GP2 Discorsi 1997 142


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II

IN OCCASIONE DELLE CELEBRAZIONI A FATIMA

PER GLI 80 ANNI DELLA PRIMA APPARIZIONE


DELLA VERGINE AI TRE PASTORELLI




Al Venerato Fratello
D. Serafim De Sousa Ferreira e Silva
Vescovo di Leiria-Fatima

“Nel cielo apparve un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Ap 12,1).

143 Queste parole dell’Apocalisse mi tornano alla mente al compiersi degli ottant’anni dalla prima apparizione della Vergine Maria ai tre pastorelli nella Cova da Iria. Il messaggio che in quella occasione la Vergine Santissima rivolse all’umanità continua a risuonare con tutta la sua forza profetica, invitando ciascuno alla preghiera insistente, alla conversione interiore e ad un generoso impegno di espiazione per i propri peccati e per quelli del mondo.

Pensando ai numerosi pellegrini che in questa ricorrenza converranno nel Santuario di Fatima per esprimere a Maria la loro devozione e la ferma volontà di corrispondere alle sue sollecitudini materne, desidero unirmi alle comuni preghiere, per implorare l’intercessione di Colei che ha dato al mondo il Verbo incarnato ed ha partecipato così da vicino alla sua opera redentrice. Ella che “avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce . . . soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di Lui” (Lumen gentium
LG 58), voglia essere accanto ai suoi figli in questo scorcio di millennio per sostenerne il cammino verso lo storico traguardo del Grande Giubileo.

Nelle difficoltà dell’ora presente ci rivolgiamo a lei con fiducia, chiedendole di sostenere i nostri passi sulle orme di Cristo. Maria, Madre del Redentore, continui a mostrarsi Madre per tutti. “L’umile Fanciulla di Nazaret, che duemila anni fa offerse al mondo il Verbo incarnato, orienti l’umanità del nuovo millennio, verso Colui che è “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Jn 1,9)” (Giovanni Paolo II, Tertio Millennio adveniente TMA 59).

Con questo auspicio, rivolgo a Lei, Venerato Fratello, il mio saluto affettuoso, chiedendoLe di farsene interprete presso quanti si recheranno in devoto pellegrinaggio al Santuario di Fatima, con un particolare pensiero per tutti coloro che soffrono nel corpo o nello spirito. Nell’affidare all’intercessione della Vergine Santissima le necessità della Chiesa in codesta terra benedetta e in ogni altra parte del mondo, a tutti invio, propiziatrice di copiosi doni celesti, l’Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano 12 maggio 1997.

IOANNES PAULUS PP. II





AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA GENERALE


DELLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE


Sala Clementina - Giovedì, 15 maggio 1997


Venerati Fratelli nell’Episcopato,
Carissimi Direttori Nazionali,
Collaboratori e Collaboratrici nelle Pontificie Opere Missionarie!

1. Sono lieto di rivolgere a ciascuno di voi il mio cordiale benvenuto. Saluto e ringrazio, in particolare, Mons. Charles Schleck, Segretario Aggiunto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e Presidente delle Pontificie Opere Missionarie, per le cordiali espressioni con le quali ha voluto farsi interprete dei sentimenti di tutti voi. Saluto, altresì, i Segretari Generali e i Direttori Nazionali, convenuti a Roma per l’annuale Assemblea generale di così benemerite Istituzioni.

Il vostro incontro coincide quest’anno con due importanti anniversari: il centosettantacinquesimo (175°) di fondazione della Pontificia Opera della Propagazione della Fede ed il settantacinquesimo (75°) del Motu Proprio Romanorum Pontificum con cui il mio venerato predecessore, il Papa Pio XI, concesse il titolo di “Pontificie” alle Opere della Propagazione della Fede, dell’Infanzia Missionaria e di San Pietro Apostolo. E sono certo che la celebrazione di queste due singolari ricorrenze contribuirà ad incrementare nel popolo di Dio l’impegno missionario.

144 2. È ormai consolidata tradizione che ogni anno si svolga, durante il mese di Maggio, la vostra Assemblea generale. Quest’anno, in ricordo della fondazione dell’Opera della Propagazione della Fede, avete voluto tenere una speciale sessione pastorale, soffermandovi sulla figura e sull’opera di due straordinarie donne: la Venerabile Maria-Paolina Jaricot e la Patrona delle Missioni, Santa Teresa di Gesù Bambino.

La prima, giovane laica nata a Lione nel 1799, ebbe particolarmente a cuore i problemi delle missioni cattoliche del suo tempo. Appartenente ad un’associazione fondata dai Padri delle Missioni Estere di Parigi, fu pioniera della cooperazione missionaria organizzata. Infatti, con le operaie della fabbrica di seta, diretta da sua sorella e da suo cognato, si propose di aiutare le Missioni per mezzo della preghiera e di un piccolo obolo settimanale.

Ispirandosi a tale iniziativa, che ha meritato alla Venerabile Maria-Paolina il titolo di fondatrice dell’Opera della Propagazione della Fede, il 3 maggio 1822 un gruppo di laici assegnò all’associazione per la Propagazione della Fede un carattere più universale. Animati da una carità senza confini, essi affermavano: “Siamo cattolici, di conseguenza non dobbiamo sostenere questa o quell’altra missione in particolare, ma tutte le missioni del mondo”. Proprio per questo essi scelsero come motto: Ubique per Orbem, successivamente assunto dall’Opera della Propagazione della Fede e dalle altre Opere Missionarie.

