GP2 Discorsi 1997 7


ALLA COMUNITÀ DELL'ALMO COLLEGIO CAPRANICA


Sala del Concistoro - Sabato, 18 gennaio 1997




1. Con grande gioia vi accolgo, carissimi Alunni dell’Almo Collegio Capranica, insieme con il già Rettore e neo-ordinato Vescovo Monsignor Luciano Pacomio, che ha voluto accompagnarvi ancora una volta in questo annuale incontro, in occasione della memoria della vostra patrona Sant’Agnese.

La ringrazio, Monsignore, per le amabili parole che mi ha rivolto ed esprimo viva riconoscenza per il suo servizio di questi anni nella Comunità capranicense, particolarmente cara al Papa per l’impegno con cui da oltre cinque secoli sostiene la formazione di candidati al sacerdozio e di giovani sacerdoti. Le auguro di poter dedicare con frutto al servizio dei fedeli di Mondovì quelle doti di ingegno e di cuore tanto apprezzate dai suoi cari alunni del Collegio.

2. Ho motivo di ritenere che l’Ordinazione episcopale del Rettore abbia trasfuso nell’intera comunità un supplemento di fervore spirituale, chiamando ciascuno a riflettere sulla grazia e le esigenze del ministero pastorale nella Chiesa.

Una meditazione, questa, che io stesso sono stato invitato a riprendere e approfondire nei mesi scorsi, sollecitato dal mio giubileo sacerdotale. Frutto di tale riflessione, sviluppata sotto l’occhio di Dio nella preghiera, è stato il libro “Dono e mistero”. Vorrei oggi consegnarvi idealmente questa mia testimonianza, con l’augurio di essere sempre colmi di riconoscenza per l’inestimabile dono del sacerdozio, che il Signore ha voluto offrirvi chiamandovi alla piena conformazione a Cristo Sommo Sacerdote e Buon Pastore.

Nell’imminenza della memoria liturgica di Sant’Agnese, invoco su ciascuno di voi e sulla Comunità capranicense l’intercessione della giovane fanciulla romana. Possa Ella ottenere al già Rettore, che ora s’appresta ad affrontare la sua nuova missione tra i fedeli di Mondovì, e a tutti gli Alunni dell’Almo Collegio quell’incondizionata fedeltà a Cristo, che splende nella sua testimonianza di vergine e di martire.

Da parte mia, vi accompagno con la preghiera e con la Benedizione Apostolica, che estendo volentieri a quanti vi sono cari.




AI VESCOVI DELLA REGIONE APOSTOLICA DEL NORD


DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI FRANCIA


IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


8
Sabato, 18 gennaio 1997




Cari Fratelli nell’Episcopato,

1. È con grande gioia che vi ricevo mentre effettuate la vostra visita ad Limina. Attraverso il vostro pellegrinaggio presso le tombe dei santi Apostoli Pietro e Paolo e i vostri incontri con il Successore di Pietro e con i suoi collaboratori, troverete un incoraggiamento per la vostra missione episcopale; Cristo farà crescere in voi la speranza, Lui che non abbandona mai la sua Chiesa e che, mediante il suo Spirito, la guida affinché essa sia nel mondo segno della salvezza.

Ringrazio Monsignor Michel Saudreau, Vescovo di Le Havre, Presidente della vostra regione apostolica, per le sue parole che ricordano l’accoglienza calorosa e attenta del popolo francese durante la mia recente visita nel vostro Paese, e per la presentazione di alcuni vostri orientamenti pastorali comuni affinché gli uomini scoprano Dio Uno e Trino. Il vostro cammino s’inscrive nella prospettiva della preparazione al grande Giubileo.

2. Nelle vostre relazioni quinquennali fra le vostre preoccupazioni principali ricordate il futuro del clero. La piramide delle età è fonte d’inquietudine. Con voi, i sacerdoti sono preoccupati, poiché non vedono giungere il ricambio, e a volte stentano a far fronte ai numerosi compiti del ministero. Comprendo i vostri timori per il futuro delle comunità cristiane, che hanno bisogno di ministri ordinati. Vi invito tuttavia a sperare, in particolare meditando il decreto conciliare sul ministero e la vita dei sacerdoti Presbyterorum ordinis, di cui abbiamo celebrato il trentesimo anniversario nel 1995. È per tutti coloro che sono stati ordinati sacerdoti un’occasione per volgere uno sguardo nuovo alla missione che è stata loro affidata dal Signore e per “per ravvivare il dono di Dio” che è in essi per l’imposizione delle mani (
2Tm 1,6).

