GPII 1995 Insegnamenti 1252

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1. "E beata colei che ha creduto" (
Lc 1,45).

Il santuario di Levoca è dedicato al mistero della visitazione, il secondo mistero gaudioso che meditiamo oggi, istruiti dal Vangelo di san Luca.

Ecco: Maria dopo l'annunciazione ando a trovare Elisabetta, sua parente, nella casa di Zaccaria. Elisabetta era stata scelta come madre di Giovanni il Battista, colui che doveva preparare la venuta del Messia. L'incontro in quella casa è dunque non soltanto l'incontro di due madri, ma in un certo senso anche l'incontro di due figli. Lo esprime chiaramente Elisabetta al momento del saluto: "A che debbo - dice - che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo" (Lc 1,43-44). così dunque non è soltanto Elisabetta a salutare Maria; in lei, anche Giovanni saluta Gesù, che Maria porta nel suo grembo fin dal momento dell'annunciazione.

"Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo!" (Lc 1,42). Le parole di Elisabetta ci sono ben note. Le recitiamo tante volte nel Saluto dell'Angelo: "Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù". Si può dire che queste parole racchiudono tutto il Vangelo della Visitazione, che è un particolare contenuto della nostra fede. Oggi vengo a Levoca proprio nello spirito del mistero della Visitazione. E voi, giunti qui in pellegrinaggio da Spis e da tutta la Slovacchia, vi prostrate ai piedi della Vergine proprio nello spirito del Vangelo della Visitazione.

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2. Ricordo bene che cosa rappresento per la mia Patria questo Vangelo della Visitazione, al tempo della coraggiosa resistenza al sistema materialista marxista. Allora, per iniziativa dell'Episcopato polacco sollecitato dal Cardinale Wyszynski, la notissima e venerata effigie della Santa Madre di Dio di Jasna Gora parti da Czestochowa per visitare tutte le parrocchie e le comunità polacche.

Questo pellegrinaggio della Vergine duro quasi venticinque anni. Lungo il tragitto, ci furono vari tentativi per rendere impossibile questa "visitazione", mediante il sequestro dell'Immagine ed il suo "confinamento" a Jasna Gora. In pellegrinaggio fu portata allora la cornice dell'Immagine, e l'eloquenza di quella cornice vuota fu in un certo senso maggiore, poiché parlava molto di più a quanti la vedevano. In modo evidente essa sottolineava la mancanza di libertà religiosa, libertà alla quale la nazione aveva invero diritto. così il Vangelo della Visitazione si inscrisse nella mia memoria e nel mio cuore, e oggi sono venuto a darvene testimonianza proprio qui a Levoca, perché anche voi rammentiate quei tempi di oppressione. I più anziani certamente ricordano le venerande figure del Vescovo Jan Vojtassak e del Vescovo Pavol Gojdic, entrambi rinchiusi in prigione, a seguito di pseudo-processi. Essi oggi meritano che venga istruito il processo ecclesiastico di beatificazione perché hanno reso una testimonianza di fedele servizio alla Chiesa in Slovacchia.

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3. "E beata colei che ha creduto".

Ancor prima che Maria possa raccontare l'evento dell'annunciazione, Elisabetta la previene esclamando: "Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (
Lc 1,45). Si, Elisabetta si riferisce all'annunciazione. Maria è venuta da lei per raccontare alla cugina più anziana ciò che ha misteriosamente sperimentato a Nazaret. Ma Elisabetta, illuminata dallo Spirito Santo, le riconosce, prima ancora che parli, l'atto di fede compiuto e la chiama "beata" per il "fiat" pronunciato.

Nell'annunciazione in un certo senso è contenuto l'intero Vangelo.

Mentre ode il saluto di Elisabetta, Maria ha ben presente l'evento accaduto a Nazaret: l'evento che ha dato inizio alla Nuova Alleanza di Dio con gli uomini.

"Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te" (Lc 1,28): ogni parola del celeste messaggero portava l'annuncio di un nuovo inizio del rapporto di Dio con gli uomini. Allo stesso tempo, pero, quelle parole costituivano soltanto l'introduzione a quanto Maria ascolta ora dalle labbra della cugina: "Benedetta tu fra le donne" (Lc 1,42).

Secondo la Scrittura, Maria, la sposa di Giuseppe "il carpentiere", rimane vergine col proposito di conservare tale verginità insieme con il suo sposo. E perciò interroga l'angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo" (Lc 1,34). Il messo divino le spiega: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35). L'angelo spiega a Maria in quale modo diverrà madre, pur rimanendo vergine: avverrà per opera dello Spirito Santo.

