GP2 Discorsi 1997 227


VISITA PASTORALE A BOLOGNA, IN OCCASIONE DEL

XXIII CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE (27-28 SETTEMBRE 1997)

INCONTRO CON I GIOVANI


Centro Agroalimentare (Bologna) - 27 settembre 1997



Carissimi giovani!

1. Sono lieto di prendere parte a questa veglia, che si svolge in un contesto di fede e di gioia, dove il canto occupa un ruolo importante. E' la fede e la gioia dei giovani che ho potuto sperimentare già in altre circostanze, specialmente in occasione di grandi appuntamenti mondiali con la gioventù. Ed ho notato con interesse che dopo la Giornata Mondiale a Manila, nel 1995, ci fu l'incontro europeo a Loreto; dopo quella recente di Parigi, ci ritroviamo questa sera a Bologna. E' un alternarsi di incontri, che vede protagonisti i giovani ed il Papa in varie parti del mondo. Ma poi si ritorna sempre in Italia. Colgo questa circostanza per salutarvi con affetto, cari giovani, ed estendo il mio cordiale pensiero a tutti i ragazzi e le ragazze d'Italia.

228 Abbiamo iniziato il nostro incontro, che ho seguito con grande attenzione, con il Salmo 96, che invita a "cantare al Signore un canto nuovo", invita a benedire il suo nome, a gioire ed esultare insieme con tutto il creato. Il canto diventa così la risposta di un cuore colmo di gioia, che riconosce accanto a sé la presenza di Dio.

"Sei rimasto qui, visibile Mistero", andate ripetendo in questi giorni, durante il Congresso Eucaristico Nazionale. La fede si esprime anche col canto. La fede ci fa cantare nella vita la gioia di essere figli di Dio. Voi tutti, artisti e giovani presenti, che saluto con affetto, mediante la musica ed il canto esprimete, "sulle cetre del nostro tempo", parole di pace, di speranza, di solidarietà.

Questa sera musica e poesia hanno dato voce agli interrogativi ed agli ideali della vostra giovinezza. Sulla strada della musica, questa sera, vi viene incontro Gesù.

2. Carissimi giovani, vi ringrazio per questa festa, che avete voluto organizzare come una sorta di dialogo a più voci, dove musica e coreografia ci aiutano a riflettere ed a pregare. Poco fa un vostro rappresentante ha detto, a vostro nome, che la risposta alle domande della vostra vita "sta soffiando nel vento". E' vero! Però non nel vento che tutto disperde nei vortici del nulla, ma nel vento che è soffio e voce dello Spirito, voce che chiama e dice "vieni!" (cfr
Jn 3,8 Ap 22,17).

Mi avete chiesto: quante strade deve percorrere un uomo per potersi riconoscere uomo? Vi rispondo: una! Una sola è la strada dell'uomo, e questa è Cristo, che ha detto "Io sono la via" (Jn 14,6). Egli è la strada della verità, la via della vita.

Vi dico perciò: ai crocicchi in cui si intersecano i tanti sentieri delle vostre giornate, interrogatevi sul valore di verità di ogni vostra scelta. Può succedere, talora, che la decisione sia difficile e dura, e che la tentazione del cedimento si faccia insistente. Capitò già ai discepoli di Gesù, perché il mondo è pieno di strade comode e invitanti, strade in discesa che s'immergono nell'ombra della valle, dove l'orizzonte si fa sempre più ristretto e soffocante. Gesù vi propone una strada in salita, che è fatica percorrere, ma che consente all'occhio del cuore di spaziare su orizzonti sempre più vasti. A voi la scelta: lasciarvi scivolare in basso verso le valli di un piatto conformismo o affrontare la fatica dell'ascesa verso le vette su cui si respira l'aria pura della verità, della bontà, dell'amore.

A poco più di un mese dal grande incontro di Parigi, ci ritroviamo qui a Bologna, ed è ancora viva in noi l'eco del tema di tale Giornata Mondiale: "Maestro, dove abiti? Venite e vedrete". E' l'invito che rivolgo anche a voi: venite e vedete dove abita il Maestro. Questo Congresso a Bologna ci dice che Egli abita nell'Eucaristia.

3. Il mio augurio è che possiate anche voi, con Simon Pietro e gli altri discepoli, incontrare Cristo per dirgli: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Jn 6,67).

Sì, Gesù ha parole di vita eterna; in Lui tutto è redento e rinnovato. Con Lui è veramente possibile "cantare un canto nuovo" (Ps 96,1) in questa veglia di attesa della grande festa, che concluderemo domani con la celebrazione dell'Eucaristia, culmine del Congresso Eucaristico Nazionale.

Vorrei ora farvi una confidenza. Con il passar del tempo, la cosa più importante e bella per me rimane il fatto di essere da oltre cinquant'anni sacerdote, perché ogni giorno mi è possibile celebrare la Santa Messa! L'Eucaristia è il segreto della mia giornata. Essa dà forza e senso ad ogni mia attività al servizio della Chiesa e del mondo intero.

Tra non molto, quando ormai sarà notte fonda, la musica ed il canto lasceranno spazio all'adorazione silenziosa dell'Eucaristia. Alla musica, al canto subentreranno il silenzio e la preghiera. Gli occhi ed il cuore si fisseranno sull'Eucaristia.

