GPII 1995 Insegnamenti 2191

Udienza: il discorso del Papa alla comunità polacca durante il tradizionale incontro per gli auguri natalizi - Aula Paolo VI, Città del Vaticano

Titolo: Il Millennio del Battesimo ha preparato la Polonia al Grande Giubileo del Duemila

Caro Arcivescovo, Signor Ambasciatore, Fratelli e Sorelle

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1. Quali auguri ci facciamo in occasione del Natale del Signore? Di solito, ci auguriamo "Buon Natale" e "felice Anno Nuovo". Ed è un augurio opportuno. Si tratta, pero, di sapere che cosa intendiamo con il "Buon Natale" e con il "felice Anno Nuovo". Certamente abbiamo in mente la gioia che scaturisce da un bene. Di quale bene si tratta? Il bene infatti ha varie dimensioni che l'esperienza dell'umanità nell'arco della storia mette in evidenza. Nel suo tendere al bene, l'uomo può, ad esempio, fermarsi esclusivamente su ciò che è temporale e visibile, su ciò che soddisfa solamente i sensi.

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2. Nella nostra tradizione polacca le feste del Natale del Signore hanno una ricca cornice esteriore, pervasa dalle melodie dei canti natalizi, così piacevoli e care al nostro orecchio. La stessa cena della Vigilia, secondo la tradizione polacca, è diversa dagli altri pasti: il gesto di spezzare il pane bianco di Natale, che la precede, ci guida verso un altro significato del cibo che consumiamo. La tradizione cristiana della Nazione si ricollega qui, in un certo senso, a quello "spezzare il pane" di cui parlano gli Atti degli Apostoli (cfr.
Ac 2,42). Del resto, il segno visibile dell'Eucaristia - il pane che offriamo sull'altare come Corpo di Cristo - somiglia esternamente al "pane della Vigilia". Naturalmente, tale pane non è sacramento, non è l'Eucaristia, anche se in qualche modo vuole riferirsi ad essa. Nel giorno in cui viviamo la somma "benevolenza da parte di Dio", che si dona a noi facendosi uomo, il pane bianco della Vigilia, che spezziamo augurandoci un "Buon Natale", è espressione della reciproca benevolenza umana.

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3. Il gesto di spezzare il pane di Natale spesso ci intimidisce, perché, in un certo senso, non sappiamo cosa dire, come esprimere l'augurio presente nel "pane della Vigilia". Gli auguri di "Buon Natale", infatti, indicano proprio il bene che viene espresso dalla festa del Natale del Signore: "Apparuit benignitas et humanitas Salvatoris nostri", cioè: "si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini", scrive S. Paolo nella lettura liturgica di Natale (
Tt 3,4).

Non possiamo, quindi, fermarci soltanto sul significato superficiale degli auguri della vigilia; dobbiamo in qualche modo entrare in questo bene che ci viene rivelato dalle feste del Natale del Signore, anche attraverso il suo stesso contesto esteriore. Purtroppo, a volte le Feste vengono vissute in modo superficiale, diventando perfino occasione di abuso di allegria e dei vari mezzi che servono per diventare allegri: un Natale così sarebbe un Natale sciupato.

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4. Dicendoci vicendevolmente: "Ti auguro ogni bene", abbiamo spesso in mente un bene a misura dell'uomo. Dovremmo, invece, pensare al bene che Dio desidera per l'uomo facendosi uomo, come ci ricorda la liturgia del Natale del Signore e, a modo loro, i nostri canti natalizi polacchi, come, ad esempio, il meraviglioso canto natalizio: "Nasce Dio", il cui ritornello ci ricorda che "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare tra noi".

In occasione dell'odierno incontro, mentre spezzo il pane bianco di Natale con i Polacchi presenti a Roma, penso a tutti i connazionali che sono in Patria e in tutto il mondo, penso a tutta la Nazione, augurando di avere sempre la consapevolezza di quel bene che è il dimorare di Dio con gli uomini.

Sia sempre viva in noi questa profonda verità del Natale del Signore! Questa consapevolezza rimanga incessantemente presente in noi, aiutandoci ad unirci intorno alla tavola della Vigilia, e a convertirci costantemente, quando, a causa della nostra negligenza o leggerezza, non le siamo fedeli.