Grazie a questa soprannaturale fecondità divina, il Figlio di Dio consostanziale al Padre, Dio da Dio e Luce da Luce, Verbo eterno del Padre, diventerà, nel suo grembo, il Figlio dell'uomo.

Un tempo Abramo credette a Dio ed accolse la sua chiamata, dando così inizio al grande patrimonio della fede rivelata. Ora, al momento dell'annunciazione, Maria crede alle parole del messo divino e dà inizio ad un nuovo patrimonio di fede, nel quale l'antico è assunto e portato a compimento.

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4. Il nuovo patrimonio di fede, il patrimonio nuovo ed eterno del mistero pasquale, il patrimonio di Cristo crocifisso e risorto, mostra una nuova profondità della fede. Quando gli Apostoli riuniti nel cenacolo vedono Cristo dopo la resurrezione, lo riconoscono e credono in Lui. Tommaso, uno di loro, è pero assente. Non vuole dar ascolto ai suoi fratelli che l'assicurano di aver visto il Cristo. "Se non vedro - non credero" (cfr.
Jn 20,25). E dopo otto giorni il Risorto, tornato in mezzo a loro, ordina a Tommaso di toccare le sue ferite. Solo allora Tommaso cade in ginocchio e confessa: "Mio Signore e mio Dio" (Jn 20,28).

Rispondendogli, Cristo dice: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!" (Jn 20,29).

Dalla benedizione della fede di Maria si schiude la prospettiva espressa dalle parole di Cristo all'apostolo Tommaso: "Beati quelli che pur non avendo visto crederanno". Non hanno visto, ma hanno accolto la testimonianza di coloro che avevano visto - cioè la testimonianza degli Apostoli e della Chiesa. E incessantemente l'accolgono. Essi accettano anche la testimonianza della Madre di Cristo, la quale anche oggi racconta le grandi opere di Dio, annunciando il Cristo agli uomini di tutti i tempi. Un luogo nella Slovacchia, dove Maria rende questa testimonianza, è certamente questo santuario di Levoca.

Siamo la generazione del ventesimo secolo che volge ormai al termine.

Dobbiamo riconoscere che il perdurare della fede in questa regione è dovuto anche alla testimonianza di questo santuario. Degli uomini e delle donne della presente generazione potremmo dire di più. Non soltanto "non hanno visto ma hanno creduto"; essi sono rimasti saldi nella fede, nonostante si sia fatto di tutto per distoglierli. Questa generazione ricorda come con vari mezzi, spesso indegni, si è tentato di privare le persone della loro fede, di costringerle all'ateismo, di allontanarle dalla Chiesa e dalla pratica religiosa.

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5. può l'uomo accettare come verità l'esistenza di un Dio invisibile? E' una questione sempre attuale, che acquista una particolare intensità nei periodi in cui l'ateismo diventa il programma della vita pubblica, dell'educazione, dei mezzi di comunicazione. Allora l'uomo deve nuovamente e ancor più profondamente riflettere sulla questione dell'esistenza di Dio. Deve ancora una volta rifare il cammino razionale di cui parla, nel Nuovo Testamento, la Lettera di san Paolo ai Romani: "Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue (di Dio) perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da Lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità" (
Rm 1,20). L'uomo può giungere a conoscere l'invisibile Creatore contemplando la creazione visibile. Il libro della Sapienza nell'Antico Testamento annuncia la stessa verità, rimproverando gli uomini che "dai beni visibili non riconobbero colui che è, non riconobbero l'artefice, pur considerandone le opere" (Sg 13,1).

All'uomo di oggi capita talvolta che le opere della creazione, e più ancora quelle delle sue mani, invece di aiutarlo in questa ascesa verso il Creatore, lo inceppino e lo inducano ad un atteggiamento che lo lega esclusivamente ai beni della terra, facendogli dimenticare Dio: "Viviamo come se Dio non esistesse". E' un pericolo che incombe specialmente sulle società ricche e secolarizzate.

Di fronte a tutte le forme del vecchio o del nuovo ateismo si presenta Cristo, che rende la più autentica testimonianza a Dio come Padre: al Padre che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito (cfr. Jn 3,16). I santuari mariani sono luoghi nei quali la testimonianza di Cristo diventa particolarmente efficace. Certamente a questo santuario di Levoca molti figli e figlie della terra slovacca devono il fatto che la verità su Dio e la fede in Lui si siano mantenute vive nel loro cuore.

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6. Occorre, pertanto, che qui, insieme alla Madre di Dio, eleviamo quello splendido inno di lode, cantato quotidianamente da tutta la Chiesa. "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore (...) Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono" (
Lc 1,46-50).

