GPII 1995 Insegnamenti 2096

Alla "Together for Peace Foundation" - Città del Vaticano

Titolo: Alleviare le situazioni di bisogno e sofferenza

Eminenze Loro, Signore e Signori, E per me un piacere porgere il benvenuto ai partecipanti alla cerimonia di premiazione per il 1995 organizzata dalla Together for Peace Foundation.

Tra i suoi scopi la Fondazione vede la promozione della pace, della solidarietà e della giustizia tra i popoli e le nazioni. E vostro intento, in particolare, migliorare le condizioni sociali di donne e bambini, troppo spesso prime vittime dei conflitti, della violenza e del sottosviluppo. Ovunque nel mondo volgiamo lo sguardo, ci imbattiamo in situazioni di bisogno e sofferenza umani che è possibile alleviare solo grazie alla buona volontà di quanti versano in condizioni più fortunate. Una civiltà realmente degna della persona umana può essere costruita solo sulle fondamenta di una libertà "vissuta in una solidarietà e responsabilità oblative" (Discorso all'Assemblea Generale dell'ONU, 5 ottobre 1995).

L'impegno e l'opera personali sono, quindi, decisivi. Per questa ragione desidero con gioia esprimere il mio incoraggiamento ai vostri sforzi.

Su voi tutti, sulle vostre famiglie e i vostri paesi d'origine invoco le copiose benedizioni di Dio Onnipotente.

(Traduzione dall'inglese]

Data: 1995-12-04 Data estesa: Lunedi 4 Dicembre 1995

Udienza: l'incontro con i numerosi pellegrini che hanno partecipato alla canonizzazione di Monsignor Eugenio de Mazenod - Aula Paolo VI, Città del Vaticano

Titolo: Nell'opera pastorale del nuovo santo si deve cogliere un'eloquente testimonianza di pace tra i figli della Chiesa

(In francese:] Cari Fratelli nell'Episcopato, Cari amici Oblati di Maria Immacolata, Cari Fratelli e Sorelle,

2097
1. All'indomani del giorno in cui ho potuto elevare Monsignor de Mazenod alla gloria degli altari, è per me una gioia ritrovarvi e nuovamente accogliervi presso la tomba di San Pietro, per il quale egli nutriva grandissima venerazione.

Desidero innanzitutto rivolgere un cordiale saluto di benvenuto a tutti i membri della famiglia terrena di Sant'Eugenio de Mazenod. La canonizzazione del vostro congiunto nella carne, ora divenuto cittadino dei cieli e "concittadino dei Santi" (
Ep 2,19), ricorda a tutti l'importanza dell'educazione cristiana impartirla nelle famiglie sin dall'infanzia. Come è noto, vengono spesso citate le parole rivolte dal giovane Eugenio a uno zio che intendeva dissuaderlo dal diventare sacerdote: "E perché mai, zio? Non sarebbe un grande onore per il nostro nome estinguersi con un sacerdote?". Fu la fede a ispirare questa frase, una fede destata e maturata grazie all'opera di genitori profondamente cristiani, animati dall'amore per Cristo e la sua Chiesa.

Famiglie cristiane, la vostra missione è fondamentale! Nella grande tradizione cui diede, in particolare, vanto San Francesco di Sales, Eugenio scriveva a sua sorella da poco sposa: "Il matrimonio è santo, non può quindi essere di ostacolo alla santità" (4.XII.1808, Scritti spirituali, XIV 92). Nel celibato consacrato come nel matrimonio, il Signore, il solo santo (cfr. Is 6,3), rende partecipi della sua santità.

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2. Dal giorno della sua ascesa al seggio episcopale di Marsiglia, per Monsignor de Mazenod la sua famiglia fu tutta la sua diocesi. Desidero qui con piacere salutare la delegazione di pellegrini marsigliesi giunti sotto la guida di Monsignor Bernard Panafieu, e in particolare i giovani del Collegio de Mazenod. E a voi nota la cura con cui il Vescovo percorse e riorganizzo la sua diocesi subito dopo la scristianizzazione operata dalla Rivoluzione. Attraverso le visite pastorali, la fondazione di parrocchie e seminari, la riforma del clero, la celebrazione della liturgia, la predicazione alle folle e un immenso amore per i poveri, egli non smise mai di fare del popolo a lui affidato "una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una nazione santa" (
1P 2,9).

Quasi quaranta anni di un ministero estremamente fecondo: una tale durata non sarebbe stata né possibile né immaginabile senza un profondo amore per la Chiesa. Sant'Eugenio doveva amare la Chiesa che Cristo voleva si presentasse "senza macchia, né ruga, né alcun difetto; la voleva santa e immacolata" (cfr. Ep 5,27). Per questo motivo aiutava tutti ad aprirsi alla Chiesa universale, a vivere in unione con il Vescovo di Roma, a essere solleciti verso i bisogni spirituali e materiali del mondo intero. Mai, nelle difficoltà che non gli furono risparmiate, perse la speranza.