3. Carissimi Fratelli e Sorelle! Maria-Paolina, giovane donna attenta alla voce dello Spirito, anticipò profeticamente quanto il Magistero pontificio e il Concilio Ecumenico Vaticano II avrebbero in seguito sottolineato, ponendo in luce il carattere missionario dell’intero Popolo di Dio ed il contributo specifico che i laici sono chiamati ad offrire all’attività evangelizzatrice della Chiesa.

Sull’esempio di questa donna coraggiosa, voi siete oggi chiamati a promuovere una sempre più fraterna collaborazione tra le Chiese, suscitando e formando numerosi collaboratori per la causa missionaria. Sappiate infondere in essi la passione per l’annuncio del Vangelo ed il desiderio di sostenere l’impegno delle giovani Chiese. Questa cooperazione sarà efficace, se sarà incessantemente sostenuta dalla preghiera, dai sacrifici e dall’anelito costante verso la santità. Solo questo clima di tensione spirituale ed apostolica potrà porre le condizioni per lo sviluppo di numerose vocazioni missionarie e per il generoso sostegno alle attività missionarie.

4. L’altra figura sulla quale voi avete voluto riflettere nel corso della vostra Assemblea è Santa Teresa del Bambino Gesù, proclamata “Patrona delle Missioni” dal mio venerato predecessore Papa Pio XI il 14 dicembre 1927, e della quale celebriamo quest’anno il centenario della morte. Benché chiamata alla vita contemplativa, Teresa del Bambino Gesù visse in piena sintonia con la realtà missionaria della Chiesa universale. Suo sommo desiderio era amare e fare amare il Signore, lavorando per la glorificazione della Chiesa e la salvezza delle anime, come affermava nella preghiera in cui offriva se stessa quale vittima di olocausto all’amore misericordioso.

L’esperienza della piccola Teresa rappresenta una via singolare di dedizione alla causa dell’evangelizzazione, che si radica nel cammino di santità, presupposto indispensabile di ogni vocazione missionaria. Come ricordavo nell’Enciclica Redemptoris Missio, “l’universale vocazione alla santità è strettamente collegata all’universale vocazione alla missione: ogni fedele è chiamato alla santità e alla missione. Tale è stato il voto ardente del Concilio nell’auspicare “con la luce di Cristo, riflessa sul volto della Chiesa, di illuminare tutti gli uomini, annunziando il Vangelo ad ogni creatura”. La spiritualità missionaria della Chiesa è un cammino verso la santità” (Giovanni Paolo II, Redemptoris Missio
RMi 90).

5. Cari Direttori Nazionali, questo è il vostro compito: ricercare con ogni mezzo di favorire in tutta la Comunità cristiana un rinnovato ardore missionario. A partire da tale impeto apostolico, ciascuna delle Opere - la Propagazione della Fede, l’Infanzia Missionaria, san Pietro Apostolo e l’Unione Missionaria - è chiamata a realizzare il suo impegno specifico e insostituibile, “sia per infondere nei cattolici, fin dall’infanzia, uno spirito veramente universale e missionario, sia per favorire un’adeguata raccolta di sussidi a vantaggio di tutte le missioni . . . e suscitare vocazioni “ad gentes” e “ad vitam” sia nelle chiese antiche come in quelle più giovani” (Redemptoris Missio RMi 84).

Carissimi Fratelli e Sorelle! Mentre auspico che la preparazione al Grande Giubileo dell’Anno Duemila costituisca per tutti voi un’ulteriore occasione di rinnovato impegno a servizio della causa del Vangelo, affido voi ed i vostri Collaboratori alla materna protezione di Maria, Stella dell’evangelizzazione, e vi imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL SUPERIORE GENERALE


DEI PADRI ROGAZIONISTI DEL CUORE DI GESÙ




Al Reverendissimo Padre

PIETRO CIFUNI

Superiore Generale
145 dei Padri Rogazionisti
del Cuore di Gesù

1. La festosa ricorrenza del primo Centenario della nascita della Congregazione dei Rogazionisti del Cuore di Gesù [16 maggio 1897], mi offre la gradita opportunità di rivolgere a Lei ed a tutti i figli del beato Annibale Maria Di Francia, come pure alle Figlie del Divino Zelo ed a quanti condividono lo stesso ideale, una parola di felicitazione e di augurio, ma soprattutto di rendimento di grazie a Dio per il dono che Egli ha voluto fare alla sua Chiesa, arricchendola del carisma religioso “rogazionista”. La prospettiva dell’ormai prossimo terzo millennio cristiano offre ulteriore motivazione per una celebrazione che susciti in ogni componente della Famiglia rogazionista rinnovata determinazione ad un generoso e qualificato servizio di annuncio e di testimonianza del Vangelo di Cristo nei vari Paesi in cui è diffusa.

2. “Novum fecit Dominus” (Scritti, vol.
1P 96)(cfr. Is Is 43,19 Ap 21,5). Queste parole della Sacra Scrittura, che il Padre Fondatore amava ripetere, colmo di grato stupore per l’opera compiuta dal Signore mediante il suo umile ministero, riecheggiano oggi nell’animo dei suoi figli e delle sue figlie, portandoli a rivivere quell’improvvisa e luminosa intuizione che infiammò il suo cuore, donandogli la certezza di “aver trovato il segreto di tutte le opere buone e della salvezza di tutte le anime” (Antologia Rogazionista, p. 382).

