GP2 Discorsi 1996 135


VISITA PASTORALE IN SLOVENIA

CERIMONIA DI BENVENUTO


Aeroporto Internazionale di Brnik, Ljubljana

Venerdì, 17 maggio 1996




Signor Presidente!
Carissimi cittadini della Repubblica di Slovenia!

1. Sono lieto di trovarmi per la prima volta nella vostra Patria, in questa Terra costellata di innumerevoli campanili, chiese e cappelle, che testimoniano le profonde radici cristiane del vostro Popolo.

Vi sono riconoscente per l’affettuoso benvenuto, impreziosito dal suono delle campane, che ha diffuso in tutto il territorio dello Stato l’esultanza del Popolo sloveno per la visita del Successore di Pietro.

Saluto cordialmente il Presidente della Repubblica, Signor Milan Kucan, che ringrazio per le cortesi parole di accoglienza rivoltemi a nome della Nazione. Con lui saluto il Primo Ministro, l’intero Governo e i membri del Corpo Diplomatico.

Un particolare pensiero rivolgo ai Vescovi della Slovenia per la loro fraterna presenza. Porgo, altresì, il mio riconoscente saluto ai rappresentanti della Chiesa Ortodossa, della Comunità evangelica e delle altre Comunità ecclesiali, qui convenuti.

Ad accogliere il Vescovo di Roma, pellegrino in Terra slovena, è presente anche una nutrito gruppo di Sloveni residenti all’estero, i quali con questo gesto di fede hanno desiderato accrescere la comune gioia: a loro ed a quanti essi rappresentano va il mio saluto, insieme con l’attestazione del mio sincero affetto.

136 Uguali sentimenti esprimo agli Italiani e agli Ungheresi, nonché ai Croati, ai Serbi, ai Bosniaci e ai membri di altre Nazioni, presenti a questo incontro. Mentre auspico che la Slovenia rimanga fedele alle sua vocazione di crocevia di Popoli e di ponte tra il mondo slavo, germanico, latino e ungherese, formulo fervidi voti perché il raggiungimento di una pace giusta e duratura nel Sud-Est europeo permetta ad ogni Popolo di vivere, libero e rispettato, nella propria terra.

2. La prima visita pastorale del Papa in Slovenia avviene dopo il raggiungimento dell’indipendenza. Questa situazione, nuova per la storia del vostro Popolo, aggiunge un ulteriore motivo di letizia alla mia presenza tra voi. La Sede Apostolica, che ha salutato con favore la costituzione del nuovo Stato, riconoscendone tra i primi l’indipendenza e ribadendo con forza il diritto dei popoli alla autodeterminazione, ha seguito con particolare attenzione le vostre vicende ed ha apprezzato il modo pacifico e democratico con cui avete raggiunto la piena sovranità.

Anche oggi la Santa Sede, condividendo gli sforzi che state sostenendo per superare le inevitabili difficoltà connesse con la nuova fase della vostra storia, vi esorta a cercare con coraggio nelle più salde virtù del vostro Popolo e nella fede cristiana la forza per costruire tutti insieme il vostro futuro.

3. L’occasione per apprezzare e recuperare la carica umanizzante, costituita dall’incontro di un Popolo con Gesù Cristo, vi è offerta dalla celebrazione dei 1250 anni dalla conversione del vostro Popolo alla fede cristiana.

Questo evento non costituisce soltanto un fatto ecclesiale; esso è anche un’importantissima tappa nella storia della Nazione. Il ricordo dell’inizio dell’evangelizzazione dei vostri antenati dev’essere perciò l’occasione per la riscoperta delle vostre antiche radici e per l’apertura di nuove prospettive alla vostra cultura. Fu proprio a partire dall’accettazione delle fede cristiana che furono redatti i primi documenti scritti della vostra lingua materna: significativamente essi riguardano formulari di preghiera e testi della Sacra Scrittura.

Nel corso dei secoli, poi, l’adesione al Vangelo è stata elemento determinante nella progressiva formazione dei caratteri della vostra Nazione, mentre l’autorità ecclesiastica, in assenza di un’autorità civile indipendente, contribuiva in modo incisivo a custodire la vostra identità nazionale, a promuovere le aspirazioni più intime e profonde della popolazione, a preservarne i valori fondamentali.

La vostra Terra, intrisa del sudore e spesso del sangue dei suoi laboriosi e generosi abitanti, ha dato i natali a figure luminose di credenti, tra cui emerge quella del venerabile Servo di Dio Anton Martin Slomšek. Guardando a questi suoi figli, la Nazione ha saputo trovare la forza per superare momenti di difficoltà, la fierezza delle proprie radici, la speranza per camminare verso il futuro. E la Chiesa ha camminato con essa.

