GP2 Discorsi 1998 64


GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO DEI VESCOVI EUROPEI


ORDINATI NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI


13 marzo 1998




Cari e venerati Fratelli nell'Episcopato!

1. Sono lieto di accogliervi al termine della vostra assemblea promossa congiuntamente dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa e dalla Congregazione per i Vescovi. A voi, Vescovi europei nominati negli ultimi cinque anni, rivolgo il mio cordiale e fraterno saluto.

Desidero esprimere, anzitutto, la mia gratitudine per la comunione con il Successore di Pietro, che in molti modi, non ultimo quello di un'affettuosa insistenza per avere questa Udienza, avete chiaramente manifestato. Ringrazio, in particolare, il Signor Cardinale Miloslav Vlk per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti voi, confermando il vostro attaccamento e la vostra devozione.

Esprimo, poi, il mio compiacimento per l'iniziativa della conferenza a cui prendete parte, perché in essa vi è dato di vivere un intenso momento di fraternità, di scambio, di confronto e di riflessione, alla luce dell'esperienza che ciascuno di voi va maturando nei primi anni di ministero episcopale.

2. "Essere Vescovi oggi in Europa", come dice il tema del vostro Congresso, significa certamente trovarsi ad affrontare molteplici problemi, alcuni dei quali molto articolati e complessi, sotto il profilo sia dottrinale che pastorale. Lo attesta la serie di domande che avete esaminato in questi giorni nelle relazioni, nei gruppi e nei dibattiti.

Vorrei, con intensa partecipazione, rinnovarvi l'attestazione della mia vicinanza spirituale e confermarvi nella fede e nella fiducia in Gesù Cristo, che vi ha chiamati e vi ha resi pastori del suo popolo in questo nostro tempo, mentre ci avviciniamo a passi rapidi verso il terzo millennio dell'era cristiana. Egli è lo stesso ieri, oggi e sempre. Egli cammina con noi. Nessuna difficoltà, pertanto, vi turbi. Confidate piuttosto in Lui, che guida la Chiesa sulle strade della storia, perché continui a rendere il suo servizio al Regno di Dio.

65 3. Questo vostro incontro si è svolto nel corso dell'anno dedicato allo Spirito Santo: lo Spirito della Pentecoste, lo Spirito della vostra Consacrazione episcopale, lo Spirito del Concilio Ecumenico Vaticano II. Egli è all'opera anche in questo nostro tempo, che presenta a volte aspetti tanto lontani non solo dai valori evangelici, ma dalla stessa dimensione religiosa che è connaturale all'essere umano. Tuttavia, nonostante le apparenze, lo Spirito non cessa di svolgere la sua azione silenziosa nel segreto delle coscienze, predisponendo gli animi ad accogliere l'annuncio della "lieta notizia" della salvezza in Cristo morto e risorto.

Il compito di questo annuncio spetta innanzitutto a noi Vescovi. Ed è per noi di grande conforto sapere che lo Spirito Santo è costantemente con noi, per sostenerci nel nostro ministero con la luce e la forza dei suoi sette doni. Confidate, dunque, nello Spirito, venerati Fratelli, ed invocateLo con fiducia! Implorate da Lui, in particolare, il dono della fortezza, per saper svolgere con impavida decisione il vostro ministero episcopale. Mentre è in corso la storia del mondo, il credente sa che si sta preparando il trionfo preannunciato nell'Apocalisse: "Al vincitore che persevera fino alla fine nelle mie opere, darò autorità sopra le nazioni... e darò a lui la stella del mattino" (
Ap 2,26 Ap 2,28).

Sostenuti da questa certezza, approfondite la vostra comunione nella verità e nella carità, perseverando con energie sempre nuove nell'impegno dell'evangelizzazione. Lo Spirito saprà rendere fecondi i vostri sforzi anche là dove essi potrebbero apparire umanamente destinati al fallimento.