Rogate ergo Dominum messis, ut mittat operarios in messem suam” (Mt 9,38): ecco la gioiosa scoperta del beato Annibale Maria Di Francia. Meditando queste parole di Gesù, egli comprese l’ansia apostolica del suo Cuore divino alla vista delle folle “stanche e sfinite come pecore senza pastore” (Mt 9,36) e la fece sua, ad essa orientando tutta la sua esistenza ed il suo apostolato. Il vostro Fondatore si dedicava già, con tutte le sue forze, com’egli stesso narra, al sollievo spirituale e temporale dei più abbandonati, ma si domandava: “Che cosa sono questi pochi orfani che si salvano, e questi pochi poveri che si evangelizzano, dinanzi ai milioni che se ne perdono e che giacciono abbandonati senza pastore?” (Antologia Rogazionista, p. 382). Ed ecco la “via d’uscita ampia e immensa” - com’egli la definisce - indicatagli dall’alto attraverso quella parola del Signore.

Facendola sua, egli faceva suo il Cuore di Cristo: la sua compassione per i figli di Dio dispersi, da ricondurre nell’unità di un’unica famiglia (cfr. Gv Jn 11,52), e si affidava, con Lui, al Padre, trasformando in preghiera suscitata dallo Spirito l’invocazione della salvezza per le schiere innumerevoli degli uomini e delle donne ancora non raggiunti dal lieto annuncio dell’avvento del Regno divino.

3. Iniziava così a germogliare, come da piccolo seme, la pianticella di un’opera che oggi è rigogliosa e ricca di frutti. Essa costituisce insieme una scuola di santità, nella sequela esigente di Cristo Signore attraverso la via dei consigli evangelici, e uno strumento prezioso e provvidenziale di carità e di evangelizzazione.

Sulle orme del beato Annibale Maria Di Francia, i Rogazionisti hanno ereditato la vocazione ad imitare Cristo, cuore del mondo: un cuore pieno di comprensione e traboccante d’amore per i fratelli e le sorelle che attendono la Parola di salvezza e il Pane della vita, un cuore che, con fiduciosa perseveranza, non si stanca di pregare il Padre “affinché mandi operai nella sua messe”.

Nella fedeltà allo specifico carisma di fondazione, essi sono chiamati a rispondere, innanzitutto, alla chiamata alla santità nella via dei consigli evangelici. Essa, come ho richiamato nell’Esortazione Apostolica Vita consecrata, costituisce in mezzo agli uomini del nostro tempo un’eloquente “confessio Trinitatis”, perché si nutre di un amore sempre più sincero e forte “al Cristo, che chiama alla sua intimità; allo Spirito Santo, che dispone l’animo ad accogliere le sue ispirazioni; al Padre, prima origine e scopo supremo della vita consacrata” (Giovanni Paolo II, Vita consecrata VC 21).

La stessa preghiera del “Rogate”, da cui scaturisce un’originale forma di vita apostolica, non è semplicemente una preghiera rivolta a Dio, ma è una preghiera vissuta in Dio: perché concepita in unione col Cuore misericordioso di Cristo, perché animata dai “gemiti” dello Spirito (cfr Rm 8,26), perché indirizzata al Padre, fonte di ogni bene.

4. Di tale preghiera il beato Annibale Maria Di Francia, docile agli insegnamenti del divino Maestro e interiormente guidato dagli impulsi dello Spirito, ha messo in luce quelle condizioni e quelle caratteristiche che la rendono opera ecclesiale per eccellenza e suscitatrice di frutti copiosi per la Chiesa e per il mondo.

146 In primo luogo, il porre al centro dell’esistenza personale e comunitaria la Santissima Eucaristia, per imparare da essa a pregare e ad amare secondo il Cuore di Cristo, per unire anzi l’offerta della propria vita all’offerta che Egli fa della sua, continuando ad intercedere per noi presso il Padre (cfr He 7,25 He 9,24). Sull’esempio del Fondatore, possa ogni membro della Famiglia rogazionista essere anima profondamente eucaristica!

L’altra condizione è la concordia dei cuori, che rende accetta davanti a Dio la preghiera: “Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,19-20). “Dichiaro - affermava il beato Fondatore - che il precetto dato da Nostro Signore Gesù Cristo: Amatevi gli uni gli altri come vi ho amato io, e che forma il distintivo dei veri cristiani, è precetto primario in questo Istituto, come quello di amare Dio sopra ogni cosa, con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze” (Antologia Rogazionista, p. 511).

La terza condizione su cui il Fondatore insisteva è l’associarsi intimamente alle pene del Cuore Santissimo di Gesù mediante l’esercizio della meditazione e la generosa assunzione, giorno dopo giorno, delle sofferenze esteriori e interiori, proprie e degli altri, soprattutto di quelle patite dalla santa Chiesa, Sposa di Cristo.