229 Lasciate che Gesù, presente nel Sacramento, parli al vostro cuore. E' Lui la vera risposta della vita che cercate.

Egli resta qui con noi: è il Dio con noi. Cercatelo senza stancarvi, accoglietelo senza riserve, amatelo senza soste: oggi, domani, sempre!

A tutti il mio saluto affettuoso e la mia Benedizione.

Al termine dell'incontro, prima di congedarsi dai giovani, il Santo Padre ha detto:

Allora, prima di andare via, vorrei concludere quello che vi ho detto prima. Vi ho detto che ci vuole l'Eucaristia perché ci vuole gratitudine per tutti questi beni, per tutte queste ricchezze, per tutti questi talenti. Ci vuole un grande ringraziamento. Ma questo ringraziamento si doveva fare attraverso il sacrificio della Croce, si doveva fare attraverso la morte cruenta di Cristo. Ma se non ci fosse la morte, non ci sarebbe neanche la Risurrezione, non ci sarebbe il mistero pasquale. «Mors et vita duello conflixere mirando, dux vitae mortuus regnat vivus». Voi tutti sapete bene il latino. Ma qualcuno dei sacerdoti più dotti vi tradurrà. Questo volevo dirvi per completare un po' la visione di quello che vuol dire Eucaristia. Grazie per questo incontro.

VISITA PASTORALE A BOLOGNA, IN OCCASIONE DEL

XXIII CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE (27-28 SETTEMBRE 1997)


ALLE MONACHE DI CLAUSURA


Cattedrale di San Pietro - Domenica, 28 settembre 1997




Carissime Sorelle!

1. Con grande gioia porgo il mio affettuoso saluto a tutte voi, raccolte in questa magnifica Cattedrale di Bologna, e, attraverso di voi, desidero rivolgermi alle Religiose claustrali dei Monasteri d’Italia, unite spiritualmente alle celebrazioni del Congresso Eucaristico Nazionale. Saluto il caro Cardinale Eduardo Martínez Somalo, che ha celebrato questa mattina la Santa Messa per voi; con lui saluto anche il caro Cardinale Giacomo Biffi, Arcivescovo di Bologna, insieme con i Vescovi e i sacerdoti presenti.

Il Congresso Eucaristico, che si vive in questi giorni a Bologna, è un evento spirituale straordinario, che interessa l’intero popolo di Dio. Interessa particolarmente voi, la cui vocazione contemplativa si situa nel cuore stesso della Chiesa. Vostra missione è infatti di alimentare e sostenere l’azione pastorale della Chiesa con il prezioso contributo della contemplazione, della preghiera, del sacrificio, che continuamente offrite nei vostri monasteri, la cui silenziosa presenza manifesta agli uomini del nostro tempo l’inizio del Regno di Dio.

2. Come la Chiesa, anche la Comunità monastica nasce dall’Eucaristia, si alimenta col sacramento del Corpo e del Sangue del Signore ed è verso di esso costantemente orientata. Ogni giorno la liturgia vi invita a contemplare, attraverso il costato trafitto di Cristo sulla Croce, il mistero dell’Amore eterno del Padre, per poi testimoniarlo nella vostra esistenza totalmente offerta a Dio. A voi Gesù svela il mistero del suo amore, perché lo serbiate, come Maria, nel silenzio fecondo della fede, divenendo insieme a Lei collaboratrici nell’opera della salvezza.

Carissime Sorelle, la vostra vita, raccolta e custodita nel mistero della Trinità, vi rende partecipi dell’intimo dialogo d’amore che il Verbo ininterrottamente intesse con il Padre nello Spirito Santo.

230 Così, il vostro quotidiano “sacrificium laudis”, unito al cantico costituito dalle vostre esistenze di persone consacrate nella vocazione claustrale, anticipa già su questa terra qualcosa dell’eterna liturgia del cielo. La contemplativa, affermava la beata Elisabetta della Trinità, “dev’essere sempre occupata nel rendimento di grazie. Ognuno dei suoi atti, dei suoi movimenti, ogni suo pensiero ed aspirazione, nel tempo stesso che la radicano più profondamente nell’amore, sono come un’eco del Sanctus eterno” (B. Elisabetta della Trinità, Scritti, Ritiro, 10, 2).

3. L’Eucaristia è il dono che Cristo ha fatto alla sua Sposa nell’ora di lasciare questo mondo per tornare al Padre. Care Sorelle, la comunità cristiana riconosce nella vostra vita “un segno dell’unione esclusiva della Chiesa-Sposa con il suo Signore” (Giovanni Paolo II, Vita consecrata
VC 59). Il mistero della sponsalità, che appartiene alla Chiesa nella sua interezza (cfr Ep 5,23-32), assume nelle vocazioni di speciale consacrazione un rilievo particolare, che raggiunge la sua più eloquente espressione nella donna consacrata: per la sua stessa natura infatti essa è figura della Chiesa, vergine, sposa e madre, la quale mantiene integra la fede data allo Sposo, generando gli uomini a vita nuova nel Battesimo.