4. Attingete forza nell'assiduo dialogo con Dio. Lo Spirito Santo è l'anima della preghiera, Egli che "intercede con insistenza per noi con gemiti inesprimibili" (Rm 8,26). Come non sentirsi impegnati ad essere soprattutto Pastori oranti? Cari e venerati Fratelli, lasciatevi costantemente formare dallo Spirito stesso nell'arte dell'ascolto della Parola di Dio e dell'incessante comunione con Lui. Sarete in tal modo disponibili ed atti a comprendere in profondità i sacerdoti, i religiosi, i fedeli e tutti gli uomini e le donne a cui si rivolge il vostro lavoro apostolico. A ciascuno di essi potrete con gioia e coraggio offrire le risposte che vengono dal Vangelo, le sole capaci di soddisfare l'intima sete di verità e di amore di ogni persona.

Da parte mia, mentre vi abbraccio e vi assicuro un costante ricordo all'altare di Dio, vorrei confidarvi che conto, a mia volta, sulla vostra preghiera, per poter adempiere nel modo migliore al ministero petrino che mi è stato affidato. Rafforzi Iddio il vincolo spirituale che ci unisce, vincolo sigillato dallo Spirito Santo e dalla celeste intercessione della Vergine Maria, Madre di Cristo e della Chiesa. Insieme uniti, continuiamo a lavorare con slancio rinnovato nel preparare il Popolo di Dio alla storica scadenza del Grande Giubileo.

Con questi sentimenti, imparto di cuore a ciascuno di voi una speciale Benedizione Apostolica, che estendo volentieri alle Comunità affidate alle vostre cure pastorali.




GIOVANNI PAOLO II


AI PELLEGRINI CONVENUTI


PER LA BEATIFICAZIONE DEI SERVI DI DIO:


VINCENZO EUGENIO BOSSILKOV,


BRIGIDA DI GESÙ MORELLO


E MARÍA DEL CARMEN SALLÉS Y BARANGUERAS


16 marzo 1998




Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Carissimi Religiosi e Religiose,
Fratelli e Sorelle nel Signore!

1. E' ancora viva in tutti noi l'eco della solenne celebrazione liturgica durante la quale, ieri, sono stati elevati alla gloria degli altari tre nuovi Beati. Ci ritroviamo quest'oggi insieme, quasi per prolungare la gioiosa meditazione sui prodigi di grazia che il Signore ha compiuto in queste persone iscritte nell'albo dei Beati.

66 A tutti voi, cari pellegrini venuti a Roma per codesta singolare circostanza, va il mio più cordiale saluto. Mentre insieme ringraziamo il Signore per i nuovi Beati, vorrei riflettere con voi sugli esempi e sugli insegnamenti che questi fedeli testimoni di Cristo ci hanno lasciato.

2. L'intera esistenza ed il ministero sacerdotale del beato Vescovo e Martire Vincenzo Eugenio Bossilkov sono stati fortemente segnati fin dall'inizio dalla Passione di Cristo. Formato alla scuola spirituale di san Paolo della Croce, egli possedeva non comuni doti d'intelligenza e di umanità. Avvalendosi di queste sue qualità, egli visse un forte dinamismo apostolico, sostenuto da una spiccata propensione all'attività pastorale. La sua elezione a Vescovo di Nicopoli segnò la presenza in quella sede episcopale, dopo oltre un secolo, di un nuovo Presule di origine bulgara.

Già nella prima Lettera Pastorale egli manifestava la lucida consapevolezza delle gravi difficoltà provenienti dal regime comunista, ma anche la ferma decisione di rimanere fedele ad ogni costo alla missione di Pastore del gregge di Cristo, anche a rischio di soffrire il martirio.

"Non posso dire ciò che vivo dentro di me - scriveva verso la fine della sua esistenza - e ne risentono i miei nervi, soprattutto perché devo tacere tutto e dimostrarmi forte ed infondere coraggio a tutti... " (Lettera XIV). Il suo imprigionamento, le inaudite torture, il processo farsa, la condanna a morte ed il martirio suggellarono la sua piena conformazione a Cristo, Buon Pastore, pronto ad offrire la propria vita per la salvezza del gregge.

Carissimi Fratelli e Sorelle, ci uniamo con animo grato alla gioia della Diocesi di Nicopoli, della Comunità cattolica bulgara, dei fedeli dell'Olanda spiritualmente vicini al nuovo Beato e dell'intera Famiglia religiosa dei Passionisti, esaltando l'olocausto di questo eroico Vescovo, immolato per la causa della fede cattolica e per restare fedele al Successore di Pietro.

