GP2 Discorsi 1996 202

202 Con questi sentimenti, invoco su ciascuno dei presenti e sulle rispettive famiglie la costante protezione del Signore e di cuore imparto a tutti la Benedizione Apostolica.
Agosto 1996



A CONCLUSIONE DEL COLLOQUIO INTERNAZIONALE


DEDICATO AL TEMA «ILLUMINISMO OGGI»


Castel Gandolfo - Sabato, 10 agosto 1996




Signore e Signori,
Cari amici,

1. Innanzitutto desidero ringraziare le numerose persone che hanno contribuito a rendere possibile questo Colloquio. Desidero in particolare esprimere i miei ringraziamenti all’"Institut für die Wissenschaften vom Menschen", responsabile dell’organizzazione del nostro incontro e molti dei cui membri sono oggi presenti tra noi.

Questi sono stati tre giorni di intense riflessioni su argomenti di grande interesse. Sono stati una vera gioia per lo spirito. Con i loro discorsi, gli oratori ci hanno condotto verso una più profonda comprensione del fenomeno dell’Illuminismo e dell’influenza che esso continua a esercitare ai nostri tempi, in particolare sull’approccio a certi concetti fondamentali dell’antropologia.

Vi ringrazio di cuore.

2. Nel corso della presentazione dei documenti e dell’interessante discussione che ne è derivata ho cercato non solo di seguire il filo dei diversi argomenti ma anche di trovare un modo di affrontare da un punto di vista teologico le questioni generali sollevate.

Ho incontrato un punto di partenza nella stessa parola "Illuminismo". Non occorre parlare a lungo della natura e dell’importanza storica di questo fenomeno culturale poiché esse sono ben note. È altrettanto noto l’effetto che l’Illuminismo ha avuto sul cristianesimo in Europa. In un certo senso esso divenne un movimento di dissenso rispetto alla fede cristiana, di un dissenso basato su premesse razionalistiche. Questo è uno dei punti che ho trattato nel mio libro Varcare la soglia della speranza.

Tuttavia la stessa parola "Illuminismo" può anche essere intesa come "illuminazione", dono di luce dall’alto. In questo caso la parola può avere una connotazione teologica molto positiva. Parlare di "illuminismo" in tal senso significa riconoscere che a fianco della conoscenza della realtà accessibile all’uomo attraverso la pura ragione esiste anche una conoscenza che l’uomo, come essere ragionevole e libero, può ricevere da Dio. Pertanto l’"illuminismo" può essere visto come l’agire nell’uomo della luce e della forza donate dallo Spirito Santo. La Chiesa è nata dalla forza di quell’"illuminismo" che si manifestò quando lo Spirito Santo discese su di essa nel giorno della Pentecoste. Quel giorno rivelò la luce e la forza che derivano dalla Croce e dalla Resurrezione di Cristo.

203 3. Gli apostoli hanno preso parte di questi doni dello Spirito Santo che si erano manifestati in Cristo stesso all’inizio della sua missione messianica. Ricordiamo le parole che Egli ha pronunciato nella sinagoga di Nazaret: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore" (Lc 4,18-19 cf. Is Is 61,1-2).

Il giorno della Pentecoste, gli apostoli, e con essi la Chiesa primitiva, furono anche resi partecipi dei doni dello Spirito. Tali doni sono numerosi e vari. La tradizione, facendo riferimento alle Scritture (cf. Is Is 11,2), ha citato i seguenti sette doni: il dono della sapienza e dell’intelligenza, del consiglio e della fortezza, della conoscenza e della pietà (donum pietatis, che spesso in polacco viene tradotto con "dono di devozione") e dono del timore di Dio (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 1831).

Come si può osservare, questi doni non si riferiscono solo alle facoltà cognitive dell’uomo ma anche alla sua volontà e alla parte affettiva della sua psiche. Il dono della fortezza o il donum pietatis, per esempio, non hanno un valore direttamente cognitivo ma influiscono, in modo indiretto, sull’aspetto istintivo e sulle passioni che sono proprie della psiche umana.

4. In occasione di questo evento conclusivo desidero richiamare l’attenzione anche sulle celebrazioni liturgiche di questi giorni. Il "triduo" delle nostre riflessioni a Castel Gandolfo si è svolto dall’8 al 10 agosto. L’8 agosto la Chiesa ricorda l’importante figura di san Domenico e il 9 agosto, almeno in Germania e in Polonia, ricorda la beata Edith Stein. Infine, il 10 agosto si celebra la festività di san Lorenzo, diacono e martire.