Con voi, desidero dunque incoraggiare i sacerdoti, in particolare quelli diocesani, affinché sia rafforzata e rinnovata la spiritualità del sacerdozio diocesano. Attraverso la loro vita spirituale, scopriranno nell’esercizio della vera caritas pastoralis, un cammino di santità personale, un dinamismo nel ministero e una forza di proposta per quei giovani che esitano a impegnarsi nel sacerdozio.

3. L’esortazione dell’Apostolo a Timoteo ci ricorda il legame intimo esistente fra la consacrazione e la missione. Senza questa unità il ministero sarebbe solo una funzione sociale. Chiamati e scelti dal Signore, i sacerdoti partecipano alla sua missione, che edifica la Chiesa, Corpo di Cristo e tempio dello Spirito (cfr Presbyterorum ordinis PO 1). “Nella Chiesa e per la Chiesa” sono “una ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo Capo e Pastore” (Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis PDV 15). Presi fra i loro fratelli, sono innanzitutto uomini di Dio; è importante che non trascurino la loro vita spirituale, poiché tutta l’attività pastorale e teologica “deve in effetti iniziare con la preghiera” (Sant’ Alberto il Grande, Commento della Teologia Mistica, n. 15), che è “qualcosa di grande che dilata l’anima e unisce a Gesù” (Santa Teresa di Lisieux, Manoscritti autobiografici C, fol. 25).

4. Nel rapporto quotidiano intimo con Cristo che unifica l’esistenza e il ministero, è opportuno dare il primo posto all’Eucaristia, che contiene tutto il tesoro spirituale della Chiesa. Essa conforma ogni giorno il sacerdote a Cristo, Sommo Sacerdote di cui è il ministro. Nella celebrazione eucaristica, così come in quella degli altri sacramenti, il sacerdote unito al suo Vescovo lo rende così “in un certo modo presente in ciascuna adunanza dei fedeli” (Presbyterorum ordinis PO 5); egli dà coesione al popolo di Dio e lo fa crescere, riunendolo intorno alle due mense della Parola e dell’Eucaristia, e offrendo agli uomini il sostegno della misericordia e della tenerezza divine. Quindi, la Liturgia delle Ore struttura le sue giornate e modella la sua vita spirituale. La meditazione della Parola di Dio, la lectio divina e la preghiera portano a vivere in intimità con il Signore, che rivela i misteri della salvezza a colui che, sull’esempio del discepolo che egli amava, rimane vicino a Lui (cfr Jn 13,25).

In presenza di Dio, il sacerdote trova la forza di vivere le esigenze fondamentali del suo ministero. Acquisisce la flessibilità necessaria per fare la volontà di Colui che l’ha mandato, in una disponibilità incessante all’azione dello Spirito, poiché è Lui che fa crescere e noi siamo i suoi collaboratori (cfr 1Co 3,5-9). Secondo la promessa fatta il giorno dell’ordinazione, questa disponibilità si concretizza con l’obbedienza al Vescovo che, in nome della Chiesa, lo invia in mezzo ai suoi fratelli, per essere il rappresentante di Cristo, nonostante la sua debolezza e la sua fragilità. Attraverso il sacerdote, il Signore parla agli uomini e si manifesta ai loro occhi.

5. Nella società attuale che valorizza alcune concezioni erronee della sessualità, il celibato sacerdotale o consacrato, così come, in forma diversa, l’impegno nel sacramento del matrimonio, ricorda in modo profetico il senso profondo dell’esistenza umana. La castità predispone colui che vi si impegna a mettere la propria vita nelle mani di Dio, facendo al Signore l’offerta di tutte le sue capacità interiori, per il servizio alla Chiesa e per la salvezza del mondo. Mediante “la perfetta e perpetua continenza per il Regno dei cieli”, il sacerdote rafforza la sua unione mistica con Cristo al quale si consacra “con un nuovo ed eccelso titolo”, “con un cuore non diviso” (Presbyterorum ordinis PO 16). Così, nel suo essere e nel suo agire, fa liberamente dono e sacrificio di se stesso, in risposta al dono e al sacrificio del suo Signore. La castità perfetta conduce il sacerdote a vivere un amore universale e a divenire attento a ognuno dei suoi fratelli. Questo atteggiamento è fonte di un’incomparabile fecondità spirituale, “alla quale nessun’altra fecondità carnale può essere comparata” (Sant’Agostino, De sancta virginitate, n. 8) e predispone in un certo senso a “ricevere una più ampia paternità in Cristo” (Presbyterorum ordinis PO 16).