Anche oggi, fortificata dalle prove subite nel recente passato, la Chiesa, fedele alla sua missione in Terra slovena, altro non cerca se non di servire e prodigarsi per il bene di tutti. Per questo essa si propone di annunciare con rinnovato slancio Gesù Cristo, per offrire a tutti, ed in particolare ai giovani, ragioni di vita e di speranza, tutti chiamando alla riconciliazione e alla solidarietà.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle della Slovenia! Auspico che la Visita apostolica, che oggi inizio tra voi, contribuisca al rinnovamento morale e cristiano del vostro Popolo, impegnato a superare errori e deviazioni del passato, per costruire un futuro degno della sua storia millenaria.

Vi assista la Madre del Signore, venerata con particolare affetto in tutte le contrade della Slovenia.

Dio vi benedica!

VISITA PASTORALE IN SLOVENIA

INCONTRO DI PREGHIERA CON I SACERDOTI, I RELIGIOSI,

LE RELIGIOSE ED UN GRUPPO DI FEDELI



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Cattedrale di Ljubljana - Venerdì, 17 maggio 1996

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,

carissimi Religiosi e Religiose,
Fratelli e Sorelle!

1. È per me motivo di grande gioia incontrare voi che, in diverso e vario modo, servite con sollecitudine il Popolo di Dio, o vi state preparando a questa impegnativa missione.

Saluto con affetto il Pastore dell’Arcidiocesi, Mons. Alojzija Šuštarja, i suoi Ausiliari e tutti i Vescovi della Slovenia. Attraverso le loro persone giunga il mio cordiale augurio all’intero popolo sloveno.

Il nostro incontro avviene nel contesto di una solenne celebrazione vespertina, durante questo tempo pasquale, proteso verso la solennità della Pentecoste ormai imminente. Sentiamo quasi di rinnovare qui l’esperienza della comunità primitiva, quando gli Apostoli, nei giorni precedenti la discesa dello Spirito Santo, rimasero "assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù, e con i fratelli di lui" (
Ac 1,14).

Anche noi, carissimi Fratelli e Sorelle, siamo radunati in preghiera insieme con la Madre celeste, per domandare al Signore di rinnovare l’effusione dello Spirito Santo. La Chiesa in Slovenia, come in tutti i Paesi del mondo, ha bisogno della forza divina dello Spirito per proseguire l’opera della nuova evangelizzazione. Impetri Maria questo grande dono per l’intera Comunità ecclesiale, in modo speciale per i Vescovi, i sacerdoti, i consacrati e le consacrate, affinché siano in grado di adempiere la loro missione al servizio del Vangelo.

Nelle prove a cui, lungo i secoli, il popolo sloveno è stato ripetutamente sottoposto, i Pastori della Chiesa non hanno mancato di farsi presenti per annunciare il Vangelo della vita e difendere la dignità e gli inalienabili diritti di ogni essere umano. Ciò si è verificato con ancor più grande coraggio in anni a noi vicini, durante il fascismo, il nazismo e il comunismo. Come non ricordare l’eroico esempio di intrepida dedizione di Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, che con profonda fede nella Provvidenza divina hanno condiviso la sorte del Popolo di Dio? E come non far menzione dell’azione svolta da molti sacerdoti, consacrati e consacrate, oltre che nel campo religioso e umanitario, anche in quello della cultura, della scuola, della scienza, dell’economia? Tra i molti esempi luminosi, spicca quello di un’insigne figura di Pastore totalmente dedito al servizio del suo gregge, il venerabile Servo di Dio Anton Martin Slomšek, il cui processo canonico volge felicemente a conclusione.

2. A voi, sacerdoti, a voi, persone consacrate, a voi, missionari del Vangelo, desidero oggi esprimere il mio grato apprezzamento per quanto, seguendo le orme di questi coraggiosi testimoni, avete fatto nei difficili anni trascorsi.

Il ricordo del passato deve spingere a progettare il futuro. La Chiesa in Slovenia, per rimanere fedele alla propria tradizione e soprattutto al Vangelo, è chiamata oggi a dirigersi verso nuovi traguardi, preparandosi adeguatamente ad entrare nel terzo millennio della fede. Ciò domanda rinnovato ardore e indomita fedeltà a Cristo ed al suo messaggio di salvezza.