Nella religiosa claustrale, poi, proprio perché essa è impegnata a vivere in pienezza il mistero sponsale dell’unione esclusiva con Cristo, “si compie il mistero celeste della Chiesa” (S. Ambrogio, De institutione virginis, 24, 255; PL 16, 325 C). Al mistero del “corpo dato” e del “sangue versato”, che ogni Eucaristia ripresenta ed attualizza, la claustrale risponde con l’oblazione completa di se stessa, rinunciando completamente “non solo alle cose, ma anche allo spazio, ai contatti, a tanti beni del creato” (Vita Consecrata VC 59). La clausura, costituisce una maniera particolare di “stare con il Signore”, partecipando al suo annientamento in una forma di povertà radicale, mediante cui si sceglie Dio come “l’Unico Necessario” (cfr Lc 10,42), amandolo esclusivamente come il Tutto di tutte le cose. In tal modo gli spazi del Monastero claustrale si dilatano su orizzonti immensi, perché aperti all’amore di Dio che abbraccia ogni creatura. La clausura, pertanto, non è solo un mezzo di immenso valore per conseguire il raccoglimento, ma un modo sublime di partecipare alla Pasqua di Cristo. La vocazione claustrale vi innesta nel Mistero eucaristico, favorendo la vostra partecipazione al Sacrificio redentore di Gesù per la salvezza di tutti gli uomini.

4. Alla luce di queste verità appare il legame strettissimo che esiste tra contemplazione e missione. Mediante l’unione esclusiva con Dio nella carità, la vostra consacrazione diviene misteriosamente ma realmente feconda. Questa è la vostra modalità tipica di partecipare alla vita della Chiesa, il contributo insostituibile alla sua missione che vi rende “collaboratrici di Dio stesso e sostegno delle membra deboli e vacillanti del suo ineffabile Corpo” (S. Chiara d’Assisi, Terza Lettera ad Agnese di Praga, 8: Fonti Francescane, 2886).

Nella vostra “forma di vita” si rende visibile anche agli uomini del nostro tempo il volto orante della Chiesa, il suo cuore interamente posseduto dall’amore per Cristo e colmo di gratitudine per il Padre. Da ogni monastero si eleva incessante la preghiera di lode e d’intercessione per il mondo intero, di cui voi siete chiamate ad accogliere e condividere sofferenze, attese e speranze.

La vostra vocazione contemplativa costituisce anche un gioioso annuncio della vicinanza di Dio; annuncio quanto mai importante per gli uomini di oggi, bisognosi di riscoprire la trascendenza di Dio e, allo stesso tempo, l’amorevole sua presenza accanto ad ogni persona, specialmente se povera e disorientata.

La vostra vita, che con la sua separazione dal mondo espressa in modo concreto ed efficace, proclama il primato di Dio, costituisce un richiamo costante alla preminenza della contemplazione sull’azione, di ciò che è eterno su ciò che è temporaneo. Essa si propone, di conseguenza, come una raffigurazione ed una anticipazione della meta verso cui cammina la comunità ecclesiale: la futura ricapitolazione di tutte le cose in Cristo.

5. Quanto tutto ciò sia vero, è testimoniato in modo significativo dall’esempio di santa Teresa di Lisieux, della quale ricordiamo quest’anno il primo centenario della morte, e che il prossimo 19 ottobre avrò la gioia di proclamare Dottore della Chiesa. La sua breve esistenza, trascorsa nel nascondimento, continua a parlarci del fascino della ricerca di Dio e della bellezza della completa donazione di sé al suo amore.

Nella sua sete ardente di cooperare all’opera della redenzione ella si domandava, come sapete, quale fosse la sua specifica missione nella Chiesa. Nessuna scelta la soddisfaceva appieno, fino al giorno in cui, illuminata interiormente, comprese che la Chiesa aveva un cuore, e che questo cuore bruciava d’amore: “Nel cuore della Chiesa, mia madre - ella decise allora - io sarò l’amore”.

Per realizzare questa singolare vocazione all’amore, occorre non lasciarsi abbagliare dalla sapienza mondana; solo ai piccoli, infatti, il Padre rivela i suoi misteri, entrando nel loro cuore, che, secondo una bella espressione di Santa Chiara d’Assisi, è “mansio et sedes”, “dimora e soggiorno” della divina Maestà (cfr Santa Chiara d’Assisi, Terza Lettera ad Agnese, 21-26: FF 2892-2893).

Le vostre comunità claustrali, con i loro propri ritmi di preghiera e di esercizio della carità fraterna, in cui la solitudine è riempita della soave presenza del Signore ed il silenzio dispone l’animo all’ascolto dei suoi interiori suggerimenti, sono il luogo dove ogni giorno vi formate a questa conoscenza amorosa del Verbo del Padre. Vi auguro di cuore che la vostra vita sia permeata di questa costante tensione verso Dio, di una incessante oblazione eucaristica che trasformi l’esistenza in totale olocausto d’amore, in unione con Cristo, per la salvezza del mondo.

231 6. Grazie, carissime Sorelle claustrali, per il dono prezioso del vostro apporto specifico alla vita della Chiesa e in particolare per la preghiera con cui accompagnate questo Congresso Eucaristico Nazionale.

Grazie per la vostra presenza come Religiose contemplative, che mantengono viva nel cuore della Chiesa la chiamata ad un amore totale per Cristo sposo. La Comunità cristiana vi è riconoscente per tale testimonianza.

