GPII 1995 Insegnamenti 2032

Udienza: il discorso di Giovanni Paolo II alla fondazione "Centesimus annus - Pro Pontifice" - Sala Clementina, Città del Vaticano

Titolo: Intraprendete un'azione coraggiosa per salvaguardare la vita e la dignità umana dalla "cultura della morte"

Signor Cardinale, Cari Fratelli nell'episcopato, Signore e Signori!

2033
1. Sono lieto di porgere il mio benvenuto a ciascuno di voi. Saluto innanzitutto il Signor Cardinale Rosalio Castillo Lara e lo ringrazio per le amabili parole che, a nome vostro, mi ha appena rivolto. Saluto, poi, il Pro-Presidente dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, Mons. Lorenzo Antonetti, il Segretario Monsignor Giovanni Lajolo, come pure il Presidente, il Consiglio di Amministrazione e tutti voi, Soci della Fondazione che insieme ai vostri familiari, avete voluto gentilmente farmi visita in occasione del vostro annuale Convegno di studio.

Quest'anno avete scelto come tema a cui dedicare la vostra riflessione la dottrina dell'Enciclica Evangelium vitae in rapporto agli orientamenti sociali e pastorali della Centesimus annus. In realtà l'amore di Dio per l'uomo, da cui scaturisce la dignità della persona e il rispetto per la vita di ogni essere umano, è parte integrante del Vangelo che la Chiesa deve instancabilmente annunciare e testimoniare al mondo. Essa ha infatti come impegno "la cura e responsabilità per l'uomo, a lei affidato da Cristo stesso, per questo uomo che, come il Concilio Vaticano II ricorda, è la sola creatura sulla terra che Dio abbia voluto per se stessa e per cui Dio ha il suo progetto, cioè la partecipazione all'eterna salvezza" (
CA 53).

2034
2. La vostra Fondazione ha fatto dell'adesione alla missione della Chiesa il fondamento che sorregge ed orienta la testimonianza cristiana dei propri soci nel contesto della realtà imprenditoriale in cui essi operano. Alla base del vostro Statuto è il lodevole impegno di "collaborare alla diffusione dei valori umani, etici, morali e cristiani, quali esposti in particolare nell'Enciclica Centesimus annus" (art. 3).

Mentre vi ringrazio per tale lodevole disponibilità, auspico che l'impegno statutario, da voi accettato anche come scelta personale, vi porti alla continua ricerca e al concreto sostegno di quei valori, i quali, come robusta struttura spirituale, devono costituire il sicuro orientamento della vostra azione di imprenditori cristiani. Potrete così certamente contribuire a costruire su di essi, come su solidi pilastri, una società realmente libera e solidale, dove la dignità della persona sia pienamente promossa e venga rispettata la vita dal concepimento fino al suo naturale tramonto.

Nelle Encicliche Centesimus annus ed Evangelium vitae, come negli altri pronunciamenti su tematiche sociali, ho avuto modo di segnalare svariate situazioni, larvate o palesi, che minacciano la vita e la dignità dell'essere umano. In un certo senso, esse caratterizzano quella "cultura di morte" che, in nome di un fallace progresso e sulla base di un falso concetto di libertà, viene diffusa da chi, potente e ricco, viola i diritti del debole e del povero. Ciò avviene, ad esempio, allorché si elimina una vita appena concepita, o quando si induce una popolazione a comportamenti in contrasto con i fondamentali principi etici.

Tali atteggiamenti - con i relativi presupposti culturali, che sfociano da ultimo nella negazione pratica di un Dio Creatore e della legge naturale da Lui scolpita nel cuore della persona - non solo non sono forieri di benessere, ma minacciano, in definitiva, la sopravvivenza stessa della società. E' pertanto urgente che tutti gli uomini di buona volontà intraprendano un'azione coraggiosa e costante per smascherare simili diffusi pseudovalori e promuovano invece gli autentici valori etici, posti a salvaguardia della vita umana, individuale e sociale.

2035
3. Mi è pertanto di molto conforto sapere che voi, soci della Fondazione "Centesimus annus - Pro Pontifice", lavorate per approfondire l'insegnamento sociale della Chiesa e vi sforzate di tradurlo in pratica non solo nell'ambito delle vostre imprese, ma anche fin dove arriva la vostra azione professionale e cristiana.

Continuate in tale impegnativa missione; rimanete sempre uniti alla Chiesa e sostenete, soprattutto con la vostra preghiera, il Sommo Pontefice nell'arduo compito di proclamare - "opportune et importune" - il Vangelo di Cristo.