Tra tutti questi personaggi Lorenzo è quello più antico; la liturgia afferma che egli rappresenta per Roma ciò che santo Stefano rappresenta per Gerusalemme. Come martire rappresenta in particolare la forza eroica, collegata al dono dello Spirito Santo. San Domenico, fondatore dell’ordine dei predicatori, ovvero dei domenicani, con la nuova famiglia religiosa a cui ha dato vita, ha apportato un contributo fondamentale a quello straordinario sviluppo della teologia medievale che ha trovato la sua espressione soprattutto nell’opera di san Tommaso d’Aquino. Infine Edith Stein, nostra contemporanea, ha reso una straordinaria testimonianza dei suoi doni di conoscenza, ovvero i doni della sapienza e della conoscenza, del consiglio e della scienza. Ella è stata collaboratrice di Husserl e ha composto opere filosofiche molto importanti. Allo stesso tempo è stata ammessa, con la palma del martirio, nel martirologio della Chiesa. Sappiamo che è stata arsa, come figlia del popolo ebreo, nei forni di Auschwitz. Proprio ieri, 9 agosto, ho detto al professor Spaemann: "Oggi è il giorno della beata Edith Stein. Potremmo quindi dire che questo giorno si pone tra la speculazione filosofica sull’essere finito ed eterno" e l’elevazione mistica della "scienza della croce"".

Può la morte di questa martire essere considerata una conseguenza, perlomeno indiretta, degli errori che affondavano le loro radici nell’illuminismo storico e filosofico? Anche se ciò corrisponderebbe alla verità storica su Edith Stein, non si può negare che porta in sé anche una verità più profonda, ovvero quella di una vita e di una morte, frutto di quell’"illuminismo-illuminazione" concesso all’uomo con i doni dello Spirito Santo e che reca i suoi frutti soprattutto nei momenti più critici e drammatici della vita di un credente.

Desidero ringraziare, ancora una volta, per la bella esperienza rappresentata da questo Colloquio, che ci ha coinvolti e condotti a uno scambio di riflessioni veramente interessanti.

Rivolgo a tutti i miei più sentiti auguri e auspico ogni bene.

AI VESCOVI DEL BENIN IN VISITA

«AD LIMINA APOSTOLORUM»


Giovedì, 22 agosto 1996




Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. È con grande gioia che vi ricevo, Pastori della Chiesa nel Benin. Voi siete venuti a Roma per compiere il vostro pellegrinaggio presso le tombe degli Apostoli, per incontrare il Successore di Pietro e i suoi collaboratori, e per trovare qui un incoraggiamento nella vostra missione di rendere “testimonianza del vangelo della grazia di Dio” e svolgere “il servizio dello Spirito e della giustizia nella gloria” (Lumen gentium LG 21). Attraverso di voi, saluto con affetto le vostre comunità diocesane e tutto il popolo del Benin, ricordando con piacere la calorosa accoglienza ricevuta durante il mio secondo soggiorno nel vostro Paese, più di tre anni fa. Ringrazio Monsignor Lucien Monsi Agboka, Vescovo d’Abomey, Presidente della vostra Conferenza Episcopale, per le cordiali parole che mi ha rivolto a vostro nome. Esse rivelano il vigore spirituale e missionario delle vostre comunità e la loro fedeltà al Vangelo.

204 2. Dalla vostra ultima visita, per rispondere allo sviluppo e al dinamismo delle comunità cristiane, sono state costituite tre nuove diocesi; sono lieto di accogliere i loro Vescovi che vengono per la prima volta in visita “ad limina”. Auguro loro di essere Pastori pieni di entusiasmo apostolico sull’esempio di quanti si sono adoperati per il primo annuncio del Vangelo in mezzo al popolo che è stato affidato loro.

L’Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, che abbiamo celebrato poco tempo fa, ha voluto rispondere alla sete di Dio dei popoli dell’Africa (cf. Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, 47), rappresentando per tutto il continente e per le vostre Chiese particolari l’occasione di un nuovo slancio nell’annuncio della Buona Novella del Vangelo agli uomini e alle donne delle vostre società. Durante il mio ultimo viaggio nella vostra regione, ho voluto promulgare l’Esortazione Ecclesia in Africa che offre a tutta la Chiesa i frutti di questa grande concertazione collegiale. Auspico che questo documento divenga la carta del vostro impegno nella missione evangelizzatrice che vi è stata affidata.

