GP2 Discorsi 1996 230


AGLI UFFICIALI E SOTTUFFICIALI DEL 31° STORMO


DELL'AERONAUTICA MILITARE ITALIANA


Castel Gandolfo - Domenica, 29 settembre 1996




1. Sono lieto di ritrovarmi con voi e con i vostri familiari, carissimi Ufficiali e Sottufficiali del 31° Stormo dell’Aeronautica Militare Italiana, al termine del mio annuale soggiorno a Castel Gandolfo. Vi saluto tutti con stima e cordialità. Ringrazio, in particolare, il Colonnello Vincenzo Parma per le amabili parole con cui ha interpretato i vostri sentimenti.

231 A ciascuno di voi, carissimi, io debbo un “grazie” speciale, per l’impegno, la precisione e la cortesia con cui mi assistete negli spostamenti aerei richiesti dalla mia missione apostolica in Italia e nel tragitto tra il Vaticano e Castel Gandolfo.

Per esprimere la mia riconoscenza ed il mio apprezzamento, anche quest’anno ho insignito alcuni tra voi di Onorificenze pontificie. Conservatele come pegno della mia personale stima, e vi sarò grato se esse susciteranno in voi una preghiera per il Papa.

2. Permettetemi ora di aggiungere un pensiero, a commento di questa meritata consuetudine: un pensiero di esortazione a coltivare la dimensione spirituale, alla quale in qualche modo richiama il vostro lavoro, la cui caratteristica è quella di collegare la terra e il cielo. Non è forse vero che l’uomo di oggi ha nostalgia del “cielo”, nostalgia dell’Assoluto? La società tecnologica, con i suoi ritmi e il suo habitat sempre più artificiali, rischia di soffocare questa dimensione genuinamente umana, oltre che tipicamente cristiana.

Proprio per questo è necessario impegnarsi a mantenere aperto e attento il proprio cuore a ciò che il cielo rappresenta, cioè a Dio. Non per evadere dalla realtà e dai suoi problemi, ma per “ossigenare” lo spirito e permettergli di affrontare la vita secondo la prospettiva di Dio. Coltivare la dimensione spirituale sia personalmente che in ambito familiare, facendo spazio al silenzio, alla preghiera, al dialogo, ai momenti forti dell’Eucaristia domenicale e della Riconciliazione sacramentale, ecco ciò che consente di “volare” sempre più in alto, verso Dio, che è vita, amore e pace senza fine.

Nell’invocare la Sua continua assistenza su voi e sui vostri cari, a tutti imparto la mia Benedizione.



SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AL PERSONALE DELLE VILLE PONTIFICIE


Castel Gandolfo - Lunedì, 30 settembre 1996




Carissimi Fratelli e Sorelle!

È giunto anche quest’anno il momento di salutarci. Prima di lasciare Castel Gandolfo, sono lieto di soffermarmi qualche momento con voi, che fate parte della “famiglia estiva” del Papa, per ringraziarvi. Sono riconoscente a tutti per le varie mansioni svolte, e specialmente per lo spirito che anima il vostro quotidiano servizio. Ringrazio cordialmente il Direttore, Dottor Saverio Petrillo, per le gentili parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Lo ringrazio per la premura con cui si adopera, insieme a tutto il personale, perché questo Palazzo e le Ville Pontificie siano sempre più belli e funzionali. Il Signore ricompensi ciascuno di voi e protegga voi e le vostre famiglie.


Sono certo che, come sempre, anche quest’estate mi avete seguito con la vostra preghiera durante i miei Viaggi apostolici in Ungheria ed in Francia, e lo svolgimento degli altri impegni che anche qui mi hanno accompagnato. Vi sono grato anche per questo. Continuate ad offrire a tutti la testimonianza della vostra fede: in famiglia, sul lavoro, tra gli amici. È là dove il Signore ci ha posto che siamo tenuti a rendere con coraggio e semplicità la nostra testimonianza a Cristo Signore.


Ecco, carissimi, l’impegno di ogni giorno, per tutti i giorni. Con l’augurio di vivere sempre così, vi affido alla Madonna e vi benedico di cuore.

Ottobre 1996


SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AL SINDACO, ALLA GIUNTA E AL CONSIGLIO


COMUNALE DI CASTEL GANDOLFO


Martedì, 1° ottobre 1996




Signor Sindaco!
232 Cari rappresentanti dell’Amministrazione cittadina!