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3. La sua attività pastorale è una chiara testimonianza a favore della pace tra i figli e le figlie della Chiesa. Desidero cogliere questa occasione per salutare in modo del tutto particolare i pellegrini giunti dalla Corsica e guidati da Monsignor André Lacrampe. Il nuovo Santo che veneriamo aveva mandato degli Oblati di Maria Immacolata a Vico e ad Aiaccio per reggervi il seminario. Restate fedeli al suo spirito. Vi esorto vivamente nel vostro cammino di pace e riconciliazione.

L'isola della Bellezza deve superare le divisioni, fonte di sofferenza. Invoco con sollecitudine l'intercessione di Sant'Eugenio per voi e per tutti gli abitanti della Corsica. Siate fedeli alla vostra profonda vocazione di uomini e donne ospitali, generosi e fieri della loro fede! (In inglese:]

2100
4. E voi, cari Oblati di Maria Immacolata, è per me una gioia ancora una volta incontrarvi e confermarvi nella missione ricevuta da Cristo per il tramite del vostro Fondatore. Sono trascorsi venti anni dalla sua beatificazione e nel corso di questi anni avete lavorato con ancora maggiore dedizione per conoscerlo meglio voi e farlo conoscere agli altri. così come la vostra Regola vi esorta, continuate a "seguire le orme di Gesù Cristo" e, nel far ciò, a "cercare di essere santi", camminando "coraggiosamente lungo le vie percorse da così tanti operai del Vangelo".

Dinanzi a voi si apre un campo ancora vasto di apostolato: cosa stimolante e, al tempo stesso, impegnativa. L'evangelizzazione dei poveri continua a essere la principale preoccupazione della Chiesa. Come ho avuto modo di dire nella mia lettera enciclica Redemptoris Missio, l'attività missionaria vera e propria, ovvero la missione ad gentes, "si caratterizza come l'opera di annunzio del Cristo e del suo Vangelo, di edificazione della Chiesa locale, di promozione dei valori del Regno" (
RMi 34). La santità delle vostre vite vi rende zelanti missionari per l'evangelizzazione dei cristiani e dei non cristiani. Mi è ben noto il vostro entusiasmo. Continuate a dare priorità all'annunzio di Cristo, fedeli al vostro motto: "evangelizzare i poveri". Grazie alla vostra vita comunitaria, alla fedeltà al vostro Fondatore, non cesserete mai di produrre frutti, come la presenza di molti Vescovi della vostra Congregazione chiaramente attesta.

(In italiano:]

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5. Oltre alle persone consacrate anche i laici devono molto al nuovo Santo. Cari fedeli laici, voi che operate nelle attività apostoliche promosse dagli Oblati, vi rendete ben conto di tale collaborazione finalizzata a rendere sempre più incisivo lo sforzo missionario della Chiesa. Sant'Eugenio mirava a far si che, in Cristo, ognuno potesse diventare un uomo completo, un cristiano autentico, un santo credibile. Quest'impegno sia pure il vostro. So che con animo generoso, molti tra di voi sostengono attivamente la missione degli Oblati grazie all'Associazione missionaria di Maria Immacolata. Attraverso la preghiera e la larghezza dei loro doni, essi apportano un significativo contributo all'opera evangelizzatrice intrapresa da Sant'Eugenio oltre un secolo fa. Continuate, carissimi Fratelli e Sorelle a ispirarvi sempre più alla spiritualità e al suo zelo missionario.

(In polacco:] Desidero rivolgere un cordiale saluto di benvenuto ai pellegrini giunti dalla Polonia e da varie parti del mondo per la canonizzazione di Eugenio de Mazenod.

Questo grande Vescovo e Fondatore degli Oblati di Maria Immacolata ci è stato dato, attraverso la Chiesa, come esempio di eroica fede, di speranza e di amore. Il suo apostolato consisteva nel trasformare il mondo con la forza del santo Vangelo di Cristo. Seguiamo la strada che ci ha indicato Sant'Eugenio e possa l'amore per Cristo e per la Chiesa continuare a crescere in noi e a produrre frutti dello spirito.

(In tedesco:]

2102
7. Anche ai pellegrini tedeschi rivolgo un benvenuto di cuore. Avete una ragione particolare per gioire, perché quest'anno potete festeggiare il centenario della Fondazione della Provincia tedesca degli Oblati. La fondazione di nuove diocesi in Namibia, Sudafrica e America Latina è dovuta in particolar modo agli Oblati di origine tedesca. Proseguite su questa via tracciata da Sant'Eugenio. Sono felice di esservi vicino in questo con il pensiero e di sostenervi con la mia preghiera.