Con la vostra vita di unione col Signore siate segni eloquenti del suo amore per l’intera umanità. Voi offrirete così a tutti il contributo spirituale della speranza e della gioia, orientando gli uomini verso l’incontro con Cristo, nostra autentica pace.

A voi, alle vostre Comunità claustrali ed alle vostre Consorelle contemplative d’Italia imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica.



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI MEMBRI DEL CONSIGLIO EPISCOPALE LATINO AMERICANO


RIUNITO PER CELEBRARE LA XXVI ASSEMBLEA GENERALE




Carissimi Fratelli nell’Episcopato,

1. Sono lieto di rivolgere un cordiale saluto ai membri del Consiglio Episcopale Latinoamericano - CELAM - che si riunisce a Rio de Janeiro dal 30 settembre al 3 ottobre, per celebrare la XXVI Assemblea Ordinaria, al fine di indicare alcune direttive e raccomandazioni per i tempi nuovi che si avvicinano.

A pochi giorni dalla mia nuova Visita in terra americana, per presiedere il Secondo Incontro Mondiale con le Famiglie, in quella città brasiliana, desidero rinnovare il mio affetto ai figli e alle figlie di quell’amato Continente. Ho sempre guardato con molta speranza ai Popoli dell’America Latina, profondamente cattolici che, dopo cinque secoli di Evangelizzazione, camminano con gioia e passo fermo verso il Terzo Millennio del cristianesimo, vivendo con lo sguardo rivolto a Colui che è il Signore della Storia, Gesù Cristo, l’unico che può illuminare il cammino di quei popoli che devono affrontare le grandi sfide del nostro tempo.

2. Ci troviamo in un momento decisivo per la Chiesa e per l’umanità. Per questo, è urgente rinnovarsi, prepararsi e riempirsi di energie spirituali che si traducano poi in progetti e realtà pastorali per annunciare la Buona Novella a tutti gli uomini e le donne, a tutti i popoli, le etnie e le culture, giungendo così a «tutto il creato», secondo il mandato missionario del Signore (cfr Mc 16,15), che fedele alla sua promessa, sta con noi «tutti i giorni, fino alla fine dei tempi» (Mt 28,20).

3. La Quarta Conferenza Generale dell’Episcopato Latino Americano, svoltasi a Santo Domingo, nel 1992, in occasione del Quinto Centenario dell’Evangelizzazione del Nuovo Mondo, ha dato un forte impulso alla missione delle Chiese in America Latina, coinvolgendole nell’affascinante compito della Nuova Evangelizzazione.

Da parte sua, la prossima Assemblea Speciale per l’America del Sinodo dei Vescovi, che ho convocato per i mesi di novembre e dicembre, nella prospettiva del Grande Giubileo del 2000, è chiamata a essere un importante evento ecclesiale che deve produrre, indubbiamente, i suoi frutti in tutte le Chiese locali del Continente, affinché progrediscano, con entusiasmo, generosità e fermezza, lungo il cammino della conversione, della comunione e della solidarietà.

Questo cammino non è altro che Gesù Cristo vivo. Egli è l’«unico Salvatore del mondo, ieri, oggi e sempre» (cfr He 13,8). Su Cristo, nostro «Salvatore ed Evangelizzatore » (Tertio Millennio adveniente TMA 40), è incentrata l’attenzione della Chiesa per compiere in maniera adeguata la sua missione.

232 4. Il CELAM è chiamato a dare impulso a quel ritmo di rinnovamento che il Concilio Vaticano II ha dato e che le attuali circostanze rendono ancora più incalzante, poiché la fine del secolo e l’entrata in un nuovo millennio sono avvenimenti che interpellano fortemente la Chiesa.

Il Consiglio, riunito in Assemblea ordinaria, si propone di trattare, fra gli altri temi, quello della riforma dei suoi Statuti. È importante che all’interno della comunione ecclesiale, il CELAM presenti la consapevolezza chiara della sua natura e del suo fine, esprimendo in questo modo l’identità che gli è stata conferita dalla Sede Apostolica, quando, su richiesta della Prima Conferenza Generale dell’Episcopato Latino Americano, svoltasi in quella stessa città di Rio de Janeiro, nel 1955, essa lo creò quale organo di comunione, riflessione, collaborazione e servizio, presentandosi quindi sempre più, in seguito al Concilio, quale segno e strumento dell’affetto collegiale.

Secondo i bisogni e quanto insegna l’esperienza, le strutture del CELAM possono essere riviste e rielaborate (cfr Documento di Santo Domingo, n. 69), in modo che, adeguandosi alla realtà attuale, risultino più semplici e agili. In questo modo, riflettendo l’autentico volto dell’America Latina, con iniziative ben ponderate e mediante una maggiore partecipazione dell’Episcopato del Continente, contribuirà in maniera decisiva alla sua Nuova Evangelizzazione del medesimo (cfr Giovanni Paolo II, Messaggio in occasione dei 40 anni del CELAM, 16 aprile 1995: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 1 (1995) 1005).

