GP2 Discorsi 1996 213


VIAGGIO APOSTOLICO IN UNGHERIA


AD UNA RAPPRESENTANZA DELLA DIOCESI DI GYOR


Cattedrale di Gyor - Sabato, 7 settembre 1996




Venerati Fratelli nell’Episcopato,
Cari sacerdoti, religiosi e fedeli della diocesi di Gyor!

1. Sono lieto di incontrarvi nell’odierna festività dei tre santi martiri di Kassa ed in questa cattedrale a voi tutti assai cara per la presenza non soltanto dell’immagine miracolosa della Madre di Dio, ma anche della venerata reliquia del santo re Ladislao, nonché della tomba del Servo di Dio, il Vescovo Vilmos Apor, che, sulle orme del Buon Pastore, cinquant’anni or sono donò la vita per difendere coloro che gli erano stati affidati. Ringrazio Mons. Lajos Pápai per le parole che mi ha rivolte e con lui saluto i Vescovi ungheresi presenti.

214 A tutti ed a ciascuno il mio saluto affettuoso e grato. Nel corso di questo secolo la Nazione ungherese è stata sottoposta per alcuni decenni a grandi prove per causa, dapprima, della dittatura nazionalsocialista e poi dell’imperialismo sovietico. Abolito lo Stato di diritto con le relative garanzie, entrambi avversarono tenacemente la Chiesa, considerata il principale nemico, giungendo sino allo scioglimento delle associazioni e delle federazioni ecclesiali, alla statalizzazione delle scuole cattoliche e alla soppressione violenta della stampa d’ispirazione cristiana. In tal modo la Chiesa veniva esclusa da tutti gli ambiti della vita pubblica e i fedeli degradati a cittadini di seconda classe.

Molti di voi sono testimoni diretti di tali gravissimi eventi, avendo dovuto sopportare la prigionia e non poche forme di repressione. La persecuzione contro la Chiesa interessò anche l’ambito dell’educazione alla fede: l’insegnamento della religione, pur facoltativo ufficialmente, nella prassi veniva ostacolato attraverso intimidazioni e vessazioni di ogni genere, con la conseguenza di lasciare all’oscuro delle verità rivelate intere generazioni di ungheresi. A ciò s’aggiunse, in tempi più recenti, l’azione deleteria di un diffuso materialismo pratico e di un accentuato secolarismo, che frenarono ulteriormente la pratica religiosa.

Ma, grazie ai sacerdoti e ai fedeli che, come il Vescovo Apor, seppero testimoniare coraggiosamente la fede in Cristo subendo la persecuzione, il carcere, la perdita del lavoro o l’emarginazione dalla vita sociale e politica, la Chiesa ha continuato ad essere presente come un pugno di lievito nella massa, spesso indifferente ed ostile. In tale difficile scenario, soprattutto le famiglie credenti sono state veicolo di fede e fucine non solo di cristiani, ma anche di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa.

2. Nonostante alcuni promettenti segnali di ripresa, apparsi già negli anni antecedenti al 1989 nell’ambito della catechesi e della formazione dei catechisti, i cristiani si sono trovati piuttosto impreparati di fronte alle nuove possibilità aperte dal crollo della dittatura comunista. Notevole è stato, pertanto, in questi ultimi anni, pur tra enormi difficoltà, l’impegno nella riorganizzazione della vita ecclesiale: gli Ordini e le Congregazioni religiose hanno ripreso con slancio rinnovato la loro vita di comunità; sono stati fondati nuovi centri cattolici d’istruzione; sono stati aperti convitti per studenti di istituti superiori e di università, mentre, parallelamente, si va sviluppando l’università cattolica e la presenza della Chiesa all’interno degli istituti superiori di pedagogia.

Parimenti, è stata riorganizzata la Caritas, sia a livello diocesano che nazionale, ed hanno ripreso le loro attività le associazioni e i movimenti ecclesiali e, in particolare, l’Unione degli Intellettuali Cristiani sia qui a Gyor che in altre città. Promettenti risultati si annunciano, altresì, nella formazione seminaristica, opportunamente rinnovata secondo le indicazioni del Concilio, e nella pastorale vocazionale, grazie alla quale si registra un certo incremento di presenze giovanili nei seminari e negli istituti religiosi.