Infine, il beato Annibale Maria sottolineava la necessità di conformare la propria vita a quella di Maria Santissima, che nel suo Cuore Immacolato portava “scolpite a carattere d’oro tutte le parole pronunciate da Gesù Cristo Signore nostro”, e che perciò non poteva non recare in sé “quelle parole uscite dal divino zelo del Cuore di Gesù: “rogate ergo Dominum messis . . .”” (Scritti, vol. 54, p. 165).

5. Non sorprende che da una tale profondità di dottrina e di esperienza della preghiera del “Rogate” sia germogliata un’attività apostolica intensa e generosa, sia nella propagazione di questo spirito di preghiera e nella promozione delle vocazioni, sia nella formazione dei fanciulli e dei giovani, specialmente poveri e abbandonati, sia infine nell’evangelizzazione e nella promozione umana delle categorie sociali più disagiate.

In realtà, il servizio ai piccoli e ai poveri, nello spirito del Padre Fondatore, non costituisce soltanto la necessaria verifica della sincerità della preghiera, ma nasce da una profonda penetrazione dei sentimenti del Cuore di Cristo, che benedice il Padre perché ha nascosto i segreti del Regno ai sapienti ed agli intelligenti e li ha rivelati ai piccoli (cfr. Mt Mt 11,25).

D’altra parte l’invito di Gesù “Venite e vedrete” (Jn 1,39) costituisce anche oggi “la regola d’oro della pastorale vocazionale”, perché “mira a presentare . . . il fascino della persona del Signore Gesù e la bellezza del dono totale di sé alla causa del Vangelo” (Vita consecrata VC 64). Ed è per questo che il beato Annibale Maria insisteva, instancabile, sull’unione perseverante con Dio e sull’unità tra i fratelli: l’unità, infatti, “manifesta l’avvento di Cristo (cfr. Gv Jn 13, 35;17, 21), da essa promana grande energia per l’apostolato” (Perfectae caritatis PC 15).

6. Reverendissimo Padre e carissimi figli spirituali del beato Annibale Maria Di Francia, la vostra vocazione è nello spirito del “Rogate”; la vostra missione è nel diffonderlo! La ricchezza e l’attualità del carisma di cui siete eredi e depositari vi spinga ogni giorno di più a metterne a frutto i doni di grazia per la vostra Famiglia religiosa, per il vostro cammino di perfezione evangelica, per il servizio qualificato e generoso che rendete a tutta la Chiesa.

I moderni mezzi che le scienze umane e le tecniche dei nostri giorni mettono a disposizione e che giustamente voi cercate di utilizzare nella vostra azione apostolica, raggiungeranno la loro efficacia solo se sostenuti e indirizzati dall’originaria ispirazione carismatica del beato Fondatore, che vedeva nel “Rogate” lo strumento donato da Dio stesso per suscitare quella santità “nuova e divina”, di cui lo Spirito Santo vuole arricchire i cristiani all’alba del terzo millennio, per “fare di Cristo il cuore del mondo”.

Non è senza una provvidenziale coincidenza che il 16 maggio 1897, data in cui cent’anni or sono i primi tre giovani formati dal beato Annibale entrarono in noviziato, fosse proprio la IV domenica di Pasqua, la domenica “del Buon Pastore”. In questa stessa domenica il Servo di Dio Paolo VI, mio venerato Predecessore, istituì la “Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni”. Io stesso, in occasione della beatificazione del vostro Fondatore (7 ottobre 1990), ho voluto additare alla Chiesa Annibale Maria Di Francia come “autentico anticipatore e zelante maestro della moderna pastorale vocazionale” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIII, 2 [1990], 830).

Oggi, e in forma crescente, “il problema delle vocazioni è una vera sfida, che interpella direttamente gli Istituti, ma coinvolge tutta la Chiesa”, per cui “dobbiamo rivolgere insistente preghiera al Padrone della messe, perché invii operai alla sua Chiesa, per far fronte alle urgenze della nuova evangelizzazione” (Vita consecrata VC 64). Non si deve mai dimenticare che “una Chiesa che evangelizza è una Chiesa che prega per avere evangelizzatori” (Giovanni Paolo II, Discorso al Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, 11 ottobre 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 2 (1985) 921).

147 A codesto Istituto, in spirito di piena comunione con tutta la Chiesa e di fedeltà al carisma del beato Fondatore, spetta il compito urgente di pregare e di suscitare la preghiera per le vocazioni. Possa ogni figlio spirituale del beato Annibale Maria Di Francia approfondire il dono ricevuto e ravvivarlo, divenendo sempre più degno operaio del Vangelo e pastore secondo il Cuore di Cristo.

Affido a Maria il ministero che codesta Congregazione è chiamata a svolgere nella Chiesa e, mentre imploro su di Lei, Reverendissimo Padre, sui Confratelli e le Consorelle e su tutti i cooperatori l’abbondanza della grazia divina, imparto di cuore, come pegno di speciale affetto, la propiziatrice Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 16 Maggio 1997.

IOANNES PAULUS PP. II



VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SANT'ATANASIO


AI BAMBINI DELLA PARROCCHIA


Solennità di Pentecoste - Domenica, 18 maggio 1997

Giovanni Paolo II è giunto alla parrocchia romana di sant'Atanasio alle ore 9. A rivolgere al Santo Padre il primo, caloroso saluto, nel giorno del suo Genetliaco, sono stati oltre duecento bambini, raccolti, festanti, nella chiesa. Valerio, 10 anni, ha rivolto al Santo Padre la domanda: «Che proposito fai per il compleanno?». Il Papa ha risposto: «Di essere più buono». Valerio ha poi fatto un'altra domanda: «Che cosa vorresti ricevere come regalo per il tuo compleanno?». «Basta la vostra presenza », ha detto il Santo Padre.