Le vostre attività imprenditoriali e sociali vi pongono a stretto contatto col mondo del lavoro e della produzione, e perciò con l'uomo che gestisce i beni, frutto della sua fatica e della sua genialità. Vi aiuti il Signore a diffondere lo spirito di solidarietà e il rispetto per ogni vita umana. Potrete così contribuire ad affermare nel mondo l'autentica "civiltà dell'amore".

2036
4. Non posso concludere questo incontro senza esprimere la mia gratitudine per le risorse che la Fondazione ha messo a disposizione della Santa Sede, anche in quest'ultimo anno. Esse sono un segno tangibile di sostegno alle grandi e molteplici necessità, a cui il Sommo Pontefice deve provvedere in virtù della sua universale missione. Iddio vi ricompensi abbondantemente.

Con tali sentimenti, imparto a voi qui presenti la Benedizione Apostolica, che volentieri estendo ai vostri cari e a tutti i vostri collaboratori.

Data: 1995-11-25 Data estesa: Sabato 25 Novembre 1995

Visita "ad limina": ai Vescovi dell'India - Città del Vaticano

Titolo: La Chiesa indiana evangelizzi e si lasci evangelizzare

Cari Fratelli Vescovi,

2037
1. Proseguendo questa serie di visite ad limina con i Vescovi dell'India ho oggi la grande gioia di salutare i Pastori delle Province Ecclesiastiche di Agra, Guwahati, Imphal e Shillong: "Grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene" (
Ap 1,4). Ora che l'anno liturgico sta per finire la Santa Chiesa dedica nuovamente la sua attenzione alla gloriosa venuta del Signore della storia che a tempo debito porterà a compimento il Regno promesso. Fino ad allora, il Popolo di Dio sulla terra proseguirà il suo pellegrinaggio nella fede fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio annunciando la croce e la morte del Signore fino al giorno in cui Egli verrà (cfr. LG 8). In questo pellegrinaggio i fedeli sono guidati dai Successori degli Apostoli, uniti fra di loro e con il Vescovo di Roma dai vincoli dell'unità, della carità e della pace (cfr. LG 22). Oggi siamo qui riuniti per riflettere sul ministero che lo Spirito ci ha affidato attraverso l'Ordinazione Episcopale e per impegnarci di nuovo in esso con piena fiducia nella grazia di nostro Signore Gesù Cristo.

2038
2. Le Chiese locali in India sono ricche di realtà ecclesiali in quanto esse sorgono nell'ambito della Chiesa universale e derivano da essa (cfr. Congregazione per la Dottrina della fede, Communionis Notio, n. 9). Riconoscendo il ministero apostolico del Collegio Episcopale, che implica il carisma unico che Cristo ha donato a Pietro come Pastore del suo gregge (cfr.
Jn 21,15-17), ogni Chiesa particolare riflette pienamente l'unica Chiesa di Cristo. I1 servizio petrino di unità è intrinseco ad ogni Chiesa locale: "Tutte le Chiese sono in comunione piena e visibile perché tutti i Pastori sono in comunione con Pietro, e così nell'unità di Cristo" (UUS 943). Proprio perché il Vescovo di Roma è il principale guardiano dell'unità della Chiesa, la mia missione esige anche che sia il primo difensore della sua cattolicità che esclude certe forme di attaccamento alla pro pria identità culturale, regionale e nazionale che danneggiano quell'apertura e quell'amore universali che dovrebbero ispirare i seguaci di Cristo. Sono lieto dunque di costatare i modi in cui attraverso uno scambio di doni, soprattutto risorse spirituali e umane, le vostre Diocesi cercano di mettere in pratica ciò che il Concilio Vaticano II ha affermato: "Il tutto e le singole parti si accrescono con l'apporto di tutte, che sono in comunione le une con le altre, e coi loro sforzi verso la pienezza dell'unità" (LG 13).

2039
3. Fra pochi giorni commemoreremo il XXX anniversario del Decreto del Concilio Vaticano II su l'Attività Missionaria della Chiesa. Nelle parole di quel memorabile documento la missione della Chiesa di portare la luce del Vangelo a tutti i popoli è basata sull'amore eterno della Santissima Trinità: "La Chiesa peregrinante per sua natura è missionaria, in quanto essa trae origine dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito santo, secondo il disegno di Dio Padre" (
AGD 2).

In qualità di Pastori della Chiesa in India il vostro impegno personale deve consistere nell'alimentare il fuoco dell'amore acceso dalla morte e dalla resurrezione salvifiche del Signore. Dovete chiedervi sempre: come possiamo più efficacemente condurre le persone alla scoperta e all'esperienza più profonda delle "imperscrutabili ricchezze di Cristo" (Ep 3,8)?