Sono lieto di questo incontro che mi consente di esprimervi la mia gratitudine per la cortese ospitalità che mi è stata offerta anche quest’anno, assicurandomi un periodo di serena e ricreante distensione.

Rivolgo il mio cordiale saluto anzitutto a Lei, Signor Sindaco, e La ringrazio per le gentili parole rivoltemi a nome di tutti i presenti. Saluto, inoltre, voi, Membri del Consiglio comunale e della Giunta, dal cui impegno dipende l’ordinato svolgimento della convivenza e il progressivo miglioramento delle condizioni di vita della cittadinanza.

Il soggiorno a Castel Gandolfo, così bello nel clima e così cordiale nelle persone che ho avvicinate, è stato propizio anche per lo studio e per la riflessione. In queste settimane ho potuto preparare due viaggi apostolici - in Ungheria e in Francia - e ricevere molti pellegrini provenienti da ogni parte del mondo.

Vi sono grato per la collaborazione che indirettamente avete offerto a questa attività. Veramente il dono dell’ospitalità contraddistingue la cittadinanza, che dal privilegio di avere il Papa con sé pare aver tratto un proprio stile di cortesia e di signorilità nell’accoglienza dei visitatori e dei turisti, che merita lode ed incoraggiamento.

Chiedo al Signore che continui a vegliare su questa Città e sui suoi Amministratori, avvalorandone ogni buon proposito.

Con questi voti, imparto di cuore a voi, ai vostri cari, particolarmente alle vostre famiglie, e all’intera cittadinanza la mia Benedizione, quale segno di riconoscenza e di affetto.



SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AGLI AGENTI DELLA PUBBLICA SICUREZZA, DELLA POLIZIA


STRADALE E DELL'ARMA DEI CARABINIERI CHE HANNO


PRESTATO SERVIZIO A CASTEL GANDOLFO


Martedì, 1° ottobre 1996




Cari Agenti della Pubblica Sicurezza,
della Polizia Stradale e dell’Arma dei Carabinieri!

Al termine del mio soggiorno estivo a Castel Gandolfo, sono lieto di incontrarvi e di potervi esprimere un sentito ringraziamento per il vostro servizio.

233 Anche quest’anno sono stati numerosi i pellegrini che sono venuti a farmi visita alla Residenza estiva, specialmente nelle domeniche, in occasione della preghiera dell’Angelus. Ed è stato grazie al vostro impegno se questi appuntamenti tra il Papa e i fedeli hanno potuto svolgersi in modo proficuo, in un contesto di tranquillità e di sicurezza. Vi sono grato per questo servizio prezioso e per lo spirito con cui lo compite, andando a volte anche al di là di ciò che vi è richiesto per stretto dovere professionale. Vi confesso che, come Pastore, è questo l’aspetto che mi sta maggiormente a cuore: l’aspetto umano, spirituale. Lo dico pensando sia a voi stessi, sia alle persone che vi incontrano. Voi siete in buona parte giovani, in un’età nella quale matura l’impostazione delle fasi successive della vita. Ebbene, è proprio da questo impegno interiore che dipendono lo stile con cui si opera, il significato che si dà alle cose, le scelte morali che qualificano l’esistenza. Nell’augurarvi tante soddisfazioni nell’adempimento del vostro dovere, vi imparto con affetto la mia Benedizione, che estendo volentieri a tutti i vostri Cari.

DISCORSO DI GIOVANI PAOLO II


AI QUATTRO NUOVI AMBASCIATORI DEL GIAPPONE,


DELL'EGITTO, DELLA CINA E DEI PAESI BASSI IN OCCASIONE


DELLA PRESENTAZIONE DELLE LETTERE CREDENZIALI


Sala del Concistoro - Venerdì, 4 ottobre 1996




Eccellenze,

Sono lieto di accogliervi oggi e di ricevere le Lettere Credenziali che vi accreditano come Ambasciatori straordinari e plenipotenziari dei vostri rispettivi Paesi: il Giappone, l’Egitto, la Cina e i Paesi Bassi. Desidero rinnovare l’espressione della mia stima e della mia amicizia nei riguardi delle autorità delle vostre nazioni e dei vostri connazionali. Vi ringrazio vivamente per i messaggi cordiali che mi avete trasmesso da parte dei vostri rispettivi Capi di Stato. Vi sarei grato se esprimeste loro i miei deferenti saluti e i miei calorosi auguri per la loro persona e per la loro nobile missione al servizio dei propri connazionali.