Mentre guardiamo a lui, il nostro pensiero va ai molti altri che, in questo secolo prossimo ormai al suo termine, come lui hanno versato per Cristo il loro sangue ed ora in Cielo gioiscono "portando palme nelle mani" e proclamando: "La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello" (cfr
Ap 7,9-10).

3. La chiamata alla santità nella fedele sequela del Vangelo è stata pure vissuta con grande intensità, anche se in un'epoca ed in circostanze diverse, dalla beata Brigida di Gesù Morello, Fondatrice delle Suore Orsoline di Maria Immacolata. Vissuta in un secolo in cui il ruolo femminile era ancora poco riconosciuto, Brigida di Gesù Morello è testimone degli autentici valori della donna e risplende anche nella nostra epoca come luminoso esempio dello specifico contributo che la donna, sia nella vita civile che in quella religiosa, può offrire alla Comunità cristiana ed alla società.

Questo suo impegno di solidarietà verso i fratelli era espressione di un'intensa vita spirituale, arricchita di particolari esperienze mistiche. Nei lunghi anni di malattia e di dolore fisico ed interiore, la nuova Beata rivolgeva spesso lo sguardo orante al Crocifisso, che portava sempre con sé. Un'artistica riproduzione di tale immagine, opportunamente ingrandita, è stata recata in quest'Aula per essere, poi, trasferita a Sarajevo, nella nuova chiesa eretta in onore di san Leopoldo Mandic. Verso le terre dei Balcani, infatti, si dirigeva di frequente la preghiera della Beata Brigida, invocando dal Signore la conversione di tutti e la pace per "l'universo mondo". Alle sue Figlie spirituali va il mio affettuoso saluto, insieme con l'auspicio che la beatificazione di Madre Morello infonda rinnovato impulso alla loro preziosa testimonianza di vita consacrata ed al generoso servizio da loro svolto in campo educativo ed assistenziale.

4. Saludo con gran afecto a los numerosos peregrinos venidos a Roma para participar en la solemne beatificación de la Madre Carmen Sallés y Barangueras, hija preclara de España, que tiene como patrona a la Virgen Inmaculada. Desde pequeña aprendió de sus padres a invocar a María como Madre.

En su juventud supo conjugar la alegría desbordante con el compromiso responsable. Su espiritualidad nunca la tuvo aislada; al contrario, contemplando la acción del Señor en María, encontró la inspiración del carisma educativo concepcionista, como respuesta válida para afrontar la marginación cultural de la niña y la mujer. Con este objetivo fundó en Burgos las Religiosas Concepcionistas Misioneras de la Enseñanza, con un novedoso proyecto de educación integral y amplia visión de futuro.

Sin salud ni dinero logró abrir en España trece colegios y, antes de su muerte en Madrid, impulsó la expansión de su Instituto. Siguiendo sus deseos, las Concepcionistas fundaron poco después en Italia y, sucesivamente en otras muchas naciones, nuevas "Casas de María Inmaculada", para acoger niños, jóvenes y mujeres, cuidando de su promoción humana y de su formación cristiana.

67 Queridas Religiosas: el carisma de Carmen Sallés mantiene hoy su vigor a las puertas del Tercer Milenio. A vosotras, a vuestras exalumnas y alumnas, os invito a contemplar la figura de la nueva Beata y a seguir su ejemplo, junto con su proyecto educativo, que sigue siendo un fecundo instrumento de apostolado para la elevación humana y cristiana de la mujer. A todas os aliento a dar testimonio, con la propia vida, de la formación recibida, colaborando en la construcción de una sociedad basada en la "civilización del amor".

5. Carissimi Fratelli e Sorelle! Esultiamo insieme e ringraziamo il Signore per i luminosi esempi di santità di vita e di carità cristiana offerto dai nuovi Beati. La loro spirituale vicinanza e la loro celeste intercessione ci spronino a rispondere a nostra volta sempre più generosamente all'universale chiamata alla santità.

