GP2 Discorsi 1996 89

89 un altro non v’è nella selva, di rami e di fronde a te uguale.
Per noi dolce legno, che porti appeso il Signore del mondo".

Il testo di questo antico inno ricorda che frutto dell’albero della Croce è la redenzione del mondo.Quanto eloquente è il messaggio silenzioso della Croce! "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (
Jn 3,16).

Ecce lignum Crucis. Venite adoremus!

3. Il canto, rivolgendosi all’albero della Croce con accenti toccanti, prosegue:

"Or piega i tuoi rami frondosi, distendi le rigide fibre,
s’allenti quel rigido legno che porti con te per natura;
accogli su un morbido tronco le membra del Cristo Signore".

Espressioni di pietà, che sembrano dar voce ai sentimenti della Madre Addolorata e ci raccolgono idealmente attorno a Gesù deposto dalla croce, come viene rappresentato dalla tredicesima Stazione della Via Crucis. L’inno cerca di interpretare i pensieri della Vergine che, stringendo tra le braccia il corpo morto del Figlio, rivive nel ricordo le emozioni ben diverse di Betlemme:

"Vagisce il Bambino adagiato in umile, misera stalla;
le piccole membra ravvolge e copre la Vergine Madre... ".

90 Chinata con Maria sulle sofferenze di Cristo, la Chiesa esorta l’uomo di oggi a farsi "buon Samaritano" sulle strade del mondo accanto a chi si trova nella sofferenza e nella prova.

4. Ecce lignum Crucis: ecco la risposta al dolore dell’uomo!

In questo segno di amore, piantato nel cuore della storia e del mondo, si trova la grande via della salvezza.

E il canto prosegue:

"Tu fosti l’albero degno di reggere il nostro riscatto,
un porto prepari per noi, come arca di salvezza del mondo,
del mondo cosparso di sangue versato dal Corpo di Cristo".

Veramente siamo stati redenti a caro prezzo! Il prezzo dell’amore.

". . . Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine", ricorda san Giovanni (
Jn 13,1).

Il canto commenta:

"Compiuti trent’anni e conclusa la vita mortale, il Signore
91 offriva se stesso alla morte per noi, Redentore del mondo;
in croce è innalzato l’Agnello e viene immolato per noi".

5. Si conclude così il Venerdì Santo del 1996 al Colosseo di Roma.

Il corpo di Cristo è deposto nel sepolcro. Tutto ormai tace. Dinanzi alla pietra tombale sigillata, la Chiesa resta in preghiera e con fede proclama: "Non conosce la corruzione della morte il Signore della Vita".

Amen!


ALLA COMUNITÀ DI SANT'EGIDIO


Sabato Santo, 6 aprile 1996

Carissimi Fratelli e Sorelle della Comunità di Sant'Egidio!


1. Sono particolarmente lieto di potervi incontrare durante il vostro tradizionale raduno in occasione della Pasqua. Siete venuti da vari paesi del mondo qui a Roma, dove la Comunità di Sant'Egidio è nata e continua a svolgere un prezioso servizio pastorale. So che a San Salvador si stanno riunendo le comunità centro-americane e a Yaoundé quelle africane: anche a loro mando un saluto cordiale.

Questo vostro incontro durante la Pasqua, nella quale riviviamo i misteri centrali della nostra fede, è una felice occasione per sperimentare insieme la gioia di sentirvi salvati da Cristo, vincitore del peccato e della morte.

2. Qualche anno fa, nell'incontro per il vostro 20° anniversario, vi dissi che la vostra Comunità non si era posto alcun confine nel suo impegno, se non quello della carità. Sono contento che continuiate su questa strada.

Oggi vorrei però indicarvi un altro « confine » verso il quale orientare il vostro impegno: quello della pace. È confine strettamente collegato con la carità, ed è anch'esso così vasto da abbracciare il mondo intero. È giusto che caratterizzi la vita della vostra Comunità, come del resto di ogni realtà ecclesiale.