Nel mondo attuale, più che mai, i vostri popoli sono apportatori di speranza e d’aspirazioni profonde, in particolare alla pace e al rispetto dei diritti dell’uomo. In modo legittimo, ognuno auspica di essere riconosciuto come persona, con la sua cultura e il suo cammino spirituale specifici, e allo stesso tempo come facente parte di un corpo sociale, nel quale può occupare il posto che gli corrisponde. Voi conoscete l’attaccamento e l’impegno permanente della Santa Sede a favore di un’intesa sempre più forte fra i popoli. La pace è il desiderio di vivere insieme, per il bene di tutti e soprattutto delle giovani generazioni, in vista delle quali dobbiamo preparare un futuro migliore. Coloro che oggi si adoperano per educare la gioventù nella convinzione che ogni uomo è nostro fratello e che pertanto merita attenzione e rispetto, costruiscono la pace. In questo spirito, l’educazione alla fraternità e ai valori umani, civici, morali e spirituali costituisce un contributo all’edificazione di una civiltà dell’amore, della quale noi tutti abbiamo bisogno alle soglie del terzo millennio. In quanto diplomatici, ne sono certo, siete particolarmente sensibili a questo aspetto della vita sociale.

Mentre iniziate la vostra missione, vi porgo i miei migliori auguri e invoco l’abbondanza delle Benedizioni divine su voi, sulle vostre famiglie, sui vostri collaboratori e sulle nazioni che rappresentate.




AL SECONDO GRUPPO DI VESCOVI DELLE FILIPPINE


IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Sabato, 5 ottobre 1996




Eminenza,
Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. Vi do il benvenuto, membri del secondo gruppo dei Vescovi filippini, in occasione della vostra visita “ad limina”.Vi saluto come “amati da Dio e santi per vocazione, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo” (Rm 1,7). I nostri incontri e la vostra preghiera sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo costituiscono un’espressione visibile e gioiosa dei vincoli di fraterna unità che lo Spirito Santo ha creato fra noi attraverso la nostra condivisione della pienezza del sacerdozio di Gesù Cristo. Prego affinché la vostra visita serva a incoraggiare ognuno di voi nel ministero che gli è stato affidato: quello di annunciare, in tutta la sua integrità e con tutta la forza delle sue esigenze, il mistero di Cristo, il Verbo incarnato, e di confermare e rafforzare il vostro popolo nella fede che conduce alla salvezza.

Dai vostri resoconti appare chiaro che la Chiesa nelle Filippine sta vivendo un periodo di rinnovato impegno. Nel 1991 avete celebrato il Secondo Concilio Plenario (PCP-II), i cui Decreti, rivisti e approvati dalla Santa Sede, offrono un programma valido e impegnativo per il vostro ministero pastorale nei prossimi anni. Si sono tenuti o vengono preparati molti concili regionali e provinciali, numerosi sinodi diocesani e molte assemblee pastorali quali mezzi efficaci per la realizzazione del Piano Pastorale Nazionale elaborato dal Concilio Plenario. Si è compiuto un grande sforzo e si è ottenuto molto. Tuttavia voi, Pastori, siete i primi a riconoscere che bisogna fare ancora molto di più nell’ambito del rinnovamento della vita sacerdotale e della formazione, dell’apostolato dei giovani, del maggiore coinvolgimento dei laici nella missione della Chiesa, del servizio verso i poveri: tutti questi settori costituiscono le priorità dei vostri sforzi pastorali. La vostra Conferenza svolge un ruolo vitale nell’organizzazione e nella promozione del programma di evangelizzazione e di rinnovamento che il PCP-II vi ha proposto. Tuttavia è anche vero che saranno soprattutto l’impegno personale e la guida pastorale di ognuno di voi nelle vostre Chiese particolari a permettere alla grazia di Dio di fiorire e prosperare.