3. Di fatto, nel corso di questo Sinodo, i Vescovi hanno voluto rispondere a due interrogativi essenziali: “Come deve la Chiesa portare avanti la sua missione evangelizzatrice all’approssimarsi dell’anno 2000? Come i cristiani africani potranno divenire testimoni sempre più fedeli del Signore Gesù?” (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, 46). Queste domande trovano risposta nell’impegno effettivo di tutto il Popolo di Dio a vivere intensamente le esigenze del battesimo.Sono lieto di vedere gli sforzi realizzati nelle vostre Diocesi per la formazione dei fedeli alla loro responsabilità di discepoli di Cristo. I molteplici pericoli che i cristiani devono oggi affrontare, in particolare i momenti di grande sofferenza o di angoscia interiore, esigono che la loro fede sia solidamente fondata ed educata. Il ritorno a pratiche antiche che non sono state ancora trasformate dallo Spirito di Cristo o l’attrazione esercitata dalle sette che si stanno propagando ogni giorno di più sono tentazioni che devono essere considerate con grande attenzione; è importante sapere opporre loro la vera forza che fa vivere l’uomo e lo guarisce da ogni male, quella del Signore risorto presente nella sua Chiesa, che diffonde il suo Spirito che è all’opera in questo mondo. Come ho già scritto in Ecclesia in Africa, “Oggi in Africa, "la formazione alla fede . . . è rimasta troppo spesso allo stadio elementare, e le sette traggono facilmente vantaggio da questa ignoranza". È perciò urgente un serio approfondimento della fede” (n. 76). Ritroviamo qui l’impellente necessità di inculturare realmente la fede affinché i discepoli di Cristo assimilino pienamente il messaggio evangelico, restando al contempo fedeli ai valori africani autentici (cf. Ecclesia in Africa, 78).

La “pastorale dell’inculturazione” che volete sviluppare con gli agenti dell’evangelizzazione è un’opera di ampio respiro. Molti l’hanno già realizzata in diversi ambiti, come in quello della traduzione dei testi biblici o della liturgia, per facilitare la comprensione della Parola di Dio e per permettere una migliore recezione dei sacramenti. L’inculturazione deve raggiungere la parte più profonda dell’uomo. In effetti, “non si tratta di un puro adattamento esteriore, poiché l’inculturazione "significa l’intima trasformazione degli autentici valori culturali mediante l’integrazione nel cristianesimo e il radicamento del cristianesimo nelle varie culture"” (Giovanni Paolo II, Redemptoris missio
RMi 52).

4. Le minacce che gravano oggi sulla famiglia sono una fonte di preoccupazione per il futuro delle comunità cristiane e della società stessa. Vorrei ricordare qui la dignità e il ruolo essenziale del matrimonio cristiano per i discepoli di Cristo. È vero che a volte è difficile soddisfare le sue esigenze. Esse sono tuttavia espressione della verità dell’unione dell’uomo e della donna agli occhi di Dio. “Il Matrimonio esige un amore indissolubile; grazie a questa sua stabilità può contribuire efficacemente a realizzare appieno la vocazione battesimale degli sposi” (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, 83). L’azione pastorale della Chiesa è più necessaria che mai per preparare i giovani al sacramento del matrimonio e agli impegni che esso comporta nella vita familiare. L’accompagnamento delle coppie e delle famiglie lungo il cammino della vita, in particolare durante i momenti più difficili dell’esistenza, è un’esigenza primordiale della pastorale della Chiesa. Ogni coppia dovrebbe poter contare sul sostegno delle altre famiglie cristiane per scoprire e per vivere in modo fecondo una vera comunione d’amore.

Vi esorto altrettanto vivamente a invitare le famiglie cristiane a essere la prima scuola della fede attraverso la parola e l’esempio. Che ogni famiglia divenga veramente un luogo privilegiato di testimonianza evangelica! Apprezzo gli sforzi compiuti dalla comunità cristiana per sostenere le famiglie poste dinanzi a gravi problemi di salute o a situazioni di precarietà.