92 « Pace a voi » (Lc 24,36), dice Gesù agli Apostoli rinchiusi nel Cenacolo, il giorno stesso della sua risurrezione. « Pace » è la prima parola del Risorto agli Undici, secondo il Vangelo di Luca. Essa è perciò iscritta nel cuore stesso della Chiesa e della sua missione tra gli uomini.

Ma questa stessa parola, « Pace », anche se spesso non percepita in tutta quella ricchezza che solo la fede può rivelare, è nel desiderio e nell'attesa di tanti popoli della terra, ancora oppressi dalla guerra e dalla violenza, dall'ingiustizia e dall'indifferenza.

3. Voi ricordate bene quello che dissi ad Assisi, nell'ottobre del 1986, a proposito della pace e del bisogno che essa ha di operatori illuminati e generosi. Vi sono grato per esservi sforzati di raccogliere il messaggio di quell'incontro, di cui ricorre quest'anno il 10° anniversario, e di aver cercato di riproporne lo « spirito » con le iniziative promosse dalla vostra Comunità.

Il vostro lavoro per la pace si configura con modalità diverse, a seconda degli ambiti nei quali si sviluppa. Decisivo è che esso nasca sempre dalla fedeltà al Vangelo ed ai poveri, nei quali Cristo s'è identificato.

4. C'è un legame profondo tra l'evento della Pasqua, che in questi giorni riviviamo, e l'impegno per la pace: un legame che vincola chiunque faccia, nella fede, un'autentica esperienza del Cristo risorto.

Possa la vostra Comunità divenirne sempre più consapevole e formare ogni suo componente ad essere un vero artefice di pace! È questo l'augurio che rivolgo, in questa vigilia di Pasqua, a tutti voi qui presenti ed alle vostre comunità sparse nel mondo.

Con una speciale, affettuosa Benedizione.

Dopo aver salutato singolarmente tutti i partecipanti all'Incontro, Giovanni Paolo II risponde al saluto del Professor Andrea Riccardi, con queste parole.

Vi ringrazio per questo incontro diventato già tradizionale, per questa visita dei membri della Comunità di Sant'Egidio che provengono da diversi Paesi europei.

Ho scritto per voi un augurio più lungo e lascio a voi leggerlo.

Vi auguro di individuare bene la profonda comunione che esiste fra voi, fra noi tutti cristiani del XX secolo e della fine del Secondo Millennio, e coloro che per primi hanno incontrato Gesù Risorto e sono diventati i primi testimoni.

93 « Mi sarete testimoni in ogni angolo del mondo », diceva Gesù. E voi tutti siete chiamati ad essere testimoni. Dopo venti secoli è un miracolo che riproduce la stessa realtà: Cristo Risorto e i nuovi testimoni.

La vostra Comunità di Sant'Egidio è basata su questa realtà fondamentale.

Vi auguro, dopo le solennità pasquali, di ritornare rafforzati nei vostri Paesi, con l'esperienza di Roma. Tutto quanto è accaduto a Pasqua è accaduto a Gerusalemme. Poi, grazie agli Apostoli Pietro e Paolo, è stato portato a Roma. Così Roma è diventata il Centro apostolico, il Centro della Chiesa.

Vi auguro che sia per voi molto fruttuosa l'esperienza di Roma, dappertutto e in tutti i Paesi dell'Europa e del mondo.

Imparto a voi e alle vostre famiglie una particolare Benedizione.

VISITA PASTORALE IN TUNISIA (14 APRILE 1996)


DURANTE LA CERIMONIA DI BENVENUTO


Aeroporto internazionale di Tunisi

Domenica, 14 aprile 1996




Signor Presidente della Repubblica,
Signore e Signori Rappresentanti delle Autorità dello Stato,
Signore e Signori
Membri del Corpo diplomatico,
Cari amici,

94 1. È con autentica gioia che vengo nel vostro bel Paese di Tunisia, non lontano da Roma e affacciato su quel mare comune che è il Mediterraneo. Sono commosso per l’accoglienza riservatami dal Signor Presidente della Repubblica e dalle personalità che hanno tenuto a riunirsi qui questa mattina; li ringrazio vivamente per avermi offerto l’opportunità di incontrare la comunità cattolica che vive nel Paese e anche di salutare cordialmente tutto il popolo tunisino.