234 2. Ovunque nel vostro Paese vi sono segni della devozione e delle ricche tradizioni religiose del popolo filippino. Le vostre chiese e i vostri santuari, le vostre solennità e le vostre feste sono espressione di un approccio spontaneo e fiducioso alle Persone della Santissima Trinità, ai Santi e in particolare alla Madre del Salvatore, onorata e invocata con nomi che sottolineano il suo ruolo materno e il suo esempio di sequela di Cristo. La devozione al Santo Niño è una caratteristica nota della religiosità popolare nel vostro Paese. Ricordo vivamente l’intronizzazione dell’immagine di Nostra Signora di Antipolo alla vigilia della Decima Giornata Mondiale della Gioventù! Tutto ciò costituisce un tesoro di fede e di pietà che deve essere custodito e trasmesso a tutte le nuove generazioni. Se qualche aspetto di questa pietà popolare deve essere purificato da elementi che non sono in sintonia con i principi di fede, ciò deve essere fatto gradualmente, attraverso un’istruzione e una catechesi solide volte a infondere sentimenti religiosi e a suscitare un coinvolgimento esteriore con un autentico senso di conversione interiore.

3. Questo ci porta a riflettere sulla figura del Vescovo quale maestro di fede nella propria Diocesi. I Vescovi sono “i dottori autentici, cioè rivestiti dell’autorità di Cristo” (Lumen gentium
LG 25). In un certo senso questo è il vostro compito principale, poiché è dalla predicazione di coloro che sono stati mandati che è nata la comunità dei credenti: “E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati” (Rm 10,14-15). Abbiamo ricevuto l’investitura sacramentale che ci distingue come Successori degli Apostoli. A noi è stato affidato il deposito della fede, insieme al dovere di serbarlo intatto e di difenderlo contro tutte le minacce. Dobbiamo continuamente esaminarci riguardo la nostra fedeltà alle verità della fede che sono state trasmesse e il modo in cui svolgiamo il mandato divino di tramandarle. L’ammonizione di San Paolo a Timoteo è applicabile direttamente a ognuno di noi: “Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo salverai te stesso e coloro che ti ascoltano” (1Tm 4,16). Fin dal momento della mia ordinazione episcopale ho sempre considerato nel mio cuore e nelle mie opere questo dovere come prioritario. In seguito, nella mia prima Lettera Enciclica, Redemptor hominis, ho scritto: “la responsabilità per tale verità significa anche amarla e cercarne la più esatta comprensione, in modo da renderla più vicina a noi stessi e agli altri in tutta la sua forza salvifica” (n. 19). I Vescovi sono chiamati a crescere, attraverso lo studio e la preghiera personali, in intimità con lo Spirito Santo per essere in grado di assimilare e comunicare il contenuto pieno del messaggio cristiano: “Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Jn 14,26).

4. Il dovere di trasmettere la fede spetta in maniera particolare al Vescovo che in questo non può essere sostituito, sebbene tutti possano e debbano cooperare con lui e condividere questa missione a diversi livelli. Il buon Pastore saprà come considerare e incoraggiare la collaborazione attiva di tutti: sacerdoti, religiosi e catechisti. Egli garantirà che le risorse e il personale vengano impegnati nello studio e nell’insegnamento della teologia e della catechesi, e nell’evangelizzazione in tutte le sue forme, incluso l’uso dei mezzi di comunicazione sociale. In questa grande responsabilità, personale e collettiva, di trasmettere il contenuto pieno della fede, ogni membro della Chiesa ha un ruolo da svolgere. Tuttavia il ruolo e la responsabilità del Vescovo sono originali e particolari. Dove necessario, esorterà i fedeli a ricordare che “spetta in particolare al Vescovo custodire e interpretare nelle Chiese particolari la Parola di Dio e giudicare in maniera autorevole ciò che è o meno in accordo con essa” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione sulla vocazione ecclesiale dei Teologi, n. 19).

È vero che lo Spirito Santo distribuisce i suoi doni di sapienza e di grazia senza distinzioni: “Lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che l’invocano” (Rm 10,12), e che la maggior parte delle volte lo fa in maniera tranquilla e nascosta, guidando le anime verso una profonda unione con la volontà di Dio, tuttavia a volte può sembrare che i suoi doni abbiano un effetto più visibile e incisivo sulle vite di alcuni individui o di certe comunità. Più evidenti sono i doni, maggiore è il discernimento richiesto ai Pastori, per non indurre in errore anche gli eletti (cf. Mt Mt 24,24). Lo Spirito Santo che distribuisce i suoi doni è lo stesso Spirito che ha ispirato le Scritture e che assiste il Magistero della Chiesa al quale è affidata l’interpretazione autentica di tali Scritture (cf. Dei Verbum DV 12).