Devo dirvi che allora, a quest'ora, alle 9 di mattina, non ero ancora in questo mondo. Secondo quello che mi hanno detto dopo, il momento della nascita è stato di pomeriggio, tra le cinque e le sei.

Dunque, quasi nello stesso momento in cui, cinquantotto anni dopo, sono stato eletto Papa, di pomeriggio, tra le cinque e le sei.

Sono molto contento di incontrare come primi parrocchiani di questa comunità voi bambini, appena nati o già più cresciuti, quelli che hanno due, tre, sei anni, dieci anni, quelli che hanno ricevuto il Battesimo, che si preparano alla Prima Comunione, alla Cresima.

Tutto ciò mi rende presente la mia vita: il giorno del Battesimo, della Prima Comunione, di cui conservo ancora le foto. Questi sono i momenti storici nella storia personale di ciascuno.

Ognuno di noi ha la sua storia. Vengono scritti i dati di quando una persona è nata, ha fatto la Prima Comunione, la Cresima. Tutto ciò costituisce una storia personale.

Ma questa storia personale si inscrive nella grande storia della salvezza, perché così Gesù entra nella nostra vita come Salvatore e Redentore. Attraverso la sua Parola, la catechesi, Gesù entra nella nostra vita per costituire dentro la vita della persona la sua storia di salvezza.

148 Questa storia conduce verso la vita eterna, verso la salute eterna. Dopo settantasette anni sono più vicino a questo tramonto, ma voi siete tutti bambini, avete ancora pochi anni.

Ma la nostra storia è simile, analoga, quasi la stessa.

Vi auguro di camminare con questa vostra storia, personalmente, comunitariamente, sempre con Cristo. Lui ci guida, è Buon Pastore.

Infine vorrei augurare a tutti i presenti: buona Solennità di Pentecoste!

È una grande Solennità, con cui si conclude il periodo pasquale cominciato con la Pasqua del Signore. Dopo cinquanta giorni vi è la Pentecoste. Quest'anno la Pasqua era molto presto, il 30 marzo. Oggi è il 18 maggio.

Così le due cose vanno insieme: la nascita di un bambino, 77 anni fa, e la discesa dello Spirito Santo.

Ringrazio che lo Spirito Santo è sceso anche su di me con il Sacramento del Battesimo. Auguro a voi tutti di ricevere lo stesso dono. Vieni Santo Spirito!

Grazie per i vostri auguri! Sapete che cosa vuol dire “Sto lat”? Vuol dire “cento anni”. Allora me ne mancano ancora ventitré. A voi ne mancano di più.

Sia lodato Gesù Cristo!.

VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SANT'ATANASIO


AI FEDELI DELLA PARROCCHIA


Solennità di Pentecoste - Domenica, 18 maggio 1997

Al termine della visita pastorale, prima di congedarsi dai fedeli della parrocchia di sant'Atanasio, il Papa ha pronunciato le seguenti parole:


149 «Mi congratulo con voi, soprattutto mi congratulo per il vostro Patrono, sant'Atanasio, grande santo. Se noi recitiamo nell'Eucaristia il Credo, questo Credo niceno lo dobbiamo a lui, alla sua fede intrepida che ha garantito alla Chiesa questo Credo così perenne. Con esso la Chiesa si esprime ogni domenica e ad ogni Festa. Mi congratulo per il vostro Santo Patrono.

Vi ringrazio per tutto quello che avete preparato per il giorno di Pentecoste, che è anche il mio compleanno. Qualche volta ho pensato, guardando queste contrade: siamo a Siena o siamo a Roma?. Ma il Sindaco è quello di Roma, il Signor Rutelli, c'è il Cardinale Vicario: allora, con i costumi che richiamano quelli senesi, siamo a Roma.

Auguro a tutte le vostre contrade di avere sempre questo spirito romano, cristiano ed umano. Arrivederci!».




AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DELL'AFRICA MERIDIONALE


IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Lunedì, 19 maggio 1997


Cari Fratelli Vescovi,

1. È con profondo affetto nel Signore che saluto voi membri della Conferenza dei Vescovi Cattolici dell’Africa Meridionale, che rappresentate la Chiesa nel Botswana, nel Sudafrica e nello Swaziland, e ringrazio Dio per la “gioia” e la “consolazione della vostra carità” (cfr 1 Fm 7). La vostra visita ad Limina è un’ulteriore occasione per affermare la nostra comunione collegiale e rafforzare i vincoli di amore e di pace che ci offrono sostegno e incoraggiamento al servizio dell’unica Chiesa di Cristo. Prego affinché in questo tempo di preparazione per il Grande Giubileo dell’Anno 2000 l’intera comunità cattolica dell’Africa del Sud venga profondamente ispirata da “un vero anelito alla santità, un desidero forte di conversione e di rinnovamento personale” (Giovanni Paolo II, Tertio Millennio adveniente TMA 42). In quanto Successori degli Apostoli avete un ruolo particolare da svolgere in questa preparazione. Dovete essere “modelli del gregge” (1P 5,3) e maestri di “vita secondo lo Spirito” (Rm 8,5). Sant’Agostino ci ricorda la serietà delle nostre responsabilità quando scrive: “Oltre a essere un cristiano . . . sono anche una guida e per questo renderò conto a Dio del mio ministero” (Sermone 46: sui Pastori, 2). Preghiamo affinché il Signore Gesù Cristo non ci trovi carenti nella nostra missione di insegnanti, sacerdoti e Pastori del suo gregge!

