GP2 Discorsi 1996 225


VIAGGIO APOSTOLICO IN FRANCIA


AI MEMBRI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLA FRANCIA


Casa Diocesana di San Sisto (Reims) - Domenica, 22 settembre 1996




Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. In quest’ultima giornata della mia visita pastorale in Francia, sono lieto di incontrarvi e sono sensibile alla vostra presenza e alla vostra accoglienza. Ringrazio Monsignor Joseph Duval per le parole che mi ha appena rivolto a nome vostro, sottolineando la nostra profonda comunione e ricordando molte vostre preoccupazioni. La mia gratitudine va a Monsignor Gérard Defois che ci accoglie in questa antica città episcopale di Reims e, in questo momento, nella casa diocesana San Sisto. Vorrei esprimere di nuovo la mia riconoscenza a Monsignor Honoré, a Monsignor Gourvès e a Monsignor Garnier che con i loro diocesani hanno organizzato meravigliosamente le varie tappe di questo viaggio. Rivolgo anche un saluto amichevole ai Vescovi in pensione, assicurando loro che la Chiesa conta sempre sulla loro preghiera e sull’esperienza che hanno acquisito negli anni di ministero. Saluto in modo particolare quanti fra voi sono stati nominati di recente e quanti hanno accettato di lasciare la loro sede per farsi carico di una nuova Diocesi.

226 In diversi luoghi, sono stato portato ad onorare alcuni grandi santi del vostro Paese. Come non ricordare che, anche qui, mi trovo fra i successori di Martino e Remigio, di Ireneo e Dionigi, di Ilario e Cesario, di Corentino e Paterno, di Francesco di Sales ed Eugenio di Mazenod! Non posso ora nominare tutti i santi Vescovi che hanno fondato o reso illustri le vostre Diocesi. Il ricordo di queste eminenti figure delle vostre Chiese non ci rimanda ad un passato compiuto, ma ci ricorda il ricco e vivo patrimonio spirituale di cui voi siete eredi e continuatori.Nel corso delle varie epoche sono state aperte strade lungo le quali voi ora procedete, in modo fedele e nuovo allo stesso tempo.

2. Il vostro ministero a volte può sembrare gravoso; le preoccupazioni si accumulano. Come Successore di Pietro, vengo ad esprimervi la mia fiducia e ad incoraggiarvi. Lo Spirito del Signore vi dà la forza e la luce. L’Eucaristia, di cui il Vescovo è principalmente il celebrante all’interno della Chiesa particolare, manifesta la comunione di tutti; la presenza del Salvatore, attraverso la sua Parola e il suo sacrificio, vi fortifica lungo il cammino della vita. La grazia della vostra ordinazione episcopale vi aiuterà a svolgere la vostra missione di unità nella carità e di discernimento nella verità. Sotto la vostra guida, sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose e fedeli laici, tutti concorrono a far vivere l’edificio di pietre vive che la Chiesa in realtà è.

Mentre siete qui riuniti, ricordo volentieri i lavori che realizzate insieme nel quadro della Conferenza dei Vescovi di Francia. Istanza di concertazione e di aiuto reciproco, di studio e di incentivo, essa vi offre un aiuto prezioso nell’esercizio delle vostre responsabilità, in uno spirito collegiale, grazie allo scambio delle vostre esperienze e all’ascolto reciproco. In comunione con il Vescovo di Roma e con l’insieme dei Vescovi del mondo, la vostra Conferenza vi permette di tradurre concretamente la sollecitudine per la Chiesa universale richiesta dal Concilio Vaticano II (cf. Lumen gentium
LG 23). A livello nazionale, attraverso i Pastori riuniti, essa contribuisce utilmente a dare un’immagine e una voce alla Chiesa.

3. Monsignor Duval ha ricordato in particolare le vostre riflessioni sulla “Proposta della fedenella società attuale, tenuto conto della sua evoluzione. Questo lavoro approfondito che coinvolge molte persone, dimostra la vitalità reale dei cattolici in Francia. Sono persuaso che a partire dagli orientamenti d’insieme da voi forniti, l’annuncio del Vangelo trarrà impulso dinanzi a fedeli sempre più consapevoli della loro responsabilità e della loro missione di battezzati. Questo riguarda sia la catechesi dell’infanzia, con un gran numero di catechisti, sia il catecumenato degli adulti, che da voi sta sperimentando un reale impulso. Anche le famiglie, che ho incontrato a Sainte-Anne-d’Auray in una meravigliosa assemblea, hanno una missione di primo piano che la pastorale deve sostenere. Spetta a voi coordinare l’azione dei numerosi movimenti, di antica o di recente fondazione, che esercitano un’influenza determinante sull’iter spirituale e sui diversi tipi di impegno dei vostri diocesani. In un momento di necessaria riorganizzazione pastorale, soprattutto delle parrocchie, l’attività dei consigli pastorali e dei gruppi di animazione nelle comunità più piccole permette di rafforzare il dinamismo dei fedeli. Penso che a tutti questi livelli, che ho solo sommariamente ricordato, la “proposta della fede” e il risveglio delle vocazioni devono essere preoccupazioni primarie.

