GP2 Discorsi 1997 214


AI VESCOVI DELLA CHIESA DI ETIOPIA E DI ERITREA


IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Venerdì, 12 settembre 1997




Signor Cardinale,
215 Cari Fratelli Vescovi,

1. E' per me motivo di grande gioia dare il benvenuto a voi, Vescovi della Chiesa di Etiopia e di Eritrea, in occasione della vostra visita "ad Limina Apostolorum": "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (
Rm 1,7). L'antica pratica di "venire a consultare Cefa" è una reminiscenza della visita fatta dall'apostolo Paolo a Gerusalemme, per passarvi qualche tempo con Pietro (cfr Ga 1,18), che il Signore aveva costituito "Roccia" su cui costruire la sua Chiesa. Nell'abbraccio fraterno di Pietro e Paolo la prima comunità cristiana lesse il dovere di trattare i pagani convertiti da Paolo come veri fratelli e sorelle nella fede. Al tempo stesso, nel racconto di Paolo circa l'abbondante effusione di grazia su questi nuovi fratelli, l'intera comunità trovò ragioni sempre più chiare per lodare la infinita misericordia di Dio (cfr Ac 15, 16ss). In modo analogo questo nostro raccoglierci oggi insieme riafferma la comunione delle vostre Chiese particolari con il Successore di Pietro e con la Chiesa universale. Così raccolti in intima comunione di cuore possiamo unire le nostre voci al canto del salmista: "Verranno i grandi dall'Egitto, l'Etiopia tenderà le mani a Dio. Regni della terra, cantate a Dio, cantate inni al Signore (Ps 68,32-33).

2. Cari Fratelli nell'Episcopato, ambedue i vostri Paesi in questi ultimi tempi sono stati sottoposti a vasti cambiamenti politici e culturali. Tra i più significativi voglio ricordare lo sviluppo di forme democratiche di governo e l'impegno di favorire la crescita economica ed il progresso tecnologico nelle vostre società tradizionali. Condivido con voi la preoccupazione pastorale per lo sviluppo pacifico dei vostri popoli, non solo in termini di progresso materiale, ma soprattutto in rapporto alla genuina libertà politica, all'armonia etnica e al rispetto per i diritti di tutti i cittadini, con particolare attenzione alle situazioni delle minoranze ed alle necessità dei poveri. La questione che vi sta davanti in questo momento, alla luce della situazione che prendete in considerazione nella vostra Lettera pastorale Thy Kingdom Come, pubblicata all'inizio di quest'anno, può essere così formulata: come può il Vangelo essere incarnato nelle circostanze attuali? Come possono la Chiesa ed i singoli cristiani affrontare al meglio i decisivi problemi che incontrano, se vogliono costruire un futuro migliore per se stessi?

Una risposta a queste domande può essere trovata negli stessi obiettivi che, come Pastori delle Chiese locali di Etiopia e di Eritrea, vi siete proposti: trasformare l'umanità dal di dentro, rinnovare l'innocenza del cuore dell'uomo e, come raccomandato dalla Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, costruire la Chiesa come famiglia (cfr Thy Kingdom come, Lettera Pastorale dei Vescovi cattolici di Etiopia e di Eritrea, 6). Proprio quest'ultimo impegno offre una chiave importante per la realizzazione dei primi due, infatti, come i Padri sinodali riconoscono, la Chiesa come famiglia di Dio è "una espressione della natura della Chiesa particolarmente adatta per l'Africa. L'immagine pone, in effetti, l'accento sulla premura per l'altro, sulla solidarietà, sul calore delle relazioni, sull'accoglienza, il dialogo e la fiducia" (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, 63). In effetti, quando l'evangelizzazione riesce a costruire la Chiesa come famiglia, si rende possibile un'autentica armonia tra differenti gruppi etnici, è evitato l'etnocentrismo e la riconciliazione viene incoraggiata, una più grande solidarietà e la condivisione delle risorse tra il popolo e tra le Chiese particolari diventano una realtà.