(In spagnolo:]

2103
8. Vi saluto cordialmente, cari pellegrini di lingua spagnola. Siete venuti numerosi da lontano e tra voi vedo molti giovani. Sapete già che i giovani sono coraggiosi missionari di altri giovani. Per questo Cristo vi affida la missione di diffondere la Buona Novella della sua Risurrezione, specialmente fra i movimenti che seguono lo spirito di Sant'Eugenio.

Che il Signore susciti anche molte e sante vocazioni fra di voi! (In italiano:]

2104
9. Infine, saluto cordialmente tutti gli altri pellegrini qui presenti. Carissimi, vedete come la canonizzazione di un santo offra a Roma l'occasione di mostrare l'immagine della Chiesa universale.

Vi auguro di ritornare nei vostri Paesi pieni di fede e fiduciosi nell'avvenire della Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica.

Benedetto sia Dio che ci ha fatto sperimentare in questi giorni, a quale comunione d'amore chiama i santi e, per loro intercessione, "ogni uomo venuto in questo mondo" (
Jn 1,9)! Vi affido tutti a Sant'Eugenio de Mazenod, e di cuore imparto a ciascuno una speciale Benedizione Apostolica.

Data: 1995-12-04 Data estesa: Lunedi 4 Dicembre 1995



Messaggio ai partecipanti al Congresso "Secolarismo e libertà religiosa" nella ricorrenza del 30° Anniversario della Dignitatis Humanae

2109
1. Con grande piacere rivolgo il mio saluto ai partecipanti al Congresso Internazionale su "Secolarismo e libertà religiosa" organizzato dal Becket Fund per la Libertà Religiosa e dal Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, sotto il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura. Oggi ricorrono i trent'anni della pubblicazione della Dichiarazione del Concilio Vaticano II sulla Libertà Religiosa, Dignitatis Humanae. Questo importante testo è stato l'oggetto delle vostre riflessione nel corso del convegno che ha riunito eminenti esperti di varia formazione e testimoni in grado di offrire la loro personale testimonianza su come la libertà religiosa venga, o meno, rispettata nel mondo d'oggi. Desidero esprimere particolari parole di apprezzamento per il Becket Fund, per i suoi numerosi sforzi compiuti nella difesa della libertà religiosa negli Stati Uniti e nel Mondo.

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2. Come ho spesso avuto modo di affermare, il Concilio Vaticano II rappresento una grazia straordinaria per la Chiesa e una tappa decisiva della sua storia recente.

Dignitatis Humanae è senza dubbio uno dei testi conciliari più rivoluzionari. Suo è il particolare e importante merito di aver appianato la strada per quel notevole e proficuo dialogo tra la Chiesa e il mondo tanto ardentemente sollecitato e incoraggiato da un altro notevole documento conciliare, la Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, emessa in quello stesso giorno. Guardando retrospettivamente agli ultimi trent'anni, bisogna ammettere che l'impegno della Chiesa per la libertà religiosa quale diritto inviolabile della persona umana (cfr.
DH 2-8) ha sortito effetti superiori a ogni previsione dei Padri Conciliari.

Con il dichiarare che l'esigenza di libertà nella società degli uomini, e in primo luogo l'esigenza di libertà religiosa, sono "conformi alla verità e alla giustizia" (Ibidem, DH 1), il Concilio apriva la strada a un'attiva e l'attiva partecipazione dei membri della Chiesa e delle sue istituzioni nella promozione di quella universale "ricerca di libertà" che, come ho di recente avuto modo di dire alle Nazioni Unite, "è una delle grandi dinamiche della storia" (Discorso all'Assemblea Generale dell'ONU, 5 ottobre 1995). In molti casi, la difesa della libertà religiosa, quale primo dei diritti dell'uomo e fondamento di ogni accettabile schema di diritti, è stata l'ispirazione principale di uomini e donne che "pur minacciati dalla violenza, hanno affrontato il rischio della libertà, chiedendo che fosse loro riconosciuto uno spazio nella vita sociale, politica e a misura della loro dignità di persone libere" (Ibidem). In breve, la Dichiarazione conciliare sulla Libertà Religiosa contribui a liberare enormi energie morali e religiose che hanno esercitato una reale influenza sulle trasformazioni sociali e politiche degli ultimi anni, oltre che sull'intera struttura delle relazioni internazionali.

