GP2 Discorsi 1997 272


AI PARTECIPANTI ALL'INCONTRO DI STUDIO


SU «RADICI DELL'ANTIGIUDAISMO


IN AMBIENTE CRISTIANO»


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Sala dei Papi - Venerdì, 31 ottobre 1997




Signori Cardinali,
Cari Fratelli nell'Episcopato,
Cari amici,

1. Sono lieto di accogliervi nel corso del vostro simposio sulle radici dell'antigiudaismo. Saluto in modo particolare il Cardinale Roger Etchegaray, Presidente del Comitato del Grande Giubileo dell'Anno 2000, che presiede i vostri lavori. Vi ringrazio tutti per avere dedicato queste giornate a uno studio teologico che riveste grande importanza.

Il vostro colloquio si inscrive alla preparazione del Grande Giubileo, per la quale ho invitato i figli della Chiesa a fare un bilancio del millennio che sta per concludersi, e soprattutto del nostro secolo, nello spirito di un necessario «esame di coscienza», alle soglie di quello che deve essere un tempo di conversione e di riconciliazione (cfr Tertio millennio adveniente
TMA 27-35).

L'oggetto del vostro simposio è la corretta interpretazione teologica dei rapporti della Chiesa di Cristo con il popolo ebreo, di cui la dichiarazione conciliare Nostra aetate ha posto le basi, e sui quali, nell'esercizio del mio Magistero, io stesso ho avuto l'opportunità di intervenire in diverse occasioni. In effetti, nel mondo cristiano - non dico da parte della Chiesa in quanto tale - interpretazioni erronee e ingiuste del Nuovo Testamento riguardanti il popolo ebreo e la sua presunta colpevolezza sono circolate per troppo tempo, generando sentimenti di ostilità nei confronti di questo popolo. Esse hanno contribuito a sopire molte coscienze, di modo che, quando è dilagata in Europa l'ondata delle persecuzioni ispirate da un antisemitismo pagano che, nella sua essenza, era anche anticristiano, accanto a quei cristiani che hanno fatto tutto il possibile per salvare i perseguitati anche a rischio della propria vita, la resistenza spirituale di molti non è stata quella che l'umanità aveva il diritto di attendersi da parte di discepoli di Cristo. Il vostro sguardo lucido sul passato, in vista di una purificazione della memoria, è particolarmente opportuno per mostrare in modo chiaro che l'antisemitismo non ha alcuna giustificazione ed è assolutamente deprecabile.

I vostri lavori completano la riflessione condotta soprattutto dalla Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo, tradotta, fra le altre cose, negli Orientamenti del 1° dicembre 1974 e nei Sussidi per una corretta presentazione degli Ebrei e dell'Ebraismo nella predicazione e nella catechesi della Chiesa Cattolica del 24 giugno 1985. Apprezzo il fatto che s'intenda condurre la ricerca di natura teologica svolta dal vostro simposio con grande rigore scientifico, nella convinzione che servire la verità significa servire Cristo stesso e la sua Chiesa.

2. L'Apostolo Paolo, a conclusione dei capitoli della Lettera ai Romani (Rm 9-11) nei quali offre lumi decisivi sul destino di Israele secondo il piano di Dio, fa risuonare un canto di adorazione: «O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio!» (Rm 11,33). Nell'anima fervente di Paolo, questo inno è un'eco al principio che ha appena enunciato e che è il tema centrale di tutta la lettera: «Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia» (Ibidem 11, 32). La storia della salvezza, anche quando le sue vicende ci sembrano fuorvianti, è guidata dalla misericordia di Colui che è venuto per salvare ciò che era andato perduto. Solo un atteggiamento di adorazione davanti alle insondabili profondità della Provvidenza amorevole di Dio permette di intravedere qualcosa di quello che è un mistero della fede.