3. L'Esortazione apostolica post-Sinodale Ecclesia in Africa, che costituisce una sorta di piano pastorale generale per il vostro continente, sottolinea l'importanza di coinvolgere effettivamente i laici nella vita della parrocchia e della diocesi, nella pastorale e nelle strutture amministrative (cfr n. 90). Infatti, i laici "in virtù della loro condizione battesimale e della loro specifica vocazione, nella misura a ciascuno propria, partecipano all'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo" (Christifideles Laici CL 23). E' necessario quindi assicurare ai laici un'adeguata formazione, che li metta in grado di rispondere efficacemente alle enormi sfide a cui sono posti dinanzi come seguaci di Cristo e come cittadini di paesi che lottano per lo sviluppo.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica è uno strumento molto prezioso per questa formazione ed evangelizzazione in generale. Ora che possedete la sua traduzione in Amarico, e mentre state lavorando alla traduzione in Tigrino, vi incoraggio a far sì che il numero più grande possibile di persone possa avvicinarsi al testo: occorre favorire una sufficiente disponibilità di copie specialmente per le piccole comunità cristiane, che tanto contribuiscono al rafforzamento della vita ecclesiale. I Padri Sinodali hanno riconosciuto che "la Chiesa come famiglia potrà dare la sua piena misura di Chiesa solo ramificandosi in comunità sufficientemente piccole per permettere strette relazioni umane" (Ecclesia in Africa, 89). Nella tradizione etiopica, le associazioni "Mehaber" sono un'espressione molto valida di queste comunità e, come voi stessi riconoscete nella vostra Lettera pastorale, il valore ed il dinamismo di questi gruppi "può avere una influenza molto positiva nella evangelizzazione di ( . . .) famiglie, villaggi e comunità parrocchiali" (Thy Kingdom Come, 32)

4. Nel contesto di un'apertura alle sfide del futuro, l'attenzione ai giovani rimane di primaria importanza e deve continuare ad occupare un posto preminente nel vostro ministero pastorale. "Il futuro del mondo e della Chiesa appartiene alle giovani generazioni ( . . .) Cristo aspetta grandi cose dai giovani" (cfr Tertio Millennio Adveniente, n 58). La recente celebrazione della XII Giornata Mondiale della Gioventù in Parigi è stata una chiara conferma della capacità dei giovani di impegnare le proprie energie ed il proprio entusiasmo in funzione delle esigenze della solidarietà con gli altri non meno che della ricerca di un'autentica santità cristiana. L'intera comunità cattolica deve darsi da fare per assicurare che le giovani generazioni siano efficacemente allenate ed adeguatamente preparate ad adempiere le responsabilità che un giorno graveranno su di loro e che in qualche misura fin d'ora già sono loro proprie. Tutto questo voi state facendo attraverso un forte impegno per la formazione dei giovani, in particolare mediante il notevole sforzo a cui vi sottoponete nelle vostre scuole cattoliche, ed in altre forme di servizio sociale e di assistenza sanitaria. So che il sostegno alle scuole richiede da parte vostra un grande sacrificio. Ma è compito che si rivela essenziale per la vita della Chiesa e che assicura un capitale vantaggio sia per le famiglie che per la società stessa. E' pure importante continuare a cercare modi adeguati per recare il beneficio di una sana morale e dell'insegnamento religioso alle scuole pubbliche, come già si fa in Eritrea, promuovendo nell'opinione pubblica il consenso sull'importanza di tale formazione. Questo servizio, che può venire da una più stretta cooperazione con i rispettivi governi, è una forma significativa di attiva partecipazione cattolica alla vita sociale dei vostri paesi, specialmente perché è offerta senza discriminazione religiosa od etnica e nel rispetto dei diritti di tutti.

In effetti l'universalità, che è una nota essenziale della Chiesa (cfr Il Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 811 Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 811 e 830ss.) e che spinge verso una condivisione di beni, sia materiali che spirituali, è anche una condizione di efficacia del vostro ministero. L'universalità e la condivisione si manifestano molto chiaramente nello scambio di personale religioso: sacerdoti e religiosi etiopi ed eritrei che prestano servizio pastorale ai loro fratelli e sorelle in terre straniere, e sacerdoti e religiosi di paesi stranieri che offrono i loro talenti e la loro solidarietà all'Etiopia e all'Eritrea sintonizzandosi con una Chiesa che è giustamente orgogliosa delle sue antiche tradizioni e della sua cultura. Le Costituzioni di ambedue i paesi riconoscono il diritto fondamentale alla libertà di religione ed alla pratica religiosa. Confido che un ulteriore dialogo con le autorità civili per chiarire le basi giuridiche della presenza e dell'attività della Chiesa arrecherà grande beneficio ad ognuno, ed oso sperare che la cooperazione dei missionari, che contribuiscono così efficacemente al benessere ed all'avanzamento dei vostri popoli, sarà così facilitata.