2. Vorrei esprimere innanzitutto la mia stima a tutti i tunisini, eredi di una lunga storia il cui prestigio supera di gran lunga le frontiere del Paese. Saluto in essi un popolo dalla illustre tradizione spirituale, con un grande rispetto per il suo credo in un Dio unico, l’Altissimo, il Misericordioso.

Nel corso degli ultimi decenni, avete compiuto considerevoli progressi negli ambiti economico e sociale, sanitario ed educativo, per menzionarne solo alcuni; tutto ciò manifesta bene le doti di generosità e d’intelligenza che avete saputo sviluppare.

3. Nel mondo attuale, in cui osserviamo troppo spesso che i progressi tecnici e le diverse forme di cooperazione internazionale sono rallentati od ostacolati da scontri distruttivi, è sommamente importante che i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo riescano a intensificare scambi vantaggiosi per tutti i loro abitanti. Un destino in un certo senso comune li invita a ricercare un dialogo responsabile, franco ed aperto, con la convinzione che un’intesa duratura fra le nazioni non può fondarsi su una logica commerciale, ma deve tenere conto di tutti gli aspetti della vita dei popoli. Nel rispetto dell’originalità di ognuno, la solidarietà sarà tanto più forte quanto più saranno riconosciute le tradizioni sociali, gli apporti intellettuali e artistici, così come la dimensione spirituale, tutti elementi che sono parte integrante della cultura dei popoli nel senso più nobile del termine. Nei rapporti internazionali, una coscienza morale illuminata dalla fede nel Dio Unico invita ad allontanare qualsiasi rischio di ledere la dignità delle persone e dei popoli.

In questo bacino del Mediterraneo, tutti auspicano che il dialogo e la cooperazione fra i Paesi del Nord e quelli del Sud non cessino di svilupparsi, tanto più che la storia li ha accomunati nel corso dei secoli in molteplici maniere. La prima esigenza che ci sta a cuore è chiaramente quella della pace, della rinuncia a qualsiasi violenza, all’interno di ogni società e fra le nazioni. Da parte sua la Chiesa cattolica si sforza di contribuirvi, poiché la pace, che va di pari passo con la giustizia e la fratellanza, è un dono essenziale che tutti gli uomini di buona volontà devono cercare di servire e di promuovere. La Tunisia si è forgiata una forte tradizione di azione a favore della pace, specialmente in Medio Oriente; auspico che continui a volgere i suoi sforzi in tale direzione, in un dialogo costruttivo con tutti i suoi vicini.

4. Lo scopo principale della mia visita, come sapete, è d’incontrare i fedeli della Chiesa cattolica che vivono in Tunisia. Fin da ora saluto con affetto Monsignor Fouad Twal, Vescovo di questa comunità, in attesa di raggiungere l’assemblea riunita nella cattedrale per una liturgia solenne. I cattolici che vivono in questo Paese, provenendo da numerose nazioni, presentano una grande diversità di origini, di lingue e di culture. Tuttavia so che, fedeli al Vangelo, essi desiderano essere concittadini leali dei loro fratelli e delle loro sorelle musulmani. Felici di essere accettati amichevolmente così come sono, con la loro fede e con la loro pratica religiosa, essi desiderano contribuire, a seconda dell’entità dei loro mezzi, alla vita sociale; in particolare apprezzo la loro sollecitudine a partecipare allo sviluppo, a essere concittadini attivi e disponibili nella vita culturale e, soprattutto nei compiti educativi o sanitari presso i loro fratelli più bisognosi.

5. Signor Presidente, desidero ringraziarla per avermi invitato nel suo Paese e per aver preso tutte le misure necessarie a favorire lo svolgimento di questa giornata. Le porgo i miei auguri sinceri, nello svolgimento dell’alta missione che lei esercita al servizio dei suoi concittadini. Estendo questi auguri ai dirigenti e a tutto il popolo tunisino, sul quale invoco l’abbondanza dei benefici dell’Altissimo.

Parole pronunciate in lingua araba:

Grazie a Dio e grazie a voi!