6. Oggi la missione è spesso difficile e le sue forme molte varie. L’esiguo numero di sacerdoti fa sì che siano spesso sollecitati al limite delle loro forze. Conosco le povere e dolorose condizioni in cui i sacerdoti del vostro Paese accettano volontariamente di vivere la loro missione. Rendo omaggio alla loro perseveranza e li invito a non trascurare la propria salute. Spetta naturalmente ai Vescovi, che già lo fanno, preoccuparsi sempre più della loro qualità di vita. Che i sacerdoti non si scoraggino e vadano incontro agli uomini per annunciare il Vangelo e per fare di tutti gli uomini dei discepoli! Spetta loro chiedere ai laici di svolgere pienamente la loro missione specifica, suscitando in ognuno, secondo il suo carisma, una partecipazione consona alla liturgia e alla catechesi, o un impegno responsabile in movimenti e in diverse istanze ecclesiali, per il bene della Chiesa. In tal modo i sacerdoti vivranno il loro ministero in unione profonda con tutti gli altri membri del popolo di Dio, chiamati a partecipare alla missione comune, intorno al Vescovo. Da tale complementarità scaturirà un nuovo afflato apostolico.

9 7. Gli uomini del nostro tempo hanno sete di verità: le ricerche umane non bastano a colmare il loro desiderio profondo. Quanti sono consacrati devono essere i primi a presentare Cristo al mondo, mediante la preparazione e la celebrazione dei sacramenti, la spiegazione della Scrittura, la catechesi dei giovani e degli adulti, l’accompagnamento di gruppi di cristiani. Nel loro ministero l’insegnamento del mistero cristiano occupa così un posto fondamentale. In effetti, come potranno i nostri contemporanei, dinanzi a culture e a scienze che pongono interrogativi importanti alla fede, seguire Cristo se non hanno una conoscenza dogmatica e una struttura spirituale forti? Le omelie domenicali devono essere dunque preparate con molta cura, attraverso la preghiera e lo studio. Esse aiuteranno i fedeli a vivere la fede nella loro esistenza quotidiana e a instaurare un dialogo con i loro fratelli.

8. La missione sacerdotale riveste una tale importanza da necessitare una formazione permanente. Vi incoraggio nelle vostre Diocesi, nella vostra regione apostolica o a livello nazionale, a offrire ai vostri collaboratori diretti tempi per un ritorno spirituale e teologico alle fonti. I tre anni di preparazione al grande Giubileo forniscono un contesto particolarmente adatto, proponendo di volgere lo sguardo in successione a Cristo, allo Spirito Santo e al Padre.

La Chiesa in Francia è ricca di santi Pastori, modelli per i sacerdoti di oggi. Penso in particolare al Curato d’Ars, patrono dei sacerdoti del mondo, ai membri della Scuola francese e a san Francesco di Sales che presenta un cammino sicuro per la vita spirituale, per la pratica delle virtù e per il governo pastorale (cfr Introduzione alla vita devota) e in questo secolo ai numerosi Pastori che restano per i sacerdoti di oggi autentici ispiratori. D’altro canto voi avete un patrimonio ecclesiale da mantenere vivo. La Francia dispone di meravigliose edizioni di autori patristici e spirituali, che bisogna omaggiare e sostenere. Si tratta di un tesoro della fede atto ad alimentare la vita spirituale e a confortare la missione. Questo patrimonio permette di trovare mezzi nuovi per rispondere alle esigenze attuali.

9. La fraternità sacerdotale è fondamentale in seno al presbiterio diocesano; essa offre a ognuno sostegno e conforto; permette di pregare insieme, di condividere le gioie e le speranze del ministero, di accogliere i propri fratelli nel sacerdozio con delicatezza, nella legittima diversità dei carismi e delle opzioni pastorali. Esorto voi, e tutti i membri del clero, a restare vicini ai sacerdoti e ai diaconi che vivono situazioni personali o pastorali difficili. Essi hanno bisogno di un’assistenza particolare. Il mio pensiero va anche agli anziani e a coloro che non hanno più la forza di svolgere un ministero a tempo pieno; molti di essi possono rendere numerosi servizi ed essere uomini di buon consiglio per i loro confratelli.