3. All'origine di questo piccolo popolo situato fra i grandi imperi di religione pagana che lo eclissano con lo splendore della loro cultura, vi è l'elezione divina. Questo popolo è invitato e guidato da Dio, Creatore del cielo e della terra. La sua esistenza non è dunque un puro fatto di natura o di cultura, nel senso in cui, attraverso la cultura, l'uomo utilizza le risorse della propria natura. Si tratta bensì di un fatto soprannaturale. Questo popolo persevera a dispetto di tutti perché è il popolo dell'Alleanza e perché, nonostante le infedeltà degli uomini, il Signore è fedele alla sua Alleanza. Ignorare questo dato importante significa impegnarsi sulla via di un marcionismo contro il quale la Chiesa aveva reagito subito con vigore, nella consapevolezza del suo legame vitale con l'Antico Testamento, senza il quale il Nuovo Testamento stesso viene svuotato del suo significato. Le Scritture sono inseparabili dal popolo e dalla sua storia, che conduce a Cristo, Messia promesso e atteso, Figlio di Dio fattosi uomo. La Chiesa non smette di professarlo nel riprendere quotidianamente, nella sua liturgia, i salmi e i cantici di Zaccaria, della Vergine Maria e di Simeone (cfr Ps 132,17 Lc 1,46-55 Lc 1,68-79 Lc 2,29-32).

Pertanto quanti considerano il fatto che Gesù fosse ebreo e che il suo ambiente fosse il mondo ebreo come un semplice fatto culturale contingente, a cui sarebbe possibile sostituire un'altra tradizione religiosa dalla quale la persona del Signore potrebbe essere distaccata, senza che essa perda la sua identità, non solo ignorano il significato della storia della salvezza, ma, in modo più radicale, mettono in discussione la verità stessa dell'Incarnazione e rendono impossibile una concezione autentica dell'inculturazione.

274 4. Sulla base di quanto è stato detto finora, possiamo trarre delle conclusioni atte a orientare l'atteggiamento del cristiano e il lavoro del teologo. La Chiesa condanna fermamente tutte le forme di genocidio, così come le teorie razziste che le hanno ispirate e che hanno preteso di giustificarle. A tale proposito, si potrebbero ricordare l'Enciclica di Pio XI Mit brennender Sorge (1937) e quella di Pio XII Summi Pontificatus (1939); quest'ultima rammentava la legge della solidarietà umana e della carità verso ogni uomo, a qualsiasi popolo appartenesse. Il razzismo è dunque una negazione dell'identità più profonda dell'essere umano, che è stato creato a immagine e somiglianza di Dio. Al male morale di qualsiasi genocidio si aggiunge, con la shoah, il male di un odio che mette in discussione il piano salvifico di Dio sulla Storia. Attraverso questo odio, la stessa Chiesa viene direttamente presa di mira.

L'insegnamento di Paolo nella Lettera ai Romani ci indica quali sentimenti fraterni, radicati nella fede, dobbiamo nutrire verso i figli di Israele (cfr
Rm 9,4-5). L'Apostolo lo sottolinea: «a causa dei loro Padri » essi sono amati da Dio, i cui doni e la cui chiamata sono irrevocabili (cfr Rm 11,28-29).

5. Vi assicuro della mia gratitudine per i lavori che svolgete su un tema che riveste grande importanza e che mi sta a cuore. Contribuite così all'approfondimento del dialogo fra i cattolici e gli ebrei; siamo lieti che si sia positivamente rinnovato nel corso degli ultimi decenni.

Formulo per voi e per i vostri cari i migliori voti e vi imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica.

Novembre 1997



MOMENTO DI PREGHIERA NELLE GROTTE VATICANE

PER LA COMMEMORAZIONE DEI SOMMI PONTEFICI DEFUNTI

PAROLE DI GIOVANNI PAOLO II

Sabato, 1° novembre 1997




In queste grotte vaticane affidiamo alla misericordia del Padre, perché siano partecipi dell'eterna liturgia del cielo, coloro che hanno qui il loro sepolcro e attendono la risurrezione della carne, in particolare i Sommi Pontefici che hanno svolto il servizio di Pastori della Chiesa Universale.

