GP2 Discorsi 1997 54


AI DEPUTATI DEL PARTITO POPOLARE EUROPEO,


GRUPPO DEMOCRATICO CRISTIANO, NEL


40° ANNIVERSARIO DEI TRATTATI DI ROMA


Sala Clementina - Giovedì, 6 marzo 1997




Signor Presidente,
Signore e Signori Parlamentari,

1. In occasione del quarantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma, che siete venuti a celebrare in questa città, avete voluto incontrare il Successore di Pietro. Sono lieto di accogliervi in questa felice circostanza e ringrazio Monsignor Wilfried Martens, vostro Presidente, per le sue cordiali parole. Mi rallegro degli sforzi da voi perseguiti affinché questi Trattati, che costituiscono l’atto di nascita di una Europa nuova, siano anche un appello a superare gli scontri, le rivalità e gli odi del passato. Il significato dell’evento che si è svolto quarant’anni fa è evidente, soprattutto quando si considera che a quell’epoca tutti i popoli d’Europa uscivano martoriati dalla Seconda Guerra Mondiale, che aveva superato, con la sua estensione e con le sue molteplici conseguenze sulla coscienza umana, tutti i conflitti che l’avevano preceduta.

2. Oggi forse è utile ricercare la fonte del coraggio di coloro che sono chiamati i padri dell’Europa, alcuni dei quali appartenevano alla vostra famiglia politica. Appare evidente che la fede cristiana che li animava, e che costituiva la loro principale convinzione, conferì uno slancio particolare al loro impegno nella res publica e ai progetti che allora elaborarono: la loro azione politica non era mai separata dalla loro fede cristiana. Essi erano anche consapevoli delle esigenze che questa fede comportava per la loro vita personale, per rendere chiari i fondamenti della loro azione e per far sì che il loro progetto politico fosse credibile. In effetti, il cristiano che si mette al servizio della società civile sa che ciò esige da lui grandi sforzi, perché sia un testimone di Cristo nel suo comportamento personale e nella sua azione politica.

Occorreva dunque agli autori del progetto europeo una visione profonda dell’uomo e della società, e un coraggio fuori dal comune, per proporre ai loro popoli - usciti dalla guerra vincitori o vinti - di instaurare rapporti nuovi posti sotto il segno di una comprensione reciproca e di adottare un ideale europeo, sottolineando al contempo l’importanza per ogni uomo di appartenere a una nazione (cfr Giovanni Paolo II, Centesimus annus CA 50); queste personalità politiche suscitavano così negli uomini del continente il desiderio di fare insieme l’Europa, prendendo coscienza del ruolo di ogni persona e di ogni popolo nell’edificazione delle grande casa comune.

3. Il progetto europeo non si fonda sulla volontà di potere, ma sull’idea che il dialogo e la stima reciproca sono essenziali alla costruzione della pace del continente e al dinamismo di ogni nazione. I padri fondatori dell’Unione Europea hanno proposto per i loro popoli nuovi modi di vivere insieme in una comunanza di destino, non dimenticando il passato, ma accettandolo. Bisognava fare in modo che l’Europa non fosse mai più all’origine delle guerre e dei focolai ideologici che hanno distrutto tante vite umane e corrotto tante coscienze, come è accaduto con i totalitarismi, il cui ricordo è ancora vivo nella nostra mente. Allo stesso modo, è importante che i popoli europei s’impegnino a soddisfare le condizioni concrete per avanzare nell’edificazione dell’Unione.

4. La Santa Sede segue con attenzione fin dalla sua origine il progetto europeo, essendo consapevole delle difficoltà dell’impresa, che esige numerosi sforzi e sacrifici da parte delle diverse nazioni dell’Unione. Coloro che sono stati gli iniziatori della costruzione europea e hanno plasmato un’idea precisa dell’Europa sono un esempio per i costruttori attuali e futuri.

In effetti, l’edificazione dell’Unione Europea presuppone innanzitutto il rispetto di ogni persona e delle diverse comunità umane, riconoscendo la loro dimensione spirituale, culturale e sociale. Oggi grande è la tentazione di affermare che credere in Dio sia un semplice fenomeno contingente, di natura sociologica. La fede in Cristo non è un fatto puramente culturale che sarebbe proprio dell’Europa; la sua diffusione in tutti i continenti lo prova. Tuttavia, i cristiani hanno ampiamente contribuito a formare la coscienza e la cultura europee. Ciò è importante per il futuro del continente, in quanto se l’Europa si costruisce escludendo la dimensione trascendente della persona, in particolare se rifiuta di riconoscere alla fede in Cristo e al messaggio evangelico la loro forza ispiratrice, essa perde gran parte del suo fondamento. Quando il simbolismo cristiano viene schernito e quando Dio viene escluso dalla costruzione umana, quest’ultima diviene fragile, poiché manca di basi antropologiche e spirituali. Inoltre, senza riferimento alla dimensione trascendente, il cammino politico si riduce spesso a un’ideologia. Al contrario, quanti hanno una visione cristiana della politica sono attenti all’esperienza personale della fede in Dio nei loro contemporanei; essi iscrivono il loro cammino in un progetto che pone l’uomo al centro della società e sono consapevoli che il loro impegno è al servizio dei propri fratelli, di cui sono responsabili dinanzi al Maestro della storia.