5. Le comunità cattoliche, di cui voi siete pastori, vivono fianco a fianco ed in stretta relazione con i fratelli e le sorelle, che sono maggioranza, della Comunità Ortodossa Etiopica.Entrambe le comunità condividono radici comuni ed una comune spiritualità che deriva dalla antichissima e ricca tradizione cristiana presente nelle vostre terre. La prospettiva dell'anniversario del secondo millennio della Nascita del Salvatore deve costituire un invito per tutti a fare della riflessione su tale comune patrimonio cristiano, che è per se stesso sorgente di rispetto e di comprensione reciproca, l'occasione per un più esteso dialogo e una più ampia cooperazione. Come fratelli e sorelle che aderiscono ad un unico Signore, dovete costantemente cercare di costruire fra voi comunione per offrire una concorde testimonianza al mistero di Cristo e della sua Chiesa. Una saggia ed ordinata inculturazione della liturgia "dovrà essere perseguita . . . affinché il popolo fedele possa meglio comprendere e vivere le celebrazioni liturgiche" (Ecclesia in Africa, 64). Dovranno inoltre continuare gli sforzi per acquisire una più profonda comprensione della storia e dello sviluppo del rito Alessandrino, così che la comune tradizione cristiana della regione possa contribuire al cammino verso l'unità, sia all'interno della Comunità cattolica che con le altre Chiese.

Allo stesso tempo, l'aspetto missionario della Chiesa, che non è una questione di rito ma è direttamente radicata nel Vangelo, dovrà essere rinnovato sotto la spinta che proviene dal desiderio di annunciare Cristo a coloro che ancora non credono in lui. Il dovere di evangelizzare è parte integrante della identità cattolica e non deve essere compromesso da un'incompleta comprensione dell'inculturazione o dell'ecumenismo. Il Sinodo riconosce l'urgenza di portare la Buona Novella a milioni di Africani che non sono stati ancora evangelizzati. La Chiesa certamente rispetta e stima le Religioni non cristiane professate da molti Africani, ma, secondo quanto diceva il mio Predecessore il Papa Paolo VI, "la Chiesa pensa che queste moltitudini hanno il diritto di conoscere la ricchezza del mistero di Cristo (cfr Ep 3,8), nella quale noi crediamo che tutta l'umanità può trovare, in una pienezza insospettabile, tutto ciò che essa cerca a tentoni su Dio, sull'uomo e sul suo destino, sulla vita e sulla morte, sulla verità" (Evangelii Nuntiandi EN 53).

6. Poiché le vostre Chiese locali cercano di adempiere il mandato missionario dato loro dal Signore stesso (cfr Mt 28,19), non possiamo far a meno di ringraziare per le molte vocazioni con cui siete benedetti. Vi esorto ad assicurare che i vostri programmi vocazionali promuovano e proteggano con sollecitudine questo dono di Dio. I giovani candidati dovranno ricevere una formazione spirituale e teologica appropriata che li radichi saldamente nella tradizione spirituale etiopica e li prepari ad affrontare i complessi problemi pastorali, sociali, ed etici che la modernizzazione della società presenta. Vi incoraggio a continuare nel vostro sforzo di assicurare personale qualificato al gruppo degli educatori dei tre Seminari maggiori. In tal modo questi diventeranno autentici centri di studio e di ricerca teologica, capaci di illuminare la missione pastorale ed evangelizzatrice della Chiesa in ambedue i paesi. Anche le comunità di religiosi e religiose hanno dato vita nella vostra terra a corsi sistematici di formazione. Essi guardano a voi, Pastori del gregge che Cristo vi ha affidato, per avere appoggio e guida, perché anche i religiosi sono oggetto della vostra cura e preoccupazione pastorale (cfr Lumen Gentium LG 45 Christus Dominus CD 15,35).