So che state sviluppando i mezzi di formazione destinati in particolare alle persone che esercitano responsabilità a tutti i livelli delle diocesi. È necessario, infatti, aiutarli a rispondere della speranza (cf. 1P 3,15), e quindi indirizzare la formazione sul contenuto della fede, sugli aspetti principali dell’esperienza cristiana, sulla dottrina sociale della Chiesa, senza dimenticare di chiarire le situazioni presenti attraverso una corretta conoscenza della Scrittura e della Tradizione, ossia attraverso una solida formazione teologica e spirituale.

4. Da anni cercate di sviluppare e coordinare le iniziative affinché la Chiesa tutta intera sia solidale con i più bisognosi. Questo è l’impegno di ogni battezzato che non può essere fedele al Vangelo senza preoccuparsi per le membra più fragili del Corpo di Cristo, quei “sofferenti della vita” che mi avete permesso di incontrare a Tours, come anche di tutti i fratelli in umanità colpiti da molteplici forme di miseria e di povertà. Poveri nel corpo e nel cuore, disorientati dinanzi al senso della loro vita, esclusi dal lavoro e privati di condizioni di vita decenti, connazionali o stranieri, sono quelli che il Signore chiamava piccoli e umili e ai quali mostrava la sua predilezione. I discepoli di Cristo non possono che seguirlo sul cammino della solidarietà, condizione per la pace e espressione dell’amore per il prossimo.

5. Vorrei sottolineare un altro livello della comunione ecclesiale, quello della solidarietà nella missione al di là delle frontiere. Come ho già detto nel corso di questo viaggio, la generosità delle vostre Chiese è da lungo tempo veramente grande; nonostante le difficoltà, essa deve continuare. Apprezzo quanto le vostre Diocesi danno della loro povertà, accettando la partenza in Paesi lontani di sacerdoti e laici, instaurando rapporti fraterni con Chiese giovani o con Chiese che ricominciano a progredire dopo le prove degli ultimi decenni.

6. Non posso ora affrontare tutti gli aspetti del vostro ministero; ne riparleremo con più calma in occasione delle vostre visite “ad limina” all’inizio dell’anno prossimo. Tuttavia, con poche parole, vorrei ancora incoraggiare la pastorale dei giovani, per la quale la Conferenza si è adoperata. Non lesinate sforzi, nonostante l’invecchiamento di molti responsabili, per arrivare ai giovani. Essi si aspettano di essere ascoltati, accompagnati e soprattutto che il loro posto e le loro iniziative nella vita ecclesiale vengano riconosciuti. Sono in molti ad essersi impegnati nella preparazione della Giornata mondiale di Parigi. Dite ai giovani che il Papa conta su di loro per accogliere i loro compagni provenienti da tutto il mondo e condividere con essi la parte migliore della loro esperienza.

7. Nell’opinione pubblica, diffusa dai mezzi di comunicazione sociale, vi scontrate con reticenze spesso clamorose ad accettare una parola di Chiesa riguardante aspetti importanti della vita personale o l’attività sociale ed economica. Che il vostro sforzo per investire nella comunicazione vi dia la possibilità di chiarire i malintesi! Mentre proclamiamo la salvezza in Gesù Cristo (cf. At Ac 4,12), sentiamo il desiderio di promuovere la dignità umana e la sua fedeltà alla propria natura profonda, alla sua vocazione. In una società che ha contribuito molto a far riconoscere la libertà umana e i diritti della persona, va da sé che esprimere delle convinzioni non vuol dire imporle, bensì esercitare un diritto inalienabile (cf. Dignitatis humanae ). La concezione cristiana del rispetto della vita e della dignità della persona è illuminata da un’esperienza e da una riflessione approfondite di generazione in generazione alla luce della fede. Un dialogo sereno e rispettoso di tutte le famiglie spirituali dovrebbe rendere più positivi i dibattiti attuali. Non abbiamo altra intenzione se non quella di servire l’uomo in uno spirito di fratellanza universale, come ha così fortemente affermato il Concilio Vaticano II (cf. Gaudium et spes passim).

8. All’approssimarsi del terzo millennio, dovrete partecipare ad appuntamenti importanti, come l’Assemblea speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi che ho annunciato di recente. È opportuno anche che le vostre Chiese particolari rimangano attente alle ricerche condotte dalle Chiese presenti in tutti i continenti per accrescere la propria fedeltà alla missione affidata loro da Cristo.