55 5. Si parla spesso del bisogno di costruire l’Europa sui valori fondamentali. Ciò esige dai cristiani impegnati nell’ambito pubblico di essere in ogni momento fedeli al messaggio di Cristo e di preoccuparsi di condurre una vita morale retta, testimoniando così che ciò che li guida è l’amore per il Signore e per il prossimo. I cristiani che partecipano alla vita politica non possono esimersi dal rivolgere un’attenzione particolare ai più poveri, ai più bisognosi e a tutti gli indifesi. Essi auspicano anche che siano create le condizioni giuste affinché le famiglie vengano aiutate nell’indispensabile ruolo che svolgono in seno alla società. Riconoscono parimenti il valore incomparabile della vita e il diritto di ogni nascituro a esistere nella dignità fino alla sua morte naturale.

L’amore per l’altro suscita atteggiamenti fraterni e rapporti solidi fra le persone e fra i popoli, cosicché i principi del bene comune, della solidarietà e della giustizia conducano a una condivisione equa del lavoro e delle ricchezze, sia all’interno dell’Unione sia con i Paesi che hanno bisogno di aiuto; occorre una motivazione spirituale generosa affinché l’Europa resti un continente aperto e accogliente e la dignità dei nostri fratelli non venga schernita, in quanto la ragion d’essere della società è di permettere a ognuno di condurre “una vita veramente umana” (Jacques Maritain, L’homme et l’État, p. 11).

6. Negli anni futuri il vostro compito sarà importante, soprattutto per far sì che tutti i Paesi che lo desiderano possano riunire le condizioni necessarie alla loro partecipazione a questa grande Europa, grazie al sostegno di tutti. Con i vostri dibattiti e le vostre decisioni, voi siete fra gli artefici della società europea del domani. Ridando speranza a coloro che l’hanno persa, favorendo l’integrazione sociale di quanti vivono nel continente e di quanti vi si insediano, rispondete alla vostra vocazione di uomini politici cristiani.

Al termine del nostro incontro, affidandovi all’intercessione dei santi patroni d’Europa, chiedo al Signore di illuminarvi e di rendere feconda la vostra azione; imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica a voi, ai membri delle vostre famiglie e a tutti i vostri collaboratori.


AI PARTECIPANTI AD UN CONVEGNO PROMOSSO


DALL'UNIONE CRISTIANA IMPRENDITORI DIRIGENTI


Venerdì, 7 marzo 1997


Signor Cardinale,
Signor Presidente Nazionale,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di accogliervi oggi, in occasione del Convegno Nazionale che ricorda il 50 anniversario di fondazione della Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti ed a tutti rivolgo il mio cordiale benvenuto.

Saluto, in particolare, il caro Cardinale Michele Giordano, Arcivescovo di Napoli, vostro Consulente Ecclesiastico Nazionale, e lo ringrazio per le cortesi espressioni che ha voluto rivolgermi a vostro nome, illustrando i tratti fondamentali che caratterizzano la vostra Associazione. Estendo altresì il mio saluto al Presidente Nazionale, Professor Giuseppe De Rita, ai Consiglieri Nazionali e a tutti i membri della vostra Associazione. Saluto con lui anche Monsignor Quadri che è sempre vicino alle problematiche della Dottrina sociale della Chiesa.

2. Il vostro Statuto, recentemente approvato dalla Conferenza Episcopale Italiana, pone tra le finalità precipue dell’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti “la conoscenza, l’attuazione e la diffusione della dottrina sociale della Chiesa”, “la formazione cristiana dei suoi iscritti e lo sviluppo di un’alta moralità professionale”, nonché la collaborazione tra i soggetti dell’impresa, nel rispetto del valore centrale della persona e della solidarietà.

56 Tali obiettivi vi impegnano a considerare il vostro Sodalizio quasi un avamposto della missione ecclesiale nel mondo dell’economia e dell’impresa, per promuovere i valori evangelici contrastando le logiche che mortificano la dignità dell’uomo come le varie espressioni di statalismo, l’eccessiva ricerca del profitto e le diverse forme di discriminazione.