VISITA PASTORALE IN TUNISIA (14 APRILE 1996)


AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


REGIONALE DELL'AFRICA DEL NORD (CERNA)


Vescovado di Tunisi - Domenica, 14 aprile 1996

Cari Fratelli nell’Episcopato,


95 1. È con gioia che incontro per la prima volta voi, Vescovi della Conferenza Episcopale dell’Africa del Nord, in questa regione in cui esercitate il vostro ministero pastorale.

Ringrazio Monsignor Fouad Twal, Pastore della Chiesa in Tunisia, per la cortese accoglienza riservatami con tutta la comunità cristiana che in questa terra tunisina rende testimonianza dell’amore universale di Cristo con molta vitalità.

Dieci anni fa ebbi la gioia di compiere la mia prima visita nel Maghreb, a Casablanca. Conservo il ricordo della calorosa accoglienza che mi fu riservata dalle Autorità e dal popolo marocchini. In quell’occasione potei apprezzare il dinamismo delle comunità diocesane del Marocco riunite intorno ai loro Vescovi.

Il mio pensiero si volge naturalmente a voi, cari Fratelli nell’Episcopato, Pastori della Chiesa in Algeria. Con voi, permettetemi di menzionare anche il venerato Cardinale Duval, una grande figura della Chiesa e del vostro Paese. A ognuno di voi e a ognuno dei membri delle vostre comunità rinnovo la mia affettuosa vicinanza in questi momenti così difficili per la Chiesa e per il popolo algerino al quale siete accanto, con grande generosità, talvolta fino al sacrificio della vita. Prego con voi il Signore perché sulla terra d’Algeria giunga rapidamente il tempo della riconciliazione e della pace, nel giusto rispetto delle differenze.

Il mio pensiero si volge anche alla comunità cristiana della Libia e al suo Vescovo, una comunità formata da persone di origine molto diversa, che rende testimonianza del Vangelo con fervore e dedizione, in una società che la accoglie con considerazione. Anch’essa condivide le privazioni imposte al popolo libico da un embargo che colpisce gravemente la vita quotidiana delle popolazioni.

In nome di Cristo desidero inoltre salutare, da Tunisi e attraverso di voi, tutte le comunità cristiane del Maghreb.

2. In occasione di questa mia visita in Tunisia, vorrei incoraggiarvi nel vostro servizio al Vangelo in questa terra dell’Africa del Nord. È dalla Chiesa in questa regione che provengono Cipriano, Perpetua e Felicita, Agostino, i Papi Vittore, Milziade e Gelasio e tante altre figure del cristianesimo dei primi secoli. In questa terra furono molto presto inviati anche i discepoli di san Francesco d’Assisi, di san Domenico o di san Vincenzo de’ Paoli. Più recentemente, dall’esperienza della Chiesa nel Maghreb sono nate le intuizioni missionarie del Cardinale Lavigerie e la spiritualità di Nazaret di Frate Charles de Foucauld. Fin dalle sue origini, la Chiesa in Africa del Nord è stata fonte di una grande ricchezza spirituale per l’intera Chiesa. Oggi voi scrivete una nuova pagina della storia di questa Chiesa, in un contesto molto diverso da quello che hanno conosciuto i vostri Padri nella fede: la pagina del dialogo e della collaborazione fra credenti di religioni diverse. Questa particolare vocazione ecclesiale è anche una ricchezza per la Chiesa universale. Vi incoraggio a condividere con essa ciò che voi scoprite qui dell’opera di Dio.

3. Nella vostra testimonianza, il rapporto con i credenti dell’Islam occupa un posto particolare. Voi fate spesso l’esperienza della vulnerabilità del piccolo gregge e a volte sopportate prove che possono giungere fino all’eroismo. Tuttavia fate anche l’esperienza della gratuità del dono di Dio, che a vostra volta desiderate vivere con tutti. Ciò che voi testimoniate così nella fede vi fortificherà per un rapporto fraterno con i Musulmani sempre più profondo e più spirituale, che vi porterà a scoprire con essi i benefici di Dio, ad accoglierli e a condividerli.