5. Per affrontare le sfide del mondo che si approssima al nuovo millennio in una condizione di diffusa incertezza spirituale e culturale, la Chiesa nelle Filippine, come in ogni altro luogo, si trova di fronte alla grande sfida del rafforzamento della catechesi a tutti i livelli. Tutte le altre forme di apostolato e di servizio trarranno beneficio da una cultura cattolica sempre più chiara. Milioni di bambini e di giovani hanno bisogno di venire istruiti sui principi basilari della fede, se devono diventare membri impegnati della comunità ecclesiale. I genitori hanno bisogno di essere aiutati nello svolgimento del compito di educatori primari seguendo le vie di Dio. Anche le persone istruite spesso hanno bisogno di aiuto per impostare la propria esistenza e viverla pienamente di fronte alla complessità della vita moderna e delle molteplici concezioni e opinioni che vengono espresse. Come può un Vescovo rispondere a tali sfide? La sua preoccupazione immediata sarà quella di garantire che i propri sacerdoti ricevano una solida formazione umana, spirituale, teologica e pastorale, poiché quando i sacerdoti sono in grado di trasmettere con sicurezza e convinzione il contenuto della fede, la fides quae creditur il loro ministero sortisce effetti duraturi sulla formazione delle coscienze e sull’animazione dell’apostolato: “più si sviluppa l’apostolato dei laici e più fortemente viene percepito il bisogno di avere dei sacerdoti che siano ben formati” (Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis PDV 3).

Negli ultimi anni avete compiuto grandi sforzi per migliorare la formazione sacerdotale. Il fine dei responsabili dei seminari deve essere quello di offrire “un’atmosfera che favorisce e assicura un processo formativo così che colui che è chiamato da Dio al sacerdozio possa divenire, con il sacramento dell’Ordine, un’immagine vivente di Gesù Cristo Capo e Pastore della Chiesa” (Ivi, 42). La vostra Conferenza dovrebbe esaminare la situazione al fine di superare le disparità regionali nella formazione dei sacerdoti, cercando di elevare il livello educativo di tutti i seminari attraverso uno scambio maggiore di personale fra le Diocesi e fra le congregazioni religiose. Il ruolo dei Superiori, dei direttori spirituali e degli educatori è talmente importante per la crescita e il benessere futuri di tutta la comunità ecclesiale che nessun Vescovo dovrebbe esitare a impiegare personale e risorse nel compimento di quest’opera.

6. In quanto primi responsabili della vita della Chiesa nelle vostre Diocesi, avete anche doveri riguardanti la solida formazione dei membri degli Istituti religiosi sia degli uomini sia delle donne. Nel rispetto dell’autonomia interna di tali comunità, come previsto dal Diritto ecclesiastico o da una particolare legislazione, la vostra personale vicinanza e il vostro sostegno possono fare molto per rafforzare le donne e gli uomini consacrati nella loro specifica vocazione di servire Cristo e il suo Regno attraverso la testimonianza dei consigli evangelici. Vi incoraggio di cuore a intensificare il dialogo fra la Conferenza episcopale e le conferenze dei Superiori Maggiori, in particolare laddove è necessario eliminare qualsiasi tipo di disorientamento teologico nelle persone e nei gruppi consacrati, o laddove un abbassamento del tenore della vita spirituale e comunitaria ha portato a una perdita di identità, a un indebolimento della testimonianza pubblica della vita consacrata nella società o a una noncuranza dell’autentico carattere carismatico e sacrificale della consacrazione. I religiosi sono chiamati a rappresentare nella Chiesa e nel mondo Cristo obbediente, casto e povero. Tutto ciò che fate per sostenerli in questa splendida ma esigente vocazione si tradurrà in abbondanti benedizioni sulle vostre Chiese particolari.

7. Anche se non è possibile, né necessario, che io menzioni tutti gli aspetti del vostro ministero, desidero confermarvi nell’impegno che avete ripetutamente mostrato nella sollecitudine verso i lavoratori migranti. La vostra Lettera Pastorale Conforta il mio popolo, confortalo, per menzionare soltanto una delle più recenti, affronta direttamente questo grande problema e richiama l’attenzione sulle sofferenze di molti migranti filippini, sui bisogni delle loro famiglie rimaste nel Paese e sul dovere della comunità ecclesiale di aiutare queste persone ovunque vadano. Un’identificazione generosa e amorevole dei Vescovi, dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici con il Buon Samaritano permetterà alla Chiesa nelle Filippine di ampliare i propri sforzi in tale direzione.