2040
4. La comunità cattolica in India si trova di fronte a una duplice sfida: da una parte, lo Spirito Santo vi esorta ad annunciare la Buona Novella a tutti coloro che non l'hanno ancora udita, dall'altra, ogni Chiesa particolare, ogni comunità parrocchiale e ogni istituto religioso riceve la sfida a lasciarsi evangelizzare di nuovo con rinnovato fervore. Vi chiedo di esortare i fedeli a concentrare la propria attenzione sull'obiettivo primario del grande Giubileo dell'Anno 2000: "un vero anelito alla santità, un desiderio forte di conversione e di rinnovamento personale in un clima di sempre più intensa preghiera e di solidale accoglienza del prossimo, specialmente quello più bisognoso" (
TMA 42).

Lo Spirito Santo ricaverà indubbiamente un ricco raccolto dai vostri sforzi di evangelizzazione purché essi siano basati su una cristologia, una soteriologia e un'ecclesiologia corrette, sull'inculturazione autentica, sulla dedizione instancabile degli agenti di evangelizzazione e sull'efficacia delle strutture ad essa preposte.

2041
5. In vista della nostra responsabilità di affrontare questa immensa sfida non posso non riflettere con voi sul fatto che la Chiesa deve, sempre e in ogni luogo, tutelare scrupolosamente la verità circa il suo Sposo, la verità che sola rende liberi (cfr.
Jn 8,32). Fra i doveri principali dei Vescovi c'è quello di garantire il rispetto del diritto di ciascuno di ascoltare il Vangelo di Gesù Cristo proclamato nella sua pienezza e nella sua integrità. Penso in particolare ai nostro bisogno di essere vigili rispetto agli insegnamenti che minimizzano la destinazione universale del Vangelo sminuendo l'unicità della rivelazione culminata nella nuova ed eterna Alleanza che è stata stabilita dal sangue di Cristo e che viene fedelmente serbata nei secoli nella dottrina e nella fede della Chiesa.

Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo è l'unico perfetto, definitivo e insuperabile Verbo del Padre. E il mediatore e la pienezza di tutta la Rivelazione (cfr. DV 2), l'unico Redentore di tutta l'umanità. "Gli uomini; dunque, non possono entrare in comunione con Dio se non per mezzo di Cristo sotto l'azione dello Spirito" (RMi 5). Allo stesso modo, la Chiesa è il sacramento universale di salvezza, il segno e lo strumento scelti da Dio attraverso i quali la grazia salvifica di Cristo viene offerta a tutti. Affinché la Chiesa in India rimanga sempre salda nella sua fedeltà al Signore è essenziale garantire che l'armonia, la bellezza e la forza della verità di fede vengano comprese e amate, soprattutto nei seminari, nelle case di formazione e negli istituti di istruzione superiore.

2042
6. Allo stesso tempo, l'efficacia della nuova evangelizzazione e della missione ad gentes dipende dalla proclamazione della "verità del Vangelo" (
Ga 2,14) realizzata in un modo che sia convincente ed efficace. L'evangelizzazione è indissolubilmente legata al profondo, graduale ed esigente processo di incùlturazione, un processo che lancia una sfida costante alla Chiesa in ogni parte del mondo. La Buona Novella della redenzione deve "incarnarsi" nelle varie culture del vostro vasto subcontinente cosicché le lodi a Dio possano essere intonate da ciascun popolo nella propria "lingua". L'inculturazione autentica si ottiene solo laddove il centro di una cultura viene illuminato e rafforzato dalle verità e dai valori della rivelazione e laddove le persone rispondono alla chiamata alla santità con la fedeltà a Cristo, sapienza eterna che trasforma tutti gli ambiti della vita inclusi quelli riguardanti l'eredità culturale e sociale.

Gli sforzi pastorali volti a promuovere l'inculturazione non si concentreranno solo su aspetti esteriori come se fossero i1 risultato di un adattamento frettoloso e superficiale dei costumi e dei valori di coloro a cui viene predicata la Parola di Dio. Piuttosto, i vostri sforzi in questo campo devono portare all'edificazione di comunità la cui esistenza e la cui unità stesse scaturiscano dalla fervente preghiera, dalla gioiosa celebrazione dei sacramenti e da una vita vissuta in accordo con le esigenze del Vangelo. L'inculturazione sortisce effetti positivi in particolare laddove le coppie e le famiglie incarnano la visione cristiana della loro vocazione e delle loro responsabilità. I Vescovi, con la loro attitudine all'ascolto attento, al dialogo e al discernimento devono garantire che i modi in cui il Vangelo viene espresso e vissuto fra la loro gente siano sempre pienamente compatibili con il deposito apostolico della fede e con i vincoli di comunione ecclesiale (cfr. RMi 54).