10. Voi avete poco a poco ridato onore al diaconato permanente, nello spirito del Concilio ecumenico Vaticano II e avete sottolineato il posto che occupano i diaconi nelle vostre Diocesi. Questi sono ordinati “per il servizio” (Lumen gentium
LG 29) alla comunità ecclesiale e a tutti gli uomini, in una collaborazione fiduciosa con il loro Vescovo e con l’insieme dei Pastori. Predicando, celebrando battesimi e matrimoni, esercitando il loro ministero in numerosi servizi ecclesiali, accompagnano la crescita spirituale dei loro fratelli. Mediante la loro vita professionale, le loro responsabilità in seno alla società e alla famiglia, si fanno servitori nella Chiesa servente e manifestano concretamente la sua attenzione caritativa verso tutti. Per realizzare la loro missione, coloro che sono sposati trovano un importante sostegno nella propria sposa e nei propri figli.

11. Voi avete anche sottolineato la diffusione dei monasteri e dei centri spirituali. In un mondo segnato dall’indifferenza e dalla perdita del senso religioso, i nostri contemporanei devono riscoprire il valore del silenzio, che permette di volgersi al Signore, di unificare la propria esistenza e di darle un senso. Per questa riscoperta, i monaci e le monache, così come l’insieme dei religiosi e delle religiose, hanno un ruolo di primo piano. Mediante una vita totalmente dedicata a Dio e ai propri fratelli, essi dimostrano agli occhi del mondo, in modo profetico, che solo Cristo fa vivere e che solo un’esistenza fondata sui valori spirituali e morali è fonte di felicità vera (cfr Giovanni Paolo II, Vita consecrata VC 15). Le persone consacrate cercano, ancora di più, di riprodurre in se stesse “la forma di vita che il figlio di Dio prese quando venne nel mondo” (Lumen gentium LG 44). Questa configurazione al mistero di Cristo realizza la Confessio Trinitatis propria della vita religiosa.

I vostri rapporti attestano il posto fondamentale assunto dai religiosi e dalle religiose nella vita pastorale e caritativa delle vostre Diocesi. Rendo omaggio alla loro dedizione e alla loro generosità, in particolare presso i giovani, i malati, coloro che sono più lontani dalla Chiesa e i bisognosi.

12. Al termine del nostro incontro, desidero ricordare la dimensione mariana di tutta la vita cristiana, e in particolare della vita sacerdotale. Ai piedi della Croce, dove nasce la Chiesa, il discepolo accoglie la Madre del Salvatore. Essi ricevono insieme il dono del sacrificio di Cristo, perché il mistero della Redenzione venga annunciato al mondo (cfr. Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater RMA 45).

Infine, il mio pensiero si volge ai fedeli delle vostre comunità. Portate a quanti sono impegnati nella missione della Chiesa, mediante la preghiera e l’azione, in particolare ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, così come a tutti i cattolici delle vostre Diocesi, il saluto cordiale e l’incoraggiamento del Papa, assicurandoli della mia preghiera affinché, nelle difficoltà attuali, conservino la speranza! Vi chiedo anche di trasmettere il mio saluto affettuoso ai Vescovi emeriti della vostra regione.

Per intercessione di Nostra Signora e dei santi della vostra terra, concedo a voi e a tutti i membri del popolo di Dio affidati alla vostra sollecitudine pastorale la mia Benedizione Apostolica.

VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANTA MARIA DELLA SPERANZA AL NUOVO SALARIO


AI BAMBINI


Domenica, 19 gennaio 1997




10 «Carissimi, vorrei dirvi buon anno perché questa, nella vostra parrocchia salesiana, è la prima visita pastorale del 1997. Il primo gruppo che incontro siete voi: i bambini e le bambine di questa parrocchia.

Vi auguro buon anno e ciò vuol dire molte cose, come già ha spiegato la vostra coetanea.

Buon anno vuol dire pace. Per questo il primo giorno dell’anno è sempre la Giornata della Pace e tutta la Chiesa prega per la pace.

Buon anno vuol dire anche la continuazione del Natale perché viviamo ancora, in questo momento del nuovo anno, le feste natalizie.

Buon anno vuol dire anche buon Natale perché deve continuare a nascere in noi Gesù Bambino. Dev’essere ben accolto dappertutto: dalle famiglie, dalle società, dalle nazioni, da tutto il mondo. Dev’essere ben accolto e per questo voi siete qui: per accoglierlo.

Buon anno vuol dire anche armonia nelle famiglie a cui appartenete. Armonia in questa comunità parrocchiale a cui appartenete. Armonia nella vostra nazione, l’Italia, e in tutto il mondo.