Un altro ambito della vostra missione è quello delle popolazioni tribali concentrate in alcune zone del vostro Paese. Il loro stile di vita sta subendo profondi cambiamenti, non tutti positivi, dovuti non da ultimo al fatto che la deforestazione industriale sta distruggendo il loro ambiente naturale. Questa pressione, esercitata sulla loro cultura tradizionale, le rende vulnerabili a varie forme di fondamentalismo e ciò dovrebbe impegnare tutta la Chiesa nelle Filippine. Un programma di sviluppo umano e di evangelizzazione, rispettoso di tutti i valori presenti nelle culture di quei popoli, costituisce un’altra delle sfide che richiedono generosità e zelo da parte dei sacerdoti, dei religiosi e dei volontari laici. Affido alla vostra collettiva sollecitudine pastorale l’opera della Commissione sui Filippini Tribali, patrocinata dalla vostra Conferenza, affinché gli aspetti sociali dell’approccio a questi gruppi siano accompagnati da un’evangelizzazione seria e fiduciosa.

8. Cari Fratelli nell’Episcopato, nel riflettere con voi sul vostro ministero di Successori degli Apostoli, il mio scopo è stato soprattutto quello di incoraggiare la vostra fedeltà al Signore e di esortarvi a riporre fiducia nella forza dello Spirito Santo, attraverso il quale abbondate nella speranza (cf. Rm Rm 15,13). Non rifuggite dal duro lavoro che avete di fronte, lavoro spesso reso più difficile da ostacoli e da difficoltà, poiché, come ci ricorda san Paolo, “in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati” (Rm 8,37). Tutto è possibile con l’aiuto di Dio. Prego affinché grazie ai vostri sforzi e al vostro insegnamento tutta la Chiesa nelle Filippine divenga piena della forza di Dio, e affinché sotto la vostra guida la comunità cattolica sia instancabile nell’edificare una civiltà di verità e di amore. Affido voi e tutti i fedeli all’amorevole intercessione della Madre del Redentore e come pegno del mio affetto imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.


AI PELLEGRINI APPARTENENTI AI GRUPPI DI PREGHIERA DI


PADRE PIO NEL 40° ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE DELL'OPERA


Sabato, 5 ottobre 1996




235 Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio!
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di incontrarvi e di rivolgere a ciascuno di voi il mio cordiale saluto. Ringrazio, in particolare il Cardinale Segretario di Stato che ha voluto celebrare la Messa per i vostri Gruppi. Ringrazio anche Monsignor Riccardo Ruotolo, che ha voluto manifestarmi i vostri sentimenti e mi ha illustrato il significato dell’odierno vostro pellegrinaggio.

Siete convenuti numerosi a Roma, presso le Tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, per celebrare i quarant’anni dell’Opera di Padre Pio da Pietrelcina, la “Casa Sollievo della Sofferenza”, che egli inaugurò a San Giovanni Rotondo nel maggio 1956. Dieci anni fa, poi, vi è stata l’approvazione dello Statuto dei Gruppi di Preghiera, ed anche questo voi oggi volete ricordare con riconoscenza verso il Signore.

Mi unisco volentieri alla vostra gioia, che si è fatta poc’anzi azione di grazie nella Santa Messa presieduta dal mio più stretto collaboratore, il Cardinale Segretario di Stato Angelo Sodano. La partecipazione all’unico Pane di vita rafforzi il vostro impegno di comunione tra voi e con i vostri Vescovi così che, fatti un cuore solo ed un’anima sola, possiate offrire un sacrificio spirituale gradito a Dio, a lode della sua gloria.

2. Nella ricorrenza decennale dell’approvazione dei vostri Statuti, carissimi Fratelli e Sorelle, è doveroso sottolineare la rilevanza che, nel pensiero di Padre Pio, ebbe sempre la preghiera. Da lui voi avete ereditato la convinzione che il primo, indispensabile mezzo per la dilatazione del Regno di Dio nelle anime è la preghiera. Siate degni custodi di tale eredità! Siatelo in modo particolare in questi anni che ci preparano al Grande Giubileo del Duemila.

Coltivate sia la preghiera personale, nutrita di Parola di Dio, sia quella comunitaria, sempre in sintonia con il “respiro orante” della Chiesa, che si esprime nella Liturgia. Come per Padre Pio, anche per voi i due cardini della vita spirituale siano i sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione: la Messa e la Confessione sono il tramite privilegiato del dinamismo pasquale, che scaturisce dalla potenza del sacrificio di Cristo.