Questo impegno di testimonianza, che ha guidato i primi cinquant’anni dell’UCID, diventa sempre più urgente di fronte agli inediti scenari del tempo presente, che interpellano l’impresa, in vista della promozione di un reale benessere che mai può essere disgiunto dai valori umani ed etici.

3. Al riguardo, la dottrina sociale della Chiesa considera la capacità d’iniziativa e di imprenditorialità parte essenziale del “lavoro umano disciplinato e creativo” (Giovanni Paolo II, Centesimus annus
CA 32), riconoscendo all’imprenditore il ruolo di protagonista dello sviluppo. Il dinamismo, lo spirito di iniziativa e la creatività, indispensabili per un imprenditore, lo rendono una figura chiave del benessere sociale.

Il diritto all’imprenditorialità ed alla libera iniziativa economica va pertanto tutelato e valorizzato, poiché è “importante non solo per il singolo individuo, ma anche per il bene comune” (Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis SRS 15). A tale diritto corrisponde la responsabilità dell’imprenditore, chiamato a rendere l’impresa una comunità di uomini che lavorano con gli altri e per gli altri (cfr Centesimus annus CA 30) e insieme si aiutano a maturare come esseri umani, senza emarginare nessuno.

Sarà compito della vostra benemerita Unione coltivare presso il vasto e dinamico mondo imprenditoriale italiano questa essenziale funzione, richiamando in particolare l’attenzione sull’urgenza di offrire nuove opportunità di lavoro per i troppi che ne sono, oggi, drammaticamente privi.

4. Il corretto rapporto tra profitto e solidarietà rappresenta un altro punto fondamentale della dottrina sociale della Chiesa. In effetti, una situazione conflittuale tra queste istanze, oltre che nuocere all’efficienza dell’azienda, ne tradirebbe lo scopo autentico che “non è semplicemente la produzione del profitto, bensì l’esistenza stessa dell’impresa come comunità di uomini” (Centesimus annus CA 35). Sarà pertanto compito dell’imprenditore creare le opportune condizioni perché nell’azienda lo sviluppo della capacità di chi lavora si armonizzi con la produzione razionale dei beni e dei servizi.

L’attuale fenomeno della globalizzazione economica, introducendo profondi cambiamenti nel mondo dell’economia, ne evidenzia la crescente interdipendenza dei soggetti. La constatazione che emerge dall’esperienza che facciamo ogni giorno è che, nel mondo attuale, tutti dipendiamo da tutti. La solidarietà, prima che un dovere, è un’esigenza che scaturisce dalla stessa rete oggettiva delle interconnessioni. L’attenzione pertanto al valore della solidarietà nei processi produttivi, non solo promuove il bene della persona, ma contribuisce a superare le cause profonde che frenano il pieno sviluppo.

Esorto la vostra benemerita Unione ad adoperarsi instancabilmente affinché le leggi economiche siano sempre più al servizio dell’uomo. È infatti necessario che, nelle trasformazioni in atto nell’azienda e nei processi di produzione, l’uomo abbia sempre il primato che gli compete.

5. La storia dell’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti si intreccia con le vicende politiche e sociali italiane dell’ultimo cinquantennio.

Il vostro sodalizio ha cercato di essere presente nei profondi mutamenti verificatisi nel corso di questi anni, offrendo al mondo produttivo preziosi stimoli per umanizzare il lavoro e l’impresa, e affermando i valori della libertà, della giustizia e della solidarietà. Il nuovo ruolo dei soggetti sociali di fronte allo Stato e le concrete prospettive di integrazione europea chiamano oggi gli imprenditori cristiani ad un rinnovato protagonismo nel movimento cattolico italiano e nella società per fornire risposte concrete alle sfide del momento e contribuire in modo fattivo alla crescita culturale ed economica del Paese.

Mentre auspico di cuore che la vostra Unione possa assolvere i nuovi compiti con la competenza e la generosità finora manifestate, affido voi tutti alla materna protezione di Maria, ed imparto a ciascuno di voi, alle vostre imprese ed alle vostre famiglie una speciale Benedizione Apostolica.




AI VOLONTARI ITALIANI DELLA "HOSPITALITÉ


NOTRE DAME DE LOURDES" E AI MEMBRI


DELLA "BOSTON COLLEGE UNIVERSITY CHORALE"


57
Sabato, 8 marzo 1997


1. Sono lieto di accogliervi, carissimi volontari italiani che aderite all’“Hospitalité Notre Dame de Lourdes”. Vi saluto con affetto, insieme con i componenti del Comitato dell’Arciconfraternita, che hanno voluto accompagnarvi. Estendo il mio saluto anche ai membri del Coro del Boston College, provenienti dagli Stati Uniti d’America.