5. La formazione umana e cristiana, che ha inizio con la prima educazione nelle famiglie, continua nella scuola. Conosco le vostre difficoltà a fare rivivere le scuole cattoliche e a offrire ai genitori cristiani e a coloro che lo desiderano i mezzi per impartire ai loro figli una formazione umana, culturale e religiosa di qualità, fondata sui principi del Vangelo. Si tratta di un vero diritto che spetta loro e che fa parte delle implicazioni della vera democrazia e del principio della libertà religiosa. Auspico dunque vivamente che un riconoscimento ufficiale dell’insegnamento cattolico permetta alle famiglie di svolgere la loro funzione educativa secondo le proprie convinzioni, in condizioni uguali a quelle dei genitori che compiono scelte diverse, soddisfacendo così le esigenze di uguaglianza e di giustizia fra tutti i cittadini.

Come ha ricordato il Concilio “la scuola cattolica, essendo in grado di contribuire moltissimo allo svolgimento della missione del popolo di Dio e di servire al dialogo tra la Chiesa e la comunità degli uomini con loro reciproco vantaggio, conserva la sua somma importanza nelle circostanze presenti” (Gravissimum educationis GE 8).

6. Da molti anni nelle vostre Diocesi si sta compiendo un considerevole sforzo per la pastorale delle vocazioni. Molte case sono destinate a formare i giovani alla ricerca di vocazione e i seminaristi maggiori. Di recente avete anche aperto un nuovo seminario per il primo ciclo. Mi felicito con voi, e con voi rendo grazie a Dio per questo dono che Egli mette nel cuore dei giovani chiamati a partecipare al sacerdozio di Cristo per il servizio della Chiesa e degli uomini. La formazione dei futuri sacerdoti è una grande responsabilità del ministero del Vescovo. Spetta a lui, in ultima istanza, chiamare all’ordinazione. “Primo rappresentante di Cristo nella formazione sacerdotale è il Vescovo” (Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis PDV 65). Per compiere appieno questa missione il Vescovo deve poter contare su formatori che si sentano profondamente uniti a lui e che vivano fra di loro una vera comunione. Direttori spirituali in numero sufficiente devono poter seguire regolarmente i seminaristi per aiutarli a discernere. Vi invito a non esitare a destinare alcuni sacerdoti a questo importante ministero, anche se ciò comporta grandi sacrifici in altri ambiti della pastorale. Il futuro del sacerdozio e della missione della Chiesa esige che i seminaristi siano formati in modo “che acquisiscano una vera maturità affettiva ed abbiano idee chiare e un’intima convinzione sull’indissociabilità del celibato e della castità del sacerdote” e che inoltre “ricevano una adeguata formazione sul senso e il posto della consacrazione a Cristo nel sacerdozio” (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, 95).

Questa costituisce per me un’occasione per salutare l’opera realizzata nel vostro Paese dai sacerdoti, dai religiosi e dalle religiose, autoctoni o venuti dall’estero, che si dedicano con generosità e con ardore al servizio del Vangelo. Nel sostenerli nei loro sforzi apostolici, li invito a allargare sempre più gli orizzonti della loro vocazione al servizio di Cristo, pensando in particolare alle regioni del vostro Paese dove la presenza della Chiesa è recente e dove coloro che sono impegnati nella missione sono ancora poco numerosi. A tutti ribadisco la mia fiducia e il mio pensiero affettuoso. Che la corresponsabiltà episcopale e la fraternità che vi uniscono vi aiutino anche a vivere una solidarietà e una collaborazione sempre più grandi fra voi e fra le vostre Chiese particolari!

7. La formazione dei catechisti e dei capi delle comunità rappresenta a giusto titolo una delle vostre principali preoccupazioni. I catechisti, in effetti, svolgono un ruolo importante per la vitalità e il dinamismo della Chiesa. La loro qualità personale di veri testimoni della fede in mezzo ai propri fratelli costituisce la forza e la coerenza del loro insegnamento della Parola di Dio e dell’animazione della preghiera della comunità. Incoraggiateli nel loro servizio evangelico. Gli sforzi importanti che avete già compiuto e che desiderate sviluppare per la loro formazione dottrinale e pedagogica e per il loro costante ritorno alle fonti spirituali permetteranno loro di essere guide che operano con i propri fratelli per rendere le comunità ecclesiali vitali, in stretta collaborazione con i propri Pastori.