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3. Come la Dignitatis Humanae insegna, uomini e donne "sono dalla loro stessa natura e per obbligo morale tenuti a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la religione" (n. 2). Noi siamo per nostra natura religiosi, in quanto dal Creatore dotati di intelligenza e volontà, e quindi in grado di conoscere e amare lo stesso Autore della vita. Nel profondo del nostro essere aneliamo a Dio e ci sforziamo trovarlo. Nelle mutevoli circostanze della vita, ciascuno di noi sente sussurrarsi l'invito: "Cercate il suo volto" (
Ps 27,8). E spesso, pur non consapevoli di tutto ciò che la nostra risposta comporti, rispondiamo dal profondo del nostro cuore: "Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto" (Ps 27,8-9). Difendendo il diritto inalienabile alla libertà religiosa, noi difendiamo proprio l'integrità e la legittimità di questo dialogo del cuore e della mente dell'uomo con il Creatore. Nel difendere la libertà religiosa, la Chiesa non difende una prerogativa istituzionale, ma la verità sulla persona umana.

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4. Il tema del vostro Congresso accosta due concetti determinanti: secolarismo e libertà religiosa. Lo stesso Concilio riconobbe il valore, ma anche i limiti, dell'autonomia della dimensione secolare. La Costituzione Dogmatica sulla Chiesa afferma: "Come infatti si deve riconoscere che la città terrena, legittimamente dedicata alle cure secolari, è retta da propri principi, così a ragione è rigettata l'infausta dottrina che pretende di costruire la società senza alcuna considerazione per la religione e impugna ed elimina la libertà religiosa dei cittadini" (
LG 36). In tutto il corso del XX secolo milioni di essere umani sono stati vittime innocenti di ideologie politiche e di forme di odio religioso ed etnico che, in un modo o nell'altro, hanno cercato di annullare o limitare il diritto dell'individuo a non essere soggetto a coercizioni in materia di religione. E troppo auspicarsi che il sangue di quelle innumerevoli vittime abbia preparato il mondo a una nuova comprensione dell'importanza della libertà religiosa e della sua inviolabilità?

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5. Dignitatis Humanae fu in certo senso una risposta a una realtà spesso ricorrente nella storia della Chiesa e non ancora del tutto scomparsa dal mondo d'oggi. Tuttavia oggi faremmo bene a tenere conto di un'altra forma di limitazione della libertà religiosa, meno evidente dell'aperta persecuzione. Mi riferisco alla pretesa che una società democratica debba relegare al puro ambito delle opinioni personali i credo religiosi dei suoi membri e le convinzioni morali derivanti dalla fede. A prima vista, ciò sembra essere un atteggiamento di dovuta imparzialità e "neutralità" da parte della società nei confronti di quei suoi membri che seguano tradizioni religiose diverse o nessuna affatto. E in vero è opinione diffusa che questo sia l'unico approccio illuminato possibile in un moderno Stato pluralistico.

Ma, chiedere ai cittadini, nella partecipazione alla vita pubblica, di mettere da parte le loro convinzioni religiose non vuol forse dire che la società, oltre ad escludere il contributo della religione alla sua vita istituzionale, si fa anche promotrice di una cultura che dell'uomo offre una definizione che ne sminuisce la vera essenza? In particolare, al cuore di ogni grande istanza sociale ci sono interrogativi morali. Ora si vorrebbe forse che i cittadini i cui giudizi morali sono basati sulle loro convinzioni religiose non esprimessero le loro convinzioni più profonde? E quando questo accade, non è forse la democrazia stessa a essere svuotata del suo significato più vero? Non dovrebbe un reale pluralismo prevedere che quelle profonde convinzioni possano essere espresse in un vivace e civile dialogo comune? La Chiesa sollecitamente incoraggia questo dialogo perché consapevole della sua utilità e della sua efficacia, a condizione che esso resti aperto alla verità oggettiva, alla quale è possibile giungere ed aderire, e non sia condizionato da una preconcetta visione "areligiosa" e "amorale" della persona umana e della comunità degli uomini.

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6. Da parte loro, i credenti religiosi devono scrupolosamente attenersi al principio del dialogo e della persuasione. Mentre ci prepariamo a celebrare i duemila anni della nascita di Cristo, la Chiesa riconosce, in spirito di profondo pentimento, quei momenti della storia in cui "acquiescenza (fu) manifestata... a metodi di intolleranza e persino di violenza nel servizio alla verità" (
TMA 35). Con i Padri del Concilio Vaticano II, la Chiesa oggi saldamente mantiene il principio della Dichiarazione sulla Libertà Religiosa: "la verità non si impone che per forza della verità stessa, la quale si diffonde nelle menti soavemente e insieme con vigore" (DH 1). La Chiesa non cerca né desidera vedere alcun potere terreno posto al servizio delle verità di cui è annunciatrice. Chiede solo di poter in libertà rivolgersi all'uomo; e chiede per tutti gli esseri umani la libertà di rispondere al Vangelo nella piena misura della loro umanità.

