GP2 Discorsi 1996 59


INCONTRO CON IL CLERO DELLA DIOCESI DI ROMA

ALL'INIZIO DELLA QUARESIMA

Sala Clementina - Giovedì, 22 febbraio 1996

Il Cardinale ha annotato molte cose, io non ho annotato niente. Ho sentito solamente tante risposte, perché se nel giorno dell’Immacolata l’anno scorso ci sono stati l’annuncio e la proposta della missione, qui ci sono già risposte entusiaste. Queste risposte diventano di nuovo proposte. Così si deve riassumere l’esperienza di oggi. Io ho preparato un testo e lo leggerò perché molte volte ho improvvisato, ma poi ma hanno detto che l’improvvisazione è una bella cosa ma trattiamo le cose più seriamente. Questo discorso non è improvvisato, ma già preparato perché siamo tutti corresponsabili di questo grande progetto della missione dell’Anno Duemila.


Carissimi sacerdoti, parroci romani, viceparroci e presenti tutti,

1. Vi saluto con grande affetto e vi ringrazio per la partecipazione a questo incontro già tradizionale e sempre nuovo.

Il Cardinale Vicario nel suo saluto iniziale, poi più dettagliatamente Mons. Nosiglia nella sua relazione e infine gli interventi dei vostri confratelli hanno già individuato il profilo della missione cittadina, proponendone non pochi aspetti, modalità e contenuti. Vorrei ora prolungare questa comune riflessione, andando soprattutto a ciò che è più essenziale.

La missione cittadina è, per Roma, la preparazione immediata al grande Giubileo. Proprio per questo essa si pone in continuità profonda con il Sinodo diocesano e, prima di esso, con il Concilio Vaticano II. Concilio e Sinodo sono già infatti preparazione al Giubileo e l’evangelizzazione costituisce il loro obiettivo di fondo. Nella missione cittadina si tratta dunque di tradurre in atto quello che, sulla base del Concilio, abbiamo elaborato e deciso nel Sinodo.

Ho detto in più di un’occasione che il Sinodo costituiva, per la Diocesi tutta, una straordinaria opportunità di sperimentare la Chiesa come comunione. Ora vorrei dire, analogamente, che la missione cittadina è anche, per la Diocesi tutta, una grande scuola di missionarietà, dove si impara a divenire missionari attraverso l’esercizio stesso della missione. E per questo insisto ancora sulla parola "continuità": la missione cittadina è in vista del Giubileo, ma non si esaurisce con il Giubileo. Tende a diventare una caratteristica permanente della Chiesa di Roma e della sua pastorale, che la accompagna verso e dentro il terzo millennio. Lo scopo infatti è questo: rendere la nostra Chiesa più idonea a formare, con la grazia divina, cristiani adulti nella loro fede.

60 2. Noi pensiamo sempre a questa missione cittadina, ma non dobbiamo dimenticare che la missione di Roma è stata per due millenni al di fuori di Roma. E ha portato la luce del Vangelo a tanti popoli dell’Europa e degli altri Continenti. Sempre, in qualche modo queste Chiese fondate con l’evangelizzazione partita da Roma tornano a Roma, guardano a Roma e cercano come modello della propria missione, "la Missione di Roma". Anche in questo momento io vedo, parlando con i Vescovi, che l’idea del "Tertio Millennio adveniente" è stata recepita molto bene e molti si preparano. Già hanno proprie idee, proprie iniziative, ma guardano verso Roma, come lo farà Roma stessa.

Insieme alla missione, il grande tema del Sinodo è stato la comunione; abbiamo insistito perciò sul binomio "comunione e missione", ossia sul nesso inscindibile fra comunione e missione. Anche questo aspetto non deve assolutamente andare perduto: parlerei a questo proposito di "unità di missione" e ancora più concretamente di "unità nella missione". Quale che sia il nostro specifico ministero e quale che sia il nostro status nella Chiesa, Vescovi e presbiteri, religiosi e religiose, laici, dobbiamo avere chiara l’idea che lavoriamo per un unico e identico fine: Gesù Cristo, salvezza dell’umanità. E pertanto dobbiamo lavorare insieme, sentirci tutti sinceramente collaboratori di una impresa comune. Si tratta in altre parole di realizzare la comunione nella missione, andando al di là di tutti i nostri pur legittimi particolarismi. Questo vale per l’opera pastorale delle nostre parrocchie e comunità, ma vale anche per la testimonianza cristiana che siamo chiamati a dare nei diversi ambienti di lavoro, nella scuola e nell’università, negli ospedali, in ogni situazione di vita.