Questo incontro mi offre un’occasione propizia per sottolineare il valore dell’ospitalità, dimensione essenziale e distintiva della carità cristiana, opera di misericordia che i discepoli di Cristo - come individui, come famiglie e come comunità - sono chiamati a compiere in gioiosa obbedienza al comando del Signore.

2. A causa delle moderne condizioni di vita, i valori dell’accoglienza e dell’ospitalità, presenti in ogni cultura, rischiano di indebolirsi e di perdersi: essi sono infatti delegati ad organismi e strutture che vi provvedono in forma specifica. Ciò, se da un lato risponde ad opportune esigenze organizzative, non deve però riflettersi in una diminuzione della sensibilità e dell’attenzione verso il prossimo che è nel bisogno. L’ospitalità professionale è certo preziosa, ma non deve andare a scapito di quella cultura dell’ospitalità, che attinge le sue motivazioni più profonde dalla parola di Dio e resta, come tale, patrimonio dell’intero popolo di Dio.

Mi piace ricordare come riferimento esemplare il testo del Libro della Genesi in cui si narra di Abramo e dei tre misteriosi ospiti alle querce di Mamre (cfr
Gn 18,1-10). Sotto le sembianze dei tre stranieri di passaggio, l’antico patriarca accolse Dio stesso. L’ospitalità trova compimento in Cristo, il quale ha accolto nella sua Persona divina la nostra umanità diventando, come si esprime la Liturgia, “ospite e pellegrino in mezzo a noi” (Mess. Rm., Prefazio com. VI).

3. Carissimi Fratelli e Sorelle, come attesta anche la vostra attività, l’ospitalità acquista un’importanza tutta particolare in relazione all’esperienza del pellegrinaggio, soprattutto quando si tratta di pellegrini ammalati o molto anziani, bisognosi di speciali attenzioni. Quanti Santi hanno raggiunto la perfezione della carità proprio assistendo gli infermi con quell’amore che solo Cristo, ricevuto nell’Eucaristia e servito nel fratello, è in grado di comunicare!

Uno degli aspetti importanti nella preparazione del Grande Giubileo del Duemila è quello dell’approfondimento dello spirito di ospitalità. Ogni Comunità ecclesiale è chiamata a sviluppare tale dimensione, aprendo il cuore e facendo spazio al suo interno a quanti bussano alle sue porte. L’Anno Santo costituisce così per ogni Chiesa particolare un’occasione provvidenziale di conversione al Vangelo dell’accoglienza e del servizio ai malati ed ai sofferenti.

4. Accogliere i fratelli, con premura e disponibilità, non può limitarsi alle occasioni straordinarie, ma deve diventare per tutti i credenti un habitus di servizio nella vita quotidiana. In tal senso, carissimi Fratelli e Sorelle il vostro inserimento attivo nella pastorale dei malati, quale si attua nella diocesi a cui appartenete, è davvero encomiabile. Esso esprime la volontà di prolungare l’esperienza del pellegrinaggio a Lourdes nell’ordinarietà della vita ecclesiale.

Vi incoraggio perciò a proseguire con generosità il vostro impegno, sempre in fattiva comunione con i Pastori. Con l’augurio che il vostro servizio sia fonte di santificazione per voi e di valido conforto per le persone che accostate, invoco la speciale intercessione della vostra Patrona, la Madonna di Lourdes. Quindi il Papa ha salutato in lingua inglese i membri della “Boston College University Chorale” augurando loro di essere sempre più “sensibili al bisogno di approfondire l’attaccamento agli autentici valori cristiani e alla visione trascendente del significato della vita”.

Successivamente, riprendendo il suo discorso in italiano, Giovanni Paolo II ha così concluso:

6. In questa giornata dell’8 marzo, dedicata alla riflessione sulla dignità ed il ruolo della donna, desidero rivolgere un pensiero a tutte le donne del mondo, in modo particolare a quante purtroppo si trovano in condizioni di emarginazione e di discriminazione. Possa ogni donna esprimere pienamente la ricchezza della propria personalità, a servizio della vita, della pace e dell’autentico sviluppo umano!

58 A tutti voi, carissimi Fratelli e Sorelle, rinnovo la mia riconoscenza per questa gradita visita, ed imparto di cuore la Benedizione Apostolica.



DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II


AI VESCOVI FRANCESI DELLA REGIONE APOSTOLICA


"PROVENCE-MÉDITARRANÉE"


IN OCCASIONE DELLA VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Sabato, 8 marzo 1997




Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Al termine degli incontri personali che la vostra visita ad limina mi ha permesso di avere con voi, solo lieto di rivolgermi a voi tutti, Vescovi della Regione apostolica «Provence Méditerranée», innanzitutto per ringraziarvi di avermi fatto partecipe delle vostre preoccupazioni pastorali. Le vostre Diocesi costituiscono una regione diversificata, resa omogenea da un comune orientamento verso il Mediterraneo; è una di quelle belle regioni dell'Europa che attirano non solo turisti, ma anche persone che vi si recano per viverci. Voi risiedete dunque in un luogo di molteplici contatti. La presenza di numerosi stranieri vi porta a sviluppare il dialogo ecumenico con i cristiani provenienti dall'Oriente e con le comunità ecclesiali nate dalla Riforma. D'altro canto, il dialogo interreligioso assume un'importanza particolare per la presenza fra di voi di numerosi credenti dell'Islam; è bene che gli scambi con essi beneficino di studi di buon livello nel quadro di un nuovo istituto specializzato. So anche che la vostra regione include numerosi centri universitari importanti, affiancati da attivi organismi di ricerca scientifica.

Le comunità cattoliche delle vostre Diocesi sono spesso esigue e i sacerdoti relativamente poco numerosi. Tuttavia voi rendete testimonianza del dinamismo del clero e dei laici, della loro fedeltà alle proprie prestigiose e antiche origini, collegate alle generazioni apostoliche, della conservazione di una religione popolare degna di rispetto, così come degli sforzi di rinnovamento compiuti da tutte le forze vive delle Diocesi. Trasmettete a tutti i fedeli, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose contemplativi o apostolici l'incoraggiamento del Successore di Pietro.

Voi mi avete espresso la vostra preoccupazione per i poveri, spesso ancora più viva nella vostra regione dove la miseria contrasta più che altrove con l'opulenza: è auspicabile che i fedeli nutrano il desiderio di promuovere nella vita sociale il senso del servizio pubblico globale e disinteressato a beneficio di tutti gli abitanti, qualunque sia la loro origine, nella solidarietà e nell'aiuto reciproco, per mettere generosamente in pratica il precetto dell'amore per il prossimo. Che tutti si uniscano per essere ogni giorno testimoni convinti di Cristo e delle esigenze del Vangelo! In questo spirito tengo a rivolgere un incoraggiamento particolare ai Pastori e ai fedeli della Diocesi di Ajaccio per il loro impegno, in una società tormentata, a favore della riconciliazione e della pace fraterna.

2. Il tema sul quale desidero riflettere ulteriormente con voi oggi è quello della pastorale liturgica e sacramentale, visto il ruolo fondamentale che svolgono in questo ambito ogni singolo Vescovo e le Conferenze episcopali, come ho già ricordato nella Lettere Apostolica per il venticinquesimo anniversario della Costituzione Conciliare Sacrosanctum Concilium (Giovanni Paolo II, Lettera apostolica «Vicesimus Quintus Annus», 4 dicembre 1988, n. 20-21: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 4 (1988) 1741ss.).

Si tratta di migliorare costantemente l'applicazione delle decisioni del Concilio Vaticano II, che ha felicemente sottolineato il posto della liturgia al centro della vita della Chiesa: «la liturgia, infatti, mediante la quale, massimamente nel divino sacrificio dell'Eucaristia, “si attua l'opera della nostra Redenzione”, contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa . . . (essa) mostra la Chiesa come segno innalzato sul popolo, sotto il quale i dispersi figli di Dio si raccolgano in unità» (Sacrosanctum Concilium SC 2). Queste parole del Concilio, che saranno riprese in tutto il loro ricco contesto, mostrano già che l'azione liturgica, e soprattutto il memoriale del Sacrificio redentore di Cristo, è «il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù» (Ibid., n. 10). La liturgia è in effetti il luogo per eccellenza dove le membra del Corpo di Cristo sono unite alla preghiera del Salvatore, al suo dono totale per rendere gloria al Padre, alla sua missione di salvezza per il mondo. Si tratta, come dice ancora il Concilio Vaticano II, di «quell'esercizio dell'ufficio sacerdotale di Gesù Cristo mediante il quale . . . viene esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal Capo e dalle sue membra il culto pubblico integrale» (Ibid., n. 7).

3. La pastorale liturgica ha dunque la funzione di orientare sacerdoti e fedeli nella loro partecipazione all'atto centrale affidato da Cristo alla sua Chiesa, che è l'attuazione del mistero pasquale della Passione e della Risurrezione. «Infatti dal costato di Cristo dormiente sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa» (Ibid., n. 5). Occorre ripetere incessantemente che l'Eucaristia fa la Chiesa e fa di essa il segno di Cristo.