138 Cari Sacerdoti! Se l’esistenza cristiana è "vita spirituale, ossia vita animata e guidata dallo Spirito verso la santità o perfezione della carità" (Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis PDV 19), ciò vale in misura particolare per il sacerdote. La parola slovena "duhovnik" (sacerdote) sta a significare un uomo compenetrato dallo Spirito di Cristo, una persona che porta questo Spirito nel mondo. Egli, tuttavia, non può adempiere questa missione da solo, in maniera isolata; dev’essere unito con i confratelli e, anzitutto, con il proprio Vescovo. Il sacerdote è l’"uomo per la comunità". Come ho ricordato nell’Esortazione Pastores dabo vobis: "Il ministero ordinato ha una radicale "forma comunitaria" e può essere assolto solo come "un’opera collettiva". Su questa natura comunionale del sacerdozio si è soffermato a lungo il concilio, esaminando distintamente il rapporto del presbitero con il proprio Vescovo, con gli altri presbiteri e con i fedeli laici" (n. 17).

Il compito prioritario della nuova evangelizzazione domanda pertanto presbiteri "radicalmente e integralmente compenetrati dal mistero di Cristo e capaci di realizzare un nuovo stile di vita pastorale, segnato dalla profonda comunione con il Papa, con i Vescovi e tra di loro, e da una profonda collaborazione con i fedeli laici, nel rispetto e nella promozione dei diversi ruoli, carismi e ministeri all’interno della comunità ecclesiale" (n. 18).

Nel contesto di questo servizio alla comunione si inserisce il celibato. Esso non va vissuto dal sacerdote come una sorta di "prezzo" da pagare per l’Ordinazione, bensì - come ben viene sottolineato nella tradizione della Chiesa latina - quale precipuo dono di se stesso per essere tutto per Dio e tutto per gli altri. In cambio di tale dono il divino Maestro assicura nel Vangelo il centuplo e la vita eterna (cf. Mt Mt 19,29).

3. Mi rivolgo ora a voi, care persone consacrate, che nella Chiesa siete chiamate a vivere più radicalmente un’esistenza "trasfigurata", mediante la professione dei consigli evangelici (cf. Giovanni Paolo II, Vita consecrata VC 20). La vostra vocazione vi impegna alla ricerca del Regno di Dio nella santificazione personale e nel contributo generoso all’animazione cristiana dell’ambiente (cf. Ivi, n. 35). Ciò otterrete nella misura in cui saprete porre l’Eucaristia al centro della vostra vita, facendo della preghiera il respiro del vostro quotidiano operare. La radicalità della vostra donazione, sostenuta da un costante colloquio con il Signore, vi aiuterà a non soccombere allo "spirito del tempo". Lo stile di vita fraterno, il "sentire cum Ecclesia", la comunione col Vescovo e con tutte le componenti della Chiesa locale vi aiuteranno a far fruttificare in abbondanza i carismi che avete ricevuto dallo Spirito per il bene dell’intero popolo cristiano (cf. Ivi, nn. 42-51).

Nutrite una grande devozione alla Vergine, Madre e Regina della Slovenia, da voi invocata con il bel titolo di "Aiuto dei cristiani". Nel vostro Paese non siete forse voi, cari religiosi e religiose, ad aver cura dei maggiori santuari mariani, tra i quali quelli ben conosciuti di Brezje, Ptujska Gora e Sveta Gora? Custodi e promotori della pietà mariana, che occupa un posto importante nella spiritualità cristiana, siate esempi viventi di quelle virtù che rifulgono nella Madre del Signore. Ella vi indicherà il cammino che conduce a Cristo (cf. Ivi, n. 28).

4. Carissimi sacerdoti e persone consacrate, la società attende da voi un costante sostegno spirituale. Essa ha bisogno della vostra coerente testimonianza evangelica. Andate verso tutti con cuore grande e libero, allo scopo di condurre i vostri fratelli, con bontà e fermezza, a vivere appieno la vocazione di figli dell’unico Padre celeste, il quale vuole che tutti siano salvi (cf. 1Tm 2,4).

Il vostro popolo attraversa un’epoca di radicale trasformazione: mentre cerca di liberarsi gradualmente dalle negative conseguenze di un’ideologia totalitaria che lo ha fortemente condizionato, è proteso con ogni sforzo verso la realizzazione di una società più fraterna e democratica. Occorre, tuttavia, rimanere particolarmente vigili per impedire che l’accoglienza di un’altra ideologia non meno pericolosa, quella di un liberalismo sfrenato, occupi il posto lasciato vuoto dalla precedente. Questi sono anni di transizione e la vostra parola unita all’esempio è indispensabile, come lo fu un tempo la guida di Mosè, che, confidando saldamente in Dio, riuscì a condurre il popolo eletto nel difficile passaggio dalla schiavitù alla vera libertà (cf. Gs GS 1,15-18).