Se tutte le generazioni benedicono Maria, la benedizione indirizzata alla sua persona si trasforma sempre in un inno di lode al Creatore. Maria è la creatura più bella apparsa sulla terra in tutti i tempi. E se tutte le creature proclamano la gloria di Dio, quanto più proclama questa gloria colei che la Chiesa chiama Regina del cielo e della terra! Tutta la creazione annunzia la gloria di Dio per mezzo di Lei, con la sua bocca e con il suo cuore. Il suo inno di lode è il Magnificat, e qui, a Levoca, come a Sastin, questo inno di lode viene cantato dall'intera Slovacchia. Questo è il luogo in cui "attingere acqua alle sorgenti della salvezza" (cfr. Is 12,3). Questo è il luogo in cui voi potete rinascere spiritualmente. Qui venite per rigenerare il vostro amore per Dio e per gli uomini. Ed inoltre, in questo luogo, in modo particolare, vi state preparando per entrare nel Terzo Millennio del Cristianesimo. Nella notte di Natale dell'anno 2000 risuoneranno dappertutto canti di gioia. Saluterete Cristo nato a Betlemme, come lo salutarono una volta i pastori e i saggi dell'Oriente: "Ave Gesù, Figlio di Maria"! Vi guidi la Vergine Santa a quello storico traguardo! Ravvisi nei vostri cuori la fede, così che ciascun figlio di questa terra possa riconoscere in Cristo il proprio Redentore e in Lui trovare salvezza.

Sia lodato Gesù Cristo.

(Al termine della solenne Concelebrazione Eucaristica, alla presenza di oltre un milione di fedeli slovacchi e polacchi, il Santo Padre ha salutato i suoi connazionali ed ha rivolto queste parole a tutti i partecipanti all'incontro di preghiera sulla collina del Santuario:] Fratelli e Sorelle, Siete stati forti, carissimi, e questa è la forza che viene da Dio, contro la quale gli uomini non possono far nulla.

Grazie a questa forza, che è frutto della fede, grazie a questa convinzione, voi siete quello che siete. Questo è il fondamento della vostra identità e della vostra perseveranza.

Insieme ai vostri Vescovi offro tutta la vostra cara Slovacchia a Dio.

Il vostro passato, la vostra lingua, la vostra storia. In Dio è ancorata la vostra sicurezza. Questa è anche la strada sulla quale dovete camminare nel prossimo futuro, in ogni campo della vostra vita e della vostra attività. così anche nel vostro personale sforzo: nelle famiglie, nelle piccole comunità, nell'intera vita nazionale; ed anche nelle attività che riguardano i beni materiali, il benessere, e ogni attività economica, sociale e politica.

Il mio pellegrinaggio in Slovacchia volge al termine. Vi ringrazio per la testimonianza di fede che mi avete dato e che mi porto nel cuore fino a Roma.

Ringrazio i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e tutti i fedeli.

Ringrazio i pubblici amministratori con a capo il signor Presidente della Repubblica, il signor Primo Ministro. Ringrazio tutti coloro che si sono impegnati perché questo viaggio potesse avere successo.

Rendiamo grazie a Dio.

Data: 1995-07-03 Data estesa: Lunedi 3 Luglio 1995

Il discorso del Papa durante la cerimonia di congedo alla conclusione del pellegrinaggio - Poprad (Slovacchia)

Titolo: "Sia pace tra le vostre mura: Sia pace nei vostri cuori"

Signor Presidente della Repubblica, Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio, Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. Al concludersi della mia Visita pastorale in Slovacchia, sento il dovere di rivolgere a tutti voi un pensiero riconoscente per la calorosa accoglienza che mi è stata riservata e per i segni di benevolenza, intensi e numerosi, che ho potuto constatare giorno dopo giorno negli incontri con le Autorità civili ed ecclesiastiche e numerosissimi fedeli.

Ringrazio anzitutto il Signore che mi ha concesso di incontrare i Vescovi, i Sacerdoti, i Religiosi, le Religiose ed i Fedeli della Chiesa Cattolica in significativi momenti di preghiera e di riflessione. Ricordero sempre le forti e commoventi espressioni di fraternità e di unità nella fede che hanno caratterizzato ogni tappa del mio pellegrinaggio in mezzo a voi.

Un ringraziamento speciale va ai Responsabili della Comunità civile: ai sindaci delle città visitate, alle Forze dell'ordine, esercito e polizia, al personale sanitario, agli operatori della televisione, della radio ed ai giornalisti per il loro impegnativo lavoro, come pure ai numerosi volontari che hanno preparato strutture e servizi atti a favorire e contenere le persone radunate per i vari momenti celebrativi, che si sono via via succeduti in questi giorni.