3. Accanto a questi risultati positivi non sono mancate le delusioni: pesano le lentezze nella ripresa della pratica religiosa, le difficoltà frapposte alla restituzione degli istituti scolastici appartenenti alla Chiesa, l’azione non sempre positiva dei mass media, che propongono spesso un’immagine di uomo e un modello di società lontani dal Vangelo.

Tali fatti, lungi dall’indurre alla rassegnazione, devono costituire per i credenti una spinta ad intensificare i loro sforzi. Sono a tutti ben noti i problemi sociali con cui deve oggi misurarsi il vostro Paese: la persistente disoccupazione, la generale insicurezza, il diffuso lassismo, gli eccessi del capitalismo selvaggio con conseguenti fenomeni di imbarbarimento morale.

Non lasciate che la solidarietà e il senso di responsabilità verso il prossimo vengano annullati dall’individualismo e dall’egoismo! In una società che tende a far cadere nell’oblio tali valori, i cristiani sono chiamati a promuovere la sensibilità per il bene comune, contrastando coloro che, schiavi della ricerca del proprio interesse, dimenticano la sofferenza dei poveri e il dovere di costruire una società giusta ed ospitale. È necessario che vengano costantemente coniugati ascesa economica e solidarietà sociale, libertà e spirito di servizio, diritti individuali e bene di tutti.

4. L’impegno per un rinnovato annuncio del Vangelo nella società ungherese esige, come obiettivo prioritario, la riscoperta di Gesù Cristo, Figlio di Dio, e l’adesione piena alla sua Verità, poiché “in Cristo la religione non è più un "cercare Dio come a tentoni" (cf. At
Ac 17,27), ma è risposta di fede a Dio che si rivela” (Giovanni Paolo II, Tertio Millennio adveniente TMA 6).

Da tale adesione incondizionata al Vangelo nasce la missione della Chiesa che, pur contrapponendosi alla mentalità mondana (cf. Gv Jn 17,14), vive nel mondo come “un popolo che deriva la sua unità dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Lumen gentium LG 4). Alla vigilia della ricorrenza del bimillenario dell’Incarnazione del Figlio di Dio, ho rivolto a tutti i cristiani l’invito ad un grande rinnovamento spirituale e ad un responsabile esame di coscienza, per preparare con entusiasmo l’ingresso nel terzo millennio cristiano.

Anche alla vostra Comunità diocesana rivolgo oggi tale pressante invito: aprite risolutamente la vostra mente e il vostro cuore a Gesù Cristo, il quale “è lo stesso ieri, oggi e sempre!” (He 13,8). In Lui, non nella mentalità utilitaristica e materialistica del mondo contemporaneo, sta la salvezza dell’umanità! In nessun altro “Vangelo” c’è la speranza di un futuro degno dell’uomo! Un rinnovato impegno apostolico non può non condurre i cristiani ad interrogarsi sulle cause dell’indifferenza religiosa e del relativismo morale: sulle omissioni nel testimoniare la fede; sulle incoerenze e le infedeltà; sull’atteggiamento indulgente nei confronti dell’aborto e degli altri crimini verso la vita nascente, “delitti abominevoli” (Gaudium et spes GS 51) e sempre condannati dal Magistero.

215 Al tempo stesso, però, la considerazione delle ombre non deve far dimenticare le innumerevoli testimonianze positive dei credenti di ogni tempo. La recente lettera pastorale dei vostri Vescovi (cf. Episcoporum Ungarorum, Epistula Pastoralis, Lettera del 5 giugno 1996) invita ad esaminare alcune vette di questa storia di fede e di luce che il Signore, nonostante i peccati degli uomini, ha scritto anche nella vostra Terra: la testimonianza delle famiglie cristiane che hanno sopportato la discriminazione ma non hanno rinnegato la loro fede, educando i figli nella fede in Cristo persino a costo di grandi sacrifici; l’esempio di coraggiosa fermezza offerto da Vescovi, sacerdoti, religiosi, che hanno saputo pagare il prezzo di indicibili sofferenze, ed anche della vita per non venir meno al loro dovere. Figure come quelle del Card. József Mindszenty e del Vescovo Vilmos Apor, parlano con eloquenza al cuore di ogni ungherese.