Laddove infieriscono la violenza e la discordia, siate messaggeri della pace che viene da Dio e della riconciliazione, cammino che conduce a Lui. Nessuno può uccidere in nome di Dio, nessuno può accettare di dare la morte a un suo fratello. Con gli uomini e con le donne di buona volontà, costruite vincoli di fratellanza che annuncino il Regno di Dio che viene. Rendete visibile la vostra convinzione che Dio è il Dio della vita, che ricerca la vita dell’uomo e non la sua morte. Malgrado le difficoltà e le incomprensioni, andate incontro ai vostri fratelli e alle vostre sorelle, senza distinzione d’origine o di religione. È il Signore che vi manda presso di loro. "Sapendo che non pochi missionari e comunità cristiane trovano nella via difficile e spesso incompresa del dialogo l’unica maniera di rendere sincera testimonianza a Cristo e generoso servizio all’uomo, desidero incoraggiarli a perseverare con fede e carità, anche là dove i loro sforzi non trovano accoglienza e risposta. Il dialogo è una via verso il Regno e darà sicuramente i suoi frutti, anche se tempi e momenti sono riservati al Padre (cf. At
Ac 1,7)" (Giovanni Paolo II, Redemptoris missio RMi 57).

4. L’incontro con i Musulmani deve andare al di là di una semplice condivisione di vita. Esso deve permettere un’autentica collaborazione. "Egli vuole che gli rendiamo testimonianza nel rispetto dei valori e delle tradizioni religiose proprie di ognuno, lavorando insieme per la promozione umana e lo sviluppo a tutti i livelli" (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, n. 66).

Sono a conoscenza dei numerosi impegni delle vostre comunità in opere comuni al servizio dell’uomo. Permettetemi tuttavia di sottolineare qui l’importante ruolo svolto dalle religiose a favore della donna, della sua dignità e del suo posto nella società (cf. Giovanni Paolo II, Vita consacrata, nn. 57-58). Vorrei ribadire qui la mia riconoscenza verso tutte le persone consacrate, i religiosi, le religiose e i laici che nei vostri Paesi si adoperano con tanta generosità per i poveri, per i malati, per le donne, per l’educazione dei giovani, con una fedeltà che a volte li conduce fino al martirio. Attraverso la promozione delle persone e delle comunità umane, essi mettono in pratica la tenerezza di Dio verso tutti gli uomini.

96 Come ho scritto ancora nell’Enciclica Redemptoris missio, "la Chiesa educa le coscienze rivelando ai popoli quel Dio che cercano, ma non conoscono, la grandezza dell’uomo creato ad immagine di Dio e da lui amato, l’uguaglianza di tutti gli uomini come figli di Dio, il dominio sulla natura creata e posta a servizio dell’uomo, il dovere di impegnarsi per lo sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini" (n. 58).

5. Nella vostra missione, l’incontro fra le culture occupa un posto importante. La Chiesa guarda con rispetto alle culture di tutti i popoli. Mediante il vostro impegno al servizio dell’educazione, della formazione e degli scambi intellettuali, voi manifestate il rispetto della Chiesa per queste culture che plasmano gli uomini e le donne dei vostri Paesi. L’anno scorso, dinanzi all’Organizzazione delle Nazioni Unite ho affermato che: "il nostro rispetto per la cultura degli altri è radicato nel nostro rispetto per il tentativo che ogni comunità compie per dare risposta al problema della vita umana" (n. 10).

6. Per vivere l’incontro e la collaborazione con gli altri, i cristiani devono avere una fede salda. Sono lieto di constatare la vitalità spirituale delle vostre diocesi nel Maghreb. Per incontrare il prossimo nella verità è necessaria una reale conversione del cuore. Cari fratelli, vi incoraggio a formare comunità che manifestino Cristo perché esse stesse l’hanno incontrato sulla loro strada. Questo tempo di Pasqua ci invita a ricordare che dobbiamo essere prima di tutto testimoni del Risorto, del Cristo vivente di cui facciamo l’esperienza concreta nella nostra esistenza. L’Eucaristia è il bene prezioso che vi viene offerto per costruire comunità autentiche. Siate comunità eucaristiche pronte a vivere ogni giorno la vostra offerta "in memoria del Signore". Che i cristiani trovino il tempo per adorare il Signore, l’Altissimo, che si è fatto uno di noi perché tutti abbiano la vita! Allora voi potrete essere assemblee fraterne che riveleranno agli occhi degli uomini cosa sono "il mondo nuovo, la terra nuova" che noi attendiamo, il cui germe e il cui inizio sono nel Mistero pasquale di Cristo.