Tornando a casa, portate con voi, insieme con il ricordo di questo intenso pellegrinaggio a Roma, la ricchezza spirituale che promana da questa Beatificazione. Vi accompagni la materna protezione della Vergine Maria, Regina di tutti i Santi, insieme con la mia Benedizione, che con affetto imparto a voi ed alle vostre Comunità diocesane e religiose.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL CORSO PROMOSSO


DALLA PENITENZIERIA APOSTOLICA


Al venerato Fratello

WILLIAM W. BAUM

Penitenziere Maggiore

1. Rendo grazie al Signore perché, anche in questo anno 1998, consacrato alla meditazione e all'invocazione dello Spirito Santo in preparazione del Grande Giubileo, mi concede di rivolgermi con questo Messaggio a Lei, Signor Cardinale, ai Prelati ed Officiali della Penitenzieria Apostolica, ai Religiosi Frati Minori, Minori Conventuali, Domenicani e Benedettini, che svolgono il compito di Penitenzieri rispettivamente nell'Arcibasilica Lateranense, in quella Vaticana, in Santa Maria Maggiore e in San Paolo fuori le Mura, come pure a quelli di vari Ordini, Penitenzieri Straordinari nelle medesime basiliche, oltre che ai giovani sacerdoti e candidati all'ormai prossima Ordinazione sacerdotale, i quali hanno profittato del corso sul foro interno, organizzato e svolto dalla Penitenzieria con crescente successo di adesioni.

Il mio vivo ringraziamento si eleva al Signore, Padre delle misericordie, con le parole della Liturgia: "Gratias agimus tibi propter magnam gloriam tuam". Lodiamo e ringraziamo il Signore perché Egli tutto opera per la sua gloria, alla quale la sua santità non può rinunciare: "Gloriam meam alteri non dabo" (Is 48,11), e con ciò stesso tutto dispone per la nostra salvezza: "Propter nos homines et propter nostram salutem".

La volontà salvifica di Dio, che è splendore della sua gloria, si attua in modo privilegiato nel ministero del sacramento della Riconciliazione, che è l'oggetto precipuo del quotidiano servizio reso dalla Penitenzieria e dai Padri Penitenzieri, ed è in prospettiva prossima il servizio per il quale, sotto il profilo del foro interno, hanno approfondito la loro preparazione nel ricordato corso annuale i nostri cari giovani leviti.

In virtù della rappresentanza che essi esprimono nella varietà delle origini, delle mansioni e delle destinazioni, la mia riflessione, che ancora una volta avrà come tema il sacramento della misericordia, si rivolge non solo a loro, ma intenzionalmente a tutti i sacerdoti della Chiesa, come ministri, e a tutti i fedeli, come beneficiari, del perdono nella confessione sacramentale.

2. A partire dal 1981, quando ricevetti per la prima volta collegialmente la Penitenzieria e i Padri Penitenzieri (dal 1990, si sono uniti i partecipanti al corso sul foro interno), ho progressivamente considerato il sacramento della Penitenza sotto vari aspetti: in se stesso, nelle sue leggi costitutive e disciplinari, negli effetti propriamente sacramentali ed in quelli ascetici, negli impegni di espiazione e di riparazione che ne conseguono per i fedeli. Ho esaminato poi il compito dei sacerdoti come ministri del sacramento, richiamando la sublimità della loro missione, le loro prerogative, i loro doveri di forte preparazione culturale, di generosità nel prestarsi, soprattutto di carità accogliente, di saggezza e mitezza, virtù tutte premiate dalla esultanza spirituale per la santità del loro ufficio. Ho trattato, infine, dei fedeli come fruitori del sacramento, sotto il profilo delle convinzioni e delle disposizioni, con le quali devono accostarsi al sacramento stesso, sia come forma abituale del loro mondo morale, sia come atteggiamento attuale nel riceverlo, affinché esso sia valido e massimamente fruttuoso.

Questa voluta insistenza sul medesimo tema già di per sé indica come il sacramento della Riconciliazione stia sommamente a cuore, in ragione del loro ufficio di mediatori in Cristo tra Dio e gli uomini, al Sommo Pontefice ed ai suoi fratelli nel sacerdozio, vescovi e presbiteri.