Vi dico buon anno e auguro che in questo anno tutti voi possiate crescere nella sapienza, nella prudenza, nell’età, nelle forze e auguro che possiate essere sempre più buoni. Questo è il mio augurio per l’anno 1997 alla vostra parrocchia e specialmente ai bambini e alle bambine. Buon anno!».

VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANTA MARIA DELLA SPERANZA AL NUOVO SALARIO


AI GIOVANI RIUNITI NELL'AUDITORIUM DELLA PARROCCHIA


Domenica, 19 gennaio 1997




«“Non si possono saltare i giovani”: Ho imparato a memoria questa “sentenza” che mi ha ripetuto più volte il vostro parroco. Una “sentenza” degna di un “figlio di Don Bosco”. “Non si possono saltare i giovani”. E non si possono saltare anche perché i giovani sono saltatori migliori di noi! Basta guardare questi palloni: i giovani sono specialisti di football, di basket, di tutti gli sport!

I giovani sono saltatori nati ed è giusto: questo ci vuole, lo vuole Cristo, lo vuole San Paolo, lo vuole Don Bosco e lo vogliamo tutti noi.

Con questi salti si deve pensare ad un progetto per la vita perché la vita non è solamente la giovinezza, ma è anche l’età matura e poi la vecchiaia. Sono tutti periodi della vita per i quali si deve creare un piano giusto fin dalla giovinezza: il tempo in cui lo si deve fare.

11 Auguro a voi e alla vostra parrocchia, a questa città di Roma, alla Chiesa di Roma, alla cara Italia, di preparare bene questo piano, questo progetto di vita, in modo degno di un giovane cristiano, di un giovane figlio di Don Bosco, di un giovane di una parrocchia dedicata a Maria Ausiliatrice Madre della Speranza, di un giovane di questo ambiente di Roma.

Ve lo auguro di cuore e spero che come saltatori, tanto buoni ed efficaci, lo potrete fare.

Benedico tutti i giovani che sono in questa sala, dedicata ormai a Don Egidio Viganò.

VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA

DI SANTA MARIA DELLA SPERANZA AL NUOVO SALARIO


AL CONSIGLIO PASTORALE


Domenica, 19 gennaio 1997




«Incontriamo il Consiglio pastorale e poi i giovani. Anche i giovani si appoggiano al Consiglio come anche il Consiglio, e noi tutti, ci appoggiamo sui giovani. Questa mutua interdipendenza, possiamo dire, manifesta che noi siamo un Corpo, il Corpo di Cristo. E voi qui nella parrocchia siete una cellula di questo Corpo Sono tanto grato al Signore che mi ha permesso di entrare in questa cellula viva del suo Corpo Mistico, e specialmente in questa parte che è la Chiesa di Roma.

Come Vescovo di Roma sono specialmente collegato con ogni romano e con ogni parrocchia romana.

Vi ringrazio per la vostra preparazione alla visita pastorale, per la vostra partecipazione, e soprattutto per la vostra grande disponibilità che qui, dai salesiani, si vede dappertutto.

Vi auguro anche buon anno, come ho fatto ai ragazzi più piccoli questa mattina. Che sia l’anno della speranza; delle cose buone e non delle cose cattive. Un anno di pace, di comprensione mutua, di relazioni buone tra le famiglie, tra le persone, tra i popoli in tutto il mondo.

Vi offro una benedizione ringraziandovi per ciò che fate aiutando il vostro parroco».

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


ALLA SUPERIORA GENERALE


DELLE FIGLIE DI SANT'ANNA


Sala Clementina - Lunedì, 20 gennaio 1997

Alla Reverenda Madre

ANNA VIRGINIA SINAGRA

12 Superiora Generale delle Figlie di Sant’Anna

1. Sono lieto di rivolgere il mio cordiale saluto a Lei ed alle sue Consorelle convenute a Roma dalle varie parti del mondo, dove è presente codesta Congregazione religiosa, per partecipare al Capitolo generale elettivo, giunto ormai alla sua fase conclusiva.

Desidero innanzitutto congratularmi con Lei, Reverenda Madre, per la sua rielezione al servizio di Superiora generale. Estendo il mio saluto alle Religiose che compongono il nuovo Consiglio generale, alle quali formulo cordiali auspici di generoso e fecondo lavoro a favore del progresso spirituale ed apostolico dell’intero Istituto. Il mio affettuoso pensiero va, infine, a tutte le Figlie di Sant’Anna, che vivono ed operano nelle diverse comunità sparse nei vari continenti.