Non abbiate paura di essere una Chiesa che si irradia, nel rispetto delle altre tradizioni umane e spirituali, pur rivelando chiaramente e senza timore cosa è. Esprimere ciò che è diventato mediante il battesimo è per il cristiano un arduo compito.

7. Chiesa di Cristo nel Maghreb, voi fate anche parte della Chiesa che è in Africa. A tale titolo avete partecipato all’Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. È stata per voi l’occasione di una condivisione con i Pastori delle altre Chiese locali di questo continente. Con essi voi assumete una stessa responsabilità, quella di annunciare la Buona Novella agli uomini e alle donne di questo continente. Voi dovete affrontare questioni comuni, in particolare l’incontro con i credenti dell’Islam. Giovani africani si stanno formando nelle università dei vostri Paesi, altri sono di passaggio per ragioni di lavoro o di viaggio. Vi esorto a sviluppare gli scambi fra le Chiese del continente, in particolare prospettando una solidarietà più grande per una condivisione del personale apostolico. L’Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa è ormai per voi la Carta della vostra missione comune al servizio del Vangelo.

Voi desiderate concretizzare questa solidarietà con le altre comunità cristiane, anche con le Chiese del Medio Oriente che, come voi, sono presenti in società a maggioranza musulmana e con le quali avete affinità culturali. Vi incoraggio a sviluppare questi vincoli fraterni, a promuovere scambi d’esperienze e a favorire gli incontri e le collaborazioni fra le persone impegnate al servizio del Vangelo in questa regione.

8. Per concludere, vi invito a guardare al futuro con fiducia. Pur restando un piccolo gregge fragile, voi siete la Chiesa di Cristo su questa terra dell’Africa del Nord. È solo in Lui che dovete riporre la vostra speranza. Lasciatevi guidare dallo Spirito Santo lungo le difficili vie del Vangelo. Che Dio vi dia l’audacia dei testimoni della Buona Novella, che vi aiuti a scrutare le misteriose vie dello Spirito, per lasciarvi guidare da Lui alla verità tutta intera (cf. Gv
Jn 16,13); (Giovanni Paolo II, Redemptoris missio RMi 87)!

Alla sollecitudine materna della Vergine Maria, Nostra Signora di Cartagine, Nostra Signora d’Africa, affido il vostro ministero, che esercitate con abnegazione e con coraggio al servizio del popolo di cui siete responsabili. Le affido anche tutte le vostre comunità che vivono generosamente la loro testimonianza in mezzo ai popoli di questa regione. Le chiedo in particolare di essere il vostro sostegno nelle difficoltà e di guidarvi verso suo Figlio. Di tutto cuore imparto la mia Benedizione Apostolica su voi, sui sacerdoti, sui religiosi, sulle religiose e su tutti i fedeli delle vostre Diocesi.

VISITA PASTORALE IN TUNISIA (14 GIUGNO 1996)

INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI

DEL MONDO POLITICO, CULTURALE E RELIGIOSO



Palazzo Presidenziale di Cartagine

Domenica, 14 aprile 1996




Signor Presidente della Repubblica,
97 Signore e Signori,

1. È una gioia per me trovarmi in Tunisia, in questa terra di accoglienza e di amicizia. La ringrazio molto calorosamente, Signor Presidente, per le amabili parole che mi ha appena rivolto, che testimoniano la stima in cui è tenuta la Chiesa nel suo Paese. Ringrazio anche le personalità che hanno voluto partecipare a questa riunione. Attraverso di voi, rappresentanti del mondo politico, culturale e religioso, sono lieto di avere ancora l’opportunità di incontrare, anche se per poco, il popolo tunisino, cui fanno onore la cortesia, l’apertura e la tolleranza.