2043
7. Come molti dei vostri resoconti quinquennali hanno sottolineato l'esperienza delle vostre Chiese locali vi ha convinto del fatto che il successo della missione ecclesiale in India implica la testimonianza congiunta di Cristo seguendo un programma di solidarietà pastorale. Sempre di più le persone guardano anzitutto ai messaggeri, all'autenticità della loro vita prima di considerare il messaggio in sé. Nel cenacolo, quando il Signore diede il suo nuovo comandamento, rivelo come avrebbe richiamato a sé le persone: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (
Jn 13,35). La testimonianza recata dalla pace, dallo spirito di cooperazione e di santità di ogni comunità cristiana nel proprio ambito e nei suoi rapporti con gli altri intensifica l'efficacia della Chiesa in quanto segno dell'amore di Dio. Questa testimonianza, che dovrebbe essere particolarmente visibile nell'unione fraterna dei Vescovi stessi è indispensabile, se il compito di evangelizzazione deve essere realizzato secondo la volontà di Dio. Esorto tutta la Chiesa in India a consacrarsi nell'amore evangelico, cosicché, vedendo che i discepoli di Cristo vivono nel servizio generoso e nella solidarietà, coloro che non hanno ancora accennato la Buona Novella possano credere (cfr. Jn 17,21-23)!

2044
8. Nel vostro grande Paese i cristiani rappresentano una piccola minoranza a volte minacciata. Tuttavia, essi sono chiamati a essere il lievito nella pasta (cfr.
Mt 13,33) e una luce sopra il lucerniere (cfr. Mt 5,15-16). Nonostante le innumerevoli difficoltà, molti sacerdoti, religiosi e laici hanno testimoniato eroicamente la propria fedeltà al Signore. Prego affinché lo Spirito Santo, "il protagonista di tutta la missione ecclesiale" (RMi 21), continui a infondere nel Popolo di Dio in India il coraggio, il fervore e l'entusiasmo che caratterizzarono le prime comunità cristiane! Esorto i genitori, i sacerdoti, i catechisti e tutti coloro che servono il Popolo di Dio a promuovere un rinnovato ardore per la santità al fine di dare nuovo impulso alla carità.

Da parte loro, gli istituti religiosi, in particolare le numerose e fiorenti Congregazioni di Suore svolgono un ruolo indispensabile nel porre la Buona Novella agli uomini e alle donne della nostra epoca, in special modo ai poveri e a coloro che anelano, spesso senza sapere, alla pienezza di vita (cfr. Col 2,10). Poiché è importante che i religiosi diano il meglio di sé nelle loro opere apostoliche, essi contribuiscono all'evangelizzazione soprattutto attraverso la loro totale consacrazione al Signore.

Devono lasciarsi evangelizzare ancor più profondamente affinché la luce di Cristo possa penetrare nei loro cuori e permettere loro di irradiarla agli altri. Coloro che seguono il cammino dei consigli evangelici non dovrebbero forse testimoniare in particolare una spiritualità radicata nella contemplazione amorosa, nel distacco dal mondo e nello spirito di sacrificio?

2045
9. Come molti di voi mi hanno detto, i laici nelle vostre Chiese particolari stanno divenendo sempre più consapevoli del fatto che, in virtù del loro Battesimo e della loro Confermazione, hanno la specifica missione di edificare il Corpo di Cristo. Mentre non possiamo dimenticare che "la vocazione dei fedeli laici alla santità comporta che la vita secondo lo Spirito si esprima in modo particolare nel loro inserimento nelle realtà popolare e nella loro partecipazione alle attività terrene" (
CL 17), è anche vero che i laici, uomini e donne, dovrebbero essere strutturalmente inseriti nella vita di ogni parrocchia e di ogni Diocesi. Se a volte i laici sentono che il loro diritto di partecipare alla vita della Chiesa viene ignorato, i Vescovi devono operare per instaurare un clima di fiducia e di collaborazione fra tutti i membri del Corpo di Cristo.

10. Desidero che sappiate, cari Fratelli in Cristo, che prego con costanza per ognuno di voi singolarmente e per tutto il vostro popolo. All'approssimarsi del terzo millennio dovremmo convincerci del fatto che la migliore preparazione per quel Grande Giubileo "non potrà che esprimersi nel rinnovato impegno di applicazione, per quanto possibile fedele, dell'insegnamento del Vaticano II alla vita di ciascuno e di tutta la Chiesa" (TMA 20).