In concreto, i cristiani devono imparare a rendersi attivamente presenti in questi ambienti ritrovandosi tra loro come cristiani per sostenersi e confortarsi a vicenda nella missione. È questa un’esigenza interna della testimonianza cristiana, che oggi diventa tanto maggiore e più urgente quanto più forti sono le correnti di scristianizzazione che attraversano la società e anche questa nostra Roma, e che spingono facilmente i cristiani al mimetismo e all’anonimato, come hanno sottolineato i sacerdoti che ci hanno preceduto con i loro interventi. La missione cittadina sarà dunque l’occasione propizia per far progredire questa visibile e concreta unità e comunione nella missione.

3. È stato già sottolineato a più riprese il rapporto che la missione cittadina deve avere con il programma di preparazione immediata al grande Giubileo che ho delineato nella Tertio Millennio adveniente, in particolare per la seconda fase di tale preparazione, che abbraccia gli anni 1997, 98 e 99. Effettivamente, la missione deve collocarsi dentro alla dinamica che ho proposto, che è incentrata su Gesù Cristo e, mediante Gesù Cristo e nello Spirito Santo, conduce a Dio Padre.

Siamo chiamati a entrare noi per primi in questa dinamica o movimento spirituale, ad entrarvi col nostro essere e la nostra anima di sacerdoti, con la nostra preghiera e quindi con il nostro quotidiano impegno pastorale. Tutta la Chiesa di Roma, entrando in questa dinamica, diventerà maggiormente missionaria, perché l’indole profonda e lo scopo della missione sta proprio nel lasciarsi afferrare da Cristo, nel mettersi alla sua sequela per andare con lui, sostenuti dalla potenza del suo Spirito, verso il Padre, coinvolgendo in questo cammino il maggior numero possibile di fratelli. La missione cittadina si inserisce dunque molto naturalmente nella prospettiva della Tertio millennio adveniente ed è un modo assai felice di metterla in pratica.

4. Scopo e obiettivo della missione è chiamare la nostra città alla fede e alla conversione. La missione si rivolge perciò a tutta la gente che vive a Roma; in termini molto concreti, alle persone e alle famiglie dei nostri quartieri e borgate e alle parrocchie che ne hanno la cura pastorale. Ma si rivolge anche, e in maniera altrettanto necessaria, concreta e impegnativa, alla città nel suo complesso, alla sua anima o cultura collettiva, come ho già sottolineato facendo gli auguri natalizi alla Curia Romana.

Noi sacerdoti per primi dobbiamo non fermarci all’ambito che ci è direttamente affidato, ma sentirci corresponsabili della pastorale diocesana e della missione diocesana nel suo complesso; lavorare, dunque, restando ben aderenti ciascuno al proprio compito specifico, ma senza chiuderci in esso, cercando invece tutte le collaborazioni, gli "scambi di doni", che possono servire a dare al nostro impegno un respiro cittadino.

5. C’è di più: mediante la missione e il conseguente accresciuto impegno dei cattolici nella città, Roma potrà ricuperare una più viva consapevolezza del grande compito che la Provvidenza di Dio le ha assegnato fin da quando gli Apostoli Pietro e Paolo sono venuti qui ad annunciare e a testimoniare con il proprio sangue il Vangelo. Nel giorno in cui ricorre la festa della Cattedra di san Pietro è doveroso ricordarlo. Anche oggi il mondo guarda a Roma e attende molto da Roma: ne ho continue conferme nei miei viaggi apostolici e nelle Visite ad limina dei Vescovi. Lo stesso annuncio della missione cittadina ha già suscitato attenzione e interesse in non poche altre diocesi e probabilmente non resterà un fatto della sola Roma.

Se, attraverso la missione, riusciremo davvero a incidere sulla cultura e sulla coscienza di sé di questa città, crescerà certamente anche la testimonianza missionaria che Roma potrà offrire al mondo. Già nel corso del Sinodo, del resto, abbiamo fatto una buona esperienza di dialogo a livello cittadino. Lo abbiamo chiamato "Confronto con la città". Si tratta, in certo modo, di riprendere questo discorso, rendendolo più continuativo e possibilmente più articolato nei diversi ambienti di cui si compone questa città.