216 Sapete bene che tra i molti doveri del ministero episcopale, la formazione permanente - umana, spirituale ed intellettuale - dei sacerdoti è uno dei compiti principali. Per realizzare la loro sublime missione di maestri e dottori dell'animo umano, i vostri preti hanno bisogno del vostro sostegno paterno e fraterno (cfr Christus Dominus CD 16); hanno bisogno di contare sulla amicizia vostra e dei loro fratelli sacerdoti (cfr Lumen Gentium LG 28). Quanto più essi apprezzeranno il privilegio unico di agire in persona Christi, tanto maggiormente si dedicheranno completamente al ministero in castità e semplicità di vita, ed il lavoro pastorale sarà per loro una sorgente inesauribile di gioia e di pace.

7. Rilevo con piacere che la vostra Conferenza Episcopale, mossa dalla raccomandazione della speciale Assemblea del Sinodo dei Vescovi per l'Africa, ha istituito la Commissione Giustizia e Pace per trattare le questioni fondamentali concernenti lo sviluppo delle vostre democrazie, compresi i diritti umani, l'onestà nella pubblica amministrazione e il ruolo delle donne nella società. Certamente la Chiesa ha un compito speciale da svolgere in questo campo e può offrire un aiuto nel processo di costruzione di una società in cui tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro appartenenza etnica, culturale e religiosa, possano sentirsi a proprio agio ed essere trattati giustamente. Per questo la Chiesa in Etiopia ed in Eritrea è chiamata a mostrare coraggio e lungimirante sapienza nel portare avanti una grande missione, una missione che sgorga dalla sua stessa natura di sacramento dell'unione con Dio e dell'unità tra tutti i membri della famiglia umana (cfr Lumen Gentium LG 1). La ricerca della pace e dell'armonia dovrà anche essere perseguita dentro la Chiesa, dove le differenze non siano viste come ragione di conflitto e di tensione, ma come fonte di forza e di unità nella legittima diversità. Armonia e cooperazione generosa tra i fedeli, specialmente tra i sacerdoti e tra voi, Vescovi, sarà un potente incentivo per promuovere la buona volontà e la solidarietà nella società nel suo insieme. "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli . . ." (Mt 5,16).

8. Cari Fratelli, questi sono alcuni dei pensieri che la vostra visita alle Tombe degli Apostoli Pietro e Paolo ha suggerito alla mia mente. Prego affinché il vostro pellegrinaggio vi rafforzi nel vostro ministero, così che possiate non sentirvi mai stanchi di predicare la Parola di Dio, di celebrare i sacramenti, di pascere il gregge affidato alle vostre cure e di cercare la pecora smarrita. Vi invito a volgere risolutamente il vostro sguardo verso il Grande Giubileo che, a causa del sublime Mistero che commemora, costituisce uno squillante richiamo alla gioia cristiana (cfr Ecclesia in Africa, 142). Possa questa gioia, frutto del rafforzamento della fede e della santità di vita, diventare realtà per i vostri popoli. Mi unisco a voi nella preghiera per la Chiesa in Etiopia ed in Eritrea, e affido voi, il vostro clero, i religiosi ed i laici alla amorevole protezione di Maria, Stella dell'Evangelizzazione e Regina dell'Africa.

Come pegno di grazia e di comunione con il suo Figlio Divino imparto a voi di cuore una speciale Benedizione Apostolica.




AI VESCOVI DEL SUDAN


IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Giovedì, 18 settembre 1997




Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Nel darvi il benvenuto, Vescovi del Sudan, in occasione della vostra visita ad Limina Apostolorum, ricordo la mia visita nel vostro Paese, quattro anni fa. Fu con grande gioia e soddisfazione che mi recai a Khartoum, anche se non fu possibile visitare altre aree, poiché era importante per me rivolgere il messaggio di riconciliazione e di speranza, il messaggio che è al centro del Vangelo, a tutto il popolo sudanese, senza distinzioni di religione o di origine etnica. Fui particolarmente lieto di poter offrire incoraggiamento agli abitanti del vostro Paese che sono figli e figlie della Chiesa, e la cui più profonda aspirazione è quella di vivere in pace e di lavorare insieme ai loro concittadini per edificare una società migliore per tutti. Nel ringraziare Dio per avermi permesso di fare quella visita, lo ringrazio anche «per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù... Egli vi confermerà fino alla fine» (1Co 1,4-8).