5. Carissimi, è il momento di unire le forze con generosità rinnovata! Lo dico anzitutto a voi, sacerdoti della Diocesi di Gyor. La piena comunione col vostro Vescovo, una vita spirituale intensa e il servizio disinteressato siano i cardini del vostro ministero! Superate le difficoltà sorte nel tempo delle persecuzioni e rendete grazie al Signore per essere riusciti a mantenere fede alla vostra vocazione in quei momenti difficili. Il Papa è qui per rendere atto alla vostra perseveranza e alla vostra sofferenza.

Auspico che nel ritrovato clima di libertà cresca in voi l’ardore e la letizia di essere chiamati a svolgere un ministero insostituibile per la vita dei fratelli. Formulo l’augurio che la generosità e lo zelo di ciascuno stimolino molti giovani a scoprire e ad accogliere con gioia la vocazione al sacerdozio. A voi, religiosi e religiose, che nel recente passato avete sofferto in silenzio una dura persecuzione e tra non poche difficoltà state riattivando la vita comunitaria in Ungheria, esprimo vivo apprezzamento, invitandovi a confidare in Colui che è fedele e a porre al servizio della nuova evangelizzazione, secondo i rispettivi carismi, le vostre vite donate al Vangelo.

Esorto voi, seminaristi, a ringraziare incessantemente Dio per il dono straordinario della vocazione. Chiamati ad essere i sacerdoti del terzo millennio, donatevi generosamente e senza riserve al servizio di Cristo e della sua Chiesa, seguendo l’esempio dei Santi e accettando gioiosamente il celibato per farvi “tutto a tutti” nell’obbedienza e nella piena comunione ecclesiale.

6. I catechisti e gli insegnanti delle scuole cattoliche si sentano chiamati a rendere un autentico servizio ecclesiale e spendano con generosità le loro energie nel preparare le “pietre vive” per edificare la Chiesa del nuovo millennio cristiano.

Le famiglie cattoliche, “chiese domestiche”, inserite nella più grande comunità della Parrocchia, siano scuole di carità, di fedeltà e di altruismo, accogliendo i figli come una benedizione del Signore. Offrano ai giovani la testimonianza concreta della bellezza di una vita coniugale vissuta alla luce del Vangelo. A tal fine auspico che l’evangelizzazione delle famiglie e la preparazione dei fidanzati al sacramento del Matrimonio costituiscano un elemento cardine di tutta la pastorale diocesana.

I Consigli pastorali e le organizzazioni cattoliche siano strutture portanti della parrocchia: in piena comunione con i Pastori e nell’ascolto attento della parola di Dio, crescano ogni giorno in “consapevolezza, zelo, impegno ed irradiazione missionaria” (cf. Paolo VI, Evangelii nuntiandi EN 58). In tal modo potranno costituire un punto di riferimento per gli adulti che si interessano al Vangelo e alla Chiesa, nonostante non abbiano goduto, nella loro giovinezza, di un’adeguata educazione alla fede.

Rivolgo un particolare saluto ai malati, chiedendo loro di rendersi protagonisti della salvezza dei fratelli: la loro croce, unita a quella di Cristo, può diventare per loro stessi e per molti fonte di vita e di speranza.

La cura dei poveri, dei bisognosi e degli emarginati, a cui si stanno dedicando, pur tra difficoltà non indifferenti, la Caritas diocesana e parrocchiale, l’Ordine di Malta ungherese, le Associazioni Kolping ed altri gruppi benemeriti, costituiscono il segno concreto dell’avvento della civiltà dell’amore che i cristiani intendono edificare in terra ungherese.

7. La molteplicità dei compiti da assolvere rende necessario l’impegno convinto e responsabile dei laici. La Chiesa chiede loro di assumere le proprie responsabilità, tenendo presente che il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, delle realtà sociali, dell’economia, degli strumenti della comunicazione sociale, delle scienze e delle arti, della vita internazionale.