Il Santo Padre ha poi impartito ai presenti la Benedizione Apostolica.




AI PARTECIPANTI ALLA SESSIONE PUBBLICA


DELLE PONTIFICIE ACCADEMIE


Aula del Sinodo - Lunedì, 3 novembre 1997




Signori Cardinali,
Eccellentissimi Ambasciatori,
Illustri Accademici Pontifici,
275 Gentili Signore e Signori!

1. Sono particolarmente lieto di incontrarvi, in occasione della seconda Sessione pubblica delle Pontificie Accademie. Ringrazio il Signor Cardinale Paul Poupard, Presidente del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie, che a nome di voi tutti ha voluto illustrare gli obiettivi, gli scopi e le finalità che vi proponete in vista del grande Giubileo dell'Anno Duemila. Saluto i Signori Cardinali, i venerati Fratelli nell'Episcopato, gli Eccellentissimi Ambasciatori presso la Santa Sede, i sacerdoti, i religiosi e le religiose e tutti i membri delle varie Accademie Pontificie.

Ci incontrammo dodici mesi or sono per la prima volta in questa medesima sede per celebrare l'avvenuta riforma delle Pontificie Accademie e per dare nuovo impulso alle Istituzioni culturali della Santa Sede. Venne dato, in tal modo, pubblico riconoscimento all'opera scientifica ed artistica svolta dalle vostre Pontificie Accademie a servizio della nuova evangelizzazione nei vari campi della cultura e dell'arte, della teologia e dell'azione apostolica.

2. Il vostro piano di lavoro accademico, pur nella varietà delle discipline che autorevolmente voi rappresentate, intende concretizzarsi in un peculiare "contributo all'umanesimo cristiano all'alba del Terzo Millennio". Mentre esprimo il mio apprezzamento per questo interessante e sempre attuale programma, vi esorto a proseguire con coraggio su tale cammino, perché il vostro contributo ad una più esatta, ampia e profonda comprensione dell'umanesimo cristiano giovi alla causa della persona umana ed al riconoscimento del suo specifico valore e della sua inalienabile dignità.

Nella varietà delle culture odierne si manifesta sempre più la sfida che la Chiesa è chiamata a raccogliere, in quanto è suo preciso dovere "di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul loro reciproco rapporto" (Gaudium et spes
GS 4).

I cristiani devono essere in grado di proporre la verità sull'uomo, rivelata da Gesù Cristo, "via, verità e vita" (Jn 14,6) e "primogenito tra molti fratelli" (Rm 8,29), perché solo in Lui può risplendere in pienezza la dignità dell'essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1,26).

3. Sono grato al rappresentante della "Pontificia Accademia Romana di San Tommaso d'Aquino e di Religione Cattolica" ed a quello della "Accademia Teologica Romana" per le sapienti riflessioni sui lineamenti dell'umanesimo cristiano, ispirate al pensiero dell'Aquinate. E' all'eminente dottrina del Dottore Angelico che ci si può opportunamente riferire per connotare l'umanesimo autentico, capace di riconoscere e di dare conveniente espressione a tutte le dimensioni della persona umana.

Nel contesto culturale attuale, segnato spesso da incertezze e dubbi che mortificano i fondamentali valori spirituali, l'umanesimo cristiano - perenne nella sua sostanza, ma sempre nuovo nel suo approccio e nella sua presentazione - offre una risposta valida alla sete di valori e di vita veramente umana, che brucia nell'animo di ogni persona pensosa del proprio destino.