Una giusta concezione della liturgia tiene conto del fatto che essa deve chiaramente manifestare le note fondamentali della Chiesa. Si tratta in primo luogo dell'unità dell'assemblea, in cui i battezzati si ritrovano per celebrare lo stesso Signore. A tale proposito è importante che l'unità rituale sia percepibile dalle diverse generazioni di fedeli, dai diversi ambienti, dalle diverse culture. Non vi deve essere opposizione fra l'universale e il particolare. Certo, nelle città e nei villaggi, da un Paese all'altro, le assemblee hanno caratteri propri, ma la celebrazione liturgica deve permettere a ognuno di capire che essi non svolgono un'azione privata, semplice riflesso del gruppo presente, ma che la Chiesa è «il sacramento di unità» (Ibid., n. 26). È il Signore che riunisce, e la Chiesa gli va incontro fino a quando egli verrà a realizzare nella sua pienezza il disegno benevolo del Padre: «di ricapitolare in Cristo tutte le cose (Ep 1,10). Così può essere percepita, nell'assemblea più modesta, la cattolicità alla quale tutti sono chiamati a partecipare.

Occorre salvaguardare il senso del sacro con un attento discernimento, evitando sia di «sacralizzare» esageratamente lo stile liturgico sia di privare i riti o le parole sante del loro senso che è quello di manifestare il dono di Dio e la sua presenza santificatrice. Vivere l'azione liturgica nella santità significa accogliere il Signore che viene per compiere in noi ciò che noi non possiamo realizzare con le nostre sole forze.

59 È chiaro che la nota apostolica deriva dalla missione affidata agli Apostoli, dalla loro partecipazione all'unico sacerdozio di Cristo nella funzione ministeriale di cui sono investiti presso tutto il Corpo ecclesiale che partecipa al sacerdozio universale. Apostolica, la Chiesa lo è anche perché non si allontana mai dalla sua vocazione missionaria. Nell'azione liturgica viene presentato a Dio, per glorificarlo, tutto ciò che fanno i fedeli per compiere la loro missione al centro del mondo. L'azione liturgica conduce a riprendere la missione, con il sostegno della grazia vivificante di Cristo, lungo i cammini propri della vocazione di ognuno.

La liturgia comunitaria aiuta i membri della Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica, a vivere il mistero di Cristo nel tempo. È fondamentale sottolineare l'importanza del radunarsi per la Messa, il giorno del Signore. Le prime generazioni cristiane l'avevano compreso bene: «Noi viviamo sotto l'osservanza del Giorno del Signore, (giorno) in cui la nostra vita viene innalzata da lui e dalla sua morte . . . come potremmo vivere senza di lui?» (Sant'Ignazio d'Antiochia, Ai Magnesiani, 9, 1-2). La frequenza settimanale dell'Eucaristia domenicale e il ciclo dell'anno liturgico permettono di scandire l'esistenza cristiana e di santificare il tempo che il Signore risorto apre verso la beata eternità del Regno. La pastorale veglierà affinché la liturgia non sia isolata dal resto della vita cristiana: i fedeli sono infatti invitati a prolungare la loro pratica liturgica comune attraverso la preghiera personale quotidiana; questo cammino spirituale conferisce uno slancio nuovo alla testimonianza della fede dei cristiani vissuta quotidianamente, e anche al servizio fraterno ai poveri e al prossimo in generale. La pastorale liturgica, che non può fermarsi alle porte della Chiesa, propone a ognuno di realizzare l'unità della propria vita e del proprio agire.

4. La liturgia, che manifesta la natura propria della Chiesa e che è fonte di missione, è donata dalla Chiesa stessa per rendere gloria a Dio; essa ha dunque proprie leggi che è opportuno osservare, nella distinzione dei diversi ruoli ricoperti dai ministri ordinati e dai laici. La priorità spetta a ciò che fa volgere i fedeli a Dio, a ciò che li riunisce e che li unisce fra loro e con tutte le altre assemblee. Il Concilio è stato chiaro a tale proposito: «i sacri pastori devono vigilare affinché nell'azione liturgica non solo siano osservate le leggi per la valida e lecita celebrazione, ma che i fedeli vi prendano parte consapevolmente, attivamente e fruttuosamente» (Sacrosanctum Concilium
SC 11).