Affido a voi questo compito nella certezza che, con l’aiuto di Dio, potrete realizzarlo fino in fondo. Darete in tal modo anche un contributo essenziale alla rinascita civile e spirituale dell’amata Nazione slovena, imprimendo fiducia ed ottimismo ai presenti sforzi per la ricostruzione materiale e morale del vostro Paese. Preoccupatevi soprattutto di formare le nuove generazioni alle responsabilità che le attendono.

5. Cura particolare dovrà essere prestata, in questa prospettiva, alle vocazioni sia al sacerdozio che alla vita consacrata. È vero: l’intera comunità cristiana è chiamata a pregare e ad agire nel concreto affinché "il Padrone della messe mandi operai per la sua messe" (Lc 10,2). Ma è domandato specialmente a voi di prestare costante attenzione ai germi di vocazione che il Signore anche oggi semina in tanti giovani cuori. Penso, in proposito, alle singolari responsabilità dei sacerdoti che operano in cura d’anime. È loro dovere incoraggiare quanti avvertono la chiamata del Signore e sostenerne passo passo il cammino; sarà pure loro preoccupazione esortare i genitori a discernere ed accettare i segni della vocazione nell’animo dei loro figli.

Con affetto mi rivolgo a voi, cari seminaristi, novizie e novizi, ed a tutti voi, studenti di teologia. Il vostro entusiasmo giovanile, l’anelito che nutrite per i valori autentici e l’amore che avete per Cristo, costituiscono un grande motivo di speranza per la Chiesa. Voi siete chiamati, nei prossimi decenni, ad essere al servizio diretto del Popolo di Dio. Preparatevi con serietà e competenza a questa missione! Lo studio e la formazione nei seminari e nei noviziati siano scanditi dal ritmo della preghiera, dall’accoglienza reciproca, dall’amore verso tutti. Collaborate docilmente con i vostri educatori. Il fervore giovanile che vi anima illumini e riscaldi gli ambienti, nei quali state completando il vostro iter formativo.

6. Cari Fratelli nell’Episcopato, cari sacerdoti, cari religiosi e religiose, cari fratelli e sorelle: il popolo sloveno ha bisogno di voi. L’Europa e il mondo hanno bisogno di voi, perché hanno bisogno di Cristo. È a Lui che vi "siete promessi". Al suo servizio vi siete posti mediante l’Ordinazione o la consacrazione religiosa. Riconfermate oggi i vostri impegni e proseguite nel vostro cammino con serenità e fiducia!

139 Vi affido a Maria, la prima discepola del Cristo risorto, che a ragione invochiamo "Regina degli Apostoli". Sia Lei, Stella della nuova evangelizzazione, a guidare i vostri passi e a sostenervi lungo l’arduo cammino quotidiano, perché sappiate rispondere costantemente e generosamente alla vostra vocazione.

Non dimenticate che "fedele è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!" (
1Co 1,9). E sappiate che vi è vicino con la sua preghiera il Papa, che ora a tutti imparte con affetto la sua Benedizione nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

VISITA PASTORALE IN SLOVENIA

INCONTRO CON I GIOVANI


Aeroporto sportivo di Postojna - Sabato, 18 maggio 1996




"Haec est dies, quam fecit Dominus . . .": "Questo è il giorno che ha fatto il Signore, rallegriamoci ed esultiamo in esso" (cf. Sal Ps 117,24).

1. Carissimi giovani, vi saluto con le parole del Salmo, che la Liturgia del tempo pasquale ci ha rese familiari. Esse ci invitano a rallegrarci. È un invito che cade particolarmente opportuno in questa circostanza, in cui il Papa ha la gioia di incontrarsi con voi, giovani della Slovenia, convenuti numerosi qui a Postojna, dove s’incrociano molte strade, per le quali sono passate nei secoli persone di ogni parte d’Europa. Sono lieto di festeggiare con voi il mio settantaseiesimo compleanno.

I giorni della nascita e del battesimo richiamano alla mente il dono della vita e la giovinezza della fede, che Dio incessantemente rinnova. Perciò sono lieto di riflettere oggi con voi su ciò che più caratterizza la giovinezza, cioè il senso della vita e la vocazione.