4. L'attività degli Accademici Pontifici si pone in stretto legame con la missione del Successore di Pietro. Mentre confermo questo vostro generoso compito, auspico che, grazie agli studi, alle pubblicazioni, alle opere artistiche da voi realizzate e promosse, gli uomini di tutte le culture scoprano l'umanesimo autentico, vero specchio in cui si rivela il volto di Dio e il volto dell'uomo.

Auspico, altresì, che, sotto l'impulso del vostro esempio e della serietà dei vostri lavori accademici, un nuovo slancio sia impresso alla ricerca filosofica e teologica ed all'insegnamento di queste discipline, così che la ragione umana, illuminata dalla Rivelazione divina, possa scoprire vie nuove per esprimere nel linguaggio delle varie culture "le insondabili ricchezze di Cristo" (Ep 3,8).

Molti contemporanei, specialmente giovani, sono delusi, perché promesse anche seducenti, che hanno segnato la seconda metà del ventesimo secolo, non di rado si sono rivelate mere utopie, incapaci di sollevare l'uomo dalla sua angoscia esistenziale. Non sono pochi coloro che hanno oggi la sensazione di camminare in un vicolo cieco. Compito dei cristiani, e di voi membri delle Accademie Pontificie in particolare, è di diffondere la conoscenza dell'umanesimo cristiano, soprattutto quando la verità sull'uomo viene oscurata o negata da posizioni concettuali che non ne rispettano la specifica dignità.

276 Con l'umiltà dei discepoli e la fortezza dei testimoni, voi, illustri Accademici, avete l'esaltante missione di approfondire il patrimonio filosofico, teologico, culturale della Chiesa, per farne partecipi quanti sono alla ricerca di una risposta appagante.

5. Ed ora, accogliendo l'indicazione del Consiglio di Coordinamento, sono lieto di consegnare il premio delle Pontificie Accademie al Pontificio Istituto "Regina Mundi", che svolge a Roma attività universitaria per la formazione filosofica, teologica, spirituale e pastorale delle religiose provenienti da ogni parte del mondo. Il Pontificio Istituto ha presentato i lavori di tre religiose: Eufrasie Beya Malumbi, congolese, che ha saputo tradurre con linguaggio moderno e con categorie culturali del suo Paese d'origine alcuni significativi aspetti della teologia della salvezza in San Tommaso d'Aquino; Cecilia Phan Thi Tien, vietnamita, che ha studiato l'efficacia evangelizzatrice del canto, con particolare riferimento alla musica della sua Terra; Marie Monique Rungruang-Kanokkul, tailandese, che ha svolto uno studio teologico-pastorale sulla preparazione al sacramento dell'Eucaristia dei figli di coppie con matrimonio misto nella sua Regione.

Con la consegna del premio intendo anche esprimere il mio apprezzamento alla Reverenda Preside, Madre Fernanda Barbiero, ed ai Docenti dell'Istituto "Regina Mundi" per l'opera svolta a favore della promozione dell'umanesimo cristiano nelle molteplici culture a cui appartengono le religiose studentesse.

Affido tutti i presenti e la loro missione a Maria Santissima, Sede della Sapienza, e di cuore imparto a voi, alle vostre famiglie ed a tutti coloro che vi sono cari una speciale Benedizione Apostolica.


AI PELLEGRINI DELLA DIOCESI DI KALISZ (POLONIA)


Giovedì, 6 novembre 1997




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Vi do un cordiale benvenuto, cari pellegrini della Diocesi di Kalisz, giunti alle tombe degli Apostoli per rendere grazie a Dio, insieme al Papa, per ogni bene, che tutti abbiamo sperimentato durante i giorni del mio pellegrinaggio in Polonia. Saluto in modo particolare il Vescovo qui presente e lo ringrazio per le parole rivoltemi. Insieme con lui intendo salutare anche il Vescovo Ausiliare della Diocesi. Rivolgo poi il mio cordiale pensiero ai Rappresentanti delle autorità della Città di Kalisz e della Provincia. Con tali sentimenti desidero abbracciare tutta la comunità della Chiesa di Kalisz: i presbiteri, le persone consacrate e tutti i fedeli.