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5. Trent'anni fa abbiamo celebrato il Millennio del Battesimo della Polonia. Con il passar degli anni scopriamo come quel Millennio ci abbia preparato al grande Giubileo che celebreremo a 2000 anni dalla nascita del Salvatore nella notte di Betlemme. Auguro alla Chiesa della Polonia che l'Anno Santo, ricordandole la data storica del Mistero dell'Incarnazione, la trovi pronta e disponibile a vivere tale Mistero, affinché il cristianesimo polacco, che ha già dato prova di sé in oltre mille anni, raggiunga la maturità che Cristo ha diritto di attendersi dal nostro Popolo. Alla Madre di Cristo, nostra diletta Signora e Regina, raccomando tutte le famiglie polacche, le parrocchie e le diocesi, gli ordini religiosi, tutte le comunità dell'apostolato dei laici e l'intero Popolo di Dio, impegnato a realizzare, insieme ai suoi Pastori, i compiti che Cristo gli affida nell'attuale tappa della storia.

Ringrazio di cuore l'Arcivescovo per gli auguri.

Data: 1995-12-23 Data estesa: Sabato 23 Dicembre 1995

Angelus: la riflessione del Papa prima della recita della preghiera mariana nella IV Domenica di Avvento - Piazza San Pietro, Città del Vaticano

Titolo: Insieme alla Madre di Dio la Comunità cristiana invoca il dono della pace per i popoli della terra

Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. "Vicino è il Signore: venite adoriamo!" Con queste parole la Chiesa, durante i giorni dell'Avvento, invita i credenti a moltiplicare gli sforzi per prepararsi degnamente ad accogliere il Signore che viene a visitare il suo popolo nel Natale.

"Oggi saprete che il Signore viene: col nuovo giorno vedrete la sua gloria", così canta l'odierna Liturgia, esortandoci a tenere il cuore pronto per celebrare, nell'adorazione e nella lode, il sorprendente incontro con il Figlio di Dio, fattosi uomo per la nostra salvezza.

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2. Lungo l'itinerario dell'Avvento, la Chiesa ci ha proposto come modelli di fattiva preparazione gli antichi profeti, ci ha fatto ascoltare la parola di san Giovanni il Battista, ci ha fatto incontrare san Giuseppe e soprattutto Maria, la madre dell'Emmanuele.

Le parole dei profeti hanno nutrito la nostra speranza, incoraggiandoci a confidare nella potenza dell'amore del Signore, anche di fronte alle chiusure dell'egoismo e agli scenari di morte. I ripetuti inviti di Giovanni il Battista ci hanno esortato ad una vera conversione per preparare la strada al Signore, suggerendoci, attraverso la sua testimonianza austera, una via concreta per fare spazio a Dio nella nostra esistenza. L'obbedienza e la fede di san Giuseppe ci hanno sollecitato a discernere con perseveranza e pazienza i segni della divina presenza nei quotidiani avvenimenti, per essere pronti a collaborare con l'eterno disegno salvifico del Padre.

La liturgia dell'Avvento ci invita soprattutto a volgere lo sguardo a Maria, la nuova "figlia di Sion", esemplare perfetto di un'attesa del Signore ricca di silenzio, di preghiera, di fiducia, di pronta disponibilità alla volontà divina, accompagnata da gesti di generosità e di amore.

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3. Carissimi Fratelli e Sorelle, guardiamo a Maria! A Lei rivolge lo sguardo la Chiesa, mentre attende in trepida gioia la nascita di Gesù, col cuore pieno di speranza. Con Lei ripete: "Vieni Signore Gesù!".

Di fronte alla tentazione insidiosa dello scoraggiamento e della fuga dai grandi ideali, la Vergine invita ad avere fiducia nel Signore, accogliendo le sue grandi prospettive sulla storia e uniformandosi al suo stile di gratuità e di misericordia. Insieme alla Madre di Dio la Comunità cristiana invoca il dono della pace per ogni uomo e per i popoli della terra. Viene Colui che è la nostra pace! Accogliamolo con grande apertura di spirito.

Intensifichiamo, in questa vigilia, la nostra preghiera, perché, aprendoci alla grazia del Signore che viene a salvarci, possiamo accogliere con rinnovata esultanza i doni del Natale di Cristo, Redentore dell'uomo.