68 Oggi è opportuno considerare le finalità proprie, che la Chiesa intende perseguire e che i fedeli debbono proporsi nel ricevere il sacramento della Penitenza; con esse, o piuttosto come specificazioni particolarmente gratificanti di tali finalità essenziali del sacramento, i benefici di interiore armonia che derivano dalla grazia; da ultimo, certi risultati intesi soggettivamente da chi riceve o amministra il sacramento (o a loro suggeriti da autori, i quali non debbono far testo), che esulano dalla dinamica soprannaturale di esso, inducendo anche talvolta nel rito, che deve essere essenzialmente ed esclusivamente religioso, modalità che lo snaturano e lo dissacrano.

3. Con ragione il sacramento della Penitenza dai Padri e dai Teologi ha ricevuto, assieme ad altre denominazioni, quella di secunda tabula post naufragium, seconda in rapporto al Battesimo. Il naufragio, dal quale il Battesimo e la Penitenza ci salvano, è quello del peccato. Il Battesimo cancella la colpa d'origine e, se ricevuto in età adulta, cancella anche i peccati personali e tutta la pena ad essi dovuta: esso è, infatti, la nascita, l'assoluta novità di vita, nell'ordine soprannaturale. Il sacramento della Penitenza è destinato a cancellare i peccati personali, commessi dopo il Battesimo: innanzi tutto quelli mortali, quindi quelli veniali. I peccati mortali, se il penitente ne ha commesso più di uno, non possono essere rimessi che tutti simultaneamente. Infatti, la remissione del peccato grave consiste nell'infusione della grazia santificante perduta, e la grazia è incompatibile con i peccati gravi, tutti e singoli. Diversa è la considerazione da fare per i peccati veniali, i quali non comportano la perdita della grazia e perciò possono coesistere con lo stato di grazia, e non essere quindi rimessi per difetto di sufficiente loro detestazione nel penitente, anche se fossero rimessi, mediante l'assoluzione sacramentale, peccati mortali, che, per ipotesi, egli avesse commesso. Ovviamente i fedeli che si accostano al sacramento della Penitenza desiderano anche la remissione della pena temporale, dovuta al peccato, sia pure che non necessariamente abbiano in atto l'esplicita considerazione di tale pena. Si ricordi, a questo proposito, la verità di fede del Purgatorio, nel quale si espiano le pene residue dopo il passaggio all'altra vita. Ma il sacramento della Penitenza contiene in se stesso, appunto perché infonde o aumenta la grazia soprannaturale, la virtù di stimolare i fedeli al fervore della carità, alle conseguenti opere buone, e alla pia accettazione dei dolori della vita, che meritino la remissione anche delle pene temporali.

Sotto questo profilo al sacramento della Penitenza è strettamente connessa la verità di fede e la prassi delle indulgenze. L'indulgenza è, infatti, la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa. Il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, l'acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi (
CIC 993). Grazie a Dio, là dove la vita cristiana è intensamente vissuta, i fedeli amano le indulgenze e piamente ne fanno uso. E poiché l'acquisizione dell'indulgenza plenaria postula in primo luogo il totale distacco dell'anima dall'affetto al peccato, mirabilmente esse e il sacramento della Penitenza si integrano in quello scopo essenziale e primo che è la distruzione del peccato, che, come sopra ho detto, si identifica in concreto con l'infusione o l'aumento della grazia santificante.

A questo proposito, il mio pensiero, anzi il pensiero di tutta la Chiesa, si eleva con gratitudine al Sommo Pontefice Paolo VI di venerata memoria, che nella Costituzione Apostolica Indulgentiarum doctrina, insigne monumento del Magistero, ha approfondito il tema delle indulgenze e, con viva sensibilità pastorale, ne ha innovato la disciplina.

Così il ricordo e l'invocazione dello Spirito Santo, con i quali ho aperto queste mie parole, sono stati intenzionali, in rapporto non solo al Grande Giubileo, ma anche al tema qui svolto: è, infatti, mirabile effetto dello Spirito Santo, che inabita in noi, la distruzione del peccato e la santità: " ... ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio (1Co 6,11); "La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio e stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5). La Chiesa, dunque, proclama e amministra il perdono di Dio nel sacramento della Penitenza, affinché nei fedeli si attui la volontà divina, che è la nostra santificazione: "Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione" (1 Tes, 4,3).