5. Sono molte e immense le sfide che la Chiesa deve affrontare nelle vostre nazioni in questa particolare congiuntura storica che stiamo vivendo. Fra esse: la difesa della vita, l’educazione dei bambini e dei giovani, la promozione della famiglia; particolare preoccupazione suscitano il crescente secolarismo, l’indifferenza religiosa e lo smarrimento in campo etico (cfr Tertio Millennio adveniente
TMA 36); la rapida proliferazione delle sette, il fenomeno dell’urbanizzazione, la violenza e il traffico di stupefacenti, la corruzione e il disordine sociale, la povertà e addirittura la miseria in cui si trovano tanti fratelli, la situazione degli indigeni e degli afroamericani.

Il piano globale, che il CELAM ha elaborato per questi anni e che ha l’eloquente titolo di «Gesù Cristo, vita piena per tutti», offre alcuni suggerimenti per affrontare questi problemi, che saranno trattati anche dall’Assemblea Sinodale del prossimo novembre.

6. Bisogna tener presente che quanto si elabora in campo ecclesiale deve partire da Cristo e dal suo Vangelo, dalla testimonianza del Signore Gesù poiché, - come diceva Paolo VI, il primo Papa che visitò l’America Latina e che ricorderemo con particolare affetto nei prossimi giorni, celebrando il centenario della sua nascita, - «non c'è vera evangelizzazione se il nome, l'insegnamento, la vita, le promesse, il regno, il mistero di Gesù di Nazaret, Figlio di Dio, non siano proclamati » (Paolo VI, Evangelii nuntiandi EN 22).

Affinché la Chiesa possa realizzare la missione di annunziare la Buona Novella che Cristo le ha affidato, si rende presente nel mondo attraverso gli evangelizzatori, soprattutto, i sacerdoti. Infatti, «condizione indispensabile per la nuova evangelizzazione è il poter contare su evangelizzatori numerosi e qualificati » (Giovanni Paolo II, Discorso inaugurale alla Conferenza di Santo Domingo, 12 ottobre 1992: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XV, 2 (91992) 336).

7. Da qui l’importanza della pastorale vocazionale che deve essere oggi una priorità nelle Diocesi, quale «impegno per tutto il Popolo di Dio» (Ibid.). Le vocazioni esistono, poiché abbiamo la promessa di Dio, che è anche una profezia: «Vi darò pastori secondo il mio cuore» (Jr 3,15). Bisogna cercare, promuovere e assistere quelle vocazioni, in modo che la profezia si compia pienamente in America Latina; ma per questo bisogna tener ben presente la raccomandazione del Signore al riguardo: «Pregate il padrone della messe che mandi operai alla sua messe» (Lc 10,2).

A questo riguardo, desidero ricordare qui quanto ho detto ai fedeli riuniti nella Cattedrale di Parigi, lo scorso 21 agosto: «invito tutti a pregare per i giovani, che in tutto il mondo, odono la chiamata del Signore e per quanti di essi potrebbero aver paura di rispondere: possano trovare attorno ad essi degli educatori per guidarli! Percepiscano la grandezza della loro vocazione: amare Cristo al di sopra di tutto come una chiamata alla libertà e alla felicità! Pregate affinché la Chiesa vi aiuti nel vostro cammino ed operi un giusto discernimento. Pregate perché le comunità cristiane sappiano sempre ritrasmettere la chiamata del Signore alle giovani generazioni! . . . Ringraziatelo per le famiglie, per le parrocchie e per i movimenti, culla di vocazioni!» (Giovanni Paolo II, Messaggio ai giovani riuniti nella Cattedrale di Notre Dame, 21 agosto 1997:).

Vedo con grande soddisfazione pastorale il fiorire dei seminari in alcune nazioni del vostro Continente, chiamato a essere sempre più un Continente evangelizzatore che rivolga il suo sguardo verso l’Africa, l’Asia e anche l’Europa.

8. Fonte di vocazioni sono le famiglie cristiane. L’incontro Mondiale del Papa con le Famiglie, che si svolgerà in quella città, mi spinge a raccomandarvi di preoccuparvi instancabilmente dell’evangelizzazione e della santificazione dei coniugi, in modo che «i genitori e, specialmente le mamme, siano generosi nel donare al Signore, che li chiama al sacerdozio, i loro figli e collaborino con gioia al loro itinerario vocazionale, consapevoli che in questo modo rendono più grande e profonda la loro fecondità cristiana ed ecclesiale, e che possono sperimentare, in un certo senso, la beatitudine della Vergine Madre Maria: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo”» (Lc 1,42) (Pastores dabo vobis PDV 82).

233 9. Con queste considerazioni che desidero condividere fiduciosamente con tutti i Vescovi dell’America Latina, vi assicuro della mia preghiera e della mia vicinanza spirituale, affinché il Signore benedica con frutti copiosi i lavori di quell’Assemblea. Pongo le ansie, le preoccupazioni e i desideri sotto la protezione di Santa Maria di Guadalupe, Stella della prima e della nuova evangelizzazione e al tempo stesso imparto con gioia, a voi e ai sacerdoti e fedeli delle vostre Diocesi, la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 14 Settembre 1997, solennità dell’Esaltazione della Santa Croce.