Di questa nostra attesa, la Madre del Signore sia modello e guida.

presenti in Piazza San Pietro con queste parole:] A tutti auguro di cuore Buon Natale.

Data: 1995-12-24 Data estesa: Domenica 24 Dicembre 1995

Natale 1995: l'omelia di Giovanni Paolo II durante la Messa "in Nocte Sancta" - Basilica Vaticana, Città del Vaticano

Titolo: E' l'ora in cui irrompe la santità di Dio nella storia del mondo



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1. "Oggi è nato per noi il Salvatore" (Salmo resp.).

All'"oggi" del grande mistero dell'Incarnazione corrisponde in modo particolare quest'ora, in cui celebriamo la Santa Messa chiamata "di mezzanotte".

Secondo la tradizione, il Figlio di Dio venne al mondo a Betlemme, nel cuore della notte.

Leggiamo nel testo del profeta Isaia: "Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce" (
Is 9,1). A questo popolo appartenevano i pastori di Betlemme, che vegliavano di notte il loro gregge ed ai quali, per primi, giunse la notizia: "Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore" (Lc 2,11). E per primi si recarono, seguendo la chiamata dell'angelo, alla stalla dove era nato Gesù.

"Oggi è nato il Cristo Signore, il Salvatore"! Questa lieta notizia invita l'intera creazione a cantare al Signore "un canto nuovo": "Gioiscano i cieli, esulti la terra, frema il mare e quanto racchiude; esultino i campi e quanto contengono, si rallegrino gli alberi della foresta" (Ps 95,11-12).

Per questo nella notte di Natale il mondo intero risuona di canti di gioia, in tutte le lingue del mondo. Sono canti che possiedono un fascino singolare e contribuiscono a creare il clima inconfondibile di questo periodo dell'anno liturgico. Davvero, come dice il profeta Isaia, "hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia" (Is 9,2)!

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2. "Oggi è nato" (cfr.
Lc 2,11).

Accanto al termine "è nato", natus est, nei testi liturgici troviamo un'altra espressione: apparuit, "apparve", "si è manifestato". Quando nasce un bambino, appare nel mondo una nuova persona. In riferimento alla nascita a Betlemme del Figlio di Maria, la liturgia parla di "manifestazione", come viene sottolineato specialmente nella Lettera di san Paolo Apostolo a Tito: "E' apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza" (Tt 2,11).

"Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio", è scritto nel testo di Isaia (9,5). In questo Bambino è apparsa la grazia di Dio, che reca la salvezza a tutti gli uomini. Questa grazia è prima di tutto Egli stesso, il Figlio unigenito dell'eterno Padre, che in quest'ora si fa uomo nascendo da una donna. La sua nascita a Betlemme costituisce il primo momento della grande rivelazione di Dio in Cristo.

I pastori giungono alla stalla e vi trovano "il Salvatore del mondo, che è il Cristo Signore" (cfr. Lc 2,11). E anche se i loro occhi vedono un neonato avvolto in panni e deposto in una mangiatoia, in quel "segno", grazie alla luce interiore della fede, riconoscono il Messia annunciato dai Profeti. In lui si manifesta l'amore di Dio per l'uomo, per tutta l'umanità. Colui che nasce nella notte di Betlemme viene al mondo per dare "se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone" (Tt 2,14).

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3. "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (
Lc 2,14).

Quest'inno, entrato stabilmente nella tradizione liturgica della Chiesa, risuona per la prima volta nella notte di Betlemme e parla di un singolare, straordinario avvicinamento tra Dio e l'uomo. In realtà, mai Dio si è così avvicinato all'uomo come in quella notte, quando il Figlio unigenito del Padre si è fatto uomo. Ed anche se la sua nascita avvenne in condizioni modeste e povere - Gesù nacque nella povertà di una stalla, come un senzatetto -, essa tuttavia fu ricolma di gloria divina. Gloria, infatti, non significa soltanto splendore esterno; significa prima di tutto santità.

L'ora della nascita del Figlio di Dio nella stalla di Betlemme è l'ora in cui irrompe la santità di Dio nella storia del mondo. "Notte santa", come annunzia un notissimo canto natalizio. Notte che è, al tempo stesso, inizio della santificazione dell'uomo per opera di quell'Unico, che solo è "il Santo di Dio".

L'inno angelico che accompagna il Natale del Signore annunzia proprio questo.