Queste qualità del carattere tunisino sono senza dubbio in parte il risultato della posizione geografica di questo Paese così come della sua storia. La Tunisia appartiene al mondo arabo, più precisamente al Maghreb e, allo stesso tempo, al mondo mediterraneo. Nel corso della storia, con il susseguirsi delle splendenti civiltà che qui si sono incontrate, si è creata una rete di rapporti che hanno lasciato il loro segno nel Paese. Ancora oggi la Tunisia, che in questi ultimi decenni si è distinta per le sue realizzazioni nei campi dell’educazione e della sanità, svolge un ruolo importante nella cooperazione e negli scambi che si sviluppano nella regione.

2. In questi ultimi tempi, infatti, assistiamo ad un grande movimento per favorire l’intesa e la collaborazione fra i Paesi affacciati sul Mediterraneo. La Santa Sede segue con grande interesse questi sforzi. Di certo, non si può che rallegrarsi della creazione, attraverso gli investimenti e gli scambi tecnologici e culturali, di possibilità per una maggiore prosperità delle popolazioni delle due sponde del Mediterraneo. È essenziale che tutti i settori della popolazione di questi Paesi possano beneficiare dei vantaggi della prevista crescita economica. È anche un dovere di giustizia e di stima reciproca che, nei rapporti con gli altri, ogni nazione possa conservare la propria libertà e ogni popolo possa mantenere la propria identità.

In questo contesto, non si può non sostenere tutti coloro che collaborano con coraggio all’edificazione di una pace giusta e duratura in Medio Oriente. Senza una soluzione equa dei problemi di questa regione, chi potrebbe ragionevolmente parlare di sviluppo e di prosperità?

3. La cooperazione internazionale dovrebbe quindi portare a progressi nello sviluppo integrale dell’uomo e della società, ovvero uno sviluppo che non riguarda solo l’aspetto economico, ma interessa tutte le dimensioni dell’esistenza umana. Così facendo, questa cooperazione favorirà la stabilità e la pace. Quando le aspirazioni profonde di un popolo non sono soddisfatte, le conseguenze possono essere devastanti, e condurre a soluzioni semplicistiche che costituiscono una minaccia per la libertà delle persone e delle società e che talvolta si cerca di imporre con la violenza. Se, invece, ai cittadini si aprono delle prospettive per il futuro fondate su una vera solidarietà fra tutti, essi saranno maggiormente portati a proseguire lungo il cammino di un autentico progresso dell’uomo nella giustizia e nella concordia.

4. È evidente che non spetta ai responsabili religiosi apportare soluzioni tecniche ai problemi dell’economia moderna e della cooperazione internazionale. Essi hanno, comunque, una grande responsabilità nella vita sociale. Devono essere, in qualche modo, la coscienza della società, ricordando i principi etici di cui bisogna tener conto nelle scelte concrete, invitando al rispetto degli autentici valori umani quali la tutela della vita, la dignità della persona e l’onestà. Hanno anche il dovere di parlare a nome dei più deboli e dei più bisognosi, la cui voce non può farsi sentire.

5. La preoccupazione per le persone più svantaggiate della popolazione non è solo responsabilità delle autorità pubbliche, ma deve essere il pensiero di tutti. La Chiesa in Tunisia spera anch’essa, nell’ambito che le è proprio, di contribuire a soddisfare ai bisogni che emergono. Le sue istituzioni nel campo sociale, a favore dello sviluppo, nell’educazione e nella sanità, vogliono essere al servizio di tutti i Tunisini. Sono questi i settori di una feconda cooperazione fra musulmani e cristiani, per contribuire insieme al bene comune.

6. Non è senza emozione, devo confessarlo, che vengo in questo Paese che evoca pagine gloriose della storia del cristianesimo. Chi potrebbe dimenticare i nomi di Cipriano, di Tertulliano, di Agostino? Li ho ricordati questa mattina, pregando con la comunità cristiana. Ma come non menzionare anche, con ammirazione, il contributo della civiltà araba e il ruolo dei suoi pensatori, in particolare nel trasmettere le scienze, o ancora gli scritti del grande filosofo tunisino Ibn Khaldun, un precursore nel campo della riflessione storica e sociologica?