205 8. La messa in pratica della vocazione cristiana nel mondo esige anche un atteggiamento di dialogo con quanti non condividono la nostra fede. “L’atteggiamento di dialogo è il modo d’essere del cristiano all’interno della sua comunità, come nei confronti degli altri credenti e degli uomini e donne di buona volontà” (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, 65). Il comportamento del cristiano nei confronti di quanti non condividono la sua fede è fatto di rispetto e di stima. Certo, è una realtà difficile da vivere, soprattutto quando pregiudizi e atteggiamenti di sfiducia impediscono un incontro nella verità fra persone o fra gruppi umani. L’educazione alla libertà religiosa nel rispetto di ognuno deve essere una priorità. Perché la pace civile e religiosa si mantenga nel futuro, è necessario che la dignità di tutti gli uomini venga riconosciuta e che ognuno possa esercitare i propri diritti fondamentali, a cominciare dalla libertà di religione.

9. Al termine del nostro incontro, vorrei incoraggiare vivamente i cristiani del Benin ad occupare il proprio posto nell’edificazione della nazione. Essi sono chiamati ad essere coloro che risvegliano al senso del bene comune, alla solidarietà che supera l’ambito familiare o regionale, sforzandosi di “vivere l’amore universale di Cristo, che trascende le barriere delle solidarietà naturali dei clan, delle tribù, o di altri gruppi di interesse” (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, 89). L’unione fra tutti i cittadini senza distinzione di origine o di credo, fondata sull’amore della patria comune, deve essere ricercata con ardore per lavorare insieme allo sviluppo integrale della nazione, nella concordia e nella giustizia. Che i giovani non abbiano paura di impegnarsi per il futuro del loro Paese, per l’avvento di una civiltà dell’amore che integri ogni persona al suo giusto posto!

Cari Fratelli nell’Episcopato, la Chiesa che è nel Benin possiede già solide fondamenta, ma desidera anche far sbocciare il proprio futuro. Alle soglie del terzo millennio, lo Spirito di Cristo ci esorta a crescere nella speranza. Che la preparazione del grande Giubileo sia per la Chiesa nel vostro Paese un momento privilegiato di approfondimento della fede e della testimonianza cristiana! Affido alla Vergine Maria il futuro delle vostre comunità, chiedendole di vegliare in modo materno su di esse. Vi imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica che estendo ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti e a tutti i fedeli delle vostre Diocesi.




AI VESCOVI DELLO SRI LANKA IN VISITA


«AD LIMINA APOSTOLORUM»


Sabato, 24 agosto 1994




Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. Porgo un caloroso benvenuto a voi, Vescovi dello Sri Lanka, e prego affinché “misericordia, pace e amore si moltiplichino in voi” (cf. Gd Jud 3). Spero vivamente che la vostra visita “ad limina” e la vostra venerazione dei santi martiri Pietro e Paolo rafforzino la koinonia del cuore e della mente (cf. At Ac 4,32) che ci unisce nel servizio al Vangelo. Mi tornano in mente tutti i momenti gioiosi della mia Visita Pastorale nel vostro Paese dello scorso anno. Lì ho sperimentato la serena e dignitosa ospitalità e il fervente spirito religioso di tutta la gente dello Sri Lanka. Continuo a pregare affinché il vostro popolo conservi sempre il suo ricco retaggio spirituale e culturale e affinché l’armonia e il rispetto reciproco sbocciati fra le varie religioni non vengano indeboliti dalle attuali difficoltà etniche (cf. Giovanni Paolo II, Discorso all’arrivo a Colombo, 20 gennaio 1995: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 1 (1995) 220ss.).

L’intera Chiesa si sta preparando a celebrare il Grande Giubileo che commemorerà la “pienezza del tempo” (Ga 4,4) quando il Verbo Eterno si fece carne nel grembo della Vergine Madre (cf. Gv Jn 1,14). Per la Chiesa nello Sri Lanka questo deve essere un tempo per entrare nel Cenacolo insieme a Maria e agli Apostoli e per pregare ferventemente per una nuova effusione dello Spirito; un tempo per spalancare le porte a Cristo e ascoltare il suo pressante appello: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1,15). Attraverso voi, suoi Ambasciatori (cf. 2Co 5,6), questo appello dovrebbe risuonare con ancora maggiore urgenza in questi anni che ci separano dall’inizio del Terzo Millennio Cristiano. Le indicazioni per tale preparazione sono rappresentate dall’esito positivo del Convegno Pastorale Nazionale, per il quale abbiamo pregato insieme lo scorso anno a Colombo. Le deliberazioni e le risoluzioni del Convegno hanno determinato il tono del vostro programma pastorale per il Terzo Millennio. Possa il Signore portare a compimento la buona opera che ha iniziato in voi! (cf. Fil Ph 1,6).