3. Tale dinamismo non mancherà di tradursi in fattivo amore verso i fratelli, specialmente verso quelli che sono nella sofferenza e nel bisogno. Anche in questo Padre Pio vi è di esempio. Dall’intenso rapporto con Dio scaturiva in lui quasi naturalmente lo slancio di carità verso il prossimo. E le persone ricorrevano a lui sempre più numerose per cercare aiuto e conforto nelle necessità fisiche e spirituali. Segno permanente dell’attenzione di Padre Pio verso i malati è la “Casa Sollievo della Sofferenza”, della quale ricordiamo i primi 40 anni di apprezzata attività ospedaliera.

Nello stesso titolo dato da Padre Pio all’Opera è indicata la sua caratteristica fondamentale: offrire le necessarie cure mediche, animandole con la carità e la solidarietà cristiana. È l’atteggiamento di chi sa di servire nell’ammalato la misteriosa presenza del Cristo sofferente.

Questa visione di fede non portava, tuttavia, Padre Pio a sottovalutare le risorse che la scienza medica e le moderne tecnologie terapeutiche mettono oggi a disposizione degli operatori sanitari. Egli volle che la “Casa Sollievo della Sofferenza” diventasse un “tempio di preghiera e di scienza” (Padre Pio, Discorso nel primo anniversario dell’inaugurazione, 5 maggio 1957).

Questa impostazione rimane ancora oggi ben radicata nell’Opera, che offre un qualificato servizio a quanti si rivolgono ad essa con fiducia. Auspico che su questa strada essa continui anche in futuro. Nell’attuale società, dove la tecnologia occupa spazi sempre maggiori, talora a scapito purtroppo del pieno rispetto della dignità della persona umana, la “Casa Sollievo della Sofferenza”, fondata dall’umile Cappuccino di Pietrelcina, sta a mostrare che scienza e fede possono e devono concorrere insieme al bene integrale della persona umana.

236 4. Carissimi Fratelli e Sorelle, in Padre Pio voi giustamente ammirate un convinto servitore della Chiesa.Sulle orme di San Francesco e delle migliori tradizioni dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, egli rimase fedele alla sua scelta di obbedienza alle Autorità ecclesiastiche anche nei momenti bui della prova e della solitudine. Volle che i suoi figli spirituali conservassero intatta questa integrità evangelica, vissuta nel seno della Chiesa. È quanto viene indicato nello Statuto dei Gruppi di Preghiera, al quale ha fatto opportunamente riferimento poc’anzi Mons. Riccardo Ruotolo.

A questo proposito, mi piace ribadire ciò che ho avuto modo di dire alcuni anni fa, in occasione dell’Udienza ai pellegrini delle Diocesi della Capitanata: “L’entrata in vigore del nuovo Statuto permette ora ai Gruppi di avere una direttiva sicura, che guida gli aderenti nella loro spiritualità e nella partecipazione alla vita parrocchiale e diocesana. Strettamente uniti al Magistero autentico della Chiesa ed alle indicazioni del proprio Vescovo, i Gruppi di preghiera possono ora realizzare meglio la loro formazione personale nella vita liturgica e pastorale e nell’esercizio della carità verso il prossimo” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 1 [1988] 1070).

Rinnovo oggi a ciascuno di voi l’invito ad imitare lo spirito ecclesiale dell’amato Padre, approfondendo la comunione coi vostri Pastori, partecipando attivamente alle iniziative delle Comunità parrocchiali e diocesane ed offrendo il vostro apprezzato contributo di preghiera, di carità e di testimonianza evangelica alla vita delle Diocesi di cui siete parte.

Maria Santissima vegli con materna sollecitudine su voi e sulla vostra Opera, perché siate sempre disponibili alla grazia divina e cresciate come persone di preghiera, di carità e di comunione ecclesiale.

Con tali sentimenti imparto di cuore a voi qui presenti ed alla Casa Sollievo della Sofferenza, come pure ai Religiosi, alle Religiose, al Personale medico e paramedico che vi opera ed a tutti i malati la mia affettuosa Benedizione.

SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AI FEDELI DOPO LA RECITA DEL ROSARIO


Aula Paolo VI - Sabato, 5 ottobre 1996




Rivolgo un saluto cordiale a tutti voi, che avete preso parte alla recita del Rosario in questo primo sabato di ottobre, mese nel quale è tradizione invocare Maria come Regina del Santo Rosario. Il mio pensiero si estende a quanti si sono uniti a noi nella preghiera, mediante la radio e la televisione: penso alle famiglie, agli anziani, che hanno tanto caro il Rosario, ma anche ai giovani che pare lo vadano riscoprendo. Ricordo in modo speciale e saluto con affetto gli ammalati e quanti sono provati nel corpo e nello spirito.