2115
7. Il mio augurio per tutti voi è che le vostre conclusioni rafforzino il vostro impegno per la difesa e per lo sviluppo della libertà religiosa. Nel servire questa causa, voi vi fate veri promotori della dignità dell'uomo e vi ponete al servizio del benessere integrale dell'umana famiglia. Quando fate questo "con spirito di santità, amore sincero, con parole di verità" (
2Co 6,6-7), voi servite il Signore, il quale ci rende liberi nel senso più profondo della nostra libertà.

Su voi tutti discendano le sue copiose benedizioni! Dal Vaticano, 7 dicembre 1995.

IOANNES PAULUS PP. II (Traduzione dall'inglese]

Data: 1995-12-07 Data estesa: Giovedi 7 Dicembre 1995

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1996 - Città del Vaticano

Titolo: Diamo ai bambini un futuro di pace!



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1. Alla fine del 1994, Anno Internazionale della Famiglia, ho indirizzato ai bambini del mondo intero una Lettera, chiedendo loro di pregare affinché l'umanità diventi sempre più famiglia di Dio, capace di vivere nella concordia e nella pace.

Non ho mancato inoltre di manifestare viva preoccupazione per i fanciulli vittime di conflitti bellici e di altre forme di violenza, richiamando su tali gravi situazioni l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale.

All'inizio del nuovo anno, il mio pensiero si volge ancora ai bambini e alle loro legittime attese di amore e di serenità. Tra loro sento il dovere di ricordare particolarmente quelli segnati dalla sofferenza, i quali spesso diventano adulti senza aver mai fatto esperienza di che cosa sia la pace. Lo sguardo dei piccoli dovrebbe essere sempre lieto e fiducioso, invece qualche volta è colmo di tristezza e di paura: hanno già visto e penato troppo nei pochi anni della loro vita! Diamo ai bambini un futuro di pace! Ecco l'appello che rivolgo fiducioso agli uomini ed alle donne di buona volontà, invitando ciascuno ad aiutare i bambini a crescere in un clima di autentica pace. E un loro diritto, è un nostro dovere.

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2. Ho dinanzi alla mente le schiere numerose di bambini che ho avuto modo di incontrare lungo gli anni del mio pontificato, specialmente nel corso dei viaggi apostolici in ogni continente. Bambini sereni e pieni di allegria. Penso a loro mentre inizia il nuovo anno. Auguro a tutti i bambini del mondo di cominciare nella gioia il 1996 e di poter trascorrere una fanciullezza serena, aiutati in questo dal sostegno di adulti responsabili.

Vorrei che dappertutto l'armonico rapporto fra adulti e bambini favorisse un clima di pace e di autentico benessere. Purtroppo, non sono pochi nel mondo i bambini vittime incolpevoli di guerre. Negli anni recenti ne sono stati feriti ed uccisi a milioni: un vero massacro.

La speciale protezione accordata all'infanzia dalle norme internazionali (cfr. Convenzione delle Nazioni Unite del 20 novembre 1989 sui diritti dei bambini, in particolare l'art.38; Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949 per la protezione delle persone civili in tempo di guerra, art.24; Protocolli I e II del 12 dicembre 1977, ecc.] è stata ampiamente disattesa ed i conflitti regionali ed interetnici, aumentati a dismisura, vanificano la tutela prevista dalle norme umanitarie. I bambini sono persino diventati bersaglio dei cecchini, le loro scuole volutamente distrutte e bombardati gli ospedali dove sono curati. Di fronte a simili mostruose aberrazioni, come non levare la voce per un'unanime condanna? L'uccisione deliberata di un bambino costituisce uno dei segni più sconcertanti enc. Evangelium Vitae (25 marzo 1995),
EV 3: AAS 87 (1995), 404].

Con i bambini uccisi, voglio pure ricordare quelli mutilati nel corso dei conflitti o a seguito di essi. Il pensiero va, infine, ai bambini sistematicamente perseguitati, violentati, eliminati durante le cosiddette "pulizie etniche".