IOANNES PAULUS PP. II





AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE SPAGNOLA


IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


Martedì, 30 settembre 2005




Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. Con piacere vi ricevo oggi, Pastori della Chiesa di Dio in Spagna, venuti dalle Sedi metropolitane di Santiago, Burgos, Saragozza e Pamplona e dalle Diocesi suffraganee. Si tratta di Chiese con un'antica e ricca tradizione spirituale e missionaria, santificate dal sangue di molti martiri e arricchite dalle salde virtù di numerose famiglie cristiane e che hanno dato abbondanti vocazioni sacerdotali e religiose. Siete venuti a Roma per compiere questa visita ad limina, venerabile istituzione che contribuisce a mantenere vivi gli stretti vincoli di comunione che uniscono ogni Vescovo con il Successore di Pietro. La vostra presenza qui mi fa sentire vicino anche ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai fedeli delle Chiese particolari che presiedete, alcune delle quali ho avuto la gioia di visitare nei miei viaggi pastorali nel vostro Paese.

Ringrazio Monsignor Elías Yanes Alvarez, Arcivescovo di Saragozza e Presidente della Conferenza Episcopale Spagnola, per le cordiali parole che, a nome di tutti voi, mi ha rivolto per rinnovare le espressioni di affetto e di stima, rendendomi allo stesso tempo partecipe delle vostre preoccupazioni e progetti pastorali. Contraccambio tutto ciò chiedendo al Signore che nelle vostre Diocesi e in tutta la Spagna aumentino sempre più la fede, la speranza, la carità e la coraggiosa testimonianza di tutti i cristiani, conformemente all'eredità ricevuta dai tempi degli Apostoli.

2. Incoraggiati dalle promesse del Signore e dalla forza che lo Spirito ci infonde, come Successori degli Apostoli siete chiamati a essere i primi a portare a termine la missione che Egli ha affidato alla sua Chiesa, anche se per farlo dovrete affrontare e accettare il peso della croce che, in una società come quella moderna, può manifestarsi in molteplici modi.

Sia individualmente che collegialmente, per mezzo della Conferenza Episcopale o di altre istituzioni ecclesiali, partecipate all'analisi delle aspettative e dei successi della società spagnola attuale, cercando di interpretarli alla luce del Vangelo e di orientare la stessa società partendo dalla fede. In tal modo, dinanzi alla trasformazione sociale e culturale che si sta producendo, dinanzi al paradosso di un mondo che sente l'urgenza della solidarietà ma al contempo subisce pressioni e divisioni di ordine politico, economico, razziale e ideologico (cfr Gaudium et spes GS 4), voi, nel vostro ministero pastorale, cercate di promuovere un nuovo ordine sociale, fondato sempre più sui valori etici e vivificato dal messaggio cristiano.

Ascoltando ciò che «lo Spirito dice alle Chiese» (Ap 2,7), sentite anche il dovere di compiere un sereno discernimento, aperto e comprensivo, dei diversi eventi e circostanze, iniziative e progetti, senza trascurare i gravi problemi e le aspirazioni più profonde di tutta la società.

Il vostro ministero pastorale si rivolge agli uomini del nostro tempo, sia ai fedeli che partecipano attivamente alla vita della comunità diocesana sia a quanti si definiscono non praticanti o indifferenti, e anche a coloro che, pur chiamandosi cattolici, non sono coerenti nel loro comportamento morale. Per questo vi incoraggio a proseguire instancabilmente e senza perdervi d'animo nell'ufficio di insegnare e di annunciare agli uomini il Vangelo di Cristo (cfr Christus Dominus CD 11). Nel proporre gli insegnamenti cristiani per illuminare la coscienza dei fedeli, il Vescovo deve farlo con il linguaggio e i mezzi adeguati (cfr Ibidem, n. 13) affinché si comprenda il significato delle Scritture, come fece il Signore con i discepoli di Emmaus, e il Magistero non rimanga sterile o sia una voce inascoltata dinanzi alla società attuale, che dà segni tanto visibili di secolarismo. Pertanto non si deve cedere allo scoraggiamento né cessare di elaborare e di mettere in pratica gli opportuni progetti pastorali. Anche se le vostre responsabilità sono molto grandi, tenete presente che lo Spirito del Signore vi infonde la forza necessaria ad assumerle.

Posti come guide delle Chiese particolari, siete Padri e Pastori per ognuno dei fedeli, cercando di stare soprattutto accanto ai più bisognosi ed emarginati. La visita pastorale, prescritta nella disciplina ecclesiastica (cfr Codice di Diritto Canonico, can. 396-398 ), vi aiuterà a essere presenti, vicini e misericordiosi in mezzo ai vostri fedeli, per proclamare costantemente e in ogni luogo la verità che rende liberi (cfr Jn 8,32) e promuovere la crescita della vita cristiana. Dovete manifestare questa vicinanza a tutti in modo visibile e concreto, rendendovi accessibili a coloro che con fiducia e amore vi cercano perché hanno bisogno di orientamento, di aiuto e di consolazione, seguendo l'indicazione di san Paolo a Tito, secondo la quale il Vescovo deve essere «ospitale, amante del bene, assennato, giusto, pio, padrone di sé» (Tt 1,8).

234 3. I presbiteri e i diaconi sono collaboratori stretti nella vostra missione, affinché la Parola sia annunciata in ogni luogo della Diocesi, la divina liturgia venga celebrata nei suoi templi e nelle sue cappelle, l'unione fra tutti i membri del Popolo di Dio sia manifesta e la carità sia operante e vigile. Essi prendono parte alla vostra importantissima missione e anche alla celebrazione di tutti i sacramenti, e sono uniti gerarchicamente a voi in diversi modi. Così vi rendono presenti, in un certo senso, in ogni comunità di fedeli (cfr Presbyterorum ordinis PO 5).