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2. Il pensiero si volge ora all'intero popolo slovacco che, in questo momento di commiato, stringo al mio cuore in un unico, grande abbraccio.

Carissimi Slovacchi, come non ricordare che la vostra fede ha radici lontane, ben piantate in mezzo a voi dalla predicazione dei santi missionari delle popolazioni slave, Cirillo e Metodio? A tali memorie gloriose ed esemplari, a tali modelli generosi ed instancabili vi chiedo di ritornare sempre con il vostro pensiero. Essi, i Fratelli Cirillo e Metodio, testimoniano a voi ed all'intera Chiesa come si avvicinano i popoli a Cristo e come si predica la buona novella della salvezza.

Con la loro stessa vita essi vi dicono come si serve anche oggi il cammino della nuova evangelizzazione e come si deve operare affinché la carità predicata da Cristo possa superare ogni possibile ostacolo e difficoltà. In nessun tempo sono mancate opposizioni e resistenze all'autentico cammino della fede, ma il Vangelo ha in sé il potere di trasformare gli ostacoli in occasioni provvidenziali di annuncio della salvezza.

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3. Lo testimoniano Cirillo e Metodio, così profondamente inseriti nelle origini della Comunità cristiana della Slovacchia. Il loro messaggio resta valido anche oggi per il cammino della fede nella vostra Terra. Lo testimoniano i tre Martiri che ho avuto la gioia di proclamare santi ieri mattina a Kosice nel corso di una indimenticabile celebrazione liturgica. Lo testimoniano gli esempi di eroica fedeltà a Cristo offerti da innumerevoli uomini e donne durante i lunghi anni della dura dittatura comunista. Vi sono tra loro persone appartenenti a diverse Confessioni cristiane, che l'ateismo militante accomuno in una uguale sorte di oppressione e di sterminio. Essi, tutti, ci indicano l'adesione al Vangelo come la via sulla quale è possibile edificare una società caratterizzata da autentica libertà, rispetto dell'altro, solidarietà senza barriere. E' questo il cammino del vero progresso, che trae dal messaggio evangelico energia e consistenza, e che si attua nell'acquisizione sempre più perfetta e socialmente vasta dei valori sui quali si fonda il bene comune di tutti.

Quanto è importante scoprire l'autentica libertà! Non tutto quello che singole persone o anche interi sistemi propongono come manifestazione di libertà lo è veramente. Occorre saper difendere la vera libertà dell'uomo e quotidianamente costruirla nella verità.

Sappiate promuovere la fraternità e la concordia in una società che comprende persone di diversa cultura e provenienza ideologica. Fate attenzione a ciò che unisce piuttosto che a ciò che divide, e crescete nella ricerca del vero: troverete maggiore spazio per l'amicizia; scaturiranno per voi collaborazione e dialogo; potrete essere più attenti verso i poveri; si moltiplicherà in voi il desiderio di comunione nei beni spirituali e materiali. Solo la carità fraterna farà si che chi possiede non si chiuda nell'egoismo, e chi è povero non si senta umiliato nella propria indigenza.

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4. Torno a Roma con l'immagine dei vostri monti - dei nostri monti - fissa nella memoria. I monti Tatra, tanto cari al cuore degli Slovacchi e dei Polacchi! Essi non dividono ma congiungono i due popoli, tra loro accomunati da tante vicende.

L'immagine dei "nostri" monti sia sempre un invito ad ascendere al Signore con il pensiero, poiché da Dio discende per noi ogni bene ed ogni dono perfetto (cfr.
Jc 1,17).

Vi lascio con il saluto e l'augurio della pace: il saluto del Cristo risorto ai suoi discepoli prediletti. Sia pace nelle vostre mura, cioè nelle case e nelle comunità civili di tutta la Slovacchia. Sia pace nei vostri cuori. La pace trovi il suo inizio e il suo fondamento dentro di voi, nei vostri animi decisi ad essere fedeli a Cristo e al suo insegnamento.

Con questa Visita ho potuto tener fede anche ad una promessa. Cinque anni or sono vi avevo detto: "Arrivederci", e sono tornato. Affido ora ancora una volta la mia speranza ed il mio desiderio alla volontà di Dio e ai disegni della sua Provvidenza.

Assicurando che conservero un commosso ed affettuoso ricordo di questi giorni provvidenziali, vi benedico tutti di cuore: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Dio protegga la Slovacchia e tutti i suoi cittadini! Arrivederci! Sia lodato Gesù Cristo.