Desidero salutare cordialmente anche le partecipanti al Capitolo Generale delle Sorelle dei Poveri di Santa Caterina.

A tutti imparto l’Apostolica Benedizione.

Sono lieto della presenza dei Pellegrini giunti dalla Polonia per l’odierna preghiera del Santo Rosario nel primo sabato d’ottobre. Vi saluto cordialmente insieme ai Vescovi qui presenti, ai sacerdoti, alle suore e a tutti coloro che si sono uniti con noi in Polonia per mezzo della radio.

Saluto anche il gruppo qui presente degli “Scouts” venuti dalla Polonia.

SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


ALLE MIGLIAIA DI PEELEGRINI DELLE


DIOCESI DI BRINDISI -OSTUNI E DI UDINE


237
Piazza San Pietro - Sabato, 26 ottobre 1996




1. Saluto con affetto il folto gruppo di pellegrini della Diocesi di Brindisi-Ostuni, qui convenuti con il loro Pastore, l’Arcivescovo Mons. Settimio Todisco, a conclusione dell’Anno Giubilare, che commemora il quarto centenario della Chiesa di Santa Maria della Vittoria, in San Vito dei Normanni.

Rivolgo, altresì, il mio cordiale pensiero ai pellegrini della Diocesi di Udine, guidati dal loro Arcivescovo, Mons. Alfredo Battisti, qui giunti a conclusione delle celebrazioni per i 70 anni di fondazione del Settimanale Diocesano “La Vita Cattolica”, e per ricordare i venti anni dal terremoto che ha colpito la loro Terra.

2. Carissimi Fratelli e Sorelle di Brindisi-Ostuni! Il recente Anno Giubilare, celebrato nella vostra Chiesa locale in ricordo del quarto centenario dell’inaugurazione della Chiesa di S. Maria della Vittoria, vi ha spinti a testimoniare gratitudine al Vicario di Cristo con un così numeroso pellegrinaggio. Grazie per la vostra presenza!

Voi siete venuti, altresì, a chiedere che, a conclusione del fausto evento, io incoroni l’Immagine della Madre di Dio, venerata con il titolo di “Nikopeia”, Generatrice di vittoria. Ben volentieri ho compiuto questo gesto di devozione e di amore verso la Vergine Santa, che offre il divin Figlio come scudo invincibile contro i nemici. A Lei affido ciascuno di voi, chiedendoLe di assistervi sempre e di benedire il vostro impegno apostolico e missionario. La vostra Diocesi, che ha dato alla Chiesa numerose vocazioni sacerdotali e religiose, tra cui il Vescovo Mons. Francesco Gioia, Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale dei Migranti e gli Itineranti, possa continuare a rispondere generosamente al Signore, per combattere sotto la guida della Nikopeia la buona battaglia del Vangelo.

3. Mi rivolgo ora a voi, carissimi Fratelli e Sorelle di Udine. Il ricordo del terribile evento che colpì il Friuli nel 1976, mentre induce a pensare con affetto e cristiana speranza alle vittime di quel luttuoso evento, invita al tempo stesso a ringraziare il Signore per la felice ricostruzione, resa possibile soprattutto dalla nota intraprendenza e tenacia delle popolazioni friulane. Di tali virtù tipiche della vostra gente è altresì significativa realizzazione il bel Settimanale della vostra Diocesi, che nei suoi 70 anni di vita ha assicurato vasta eco alla voce della Chiesa nel Friuli, interpretando gli eventi quotidiani alla luce dei valori evangelici.

Auspico che tali ricorrenze spingano tutti i Friulani ad un rinnovato impegno di coerenza e di fedeltà, per rimanere saldamente ancorati ai principi cristiani, e ad offrire a tutti un esempio di convivenza pacifica ed operosa, frutto della civiltà che nasce dall’accoglienza convinta e gioiosa del Vangelo della carità.

4. Con questi voti imparto ai venerati Fratelli nell’Episcopato, ai Sacerdoti, ai Religiosi, alle Religiose ed ai fedeli presenti, la propiziatrice Benedizione Apostolica, che estendo volentieri alle dilette Chiese di Brindisi-Ostuni e di Udine.




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