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3. Non ci sono soltanto bambini che subiscono la violenza delle guerre; non pochi fra loro sono costretti a diventarne protagonisti. In alcuni Paesi del mondo si è giunti al punto di obbligare ragazzi e ragazze, anche giovanissimi, a prestare servizio nelle formazioni militari delle parti in lotta. Lusingati dalla promessa di cibo e di istruzione scolastica, essi vengono confinati in accampamenti isolati, dove patiscono fame e maltrattamenti e dove sono istigati ad uccidere perfino persone del loro stesso villaggio. Sovente sono mandati in avanscoperta per ripulire i campi minati. Evidentemente la loro vita vale ben poco per chi così se ne serve! Il futuro di questi fanciulli in armi è spesso segnato. Dopo anni di servizio militare, alcuni vengono semplicemente smobilitati e rimandati a casa, e per lo più non riescono a reintegrarsi nella vita civile. Altri, vergognandosi d'essere sopravvissuti ai loro compagni, finiscono per darsi alla delinquenza o alla droga. Chissà quali fantasmi continueranno a turbare i loro animi! La loro mente sarà mai libera da tanti ricordi di violenza e di morte? Meritano viva riconoscenza quelle organizzazioni umanitarie e religiose che si sforzano di alleviare sofferenze così disumane. E gratitudine si deve pure alle persone di buona volontà e alle famiglie che offrono amorevole accoglienza ai piccoli rimasti orfani, prodigandosi per sanarne i traumi e favorirne il reinserimento nelle comunità di origine.

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4. Il ricordo di milioni di bambini uccisi, gli occhi tristi di tanti loro coetanei crudelmente sofferenti ci spingono ad esperire tutte le vie possibili per salvaguardare o ristabilire la pace, facendo cessare i conflitti e le guerre.

Prima della IV Conferenza Mondiale sulla Donna, tenutasi a Pechino nello scorso mese di settembre, ho invitato le istituzioni caritative ed educative cattoliche ad adottare una strategia coordinata e prioritaria nei confronti delle bambine e delle giovani donne, specialmente di quelle più povere (cfr. Messaggio alla Delegazione della Santa Sede alla IV Conferenza Mondiale sulla Donna (29 agosto 1995): L'Osservatore Romano, 30 agosto 1995, p.1]. Desidero ora rinnovare tale appello ed estenderlo in particolare alle istituzioni ed organizzazioni cattoliche che si dedicano ai minori: aiutate le bambine che hanno sofferto a causa della guerra o della violenza; insegnate ai ragazzi a riconoscere e a rispettare la dignità della donna; aiutate l'infanzia a riscoprire la tenerezza dell'amore di Dio, che si è fatto uomo e che, morendo, ha lasciato al mondo il dono della sua pace (cfr.
Jn 14,27).

Mai mi stanchero di ripetere che dalle più alte organizzazioni internazionali alle associazioni locali, dai Capi di Stato al comune cittadino, tutti siamo chiamati, nel quotidiano come nelle grandi occasioni della vita, ad offrire il nostro contributo alla pace ed a rifiutare ogni sostegno alla guerra.

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5. Milioni di bambini soffrono a causa di altre forme di violenza, presenti sia nelle società colpite dalla miseria sia in quelle sviluppate. Sono violenze spesso meno appariscenti, ma non per questo meno terribili.

La Conferenza Internazionale per lo Sviluppo Sociale, tenutasi quest'anno a Copenaghen, ha sottolineato il legame tra povertà e violenza (cfr. Dichiarazione di Copenaghen, n. 16], e in quella occasione gli Stati si sono impegnati a combattere in modo più deciso la piaga della miseria con iniziative a livello nazionale a partire dal 1996 (cfr. Programma d'azione, capitolo II]. Tali erano anche gli orientamenti emersi nella precedente Conferenza Mondiale dell'ONU, dedicata ai bambini (New York, 1990). In realtà, la miseria è all'origine di condizioni di esistenza e di lavoro veramente disumane. Vi sono in alcuni Paesi bambini costretti a lavorare in tenera età, maltrattati, puniti violentemente, retribuiti con un compenso irrisorio, poiché non hanno modo di farsi valere, sono i più facili da ricattare e sfruttare.

Altre volte essi sono oggetto di compravendita (cfr. Programma d'azione, n. 39 (e)] per l'accattonaggio o, peggio, per l'avvio alla prostituzione, nel contesto anche del cosiddetto "turismo sessuale", fenomeno quanto mai deprecabile che degrada chi lo attua ma anche tutti coloro che in vari modi lo favoriscono. Vi è poi chi non si fa scrupolo di arruolare bambini per attività criminali, in specie per lo spaccio di droghe, col rischio tra l'altro, del loro personale coinvolgimento nell'uso di tali sostanze.

Non sono pochi i bambini che finiscono per avere come unico ambiente di vita la strada: fuggiti di casa, o abbandonati dalla famiglia, o semplicemente privi da sempre di un ambiente familiare, vivono di espedienti, in stato di totale abbandono, considerati da molti come rifiuti di cui sbarazzarsi.

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6. La violenza nei confronti dei bambini non manca purtroppo nemmeno nelle famiglie che vivono in condizioni di benessere e di agiatezza. Si tratta fortunatamente di episodi non frequenti, ma è importante comunque non ignorarli.