Data: 1995-07-03 Data estesa: Lunedi 3 Luglio 1995


Ai membri di "Serra international" - Città del Vaticano

Titolo: Un importante contributo per le vocazioni

Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,

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1. E per me una grande gioia accogliervi, membri di Serra international, e darvi il benvenuto a Roma alla fine della vostra Assemblea Annuale che si è svolta a Genova. Sono particolarmente lieto di avere l'opportunità di rivolgervi queste parole di apprezzamento e di incoraggiamento per l'importante opera che svolgete per la promozione delle vocazioni nella Chiesa.

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2. La vocazione è un dono di Dio, un dono per la persona che lo riceve e un dono per tutta la Chiesa (cfr. Pastore dado vobis, n.41). può essere paragonata a un seme piantato nella parte più profonda dell'essere umano. Tale seme ha bisogno di acqua e di cure affinché possa svilupparsi e crescere. Se gli si rivolgono la giusta attenzione e cure appropriate raggiunge la piena maturità e porta molti frutti alla Chiesa e nel mondo.

E un dono dato da Dio. E Dio che pianta il seme. Tuttavia la Chiesa è responsabile della sua crescita e ha il compito di soddisfare le sue necessità. Il Concilio Vaticano II ci ricorda molto chiaramente che il "dovere di dare incremento alle vocazioni sacerdotali spetta a tutta la comunità cristiana" (
OT 2) e io ho enfatizzato proprio questo punto nell'Esortazione post-sinodale Pastores dabo vobis. Riguardo le vocazioni sacerdotali ho scritto che "è quanto mai urgente, oggi soprattutto, che si diffonda e si radichi la convinzione che tutti i membri della Chiesa, nessuno escluso, hanno la grazia e la responsabilità della cura delle vocazioni" (PDV 41).

So che voi Serrani condividete questa convinzione molto profondamente e che vi siete assunti questa responsabilità con grande impegno. Attraverso varie attività e vari progetti, con il vostro sostegno morale e materiale e soprattutto con le vostre preghiere, offrite un importante contributo alla promozione delle vocazioni sacerdotali nella Chiesa. Vi chiedo di continuare a offrire questo prezioso servizio e a rendere gli altri consapevoli di questo compito fondamentale!

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3. Cari amici: nelle vostre Chiese locali, sotto la guida dei vostri Vescovi, operate per creare un ambiente che favorisca realmente le vocazioni. Tale ambiente può essere inteso come una parte necessaria di quella "cultura della vita" sulla quale ho scritto nella Enciclica Evangelium Vitae, in quanto essa presuppone e include un'essenziale dimensione soprannaturale. Infatti "la vita che il Figlio di Dio è venuto a donare agli uomini non si riduce alla sola esistenza nel tempo", ma rappresenta piuttosto "una prospettiva sovratemporale" poiché essa "è vita eterna" (
EV 37). Certamente il sacerdozio e la promozione delle vocazioni sacerdotali sono intimamente connesse con questa vita eterna che è "la vita stessa di Dio" (Ibidem. EV 38). Questa verità sulla vita ci riempie di stupore e di gratitudine e rivela il nostro destino di "comunione con Dio nella conoscenza e nell'amore di Lui" (Ibedem, n. 38).

Di conseguenza, questa cultura della vita rimette l'umanità in contatto con il suo Creatore e con se stessa; aiuta le persone a riscoprire il grande valore della fede, della preghiera e della contemplazione; permette a uomini e donne di riconoscere e sperimentare di nuovo le opere sublimi dello Spirito. Tale cultura rafforzerà la famiglia cristiana, quella "chiesa domestica" che offre grandi prospettive per la nascita delle vocazioni. Incoraggerà inoltre le scuole e le comunità pedagogiche ad offrire una giusta comprensione delle dimensioni umana e divina della vocazione. Questa cultura ispirerà altri fedeli laici, ognuno secondo il proprio cammino di vita, a infondere in tutti gli altri - specialmente nei giovani - l'apprezzamento per la vocazione e la missione nella Chiesa.

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4. Mentre affrontate le sfide di questo vostro apostolato e ne soddisfate le esigenze, vi assicuro delle mie preghiere e vi affido alla sollecitudine materna di Maria, Regina degli Apostoli, che resta per sempre il modello di perfezione per coloro che cercano di essere uniti a suo Figlio nell'opera di salvezza di tutta l'umanità.

Nell'amore di Cristo Redentore vi imparto la mia Bcnedizione Apostolica che estendo di tutto cuore alle vostre famiglie e ai vostri cari.