2. Il Convegno ha dato ai laici una nuova consapevolezza del fatto che in virtù del loro battesimo e della loro confermazione essi sono chiamati a recare fedele testimonianza a Cristo in tutti gli ambiti della vita. Essi hanno il compito specifico di servire il Regno di Dio “trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio” (Lumen gentium LG 31). Essi guardano a voi e ai vostri sacerdoti perché li aiutiate ad acquisire la preparazione necessaria per rispondere a tale chiamata. Una catechesi sistematica e solida che alimenti veramente il seme della fede nel cuore della gente è fondamentale per il vostro ministero profetico. Nello Sri Lanka, la celebrazione delle festività religiose, le novene, i pellegrinaggi e le altre manifestazioni di devozione popolare costituiscono occasioni uniche, che vanno esaminate più in profondità per una più profonda formazione spirituale e teologica dei laici. La traduzione del Catechismo della Chiesa Cattolica nelle lingue del vostro Paese eseguita con la vostra supervisione sarà di grande aiuto per offrire i tesori del Vangelo al vostro popolo.

È particolarmente importante far sì che l’apostolato catechetico aiuti la famiglia a svolgere il suo ruolo di principale scuola di evangelizzazione: “Certamente i genitori cristiani sono i primi e insostituibili catechisti dei loro figli, a ciò abilitati dal sacramento del matrimonio” (Giovanni Paolo II, Christifideles laici CL 34). Essi devono naturalmente essere sostenuti dai sacerdoti, dai religiosi e dai catechisti, nelle parrocchie, nelle scuole e nelle associazioni. Il sistema ben organizzato delle scuole domenicali istituito nelle vostre diocesi è un mezzo eccellente per svolgere questo compito, soprattutto quando i catechisti crescono nella loro conoscenza della fede, sviluppano metodi di insegnamento adatti a coloro che vengono catechizzati e si mostrano zelanti nel tendere la mano a coloro che appaiono indifferenti. A tutti i fedeli laici impegnati che si dedicano alle opere di apostolato nelle vostre diocesi rivolgo un particolare saluto e li incoraggio a “conoscere sempre più le ricchezze della fede e del battesimo e viverle in crescente pienezza” (Ivi, 58).

3. In questo contesto è necessario dedicare un capitolo a parte ai giovani. La secolarizzazione del sistema educativo e della società esige che la comunità ecclesiale dedichi più tempo e risorse all’apostolato dei giovani. Ciò richiede creatività nel definire programmi, nel progettare ritiri e giornate di riflessione e nell’istituire federazioni di giovani cattolici, movimenti e associazioni. Nel modo che le è proprio, ognuna di queste iniziative dovrebbe favorire il gioioso incontro dei giovani con lo sguardo amorevole di Cristo (cf. Mc Mc 10,21). che sa cosa hanno nel cuore (cf. Gv Jn 2,25). Nonostante le tentazioni di ogni sorta i giovani anelano alla pienezza della vita che si trova solo in Colui che è “la via, la verità e la vita” (Jn 14,6). Una volta trovato il loro Compagno interiore, Verbo della vita, Redentore del mondo, i giovani diventano gli apostoli più autentici per la loro generazione!

Desidero esprimere un particolare ringraziamento per l’opera e la testimonianza delle vostre scuole cattoliche.Oltre a ricercare l’eccellenza nelle questioni accademiche, l’educazione impartita dalla Chiesa mira a far sì che gli alunni rinnovino le loro menti attraverso la forza della verità (cf. Rm Rm 12,2) e convertano i loro cuori all’amore di Dio e del prossimo (cf. Mt Mt 22,37-40). Insegnando il rispetto per gli altri e la tolleranza delle diversità, le scuole cattoliche contribuiscono a creare un clima di dialogo e di collaborazione nella società. Affinché le scuole possano svolgere in modo ancora più efficiente la loro nobile missione, vi invito a incoraggiare coloro che sono impegnati in questo apostolato a perseverare nonostante le difficoltà e a esplorare nuove vie per servire i poveri e gli emarginati, che altrimenti non avrebbero accesso a tale educazione.