2. Purtroppo, il Sudan si trova ancora in stato di grande agitazione. Il tormento di una guerra civile che ha prodotto indicibile miseria, sofferenza e morte, soprattutto nel Sud, continua ad affliggere la terra e a togliere vita ed energie al vostro popolo. Le vostre comunità sono profondamente colpite dalla rottura delle buone relazioni che dovrebbero esistere tra cristiani e musulmani. Nonostante la povertà del vostro popolo e la sua conseguente debolezza rispetto agli standard mondiali, il Signore non vi abbandonerà. Attraverso il Profeta Isaia Egli continua a dirvi: «Non ti dimenticherò mai» (Is 49,15).

Il Signore ode la voce delle vittime innocenti, dei deboli e degli indifesi che lo invocano per ricevere aiuto, giustizia e rispetto della dignità di esseri umani che Dio ha conferito loro, dei loro diritti umani fondamentali, della libertà di professare e di praticare la loro religione senza paura o discriminazioni. La fede cristiana ci insegna che le nostre preghiere e le nostre sofferenze si uniscono a quelle di Cristo stesso che, come Sommo Sacerdote del popolo santo di Dio, entrò nel Santuario per intercedere per noi (cfr He 9,11-12). Come fece una volta sulla terra, così ora dalla casa del Padre ci dice: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò » (Mt 11,28). Mentre le parole del suo invito risuonano nelle nostre orecchie, aggiunge: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime» (Mt 11,29).

Queste sono le parole di Cristo, l'unico a conoscere il Padre e l'unico ad essere conosciuto dal Padre come Figlio Unigenito. Oggi ripeto queste parole a voi, Vescovi del Sudan, e per mezzo di voi a tutti i fedeli affidati alla vostra sollecitudine. Come scrissi lo scorso anno alle Diocesi del Sudan Meridionale: «Sappiate che il Successore di Pietro vi è vicino e implora Dio per voi, affinché possiate ricevere la forza di andare avanti “ben radicati e fondati in lui” (cfr Col 2,7)» (Giovanni Paolo II, Messaggio ai Cattolici del Sudan Meridionale, 24 ottobre 1996: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIX, 1 (1996) 587). Rinnovo questi sentimenti e vi incoraggio a rimanere saldi e a non perdervi d'animo. Il Signore è al vostro fianco! Non vi abbandonerà mai. L'intera Chiesa prega per voi!

3. Nonostante le gravi difficoltà e le sofferenze che la comunità cristiana sta affrontando, la Chiesa in Sudan continua a crescere, con molti segni di vitalità. Con il salmista esclamiamo: «Ecco l'opera del Signore: una meraviglia ai nostri occhi » (Ps 118,23). È veramente come disse il Signore: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2Co 12,9). Per questa ragione, con san Paolo, voi siete capaci di accettare la debolezza, gli insulti, gli stenti, le persecuzioni e le calamità; poiché quando siamo deboli, allora siamo forti (cfr 2Co 12,10).

217 Nell'attuale situazione politica e sociale potete facilmente rimanere isolati gli uni dagli altri. Per questo motivo dovete cogliere ogni occasione per dare espressione alla responsabilità collegiale e alla comunione che vi uniscono nel servizio dell'unica «dimora di Dio» (Ep 2,22). Vi esorto a fare tutto il possibile per promuovere fra di voi un autentico spirito di fiducia reciproca e di cooperazione affinché possiate sviluppare - difficili circostanze permettendo - un piano comune di iniziative pastorali per affrontare le gravi sfide presenti. Tali iniziative includono la sollecitudine pastorale in aree prive di sacerdoti, l'evangelizzazione e l'offerta di una catechesi e una formazione cristiana adeguate, la promozione della celebrazione del Sacramento del Matrimonio fra i fedeli e il rafforzamento della vita familiare. Più voi riuscirete a identificare i bisogni comuni nelle vostre Diocesi e a coordinare programmi congiunti per soddisfare tali bisogni, più i vostri singoli ministri, come Pastori di anime, diventeranno efficaci. È ugualmente urgente che la Conferenza garantisca la responsabile amministrazione delle risorse, sia interne sia provenienti da donatori o benefattori esterni.

Non posso non esprimere il mio apprezzamento per tutto ciò che state facendo per difendere e rafforzare la fede dei vostri fratelli e delle vostre sorelle cattolici; in particolare desidero incoraggiare i diversi sforzi e programmi volti a soddisfare i bisogni dei molti rifugiati e sfollati. Sudanaid, il fondo assistenziale amministrato dalla vostra Conferenza Episcopale, fornisce aiuto e sollievo dalle sofferenze e ha già ottenuto vasta considerazione. Nonostante i severi limiti incontrati, la Chiesa è dunque in grado di andare avanti coraggiosamente con la sua missione di servizio.