Ringrazio il Vescovo di Koper, Mons. Metod Pirih, per le parole che mi ha poc’anzi rivolto. Ringrazio pure i vostri tre giovani rappresentanti, che si sono resi interpreti dei vostri sentimenti e mi hanno presentato, anche a nome vostro, alcune interessanti domande. Grazie a tutti per la calorosa accoglienza!

"Questo è il giorno che ha fatto il Signore . . . ". Il giorno fatto dal Signore è il giorno pasquale, che ricapitola in sé tutta l’opera della creazione - "Dio vide che era cosa buona" (Gn 1,19) - e rivela al tempo stesso la divina potenza della redenzione. Il Cristo risorto, vincitore della morte, proietta la luce del Vangelo su tutto il creato, Egli che disse: "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre" (Jn 8,12).

2. Seguire Cristo vuol dire credere in Lui ed accoglierne l’insegnamento. Credere che Egli è la via, la verità e la vita. Il brano del Vangelo di Giovanni, proclamato poco fa, ci ha riproposto il racconto della duplice apparizione di Cristo risorto agli Apostoli nel Cenacolo. In questo racconto assume un particolare rilievo la figura di Tommaso. Vorrei soffermarmi con voi sull’esperienza di questo Apostolo incredulo, che giunge poi ad una solenne professione di fede. È un’esperienza che continua nella storia dell’uomo: con essa ciascuno è invitato a confrontarsi.

L’evangelista Giovanni dice che Tommaso era entusiasta di Gesù ed era persino disposto a rischiare la vita per seguirlo (cf. Gv Jn 11,16). Possiamo riconoscere in Tommaso tutti i giovani che si entusiasmano per Cristo e per gli ideali da Lui proposti. Tuttavia, quando per Gesù sopraggiunge "la sua ora" ed Egli viene arrestato, condannato a morte e crocifisso, prevale in Tommaso il dubbio. Quando Cristo risorto appare agli Apostoli nel Cenacolo, egli non si trova tra loro. Informato successivamente dagli altri, Tommaso dice: "Se non vedo . . . non crederò" (Jn 20,25). E Gesù ritorna, mostra le sue piaghe aperte, segno del perenne amore di Dio per noi peccatori. Tommaso vede e allora crede. Nell’incontro col Signore risorto ritrova pienamente se stesso e crede con tutto il proprio essere. "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!" (Jn 20,29).

Le difficoltà a credere di molti cristiani di oggi non sono forse simili a quelle di Tommaso? Tutti siamo chiamati a prendere posizione nei confronti di Gesù. L’apostolo Tommaso è un esempio di cercatore sincero: egli non si vergogna di manifestare il suo dubbio. E quando incontra Gesù risorto e può toccare con mano i segni della Passione, il dubbio si dissolve ed egli non ha più bisogno di alcuna dimostrazione. Quest’incontro lo trasforma così profondamente che egli esclama: "Mio Signore e mio Dio!" (Jn 20,28).

140 3. Cari giovani amici! Qual è il vostro atteggiamento nei confronti di Cristo? Egli non sta davanti a voi visibilmente, come quel giorno comparve davanti all’apostolo Tommaso. Ma anche oggi Egli vi mostra in qualche modo le ferite del suo corpo glorioso nella testimonianza sofferta di quanti, nel corso dei secoli, hanno creduto in Lui e per suo amore si sono prodigati a servizio dei fratelli a prezzo di personali sacrifici, a volte anche eroici. Ecco: stanno dinanzi ai vostri occhi tanti testimoni di Cristo! Si tratta di generazioni di donne e di uomini cristiani, anche del vostro Popolo, che hanno dato la vita per Lui.

Oggi io vorrei ripetere: Beati voi, giovani, se saprete credere senza vedere, senza toccare, attratti soltanto dalla bellezza e dalla verità del Vangelo testimoniato dai santi.

Beati voi, se la fiducia nell’amore di Dio sarà più forte dello scetticismo e dei pregiudizi; se saprete superare con essa le delusioni ed ogni tentazione di scoramento e di resa.

Beati voi, giovani, se avrete il coraggio di non sfuggire agli appuntamenti con Gesù, ma saprete incontrarlo nella fedeltà, nella misericordia, nel perdono, nel sacrificio affrontato per amore.

Beati voi, se il vostro sguardo non si fermerà alla superficie delle cose e delle persone, ma saprà andare al cuore delle vicende; se attraverso il visibile e il tangibile saprete cogliere l’essenziale, che è sempre nascosto e velato per essere donato ed accolto nella libertà. Beati voi!