6. Nell’opera di penetrazione cristiana nei diversi ambienti i laici devono avere certamente un compito da protagonisti, come hanno sottolineato molti. Mi sia però consentito di dire a voi ciò che il Papa attende, per la missione cittadina, dal Clero di Roma. La missione deve partire da voi. Voi, che siete i primi collaboratori dell’ordine episcopale, siete anche, come dice il Decreto Presbyterorum ordinis (cf. nn. 2 e 4), coloro a cui è affidato in primo luogo il ministero di annunciare a tutti il Vangelo. La missione cittadina ha dunque bisogno di presbiteri che siano autentici evangelizzatori e credibili testimoni della fede.

Occorre per questo essere capaci di dialogare con la gente, con il giovane come con l’anziano, con il povero come con il benestante, con la persona di cultura come con i più semplici e meno preparati. Ma non si tratta di un dialogo qualsiasi: siamo sempre sacerdoti e anche quando conversiamo familiarmente dobbiamo esprimerci come sacerdoti. Attraverso il contatto con noi la gente ha diritto di incontrare Cristo e proprio questo, in fondo, è ciò che essa ci chiede.

61 Nelle condizioni attuali della società, per poter stabilire un vero dialogo, occorre molta disponibilità, e anche inventiva: in questo senso la missione cittadina è anche uno stimolo alla nostra creatività, a saper trovare forme di dialogo e di incontro adatte alle situazioni che cambiano continuamente. Ma in questo cambiamento una cosa rimane ferma e decisiva: la nostra identità di sacerdoti, il nostro spirito e la nostra carità di pastori.

Chiamandoci in causa come sacerdoti, la missione cittadina è un’occasione privilegiata per dare impulso alla formazione del Clero: sia per rendere sempre più solida e profonda, e quindi missionaria, la formazione che danno i nostri Seminari diocesani, sia per sviluppare in maniera organica la formazione permanente di coloro che già sono sacerdoti. Specialmente riguardo a questo secondo aspetto confido che potremo fare significativi passi avanti proprio in questi anni della missione.

7. D’altra parte, il sacerdote per sua natura presiede la comunità ed è al servizio della comunità; il sacerdote è per il popolo di Dio. Perciò nella missione cittadina ci preoccuperemo di suscitare le energie missionarie dei nostri laici, di aiutarli e accompagnarli nella loro formazione, avendo cura che essa abbia una caratteristica effettivamente missionaria: che i laici cioè non si sentano cristiani soltanto all’interno delle nostre parrocchie e comunità, ma in tutte le situazioni di vita, quando sono in mezzo alla gente, là dove testimoniare Cristo spesso significa andare contro corrente. Se vogliamo che la Chiesa di Roma diventi concretamente e stabilmente più missionaria, proprio questo è forse il passaggio più importante e decisivo: orientare in senso missionario tutta l’opera formativa, da quella dei sacramenti dell’Iniziazione cristiana fino a quella con gli adulti.

Nel programma del Convegno diocesano celebrato la settimana scorsa viene proposto che nell’anno 1997 sia data particolare attenzione alla pastorale giovanile e nel 1998 alla pastorale della famiglia. Sono scelte molto opportune, in sintonia con il cammino pastorale che la nostra diocesi sta percorrendo. Al riguardo mi preme sottolineare che la nostra attenzione deve rivolgersi il più possibile a tutti i giovani e a tutte le famiglie, non soltanto a quelli che ci sono già più vicini. Nello stesso tempo, con coloro che sono più disponibili, occorre lavorare perché diventino essi stessi protagonisti, e non soltanto oggetto, della missione: so che non è un lavoro facile, che molte resistenze sono da superare, talvolta anche all’interno dei nostri ambienti, ma è un lavoro necessario, al quale non possiamo rinunciare. E ancora, per poter essere ascoltati dai giovani e dalle famiglie dobbiamo noi per primi essere pronti e disponibili ad ascoltarli, a stabilire con loro un rapporto personale: come dicevo, sempre come sacerdoti e con animo di sacerdoti.

Evidentemente rientra qui anche lo spazio e il compito della confessione sacramentale e della direzione spirituale.