2. Dalla vostra ultima visita ad limina, il vostro ministero si è dovuto adattare a condizioni politiche e sociali radicalmente nuove.

Nel settembre 1995, durante la mia breve visita nella Repubblica Sudafricana, ho potuto sperimentare di persona il nuovo spirito che anima il popolo e i responsabili di tale Paese. Anche se enormi problemi rimangono ancora insoluti, esiste un rinnovato entusiasmo per l’edificazione di una nazione di libertà e di giustizia per tutti. Certamente le ferite del passato impiegheranno molto a rimarginarsi e ci sarà bisogno di grandi sforzi per dar luogo a un’autentica riconciliazione in grado di apportare delle trasformazioni. C’è stato un buon inizio e in questo processo la Chiesa ha un contributo vitale da offrire, in particolare mediante la formazione delle coscienze nelle verità e nei valori morali e religiosi che costituiscono la base necessaria per una società che intende essere degna dell’uomo e del suo destino trascendente. Durante l’era dell’apartheid voi e i vostri collaboratori siete stati spesso chiamati a dimostrare che “la parola di Dio non è incatenata” (2Tm 2,9). Ora dovete continuare, proclamando orgogliosamente la “verità del Vangelo” (Ga 2,5) ai fedeli e a tutti gli uomini e a tutte le donne di buona volontà. Proprio come in passato avete insegnato che qualsiasi forma di razzismo è un affronto intollerabile alla dignità inalienabile degli esseri umani, così ora proclamate che la pace e la giustizia si potranno consolidare solo quando il ciclo letale della violenza e dello spirito di vendetta verrà sostituito dalla grazia del perdono (cfr Messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Pace 1997, n. 3).

L’Esortazione apostolica post-sinodale “Ecclesia in Africa” invita i Vescovi del continente a porsi due domande fondamentali: in che modo la Chiesa deve realizzare la sua missione evangelica all’approssimarsi dell’anno 2000? In che modo i cristiani africani possono divenire sempre più testimoni fedeli del Signore Gesù? (cfr Ecclesia in Africa, n. 46). Tornando più volte su queste stesse domande, sia individualmente durante la preghiera personale sia collettivamente attraverso la riflessione e lo studio della vostra Conferenza, certamente concluderete in accordo con il Sinodo che la sfida consiste essenzialmente nella formazione appropriata degli agenti di evangelizzazione. “Il popolo di Dio - inteso nel senso teologico della Lumen gentium, questo popolo che comprende i membri del Corpo di Cristo nella sua totalità - ha ricevuto il mandato . . . di proclamare il messaggio evangelico . . . La comunità intera ha bisogno di essere preparata, motivata e rafforzata per l’evangelizzazione, ognuno secondo il proprio ruolo specifico all’interno della Chiesa” (Ecclesia in Africa, n. 53). Nulla è più importante per il futuro della Chiesa e per il servizio della società della sana formazione di sacerdoti, religiosi e fedeli laici.

3. I laici svolgono un ruolo sempre più attivo, responsabile e insostituibile nelle vostre Chiese particolari. In quanto persone sacerdotali essi continuano l’opera redentrice di Cristo dedicando la propria vita al culto e all’amore generoso verso Dio e verso il prossimo (cfr Rm 12,1-2); in quanto persone profetiche, essi accettano il Vangelo con fede e lo annunciano con le parole e con le azioni nelle varie circostanze della vita quotidiana; infine, in quanto persone regali, essi servono i propri fratelli e le proprie sorelle in giustizia e carità. Meglio comprenderanno le implicazioni del loro Battesimo, meglio sapranno individuare i loro doveri familiari e professionali, le loro responsabilità civili e le loro attività socio-politiche, come un’esortazione a esercitare un’influenza volta a modificare la mentalità e le strutture della società affinché possano meglio rispecchiare il disegno di Dio per la famiglia umana (cfr Ecclesia in Africa, n. 54). Continuate a ispirare i laici a edificare una società caratterizzata dalla verità, dall’onestà, dalla solidarietà e dalla riconciliazione. Continuate a incoraggiare i giovani a credere nel proprio futuro e a costruirlo servendo con dedizione il bene comune e impegnandosi nella sfera pubblica, rifiutando l’egoismo, la corruzione e la ricerca del potere.

4. In una società sempre più urbanizzata e secolarizzata, i laici hanno bisogno di un particolare aiuto pastorale per tutelare i numerosi elementi positivi delle tradizioni familiari africane. Laddove essi sono rimasti intatti, la famiglia africana è quella “comunità di generazioni” nella quale vengono tramandati i valori umani e spirituali essenziali che fanno di essa la cellula primaria, il fondamento della società e la prima scuola di vita cristiana. Tutte le diocesi e tutte le parrocchie hanno bisogno di un programma di apostolato familiare e di preparazione al matrimonio nel quale venga presentata senza ambiguità l’autentica verità del disegno di Dio circa l’amore e la vita. In quanto Pastori dovete vegliare affinché l’insegnamento della Chiesa sull’amore coniugale venga impartito fedelmente dai sacerdoti, dai teologi e dagli operatori pastorali. Raccomando con forza alla vostra attenzione i documenti recenti della Santa Sede circa quelle questioni vitali nell’ambito delle quali la legislazione statale e le campagne pubbliche si scontrano sempre più con i principi morali cristiani, anche sottoponendo individui e coppie a pressioni economiche o sociali e quindi minando la loro dignità e la loro libertà.