4. La gloria di Dio, che per quanto riguarda gli uomini si identifica con la loro eterna salvezza, fu annunciata dagli angeli nel Natale del Signore come intimamente connessa con la pace: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14), e Gesù, nel supremo testamento dell'Ultima Cena, lasciò come definitiva eredità la sua pace: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la da il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore" (Jn 14,27); "Questo vi ho detto perché la mia gioia sia con voi e la vostra gioia sia piena" (Jn 15,11). Il sacramento della Penitenza, per il fatto stesso che infonde o aumenta la grazia, offre il dono della pace. Il rito liturgico dell'assoluzione sacramentale, con felice innovazione nella formula oggi e fin dal 1973 in uso, mette esplicitamente in rilievo questo divino dono della pace: Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e nella risurrezione del suo Figlio e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace".

A questo proposito, e cioè per ben intendere la natura di questa pace, è necessario ricordare che l'armonia tra l'anima e il corpo, tra la volontà dello spirito e le passioni, è stata intimamente turbata in conseguenza della colpa originale e dei peccati personali, cosi che spesso in noi v'e una lotta drammatica: "Infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio... acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra" (Rm 7,19 Rm 7,22-23). Ma questo conflitto non esclude la pace profonda nell'animo della persona: "Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io... con la mente servo la legge di Dio" (Rm 7,25).

E' dunque legittimo che i fedeli, nel sacramento della Penitenza, cerchino anche di instaurare quel processo interiore che porta, nei limiti possibili alla nostra condizione di viatori, alla progressiva assimilazione del proprio stato psicologico a quella superiore pace che consiste nella conformità alla volontà di Dio. Infatti, la ragionevole sicurezza - che non può essere certezza di fede, come insegna il Concilio Tridentino - del nostro stato di grazia, se non elimina i dissidi interiori, li rende tollerabili, ed anzi, quando si attinge la santità, desiderabili. Non per nulla San Francesco d'Assisi diceva: "Tant'è il bene che m'aspetto ch'ogni pena m'è diletto". In questo stesso ordine di idee, tra gli effetti del sacramento della Penitenza, che giustamente i fedeli possono attendere e desiderare, vi è quello di una mitigazione degli impulsi passionali, di una correzione di difetti logici od emotivi (come nel caso degli scrupolosi), di affinamento di tutto il nostro libero agire, per effetto della carità soprannaturale restaurata e crescente. In tanta parte, come ho ricordato in un precedente mio discorso, questi effetti, propri ma secondari, del sacramento della Penitenza, sono legati anche alla capacità e alla virtù del sacerdote confessore.

5. E' invece attesa ingiustificata quella di chi vorrebbe trasformare il sacramento della Penitenza in psicoanalisi o psicoterapia. Il confessionale non è e non può essere un'alternativa allo studio dello psicanalista o dello psicoterapeuta. Né dal sacramento della Penitenza si può attendere la guarigione da situazioni a carattere propriamente patologico. Il confessore non è un guaritore e neanche un medico nel senso tecnico della parola; anzi, se mai lo stato del penitente sembra esigere cure mediche, il confessore non affronti lui l'argomento, ma rimandi il penitente a competenti e onesti professionisti. Analogamente, sebbene l'illuminazione delle coscienze esiga il chiarimento delle idee sul contenuto proprio dei comandamenti di Dio, il sacramento della Penitenza non è e non deve essere il luogo della spiegazione dei misteri della vita. Su questi temi si vedano le Normae quaedam de agendi ratione confessariorum circa sextum Decalogi praeceptum, emanate il 16 maggio 1943 dalla allora Suprema Congregazione del Sant'Uffizio, ora Congregazione per la Dottrina della Fede, che, pur così lontane nel tempo, permangono attualissime. Analogamente, non solo a motivo del sigillo sacramentale, ma anche per la necessaria distinzione tra il foro sacramentale e la responsabilità giuridica e pedagogica dei formatori al sacerdozio e alla vita religiosa, lo stato di coscienza rivelato nella confessione non può e non deve essere trasferito nella sede decisionale canonica del discernimento vocazionale; ma, come è chiaro, al confessore dei candidati al sacerdozio incombe il gravissimo obbligo di dissuadere, con ogni energia, dal proseguire verso di esso coloro i quali nella confessione dimostrano di essere privi delle necessarie virtù (il che vale in ispecie in rapporto al possesso della castità, indispensabile per l'impegno celibatario) o del necessario equilibrio psicologico, o, infine, della sufficiente maturità del giudizio.