Questo è quanto lo Spirito sta dicendo alla Chiesa in India (cfr. Ap 2,78)! Affido tutti voi, insieme ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici affidati alla vostra sollecitudine pastorale, all'intercessione materna di Maria la quale guida con amore il nostro pellegrinaggio verso la pienezza del Regno. Con la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1995-11-25 Data estesa: Sabato 25 Novembre 1995

Messaggio al Patriarca Bartolomeo I - Città del Vaticano

Titolo: Nel giorno della festa di Sant'Andrea

A Sua Santità Bartolomeo I, Arcivescovo di Costantinopoli, Patriarca Ecumenico.

"Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi" (Ph 4,4).

Questo sollecito invito rivolto da San Paolo ai primi cristiani di Filippi si concretizza ogni volta che celebriamo l'opera salvifica del Signore e la testimonianza resa dai suoi Santi.

Nell'accogliere l'esortazione rivoltaci dall'Apostolo delle Genti, desidero unirmi di tutto cuore a Sua Santità, al Santo Sinodo, a tutto il Clero e al popolo dei fedeli di Costantinopoli per partecipare con voi tutti alla celebrazione della santa memoria dell'apostolo Andrea, il primo ad avere avuto la gioia di essere chiamato dal Signore stesso a seguirlo. Questo appello è giunto sino a noi e si è esteso a tutti gli uomini della terra, perché si raccolgano nell'unità dell'unico popolo di Dio.

La delegazione guidata dal Cardinale Edward Idris Cassidy presenterà a Lei e a tutta la sua Chiesa in festa, il saluto e l'affetto della Chiesa di Roma nella comunione della fede e nella venerazione della testimonianza di vita che l'apostolo Andrea, fratello di Pietro, mantenne fino al martirio.

Ogni anno celebriamo la festa di Sant'Andrea e quella di San Pietro, illustri fondatori delle nostre Chiese, con lo scambio di delegazioni, intendendo così testimoniare il nostro profondo desiderio di piena comunione.

Non posso non ricordare che, quest'anno, Lei ha voluto partecipare personalmente alla celebrazione della festa dei Santi Pietro e Paolo a Roma.

Desidero nuovamente porgerLe i miei sentiti e fraterni ringraziamenti.

L'entusiasmo con cui il popolo dei fedeli di Roma l'ha accolta è segno sicuro della comunione sempre più grande che unisce le nostre Chiese e traduce il nostro desiderio di ulteriori progressi per giungere al giorno in cui potremo insieme offrire al Signore il Sacrificio di lode e rendere grazie.

Il Signore stesso ci invita a cercare questa unità (cfr. Jn 17,21).

Verso questa meta finale tendono i nostri comuni sforzi nella preghiera, nel dialogo e nella collaborazione fraterna.

Tra qualche giorno, il 7 dicembre 1995, saranno trascorsi trenta anni da quando, per l'ispirazione profetica di Papa Paolo VI e del Patriarca Atenagora I, le nostre due Chiese, velando d'oblio le antiche scomuniche, si sono, con nuovo avvio, incamminate insieme verso il compimento della piena comunione. Questo atto ecclesiale ha rivestito un'importanza decisiva, avendo reso più sicuri i nostri passi e avendo fatto prendere, a noi, coraggio. Insieme a Sua Santità, desidero rendere grazie al Signore e affidargli i nostri fratelli Paolo e Atenagora, ormai uniti nella comunione di coloro che sono ammessi a vivere della sua luce eterna.

In questa prospettiva fraterna desideriamo continuare il dialogo teologico e le relazioni tra cattolici e ortodossi. Da parte nostra siamo determinati a impegnarci a ciò con tutta la nostra volontà. E necessario intensificare, in maniera coordinata e armoniosa, i nostri sforzi perché il nostro dialogo e le nostre relazioni tendano sempre più verso la piena comunione della fede.

La celebrazione del grande giubileo che si svolgerà all'inizio del nuovo millennio dovrebbe dare nuovo slancio a questo processo. Sarebbe davvero una grande gioia, se quel giorno potessimo essere realmente più vicini alla piena unità. Personalmente desidero contribuire, con la mia assidua preghiera, al rafforzamento di tutto ciò che possa far progredire in questa direzione. Desidero in particolar modo pregare per queste intenzioni in questo giorno benedetto della festa dell'apostolo Andrea, solennemente celebrato dalla Chiesa sorella di Costantinopoli.

Con questi sentimenti di comune gioia, di impegno per l'avvenire e di fiducia nel Signore, desidero confermarLe, Santità, tutta la mia affezione.

Dal Vaticano, 26 novembre 1995.