2. Durante gli incontri di questi intensi giorni, che hanno in gran parte coinciso col tempo liturgico dell’Avvento e del Natale, le Delegate capitolari hanno riflettuto insieme con Lei, Reverenda Madre, sul recente cammino della Congregazione, approfondendo il valore delle sue opere e dei suoi impegni pastorali e caritativi, affinché corrispondano sempre meglio al particolare carisma dell’Istituto. Auspico che le linee scaturite dall’assise capitolare infondano rinnovato slancio alla vita ed alle attività della vostra Famiglia religiosa, specialmente in questi anni di immediata preparazione al Grande Giubileo del 2000.

Nell’Esortazione Apostolica post-sinodale Vita consecrata ho sottolineato come nello sforzo di discernimento e di rinnovamento comunitario sia necessario seguire alcuni fondamentali criteri, tra i quali, in particolare, la fedeltà al carisma originale e l’attenzione ai nuovi bisogni ed alle nuove povertà della società contemporanea: “Occorre, ad esempio, salvaguardare il senso del proprio carisma, promuovere la vita fraterna, essere attenti alle necessità della Chiesa sia universale che particolare, occuparsi di ciò che il mondo trascura, rispondere generosamente e con audacia, anche se con interventi forzatamente esigui, alle nuove povertà” (Giovanni Paolo II, Vita consecrata
VC 63).

3. In questo impegno di rinnovamento è necessario che ogni Religiosa dell’Istituto sappia trarre ispirazione e forza dalla ricca eredità spirituale lasciata dalla Madre Fondatrice, Rosa Gattorno. Nell’incontro avuto con Papa Pio IX, essa espresse la ferma intenzione di realizzare fedelmente nella propria vita la volontà di Dio: “Sì, Santo Padre, voglio fare la volontà di Dio”. Ogni Figlia di Sant’Anna deve fare proprie queste parole della Fondatrice, alimentando con la preghiera e con un’intensa vita spirituale l’opera di carità che è chiamata ad offrire ai fratelli e preparando così con la sua umile e fedele attività la venuta del Regno di Dio.

Il nostro tempo è caratterizzato da rinnovata attenzione al ruolo peculiare della vocazione femminile nella Chiesa e nella società. È necessario che la vita consacrata in generale, ed i singoli Istituti religiosi in particolare, rispondano in modo adeguato alle nuove sfide della cultura contemporanea. A tale proposito, mi piace ribadire quanto ho affermato nel recente Documento post-sinodale: “Le donne consacrate sono chiamate in modo tutto speciale ad essere, attraverso la loro dedizione vissuta in pienezza e con gioia, un segno della tenerezza di Dio verso il genere umano ed una testimonianza particolare del mistero della Chiesa che è vergine, sposa e madre” (Vita consecrata VC 57).

4. Auspico che sotto la sua illuminata guida, Reverenda Madre, le Religiose di codesta Congregazione approfondiscano con sempre maggiore chiarezza la propria identità di donne e di consacrate, mettendo a frutto le grandi potenzialità del genio femminile e ponendole a servizio del bene dei fratelli, soprattutto di quelli materialmente e spiritualmente più poveri. Auguro a ciascuna di poter vivere intensamente la propria vocazione, lasciandosi conquistare dall’amore di Dio e testimoniandone efficacemente la presenza misericordiosa accanto ad ogni essere umano.

Con tali sentimenti, mentre invoco la celeste protezione di Sant’Anna e della Vergine Madre del Salvatore, imparto di cuore a Lei, alle Religiose capitolari, alle rispettive Comunità di provenienza ed all’intera Congregazione una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 20 gennaio 1997.

IOANNES PAULUS PP.II





AD UN GRUPPO DI FEDELI APPARTENENTI


AL CAMMINO NEOCATECUMENALE


Sala Clementina - Venerdì, 24 gennaio 1997




13 Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Siate i benvenuti nella casa del Papa! Vi saluto con affetto, cari itineranti laici e sacerdoti, insieme con i vostri responsabili, iniziatori del Cammino neocatecumenale. La vostra odierna visita mi è di grande conforto.

So che venite direttamente dal raduno che avete avuto al Monte Sinai e sulle sponde del Mar Rosso. Per varie ragioni è stato, questo, per voi un momento storico. Avete scelto come luogo del vostro ritiro spirituale un luogo altamente significativo nella storia della salvezza, un luogo quanto mai adatto per ascoltare e per meditare la parola di Dio e per meglio capire il disegno del Signore nei vostri confronti.