8. Nella Tertio millennio adveniente (n. 43) ho scritto che la Vergine Maria deve essere presente in modo per così dire "trasversale" lungo tutta la fase preparatoria del grande Giubileo. Ripeto questo discorso per la missione cittadina: Maria infatti, Madre del Verbo incarnato e Madre della Chiesa, è modello e guida dell’evangelizzazione. In concreto la devozione a Maria, che è viva nel popolo di Roma, e che deve essere più che mai viva nei nostri cuori di sacerdoti e quindi nella nostra azione pastorale, costituisce una via di speciale efficacia attraverso la quale possiamo proporre - in modo accessibile a tutti perché parla al cuore di tutti - il mistero di Cristo, il volto materno della misericordia di Dio che abbraccia noi peccatori.

Concludo perciò queste mie parole affidando a Maria Regina degli Apostoli e Stella dell’evangelizzazione questa missione romana a cui daremo solenne inizio la sera del 25 maggio, celebrando tutti insieme la veglia di Pentecoste in Piazza San Pietro.

Al termine del discorso prima della recita dell"Angelus Domini", il Santo Padre si compiace con i sacerdoti, rivolgendo loro brevi parole:

Le risposte alle proposte già ci sono. Ringrazio per tutti i contributi che mi avete fatto pervenire. Auguro a tutti voi una buona continuazione durante questa Quaresima e durante il successivo periodo pasquale, che terminerà con il nostro incontro nella Veglia di Pentecoste in Piazza San Pietro.

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANTA MARIA « CAUSA NOSTRAE LAETITIAE »


AI BAMBINI DELLA PARROCCHIA


I Domenica di Quaresima, 25 febbraio 1996




Siamo in una grande scuola e io voglio ringraziare la Signora Preside che ci ha introdotto qui. Questa scuola conta 848 allievi: è una scuola ricca, ed anche il quartiere è ricco di ragazzi, di bambini. Voi sapete che cosa vuol dire Quaresima? Abbiamo incominciato la Quaresima mercoledì scorso. Voi siete andati in chiesa: cosa avete ricevuto? Le Ceneri. Oggi non si vedono più, sono scomparse. Erano un segno, un simbolo. Non deve scomparire, invece, lo spirito che in queste è racchiuso: spirito di Quaresima, di penitenza, di preparazione alla Pasqua. Così, con il Mercoledì delle Ceneri è incominciato questo periodo di quaranta giorni che prepara alla Santa Pasqua. E anche voi, ragazzi e bambini, siete invitati a questa preparazione quaresimale.

62 Ecco quello che volevo dirvi soprattutto. So che i ragazzi sono pronti, disposti a questa preparazione. Mi ricordo che quando ero ragazzo come voi ho sentito profondamente questo periodo segnato dalla Passione del Signore, dalla sua Croce, dalla « Via Crucis ». Tutto quello che celebra la Chiesa ha un riflesso profondo nei nostri spiriti, nelle nostre coscienze. Alcuni di voi si preparano alla Prima Comunione, alla Confessione: tutto questo è collegato in modo particolare al periodo quaresimale.

Ma la Quaresima è bella specialmente quando vediamo un tempo come quello di oggi. Volevo domandarvi: avete visto a che ora spunta il sole? In estate alle cinque, forse in luglio; oggi verso le sette, qualche minuto prima. Adesso sono le nove ed il sole è già alto. Con questo sole si vede la bellezza del mondo, di Roma, di queste colline che circondano la vostra città. Ci vuole il sole per vedere la bellezza del mondo, così come ci vuole anche un « sole » per vedere la bellezza interiore dell'uomo. E questo « sole » è Cristo, la sua Grazia, con la quale vediamo come è bello l'essere umano, come è bello un bambino, la sua coscienza, il suo cuore.

Vi auguro, all'inizio di questa giornata, che sia sempre il sole di Cristo ad accompagnare le vostre giornate, ogni giornata della Quaresima ed ogni giornata della vostra vita di bambini. Grazie anche ai vostri genitori qui presenti, ai vostri maestri, alle vostre catechiste, a tutti. Saluto il vostro Parroco, che è molto commosso: lo vedete? È emozionato.

Grazie per questa accoglienza!



VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANTA MARIA « CAUSA NOSTRAE LAETITIAE »


AL CONSIGLIO PASTORALE


I Domenica di Quaresima, 25 febbraio 1996




« CAUSA DELLA NOSTRA letizia »: ha un bel titolo la vostra comunità parrocchiale! È bello e ispiratore anche per la comunità civile, perché « causa della nostra letizia », è sempre il Vangelo. E la Madonna Madre di Cristo è questa causa in modo speciale, perché Lei è soprattutto l'Evangelizzatrice, Colei che porta il Vangelo.