La preparazione del grande Giubileo sta entrando ormai in una fase più attiva. Come ho auspicato nella Lettera Apostolica Tertio Millennio adveniente, dobbiamo volgere un lucido sguardo ai periodi trascorsi, come facciamo oggi nel commemorare il battesimo di Clodoveo, a partire dal quale la nazione costituitasi a poco a poco ha instaurato legami profondi con la Chiesa di Cristo. Il Giubileo invita tuttavia ad aprire prospettive: si tratta senza dubbio di mettere in risalto quanto c’è di più nobile nelle tradizioni della vostra nazione, la cui influenza è stata così grande, ma anche di partire da questa esperienza per rispondere meglio alle sfide del nostro tempo.

227 Il Giubileo costituisce anche un appello pressante a sviluppare l’evangelizzazione, aprendosi all’azione dello Spirito Santo che illumina il cammino della Chiesa, poiché: “lo Spirito è anche per la nostra epoca l’agente principale della nuova evangelizzazione” (Ivi, 45).

Che la preghiera e la riflessione di tutti, nelle vostre comunità diocesane, invitino ad accogliere questo Giubileo come un evento nella storia della Redenzione, nella storia spirituale delle Chiese, così come in quella di ogni persona! Questo Giubileo celebra la venuta del Signore nell’umanità per riconciliarla. Cristo è la nostra speranza.

Cari Fratelli nell’Episcopato, vi rinnovo i miei ringraziamenti per la vostra accoglienza. Affido all’intercessione materna di Nostra Signora, alla preghiera di tutti i santi e di tutte le sante di Francia, le vostre persone e il compimento del vostro ministero. Trasmettete il mio caloroso incoraggiamento ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai laici delle vostre Diocesi. Invoco di cuore su tutti la Benedizione del Signore. È l’augurio che vorrei lasciarvi a conclusione di questo bell’incontro. Dio vi benedica!

VIAGGIO APOSTOLICO IN FRANCIA


AGLI AGENTI DELLA PASTORALE DIOCESANA


Cattedrale di Reims - Domenica, 22 settembre 1996




Cari Fratelli e Care Sorelle,

1. È un bene che abbiate scelto di meditare sulla conversazione tanto importante di Gesù con la donna di Samaria in questo incontro in cui testimoniate il “cammino sinodale” della Diocesi di Reims. Ringrazio il vostro Arcivescovo Monsignor Gérard Defois per la sua accoglienza e tutti coloro che hanno presentato questa ampia riflessione sulla vita della Chiesa nella Champagne e nelle Ardenne. Attraverso voi, che siete riuniti in questa prestigiosa cattedrale, desidero salutare tutti i fedeli di questa Diocesi dalle radici cristiane antiche e profonde.

2. Insieme a voi desidero proseguire la meditazione sull’importante pagina del Vangelo che abbiamo appena ascoltato. Vediamo Gesù, stanco per il cammino, fermarsi vicino a un pozzo; arriva allora una donna di Samaria per attingere acqua. Gesù le dice: “Dammi da bere” (Jn 4,7). La Samaritana gli dice a sua volta: “Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?” (Jn 4,9). Gesù le risponde: “Se tu conoscessi il dono di Dio e colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva” (Jn 4,10).Infatti, “chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna” (Jn 4,13-14).

Gesù qui non si riferisce all’acqua che gli abitanti di Samaria andavano ad attingere al pozzo di Giacobbe. Come il canto dell’inno liturgico, egli parla dell’acqua che ci dona “nella fatica, riposo; nella calura, riparo; nel pianto, conforto” (Sequenza, Veni, Sancte Spiritus). Quest’acqua è il simbolo dello Spirito Santo. Colui che la beve non avrà più sete, poiché lo Spirito è la sorgente che spegne la sete dell’anima degli uomini. Esso è la fonte della conoscenza e dell’amore che scorre per l’eternità.

Nel corso delle riflessioni alle quali vi siete dedicati in questi ultimi anni avete dovuto attingere abbondantemente a questa fonte di acqua viva. Sono certo che lo Spirito Santo era con voi, che operava nelle vostre parrocchie o nei vostri luoghi di accoglienza. Esso animava i vostri incontri con quegli uomini e quelle donne ai quali dovete fare scoprire che solo il Signore può soddisfare le loro aspettative e la loro sete, e che Egli bussa alla porta di ogni uomo. Lo Spirito Santo vi guidava e vi sosteneva con i suoi doni: i doni della saggezza e dell’intelligenza, della scienza e del consiglio, della forza, della pietà e del timore di Dio.