4. Ed ora, carissimi, vorrei rispondere alle domande che mi avete rivolto all’inizio di quest’incontro.

La prima domanda riguarda la paura e la speranza. Se penso alla mia vita, posso dire che un’indimenticabile esperienza di pericolo e di paura è certamente quella della guerra. Avevo vent’anni quando sull’Europa e sul mondo si scatenò la tempesta della seconda guerra mondiale, seminatrice di morte e di distruzione. La mia generazione è stata segnata dalla paura dei bombardamenti, delle deportazioni, delle rappresaglie. Conosco purtroppo che cosa significhi provare paura.

E posso capire, perciò, lo stato d’animo degli apostoli che - secondo quanto abbiamo ascoltato nel brano evangelico - s’erano chiusi nel cenacolo "per paura dei Giudei" (
Jn 20,19). Probabilmente pensavano che tutto fosse ormai perduto, che non ci fosse più speranza. Ma in quel momento entra Gesù "a porte chiuse" ed allora tutto improvvisamente cambia.

Carissimi, ecco la risposta alla vostra domanda: Cristo è colui che entra costantemente nel cenacolo. Entra in tanti cenacoli, dove si trovano uomini intimoriti e scoraggiati, come gli Apostoli dopo la prova del Venerdì Santo. Cristo entra e va incontro ai tanti "Tommaso" di oggi, per convincerli della sua vittoria sulla morte, del suo amore che dona la pace, della potenza salvifica della redenzione e della grazia.

Dobbiamo essere pronti ad accoglierlo, per "gustare come è buono il Signore" (cf. 1Pt 1P 2,3). Carissimi, quando siete tentati di chiudervi in voi stessi perché la vita vi preoccupa o, talora, vi spaventa, ricordate che Gesù risorto bussa alla porta del vostro cuore e attende che voi lo lasciate entrare. Egli, se lo accogliete, dice a ciascuno: "Pace a te!". Accoglietelo! Apritegli! Non abbiate paura!

Molti giovani non vedono un avvenire e si rifugiano nell’evasione del divertimento, dell’alcol del sesso, della droga; altri subiscono crolli psichici, altri cercano scampo nell’indifferenza o si lasciano attrarre in gruppi violenti. Sono tentativi di sfuggire al vuoto interiore. Ma il timore e la disperazione rimangono in agguato. Solo la fede e l’amore possono vincere la paura e riaccendere la speranza. Vi auguro di tutto cuore di poter vincere con l’amore ogni paura e di irradiare dappertutto la speranza. Anche ai nostri giorni non mancano testimonianze stupende di persone che credono nell’amore di Cristo e da esso attingono la forza per portare pace dove c’è guerra, verità dove c’è menzogna, perdono dov’è discordia, solidarietà e condivisione dov’è emarginazione ed egoismo.

141 Cari giovani, guardate a Maria! È un esempio straordinario del coraggio e della speranza che sa avere chi crede alla parola di Dio e l’accoglie nella propria vita. Come Maria, fidatevi del Signore! Poggiando su di Lui non resterete delusi.

5. La vostra seconda domanda dice: Come possiamo costruire la Chiesa? Qui ci viene in aiuto il brano della prima Lettera di Pietro, che abbiamo ascoltato all’inizio. San Pietro afferma che Cristo è la "pietra viva" (
1P 2,4), è colui che dona la vita con il suo Spirito Santo, così che tutti coloro che l’accolgono diventano essi pure "pietre vive", costruttori di un "edificio spirituale" (cf. Ivi, 2, 5). L’Apostolo, rivolgendosi ai primi cristiani, ricorda loro questa stupenda e misteriosa vocazione: "Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce" (Ivi 2, 9).

Cari giovani, impegnatevi ad "essere" Chiesa. Per questo entrate sempre più in comunione con Gesù: mediante la liturgia, la catechesi, la vita fraterna nella comunità. Riscoprite il vostro Battesimo come realtà che continua ad essere attiva nel vostro presente. Rendete più profonda la vostra appartenenza a Cristo mediante i sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia. Siate fieri di fare parte della Chiesa e coinvolgetevi nella sua grande missione. Collaborate con umiltà e generosità alla vita della parrocchia, delle varie associazioni e movimenti apostolici in cui siete inseriti. Lavorate perché crescano in essi fraternità e impegno missionario e si allarghi l’adesione ad essi di altri vostri coetanei. Renderete, così, le vostre comunità cantieri di pace e di unità, nei quali si costruisce un futuro di solidarietà, a vantaggio anche della stessa vostra Nazione.