6. Il periodo quaresimale che viviamo ci ricorda la caduta e ci prepara alla risurrezione: il sacramento della Penitenza soccorre i caduti e dona loro la risurrezione alla vita eterna, di cui l'anima in stato di grazia possiede fin d'ora il pegno. Gesù è l'unico ed assoluto Salvatore di tutti gli uomini e di tutto l'uomo. In questa prospettiva di integrale salvezza va concepito il sacramento della Penitenza, dono di grazia, dono di santità, dono di vita.

L'umile coscienza di aver mediato per i fedeli queste misericordie del Signore è per noi sacerdoti, ormai avanti negli anni, motivo di immensa gratitudine a Lui, che si è degnato di farci suoi viventi strumenti. L'attesa dell'adempimento di questa stessa sublime missione sia per voi, giovani speranze della Chiesa, stimolo ad adeguata preparazione culturale e ascetica, e attrattiva a somma generosità per il vostro prossimo ministero. Non a torto si dice che potrebbe bastare anche una sola Messa santamente celebrata a realizzare compiutamente una vocazione sacerdotale. Similmente si possa dire, cari giovani, che la vostra carità, offerta ai fedeli nel sacramento della Riconciliazione, sia la pienezza e la gioia del vostro domani.

69 In auspicio della grazia del Signore, che fecondi questi desideri e questa fiducia, di cuore vi imparto l'Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano, 20 Marzo 1998

IOANNES PAULUS PP. II


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI AL III CONGRESSO OMAEP


SU "I FONDAMENTI BIOLOGICI E PSICOLOGICI


DELL'EDUCAZIONE PRENATALE"


(UNIVERSITA' LA SAPIENZA, ROMA, 18-21 MARZO 1998)






Illustri Signori,
Gentili Signore!

1. Sono lieto di accogliervi in occasione del Congresso sui "Fondamenti Biologici e Psicologici dell'Educazione Prenatale", a cui partecipate. Rivolgo a ciascuno di voi il mio saluto cordiale, con un particolare pensiero di apprezzamento per i promotori dell'incontro, tra i quali i responsabili del "Movimento per la Vita", pregevole iniziativa di spiriti generosi, che nel corso di questi anni è andata raccogliendo crescenti consensi.

E' motivo di conforto incontrare nel panorama scientifico attuale una schiera di ricercatori che, riconoscendo la piena dignità del nascituro, esplorano le vie di una nuova disciplina, la educazione prenatale. E', questa, una meravigliosa e meritoria ricerca: chinarsi davanti al figlio che si trova ancora nel seno materno, non solo per constatare e osservare la sua crescita fisica ed ascoltarne il battito del piccolo cuore, ma anche per indagare le sue emozioni e registrare i segni dello sviluppo della sua psiche. In questa ricerca c'è un implicito tributo di rispetto alla persona, nella quale già palpita lo spirito immortale e si manifesta l'immagine del Creatore.

2. E' giusto che il bambino sia posto al centro dell'attenzione delle scienze umane, e non solo di quelle biologiche, fin dall'inizio del suo cammino temporale nel seno materno. Il vostro impegno pertanto, cari Convegnisti, ha certamente un valore nel campo delle scienze sperimentali, ma ha anche un significato antropologico e morale. Il vostro interesse, infatti, superando il puro organicismo e la considerazione degli aspetti fisico-funzionali, che pur conservano la loro importanza, si dirige verso l'intimo del nuovo essere, che è ospite del seno materno.