3. Continuiamo a seguire lo straordinario dialogo che Cristo ha intrapreso con la samaritana presso il pozzo di Giacobbe. A un certo momento la donna comprende che Gesù non è un comune viandante venuto a riposarsi presso il pozzo. Ella scopre che egli è un profeta e glielo dice in modo diretto: “Signore, vedo che tu sei un profeta” (Jn 4,19). I profeti fanno parte della tradizione d’Israele. Sono loro a parlare nel nome di Dio e a guidare il popolo di Dio lungo il cammino dell’adorazione. È per questo che la donna dice: “I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare” (Jn 4,20). Queste parole fanno eco al diverbio che opponeva i Samaritani agli Ebrei circa il Tempio, circa il luogo del vero culto. Allora Gesù risponde: “Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. ( . . .) Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità” (Jn 4,21 Jn 23-24). In quel momento Cristo confida a quella donna, un peccatrice, una delle più grandi verità della Buona Novella: l’adorazione di Dio non dipende dal luogo, dal tempio costruito dalle mani degli uomini; lo Spirito Santo stesso edifica questo tempio intimo in ogni uomo che cerca sinceramente Dio e che non chiude il cuore alle chiamate della grazia. Questo tempio spirituale è il luogo di adorazione che l’uomo deve a Dio Padre “in spirito e verità”.

4. Il Concilio Vaticano II ha rinnovato l’insegnamento sul sacerdozio universale di tutti i credenti e sul sacerdozio ministeriale. Sono certo che i vostri lavori si sono ispirati a questo magistero conciliare, espresso soprattutto nella Costituzione Lumen gentium sulla Chiesa. Questo insegnamento è ammirevole; esso libera il nostro modo di pensare e la nostra esperienza cristiana da ogni rigido ritualismo. Esso ci insegna a fare della nostra vita un’offerta spirituale (cf. Rm 12,1).

228 Il cammino conciliare ci invita anche a partecipare nel modo più profondo possibile alla vita sacramentale della Chiesa, in particolare all’Eucaristia. Per proseguire il vostro cammino sinodale riprendete la lettura dei documenti conciliari fondamentali che parlano del sacerdozio. Bisogna costantemente approfondire il senso del sacerdozio, sia di quello universale dei fedeli, legato al battesimo, sia di quello ministeriale. Fedeli laici, voi sarete più sicuri nella vita e nelle vostre attività se avrete una maggiore comprensione di ciò che la vostra consacrazione battesimale e la vostra missione nella comunità ecclesiale comportano. Riflettete anche sul ruolo insostituibile del Vescovo e dei sacerdoti: essi vengono ordinati per celebrare l’Eucaristia del Signore e trasmettere i doni della grazia negli altri sacramenti, per riunire i fedeli nel nome di Cristo e per essere i primi portatori della Parola di Dio. Desidero esprimere il mio apprezzamento per la dedizione dei sacerdoti, dei diaconi, dei religiosi e delle religiose della vostra Diocesi; prego insieme a voi affinché i giovani ascoltino la chiamata del Signore a mettersi completamente al suo servizio nella sua Chiesa, accettando di impegnarsi nei ministeri ordinati o nella vita consacrata.

5. Nel Vangelo di san Giovanni leggiamo che, dopo avere sentito tutto ciò, la Samaritana lascia la sua brocca e va in città per parlare alla gente del suo straordinario incontro (cf. Gv
Jn 4,28). “Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?” (Jn 4,29). Venite a vedere un uomo. Venite a vedere il Messia, il Cristo. Questo appello è rivolto a tutta la comunità della Chiesa a Reims: venite a vedere Cristo!

Un giorno Pilato domanda a Gesù: “Tu sei il re dei Giudei?” (Jn 18,33). Egli ode questa risposta: se lo fossi “i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei” (Jn 18,36). Vedi, mi trovo davanti a te, legato, accusato, e si chiede per me la condanna a morte; umanamente parlando, in me non vi è niente di regale. Pilato ripete la stessa domanda: “Dunque tu sei re?”. Cristo risponde: “Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce” (Jn 18,37).

Ritengo che esista un nesso significativo tra questo evento del venerdì santo e il dialogo che ha avuto luogo presso il pozzo di Giacobbe: venite a vedere l’uomo che mi ha detto tutta la verità (cf. Gv Jn 4,29). È questo Uomo che davanti a Pilato dice: “Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità” (Jn 18,37). Seguendo questi due dialoghi vi sarete convinti, ancora una volta, che Cristo è il primo e ultimo Testimone della Verità divina. I Samaritani hanno creduto a Cristo e dicono alla donna: “Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo” (Jn 4,42).

Cari Fratelli e care Sorelle, auspico che la vostra ricerca comune contribuisca a farvi approfondire la vostra fede, a farvela testimoniare senza timori nella società francese e a rendervi più attenti ai bisogni del vostro tempo, nella certezza che solo Cristo, morto e risorto, è il Salvatore del mondo, che egli possiede le parole di vita eterna, che colui che lo segue “non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Jn 8,12). Faccio mia la vostra preghiera: “Signore, facci diventare profeti di vita, d’amore e di gioia, allora la Chiesa risplenderà della fede dei giovani!”

6. Che Gesù, Cristo, che è la Via, la Verità e la Vita, vi conceda di conoscerlo e di seguirlo, di essere suoi testimoni condividendo con tutti i vostri fratelli la luce della fede, la forza della speranza e il dono supremo dell’amore del Padre!