Succede talora che all'interno delle stesse mura domestiche, e proprio ad opera delle persone nelle quali sarebbe giusto riporre ogni fiducia, i piccoli subiscono prevaricazioni e soprusi con effetti devastanti sul loro sviluppo.

Molti sono poi i bambini che si trovano a sopportare i traumi derivanti dalle tensioni tra i genitori o dalla stessa frantumazione della famiglia. La preoccupazione per il loro bene non riesce a frenare risoluzioni dettate spesso dall'egoismo e dall'ipocrisia degli adulti. Dietro un'apparenza di normalità e di serenità, resa anche più accattivante dall'abbondanza di beni materiali, i bambini sono talvolta costretti a crescere in una triste solitudine, senza una giusta e amorosa guida ed un'adeguata formazione morale. Abbandonati a se stessi, trovano abitualmente il loro principale punto di riferimento nella televisione, i cui programmi propongono sovente modelli di vita irreale o corrotta, nei cui confronti il loro fragile discernimento non è ancora in grado di reagire.

Come meravigliarsi se una violenza così multiforme e insidiosa finisce per penetrare anche nel loro giovane cuore e mutarne il naturale entusiasmo in disincanto o cinismo, la spontanea bontà in indifferenza ed egoismo? così, inseguendo fallaci ideali, l'infanzia rischia di incontrare amarezza e umiliazione, ostilità e odio, assorbendo l'insoddisfazione e il vuoto di cui è impregnato l'ambiente circostante. E fin troppo noto come le esperienze dell'infanzia abbiano ripercussioni profonde ed a volte irrimediabili sull'intero corso dell'esistenza.

E difficile sperare che i bambini sappiano un giorno costruire un mondo migliore, quando è mancato un preciso impegno per la loro educazione alla pace.

Essi hanno bisogno di "imparare la pace": è un loro diritto che non può essere disatteso.

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7. Ho voluto porre in forte rilievo le condizioni talora drammatiche in cui versano molti bambini di oggi. Lo ritengo un dovere: saranno essi gli adulti del terzo Millennio. Non intendo, tuttavia, indulgere al pessimismo, né ignorare gli elementi che invitano alla speranza. Come tacere, ad esempio, di tante famiglie in ogni angolo del mondo, ove i bambini crescono in un ambiente sereno; come non ricordare gli sforzi che tante persone ed organismi fanno per assicurare ai bambini in difficoltà uno sviluppo armonico e gioioso? Sono iniziative di enti pubblici e privati, di singole famiglie e di benemerite comunità, il cui unico scopo è il ricupero ad una vita normale di bambini coinvolti in qualche vicenda traumatica. Sono, in particolare, proposte concrete di itinerari educativi miranti a valorizzare appieno ogni potenzialità personale, per fare dei ragazzi e dei giovani autentici artefici di pace.

Né va dimenticata l'accresciuta consapevolezza della Comunità internazionale che in questi ultimi anni, pur fra difficoltà e tentennamenti, si sforza di affrontare con decisione e metodo le problematiche dell'infanzia.

I risultati raggiunti confortano a proseguire in così lodevole impegno.

Convenientemente aiutati ed amati, i bambini stessi sanno farsi protagonisti di pace, costruttori di un mondo fraterno e solidale. Con il loro entusiasmo e con la freschezza della loro dedizione, essi possono diventare "testimoni" e "maestri" di speranza e di pace a beneficio degli stessi adulti. Per non disperdere tali potenzialità, occorre offrire ai bambini, con il dovuto rispetto per la loro personalità, ogni occasione favorevole per una maturazione equilibrata ed aperta.

Una fanciullezza serena consentirà ai bambini di guardare con fiducia verso la vita ed il domani. Guai a chi soffoca in loro lo slancio gioioso della speranza!

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8. I piccoli imparano ben presto a conoscere la vita. Osservano ed imitano il modo di agire degli adulti. Apprendono rapidamente l'amore e il rispetto per gli altri, ma assimilano pure con prontezza il veleno della violenza e dell'odio.

L'esperienza fatta in famiglia influirà fortemente sugli atteggiamenti che assumeranno da adulti. Pertanto, se la famiglia è il primo luogo nel quale si aprono al mondo, la famiglia deve essere per loro la prima scuola di pace.

I genitori hanno una straordinaria possibilità per aprire i figli alla conoscenza di questo grande valore: la testimonianza del loro amore reciproco. E amandosi che essi consentono al figlio, fin dal suo primo esistere di crescere in un ambiente di pace, permeato di quegli elementi positivi che di per sé costituiscono il vero patrimonio familiare: stima ed accoglienza reciproche, ascolto, condivisione, gratuità, perdono. Grazie alla reciprocità che promuovono, questi valori rappresentano un'autentica educazione alla pace e rendono il bambino, fin dalla sua più tenera età, attivo costruttore di essa.