I celebranti e gli animatori devono aiutare l'assemblea a partecipare di un'azione liturgica che non è una loro pura creazione, ma un atto di tutta la Chiesa. Occorre dunque lasciare il primo posto alla parola e all'azione di Cristo, a ciò che si è potuto chiamare la «sorpresa di Dio». L'animazione non ha la funzione di esprimere tutto o di prescrivere tutto; essa rispetterà la libertà spirituale di ognuno nel suo rapporto con la parola di Dio e con i segni sacramentali. L'atto liturgico è un evento di grazia la cui importanza trascende la volontà o l'abilità dei protagonisti, chiamati a essere umili strumenti nelle mani del Signore. È ad essi che spetta far percepire ciò che Dio è per noi, ciò che fa per noi, di far capire ai fedeli di oggi che partecipano della storia della creazione santificata dal Redentore nel mistero della salvezza universale.

5. Su un piano più pratico, aggiungerei che è importante vegliare sulla qualità dei segni, senza dare tuttavia prova di un atteggiamento «elitario», poiché i discepoli di Cristo di ogni cultura devono poter riconoscere nelle parole e nei gesti la presenza del Signore nella sua Chiesa e i doni della sua grazia. Il primo segno è quello del radunarsi insieme. Riunita, la comunità offre in un certo senso ospitalità a Cristo e agli uomini, che egli ama. L'atteggiamento di tutti, come l'assemblea liturgica, è la prima immagine che dona di se stessa la Chiesa, invitata alla mensa del Signore.

È nella Chiesa che viene autenticamente proclamata la parola di Dio, una parola venerata in quanto parola viva e abitata dallo Spirito. Si deve prodigare ogni cura alla lettura della parola da parte dei diversi ministri, che l'avranno prima di tutto interiorizzata affinché essa giunga ai fedeli come una vera luce e una forza per il presente. L'omelia presuppone da parte dei sacerdoti una meditazione e un'assimilazione tali da poter far cogliere il senso della parola e permettere un'adesione effettiva, che si prolunghi attraverso un impegno quotidiano.

I canti e la musica sacra svolgono un ruolo fondamentale per rafforzare la comunione di tutti, mediante una forma molto evidente di accoglienza e di assimilazione della parola di Dio e con l'unità dell'implorazione. È nota l'importanza biblica del canto, portatore di Saggezza: «Psallite sapienter», dice il salmista (Ps 17/16, 8). Vegliate affinché vengano scelti e composti buoni canti, che si fondino su testi validi e che abbiano un contenuto significativo. Più in generale ancora del canto propriamente detto, la musica liturgica ha la suggestiva capacità di intrecciare il senso teologico, il senso della bellezza formale e l'intuizione poetica. È opportuno aggiungere anche che, accanto alla parola e al canto, il silenzio ha un posto indispensabile nella liturgia, quando è ben preparato: esso permette a ognuno di sviluppare nel suo cuore il dialogo spirituale con il Signore.

Nel vostro Paese che dispone di un prezioso patrimonio religioso, non c'è bisogno di sottolineare che i luoghi e gli oggetti di culto sono naturalmente segni espressivi, siano essi l'eredità del passato o creazioni contemporanee, poiché la fede apporta alla cultura e all'arte un reale dinamismo creativo. A tale proposito, tengo a dire che apprezzo vivamente le cure rivolte a numerosi edifici di culto, cattedrali o chiese parrocchiali, dalle autorità dello Stato e dalle collettività locali. Non risparmiate sforzi per far vivere le chiese dei paesi, anche quando gli abitanti non sono numerosi. Che la liturgia sia sempre la vera ragion d'essere di questi monumenti, poiché, come si è detto, come le pietre sono adattate le une alle altre, così lo sono gli uomini quando si uniscono per lodare Dio!

La liturgia è dunque uno straordinario strumento per evangelizzare l'uomo, con tutte le qualità della sua mente e l'acutezza dei suoi sensi, con le capacità di intuizione e con la sua sensibilità artistica e musicale, che traducono il suo desiderio di assoluto meglio dei discorsi.

Perché la liturgia sia ben realizzata e feconda, la formazione dei celebranti e degli animatori deve essere seguita con cura, come fanno le vostre commissioni diocesane di pastorale liturgica. Non cessate di attirare l'attenzione dei gruppi di animazione liturgica sugli obiettivi delle celebrazioni, preparate in una positiva collaborazione fra sacerdoti e laici.

6. Ciò che ho appena ricordato a proposito della pastorale liturgica nel suo insieme deve essere seguito da alcune riflessioni sulla pastorale dei sacramenti, che non è riservata solo ad alcuni specialisti. Tutta la Chiesa di Cristo ha la responsabilità di accogliere con amore i fratelli e le sorelle, anche se lontani dalla pratica regolare. Per compiere pienamente la loro missione di dispensatori dei misteri di Dio, i sacerdoti contano sulla collaborazione dei laici che accettano di costituire gruppi di preparazione al battesimo e al matrimonio, così come di assicurare, nell'ambito della catechesi e del catecumenato, la preparazione all'Eucaristia e alla Confermazione.