VIAGGIO APOSTOLICO IN FRANCIA

CERIMONIA DI CONGEDO


Aeroporto di Reims-Champagne

Domenica, 22 settembre 1996




Signor Primo Ministro,

1. Al termine della mia visita pastorale in Francia, la ringrazio vivamente di essere venuto a salutarmi qui, al momento del mio congedo; sono sensibile alle parole che mi ha appena rivolto. Voglia esprimere la mia gratitudine al Signor Presidente della Repubblica per l’accoglienza delicata che mi ha riservato. I miei ringraziamenti si estendono a lei, ai membri del Governo e ai Poteri pubblici per tutte le attenzioni di cui ho beneficiato nel corso di queste giornate.

2. Le tappe del mio viaggio sono state ricche di significato. Sono lieto di essermi potuto recare a Saint-Laurent-sur-Sèvre, dove la presenza di numerose persone impegnate nella vita consacrata ha rivelato la generosità e la fedeltà dei servi della Chiesa che fanno onore al loro Paese perpetuando le tradizioni di sostegno e di aiuto ai propri fratelli, nelle loro regioni così come nelle loro missioni all’estero. A Sainte-Anne-d’Auray i cattolici dell’Ovest della Francia e numerose famiglie venute da ancora più lontano, hanno mostrato con il loro fervore la serietà dei loro impegni. Le celebrazioni di Tours sono state poste sotto il segno del grande Vescovo san Martino, la cui influenza è stata determinante per la crescita della Chiesa nelle vostre regioni e per l’aiuto ai più bisognosi, dispensato costantemente dal popolo di Francia. A Reims, oggi, la commemorazione del battesimo di Clodoveo è stata l’occasione per numerosi cattolici per prendere nuovamente coscienza del significato del loro battesimo, sull’esempio di generazioni di fedeli che hanno svolto un ruolo nella storia della nazione e nell’elaborazione della sua alta concezione dell’uomo e della sua cultura.

229 3. I diversi temi dei miei incontri si completano ricordando molte qualità riconosciute di ciò che ho chiamato “l’anima francese”. Sono lieto dell’opportunità che mi è stata data di mettere in risalto tanto sapere, incoraggiando al contempo i suoi connazionali a proseguire nei loro impegni a favore di una solidarietà umana della quale tutto il mondo ha bisogno nel nostro tempo.

4. Ci tengo ad esprimere nuovamente la mia viva gratitudine ai Vescovi di Francia, che hanno preparato intensamente questa visita con la collaborazione di numerose persone. Colpito dalla qualità della loro accoglienza, vorrei assicurare tutti i cattolici della Chiesa in Francia, membri del clero e del laicato, del mio affetto in una profonda comunione spirituale. Li invito a impegnarsi affinché le loro comunità ecclesiali sviluppino il loro dinamismo, nella fede e con lo spirito di servizio dei discepoli di Cristo. Essi hanno ricevuto una bella eredità; che continuino a farla fruttificare in modo sempre nuovo!

Vorrei anche rivolgere un saluto rispettoso ai cristiani delle altre confessioni, ai credenti dell’Ebraismo e a quelli dell’Islam, auspicando che il dialogo religioso e la collaborazione si sviluppino fra tutti, per un’armoniosa coesione della società francese nel suo insieme.

5. Signor Primo Ministro, attraverso la sua persona, saluto tutti i Francesi, e offro loro i miei ferventi voti di prosperità in una intesa fraterna. Che la vostra nazione rimanga accogliente, che continui a far condividere la sua cultura, che contribuisca a far progredire incessantemente gli ideali di libertà, di uguaglianza e di fraternità che essa ha saputo presentare al mondo!

Rinnovandole l’espressione della mia gratitudine per l’accoglienza della Francia, invoco su tutti i suoi connazionali l’abbondanza delle Benedizioni di Dio.


AL PRIMO GRUPPO DI PRESULI DELLA CONFERENZA


EPISCOPALE DELLE FILIPPINE IN VISITA


«AD LIMINA APOSTOLORUM»


Venerdì, 27 settembre 1996




Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. È sempre una grande gioia per me incontrare voi, Vescovi delle Filippine, in particolare in occasione delle vostre visite “ad limina”, quando recate al Successore di Pietro la gioiosa testimonianza della fede del vostro popolo e della sua unione con la Sede Apostolica. Saluto voi, membri del primo gruppo di questa serie di visite, e attraverso voi tutti i fedeli delle Filippine: “La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito” (Ga 6,18).