206 4. In tutti questi ambiti dell’apostolato siete assistiti dai vostri sacerdoti generosi e impegnati. Le vostre Chiese particolari sono benedette con sacerdoti zelanti e permeati dallo spirito della povertà evangelica Incoraggiateli sempre a “rafforzare l’uomo interiore” (cf. Ef Ep 3,16) attraverso una vita di preghiera e volontà di fare pieno e sincero dono di sé al Signore e alla Sua Chiesa. La Chiesa nello Sri Lanka, come altrove, ha bisogno di sacerdoti che distinguano per la loro santità di vita, per la loro cultura teologica e per la saggezza spirituale, per la celebrazione devota dell’Eucaristia e degli altri Sacramenti secondo la volontà e la disciplina della Chiesa, per la loro obbedienza ai propri Vescovi e per il loro impegno per una feconda collaborazione con i fedeli laici (cf. Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis PDV 18). La vostra recente decisione secondo la quale i candidati al sacerdozio vivranno un anno propedeutico di intensa formazione spirituale indubbiamente rafforzerà la formazione di “pastori secondo il cuore del Signore” (cf. Ger Jr 3,15). Siate vicini ai sacerdoti che soffrono o sono tentati ricordando loro la grazia sacramentale che li ha configurati a Cristo, che preferisce chiamarli “amici” piuttosto che servi (cf. Jn 15,15). Esortate i vostri sacerdoti a conservare la pratica pastorale tradizionale delle visite parrocchiali come mezzo efficace per sostenere i fedeli e per raggiungere coloro che si sono allontanati dalla pratica della loro fede.

5. Sapete bene - e il recente Sinodo dei Vescovi lo ha reso ancor più evidente - che la vita consacrata è un dono del Padre alla comunità ecclesiale. In seno alle Chiese particolari gli uomini e le donne consacrati sono chiamati ad essere un lievito di comunione. Essi devono aderire con la mente e con il cuore al Magistero della Chiesa, un’adesione “che va vissuta con lealtà e testimoniata con chiarezza davanti al Popolo di Dio da parte di tutte le persone consacrate, particolarmente da quelle impegnate nella ricerca teologica e nell’insegnamento, nelle pubblicazioni, nella catechesi, nell’uso dei mezzi di comunicazione sociale” (Giovanni Paolo II, Vita consecrata VC 46). La testimonianza di una pronta collaborazione tra i Vescovi e le persone consacrate e tra la Conferenza Episcopale e quella dei Superiori Maggiori, renderà più intenso l’impegno comune a edificare di il Corpo di Cristo nella vostra nazione. Sostenute dalla preghiera personale e comunitaria, le persone consacrate sono chiamate ad essere presenti, specialmente nei “territori di frontiera” della missione evangelizzatrice della Chiesa, sia dal punto di vista geografico che da quello sociologico, nell’ambito dell’educazione, dell’azione sociale e dei mezzi di comunicazione sociale. Attraverso di voi esorto le persone consacrate nello Sri Lanka, uomini e donne, a recare “una rinnovata e vigorosa testimonianza evangelica di abnegazione e di sobrietà, in uno stile di vita fraterna ispirata a criteri di semplicità e di ospitalità” (Ivi, 90). L’apostolato delle religiose dovrebbe contemplare una particolare attenzione alla promozione della dignità e della vocazione delle donne. Dovrebbe sostenere e guidare le donne affinché mettano i propri doni e le proprie qualità al servizio della Chiesa e della società con sempre maggiore efficacia.