IOANNES PAULUS PP. II (Traduzione dal francese]

Data: 1995-11-26 Data estesa: Domenica 26 Novembre 1995

Angelus: il Santo Padre guida la rilettura del Concilio a trent'annni dalla conclusione - Piazza San Pietro, Città del Vaticano

Titolo: "Presbyterorum Ordinis": un mistero di grazia, una missione esigente e sublime

Carissimi Fratelli e Sorelle!

2046
1. Celebriamo oggi la festa di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell'Universo.

Questa solennità, cara alla fede popolare, chiude l'Anno liturgico e ci introduce nel clima dell'Avvento, ormai imminente. Il Signore Gesù ritornerà alla fine dei tempi nella gloria, e porterà a compimento il suo Regno. Di questo Regno la Chiesa costituisce quaggiù il germe e l'inizio.

Ben si colloca nella luce dell'odierna Liturgia la riflessione che, seguendo i documenti del Concilio Vaticano II, oggi intendiamo dedicare al ministero ed alla vita dei sacerdoti. Dei presbiteri si parla specialmente nel decreto Presbyterorum Ordinis. Araldi del Vangelo, essi sono "collaboratori dell'ordine episcopale" (
LG 28), incaricati di edificare e reggere il Popolo di Dio con la predicazione e i sacramenti, e di guidarlo con saggezza verso la piena realizzazione del Regno di Dio. Compito, questo, tutt'altro che facile, soprattutto nel contesto della vita contemporanea. Il loro è, pertanto, come sottolinea il citato decreto conciliare, un "compito estremamente importante e sempre più arduo", ma indispensabile per il rinnovamento della Chiesa (cfr. n. 1).

In effetti, come sarebbe pensabile la comunità cristiana senza la loro presenza ed il loro quotidiano servizio?

2047
2. Il ministero presbiterale, prima di essere una funzione, è un mistero di grazia! E' il mistero di una chiamata speciale, con cui un membro del Popolo di Dio è invitato a dedicare l'intera vita alla causa del Regno e, per mezzo del sacramento dell'Ordine, viene "insignito di uno speciale carattere che lo configura a Cristo sacerdote" (n. 2).

E' qui, nel rapporto profondo con Cristo, la chiave di comprensione del sacerdozio ministeriale, che differisce essenzialmente, e non solo di grado, dal sacerdozio comune di tutti i fedeli (cfr. n. 10). I presbiteri, infatti, sono configurati a Cristo sacerdote a nuovo titolo, e cioè per essere "ministri del Capo, allo scopo di far crescere ed edificare tutto il suo corpo, che è la Chiesa" (n. 12). Essi agiscono "in persona di Cristo", soprattutto quando celebrano l'Eucaristia. A nome di Cristo sono costituiti padri ed educatori nella fede, dotati della corrispondente autorità. Il Concilio, pero, li esorta anche a non dimenticare di dover restare "fratelli tra fratelli" (n. 9), aperti alla collaborazione e alla corresponsabilità di tutti i battezzati. A loro "sono affidati, in modo speciale, i poveri e i più deboli" (n. 6). Missione, quella dei presbiteri, davvero esigente e sublime! Non si sbaglia l'intuito dei fedeli quando si aspetta dai sacerdoti "che tendano a una sempre maggiore santità" (n. 12).

2048
3. La Vergine Santa, Madre dell'Eterno e Sommo Sacerdote, sia vicina ai presbiteri del mondo intero, suoi figli prediletti, ed assista in particolare quelli tra essi che si trovano in situazioni di difficoltà. Li aiuti tutti ad essere all'altezza del loro compito. Spinga la comunità cristiana a sentirli davvero come pastori e padri, e a sostenerli con la preghiera, la collaborazione e l'affetto sincero.

(Il Papa rivolgendosi ai fedeli presenti in Piazza San Pietro, ha detto:] Si è concluso ieri in Vaticano il Sinodo dei Vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina, celebrato a quattrocento anni dall'unione della Metropolia di Kiev con la Sede di Roma, detta "Unione di Brest". E' stata pubblicata alcuni giorni fa la Lettera apostolica da me scritta per ricordare il significato e il valore di tale storico evento, che sarà commemorato nel 1996 con un particolare anno giubilare. Stamane, poi, con una Concelebrazione Eucaristica nella Basilica di San Pietro, si è aperta l'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Libano, che ha per tema: "Cristo nostra speranza: rinnovati dal suo Spirito, testimoniamo unanimi il suo amore". Preghiamo, carissimi Fratelli e Sorelle, per questi due importanti avvenimenti ecclesiali, che si inseriscono nel cammino del Popolo di Dio verso il Grande Giubileo del 2000. La Divina Provvidenza conceda ai fedeli Ucraini e Libanesi frutti abbondanti di speranza e di rinnovamento spirituale, perché possano diffondere il Vangelo nei loro Paesi e contribuire alla costruzione di società libere e solidali, nella giustizia e nella pace.