4. I vostri collaboratori immediati nell'edificazione del Corpo di Cristo sono i sacerdoti, sia diocesani che religiosi, sudanesi e missionari. Essi si sono consacrati a questo servizio e vi sono stati donati da Dio. Tutti i sacerdoti hanno ricevuto una chiamata, sottoposta a prova e discernimento durante gli anni di preparazione che precedono l'ordinazione sacerdotale. Dopo aver pregato, con fiducia nella grazia infallibile di Dio, hanno deciso di rinunciare alla possibilità di avere una casa, una moglie, dei figli, una posizione sociale e ricchezze (cfr Mt 19,29). E non lo hanno fatto a malincuore, ma con gioia, per servire il Regno e per dedicarsi ai loro fratelli e alle loro sorelle in Cristo. Mi unisco a voi nel chiedere a Gesù, Sommo Sacerdote, di concedere ai vostri sacerdoti la grazia e la perseveranza - e la gioia intima - che provengono dalla fedeltà alle esigenze della loro vocazione.

Poiché la configurazione sacramentale a Cristo, Pastore e Capo della Chiesa, non può essere separata dalla sequela quotidiana del suo esempio di amorevole dono di sé, tutti i sacerdoti sono chiamati a coltivare un autentico ascetismo. Per rimanere fedeli al dono del celibato in perfetta continenza, è essenziale - come afferma il Concilio Vaticano II - che preghino umilmente, ricorrano costantemente a tutti gli aiuti di cui dispongono a tale fine, e osservino le prudenti norme di autodisciplina raccomandate dalla lunga esperienza della Chiesa (cfr Presbyterorum ordinis PO 16). Riguardo alla solitudine che può a volte accompagnare il ministero pastorale, i vostri sacerdoti dovrebbero essere incoraggiati, per quanto consente la situazione locale, a vivere in comune e a rivolgere completamente i loro sforzi al sacro ministero. Dovrebbero riunirsi il più spesso possibile per uno scambio fraterno di idee, consigli e esperienze (cfr Pastores dabo vobis PDV 74).

Anche i seminari restano una delle vostre priorità. È fondamentale che i futuri ministri del Vangelo siano non solo ben istruiti accademicamente ma anche, a livello più profondo, totalmente dediti alla cura delle anime, desiderosi di guidare i propri fratelli e le proprie sorelle lungo le vie della salvezza. Coloro che si impegnano nella formazione devono essere in grado di assistere i candidati nella loro crescita verso la nuova «identità» conferita al momento dell'Ordinazione. Essi stessi dovrebbero essere modelli esemplari di condotta sacerdotale. Devono essere chiari circa il comportamento che ci si attende dai candidati al sacerdozio, in quanto sarebbe un'ingiustizia permettere ai seminaristi di andare verso l'Ordinazione se non hanno interiormente e consapevolmente assimilato le esigenze obiettive dell'ufficio che dovranno svolgere.

5. Nell'opera di edificazione del Regno di Dio, le religiose e i religiosi svolgono un ruolo vitale nelle vostre Chiese locali. I sacerdoti missionari, le Religiose e i Religiosi che condividono con voi il peso dell'opera pastorale delle vostre Diocesi sono al contempo servitori coraggiosi del Vangelo, e con la loro presenza e la loro generosa dedizione sono una grande fonte d'incoraggiamento per i fedeli. In essi si percepiscono effettivamente l'universalità della Chiesa e la solidarietà che caratterizza la comunione fra le Chiese particolari.

In Sudan, dove semplicemente non ci sono abbastanza sacerdoti per predicare il Vangelo e compiere il ministero pastorale, i catechisti svolgono un ruolo essenziale nel soddisfare le necessità spirituali delle vostre comunità. Pertanto hanno bisogno di una profonda consapevolezza del loro ruolo e dovrebbero essere aiutati in ogni modo a tener fede alle proprie responsabilità e agli obblighi verso le proprie famiglie.