Avete voluto in questo modo commemorare i trent’anni di vita del Cammino. Quanta strada avete fatto con l’aiuto del Signore! Il Cammino ha visto in questi anni uno sviluppo e una diffusione nella Chiesa veramente impressionanti. Iniziato tra i baraccati di Madrid, come l’evangelico granellino di senapa è diventato, trent’anni dopo, un grande albero, che s’estende ormai in più di 100 paesi del mondo, con presenze significative anche tra i cattolici di Chiese di rito orientale.

2. Come ogni anniversario, anche il vostro, visto alla luce della fede, si trasforma in occasione di lode e di ringraziamento per l’abbondanza dei doni che il Signore ha concesso in questi anni a voi e, per mezzo vostro, a tutta la Chiesa. Per molti l’esperienza neocatecumenale è stata un cammino di conversione e di maturazione nella fede attraverso la riscoperta del battesimo come vera fonte di vita e dell’Eucarestia come momento culminante nell’esistenza del cristiano: attraverso la riscoperta della parola di Dio che, spezzata nella comunione fraterna, diventa luce e guida della vita; attraverso la riscoperta della Chiesa come autentica comunità missionaria.

Quanti giovani e ragazze grazie al Cammino hanno pure scoperto la propria vocazione sacerdotale e religiosa! La vostra odierna visita offre una felice opportunità anche a me per unirmi al vostro canto di lode e di ringraziamento per le “grandi cose” (magnalia)che Dio va operando nell’esperienza del Cammino.

3. La sua storia si iscrive nel contesto di quella fioritura di movimenti e di aggregazioni ecclesiali che costituisce uno dei frutti più belli del rinnovamento spirituale avviato dal Concilio Vaticano Secondo. Tale fioritura è stata ed è tuttora un grande dono dello Spirito Santo ed un luminoso segno di speranza alla soglia del Terzo Millennio. Sia i pastori che i fedeli laici devono saper accogliere questo dono con gratitudine, ma anche con senso di responsabilità, tenendo conto che “nella Chiesa, tanto l’aspetto istituzionale, quanto quello carismatico, tanto la Gerarchia quanto le Associazioni e Movimenti di fedeli, sono coessenziali e concorrono alla vita, al rinnovamento, alla santificazione, sia pure in modo diverso” (Giovanni Paolo II, Ai partecipanti al Colloquio Internazionale dei Movimenti ecclesiali, 3, 2 mar. 1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. XI, (1987), 478).

Nel mondo di oggi, profondamente secolarizzato, la nuova evangelizzazione si pone come una delle sfide fondamentali. I movimenti ecclesiali, che si caratterizzano appunto per il loro slancio missionario, sono chiamati ad un impegno speciale in spirito di comunione e di collaborazione. Nell’Enciclica Redemptoris missio ho scritto a questo proposito: “Quando si inseriscono con umiltà nella vita delle Chiese locali e sono accolti cordialmente da vescovi e sacerdoti nelle strutture diocesane e parrocchiali, i movimenti rappresentano un vero dono di Dio per la nuova evangelizzazione e per l’attività missionaria propriamente detta. Raccomando, quindi, di diffonderli e di avvalersene per ridare vigore, soprattutto tra i giovani, alla vita cristiana” (Giovanni Paolo II, Redemptoris missio
RMi 72).

Per questo motivo, per l’anno 1998, che nel quadro della preparazione al Grande Giubileo è dedicato allo Spirito Santo, ho auspicato una comune testimonianza di tutti i movimenti ecclesiali, sotto la guida del Pontificio Consiglio per i Laici. Sarà un momento di comunione e di rinnovato impegno a servizio della missione della Chiesa. Sono sicuro che non mancherete a questo appuntamento tanto significativo.

4. Il Cammino neocatecumenale compie trent’anni di vita: l’età, direi, di una certa maturità. Il vostro raduno al Sinai ha aperto davanti a voi in un certo senso una tappa nuova. Opportunamente, pertanto, avete cercato di rivolgere il vostro sguardo con spirito di fede non solo verso il passato, ma anche verso l’avvenire, interrogandovi su quale sia il disegno di Dio nei confronti del Cammino in questo momento storico. Il Signore ha messo nelle vostre mani un tesoro prezioso. Come viverlo in pienezza? Come svilupparlo? Come condividerlo ancora meglio con gli altri? Come difenderlo da vari pericoli presenti o futuri? Ecco alcune delle domande che vi siete posti, come responsabili del Cammino o come itineranti della prima ora.