(Successivamente il Santo Padre ha rivolto il seguente saluto ai pellegrini giunti da diverse parti d'Italia:] Saluto i pellegrini presenti in Piazza San Pietro e quanti si sono uniti a noi nella preghiera mediante la radio e la televisione. Rivolgo uno speciale incoraggiamento ai ragazzi della parrocchia delle sante Rufina e Seconda in Roma, che si preparano a ricevere il sacramento della Cresima, ed ai fedeli provenienti da Ascoli Piceno e da Porto San Giorgio.

(Ai fedeli di espressione spagnola si è così rivolto:] Rivolgo un saluto ai pellegrini di lingua spagnola presenti in questa piazza, in particolare ai partecipanti al Congresso Internazionale della Famiglia che si è tenuto in questi giorni per riflettere sull'interessante tema "La Famiglia giovane". Oggi c'è urgente bisogno di favorire con rinnovato sforzo il consolidamento della vita cristiana nei focolari domestici. La famiglia è il pilastro fondamentale della società e della Chiesa ed è la prima trasmettitrice della fede e delle sue espressioni. Per tanto occorre dare alla famiglia un'attenzione pastorale privilegiata, che aiuti i giovani sposi ad essere pienamente coscienti della grandezza della missione che a loro è stata affidata.

Assicurando una preghiera speciale per le famiglie di quanti hanno partecipato al Congresso, a tutti imparto una speciale Benedizione.

(Giovanni Paolo II ha infine salutato i presenti di lingua polacca. Questa la traduzione italiana delle sue parole:] In modo particolare saluto l'arcidiocesi di Katowice che nell'odierna solennità di N. S. Gesù Cristo Re dell'Universo canta il "Te Deum" di ringraziamento per i 70 anni della sua esistenza. Agli abitanti della Slesia rivolgo un cordiale: "Dio vi benedica!".

Data: 1995-11-26 Data estesa: Domenica 26 Novembre 1995

L'omelia di Giovanni Paolo II durante la solenne Celebrazione Eucaristica di apertura - Basilica di San Pietro, Città del Vaticano

Titolo: I lavori del Sinodo favoriscano il processo verso una vera e solida pace



2049
1. "Ringraziamo con gioia il Padre...". così scrive san Paolo nel brano della Lettera ai Colossesi, proclamato nell'odierna Liturgia. "Ringraziamo con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. E' Lui, infatti, che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel Regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati" (
Col 1,12-13).

La Chiesa rende oggi grazie al Padre per la regalità di Cristo e per il suo Regno, nel quale l'uomo sperimenta i frutti della redenzione; Regno di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, di amore e di pace (cfr. Prefazio).

In quest'ultima domenica dell'Anno Liturgico, Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell'Universo, siamo raccolti nella Basilica di san Pietro per aprire solennemente l'Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi dedicata al Libano. Saluto cordialmente tutti coloro che vi parteciperanno: Cardinali, Patriarchi, Vescovi e sacerdoti, religiosi, religiose e rappresentanti del Popolo di Dio, della Chiesa che è in Libano.

Carissimi Fratelli e Sorelle! E' significativo che l'inaugurazione del Sinodo abbia luogo proprio in questo giorno, nel quale siamo invitati a cantare col Salmista: "Quale gioia, quando mi dissero: / 'Andremo alla casa del Signore'.

/ E ora i nostri piedi si fermano / alle tue porte, Gerusalemme! / Gerusalemme è costruita come città salda e compatta. / Là salgono insieme le tribù, / le tribù del Signore, / secondo la legge di Israele / per lodare il nome del Signore" (Ps 121(122],1-4).

E, dunque: "Andiamo con gioia incontro al Signore!".

2050
2. La Liturgia della Solennità odierna si ricollega all'Antico Testamento. Nella prima Lettura, tratta dal secondo Libro di Samuele, ci viene presentata la figura del re Davide, eletto per regnare dopo Saul su Israele. Il Signore gli aveva detto: "Tu pascerai Israele mio popolo, tu sarai capo in Israele" (
2S 5,2).

Questa particolare investitura vede radunati gli anziani di Israele e tutto il popolo intorno a Davide, che stringe con essi un'alleanza davanti al Signore in Ebron e qui viene unto come loro re.