Data: 1995-07-06 Data estesa: Giovedi 6 Luglio 1995

Ad un gruppo di Indonesiani di Weetabula - Città del Vaticano

Titolo: Questa visita vi confermi nell'amore alla Chiesa

Cari Amici, E per me una gioia accogliere in Vaticano il gruppo di pellegrini indonesiani guidati dal Vescovo Kheruhin Pereira di Weetabula. Vi siete recati a Lourdes per rendere omaggio a Maria, Madre Immacolata del Redentore, e per impetrare la sua intercessione per i vostri bisogni, e per quelli delle vostre famiglie e del vostro paese. Siete ora giunti qui a Roma "per vedere Pietro" (cfr. Ga 1,18), per fare professione della vostra fede cattolica sulla tomba del Principe degli Apostoli. Auspico che la vostra visita possa rinsaldarvi nella vostra vita di preghiera e nel vostro amore per la Chiesa.

Come membri di un gruppo di preghiera carismatico cattolico avete ben chiaro quanto sia importante aspirare alla santità e realizzare la volontà di Dio nelle vostre vite e nel vostro apostolato. I doni dello Spirito servono all'edificazione dell'intero Corpo di Cristo, la Chiesa (cfr. 1Co 14,36). Vi esorto a lasciare che lo Spirito operi per vostro tramite rendendovi testimoni coraggiosi del Vangelo della vita e dell'amore nelle vostre case, nel lavoro e nella società. Collaborate con gioia con i vostri pastori nelle vostre parrocchie e nelle vostre comunità, secondo lo spirito delle Beatitudini e nella gioia che il Signore concede a chi crede in Lui (cfr. Jn 16,11).

Con affetto e stima per la Chiesa di Indonesia, imparto di cuore la mia Benedizione apostolica a voi e ai vostri cari.

Sernoga Allah Memberkati Indonesia dengan damaiNya. Semoga Allah memberkati anda sekalian. (Conceda il Signore Iddio la sua pace all'Indonesia.

Benedica il Signore Iddio voi tutti).

(Traduzione dall'inglese]

Data: 1995-07-07 Data estesa: Venerdi 7 Luglio 1995

Per un Corso promosso dalla Specola Vaticana - Città del Vaticano

Titolo: La ricerca scientifica è connessa al bene dell'umanità

Cari studiosi,

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1. Sono lieto di salutare voi, partecipanti al quinto Corso della Scuola Estiva di Astrofisica promosso dall'Osservatorio Vaticano. Sono certo che le settimane che avete trascorso a Castel Gandolfo si riveleranno un'esperienza indimenticabile e che le vostre differenze culturali e nazionali vi aiuteranno ad apprezzare sia la diversità dei membri della famiglia umana sia la loro fondamentale affinità quando la conoscenza e la verità vengono perseguite con integrità e generosità. Vi do il benvenuto e vi porgo i miei fervidi auguri per la vostra futura attività scientifica.

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2. Senza dubbio la ricerca scientifica è intimamente connessa con il miglioramento dell'umanità. Il desiderio della verità, della bellezza e del bene, sia nel mondo dell'arte o della scienza, sia negli sforzi di coloro che lottano per migliorare le condizioni sociali, economiche e politiche delle persone, porta alla consapevolezza del fatto che il vero, il bello e il buono sono essenzialmente una cosa sola. Infatti, è proprio quando la ricerca del bene dei popoli viene separata da ciò che è vero e bello che si manifestano aberrazioni nel tessuto sociale delle comunità. Una di queste aberrazioni è l'idea secondo la quale il bene economico dei popoli rappresenta la meta più alta da raggiungere. Abbiamo tutti assistito al fallimento di questa visione limitata delle aspirazioni umane.

Vi ricordo, dunque, che la vostra ricerca scientifica, anche se riguardante materie molto lontane dalle preoccupazioni quotidiane, è importante e rilevante per tutti, in particolare quando contribuisce a quella visione della realtà che porta a considerare la persona umana come una parte integrante dell'universo fisico.

L'integrazione di una comprensione di noi stessi e dell'universo richiede che siamo aperti ai molteplici canali attraverso i quali si giunge alla conoscenza: le scienze, le arti, la letteratura, la filosofia, la teologia. In questo contesto la vostra ricerca scientifica apporta maggior beneficio all'umanità quando contribuisce a sintetizzare e a consolidare la conoscenza derivata da tutte queste altre fonti, e quando vi permette, in quanto scienziati, di instaurare un dialogo autentico e onesto con queste altre discipline.