La vostra ottica è, per così dire, prospettica: voi guardate al successivo sviluppo del bambino - la sua infanzia, l'adolescenza, l'età adulta - per cogliere le connessioni psicologiche che esistono tra quelle fasi dell'esistenza ed i suoi inizi nel grembo della madre, e per suggerire ai genitori la condotta più idonea per assicurare l'armonico avvio del processo.

La storia dell'individuo dopo la nascita dipende certamente dalle cure fisiche e mediche che egli riceve. Ma un influsso non piccolo su di essa hanno pure la serenità, l'intensità e la ricchezza delle emozioni provate durante la vita prenatale. Questa linea di ricerca prenatale va, pertanto, considerata della massima importanza.

In questa prospettiva, è pure importante rilevare la connessione che esiste tra lo sviluppo della psicologia del nascituro ed il contesto della vita familiare che si muove intorno a lui. L'armonia dei coniugi, il calore della casa, la serenità della vita quotidiana si ripercuotono sulla sua psicologia, favorendone lo sbocciare armonioso: non sono soltanto i geni a trasmettere i tratti ereditari dei genitori, ma anche le ripercussioni delle loro vicende spirituali ed emozionali.

3. E' bello constatare come la medicina e la psicologia, con le loro rispettive risorse, possano mettersi a servizio della vita del nascituro e del suo progressivo sviluppo. Mentre alcune linee di ricerca e d'intervento sperimentale, oggi, rischiano di dimenticare il mistero della persona presente nella vita che sboccia nel seno della madre, voi vi proponete di sviluppare i vostri studi partendo da questo presupposto. Voi sapete, infatti, che la sciagura più grave per l'umanità è quella di smarrire il significato del valore della vita umana fin dal suo esordio.

70 Conoscere la vita in ogni sua dimensione, per rispettarla e promuoverla in tutto il suo sviluppo e in tutto il suo mistero: è questo l'orizzonte che vi guida e che oggi volete riconfermare davanti al Successore di Pietro. L'auspicio doveroso in questo contesto è che quanti sono preposti all'assegnazione dei mezzi economici destinati alla ricerca sappiano distinguere tra i programmi che vanno a sostegno della vita e quelli che ne offendono l'integrità o ne compromettono la stessa esistenza.

Spetta, in particolare, ai ricercatori cattolici il compito di far convergere i loro sforzi verso gli obiettivi umani più alti ai quali la scienza può servire. Scrivevo, al riguardo, nella Lettera Enciclica Evangelium vitae: "Anche gli intellettuali cattolici possono fare molto per costruire una nuova cultura della vita umana. Un compito particolare spetta agli intellettuali cattolici, chiamati a rendersi attivamente presenti nelle sedi privilegiate dell'elaborazione culturale, nel mondo della scuola e della università, negli ambienti della ricerca scientifica e tecnica, nei luoghi della creazione artistica e della riflessione umanistica" (n. 98).

4. Rinnovo ai credenti l'invito a collaborare con animo aperto con i colleghi del mondo scientifico per sviluppare la ricerca sulle componenti fisiche, psicologiche e spirituali della vita umana fin dai suoi albori. Qualsiasi persona che sia sensibile alla difesa e alla promozione della vita, specie se fragile e indifesa, non può accontentarsi della proclamazione, ancorché giusta e sacrosanta, del diritto alla vita, ma deve sentirsi impegnata ad elaborare una cultura scientificamente fondata "con una produzione di contributi seri, documentati e capaci di imporsi per i loro pregi al rispetto e all'interesse di tutti" (Lett. enc. Evangelium vitae
EV 98).

La vittoria, in definitiva, sarà della verità, perché dalla sua parte sta Dio. Non è Egli forse il Dio della verità ed il Signore della vita?

Vi esorto, pertanto, a continuare nei vostri studi con rigore esemplare. Il Signore non mancherà di accompagnarvi con la sua grazia nel quotidiano lavoro, che voi ponete al servizio di un domani più bello e ricco di vita.

Con questo augurio, mentre invoco su di voi e sulle vostre attività la protezione della Vergine Maria, Sede della Sapienza e Madre del Verbo Incarnato, di cuore vi imparto la mia affettuosa Benedizione.

Dal Vaticano, 20 Marzo 1998.


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