E' sempre vivo in me il ricordo di quel giorno in cui mi è stato dato di visitare la vostra terra, e specialmente la città di Kalisz, che - come ho già detto più volte - è la più antica città della Polonia. Vi ringrazio ancora una volta per l'invito rivoltomi, per la calorosa accoglienza e per l'incontro con il Popolo di Dio della comunità di Kalisz. E' grazie alla vostra fede e alla vostra preghiera che abbiamo potuto vivere un tempo di particolare unità di tutta la Chiesa universale intorno a Cristo nel mistero dell'Eucaristia. La grande statio orbis del Congresso Eucaristico Internazionale che abbiamo celebrato a Wroclaw è continuata infatti nelle successive tappe del pellegrinaggio. Con l'aiuto di Dio, abbiamo approfondito le varie dimensioni della vita quotidiana, la cui forza religiosa trova nell'Eucaristia la sua fonte e il suo culmine (cfr. Presbyterorum Ordinis PO 5). L'Eucaristia infatti è il cuore palpitante della Chiesa e di tutta la vita cristiana, come "sacramento della misericordia, segno di unità e legame di carità" (cfr. S. Agostino).

Su quel percorso non poteva mancare una tappa dedicata alla famiglia. E quale è il luogo più adatto per soffermarsi sulla realtà della famiglia, se non a Kalisz, il cui patrono particolare è S. Giuseppe, padre della Sacra Famiglia, rappresentato nell'effige miracolosa? Alla sua protezione abbiamo affidato la famiglia in Polonia, la quale - come in tutto il mondo - si trova di fronte a vari pericoli della civiltà contemporanea. Quella nostra preghiera - si può dire familiare - al fedele sposo di Maria e sollecito custode del Figlio di Dio - è stata una grande grazia per tutta la Chiesa. Se, infatti, la famiglia è l'elemento essenziale della comunità dei discepoli di Cristo, una preghiera concentrata intorno alla famiglia, riguarda allo stesso tempo la Chiesa intera. La Chiesa ha sempre bisogno dell'intercessione di S. Giuseppe. La sua protezione è un'efficace difesa contro i pericoli che si presentano, ed ancor più un grande sostegno nell'assumersi i compiti della nuova evangelizzazione. Oggi, nel periodo della preparazione diretta al Grande Giubileo dell'Anno 2000, quando il compito dell'evangelizzazione acquista una particolare attualità, esorto tutti ad affidare con perseveranza quest'opera all'intercessione di S. Giuseppe.

2. L'incessante preghiera e lo sguardo fisso al modello altissimo di santità del povero carpentiere di Nazaret, chiamato dal Vangelo uomo giusto (cfr. Mt Mt 1,19), può essere per noi fonte di profonda spiritualità. "Il sacrificio totale, che Giuseppe fece di tutta la sua esistenza alle esigenze della venuta del Messia nella propria casa, trova la ragione adeguata nella «sua insondabile vita interiore, dalla quale vengono a lui ordini e conforti singolarissimi, e derivano a lui la logica e la forza, propria delle anime semplici e limpide, delle grandi decisioni, come quella di mettere subito a disposizione dei disegni divini la sua libertà, la sua legittima vocazione umana, la sua felicità coniugale, accettando della famiglia la condizione, la responsabilità ed il peso, e rinunciando per un incomparabile virgineo amore al naturale amore coniugale che la costituisce e la alimenta». Questa sottomissione a Dio, che è prontezza di volontà nel dedicarsi alle cose che riguardano il suo servizio, non è altro che l'esercizio della devozione, la quale costituisce una delle espressioni della virtù della religione" (Giovanni Paolo II, Redemptoris Custos, 26).