Contemporaneamente esso proclama la pace sulla terra. Pensiamo anzitutto alla pace in senso storico. così, nella notte del Natale del Signore, si rinnova in noi la speranza di pace per tutti gli uomini e per tutti i popoli colpiti dalla guerra: nei Balcani, in Africa e in ogni luogo in cui manca la pace.

Ma nella liturgia natalizia la parola "pace" riveste anche un altro e più profondo significato. Essa si riferisce alla nuova Alleanza di Dio con gli uomini, al suo rinnovamento e definitivo compimento. Se l'Alleanza di Dio con gli uomini è una realtà che coinvolge l'intera storia della salvezza, essa non avrebbe potuto trovare un'espressione più piena di questa: Dio ha accolto in Se stesso l'umanità, assumendola nell'unica Persona del Figlio. In tal modo Egli ha unito in sé il divino e l'umano, a perenne e stabile fondamento della pace e dell'eterna Alleanza. Per questo la Chiesa intera intona in questa notte un canto nuovo: "Gloria a Te, Dio fatto uomo, e pace agli uomini salvati dal tuo amore!".

Data: 1995-12-25 Data estesa: Lunedi 25 Dicembre 1995

Il messaggio "Urbi et Orbi" di Giovanni Paolo II nella solennità del Natale del Signore 1995

Titolo: E' nato! Ha bussato al grande albergo della comunità umana



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1. "Tu sei mio figlio; oggi ti ho generato" (
He 1,5).

Le parole dell'odierna liturgia ci introducono nel mistero della nascita eterna, oltre il tempo, del Figlio di Dio, Figlio consostanziale al Padre.

Il Vangelo di Giovanni dice: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio" (Jn 1,1-2).

Professiamo la stessa verità nel Credo: "Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo".

Ecco la gioiosa notizia del Natale del Signore, come l'hanno trasmessa gli Evangelisti e la tradizione apostolica della Chiesa.

Oggi vogliamo annunziarla "alla Città e al Mondo", Urbi et Orbi.

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2. "Egli era nel mondo e il mondo fu fatto per mezzo di lui" (
Jn 1,10).

Viene tra i suoi Colui che viene alla luce nella notte del Natale.

Perché viene? Viene per comunicare una "forza nuova", un "potere" diverso da quello del mondo.

Viene povero in una stalla a Betlemme, con il dono più grande: dona agli uomini la figliolanza divina. A tutti coloro che Lo accolgono dà il "potere di diventare figli di Dio" (Jn 1,12), affinché in Lui, l'eterno Figlio dell'eterno Padre, "vengano generati da Dio" (cfr. Jn 1,13).

In Lui infatti, nel Neonato della Notte Santa, dimora la vita (cfr. Jn 1,4): vita che non conosce la morte; vita di Dio stesso; vita che - come dice san Giovanni - è la luce degli uomini.

La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta (cfr. Jn 1,4-5).

Nella notte del Natale emerge la luce che è Cristo. Essa brilla e penetra i cuori degli uomini, innestando in essi la vita nuova. Accende in essi la luce eterna, che sempre illumina l'essere umano persino quando le tenebre della morte ne avvolgono il corpo.

Per questo "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14).

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3. "Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto" (
Jn 1,11), ricorda il Prologo del Vangelo di Giovanni.

L'Evangelista Luca conferma questa verità, e ricorda che "non c'era posto per loro nell'albergo" (Lc 2,7).

"Per loro", cioè per Maria e Giuseppe e per il Bambino che stava per nascere.

Ecco un motivo ripreso spesso nei canti natalizi: "I suoi non l'hanno accolto...".

Nel grande albergo della comunità umana, come nel piccolo albergo del nostro cuore, quanti poveri anche oggi, alle soglie del Duemila, vengono a bussare!

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4. E' Natale: festa dell'accoglienza e dell'amore! Troveranno posto, in questo giorno, le famiglie sfollate della Bosnia ed Erzegovina, che attendono ancora trepidanti i frutti della pace, di quella pace recentemente proclamata? Potranno rientrare in un paese realmente riconciliato i profughi del Rwanda? Sarà in grado il popolo del Burundi di ritrovare il sentiero d'una pace fraterna? Avranno le popolazioni dello Sri Lanka la possibilità di guardare insieme, mano nella mano, verso un avvenire di fraternità e di solidarietà? Sarà data, infine, al popolo iracheno la gioia di ricuperare un'esistenza normale, dopo i lunghi anni di embargo? Troveranno accoglienza le popolazioni del Kurdistan, tra le quali molte persone sono costrette ad affrontare l'inverno, ancora una volta, nella più dura precarietà? E come non pensare ai fratelli e sorelle del Sudan meridionale, che ancora sperimentano la violenza armata, alimentata senza sosta? Non possiamo dimenticare, infine, il popolo dell'Algeria, che continua a soffrire, vittima di prove laceranti.