6. Nonostante le numerose difficoltà che deve affrontare, la Chiesa in Sudan s'impegna attivamente nel campo dell'istruzione. Le scuole cattoliche godono di una buona reputazione e offrono un alto livello d'insegnamento, per cui molti cercano di iscrivervi i propri figli. La sollecitudine della Chiesa per la formazione morale e civica dei giovani e degli adulti, impartita durante corsi serali organizzati in molte delle vostre scuole parrocchiali, costituisce un contributo ancor più importante al futuro della comunità cristiana e della società nella sua interezza. Questa attività educativa può contribuire in maniera determinante a superare le tensioni etniche, poiché riunisce persone di diversa formazione tribale e sociale.

Poiché la legislazione locale impone l'istruzione religiosa nelle scuole pubbliche, la Chiesa in Sudan deve assicurare che gli studenti cattolici possano avvalersi di questa opportunità e quindi deve fornire insegnanti cattolici con un'adeguata formazione che presentino la fede agli studenti cristiani. I vostri sacerdoti e i membri delle comunità religiose sono particolarmente adatti a questo compito e dovrebbero ricevere l'incoraggiamento e la preparazione necessaria per intraprendere questo importante apostolato.

Durante la mia visita a Khartoum nel 1993 espressi la speranza che giungesse una nuova era di dialogo costruttivo e di buona volontà fra i cristiani e i musulmani. Il dialogo interreligioso non è un compito facile. Nel vostro Paese esso è un atto coraggioso di speranza per un Sudan migliore e per un futuro migliore per il suo popolo. Come ho osservato nella mia Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa, un concetto essenziale del dialogo fra cristiani e musulmani dovrebbe essere il principio della libertà religiosa, con tutto ciò che essa implica, comprese anche le manifestazioni di fede esteriori e pubbliche (cfr n. 66). Vi esorto a continuare i vostri sforzi per instaurare e sviluppare tale dialogo a ogni livello.

7. Cari Fratelli nell'Episcopato, senza dubbio le circostanze nelle quali vi trovate a svolgere il vostro ministero pastorale sono estremamente difficili. I pensieri che condivido con voi oggi intendono essere una fonte d'incoraggiamento mentre cercate di «confermare molti nella fede, rafforzare coloro che vacillano e richiamare coloro che hanno smarrito la via» (Lettera pastorale dei Vescovi sudanesi, He Should Be Supreme in Every Way, Ottobre 1995). I cristiani del Sudan sono ogni giorno nei miei pensieri e nelle mie preghiere. Tutta la Chiesa prova un profondo senso di solidarietà con le vittime dell'ingiustizia, del conflitto e della carestia, con la piaga dei rifugiati e degli sfollati, con le sofferenze dei malati e dei feriti. Ognuno di noi, Vescovi, sacerdoti, religiosi, uomini e donne, laici, è chiamato a essere una cosa sola con il mistero pasquale della Morte e della Risurrezione di nostro Signore, a passare dalla morte alla vita, ad accettare le pene che ci purificano e ci aiutano a vivere ciò che è veramente essenziale: il messaggio evangelico di Gesù Cristo che ci assicura che «io ho vinto il mondo!» (Jn 16,33).

218 Affido voi e la Chiesa in Sudan all'intercessione della Beata Giuseppina Bakhita e del Beato Daniele Comboni, Patroni celesti la cui vita e la cui testimonianza del Vangelo sono tanto intimamente legate alla vostra terra, e invoco su tutti voi i doni divini di speranza e di fede. In pegno di pace e di forza nel Signore, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.


AD UN GRUPPO DI VESCOVI PARTECIPANTI


AD UN SEMINARIO PROMOSSO DALLA CONGREGAZIONE


PER L'EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI


Venerdì, 19 settembre 1997




Signor Cardinale,
Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Sono lieto di accogliervi al termine di una sessione intensa, destinata all'informazione e alla riflessione sui molteplici aspetti del vostro lavoro episcopale. La mia gratitudine va al Cardinale Jozef Tomko e ai collaboratori della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli che hanno organizzato queste settimane di riflessione. Saluto cordialmente tutti voi, Vescovi per la maggior parte dell'Africa, ma anche dell'America Latina e dell'Oceania. Il mio pensiero si volge anche ai vostri confratelli del Viêt-Nam che attendevamo, ma che, con mio rammarico, non hanno potuto unirsi a voi.