Vedendovi qui, ricordo la meravigliosa esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù a Manila, svoltasi nel gennaio dello scorso anno. Non è stato solo il numero di giovani filippini presenti con tanto fervore a colpirmi. Sono rimaste infatti impresse nella mia memoria soprattutto la vitalità, la convinzione e l’entusiasmo con i quali tutta la comunità cattolica filippina ha professato il suo amore verso Dio e verso la Chiesa. Fin dal mio arrivo nelle Filippine ho desiderato incentrare il mio annuncio sulla “Buona Novella dell’amore e della misericordia di Dio, la Parola di verità, di giustizia e di pace che sola può ispirare una vita degna dei figli e delle figlie di Dio” e sulla “particolare vocazione” della Chiesa nelle Filippine “a recare la testimonianza del Vangelo nel cuore dell’Asia” (Giovanni Paolo II, Discorso all’arrivo nelle Filippine, 12 gennaio 1995, n. 6 e n. 7: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 1 (1995) 87). Con le parole e con l’atteggiamento i cattolici filippini hanno dimostrato di essere pronti a seguire questa vocazione in risposta all’amore di Dio e che lo avrebbero fatto con “nuova luce, nuovo amore, nuovo impegno a soddisfare le grandi necessità dell’umanità” (Ivi, n. 6).

2. Sì, senza dubbio la Chiesa nel vostro Paese, in tutte le vostre isole, è vibrante, forte e piena di vita. Come la giovane sposa dell’Apocalisse, essa ha piena fiducia nella fedeltà incrollabile del suo Signore e Salvatore; essa mantiene la promessa di amore e di vita: “Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché sono giunte le nozze dell’Agnello; la sua sposa è pronta” (Ap 19,7). Quali sono i segni di questa vitalità spirituale dei giovani? In primo luogo, il ministero fedele dei vostri amati collaboratori, i sacerdoti, impegnati a realizzare la propria identità sacerdotale nel generoso servizio al Popolo di Dio. Essi traggono forza dalla loro configurazione sacramentale a Cristo, il “Sommo Sacerdote” (He 4,14), del quale sperimentano l’amicizia nella preghiera personale e nella celebrazione liturgica. Anche i vostri seminaristi sono un segno certo di speranza per il futuro. Essi guardano a voi per quella solida formazione che li condurrà allo “stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo” (Ep 4,13). E che dire dei numerosi religiosi, uomini e donne? Il loro insostituibile contributo all’evangelizzazione delle Filippine è parte essenziale della vostra storia e continua ancora oggi attraverso gli sforzi che le vostre Chiese particolari compiono per mostrare il volto autentico di Cristo in tutte le forme del servizio ecclesiale. Un particolare segno di vitalità è la crescente partecipazione del laicato alla missione della Chiesa. Potete contare sempre più sulla loro attiva e feconda collaborazione nell’affrontare la vastità delle sfide della nuova evangelizzazione e dello sviluppo umano integrale, che formano il contesto in cui si svolge l’azione della Chiesa nell’avvicinarsi al prossimo millennio cristiano.

Poiché voi, Vescovi, rivestite un ruolo unico e fondamentale nell’affrontare tali sfide, desidero invitarvi a essere serenamente fiduciosi nel Signore, il “pastore supremo” (1P 5,4), che non abbandona mai il suo gregge. Di qualunque tipo siano le difficoltà che sorgono col mutare dei tempi e delle circostanze, Egli è presente con la sua grazia e con la forza della sua Parola per guidare e sostenere il vostro ministero e il vostro servizio. Infatti, il Signore “nel suo corpo, che è la Chiesa, continuamente dispensa i doni dei ministeri, grazie ai quali, per sua virtù, noi ci rendiamo vicendevole servizio in ordine alla salvezza, affinché facendo la verità nella carità noi andiamo in tutte le cose crescendo verso colui che è il nostro capo” (Lumen gentium LG 7). In quanto Vescovi avete la responsabilità di discernere e di giudicare i doni e i carismi, ma soprattutto di incoraggiare la loro crescita a beneficio di tutti, e di armonizzarli in un grande coro di lode a Dio. Questo è il senso più autentico della comunione dei discepoli che il Secondo Concilio Plenario delle Filippine ha stabilito come meta della vostra attività e pianificazione pastorali.

230 3. Con i vostri Fratelli Vescovi nel resto del Paese e rispondendo all’esortazione del Concilio Vaticano II e del vostro Secondo Concilio Plenario, state operando per trasmettere un maggiore senso di comunione e di missione, una consapevolezza nei fedeli di far parte, condividendola, di una realtà, il Corpo di Cristo, che li trascende e tuttavia li comprende, dipende da loro e li rende responsabili del suo presente e del suo futuro. In questa comunione, i Vescovi sono, come è sempre stato, Fratelli più anziani. A noi, Successori degli Apostoli, è stato affidato principalmente il compito di evangelizzare e di insegnare affinché tutti possano ottenere la salvezza attraverso la fede, il battesimo e l’obbedienza ai comandamenti (cf. Lumen gentium LG 24). Siamo chiamati a rivestire questo ruolo e a esercitare questa autorità, non con orgoglio o basandoci solo sulle nostre forze, ma con amore e umile obbedienza alla verità, in quanto “servi dei servi del Signore” (Sant’Agostino, Epistola 217: Ml 33,122). In effetti, come ci ricorda il Concilio Vaticano II “questo ufficio che il Signore ha affidato ai pastori è un vero servizio, che nella sacra scrittura è chiamato significativamente "diaconia" o ministero” (Lumen gentium LG 24). La vostra visita “ad limina” vi dà l’eccellente opportunità di riaffermare e rafforzare quell’impegno interiore e quella pronta disponibilità che quotidianamente ispirano la vostra preghiera, la vostra attività e i vostri sforzi a nome delle diocesi a voi affidate. Sapete che il modo in cui voi stessi accogliete la grazia di Dio influenza il cammino del popolo di Dio “fatto uno nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (San Cipriano, De orat. Dom., 23: PL 4,553; cf. Lumen gentium LG 4).