E' in questo mondo ferito che irrompe, amorevole e fragile, il Bambino Gesù! Egli viene a liberare l'uomo irretito nell'odio e schiavo di particolarismi e divisioni.

Viene ad aprire orizzonti nuovi.

Il Figlio di Dio fa germogliare la speranza che, malgrado tante gravi difficoltà, spunti finalmente all'orizzonte la pace.

Se ne intravedono segni promettenti anche in terre tormentate come l'Irlanda del Nord e il Medio Oriente.

Aprano gli uomini il cuore al Verbo di Dio fattosi carne nella povertà di Betlemme.

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5. Questo è il Mistero che oggi celebriamo: Dio "ha parlato a noi per mezzo del Figlio" (
He 1,2).

Molte volte e in vari modi Dio aveva parlato per mezzo dei Profeti, ma quando è venuta "la pienezza del tempo" (Ga 4,4), Egli ha parlato per mezzo del Figlio.

Il Figlio è il riflesso della gloria del Padre; l'irradiazione della sua sostanza, che tutto sostiene con la potenza della sua parola. Questo dice del neonato Figlio di Maria l'Autore della Lettera agli Ebrei (cfr. He 1,3). Se per suo mezzo Dio Padre ha creato il cosmo, Egli è anche il Primogenito e l'Erede di tutto il creato (cfr. He 1,1-2).

Questo povero Bimbo, per il quale "non c'era posto nell'albergo", nonostante le apparenze, è l'unico Erede dell'intera creazione.

Egli è venuto per condividere con noi questa sua eredità, affinché noi, diventati figli della divina adozione, partecipiamo all'eredità che Egli ha recato con sé nel mondo.

Verbo eterno, noi oggi contempliamo la tua gloria, "gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità" (Jn 1,14).

La lieta notizia della tua Nascita, antica e sempre nuova, raggiunga sulle onde dell'etere i popoli e le nazioni d'ogni continente e rechi al mondo la pace.

Data: 1995-12-25 Data estesa: Lunedi 25 Dicembre 1995

Angelus: la riflessione di Giovanni Paolo II prima della recita della preghiera mariana nella Festività di Santo Stefano - Piazza San Pietro, Città del Vaticano

Titolo: "La giornata di oggi prolunga in un certo senso la gioia del Natale"

Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. "Un giorno santo è spuntato per noi; venite tutti ad adorare il Signore; oggi una splendida luce è discesa sulla terra!" Le parole della liturgia di Natale risuonano ancora nel nostro cuore e ci invitano a gioire per la nascita del Salvatore. La giornata di oggi prolunga in un certo senso la gioia del Natale.

Gesù stesso ci ricorda il significato della sua venuta: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza!" (
Jn 10,10): una vita piena e senza fine, che arricchisce di prospettive inattese il cammino dell'uomo sulla terra.

2209
2. Nella suggestiva cornice del Natale, ricordiamo oggi il primo martire, santo Stefano. La sua vicenda costituisce un'occasione per riflettere sul significato profondo del Natale, illuminato già dal mistero pasquale della morte e risurrezione di Cristo. L'esempio di fedele adesione a Lui da parte del Protomartire ci stimola a testimoniare senza compromessi i valori del Vangelo, nella certezza che solo nell'adesione senza riserve alla parola di Dio e nel dono generoso di sé ai fratelli si raggiunge la pienezza e l'autenticità dell'esistenza.

Affido all'intercessione di questo Santo particolarmente coloro che, anche oggi, sono chiamati ad offrire davanti al mondo la testimonianza sofferta della loro fede e del loro amore per Cristo.

Con lui, ci aiuti anche Maria Santissima, nelle diverse situazioni nelle quali ci troviamo, a recare sempre a tutti, con le parole e con le opere, il gioioso annuncio del Salvatore, Signore della vita.