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3. Fin dall'inizio del mio servizio presso la Sede di Pietro, ho cercato di promuovere questo dialogo e di rimuovere gli ostacoli che potrebbero impedire il suo sviluppo. Rivolgendomi all'Accademia Pontificia delle Scienze nel novembre 1979, in occasione della commemorazione del centenario della nascita di Albert Einstein, ho auspicato una revisione accademica e scientifica della storia delle controversie copernicano-tolemaiche del XVII secolo affinché fosse possibile "onorare la verità di fede e di scienza e essere disponibili alla futura collaborazione" (cfr. 10 novembre 1979, n. 6). L'enfasi fu posta sul futuro ma con un'autentica conoscenza del passato. Questo compito è arduo e richiede dedizione sia da parte della Chiesa sia da parte della comunità scientifica.

In occasione del terzo centenario della pubblicazione dell'opera Philosophiae Naturalis Principia Mathematica di Newton, la Santa Sede promosse una Settimana di Studio per analizzare i molteplici rapporti esistenti fra teologia, filosofia e scienze naturali. Mentre i documenti presentati durante quella Settimana di Studio venivano preparati per la pubblicazione, inviai al Direttore dell'Osservatorio Vaticano un messaggio scritto nel quale esaminavo la condizione del dialogo fra la Chiesa e la comunità scientifica. In tale messaggio osservai che, nel rapporto fra religione e scienza "passando a considerare il rapporto tra religione e scienza, c'è stato un movimento ben definito, anche se fragile e provvisorio verso un nuovo e più variato interscambio. Abbiamo cominciato a parlarci l'un l'altro a livelli più profondi che in passato, e con maggiore apertura verso i punti di vista reciproci... Nel fare questo abbiamo scoperto importanti domande che ci riguardano ambedue e che sono di importanza vitale per la più ampia comunità umana della quale siamo al servizio. E di importanza cruciale che questa ricerca comune, basata su una apertura e un interscambio critici, debba non solo continuare, ma anche crescere ed approfondirsi in qualità in ampiezza di obiettivi" (Lettera al Direttore della Specola Vaticana, 25 ottobre 1988, n. 5).

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4. Il futuro di questo dialogo appartiene a voi, giovani scienziati: vi esorto a por avanti con sincerità e umiltà. Lottate per ottenere il massimo nella vostra attività scientifica e mantenete le vostre menti e i vostri cuori sempre aperti alle diverse vie che conducono a una migliore comprensione di noi stessi e dell'universo in cui viviamo.

Che Dio, il cui infinito amore e la cui infinita saggezza hanno plasmato i cieli e creato la luna e le stelle (cfr.
Ps 8,3), vi guidi sempre verso la sua grazia e la sua pace.

Data: 1995-07-07 Data estesa: Venerdi 7 Luglio 1995

Udienza: il discorso del Santo Padre al Capitolo Generale del Pontificio Istituto delle Missioni Estere - Città del Vaticano

Titolo: Vi incoraggino nella vostra missione i tanti Confratelli che hanno offerto la loro vita alla causa del Vangelo

Carissimi Missionari del PIME!

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1. Sono lieto di incontrarmi con voi in occasione della Assemblea Generale del vostro Istituto. Saluto cordialmente ciascuno dei partecipanti a questa importante assise, rivolgendo un particolare pensiero al vostro Superiore Generale, Padre Franco Cagnasso. Desidero estendere questo mio affettuoso saluto a tutti i Missionari, sacerdoti e laici, del Pontificio Istituto Missioni Estere.

Nel corso degli intensi lavori assembleari di questi giorni, oltre all'elezione dei nuovi Superiori della vostra Società di vita apostolica, voi vi proponete di sviluppare una riflessione approfondita su alcuni temi fondamentali per il cammino del vostro Istituto e per il suo impegno missionario "ad gentes".

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2. Un primo ambito, che richiede speciale attenzione per rispondere adeguatamente alle sfide del nostro tempo, è quello della formazione permanente. Essa ha lo scopo di consolidare la vocazione di ciascuno, per metterlo in grado di rispondere sempre meglio alle nuove esigenze della missione della Chiesa, sulle quali mi sono soffermato nell'Enciclica Redemptoris missio ed in alcune recenti catechesi dedicate a questo argomento. Per questo vi esorto, carissimi, a delineare un programma di formazione permanente, che aiuti le persone a compiere un'opportuna revisione dei propri impegni e scelte, in ordine ad una testimonianza sempre più chiara della specificità del vostro carisma, che è quello della missione "ad gentes".