Il loro compito diventa sempre più urgente di fronte alle nuove possibilità di partecipazione alla vita pubblica. In tale ambito il laico cristiano, animato dalla convinzione che la crescita del Regno di Dio costituisce, nello stesso tempo, un dono e un impegno, rifuggirà da ogni forma di integralismo e si porrà in atteggiamento di dialogo e di servizio, nel pieno rispetto della dignità di ogni persona, che rimane sempre il fine di ogni azione sociale.

216 8. Cari Fratelli e Sorelle! Lo straordinario tesoro della fede cristiana, cui il Vangelo ci invita a subordinare tutto (cf. Mt Mt 13,44), vi impegna ad essere fermento della società per diventare costruttori di speranza. Cristo Redentore, centro della vostra vita, è con voi! Vi assistano la “Magna Domina Hungarorum”, la Madonna di Gyor, il santo re Ladislao, i martiri di Kassa e tutti i santi ungheresi. Vi incoraggi nel vostro impegno apostolico l’esempio edificante e coraggioso del Servo di Dio, il Vescovo Vilmos Apor. A tutti la mia Benedizione. Amen!

VIAGGIO APOSTOLICO IN UNGHERIA

Aeroporto Internazionale «Ferihegy I» (Budapest)

Sabato, 7 settembre 1996




Signor Presidente, Venerati Fratelli nell’Episcopato,
Carissimi cittadini ungheresi!

1. Nel momento in cui si conclude questa mia Visita pastorale, sento il bisogno di rinnovare a tutti l’espressione dei miei sentimenti di viva gratitudine. Con grande gioia sono venuto in Ungheria per partecipare alle celebrazioni giubilari dell’Arciabbazia di Pannonhalma e per visitare Gyor, città ricca di storia e diocesi risalente al santo Re Stefano.

Il rinnovato contatto con la popolazione ungherese mi ha confermato nella stima per una Nazione che nelle grandi tradizioni spirituali e civili del passato custodisce il segreto della sua presente rinascita. Mi avete messo a parte delle speranze e delle preoccupazioni che accompagnano l’attuale momento della vostra storia. Parto portando con me l’immagine viva d’un popolo che aspira con determinazione a costruire per tutti un futuro di giustizia e di pace.

Grazie, Signor Presidente, per la squisita accoglienza; grazie per avermi offerto l’opportunità di condividere con l’amato Popolo ungherese un tratto, sia pur breve, del suo cammino di rinnovamento, segnato da generosità e coraggio. In questi due giorni ho potuto incontrarmi con i responsabili civili del Paese. Mi è stato dato di rivedere tanti fratelli nella fede: Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, membri di Istituti secolari e fedeli laici. Ed ora, nell’accomiatarmi, vorrei inviare a tutti un riconoscente saluto: agli ungheresi che sono in Patria ed a quelli che vivono all’estero, alle minoranze interne ed ai rifugiati, a tutti gli abitanti di questo Paese, posto nel cuore dell’Europa. Grazie a tutti coloro che hanno preso parte a questa mia Visita, a coloro che l’hanno preparata ed a quanti ne hanno assicurato il pacifico e sereno svolgimento.

2. Riprendo il cammino del ritorno con la consapevolezza di aver incontrato un Popolo generoso nella cui storia - lo si può ben dire guardando il passato - si rispecchia quella dell’Europa.

L’Ungheria vive oggi una stagione di particolare impegno civile nella ricerca di un autentico sviluppo sociale ed economico. In quest’arduo compito, essa guarda con fiducia all’Europa come alla grande casa comune, all’interno della quale ogni popolo deve poter esprimere la peculiare ricchezza che lo contraddistingue. Perché questo avvenga, è necessario che la convivenza tra le diverse Nazioni poggi sempre sulle solide fondamenta del diritto, della giustizia, della solidarietà e della cooperazione. Rivolgo un particolare pensiero ai giovani, con i quali durante questo mio soggiorno non ho potuto avere un incontro a parte, ma che ho avuto la gioia di vedere numerosi nelle varie celebrazioni. Carissimi giovani ungheresi, la seconda guerra mondiale e gran parte della stessa successiva dittatura sono per voi soltanto pagine di storia, che non avete sperimentato direttamente.