La Costituzione conciliare Lumen gentium fonda il vincolo fra Pastori e fedeli su una profonda base teologica, come parte del disegno divino per la Chiesa, come espressione della loro comune dignità derivante dalla loro rinascita in Cristo: “La distinzione infatti posta dal Signore tra i sacri ministri e il resto del popolo di Dio include l’unione, essendo i pastori e gli altri fedeli legati tra loro da un comune necessario . . . la stessa diversità di grazie, di servizi e di attività raccoglie in un solo corpo i figli di Dio, dato che “tutte queste cose opera un unico e medesimo Spirito”” (Lumen gentium LG 32). Voi, Pastori, dite ai fedeli: sì, abbiamo ricevuto da Cristo un ministero di orientamento spirituale, di insegnamento e di guida, ma anche questo è un servizio all’intero Corpo; la nostra è “una gerarchia di servizio e non di eccellenza cristiana” (cf. Secondo Concilio Plenario delle Filippine, Documento, n. 96). In altre parole, è come se diceste ai fedeli: nessuno ha un ruolo meramente passivo, il contributo di ogni individuo e di ogni famiglia è essenziale; Cristo ha bisogno di tutti voi. Con l’aiuto dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici impegnati state orientando i vostri sforzi pastorali in modo da trasformare il concetto evangelico di comunione in una realtà quotidiana in tutte le comunità locali.

4. In questo grande sforzo pastorale, una delle vostre priorità è la diffusione e il rafforzamento delle comunità ecclesiali di base così come la formazione dei loro responsabili. Siete consapevoli del grande potenziale di queste comunità, ma anche della sfida che implicano. Un testo fondamentale del Magistero a questo proposito è l’Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi del mio Predecessore Papa Paolo VI, che vi esorto a leggere di tanto in tanto perché ricordiate che un tale approccio pastorale è valido soltanto se questi gruppi sorgono all’interno della Chiesa per unirvisi e per promuoverla, solidali con la sua vita, nutriti del suo insegnamento, uniti ai suoi pastori (cf. Paolo VI, Evangelii nuntiandi EN 58).

Creando un vincolo più profondo fra i loro membri, un vincolo sostenuto soprattutto dalla vita sacramentale e liturgica della Chiesa, queste comunità fraterne divengono il lievito della vita cristiana, della sollecitudine verso i poveri, i bisognosi e gli emarginati e dell’impegno per la trasformazione sociale. Considerate queste comunità come strumenti per insegnare i principi della fede attraverso una catechesi che sia intimamente legata a reali situazioni di vita e quindi come mezzi efficaci per tutelare la comunità dagli attacchi del fondamentalismo. Esse servono anche a orientare la devozione popolare nella giusta direzione, conferendole un solido fondamento biblico e teologico. In molte delle vostre diocesi avete osservato che attraverso le comunità ecclesiali di base gli insegnamenti del Magistero, le Lettere Pastorali della Conferenza Episcopale e i documenti del secondo Concilio plenario delle Filippine vengono trasmessi più facilmente al livello base delle comunità parrocchiali.

5. Come Paolo VI ha riconosciuto, queste comunità diventeranno una speranza per la Chiesa universale se ricercheranno il loro alimento nella Parola di Dio, non si lasceranno imprigionare dalla polarizzazione politica o dalle ideologie di moda ed eviteranno di cedere alla tentazione della contestazione sistematica e dello spirito ipercritico col pretesto dell’autenticità. È essenziale che esse rimangano fermamente attaccate alla Chiesa particolare alla quale appartengono e alla Chiesa universale, scongiurando in tal modo il pericolo di chiudersi in se stesse fino ad anatemizzare le altre comunità ecclesiali (cf. Evangelii nuntiandi EN 58).

Se l’esperienza delle comunità ecclesiali di base riuscirà a promuovere una più profonda, fraterna e concreta testimonianza di vita cristiana e di solidarietà, allora ne deriverà una nuova immagine della Chiesa, l’immagine di una comunità attiva e responsabile in grado di rispecchiare veramente il modello offerto dai primi cristiani di Gerusalemme così come descritto negli Atti degli Apostoli. Allo stesso tempo, l’attività pastorale, in particolare nelle parrocchie, non può trascurare la maggioranza che non partecipa e quanti sono negligenti o si sono allontanati. La Chiesa è anche la casa dei peccatori, di coloro che dubitano o hanno bisogno di incoraggiamento. Essa non deve diventare il dominio esclusivo di un ristretto gruppo di membri impegnati.