È stupendo, quando si visita il mondo, incontrare tanti Santuari mariani, a conferma della sua presenza evangelizzatrice, di questa « causa della nostra letizia », che è Maria. Ultimamente ho visitato parecchi Santuari, specialmente quello di Coromoto, in Venezuela. Ma ne sono tanti altri.

Vorrei dirvi ancora un pensiero che mi è rimasto dentro dopo la visita in Guatemala. Abbiamo celebrato insieme la memoria dei catechisti martiri, vittime della guerra civile. Qui il vostro Parroco mi ha presentato parecchi catechisti. Ringrazio il Signore perché non sono vittime di una persecuzione e possono liberamente attirare a Gesù i catechizzandi che sono tanti, giovani, ragazzi e adulti, tutta la comunità.

La Chiesa è sempre una comunità che catechizza e che viene catechizzata. Vi auguro il coraggio e una buona collaborazione con il vostro Parroco, che so essere un uomo molto dedito a questa comunità, a questa Chiesa. Auguro a lui di trovare sempre in voi, membri del Consiglio Pastorale, buoni consiglieri e buoni consigli.

Buona Quaresima a tutti, alle vostre famiglie, e buona Pasqua!

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANTA MARIA « CAUSA NOSTRAE LAETITIAE »


AI GIOVANI DELLA PARROCCHIA


I Domenica di Quaresima, 25 febbraio 1996

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Ho sentito molte parole, ma una mi è rimasta in mente: « siamo schiacciati ». È una parola molto bella, perché testimonia che siete in tanti e questo ambiente quasi non vi può contenere. Il « contenitore » è insufficiente, grazie a Dio! Voi siete « schiacciati », intorno a Cristo. È stato sempre così. Noi leggiamo nei Vangeli della folla che sempre Lo seguiva e si accalcava intorno a Lui. Ma per Lui non era solamente una folla, una turba: erano delle persone, era ciascuno e ciascuna di loro. Egli guardava a ciascuno e a ciascuna, parlava a ciascuno e a ciascuna, dicendo: «Seguimi!». Non ha chiamato tutti insieme, ma di tutti quelli a cui ha detto: «Seguimi!» ha fatto la Chiesa.


Tutto questo commenta le vostre parole: « siamo schiacciati! ». Adesso voglio commentare un po' la Quaresima, i 40 giorni di preparazione alla Pasqua. Ho pensato questa mattina a cosa avrei detto ai giovani. Direi che la Quaresima è un periodo di cammino speciale. Si dice « tempo forte », « cammino esigente ». E per trovare esigente questo cammino dobbiamo andare in chiesa e lì seguire la « Via Crucis », il cammino che Cristo ha fatto a Gerusalemme, la sua ultima strada dal Sinedrio, dopo la condanna a morte, con la Croce fino al Calvario. Questa « Via Crucis » è rimasta nella memoria della Chiesa, non solamente a Gerusalemme ma dappertutto. In tutte le chiese, chiesette, cappelle troviamo la « Via Crucis », per seguire Gesù e fermarci davanti alle 14 stazioni. C'è sempre una « Via Crucis » che conclude quasi il periodo quaresimale: la «Via Crucis» al Colosseo. Non so se vi avete partecipato qualche volta, almeno attraverso la televisione.

Vorrei che questa « Via Crucis », rimanga per voi una parola evocativa, una parola programmatica per il tempo quaresimale. Si deve camminare con Cristo, si deve imparare da Cristo ad unire alla sua grande Croce le piccole croci della nostra vita, perché quella Croce è segno della speranza e della salvezza.

Allora vi auguro di essere molte volte « schiacciati »!

Infine, nel congedarsi dalla comunità parrocchiale, il Papa rivolge queste parole ai numerosi fedeli radunatisi dinanzi alla chiesa.

Grazie per questa « Causa nostrae laetitiae », causa della nostra gioia. Grazie per l'accoglienza, per la presenza, per la partecipazione, per questo striscione che dice « Ut unum sint »: ha un significato ecumenico ma esprime anche la realtà di una buona parrocchia, perché una buona parrocchia è « Ut unum sint ». I fedeli devono essere uniti intorno al Parroco, intorno a Gesù, che è il Sommo ed Eterno Sacerdote.