Voi siete la prima generazione dopo i profondi rivolgimenti sociali degli anni 1989/90. Non mancate di informarvi su quanto è avvenuto in questo secolo che volge ormai al termine. Informatevi e riflettete, perché gli errori e le sofferenze di chi vi ha preceduto diventino lezione istruttiva per voi. Il terzo millennio, ormai alle porte, comincia con voi. Voi siete la speranza della vostra Nazione. A voi, pertanto, tocca il compito di imprimere nuova vitalità alla sua storia. Un’eredità non facile la vostra! Ma con l’aiuto di Dio siete in grado di assumerla. Non perdetevi d’animo e seguite la via della verità e della fede. Accettate la sfida che vi è lanciata. Siate voi gli artefici di un mondo nuovo, che poggi sul fondamento di quei valori a cui ispirò la sua azione il santo Re Stefano. Siate certi che Dio, Signore della storia, vi aiuterà a condurre a termine la vostra missione per il bene di tutti.

217 3. Signor Presidente, è giunto ormai il momento del congedo. Ancora una volta grazie per la cordialità con la quale sono stato accolto e poi accompagnato nelle ore, purtroppo fugaci, del mio soggiorno in questo Paese. Faccio ora ritorno a Roma, città alla quale è molto legata la storia del Popolo ungherese. Fin dai tempi antichi Roma è stata meta ambita di tanti pellegrini provenienti da queste terra. A Roma santo Stefano costruì la prima casa per i pellegrini ungheresi. È nel ricordo di questo vincolo di fede e di carità che sono venuto fra voi, pellegrino di pace e di speranza. Possa questa mia

Visita rafforzare ogni credente nell’adesione generosa al Vangelo ed alla Chiesa, perché risplenda in ogni angolo della terra la luce della Verità e dell’Amore di Cristo. Questo ho voluto ripetere a te, Comunità cattolica d’Ungheria, a cui vorrei rivolgere un ultimo cordiale saluto. Carissimi fedeli, con gioia ho apprezzato la vostra adesione alla Chiesa e il vostro impegno per il bene del Paese.

Ringrazio specialmente Lei, Signor Cardinale, e il Vescovo di Gyor, l’Arciabate di Pannonhalma e tutta la Conferenza Episcopale per l’invito e la fraterna ospitalità. E, mentre invoco su tutti la benedizione di Dio, di cuore auguro alla vostra Patria ed a ciascun ungherese di vivere nella pace, di raggiungere insieme quella felicità che ogni essere umano ardentemente ricerca.

Dio benedica questa terra e i suoi abitanti!


AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DELL'INDONESIA IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Venerdì, 13 settembre 1996




Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. Sono lieto di darvi il benvenuto, membri del secondo gruppo dei Vescovi dell’Indonesia, che siete venuti in visita “ad limina” per riaffermare la vostra fede presso le tombe dei Principi degli Apostoli, Pietro e Paolo. Ringrazio Dio perché la vostra “carità è stata per me motivo di grande gioia e consolazione” (Phm 1,7) e per i vincoli della vostra comunione fraterna nel Collegio dei Vescovi. Il ministero pastorale affidato al Vescovo di Roma è un dono divino che appartiene alla piena espressione della vita di tutte le Chiese particolari. Questo ministero della Chiesa universale mi rende servo della sua unità nella verità, un servizio radicato nella misericordia di Dio, che deve essere svolto in comunione con i miei fratelli Vescovi (cf. Giovanni Paolo II, Ut unum sint UUS 88-96). Allo stesso modo, nelle vostre diocesi siete servi e ministri della verità e dell’unità ecclesiali. Nell’amore del Signore Gesù desidero incoraggiarvi a svolgere quel compito con tutta la responsabilità e l’autorità che vi deriva dalla vostra consacrazione episcopale, un’autorità che il Vangelo distingue dal potere terreno (cf. Mt Mt 20,25 Mc 10,42), affinché il popolo di Dio in Indonesia possa essere sempre più un solo corpo, un solo spirito in Cristo.