(Al termine della preghiera mariana, il Papa ha salutato i fedeli di diverse nazionalità convenuti in Piazza San Pietro. In lingua italiana ha detto:] A tutti esprimo i miei più cordiali auguri natalizi.

A tutti gli italiani: Buon Natale! (Quindi ha rivolto i saluti in lingua francese, inglese, spagnola, portoghese, tedesca e polacca. Di quest'ultimo diamo qui di seguito una traduzione italiana:] "Dio sta nascendo, il potere trema"...

Con le parole di questo bel canto natalizio saluto i connazionali in patria ed all'estero. Auguro, che vivere la verità del Natale del Signore possa portare nella vita di ognuno di voi una sempre più grande maturità della fede e dell'amore fraterno.

Buone feste e felice Anno Nuovo! (Dopo aver formulato le espressioni di saluto, il Papa ha detto:] Grazie per la vostra presenza ieri e oggi. Grazie tantissime. Vi auguro in questi giorni del Natale una speciale benedizione del Signore.

Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1995-12-26 Data estesa: Martedi 26 Dicembre 1995

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano

Titolo: Maria aiuti le famiglie dei credenti

Carissimi Fratelli e Sorelle!

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1. Oggi la Chiesa celebra la festa della Santa Famiglia, che quest'anno coincide con l'ultimo giorno dell'anno. L'odierna Liturgia riferisce l'invito che l'angelo rivolse a Giuseppe per due volte: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto... perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo" (
Mt 2,13); e dopo la morte di Erode: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nel paese d'Israele" (Mt 2,19).

In questo racconto si possono cogliere due momenti decisivi per la Santa Famiglia prima, a Betlemme, quando il re Erode vuole uccidere il Bambino, perché scorge in lui un concorrente al trono; e in Egitto, quando, passato il pericolo, la Santa Famiglia può far ritorno dall'esilio a Nazareth. Osserviamo anzitutto la paterna premura di Dio - la divina premura del Padre per il Figlio incarnato - e, quasi specularmente, la premura umana di Giuseppe. Accanto a lui, percepiamo la presenza silenziosa e trepida di Maria, che nel suo cuore medita sulla premura di Dio e sull'obbedienza sollecita di Giuseppe. Noi, questa premura di Dio la chiamiamo Divina Provvidenza; mentre la premura umana potrebbe essere definita l'"umana provvidenza". E in virtù di questa "provvidenza" che chi è padre o madre si adopera al fine di evitare ogni sorta di male, e garantire tutto il bene possibile ai figli e alla famiglia.

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2. Le premure dei papà e delle mamme dovrebbero suscitare nei figli e nelle famiglie viva gratitudine, un sentimento che è anche un comandamento: "Onora tuo padre e tua madre". Ho voluto ricordare tale comandamento nella "Lettera alle famiglie" (cfr.
LF 15), precisando che, benché esso sia rivolto ai figli, tuttavia, indirettamente interessa anche i padri e le madri. Se il comandamento dice ai figli: "Onora!", dice pure ai genitori: "Cerca di meritarti l'onore!". La dimensione della vita familiare, stabilita dal quarto comandamento del Decalogo, dev'essere ricordata costantemente. La famiglia che è, per propria natura e vocazione, ambiente di vita e d'amore, è infatti sottoposta non di rado a dolorose minacce di ogni genere. Con la famiglia e nella famiglia, minacciata è la vita della persona e anche della società.

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3. Carissimi Fratelli e Sorelle! Guardiamo alla Santa Famiglia di Nazareth, esempio per tutte le famiglie cristiane e umane. Da essa si irradia l'autentico amore-carità, creando non soltanto un eloquente modello per tutte le famiglie, ma offrendo anche la garanzia che un simile amore può essere realizzato in ogni nucleo familiare. Alla Santa Famiglia si ispirino i fidanzati nel prepararsi al matrimonio; guardino ad essa i coniugi nel costruire la loro comunità domestica.

Cresca in ogni casa la fede e vi regnino l'amore, la concordia, la solidarietà, il rispetto reciproco e l'apertura alla vita.

Maria, Regina della famiglia, titolo col quale potremo d'ora in poi invocarla nelle Litanie lauretane, aiuti le famiglie dei credenti a rispondere sempre fedelmente alla loro vocazione così che possano essere autentiche "chiese domestiche".