Nel mondo di oggi pieno di contraddizioni e di tensioni, il credente si trova ogni giorno di fronte alla necessità di operare delle scelte. Domanda allora alla propria coscienza che cosa sia giusto, a favore di cosa dovrebbe pronunciarsi e a che cosa opporsi. E' la domanda riguardante quel disegno divino che può essere scrutato soltanto da colui che è dotato di una profonda vita interiore. E dopo, occorrono non poca ponderatezza e forza, un grande amore per Dio e per l'uomo, per assumersi il peso della responsabilità, che scaturisce dalla risposta a tale domanda. Occorre anche la disponibilità della volontà a dedicarsi al servizio di Dio. S. Giuseppe ci insegna tutto questo. Sul suo esempio, chi si dona a Dio, sostenuto dalla potenza dello Spirito Santo, è in grado di trasformare il mondo in modo che esso diventi una dimora sempre più degna di Cristo. Alla soglia del terzo millennio occorre tale testimonianza di dedizione. Ne ha bisogno l'uomo, spesso smarrito tra false promesse di una facile felicità. C'è bisogno di simile dedizione nella vita familiare, sociale, politica e culturale, affinché tutti gli uomini possano ritrovare nel Figlio di Dio la fonte della vera speranza.

277 3. S. Giuseppe, venerato da voi nel Santuario di Kalisz, diventi per ognuno maestro e guida spirituale. Impetri per tutti la grazia di questa disponibilità a compiere la volontà di Dio, che divenne la ragione della sua particolare elezione.

Vi ringrazio ancora una volta per essere venuti. Vi invito a portare il mio saluto ai vostri cari in Patria, a coloro che non sono potuti venire qui, specialmente agli infermi. S. Giuseppe accompagni tutti ed interceda per la giovane Chiesa di Kalisz alla soglia del nuovo millennio. Vi benedico di cuore.




AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL


BELGIO IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Venerdì, 7 novembre 1997




Signor Cardinale,
Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. È con grande gioia che vi accolgo nella casa del Successore di Pietro, voi che avete ricevuto il compito di guidare il popolo di Dio che è in Belgio. La vostra presenza mi ricorda il mio viaggio nel vostro Paese, nel giugno del 1995, in occasione della beatificazione di un vostro concittadino, Padre Damien de Veuster, figura spirituale di rilievo e testimone esemplare della carità verso i malati. Ringrazio il Cardinale Godfried Danneels, Presidente della vostra Conferenza Episcopale, per le affettuose parole che mi ha rivolto e tengo a porgergli i miei cordiali auguri a motivo della sua festa. Voi siete venuti a Roma per compiere la vostra visita alle tombe degli Apostoli, per trovare luce e sostegno nella vostra missione episcopale «al fine di edificare il Corpo di Cristo» (Ep 4,12), in comunione con la Chiesa universale, e per riprendere coraggio per guidare, riconfortare e rafforzare la speranza dei vostri collaboratori, i sacerdoti e i diaconi, così come dell'insieme del popolo di Dio.

2. Nei vostri rapporti quinquennali, mi avete reso partecipe delle diverse iniziative prese dalle vostre Diocesi nella prospettiva del grande Giubileo, nuovo Avvento per la Chiesa; mi rallegro dell'accoglienza che hanno ricevuto presso i vostri diocesani e del dinamismo che suscitano in seno alle comunità cristiane. È un segno tangibile del desiderio spirituale dei fedeli, della loro sete di scoprire in modo rinnovato il mistero trinitario, per viverlo e renderne testimonianza nella loro vita quotidiana.