2. Sono lieto di questo incontro, poiché manifesta l'affectus collegialis che unisce i Pastori della Chiesa universale intorno al Vescovo di Roma. Nel corso delle vostre giornate di studio avete potuto riflettere nuovamente sui diversi aspetti del vostro ministero. È vero, a volte può sembrarvi pesante da svolgere nella sua complessità. Desidero tuttavia incoraggiarvi ad affrontarlo, in nome dello Spirito Santo che vi è stato infuso al momento della vostra ordinazione episcopale. Il Vescovo che vi ha conferito la pienezza del sacramento dell'ordine ha pregato così il Signore: «Infondi in colui che hai scelto la forza che viene da te, lo Spirito sovrano che hai dato al tuo Figlio prediletto» (Rituale delle Ordinazioni, n. 47).

La missione episcopale è molto vasta; nell'ottica umana è quasi impossibile. Tuttavia, se essa richiede un coinvolgimento totale della vostra persona, voi non siete privi di sostegno. Nello Spirito di Cristo siete divenuti servitori del suo Corpo che è la Chiesa, la Chiesa particolare affidata a ognuno e la Chiesa universale, con il Successore di Pietro, «fondamento perpetuo e visibile dell'unità della fede e della comunione » (Lumen gentium LG 18).

3. Vi invito a meditare spesso il messaggio del Nuovo Testamento sullo Spirito Santo, in particolare quello che dicono di esso gli Apostoli Giovanni e Paolo. Sarà sempre per voi di grande conforto riscoprire la ricchezza dei doni dello Spirito. Vi rivolgo volentieri le parole di san Paolo: cercate «di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito» (Ep 4,3-4). È in effetti grazie allo Spirito che siete il fondamento dell'unità nella comunità diocesana, dell'unità del presbiterio e dell'unità di tutti i battezzati: «Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo» (Ep 4,5). Discernendo la presenza dello Spirito nella diversità delle persone e delle situazioni, cercate sempre di rafforzare l'unità della Diocesi, cominciando col mostrare una costante sollecitudine verso i sacerdoti, vostri collaboratori immediati. Che tutti, disponibili all'azione di Dio (cfr Ph 2,13), si dedichino completamente alla missione comune, ognuno nel suo ruolo di ministro, di persona consacrata o di fedele laico!

4. Nel discorso di Gesù agli Apostoli dopo la Cena, grande è l'insistenza sulla promessa dello Spirito: «lo Spirito di verità ... vi guiderà alla verità tutta intera» (Jn 16,13). Su di esso si fonda il loro ministero di annuncio della Buona Novella, d'insegnamento della dottrina della salvezza. Come successori degli Apostoli, dovete promuovere e talvolta difendere l'autenticità del messaggio cristiano. Il vero punto di riferimento, in tutta la Tradizione della Chiesa e nel suo Ministero, è in realtà lo Spirito che ci apre alla comprensione della verità rivelata integralmente nel Figlio incarnato. Ponendovi personalmente al suo ascolto, nella preghiera e mediante lo studio, sarete tanto più sicuri e convincenti quanto più sarete docili allo Spirito.

5. «L'amore di Dio - dice san Paolo - è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). Abitati dallo Spirito, dedicate tutto il vostro ministero a mettere in pratica il comandamento nuovo che corona l'insegnamento del Signore (cfr Jn 13,34). Presi dall'amore indissolubile di Dio e degli uomini, animate indefessamente il servizio della carità, la condivisione in favore dei più bisognosi, il soccorso alle persone smarrite o disperate, il sostegno alle famiglie che devono far maturare il loro amore riconoscendovi il dono di Dio, una pastorale piena di affetto verso i giovani da educare, le vie di conciliazione quando sorgono contrasti, il dialogo con i fratelli e le sorelle di altre tradizioni religiose. Così la presenza dello Spirito, fonte di speranza, si manifesterà attraverso la vostra azione.

6. Cari Fratelli che vivete i primi anni del vostro episcopato, mediante queste poche riflessioni, desidero innanzitutto incoraggiarvi a servire «nel regime nuovo dello Spirito» (Rm 7,6) il popolo di Dio che avete il compito di guidare e d'istruire, e che conta su di voi «come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio» (1P 4,10). Trovate incessantemente sostegno nel Paraclito consolatore e difensore. Egli vi sosterrà per infondere tutto il suo dinamismo alla vostra missione di evangelizzatori. Nelle vostre Diocesi particolari, in seno ai vostri popoli, il compito è immenso. Il Papa confida in voi per portarlo avanti con il vigore dello Spirito di verità e di amore.


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