Tale programma vi aiuterà anche a chiarire meglio il senso e le modalità della vostra missione in aree caratterizzate da particolari difficoltà, sia per l'esiguità delle conversioni sia per gli impedimenti posti dai governi locali alla pubblica testimonianza della fede. Proprio in tali situazioni difficili emerge con maggiore chiarezza che le vie di Dio sono misteriose e non immediatamente comprensibili ad uno sguardo puramente umano. Il Signore vi conceda sempre, in simili circostanze, di offrire il vostro servizio missionario con un supplemento di generosità, confidando nella grazia del Signore, il quale solo conosce i tempi ed i momenti in cui il seme evangelico, gettato a piene mani, porterà i suoi frutti.

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3. Un secondo ambito che richiede una approfondita riflessione è l'impegno di imprimere al vostro Istituto un sempre maggiore carattere di internazionalità.

Questa non si traduce nella formazione di circoscrizioni nazionali autonome, ciascuna delle quali organizzi la missione secondo criteri propri, ma s'esprime piuttosto, ad un livello più profondo, nella capacità di accogliere e valorizzare la convivenza di persone provenienti da culture differenti. A questo riguardo, è importante lo sforzo attualmente in corso nel vostro Istituto di stimolare ogni Chiesa, particolarmente quelle di più recente evangelizzazione, ad aprirsi alla missione "ad gentes", come espressione della propria crescita nell'identità ecclesiale.

La caratteristica di internazionalità del PIME, orientando alla missione "ad gentes" anche sacerdoti e laici delle Chiese del cosiddetto "Sud del mondo", richiede in tutti una forte capacità di rinnovamento interiore, per superare i limiti della propria mentalità e cultura di origine, e potersi realmente aprire alle ricchezze degli altri, valorizzando quei "semina Verbi" che il Signore ha nascosto in ogni civiltà.

In tale prospettiva vi sarà di grande aiuto la collaudata tradizione di cooperazione con le altre forze missionarie, grazie alla quale il vostro Istituto ha sempre saputo favorire uno scambio arricchente di energie umane e di ricchezze spirituali.

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4. Il terzo ambito, particolarmente legato alle sfide del nostro tempo, è costituito dalla crescente richiesta di personale preparato per compiti formativi e di impegno nel mondo dei mezzi della comunicazione sociale.

E' opportuno che l'Istituto non deluda le attese di quanti contano sul suo aiuto in ordine ad una solida ed aggiornata formazione delle nuove leve. Un certo calo di vocazioni, registratosi in alcune zone, lungi dall'essere motivo di scoraggiamento, deve invece venire accolto come un invito a focalizzare ancor meglio la vostra identità ed il vostro impegno in senso più specificamente missionario "ad gentes".

Quanto al problema di una più incisiva presenza nel campo delle comunicazioni sociali, non posso che ripetere quanto ho ricordato nell'Enciclica Redemptoris missio (cfr.
RMi 37): non è importante soltanto l'uso adeguato di tali mezzi a scopo missionario, ma urge adoperarsi per evangelizzare il mondo stesso costituito da tali mezzi, così da renderli dall'interno autentiche vie di evangelizzazione. Il vostro Istituto può già vantare in questo campo una consolidata tradizione. Sappiate proseguire su questa strada, facendo tuttavia attenzione a non lasciarvi distogliere dai fondamentali impegni del contatto diretto con le persone e della sobrietà nell'uso dei beni economici.

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5. Auspico, carissimi, che l'approfondita riflessione sulle importanti tematiche, a cui vi state dedicando in questi giorni, illumini il cammino del vostro Istituto nei prossimi anni, aiutandovi a riscoprire sempre meglio il grande patrimonio di spiritualità e di attività missionaria del PIME, per proseguire nella vostra generosa collaborazione alla missione della Chiesa. Vi sia di stimolo e di incoraggiamento l'esempio di tanti Confratelli, che hanno offerto la loro esistenza alla causa del Vangelo, disposti anche all'eroismo della suprema testimonianza del sangue, come è accaduto, per esempio, nella vicenda del P.

Salvatore Carzedda, ucciso due anni fa nelle Filippine, ove si dedicava al dialogo interreligioso con i musulmani.

Mentre invoco su di voi e su tutti i Membri del Pontificio Istituto Missioni Estere la celeste protezione di Maria, Madre della Chiesa e dei Missionari, imparto di cuore a voi ed ai vostri Confratelli una speciale Benedizione Apostolica, estendendola volentieri alle Comunità cristiane in cui operate ed a quanti incontrate nel vostro quotidiano impegno a servizio del Vangelo.

Data: 1995-07-08 Data estesa: Sabato 8 Luglio 1995


GPII 1995 Insegnamenti 1252