Vi auguro una buona Quaresima e, alla fine, una buona Pasqua.

                                                                  Marzo 1996


A CONCLUSIONE DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI


Cappella "Redemptoris Mater"

Sabato, 2 marzo 1996

Carissimi Fratelli,


64 Vogliamo ringraziare il Signore per le giornate degli Esercizi Spirituali in Vaticano. Vogliamo ringraziare recitando il "Magnificat anima mea Dominum et exultavit spiritus meus in Deo salutari meo".

Vogliamo ringraziare il nostro Predicatore l’Arcivescovo Schönborn che, all’inizio degli Esercizi, ci ha posto la domanda: "Domine ubi abitas?".

Così hanno chiesto a Gesù i suoi primi discepoli. Il Predicatore degli Esercizi Spirituali ci ha dato, durante questa Settimana, una larga risposta.

Ci ha detto che noi abitiamo nella Chiesa. Cosa è la Chiesa? "Ecclesia iam ab origine mundi praefigurata"; "Ecclesia in foedere antiquo mirabiliter praeparata"; "Ecclesia in novissimis temporibus constituta"; "Ecclesia effuso spiritu manifestata"; "Ecclesia in fine saeculorum gloriose consumabitur". Tutto questo è la nostra dimora. Noi abitiamo nella Chiesa; siamo i suoi cittadini, siamo i suoi figli, siamo i suoi servitori.

Per questa larga visione che ci ha offerto durante questi Esercizi, ringraziamo cordialmente l’Arcivescovo di Vienna che ha messo nella sua esposizione tanta competenza, come teologo, come Pastore e come cristiano. Con queste parole, con queste meditazioni, con questa Settimana di preghiera, ci siamo certamente arricchiti.

Per questo vogliamo cantare il "Magnificat" a Nostro Signore.

Amen!

RECITA DEL SANTO ROSARIO

PAROLE DI GIOVANNI PAOLO II

Aula Paolo VI

Sabato, 2 marzo 1996




Carissimi Fratelli e Sorelle,

rivolgo un saluto cordiale a tutti voi che, in questo primo sabato del mese di marzo, avete partecipato alla recita del santo Rosario, come pure a quanti si sono uniti a noi mediante la radio e la televisione.

65 Saluto anzitutto il Regolatore e i Membri del Capitolo Generale dei Salesiani. San Giovanni Bosco volle che il Rosario fosse recitato dai giovani dell’Oratorio tutti i giorni. Aveva ben compreso, infatti, ciò che la Chiesa insegna da sempre, e cioè che questa preghiera mariana costituisce un’autentica scuola di orazione, atta a favorire la dimensione contemplativa della vita. Cari Fratelli, la Vergine Ausiliatrice, che con fiducia abbiamo invocato, accompagni i lavori della vostra importante assemblea.

Sono lieto di accogliere i giovani, questa sera molto numerosi: penso, in particolare, al folto gruppo di studenti delle Università di Roma ed ai seminaristi del Seminario Romano Maggiore, venuti con i familiari in occasione della Giornata dei Genitori. Carissimi, abbiamo meditato con Maria i misteri di Cristo: vi invito a prolungare questo atteggiamento spirituale lungo tutto il tempo di Quaresima. Solo nel silenzio e nella preghiera, infatti, possiamo comprendere in profondità il disegno di Dio sulla nostra vita e rispondergli "sì", come Maria, con tutto il cuore e con tutte le forze.

Saluto poi gli altri gruppi presenti: i fedeli di Tutti i Santi in Rovetta (Bergamo), di santa Maria in Aquiro e di san Gaspare del Bufalo in Roma, di san Michele Arcangelo di Foggia; il Centro Aiuto alla Vita di Cervia; l’UNITALSI di Firenze e la Società sportiva "Romulea" di Roma. A tutti auguro una Quaresima ricca di frutti, in pegno dei quali rinnovo di cuore la mia Benedizione.

I extend cordial greetings to all the English-speaking pilgrims at this recitation of the Rosary. I offer a special welcome to the students from Rider University in New Jersey. With the Blessed Virgin's prayers, may this Lenten journey of conversion renew you in faith, hope and love.