Questo evento dell'Antico Testamento è importante anche per l'odierna celebrazione. Lo evocano le parole udite da Maria di Nazaret all'Annunciazione, quando il messaggero celeste a proposito di Colui che sarebbe stato concepito nel suo grembo e che sarebbe nato da Lei preannunzia: "Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine" (Lc 1,32-33). Queste ultime espressioni stanno ad indicare quale differenza esista tra Cristo Re e il re Davide. Mentre il regno di Davide era temporaneo, passeggero, il Regno di Cristo non ha fine, è eterno, poiché ha origine dall'eternità e ad essa conduce.

2051
3. Ciò viene spiegato in modo più ampio nella Lettera di san Paolo ai Colossesi: "Egli (Cristo) è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di Lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili... Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui" (
Col 1,15-17). Dunque, il Regno di Cristo è eterno. Egli è Re a motivo della sua divinità. E' Re perché è consostanziale al Padre; è Re perché si è fatto uomo e come tale ha conquistato il Regno mediante la Croce.

Il brano del Vangelo di san Luca che abbiamo poc'anzi ascoltato ci conduce a tale verità, facendoci testimoni della crocifissione di Gesù. La sua agonia sul Calvario è accompagnata dallo scherno dei rappresentanti del Sinedrio che lo apostrofano dicendo: "Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto" (Lc 23,35). Lo deridono anche i soldati, che assecondano i membri del Sinedrio: "Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso" (Lc 23,37). Le loro parole fanno eco a quelle di uno dei due malfattori crocifissi con Lui: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi" (Lc 23,39). Infine, la sentenza iscritta sulla croce in lingua greca, latina ed ebraica: "Questi è il re dei Giudei" (Lc 23,38).

Ma di fronte a tali oltraggi e maledizioni si alza un'altra voce, quella di uno dei crocifissi con Lui, conosciuto dalla tradizione come "il buon ladrone".

Egli rimprovera il suo compagno e si rivolge a Gesù: "Ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno" (Lc 23,42). Questo Regno da un lato è oggetto di scherno, mentre dall'altro diventa il contenuto di una professione di fede e di speranza.

Ed è significativo che a questa confessione Cristo risponda: "In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso" (Lc 23,43).

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4. Cristo crocifisso ha, dunque, piena consapevolezza di aprire le porte di quel Regno non soltanto al buon ladrone, ma a tutti gli uomini. E' il Regno che Egli si è acquistato a prezzo del sacrificio della Croce. Essendo eternamente Re in quanto "generato prima di ogni creatura", diventa, allo stesso tempo, in un modo particolare, Re a prezzo del sacrificio offerto sulla Croce.

Comprendiamo, perciò, anche le altre parole della Lettera ai Colossesi: "Piacque a Dio di far abitare in Lui ogni pienezza e per mezzo di Lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua Croce, cioè per mezzo di Lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli" (
Col 1,19-20). Cristo è Re, in primo luogo, perché è Figlio consostanziale al Padre; come uomo, poi, è Re mediante la Croce, sulla quale ha redento tutta l'umanità; infine, il suo potere regale ha ottenuto la conferma nella risurrezione dai morti.

Dio ha rivelato il suo Regno mediante la vittoria sulla morte: "Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti per ottenere il primato su tutte le cose" (Col 1,18).

Rendiamo oggi grazie al Padre perché ci ha introdotti nel Regno del suo dilettissimo Figlio.

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5. "Andiamo con gioia incontro al Signore".

Carissimi Fratelli e Sorelle! L'odierna Liturgia rivolge in modo particolare queste parole a voi, che partecipate all'Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi dedicata al Libano. Iniziamo i lavori di questo Sinodo oggi, nella Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell'Universo. Voi giungete qui a Roma da quella terra, da quel Libano così frequentemente ricordato nei Libri Sacri che raccontano la storia della salvezza. Giungete dalle immediate vicinanze di quella Terra Santa dove si rivelo il Regno di Cristo: Regno di grazia e di verità, Regno di giustizia, di amore e di pace. Nutriamo fiducia che i lavori del Sinodo possano portare un contributo significativo alla vostra Patria, così duramente provata nel corso degli ultimi decenni, e favoriscano il processo verso una vera e solida pace.

Confidiamo anche, e per questo preghiamo Cristo Re, che il Sinodo dei Vescovi della Chiesa libanese contribuisca a rinnovare la coscienza del sacerdozio regale dei cristiani del vostro popolo, ridonando loro quella fiducia che è elemento indispensabile per poter perseverare nella fede sulla terra degli avi e compiere la particolare missione affidata al Libano dalla Provvidenza.

Maria, la Tutta Santa, preghi con noi il suo unico Figlio, affinché guidi il cuore di ciascuno a compiere ciò che è buono e giusto, così che Dio ci trovi a Lui graditi per sempre.

Amen!

Data: 1995-11-26 Data estesa: Domenica 26 Novembre 1995


GPII 1995 Insegnamenti 2032