150 Ciò è particolarmente vero a proposito dell’aborto. Oltre ad essere un crimine contro nascituri innocenti, questa terribile realtà ha numerosi effetti deleteri sulle persone direttamente coinvolte e sulla società stessa, che non tratta più la vita con assoluto rispetto, ma la subordina, ed essa è un bene umano supremo, a beni di minor conto o a vantaggi pratici. In un periodo di nuovi attentati alla santità e all’inviolabilità della vita umana, avete giustamente riaffermato le verità morali universali ed eterne e avete intensificato i vostri sforzi affinché le famiglie e i giovani accettino la loro decisiva responsabilità nel sostenere, promuovere e valorizzare il dono di ogni vita umana. Posso solo lodarvi perché reagite con sollecitudine pastorale ai danni causati da leggi intrinsecamente ingiuste e vi incoraggio a continuare ad aiutare i fedeli nella promozione delle istituzioni sociali, della legislazione civile e delle politiche nazionali che sostengono i valori e i diritti della famiglia (cfr Giovanni Paolo II, Familiaris consortio FC 44).

5. La presenza della Chiesa nel campo dell’educazione è parte essenziale dei suoi sforzi volti a formare i laici. Anche durante gli anni bui dell’apartheid, le scuole cattoliche hanno offerto un immenso contributo alla formazione umana e religiosa di bambini e di giovani di tutte le razze e di tutte le classi sociali. In presenza di politiche che potrebbero essere interpretate come pericolose per l’identità delle scuole cattoliche, è bene ricordare che il diritto inalienabile della Chiesa a istituire scuole cattoliche corrisponde liberamente al diritto dei genitori di fornire ai propri figli un’educazione che sia in armonia con le loro convinzioni (cfr Gravissimum educationis GE 8).

È importante che la Chiesa faccia tutto il possibile per offrire e mantenere scuole a ogni livello, ma è anche legittimo sperare che lo Stato, che dovrebbe rappresentare e promuovere i migliori interessi dei suoi cittadini, sostenga tali scuole, permettendo loro di conservare la propria identità e permettendo realmente ai genitori di esercitare il loro diritto a scegliere il tipo di educazione che desiderano per i propri figli.

6. Cari Fratelli, siete i principali responsabili della formazione dei vostri sacerdoti. La formazione e la vita cristiana dei laici dipende in misura straordinaria dal servizio che solo i ministri ordinati del Vangelo possono offrire. Le vostre relazioni quinquennali indicano che in alcuni settori l’esiguo numero di sacerdoti sta rendendo difficile a ogni comunità locale riunirsi per l’Eucaristia Domenicale, la cui celebrazione è il centro, la fonte e il culmine della vita ecclesiale (cfr Lumen gentium LG 11). Laddove non esistono sacerdoti, altre persone, in particolare catechisti, guidano la comunità nella preghiera, nel canto e nella riflessione. Tali riunioni si svolgono sempre “nell’attesa di un sacerdote”. (Congregazione per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni domenicali in assenza del sacerdote, n. 27) e sono occasioni per pregare il Signore affinché invii più operai nella sua messe (cfr Mt 9,38). Bisogna essere molto solleciti nel garantire che queste misure temporanee non portino a un travisamento della natura degli Ordini Santi e della centralità dell’Eucaristia (cfr Pastores dabo vobis PDV 48).

7. La vita sacramentale ed eucaristica delle vostre comunità è garantita dal conferimento del dono dello Spirito Santo attraverso l’Ordinazione, quindi associando i sacerdoti, sia diocesani sia religiosi, al vostro ministero apostolico. L’Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi ha sottolineato la necessità di selezionare con attenzione i candidati al sacerdozio (cfr Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis PDV 94-95). “Risulta già quanto mai significativo della sua responsabilità formativa ne riguardi dei candidati al sacerdozio che il Vescovo li visiti spesso e in qualche modo “stia con loro”” (Pastores dabo vobis PDV 65). Con le parole e con l’esempio il Vescovo dovrebbe aiutare questi giovani uomini a comprendere che il sacerdozio è configurazione a Cristo, Sposo e Capo della Chiesa, ma anche Vittima e umile Servo. Un seminario e un presbiterato rafforzati dalla preghiera, dal sostegno reciproco e dall’amicizia promuovono lo spirito di obbedienza volontaria che dispone ogni sacerdote a svolgere i compiti pastorali che gli vengono affidati dal suo Vescovo. Il mistero della Chiesa come comunione viene rafforzato quando l’autorità episcopale viene esercitata come amoris officium (cfr Jn 13,14) e quando l’obbedienza sacerdotale è modellata su Cristo il Servo (cfr Ph 2,7-8). Inoltre, né il seminario né il presbiterato dovrebbero portare a uno stile di vita privilegiato. Piuttosto, la semplicità e l’abnegazione dovrebbero essere i tratti distintivi di coloro che seguono il Signore che è venuto “non per essere servito, ma per servire” (Mc 10,45). Dovremmo ricordare le opportune parole del Direttorio per la vita e il ministero dei sacerdoti (1994), pubblicato dalla Congregazione per il Clero: “Un sacerdote potrebbe a malapena essere un autentico servo e un autentico ministro per i suoi fratelli e per le sue sorelle se si preoccupasse eccessivamente della sua comodità e del suo benessere” (cfr Direttorio per la vita e il ministero dei sacerdoti, 67).