Il Concilio Vaticano II, seguendo la tradizione della Chiesa, ha approfondito in modo particolare i rapporti dei Vescovi con il loro presbiterio. Ai sacerdoti dovete rivolgere la vostra sollecitudine e le vostre energie migliori. Perciò vi incoraggio a stare sempre vicino a ognuno di essi, a mantenere con loro un rapporto di vera amicizia sacerdotale, alla maniera del Buon Pastore. Aiutateli a essere uomini di preghiera assidua, a gustare il silenzio contemplativo dinanzi al rumore e alla dispersione delle molteplici attività, alla celebrazione quotidiana e devota dell'Eucaristia e della Liturgia delle Ore, che la Chiesa ha affidato loro per il bene di tutto il Corpo di Cristo. La preghiera del sacerdote è un'esigenza del suo ministero pastorale, di modo che le comunità cristiane si arricchiscano con la testimonianza del sacerdote orante, che con la sua parola e con la sua vita annuncia il mistero di Dio.

Preoccupatevi della situazione particolare di tutti i sacerdoti, per aiutarli a proseguire con gioia e con speranza lungo il cammino della santità sacerdotale e offrire loro i mezzi adeguati nelle situazioni difficili nelle quali potrebbero trovarsi. Che a nessuno di essi manchi il necessario per vivere degnamente la sua sublime vocazione e il suo ministero!

Come ho avuto occasione di ricordare nell'Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis, la formazione permanente del clero è di capitale importanza. Sono lieto di constatare come il mio appello sia stato accolto e come in diverse Diocesi si stiano programmando e organizzando attività volte a far sì che il sacerdote risponda con la preparazione pastorale che le circostante e il momento presente esigono. Questa formazione «è un'esigenza intrinseca al dono e al ministero sacramentale ricevuto » (Ibidem, n. 70) poiché con l'ordinazione «ha inizio quella risposta che, come scelta fondamentale, deve riesprimersi e riaffermarsi lungo gli anni del sacerdozio in numerosissime altre risposte, tutte radicate e vivificate dal “sì” dell'Ordine sacro » (Ibidem). L'esortazione dell'Apostolo Pietro «fratelli, cercate di rendere sempre più sicura la vostra vocazione e la vostra elezione» (2P 1,10), è un pressante invito a non trascurare questo aspetto.

In tal senso, il documento «Sacerdotes día a día», preparato dalla vostra Commissione Episcopale per il Clero e dedicato alla formazione permanente integrale, contribuirà certamente a potenziarla nel vostro Paese, poiché si tratta di un'attività che il presbitero deve svolgere per coerenza con se stesso e che è radicata nella carità pastorale che deve accompagnare tutta la sua vita. È responsabilità di ogni sacerdote, del suo Vescovo e della comunità ecclesiale che egli serve, offrire i mezzi necessari per poter dedicare parte del tempo alla formazione nei diversi campi durante tutta la vita, senza che questo importante dovere venga ostacolato dalle diverse e numerose attività che la vita pastorale comporta e dagli impegni che configurano la missione sacerdotale.

4. D'altra parte, il seminario, dove si formano i futuri sacerdoti, deve essere un centro di attenzione privilegiata da parte del Vescovo. La crisi vocazionale, che negli anni passati ha fatto diminuire sensibilmente il numero dei seminaristi, sembra si stia superando e vi sono dati incoraggianti al riguardo. Rendiamo perciò grazie a Dio; occorre però continuare a pregare con insistenza il Signore delle messi perché invii operai alla sua Chiesa. In tempi recenti, la crisi menzionata ha anche fatto sì che i seminari minori scomparissero o subissero trasformazioni in alcune Diocesi. Dove sarà possibile, occorrerà riproporre la presenza di questi seminari, tanto raccomandati dal Concilio Vaticano II (cfr Optatam totius OT 3), in quanto contribuiscono al discernimento vocazionale degli adolescenti e dei giovani, offrendo loro al contempo una formazione integrale e coerente, basata sull'intimità con Cristo. In tal modo coloro che sono chiamati, si preparano a rispondere con gioia e generosità al dono della vocazione.

Al Vescovo spetta in ultima istanza la responsabilità del seminario, in quanto un giorno, mediante l'imposizione delle mani, ammetterà nel presbiterio diocesano quanti si sono formati lì. Quando in una Diocesi non vi è un seminario, è importante che il Vescovo e i suoi collaboratori mantengano rapporti frequenti con il centro in cui vengono mandati i loro candidati, e che si faccia conoscere ai fedeli, e soprattutto ai giovani, questa istituzione così vitale per le Diocesi.