Le opere prodotte dagli spiriti illustri di questo Paese, cristiani e musulmani, costituiscono un ricco patrimonio che merita di essere conosciuto più profondamente. Vorrei ricordare in modo particolare in questo ambito l’importanza degli scambi culturali fra popolazioni fortemente segnate sia dal cristianesimo sia dall’islamismo. Questi scambi devono essere favoriti e sostenuti poiché, come ho detto lo scorso anno in occasione della mia visita all’Organizzazione delle Nazioni Unite, la cultura "è un modo di dare espressione alla dimensione trascendente della vita umana. Il cuore di ogni cultura è costituito dal suo approccio al più grande dei misteri: il mistero di Dio" (Giovanni Paolo II, Messaggio all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 5 ott. 1995: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 738). Tuttavia, è anche un fatto paradossale del mondo contemporaneo che proprio quando la comunicazione diventa più facile e rapida, la conoscenza reciproca rischia di rimanere ad un livello superficiale.

7. In quest’epoca si è avuto uno sviluppo importante nel dialogo fra musulmani e cristiani. Per i cattolici, il Concilio Vaticano II ha costituito un passo decisivo, incoraggiandoli ad aprirsi a questo dialogo e alla collaborazione con i musulmani. Il Concilio esortava cristiani e musulmani, nei termini ben noti della Dichiarazione Nostra Aetate, "a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà" (Nostra Aetate
NAE 3).

98 Bisogna rendere omaggio alla Tunisia per le sue iniziative in questo campo, come, ad esempio, i colloqui fra musulmani e cristiani organizzati dal Centro di Studi e di Ricerche Economiche e Sociali, il contributo di musulmani tunisini e di cristiani che vivono in Tunisia a diversi gruppi di ricerca e di riflessione di cui vengono apprezzati i lavori. Ho appreso con piacere che si stanno promuovendo scambi accademici fra la prestigiosa università della Zaytouna e alcune università Pontificie di Roma.

8. Permettetemi di riflettere ancora un momento con voi sulle condizioni necessarie affinché questo dialogo sia fecondo. È indispensabile innanzitutto che sia animato da un autentico desiderio di conoscere l’altro. Non si tratta di una semplice curiosità umana. L’apertura all’altro è, in qualche modo, una risposta a Dio che ammette le nostre differenze e che vuole che ci conosciamo più profondamente. Per questo, porsi nella verità gli uni di fronte agli altri è un’esigenza fondamentale.

I protagonisti del dialogo saranno sicuri e sereni nella misura in cui saranno veramente radicati nelle rispettive religioni. Questo radicamento consentirà l’accettazione delle differenze e farà evitare due ostacoli opposti: il sincretismo e l’indifferentismo. Consentirà anche di trarre profitto dallo sguardo critico dell’altro sul modo di formulare e di vivere la propria fede.

La fede sarà anche alla base di quella forma di dialogo che è la collaborazione al servizio dell’uomo di cui ho già parlato. Credendo in Dio creatore, riconosciamo la dignità di ogni persona umana creata da Lui. In Dio abbiamo la nostra origine e in Lui il nostro destino comune. Fra questi due poli vi è il cammino della storia lungo il quale dobbiamo procedere fraternamente in uno spirito di aiuto reciproco, per raggiungere la fine trascendente che Dio ha stabilito per noi.

Vorrei qui ribadire l’appello che ho lanciato durante il mio viaggio in Senegal: "Compiamo insieme uno sforzo sincero per giungere ad una comprensione mutua più profonda. Che la nostra collaborazione in favore dell’umanità, iniziata nel nome della nostra fede in Dio, sia una benedizione e favorisca tutto il popolo" (Giovanni Paolo II, Ai capi religiosi musulmani, 22 feb. 1992: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XV, 1 (1992) 395).

9. Queste sono alcune riflessioni in occasione di questa visita, una visita breve, è vero, ma molto ricca di significato. Serberò nel mio cuore il ricordo del popolo tunisino. Vi assicuro della mia preghiera affinché Dio Onnipotente e Misericordioso conceda le sue abbondanti benedizioni a questo Paese e a tutti i suoi abitanti.

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