6. Dio stesso “dialoga” con il mondo, offrendogli il Suo amore, la Sua misericordia e la Sua salvezza. Rimanendo fedele a questa iniziativa e all’esempio divino, la Chiesa instaura il “dialogo della salvezza” con tutti gli uomini e tutte le donne, facendo loro conoscere, liberamente e con rispetto, il suo messaggio e tenendo in considerazione la saggezza di altri credenti. Attualmente diventa sempre più evidente che il terreno più fertile per il dialogo interreligioso è costituito dalle questioni morali e etiche che riguardano il futuro dell’umanità. Le norme morali universali e immutabili che derivano dall’ordine della creazione costituiscono “il fondamento incrollabile e la solida garanzia di una giusta e pacifica convivenza umana, e quindi di una vera democrazia, che può nascere e crescere solo sull’uguaglianza di tutti i suoi membri, accomunati nei diritti e doveri” (Giovanni Paolo II, Veritatis splendor VS 96). Il dialogo interreligioso nello Sri Lanka, in particolare quello con la comunità maggioritaria dei buddisti può basarsi sul riconoscimento di valori comuni quali l’inalienabile dignità di ogni vita umana, l’inestimabile valore della famiglia, il rispetto per la vita virtuosa, la non violenza e il dimenticare se stessi nel soddisfare i bisogni altrui. Anche se i cattolici dello Sri Lanka non sono che “un po’ di lievito” (1Co 5,6), la promozione del dialogo interreligioso, della testimonianza religiosa comune e della vera solidarietà spirituale con gli altri costituiscono un importante contributo all’edificazione della pace e dell’armonia nel vostro Paese.

I Vescovi guidano anche il loro popolo nel porgere “la destra in segno di comunione” (Ga 2,9) con gli altri cristiani. Obbedendo alla preghiera di Cristo “perché tutti siano una sola cosa” (Jn 17,21) la Chiesa è irrevocabilmente impegnata a cercare la piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo. L’impegno ecumenico “appartiene organicamente alla sua vita e alla sua azione e deve, di conseguenza, pervadere questo insieme” (Giovanni Paolo II, Ut unum sint UUS 20). Non è forse vero che un’evangelizzazione efficace dipende in larga misura dalla testimonianza comune di tutti i cristiani? Sono, a tale proposito, particolarmente significativi gli sforzi comuni per applicare i principi del Vangelo alla vita sociale, economica e politica.

7. Cari Fratelli: nel considerare la missione della Chiesa nel mondo non posso non menzionare le preoccupazioni che avete espresso riguardo le difficoltà e le sofferenze causate al vostro popolo dalla violenza che continua a colpire la vostra cara nazione e dalle terribili atrocità commesse. La promozione della pace è parte integrante della missione della Chiesa e in molte occasioni voi avete alzato la vostra voce a favore di questo supremo bene sociale. Avete costantemente proclamato che la diversità etnica, linguistica e culturale è un tesoro da custodire e non un ostacolo da abbattere. Riconoscete giustamente che le differenze rendono possibile un autentico “scambio di doni” e dovrebbero servire a rafforzare la stima reciproca e la disponibilità a lavorare insieme per il bene comune. Avete giustamente ribadito che la soluzione negoziata è l’unico modo in cui le questioni che sono alla base del conflitto in corso nel nord e nell’est del vostro Paese possano essere affrontate. Solo il dialogo può tutelare gli inviolabili diritti umani inclusi i diritti legittimi delle minoranze. Avete espresso la vostra disponibilità a mediare, seguendo la tradizione della Chiesa sempre pronta a offrire un clima imparziale dove coloro che operano per la pace possono incontrarsi, liberi da paure e da sospetti. Nell’invocare la pace di Dio sulla vostra bellissima Isola, non possiamo non ringraziare le numerose organizzazioni cristiane e le singole persone che, per tutta la durata delle ostilità, hanno reso una testimonianza efficace del “più grande” amore insegnato da Cristo (cf. 1Co 12,31). La pronta risposta di solidarietà data ai senzatetto, ai rifugiati e alle vittime dello spargimento di sangue è un segno della grazia divina che opera in mezzo a voi. Quali Pastori sensibili al desiderio di pace nella giustizia del vostro popolo, siete consapevoli che la dottrina sociale della Chiesa fa parte della pienezza del messaggio del Vangelo.Il contributo della Chiesa allo sviluppo integrale della società dello Sri Lanka consiste nel proporre una visione in cui il progresso economico, politico e sociale procede di pari passo con quello religioso, culturale e morale.

8. Cari Fratelli: rendo grazie a Dio per voi e per la Chiesa di Dio che ora è radicata tanto saldamente nel vostro Paese. Possa il beato Joseph Vaz, apostolo dello Sri Lanka che predicò il Vangelo di fronte difficoltà di ogni genere, essere il vostro modello e la vostra ispirazione! Affidando voi e tutti i sacerdoti, le persone consacrate, uomini e donne, e i laici all’intercessione di Maria, Madre del Redentore, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.


GP2 Discorsi 1996 202