60 Per i Pastori e le comunità, si tratta, nell'accogliere le domande delle famiglie, degli adolescenti o degli adulti, di discernere bene il senso del cammino, nelle situazioni reali in cui le persone si trovano. Se l'approccio appare spesso esitante o formale, è bene mostrarsi aperti, confidare nella presenza dello Spirito nei postulanti stessi; i sacramenti vengono proposti come doni della grazia per ogni essere, come appelli alla conversione, e non come il risultato o il suggello di una maturità nella fede che sarebbe stata acquisita a priori.

La pastorale dei sacramenti non è separabile dall'insieme della missione evangelizzatrice: essa porta a creare occasioni di proposta della fede e d'iniziazione alla vita cristiana; intende favorire il progresso spirituale di quanti vengono a bussare alla porta della Chiesa, trasmettendole l'appello del Signore e manifestando chiaramente le esigenze evangeliche. È auspicabile anche che le parrocchie e i movimenti si preoccupino di mantenere dei contatti con le persone per le quali la ricezione dei sacramenti rischia di restare un atto isolato ed estraneo alla vita quotidiana.

Senza potermi qui soffermare sul modo di affrontare i diversi sacramenti, vorrei invitarvi ad approfondire soprattutto la riflessione sul sacramento del matrimonio, nella sua dimensione di segno dell'Alleanza e dell'amore fedele di Dio. La crisi del matrimonio e della famiglia invita a un rinnovamento del senso cristiano di questo sacramento, che dovrebbe condurre le coppie a rendere testimonianza di una concezione autentica del matrimonio, che è a immagine del rapporto di Dio con l'umanità.

Voi rilevate anche che il sacramento della penitenza conosce una grande defezione. Ciò è dovuto a molte ragioni, soprattutto di ordine culturale, come l'individualismo attualmente diffuso, o anche a malintesi sulle esigenze morali, sul senso del peccato e del rapporto con Dio. È un servizio da rendere quello di non rinunciare a far riflettere seriamente i nostri fratelli e le nostre sorelle alla luce del Vangelo che rivela «Dio ricco di misericordia» (
Ep 2,4). La posta in gioco è fondamentale per quegli uomini e quelle donne talvolta prostrati dal peccato, anche se non sanno definirlo, e che indietreggiano dinanzi alla confessione, disconoscendo quale dono ammirevole il Padre ci fa mediante Cristo Salvatore, e trascurando la necessità per una coscienza oppressa da una colpa grave di ricorrere al sacramento del perdono prima di ricevere l'Eucaristia. Che i sacerdoti non sminuiscano l'importanza del ministero della riconciliazione, certo esigente, ma fonte di pace e di gioia per coloro ai quali si rivela l'amore misericordioso di Dio.

7. Una pastorale liturgica avveduta costituisce un compito di primo piano nella missione della Chiesa, per aprire al maggior numero di persone le vie della comunione nella grazia della salvezza. Ho affrontato questi temi per incoraggiare gli sforzi considerevoli compiuti nelle vostre Diocesi dal Concilio Vaticano II. Come ho detto al Congresso Liturgico nel 1984, occorre tenere presente «con grande equilibrio, la parte di Dio e quella dell'uomo, la gerarchia e i fedeli, la tradizione e il progresso, la legge e l'adattamento, il singolo e la comunità, il silenzio e lo slancio corale. Così la liturgia della terra si riannoderà a quella del cielo, dove . . . si formerà un solo cuore . . . per inneggiare a una sola voce al Padre, per mezzo di Gesù Cristo» (Giovanni Paolo II, Omelia del 28 ottobre 1984, n. 6: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI, 2 81984) 1054 s.).

Chiediamo al Signore di aiutare i battezzati a credere fermamente all'azione di Cristo nel mondo di oggi, grazie ai sacramenti che ha donato alla sua Chiesa. Rendiamo grazie per la devozione di quanti contribuiscono all'azione liturgica nelle vostre comunità, senza dimenticare i giovani, attualmente più numerosi, che servono all'altare e che sono anche più disposti ad ascoltare, quando ciò accade, l'appello del Signore a seguirlo nel sacerdozio o nella vita consacrata.

In nome del Signore, imparto di tutto cuore a voi e ai vostri diocesani la mia Benedizione Apostolica.

GP2 Discorsi 1997 54