Per rispondere a queste domande, in un clima di preghiera e di profonda riflessione, avete iniziato al Sinai il processo della stesura di uno Statuto del Cammino. È un passo molto importante che apre la strada verso il suo formale riconoscimento giuridico, da parte della Chiesa, dando a voi una ulteriore garanzia dell’autenticità del vostro carisma. Come sappiamo, “il giudizio sulla loro (dei carismi) genuinità e sul loro esercizio ordinato appartiene a quelli che presiedono nella Chiesa, ai quali spetta specialmente, non di estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono” (Lumen gentium LG 12). Vi incoraggio a portare avanti il lavoro iniziato, sotto la guida del Pontificio Consiglio per i Laici, e in maniera speciale del suo Segretario, Mons. Stanislaw Rylko, qui presente con voi. Su questa strada vi accompagno con la mia particolare preghiera.

14 Prima di concludere, vorrei consegnare ad alcune sorelle una croce come segno della loro fedeltà alla Chiesa e della loro completa dedizione alla missione evangelizzatrice. Il Signore Gesù sia il vostro conforto ed il vostro sostegno nei momenti di difficoltà. La Vergine Santissima, Madre della Chiesa, vi sia modello e guida in ogni circostanza.

Con questo augurio, imparto a voi qui presenti ed a quanti sono impegnati nel Cammino neocatecumenale la mia affettuosa Benedizione.




AI PARTECIPANTI ALLA XIII ASSEMBLEA PLENARIA


DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA


Venerdì, 24 gennaio 1997




Signori Cardinali,
Aamati Fratelli nell’Episcopato,
Cari Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di accogliervi e di salutarvi in occasione dell’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Ringrazio il Cardinale Presidente Alfonso López Trujillo per le amabili parole con le quali ha voluto introdurre questo incontro, che riveste una grande importanza. Infatti il tema delle vostre riflessioni - “La pastorale dei divorziati e risposati” - è oggi al centro delle attenzioni e preoccupazioni della Chiesa e dei Pastori in cura d’anime, i quali non cessano di prodigare le loro attenzioni pastorali nei confronti di quanti soffrono per situazioni di difficoltà nella loro famiglia.

La Chiesa non può restare indifferente davanti a questo problema doloroso, nel quale sono implicati tanti suoi figli. Già nell’Esortazione Apostolica Familiaris consortio riconoscevo che, trattandosi di una piaga che intacca sempre più largamente anche gli ambienti cattolici, “il problema deve essere affrontato con premura indilazionabile” (Giovanni Paolo II, Familiaris consortio FC 84). La Chiesa, Madre e Maestra, cerca il bene e la felicità dei focolari domestici e quando questi per qualunque motivo vengono disgregati, ne soffre e cerca di porvi rimedio accompagnando pastoralmente queste persone, in piena fedeltà agli insegnamenti di Cristo.

2. Il Sinodo dei Vescovi del 1980 sulla famiglia ha preso in considerazione questa penosa situazione e ha indicato le linee pastorali opportune per tali circostanze. Nella Esortazione Apostolica Familiaris consortio, prendendo in considerazione le riflessioni dei Padri Sinodali, scrivevo: “La Chiesa, istituita per condurre a salvezza tutti gli uomini e soprattutto i battezzati, non può abbandonare a se stessi coloro che - già congiunti col vincolo matrimoniale sacramentale - hanno cercato di passare a nuove nozze. Perciò si sforzerà senza stancarsi di mettere a loro disposizione i suoi mezzi di salvezza” (Familiaris consortio FC 84).

È in questo ambito chiaramente pastorale, come ben avete chiarito nella presentazione dei lavori di questa Assemblea Plenaria, che si inquadrano le riflessioni del vostro incontro, volte ad aiutare le famiglie a scoprire la grandezza della loro vocazione battesimale ed a vivere le opere di pietà, carità e penitenza. L’aiuto pastorale presuppone però che sia riconosciuta la dottrina della Chiesa chiaramente espressa nel Catechismo: “Non è in potere della Chiesa pronunciarsi contro questa disposizione della sapienza divina” (Cathechismo della Chiesa Cattolica, n. 1640).

Sappiano tuttavia, questi uomini e queste donne, che la Chiesa li ama, non è lontana da loro e soffre della loro situazione. I divorziati risposati sono e rimangono suoi membri, perché hanno ricevuto il battesimo e conservano la fede cristiana. Certo, una nuova unione dopo il divorzio costituisce un disordine morale, che contrasta con precise esigenze derivanti dalla fede, ma questo non deve precludere l’impegno della preghiera né la testimonianza operosa della carità.


GP2 Discorsi 1997 7