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SANTA BIBIANA


AI BAMBINI DELLA PARROCCHIA


Domenica, 3 marzo 1996




Sulle pareti avete scritto: « Aprite le porte a Cristo », e penso che vi sia scritto anche nei vostri cuori. Siamo entrati nel periodo quaresimale e la Quaresima è il tempo forte per aprire le porte a Cristo che apparirà alla fine di questo periodo nella sua Passione e nella sua Pasqua di Risurrezione. A questo si devono aprire le nostre porte interne della fede, della coscienza, della speranza e del nostro amore. Vi auguro che questa apertura a Cristo sia partecipata da tutti i parrocchiani. Si inizia sempre la visita con i più giovani, con i bambini. Ringrazio i due che mi hanno dato il benvenuto a nome di tutti voi. Vi auguro che in questa parrocchia, dove non ci sono tanti bambini, voi più giovani siate più vicini e più aperti a Cristo e al suo Mistero, alla sua venuta, alla sua Passione e alla sua Risurrezione. Questa è una grande eredità di tutti i romani, collegata anche al nome di Santa Bibiana, una martire romana. Vi auguro che questa vostra Santa Patrona sia anche una guida per tutti.

Sono molto contento di essere qui in questa seconda Domenica di Quaresima per celebrare l'Eucaristia con voi.

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SANTA BIBIANA


AI GIOVANI DELLA PARROCCHIA


Domenica, 3 marzo 1996




?erco di camminare con i giovani sin dalle prime ore del mio ministero petrino qui a Roma. Ma l'ho fatto anche prima a Cracovia. Mi ricordo il 22 ottobre 1978, data in cui molti di voi non erano ancora nati, quando ho detto, dopo la celebrazione in Piazza San Pietro: « Voi siete la mia speranza ». Ed è vero. Questa speranza con i giovani mi accompagna e, grazie a Dio, mi accompagnano i giovani. Mi accompagnano in diversi posti - nelle parrocchie di Roma l'incontro con i giovani è indispensabile - ma anche negli incontri in tutta Italia, come a Loreto, e nelle Giornate Mondiali della Gioventù che sono stupende. A Manila c'erano quattro milioni di persone. La prossima si avvicina, sarà a Parigi. Vorrei invitarvi ad andarci insieme. La gioventù passa, si diventa adulti e poi anziani. Ma sempre rimane qualcosa della giovinezza, rimane la giovinezza interiore. Io mi sento giovane nonostante gli anni che porto. Mi ricordo quando ero chierichetto. La Messa era diversa. Cominciava con le parole: « Introibo ad altare Dei » e il chierichetto rispondeva: « Ad Deum qui laetificat iuventutem meam ». Questo è vero. La gioia viene dal Signore.

Vi auguro di avere sempre questa gioia che viene da Dio. Nella vita ci possono essere momenti difficili e dolorosi, ma se abbiamo questa fonte della gioia che viene da Dio possiamo perseverare.

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SANTA BIBIANA

DISCORSO DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

AL CONSIGLIO PASTORALE


Domenica, 3 marzo 1996

66
Visitare le parrocchie per il Vescovo è un dovere. Lo hanno fatto gli Apostoli. Lo ha fatto San Paolo, lo ha fatto Pietro, anche se non lo sappiamo bene perché non ha scritto tante Lettere. Ma di Paolo sappiamo che ha visitato molte Chiese fondate da lui stesso. Questo è per il Papa, per il Vescovo di Roma, un dovere ed un piacere. Ringrazio il Signore che mi dà ancora la possibilità di farlo. Il Cardinale Vicario dice che il conto qui a Roma è positivo. In percentuale ho visitato più parrocchie qui a Roma che a Cracovia.


Voi siete il Consiglio Pastorale della parrocchia di Santa Bibiana affidata ai Figli della Sacra Famiglia. La famiglia è un « consiglio » importantissimo. Se le famiglie si parlano, si danno e prendono consigli e se cercano consigli tutto va bene. Vi ringrazio per il vostro impegno ad essere Consiglio Pastorale della parrocchia.

Ai catechisti dico che la famiglia è alla base, perché la prima catechesi si fa sempre nella famiglia. Voi siete così in sintonia con i vostri sacerdoti che appartengono alla congregazione dei Figli della Sacra Famiglia. Auguro alla vostra parrocchia di divenire sempre più famiglia attraverso la catechesi ed il Consiglio Pastorale, attraverso tutto l'apostolato dei laici. Grazie a Dio nella parrocchia vi sono molti anziani, vuol dire che non sono soli. Auguro a tutti i parrocchiani di proseguire in questa missione cittadina verso l'anno 2000, verso il tertio millennio adveniente.