6. La terza vostra domanda riguarda l’esigenza di tenere unite la fede e la vita: un’esigenza più che mai urgente ai nostri giorni e che giustamente a voi giovani sta molto a cuore. La fede, carissimi, è per la vita, perché la vita sia piena, vera, eterna. I sacramenti, la liturgia, la catechesi, tutto tende a questo. Chi crede in Gesù e lo segue, riempie del suo Spirito la propria esistenza ed offre alla comunità ecclesiale e alla società un contributo responsabile e creativo.

Certo, anche i cristiani sono esposti all’influsso della mentalità individualista e consumista, diffusa talora dai mezzi di comunicazione di massa, con ingannevoli miraggi di felicità e falsi modelli di autorealizzazione. Ma io vorrei oggi ripetervi: conoscete voi stessi, scoprite la verità di voi stessi, perché soltanto la verità vi farà liberi. L’apostolo Tommaso è stato critico riguardo a ciò che gli raccontavano gli altri Apostoli, ma è rimasto aperto alla verità. E nell’incontro col Risorto ha scoperto pienamente che la verità è una Persona viva: Gesù Cristo. Di fronte a Lui ha compreso la propria vita come chiamata e come missione. Per Gesù ha offerto tutte le proprie energie e la stessa vita, spingendosi fin nella lontana India per portare il Vangelo.

Cari giovani amici, voi non avete bisogno di incontrare fisicamente Gesù. Per credere vi basta la testimonianza di Tommaso e degli altri Apostoli e della Chiesa. Possa Gesù diventare per voi la persona per la quale vale la pena di impegnare tutta la vita. Fatelo entrare nei vostri progetti, in ogni vostra attività. Sarete così missionari nella vita quotidiana, nei rapporti con i familiari, con i compagni di scuola e di lavoro, con gli amici del tempo libero e dello sport, nell’impegno sociale. Seguite Gesù nelle scelte importanti della vita: la scelta del matrimonio o quella della verginità per il servizio al Regno di Dio. Chi è chiamato al ministero sacerdotale accolga con umile riconoscenza questa vocazione e risponda generosamente.

Una parola per i giovani di lingua italiana. Carissimi, Cristo vi ama e cammina con voi. Non dubitatene mai! Con Lui tutto acquista senso: i momenti positivi e anche quelli negativi.

Approfondite la vostra amicizia con Gesù: cercatelo nel Vangelo, nell’Eucaristia, nei volti dei fratelli; conversate con Lui nella preghiera; poneteGli le domande importanti su voi stessi, sulla vostra vita, sulla missione che vi attende nella Chiesa e nella società.

Se le vostre giornate saranno permeate della sua presenza, non vi sarà più in voi separazione tra fede e vita; diventerete persone integre, coerenti, capaci di testimoniare con umiltà ed insieme con coraggio il suo amore. Contribuirete così alla trasformazione del mondo; lo renderete più umano e, quindi, più divino. Amate la Madonna! A Lei, Madre e modello dei discepoli, tutti vi affido.

Cari amici, grazie ancora per la vostra accoglienza. Coraggio! Camminate nella fede, nella speranza e nell’amore. Offrite la vostra persona e la vostra esistenza al soffio dello Spirito Santo, e lasciatevi sospingere da Lui verso il mare aperto del Terzo Millennio.

Il Papa vi vuole bene.

142 Grazie giovani, grazie Slovenia. Siano lodati Gesù e Maria.

VISITA PASTORALE IN SLOVENIA

INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI

DEL MONDO DELLA SCIENZA E DELLA CULTURA



Cattedrale di Maribor - Domenica, 19 maggio 1996

Signore e Signori!


1. È per me una vera gioia incontrare voi, illustri rappresentanti della cultura e della scienza in Slovenia, responsabili dello sviluppo e della diffusione delle scienze tra le giovani generazioni, benemeriti continuatori della tradizione di cultura e di arte del vostro Paese. Con deferente cordialità vi porgo il mio saluto.

La vostra è una cultura antica. Voi ne siete legittimamente orgogliosi, anche perché, proprio grazie ad essa, avete conservato la vostra identità durante i secoli in cui siete rimasti privi di uno Stato. La vostra coscienza nazionale e la vostra coesione interna hanno tratto la propria forza dalla lingua e dalla cultura, che le passate generazioni hanno promosso e sviluppato. La stessa indipendenza della Slovenia ha il suo ultimo fondamento nella vostra cultura. Il riconoscimento internazionale dell’indipendenza slovena, a cui pure la Santa Sede ha partecipato tra i primi, si traduce anche in qualche modo nel riconoscimento della peculiarità propria della cultura slovena quale elemento decisivo dell’identità nazionale.