(Il Santo Padre ha quindi così salutato i pellegrini presenti in piazza San Pietro:] Rivolgo a tutti un cordiale saluto, invitando a vivere queste ultime ore dell'anno che sta per finire in spirito di lode e di ringraziamento al Signore, fonte di ogni bene. Saluto in particolare i partecipanti al corteo dei Re Magi che, dopo aver reso omaggio all'immagine di Gesù Bambino all'Aracaeli, si recano a venerare quella custodita a Giulianello di Cori, presso Latina. Possa ogni credente rivivere l'esperienza dei santi Magi ed essere sempre guidato nel cammino della vita dalla luce della fede.

(Prima di concludere l'incontro di preghiera il Papa ha detto:] A tutti ripeto: in quest'ultimo giorno dell'anno 1995 auguro buon anno, buon anno 1996, che comincerà a mezzanotte di oggi. Sia lodato Gesù Cristo! (Quindi rivolgendosi ad un gruppo di fedeli che intonava un canto, il Papa ha detto:] Cercano di cantare polacco ma non sono polacchi. Speriamo bene.

Arrivederci a domani con la grazia del Signore.

Data: 1995-12-31 Data estesa: Domenica 31 Dicembre 1995

Canto del "Te Deum" - Città del Vaticano

Titolo: Vorrei dedicare a tutte le famiglie il mio pensiero



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1. "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mando il suo Figlio, nato da donna..." (
Ga 4,4) fratelli e sorelle.

Questa parola che il Signore ci ha rivolto poc'anzi, tratta dalla Lettera di San Paolo ai Galati - parola tra le più dense sul mistero dell'Incarnazione - ci aiuta a raccogliere sinteticamente i vari aspetti di questa singolare "ora" che stiamo celebrando. Questa sera, infatti, ci siamo dati appuntamento, come di consueto, per elevare a Dio il solenne rendimento di grazie al termine dell'anno solare; e al tempo stesso, seguendo il ciclo liturgico, celebriamo con tutta la Chiesa la Domenica della Santa Famiglia ed entriamo, con questi Primi Vespri, nella Solennità della Santa Madre di Dio Viviamo pertanto l'ultimo giorno dell'anno civile nell'incrociarsi di due importanti festività del tempo di Natale, nelle quali svolge un ruolo di primo piano la Madonna, sposa di Giuseppe e Madre del Signore.

Tutto ciò non può che arricchire il nostro odierno inno di lode, sollecitandoci anzitutto ad una pausa di meditazione colma di riconoscente stupore, proprio nell'atteggiamento interiore caratteristico della Vergine di Nazareth, la quale, come attesta l'evangelista Luca, custodiva ogni parola ed ogni evento e li meditava nel cuore (cfr. Lc 2,19 Lc 2,51).

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2. Il brano della Lettera dell'apostolo Paolo ai Colossesi, che abbiamo pure ascoltato, appartiene alla liturgia della Festa della Santa Famiglia. Esso pone mirabilmente in luce la bellezza della vita familiare, nella quale la bontà, l'umiltà, il perdono reciproco e la pace del cuore devono essere i sentimenti dominanti: "Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione" (
Col 3,14) Ecco il clima della comunità familiare quale Cristo l'ha voluta e istituita! Una famiglia nasce con il sacramento del matrimonio, in cui gli sposi si donano e si accolgono reciprocamente promettendosi fedeltà, amore e rispetto per tutta la vita, nella buona e nella cattiva sorte. Quando si scambiano tale promessa, i coniugi s'impegnano, in un certo senso, anche verso figli. Anche verso di loro va infatti la promessa di reciproca fedeltà. Su di essa i figli conteranno e dall'esperienza che potranno fare del suo quotidiano e perseverante mantenimento impareranno che cosa significa amarsi veramente e quanta gioia vi possa essere nel dono reciproco senza riserve.

Come non guardare, in questo contesto, alla Santa Famiglia di Nazareth? Da essa s'irradia l'amore-carità che non soltanto costituisce un eloquente modello per le famiglie, ma dona anche la speranza che esso sia realizzabile nelle vicende quotidiane.