2. I vostri resoconti quinquennali confermano il fatto che dovete ringraziare Dio per il ricco raccolto di vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata di molte delle vostre Chiese. Condividendo con voi un’intima configurazione sacramentale a Cristo, Sommo Sacerdote, questi sacerdoti sono i vostri principali collaboratori nel servizio al popolo di Dio. Infatti, con voi essi formano “un’intima fraternità, che deve spontaneamente e volentieri manifestarsi nel mutuo aiuto, spirituali e materiale, pastorale e personale” (Lumen gentium LG 28). Siate per loro l’immagine vivente del Padre; trattateli come figli, fratelli e amici; pregate con fervore per essi affinché lo Spirito Santo possa guidarli al perfetto compimento della loro vocazione.

Oggi più che mai l’integrazione della dimensione accademica, pastorale e spirituale della formazione sacerdotale è necessaria a tutti i livelli. La formazione non consiste soltanto, né principalmente, nello sviluppare le abilità pastorali, ma nel formare i sentimenti, il cuore e la mente, di Cristo Gesù (cf. Fil Ph 2,5) in coloro che sono chiamati a servire la Chiesa in persona Christi. Poiché il secolarismo a volte fa breccia anche in coloro che hanno risposto alla chiamata del Signore, il seminario deve aiutare i candidati a comprendere che il sacerdozio non è una carriera volta alla realizzazione personale. La semplicità e la matura responsabilità del sacerdote dovrebbero invece conformarsi all’atteggiamento dei discepoli che lasciarono tutto per seguire Cristo (cf. Mt Mt 19,27).Sono lieto di apprendere che i vostri seminari stanno cercando di applicare le direttive per la formazione sacerdotale presentate dall’Esortazione post-sinodale Pastores dabo vobis. Anche il personale dei seminari dovrebbe essere scelto solo fra coloro che hanno dimostrato chiaramente equilibrio e maturità a questo proposito.

3. Durante la mia Visita pastorale in Indonesia, sette anni fa, richiamai l’attenzione sull’essenziale “complementarietà di ruoli fra il clero e il laicato” (Giovanni Paolo II, Incontro con il clero e i Religiosi, 10 ottobre 1989, n. 5: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XII, 2 (1989) 845). I sacerdoti dovrebbero essere attenti a non usurpare il ruolo dei laici nell’ordine temporale, mentre i fedeli laici dovrebbero evitare un certo tipo di “clericalizzazione” che adombra la particolare dignità dello stato laicale basato sul Battesimo e sulla Confermazione (cf. Giovanni Poalo II, Christifideles laici CL 23).

Da parte loro i laici saranno “il sale della terra ” e “la luce del mondo” (Mt 5,13-14) sempre che s’imparta loro una formazione spirituale, dottrinale e morale. Tale formazione dovrebbe promuovere la preghiera personale, familiare e liturgica, il senso di responsabilità per la vita e per la missione della Chiesa e la conoscenza del suo insegnamento. Le istituzioni cattoliche di istruzione superiore svolgono un ruolo particolare nell’aiutare i laici a conoscere e a mettere in pratica la ricca tradizione dell’insegnamento sociale cattolico che è di per sé uno strumento efficace di evangelizzazione (cf. Giovanni Paolo II, Centesimus annus CA 54), attraverso corsi e conferenze pubbliche e i mezzi di comunicazione sociale. Serbo un vivo ricordo del mio incontro con la comunità universitaria del campus della Atma Jaya University e rinnovo la mia stima e il mio incoraggiamento a tutti coloro che sono impegnati in questa vocazione nobile, ma difficile.

218 Quando i laici ricevono una solida formazione cristiana, possiedono gli strumenti per svolgere un ruolo costruttivo nella vita della nazione, con una forza e una motivazione particolari: essi considerano i propri sforzi come un modo per ubbidire al comandamento del Signore di amare il prossimo come noi stessi (cf. Mt Mt 22,39 Giovanni Paolo II, Christifideles laici CL 42). Questo è l’atteggiamento che ispira sostegno per il Pancasila, l’insieme di principi che promuove l’unità nazionale, la tolleranza religiosa e la giustizia fra tutte le varie comunità del vostro vasto Paese. I cattolici indonesiani, fedeli allo stesso tempo ai principi cristiani e ai valori particolari della propria cultura, in collaborazione con i seguaci di altre tradizioni religiose, continueranno a svolgere il proprio ruolo nell’edificazione di una società in grado di garantire che la dignità di tutti i cittadini sia promossa e rispettata. In particolare essi sono orgogliosi di contribuire al progresso integrale della nazione quando essa si trova in situazioni difficili e complesse. A questo proposito, noi tutti ricordiamo i tragici avvenimenti che si sono verificati recentemente a Giacarta e che hanno suscitato preoccupazione e sofferenza in tutti coloro che veramente desiderano il bene dell’Indonesia.