AI PROMOTORI DELLA CAMPAGNA DI SOLIDARIETÀ

« AIUTARE UN BAMBINO FA GRANDE UN ADULTO »


ORGANIZZATA DAI CONCESSIONARI DELLA MERCEDS-BENZ ITALIA


Lunedì, 4 marzo 1996




Gentili Signore e Signori!

1. Sono lieto di accogliervi e di porgere a ciascuno di voi il mio cordiale benvenuto. L’odierno incontro si colloca nel contesto della campagna di solidarietà dal titolo "Aiutare un bambino fa grande un adulto", a favore dei bambini colpiti dall’AIDS. L’incontro è promosso dalla Mercedes-Benz Italia con la collaborazione del suoi Concessionari, i quali a favore di tale progetto hanno devoluto parte del ricavato delle loro vendite nell’arco del 1995. I fondi così raccolti sono stati destinati alla ristrutturazione della Divisione di Malattie Infettive dell’Ospedale Pediatrico "Bambino Gesù" di Roma, dove vengono assistiti pure i bambini sieropositivi.

Cari amici, vi esprimo il mio vivo apprezzamento per la dedizione e la generosità con cui avete concepito ed attuato questa iniziativa, manifestando grande attenzione e sensibilità verso chi soffre, soprattutto se piccolo ed inerme.

2. Il Signore ve ne renda merito. Lui che, venuto per guarire l’uomo, è il Medico divino di cui ogni essere umano in realtà ha bisogno (cf. Mc Mc 2,17). Nel corso della sua esistenza terrena, Gesù ha avuto compassione in special modo dei sofferenti ed ha assunto su di sé, con il Sacrificio della Croce, ogni umano dolore. Nelle persone malate brilla, perciò, in maniera singolare, il volto di Cristo. E come il Salvatore si è commosso davanti agli ammalati che incontrava, così è giusto che anche noi ci sentiamo coinvolti dal dolore dei nostri fratelli e sorelle, soprattutto quando si tratta di fanciulli. E questo vale specialmente per le vittime innocenti di molte situazioni di emergenza e di sofferenza. I bambini sono il cuore dell’umanità, la speranza e il futuro del mondo.

È proprio a loro che ho dedicato il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, dello scorso 1 gennaio. In esso scrivevo: "Come non ricordare gli sforzi che tante persone ed organismi fanno per assicurare ai bambini in difficoltà uno sviluppo armonico e gioioso?" (n. 7). In queste parole voi potete vedere segnalata anche la vostra iniziativa. Voi infatti vi sforzate di offrire ai piccoli e alle loro famiglie un’assistenza il più possibile completa ed efficace, soprattutto per quanto concerne la prevenzione e la cura dell’AIDS. Questa malattia suscita attenzione e desta preoccupazione, non solo per la sua diffusione, ma anche per il dramma della solitudine e dell’emarginazione, che spesso affligge chi ne è colpito ed i suoi familiari. Alleviare le sofferenze dei bambini coinvolti in tali difficili situazioni significa aiutarli a crescere in un clima di serenità e di solidarietà.

3. Quanto bisogno di serenità hanno i bambini! Nel Messaggio sopra citato volgevo il mio pensiero "ai bambini e alle loro legittime attese di amore e di serenità", ricordando in particolare "quelli segnati dalla sofferenza" (cf. Mc Mc 2,1). Il bambino è fragile, piccolo, necessita dell’aiuto dei grandi, dipende da loro nella sua crescita umana e sociale. Per diventare adulto ha bisogno degli adulti.

Ma anche gli adulti hanno bisogno dei piccoli per guardare con fiducia verso il futuro. Nel Vangelo i bambini sono assunti a simbolo di quanti accolgono con fede il messaggio di Gesù. Il regno di Dio è per loro e per chi è come loro: soltanto a questi è dato di crescere e diventare grandi nel regno dei cieli. "Gli adulti devono imparare dai bambini le vie di Dio: dalla loro capacità di fiducia e di abbandono essi possono apprendere ad invocare con la giusta confidenza "Abbà, Padre!"" (cf. Mc Mc 2,10).


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