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3. Carissimi Fratelli e Sorelle! Oggi, ultimo giorno del 1995, si chiude un altro anno che consegniamo alla storia. Sperimentiamo ancora una volta la legge del tempo, che ci accompagna nel corso dell'esistenza terrena. L'avvertiamo in modo particolare nel giorno in cui l'anno che sta per terminare cede il posto a quello che sta per venire.

E poiché il 1995 si conclude con la Festa della Santa Famiglia, vorrei dedicare a tutte le famiglie il mio pensiero e la mia preghiera, per un futuro di serenità e di pace. Come Vescovo di Roma, penso in questo momento prima di tutto alle comunità domestiche della Città; penso ad ogni comunità cristiana che è in Roma e che, come Pastore di questa Città, sono chiamato a servire. Rendo grazie alla Divina Provvidenza per aver potuto, anche nel corso di questo anno, visitare un certo numero di parrocchie e chiese di Roma: Santa Maria del Soccorso, Santa Giovanna Antida Thouret, Santa Maria del Rosario, Santa Maria Consolatrice, Santo Spirito in Sassia e Santa Maria in Vallicella, durante la scorsa primavera; e più recentemente San Romano Martire, Santi Mario e Familiari Martiri, Chiesa dei Frisoni, Santi Martino e Antonio Abate e Santa Maria Regina Apostolorum. Il numero della parrocchie visitate sale così a 241; ne mancano ancora 90.

E sempre per me motivo di grande gioia e anche di edificazione incontrare le Comunità della mia Diocesi, per la grande ricchezza di doni spirituali che in esse riscontro e per il clima di famiglia che le contraddistingue. Vorrei che questi doni e questo clima si rafforzassero e si diffondessero ulteriormente così da consolidare quel tessuto ecclesiale, quella "rete spirituale" che sarà importantissima per offrire ai pellegrini del Grande Giubileo del 2000 un'accoglienza degna della Città dei Santi apostoli Pietro e Paolo.

Contribuirà indubbiamente a tale scopo evangelico e spirituale la missione cittadina di cui già ho avuto modo di parlare in diverse occasioni e che caldamente, anche in questa circostanza, affido alla preghiera ed all'impegno di tutti i fedeli della Città.

Preghiamo insieme per ottenere dal Signore la collaborazione generosa e solidale di tutte le forze vive della nostra comunità.

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4. Il mio pensiero si allarga ora all'Italia, alla quale la Chiesa guarda sempre con speciale attenzione e fiducia. E possibile e doveroso in Italia un forte impegno di evangelizzazione, affinché le correnti culturali e sociali che spingono verso una radicale secolarizzazione non diminuiscano il vigore della tede di tanta parte della popolazione, svuotando dei suoi valori più nobili la civiltà che ha fatto grande la nostra nazione.

E di vitale importanza, a tal fine, che la Chiesa italiana conservi e approfondisca quell'unità interna, fondata nell'integrale adesione alla verità rivelata, che felicemente la caratterizza. E questa la condizione per poter far fronte al relativismo largamente diffuso. Le esigenze della verità e della moralità - è necessario ribadirlo - non umiliano e non annullano affatto la libertà, ma al contrario le permettono di crescere e la affrancano dalle minacce che essa porta dentro di sé a causa del peccato.

Tutto ciò chiede di tradursi, mediante l'impegno dei cristiani, anche nelle strutture della società temporale, pur nel rispetto per la loro legittima autonomia (cfr.
GS 76). Lo Stato di diritto, una genuina democrazia ed una ben ordinata economia non possono prosperare infatti se non facendo riferimento a ciò che è dovuto all'uomo perché è uomo, quindi a principi di verità e a criteri morali oggettivi, e non invece a quel relativismo che talvolta si pretende alleato della democrazia, mentre in realtà è un suo insidioso nemico (cfr. CA 34 CA 46; VS 111). Occorre dunque operare con coraggio perché le strutture sociali siano rispettose di quei valori etici nei quali si esprime la piena verità sull'uomo.

E evidente, pertanto, che l'attenzione ai principi e ai contenuti dell'impegno sociale e politico viene prima, per i cattolici, di ogni considerazione di metodo o di schieramento; e che la Chiesa stessa, senza coinvolgersi in scelte di parte, non può rinunciare a proporre con chiarezza la dottrina sociale cristiana. Né si può ravvisare in ciò alcuna forma di integralismo o di minor rispetto della democrazia.


GPII 1995 Insegnamenti 2191