Egli condivide coi genitori ed i fratelli l'esperienza della vita e della speranza, vedendo come s'affrontano con umiltà e coraggio le inevitabili difficoltà e respirando in ogni circostanza un clima di stima per gli altri e di rispetto per le opinioni diverse dalle proprie.

E anzitutto in casa che, prima ancora di ogni parola, i piccoli devono sperimentare, nell'amore che li circonda, l'amore di Dio per loro, ed imparare che Egli vuole pace e comprensione reciproca tra tutti gli esseri umani, chiamati a formare un'unica, grande famiglia.

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9. Ma, oltre alla fondamentale educazione familiare, i bambini hanno diritto ad una specifica formazione alla pace nella scuola e nelle altre strutture educative, le quali hanno il compito di condurli gradualmente a comprendere la natura e le esigenze della pace all'interno del loro mondo e della loro cultura. E necessario che essi imparino la storia della pace e non solo quella delle guerre vinte o perdute.

Si offrano loro, pertanto, esempi di pace e non di violenza.

Fortunatamente di simili modelli positivi se ne possono trovare tanti in ogni cultura ed in ogni periodo della storia. Opportunità educative adatte vanno costruite cercando con creatività vie nuove, soprattutto là dove più opprimente è la miseria culturale e morale. Tutto deve essere predisposto in modo che i piccoli divengano araldi di pace.

I bambini non sono pesi per la società, non sono strumenti per il guadagno né semplicemente persone senza diritti; sono membri preziosi del consorzio umano, del quale incarnano le speranze, le attese, le potenzialità.

10. La pace è dono di Dio; ma dipende dagli uomini accoglierlo per costruire un mondo di pace. Essi lo potranno solo se avranno la semplicità di cuore dei bambini. E questo uno degli aspetti più profondi e paradossali dell'annuncio cristiano: farsi piccoli, prima che un'esigenza morale, è una dimensione del mistero della Incarnazione.

Il Figlio di Dio, infatti, non è venuto in potenza e gloria, come sarà alla fine dei tempi, ma come bambino bisognoso e in condizioni disagiate.

Condividendo interamente la nostra condizione umana escluso il peccato (cfr.
He 4,15), Egli ha assunto anche la fragilità e l'attesa di futuro proprie dell'infanzia. Da quel momento decisivo per la storia dell'umanità, disprezzare l'infanzia è contemporaneamente disprezzare Colui che ha voluto manifestare la grandezza di un amore pronto ad abbassarsi e a rinunciare ad ogni gloria per redimere l'uomo.

Gesù si è identificato con i piccoli e quando gli Apostoli discutevano su chi fosse il più grande, egli "prese un fanciullo, se lo mise vicino e disse: "Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato"" (Lc 9,47 Lc 48). Il Signore ci ha messi in guardia con forza contro il rischio di dar scandalo ai fanciulli: "Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino e fosse gettato negli abissi del mare" (Mt 18,6).

Ai discepoli chiese di tornare ad essere "bambini", e quando essi cercarono di allontanare i piccoli che gli si stringevano attorno, si indigno: "Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come un bambino non entrerà in esso" (Mc 10,14-15). così Gesù rovesciava il modo corrente di pensare Gli adulti devono imparare dai bambini e le vie di Dio: dalla loro capacità di fiducia e di abbandono essi possono apprendere ad invocare con la giusta confidenza "Abbà, Padre".

11. Farsi piccoli come bambini - affidati totalmente al Padre, rivestiti di mitezza evangelica -, oltre che un imperativo etico, è un motivo di speranza.

Anche là dove le difficoltà fossero tali da scoraggiare e la forza del male così prepotente da sgomentare, la persona che sa ritrovare la semplicità del bambino può riprendere a sperare: lo può innanzitutto chi sa di poter contare su un Dio che vuole la concordia di tutti gli uomini nella comunione pacificata del suo Regno; ma lo può anche chi, pur non condividendo il dono della fede, crede nei valori del perdono e della solidarietà e in essi intravede - non senza la segreta azione dello Spirito - la possibilità di dare un volto nuovo alla terra.

E dunque agli uomini e alle donne di buon volontà che mi rivolgo con fiducia. Uniamoci tutti per reagire contro ogni forma di violenza sconfiggere la guerra! Creiamo le condizioni perché i piccoli possano ricevere in eredità dalla nostra generazione un mondo più unito solidale! Diamo ai bambini un futuro di pace! Dal Vaticano, 8 dicembre dell'anno 1995.


GPII 1995 Insegnamenti 2096