo fratello senza tetto?, 1987). L'articolo primo del vostro statuto esprime la vostra preoccupazione di contribuire ad un giusto accesso alla proprietà da parte dei nostri contemporanei. Invocando i principi fondamentali di solidarietà e di comunione, all'epoca della fondazione della vostra associazione, Charles Péguy già chiedeva per ogni famiglia un tetto dove amare, al fine di dare un volto umano alla città e di permettere ad ogni famiglia di vivere degnamente (cfr. Marcel ou la cité harmonieuse).

Al termine del nostro incontro, vi affido volentieri all'intercessione della Santa Famiglia di Nazareth che ha sperimentato la mancanza di un tetto a Betlemme e sulla strada per l'Egitto e concedo di cuore la mia Benedizione apostolica a voi, a tutti i membri dell'Unione internazionale della Proprietà immobiliare e alle loro famiglie.

(Traduzione dal francese]

Data: 1995-03-04 Data estesa: Sabato 4 Marzo 1995

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Il Santo Padre alla recita del Rosario nell'Aula Paolo VI, nel primo sabato del mese - Città del Vaticano

Titolo: "A voi, carissimi giovani, auguro un fervoroso itinerario evangelico di preghiera, riflessione e carità"

Carissimi Fratelli e Sorelle! Saluto tutti voi, che avete preso parte alla recita del Santo Rosario.

In particolare, saluto i numerosi universitari di Roma, che hanno animato questo nostro incontro mariano. A voi, carissimi giovani, auguro una buona Quaresima ed un fervoroso itinerario evangelico di preghiera, riflessione e carità verso i fratelli. Vi do appuntamento il pomeriggio del 6 aprile, quando, in quest'Aula, ci incontreremo in preparazione alla Domenica delle Palme, Giornata Mondiale della Gioventù. Auspico, inoltre, la buona riuscita del primo Convegno diocesano degli studenti universitari, che si terrà all'Università "La Sapienza" il prossimo 6 maggio sul tema "Testimoni del Vangelo in università".

Sono lieto, altresi, di accogliere le Confraternite di Maria Santissima del Rosario e del Santissimo Sacramento di Veiano (Viterbo), come pure i fedeli della parrocchia di Santa Maria Assunta in Canepina e il gruppo "Amici in Cammino" dell'Arcidiocesi di Trento.

A tutti imparto la Benedizione Apostolica.

(Seguono saluti in francese e in tedesco] (Infine, il Papa ha pronunciato queste parole:] Auguro a tutti una buona Domenica, prima di Quaresima, e auguro a tutti i partecipanti agli Esercizi Spirituali una buona settimana, sperando anche che ci aiuteranno i nostri fratelli e sorelle con la loro preghiera.

Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1995-03-04 Data estesa: Sabato 4 Marzo 1995



Udienza: Il discorso rivolto da Giovanni Paolo II al pellegrinaggio del Collegio Arcivescovile "Pio XI" di Desio - Città del Vaticano

Titolo: Siate sempre affascinati dal mistero della vita e considerate la vocazione come un avvenimento sempre attuale



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1. Sono lieto di accogliervi, carissimi Fratelli e Sorelle, che formate la "famiglia del Collegio Arcivescovile Pio XI", come l'ha definita poco fa il vostro Rettore Mons. Giulio Panzeri. A lui anzitutto porgo, insieme col ringraziamento per i sentimenti e i pensieri che ha esposto, fervidi auguri per i suoi quarant'anni di Sacerdozio e venticinque di Rettorato al "Pio XI". Saluto gli insegnanti, gli alunni, gli ex alunni e i genitori, come pure gli amici che si sono associati a voi in questo significativo pellegrinaggio. Rivolgo un cordiale benvenuto ai sacerdoti presenti, in particolare a Mons. Dionigi Re, vostro decano.

Nel maggio del 1983, durante il pellegrinaggio apostolico in Lombardia in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale, ho avuto modo di fare sosta nel vostro Collegio. Oggi, è giunto il gradito momento, per voi e per me, di rinnovare la gioia di quell'incontro.

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2. Questa vostra visita, che si svolge accanto alla tomba di Pietro, avviene all'inizio della Quaresima, tempo favorevole per riflettere sulla nostra vocazione e missione cristiana. Ed è proprio sul tema della "missione" che vorrei ora soffermarmi, legandolo alla vostra specifica realtà di comunità educante. Questo è il tema, come ben sapete, della IX e X Giornata Mondiale della Gioventù: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (
Jn 20,21). Mi piace, in proposito, riprendere una riflessione da me proposta al Forum Internazionale della Gioventù, svoltosi nel gennaio scorso a Manila, durante il memorabile incontro mondiale dei giovani. Riferendomi al racconto del roveto ardente, che troviamo al capitolo terzo del Libro dell'Esodo, vorrei proporre come modello Mosè ai giovani studenti, come agli insegnanti: a tutti.

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Nel deserto, Mosè vede un roveto in fiamme, che attira la sua attenzione. Il fenomeno suscita in lui meraviglia, ed egli pensa: "Voglio avvicinarmi a vedere questo meraviglioso spettacolo: perché il roveto non brucia?" (3,3). Ecco, questo è il primo passo: lo stupore, la meraviglia come forza interiore che spinge l'uomo a conoscere, a scoprire, a cercare di capire la realtà. Lo studente, come l'insegnante, è anzitutto uno che desidera sapere, essendo affascinato dal mistero della vita, nei suoi vari aspetti. Vale veramente la pena di faticare per apprendere.

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3. Mosè poi si avvicina; dall'interno del roveto ode una voce che lo chiama ed egli subito risponde: "Eccomi!" (3,4). Quando l'uomo si accosta al mistero con animo aperto alla verità, Dio, che è la verità, inizia un dialogo, in cui l'uomo, che cerca, si scopre cercato e trovato da Dio. Il Signore gli si presenta e gli rivela il suo progetto di libertà. Questo è il momento della missione, della responsabilità, in cui l'uomo scopre che la verità è impegnativa, perché gli chiede di mettersi al servizio del progetto divino di giustizia e di libertà per i fratelli, un progetto che raggiunge il suo culmine nella liberazione dal peccato e nella partecipazione alla vita stessa di Dio.

Questo progetto Dio propone anche a voi, carissimi giovani del Collegio Pio XI, chiamati a realizzare la vostra missione alle soglie del terzo millennio cristiano. Cristo Risorto le ripete a voi adulti, perché non perdiate il senso della meraviglia e consideriate la vocazione come un avvenimento sempre attuale, da rinnovare costantemente.

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4. La missione che scaturisce dall'incontro con Cristo è la missione di ciascuno e di tutti voi insieme, come comunità educante: genitori, ragazzi e sacerdoti.

Insieme, il Signore vi chiama ad essere "comunicatori di fede, di speranza e di amore" (cfr. Messaggio per la IX e X Giornata Mondiale della Gioventù, n.4).

Avete dinanzi a voi grandi esempi a cui ispirarvi nel compimento della vostra missione. Vi sostiene Maria Santissima, Sede della Sapienza, al cui Cuore Immacolato il vostro Collegio è stato consacrato pochi anni fa, ed alla cui materna protezione ora nuovamente lo affido. Vi accompagni sempre anche la mia Benedizione, che imparto di cuore a voi e che estendo all'intera comunità del Collegio Pio XI.

Data: 1995-03-04 Data estesa: Sabato 4 Marzo 1995


GPII 1995 Insegnamenti 344