Mentre preghiamo per le vittime e per tutti coloro che in un modo o nell’altro sono stati colpiti da questi tristi eventi, dobbiamo sperare che tutti siano guidati da quella profonda convinzione di cui parlai durante la mia visita nel vostro Paese: “come insegna la vostra tradizione nazionale, la base più certa per l’unità e lo sviluppo durevoli di una nazione è un profondo rispetto per la vita umana, per gli inalienabili diritti della persona umana, e per la libertà, data ai cittadini responsabili, di determinare il proprio destino di popolo” (Giovanni Paolo II, Discorso durante il ricevimento di Stato, Giacarta, 9 ottobre 1989, n. 2: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XII, 2 (1989) 826). Preghiamo affinché cresca la forza di questa convinzione e si diffonda una maggiore volontà di cercare, in verità e in giustizia, una soluzione pacifica alle tensioni esistenti.

4. In risposta a una società in mutamento, avete rivolto sempre più la vostra attenzione pastorale alla vita familiare, includendo il modello tradizionale della famiglia allargata, ossia la comunità di più generazioni, che esiste ancora in molte parti del vostro Paese. In particolare è importante il compito di preparare i giovani al matrimonio, una preparazione che dovrebbe essere un autentico “itinerario di fede . . . una privilegiata occasione perché i fidanzati riscoprano e approfondiscano la fede ricevuta col battesimo” (Giovanni Paolo II, Familiaris consortio FC 51). Il bene della società richiede che la dignità e la missione specifica delle donne vengano promosse e rafforzate affinché possano ottenere un’effettiva uguaglianza, inclusa l’“uguaglianza fra i coniugi nel diritto di famiglia, il riconoscimento di tutto quanto è legato ai diritti e ai doveri del cittadino” (Lettera alle donne, 29 giugno 1995, n. 4). In tutto il mondo la Chiesa spera e prega affinché le donne possano assumere un ruolo guida nel consolidamento di una cultura della vita in sintonia con la sacralità della persona umana.

In effetti, una grave sfida al vostro ministero in relazione alla famiglia è la minaccia rappresentata dai programmi aggressivi di controllo demografico radicati in un approccio utilitaristico al valore della vita stessa. Mentre la Chiesa riconosce il diritto delle autorità pubbliche a prendere iniziative “al fine di orientare la demografia della popolazione” (Catechismo della Chiesa Cattolica, CEC 2372), insiste anche sul fatto che tali iniziative devono “rispettare la responsabilità primaria e inalienabile dei coniugi e delle famiglie” e dovrebbero escludere l’uso dei metodi “non rispettosi della persona e dei suoi diritti fondamentali” (Giovanni Paolo II, Evangelium vitae EV 91). Di fronte alle campagne di controllo delle nascite che sottopongono le coppie a pressioni economiche o sociali, privandole della propria dignità e libertà, la comunità cattolica non può non rispondere sostenendo la verità circa la natura e il significato intrinseci dell’amore coniugale e diffondendo la conoscenza dei metodi di regolazione della fertilità in sintonia con tale verità.

Queste brevi osservazioni sulla famiglia sarebbero incomplete senza un riferimento a una sfida che non può che essere cara al vostro cuore di Pastori: la trasmissione del Vangelo di Gesù Cristo ai giovani dell’Indonesia. Guidateli lungo il cammino della “santità e giustizia” (cf. Lc Lc 1,75). Insegnate loro a essere evangelizzatori della propria generazione. Prestate attento ascolto alle loro aspirazioni, ai loro dubbi e ai loro problemi, così come alle loro ponderate critiche. Soprattutto insegnate loro a pregare, con cuore puro, con fede viva, con ferma fiducia e con perseverante vigilanza.