6. I Pastori della Chiesa hanno il dovere di correggere le tendenze centrifughe che portano alla frammentazione e alla divisione. Infatti, nell’ambito della comunità cristiana il Vescovo è il centro dell’unità, fatto questo illustrato dalle seguenti incisive parole del Concilio: “I fedeli devono aderire al Vescovo come la Chiesa a Gesù Cristo e come Gesù Cristo al Padre, affinché tutte le cose siano d’accordo nell’unità, e crescano per la gloria di Dio” (Lumen gentium LG 27). In tutti i modi possibili il Vescovo deve operare per l’unione fra i sacerdoti, i religiosi e i laici, armonia basata soprattutto sui principi della fede ed espressa in particolare nell’unità del popolo di Dio intorno all’Altare del Sacrificio. Egli deve istruire, tutelare e difendere la parte dell’eredità del Signore affidata alla sua sollecitudine, sapendo che la pace è anche il risultato di un accurato e vasto programma di catechesi che illumina e rafforza le coscienze per le scelte responsabili che devono essere compiute anche nell’ambito di questioni civili e sociali.

Tutti i membri della Chiesa, in quanto cittadini attivi e responsabili, sono chiamati a essere edificatori di pace nella società, e questo compito è tanto più urgente laddove le differenze religiose, culturali o sociali generano tensioni. Alcune delle vostre diocesi non sono immuni da una certa instabilità e da una certa violenza. Ovunque la Chiesa prega e opera per la pace sociale basata principalmente sul rispetto per i diritti fondamentali delle persone, a cominciare dal diritto essenziale alla libertà di religione e di coscienza. Per sua stessa natura, l’opera volta all’edificazione della pace richiede un dialogo sincero e costruttivo da parte di tutti coloro che vi si impegnano. La pace può essere raggiunta soltanto se il bene integrale di tutta la società è l’obiettivo principale di tutti. In occasione della mia visita nelle Filippine del Sud, nel 1981, ho avuto il piacere di incontrare i membri della comunità musulmana e di incoraggiare il dialogo che si stava svolgendo e che, nonostante le difficoltà, è continuato. Ciò che è stato detto allora è valido anche oggi: “La società non può portare ai cittadini la felicità che aspettano senza che la società stessa sia costruita sul dialogo. Il dialogo, a sua volta, si costruisce sulla fiducia e la fiducia presuppone non solo la giustizia, ma la misericordia” (Giovanni Paolo II, Discorso ai rappresentanti della Comunità musulmana, Davao, 20 febbraio 1981, n. 4: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IV, 1 (1981) 425). Come voi stessi avete scritto: “Il cammino verso la pace è il cammino di persone di diverse fedi, persone che pregano lo stesso Dio Onnipotente il quale a gloria della pace suscita nei nostri cuori il rispetto e la fiducia reciproci, l’amore per la giustizia, per la verità e per la libertà, che sono le colonne portanti di un edificio di pace” (Conferenza Episcopale delle Filippine, LXXIII Assemblea Plenaria, 8 luglio 1996). Che Dio benedica gli sforzi che compite nel costruire questo edificio di pace nel vostro Paese!

7. Nel 1995, a Manila, ho esortato i Vescovi a promuovere la forza liberatrice del Vangelo per poter affrontare le sfide pastorali a cui vi trovate di fronte (cf. Giovanni Paolo II, Incontro con i Vescovi delle Filippine, 14 gennaio 1995, n. 5: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 1 (1995) 110). È infatti l’obbedienza alla fede a gloria del nome di Cristo (cf. Rm Rm 1,5) l’ultima e definitiva risposta ai problemi dell’uomo e al compimento delle sue aspirazioni. Nell’ambito della nostra preparazione al Giubileo dell’Anno 2000, dedicheremo il prossimo anno alla riflessione su Cristo, Verbo di Dio, fattosi uomo per opera dello Spirito Santo (cf. Giovanni Polo II, Tertio Millennio adveniente TMA 40). È mio ardente desiderio che conduciate il Popolo di Dio a “una riscoperta di Cristo Salvatore e Evangelizzatore. . .” e a “un approfondimento del mistero della sua Incarnazione” (Ivi). Avvicinandovi sempre più a Cristo, voi e il vostro Popolo berrete alla fonte vera della salvezza e della speranza. “Proteso verso il futuro, corro verso la meta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù” (Ph 3,13-14). Che il Signore vi guidi e vi sostenga. Che la Madre del Redentore interceda per l’amato popolo filippino. Con la mia Benedizione Apostolica.


GP2 Discorsi 1996 225