Il Sinodo ha insistito parimenti affinché i futuri sacerdoti comprendano il valore del celibato per il ministero ordinato (cfr Ecclesia in Africa, n. 95). I seminaristi necessitano di una maturità umana e di una formazione spirituale che permettano loro di avere “idee chiare e un’intima convinzione sull’indissociabilità del celibato e della castità del sacerdote” (cfr Ecclesia in Africa, n. 95). I Pastori saggi saranno particolarmente solleciti nell’inculcare nei sacerdoti e nei seminaristi l’idea che la devozione filiale alla Beata Vergine Maria, l’ascetismo, l’abnegazione, la generosità verso gli altri e la fraternità sacerdotale sono essenziali se un sacerdote deve dedicarsi a Dio e all’opera di Dio con gioia e cuore indiviso. L’esperienza insegna che le possibilità di formazione permanente aiutano i sacerdoti a tutelare la loro identità sacerdotale, a crescere spiritualmente, intellettualmente e pastoralmente e a essere più pronti per edificare le comunità affidate alla loro sollecitudine.

8. Allo stesso tempo, la Chiesa nell’Africa Meridionale non sarebbe quella che è senza il dono straordinario della vita consacrata. Membri solleciti delle Congregazioni missionarie hanno realizzato la plantatio Ecclesiae nelle vostre terre e a loro si sono aggiunti numerosi nuovi Istituti di vita attiva e contemplativa. Gli uomini e le donne consacrati presenti nelle vostre Diocesi dipendono dalla vostra guida nelle loro attività pastorali e hanno bisogno del vostro sostegno per vivere i consigli evangelici. L’armonia fra Vescovi e persone consacrate è essenziale per il bene comune della Famiglia di Dio. Gli Istituti religiosi, agendo attraverso i propri Superiori, dovrebbero sempre dimostrare uno “spirito di comunione e di cooperazione” nei loro rapporti con i Vescovi delle Diocesi in cui operano (cfr Ecclesia in Africa, n. 94). I Vescovi, da parte loro, dovrebbero accogliere e apprezzare i carismi della vita consacrata (cfr Vita consecrata VC 48) e offrire loro la giusta collocazione nei progetti pastorali diocesani. È particolarmente importante che i Vescovi prestino attenzione ai programmi di formazione negli Istituti di diritto diocesano. Con prudenza e discernimento (cfr 1Th 5,21), dovreste accertarvi che i candidati vengano selezionati con attenzione, e che ricevano quella integrale formazione umana, spirituale, teologica e pastorale che li preparerà alla loro missione nella Chiesa.

9. Nelle vostre Diocesi siete i sommi sacerdoti del culto sacro e “amministratori dei misteri di Dio” (1Co 4,1). Sono consapevole degli sforzi della vostra Conferenza per mediare l’inculturazione autentica del culto “affinché il popolo fedele possa meglio comprendere e vivere le celebrazioni liturgiche” (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, n. 64). Il principio consiste nell’accogliere dalle culture locali “quelle espressioni che possono armonizzarsi con gli aspetti del vero e autentico spirito della liturgia, nel rispetto dell’unità sostanziale del rito romano” (Giovanni Paolo II, Vigesimus quintus annus, n. 16). Il compito è tuttavia difficile e delicato. Esso può essere svolto con successo solo come processo in cui ogni adattamento emerge come una profonda assimilazione del patrimonio ecclesiale, completamente fedele al “sacro deposito della parola di Dio” (Dei verbum DV 10), la cui autorevole interpretazione è affidata all’intero Collegio Episcopale con il Successore di Pietro quale suo fondamento di unità. Come viene riconosciuto dall’Esortazione Apostolica post-sinodale “Ecclesia in Africa” questa è una delle maggiori sfide per la Chiesa nel vostro continente alla vigilia del terzo millennio (cfr Ecclesia in Africa, n. 59), ed esorta i Vescovi alla saggezza e alla fedeltà esemplari.

10. Cari Fratelli Vescovi, queste sono alcune riflessioni suscitate dalla vostra visita. La solennità della Pentecoste che abbiamo appena celebrato ci esorta a pregare in unione con Maria per un nuovo afflato dello Spirito Santo sulle chiese affidate alla vostra sollecitudine pastorale. Insieme chiediamo a questo stesso Spirito di illuminare la nostra mente, di colmare il nostro cuore di speranza e di donarci audacia nelle nostre opere al servizio del Vangelo. Fiduciosi che il Signore continuerà ad accrescere il fervore dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici del Botswana, del Sudafrica e dello Swaziland e che la buona opera che Egli ha iniziato in loro verrà portata a compimento (cfr Ph 1,6), imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica.




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