2. La vostra cultura ha le sue remote origini nell’attività missionaria dei monaci benedettini provenienti da Aquileia e Salisburgo, a metà dell’ottavo secolo, per iniziativa del Principe Holimir. Ne sono la prima espressione e testimonianza i cosiddetti Monumenta Frisingensia, il primo testo slavo in caratteri latini. Un’altra fonte molto significativa risiede nell’attività missionaria dei santi Fratelli Cirillo e Metodio, grandi maestri di fede, che ebbero viva coscienza dell’importanza del vincolo tra fede e cultura. Il patrimonio spirituale in cui si sostanzia la vostra cultura deve molto, perciò, all’ispirazione cristiana presente nelle due grandi tradizioni culturali europee: l’orientale e l’occidentale, sebbene quest’ultima sia in Slovenia di gran lunga predominante.

Ogni autentico incontro del Vangelo con una determinata cultura avrà in essa un processo di purificazione e di sviluppo che ne rivela, col passare del tempo, le recondite potenzialità. Questo è avvenuto anche nell’incontro del cristianesimo col genio sloveno. I vostri antenati hanno riconosciuto in Gesù Cristo il loro Salvatore e, a contatto col Vangelo, hanno approfondito a poco a poco il loro senso morale. Nella contemplazione della figura divina e umana del Verbo incarnato si è affinato persino il loro senso estetico, come testimoniano chiese e cappelle, che conferiscono un fascino tutto particolare al vostro paesaggio, nonché la ricchezza dei vostri canti popolari, che hanno spesso una forte componente religiosa, e i tesori della musica sacra, da Jacobus Gallus fino ai compositori contemporanei.

L’orizzonte cristiano fa da sfondo ai vostri poeti e scrittori, da Prešeren a Balantic, da Cankar a Pregelj, per citarne solo alcuni. Nella stessa atmosfera spirituale si muovono i vostri pittori Jakopiè, Kregar ed altri. Allo stesso mistero cristiano si ispira fortemente Plecnik, che ha segnato in modo indelebile la vostra architettura del ventesimo secolo, arricchendo delle sue realizzazioni anche città come Praga e Vienna. La vostra partecipazione alla cultura europea si estende al campo del pensiero e della scienza. Basti ricordare qui Fran Miklošic, rettore dell’Università di Vienna e padre della filologia slava, e il filosofo France Veber.

Il rapporto fecondo tra cultura e Vangelo è attestato nella vostra storia anche nel campo della pedagogia, dell’economia, dell’attività sociale e politica, dove incontriamo personalità eccezionali come quella del Vescovo Anton Martin Slomšek, la cui prima preoccupazione fu sempre, insieme con l’annuncio della Buona Novella e la riforma morale del popolo, la promozione della cultura nazionale. Il Popolo sloveno può, dunque, offrire numerose testimonianze dell’incidenza che il Vangelo ha in tutti i campi della vita.

3. E oggi? Anche la Slovenia risente della situazione generale in cui versa il continente europeo, dove, da una parte, emerge il vuoto, lasciato dalle ideologie e, dall’altra, si fa strada un significativo risveglio della memoria delle proprie radici e delle ricchezze d’un tempo. Questa è l’ora della verità per l’Europa. I muri sono crollati, le cortine di ferro non ci sono più, ma la sfida circa il senso della vita e il valore della libertà rimane più forte che mai nell’intimo delle intelligenze e delle coscienze. E come non vedere che l’interrogativo su Dio sta al cuore di questo problema? O l’uomo si considera creato da Dio, dal quale riceve la libertà che gli apre immense possibilità ma gli pone anche precisi doveri, oppure egli si autopromuove ad assoluto, dotato di una libertà che, essendo priva di legge, si abbandona ad ogni sorta d’impulso, rinchiudendosi nell’edonismo e nel narcisismo.

Il clima attuale di angoscia e sfiducia riguardo al senso della vita e lo smarrimento manifesto della cultura europea ci sollecitano a guardare in modo nuovo ai rapporti tra cristianesimo e cultura, tra fede e ragione. Un rinnovato dialogo tra cultura e cristianesimo gioverà sia all’una che all’altro, e a trarne vantaggio sarà soprattutto l’uomo, desideroso di un’esistenza più vera e più piena.


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