5. Le donne e gli uomini consacrati, seguendo le orme dei devoti missionari che piantarono la Croce nelle vostre Isole, continuano a svolgere un ruolo indispensabile nella missione di evangelizzazione, in particolare per mezzo delle loro preghiere di intercessione, della perseverante ricerca di santità, vita fraterna e zelo apostolico. In un Paese formato da gruppi etnici tanto diversi, la vita fraterna in comune dovrebbe essere un segno eloquente dell’unità del popolo di Dio, “poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Ga 3,28). In particolare alla luce delle consuete tradizioni dell’anno giubilare, le donne e gli uomini consacrati vengono sfidati a impegnarsi sempre più generosamente a servire i poveri e i sofferenti, gli abbandonati e gli emarginati. Secondo modalità appropriate al loro carisma costitutivo, gli istituti religiosi dovrebbero difendere e promuovere la dignità e i diritti dell’uomo. Questo non è un invito all’impegno politico o semplicemente umanitario, ma una chiamata a un servizio realmente evangelico: annunciare ai poveri, a coloro che sono prigionieri e agli oppressi (cf. Lc Lc 4,18) la Buona Novella secondo la quale essi dimorano “nell’intimo di Dio” (cf. Giovanni Paolo II, Tertio Millennio adveniente TMA 8) e condividono la vita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (cf. Gv Jn 17,3).

A proposito degli istituti di diritto diocesano, i Vescovi dovrebbero interessarsi personalmente e con sollecitudine al loro benessere generale, promuovendo le vocazioni e garantendo che i candidati vengano selezionati solo dopo un prudente discernimento. Il bene della Chiesa esige che vengano fatti tutti gli sforzi possibili affinché tutti i religiosi, uomini e donne, ricevano una formazione umana, teologica, spirituale e pastorale che sia accurata e ben integrata. Non posso non incoraggiare il dialogo e la cooperazione crescenti che stanno maturando fra la Conferenza Episcopale Indonesiana e l’Unione dei Superiori religiosi maggiori. Un dialogo trasparente e cordiale manifesta autentica carità ecclesiale e contribuisce a edificare la comunione, sia gerarchica sia carismatica, della Chiesa di Dio.

6. Cari Fratelli: all’approssimarsi del Grande Giubileo, dovremmo essere convinti del fatto che la commemorazione dell’Incarnazione Redentrice “di Dio che viene in Persona a parlare di sé all’uomo e ad mostrargli la via sulla quale è possibile raggiungere” (Giovanni Paolo II, Tertio Millennio adveniente TMA 6) deve essere un’occasione di grande rinnovamento interiore nella Chiesa. Colui che era, che è e che viene (cf. Ap Ap 4,8) sta invitando ogni individuo e ogni comunità a una conversione radicale del cuore. Nel tempo che rimane, lo scopo di ogni Pastore nella propria Diocesi, e di tutti i Pastori in quanto Conferenza, sarà quello di preparare, attraverso l’intensificazione della preghiera, la formazione dottrinale e le opere di solidarietà, tutto il popolo di Dio in Indonesia alle grazie di questo “anno di misericordia del Signore” (Is 61,2). Possa Maria, Madre del Redentore e Madre della Chiesa, accompagnare voi e tutti coloro presenti in ciascuna delle vostre Diocesi, che saluto affettuosamente, lungo il cammino di incontro con il Signore che verrà (cf. Ap Ap 22,20). Con la mia Benedizione Apostolica.




AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO


INTERNAZIONALE DI STUDI UNGHERESI


Sabato, 14 settembre 1994




Illustri Signori, Gentili Signore!

1. Con grande gioia vi rivolgo il mio cordiale saluto in occasione del Congresso Internazionale di Studi Ungheresi, che oggi felicemente si conclude. Appena una settimana fa ho compiuto la mia seconda visita in Ungheria, durante la quale ho potuto nuovamente toccare con mano la profonda penetrazione dei valori cristiani nella cultura di quel Popolo generoso, che ne ha tratto nel corso dei secoli ispirazione e alimento. Questo incontro risveglia, pertanto, in me emozioni intense e care.


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