Nel seminario si deve promuovere un vero spirito di famiglia, preambolo della fratellanza del presbiterio diocesano, dove ogni studente, con la propria sensibilità, possa maturare la sua vocazione, assuma i suoi impegni e si formi nella vita comunitaria, spirituale e intellettuale propria del sacerdote, sotto la guida saggia e prudente di un gruppo di formatori adeguato a questa missione. È fondamentale iniziare i seminaristi all'intimità con Cristo, Modello dei Pastori, mediante la preghiera e la ricezione assidua dei sacramenti. Al contempo, e in un contesto di formazione integrale, non è meno importante insegnare loro a essere progressivamente responsabili degli atti della loro vita quotidiana e ad acquisire il dominio di sé, aspetti essenziali per la pratica delle virtù teologali e cardinali che nel futuro dovranno proporre con il proprio esempio al popolo dei fedeli.

Sebbene la formazione nel seminario non debba essere solo teorica, e di fatto i seminaristi svolgono anche attività pastorale nelle parrocchie e nei movimenti apostolici, il che favorisce il loro radicamento nella comunità diocesana, la priorità in questa fase spetta alla studio, al fine di acquisire una solida preparazione intellettuale, filosofica e teologica, essenziale per essere i missionari che annunceranno ai propri fratelli la Buona Novella del Vangelo. Se questa preparazione non si acquisisce negli anni del seminario, l'esperienza dimostra che è molto difficile, se non praticamente impossibile, completarla in seguito. Da un lato è necessario prevedere e programmare un'adeguata formazione accademica superiore per quei sacerdoti giovani che hanno una particolare attitudine a ciò, affinché si dedichino alla ricerca e si assicuri così la continuità nella docenza nel seminario e negli altri centri ecclesiastici. Dall'altro è necessario preparare alcuni sacerdoti al discernimento delle vocazioni e alla direzione spirituale, indispensabili per completare il compito formativo del seminario.

5. Molti fattori, fra i quali spiccano il relativismo imperante e il mito del progresso materialistico come valori di prim'ordine, come voi stessi avete indicato nel Piano di Azione Pastorale della Conferenza Episcopale Spagnola per il quadriennio 1997-2000 (cfr n. 45), oltre al timore dei giovani ad assumere impegni definitivi, hanno influito negativamente sul numero delle vocazioni. Dinanzi a questa situazione, occorre confidare innanzitutto nel Signore, e al contempo impegnarsi seriamente nella promozione in ogni comunità ecclesiale di un ambiente spirituale e pastorale che favorisca positivamente la manifestazione della chiamata del Signore alla vita sacerdotale o consacrata nella diversità di forme che vi sono nella Chiesa, incoraggiando i giovani al dono totale della loro vita al servizio del Vangelo.

In tal senso grande è l'influenza della vita spirituale e dell'esempio quotidiano degli stessi sacerdoti, così come dell'ambiente propizio delle famiglie cristiane, che possono in tal modo contribuire a far sì che abbondino le vocazioni di donne consacrate nelle nostre Chiese particolari, tanto ricche e feconde spiritualmente fino a pochi anni fa.

235 6. Alcune delle vostre Diocesi da vari anni soffrono per i ripetuti attentati terroristici contro la vita e la libertà delle persone. Seguo con grande dolore questi tragici eventi e, insieme a voi, desidero esprimere nuovamente la condanna più forte e senza riserve di queste ingiustificate e ingiustificabili aggressioni. Di fronte ad esse, indicate la via del perdono, della convivenza fraterna e solidale e della giustizia, che sono i veri fondamenti della pace e della prosperità dei popoli! Vi esorto a collaborare, insieme ai vostri fedeli, nel miglior modo possibile a estirpare totalmente e radicalmente questa violenza e a quanti la esercitano chiedo, in nome di Dio, di rinunciare ad essa come strumento di azione e di rivendicazione politica.

7. «L'Anno Giubilare Compostelano, portico dell'Anno Santo del 2000»: con questo motto la Chiesa in Spagna invita a partecipare a questo evento ecclesiale dalle profonde radici storiche che avrà luogo nell'anno 1999 e che dovrà essere una valida preparazione al Grande Giubileo del Terzo Millennio cristiano. L'Anno Compostelano ha innanzitutto una finalità religiosa, che si manifesta nel pellegrinaggio lungo il cosiddetto «Cammino di Santiago». sono noti i frutti spirituali degli Anni Iacobei, in cui tanti pellegrini di Spagna, d'Europa e di altre parti del mondo si recano a Santiago de Compostela per ottenere la «perdonanza ». Vi esorto quindi a preparare bene questo evento affinché sia un vero «Anno di grazia» nel quale, per mezzo della conversione costante e della predicazione assidua della Parola di Dio, si favoriscano la fede e la testimonianza dei cristiani, la preghiera e la carità promuovano la santità dei fedeli e la speranza nei beni futuri animi l'evangelizzazione continua della società, il che potrà essere il grande frutto spirituale e apostolico di questo Anno giubilare in armonia con la ricca tradizione precedente.

8. Cari Fratelli, ancora una volta vi assicuro della mia profonda comunione nella preghiera, con una ferma speranza nel futuro delle vostre Diocesi, nelle quali, nonostante le prove, si manifesta una grande vitalità. Che il Signore Gesù Cristo vi conceda la gioia di servirlo, guidando in suo nome le Chiese particolari che vi sono state affidate! Che la Vergine Santissima e i Santi Patroni di ogni luogo vi accompagnino e vi proteggano sempre.

A voi, amati Fratelli nell'Episcopato, e ai vostri fedeli diocesani, imparto di cuore la Benedizione Apostolica.




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