Alla vigilia del secondo anno di preparazione al Grande Giubileo, chiedo allo Spirito Santo di illuminarvi e di sostenervi nel ministero che dovete svolgere. In quanto Pastori, dovete confortare i sacerdoti nella loro missione, stando loro vicini, incoraggiandoli e sostenendoli, affinché continuino ad annunciare il Vangelo nei compiti che corrispondono loro e continuino instancabilmente a dare l'esempio di una vita di preghiera autentica e di un'esistenza conforme al loro impegno. Nel rispetto delle persone e con la dovuta discrezione, spetta a voi correggere, attraverso moniti insistenti, e rettificare situazioni morali sbagliate, perché nessuno sia oggetto di scandalo per i suoi fratelli e nessuno sia perduto, come ho già sottolineato in una lettera dell'11 giugno 1993 rivolta all'episcopato americano, che trattava problemi sociali vicini ai vostri (cfr La Documentazione cattolica 90, 1993, PP 702-703 PP 1 Cor 10, 32; 2Co 6,3 Codice di Diritto Canonico 2Co 1044 § 2Co 2 2Co 1395).

3. Rendo omaggio ai considerevoli sforzi compiuti nelle vostre Diocesi per intensificare la catechesi dei bambini e dei giovani, che considerate una priorità pastorale. Il comportamento di tanti giovani nel corso della recente Giornata Mondiale della Gioventù può offrirvi l'occasione d'intensificare questa pastorale, soprattutto mediante una formazione spirituale e religiosa più approfondita. Quest'ultima è in effetti uno degli ambiti fondamentali e una chiave di volta della missione evangelizzatrice della Chiesa, come ha sottolineato il recente Direttorio generale per la Catechesi, realizzato dalla Congregazione per il Clero. Questo documento è uno strumento prezioso e una guida che ricorda opportunamente che Cristo e il suo messaggio sono al centro di qualsiasi insegnamento di fede. Il ministero della catechesi deve dunque occupare un posto di rilievo nella missione di tutta la comunità cristiana. Sotto la responsabilità del Vescovo, esso richiede la partecipazione dei genitori, dei sacerdoti, delle persone consacrate e dei fedeli che, accettando di diventare catechisti, riceveranno un'adeguata formazione.

Apprezzo anche l'attenzione che rivolgete alla formazione teologica e morale dei laici, attraverso le pubblicazioni e i diversi corsi organizzati nelle vostre Diocesi. A questa formazione associate un'iniziazione alla preghiera e alla liturgia, affinché la scoperta di Cristo non sia soltanto di ordine conoscitivo, ma coinvolga anche la volontà e i sentimenti, fino a trasformare la vita quotidiana. Nella vostra recente dichiarazione Au souffle de l'Esprit vers l'An 2000, avete opportunamente ricordato ai fedeli che la speranza è un dono dello Spirito, che si fonda sulla fedeltà a Dio, che dobbiamo incessantemente chiedere. È attraverso la vita sacramentale e la partecipazione alla comunità ecclesiale che i cristiani ricevono abbondanti frutti. L'approfondimento del mistero cristiano e una vita spirituale autentica permettono di trovare lo slancio per cooperare attivamente alla missione di evangelizzazione della Chiesa e, in modo particolare, allo sviluppo della società civile. Alla luce del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa, i laici sono chiamati a contribuire al bene comune mediante un impegno di ordine temporale, con l'insieme dei loro concittadini, promuovendo i principi fondamentali riguardanti il fine della creazione e l'uso del mondo, così come i valori morali (cfr Apostolicam actuositatem AA 7).

Vi incoraggio in modo particolare a sviluppare la pastorale dei giovani, preoccupandovi di nominare sacerdoti capaci di seguirli con la delicatezza richiesta da esseri umani che stanno formando la propria personalità. Ciò è importante per far sì che i giovani possano scoprire Cristo e affrontare con serenità i problemi legati alla società moderna. Sono lieto del rinnovato impegno dei catechisti, dei genitori, degli insegnanti di religione e degli altri docenti, che si preoccupano dell'educazione religiosa nelle scuole e nelle parrocchie. Bisogna rallegrarsi anche della vitalità manifestata dai diversi movimenti che propongono ai giovani attività che consentono loro di scoprire e di vivere i valori cristiani e un cammino spirituale.

278 4. Mi avete anche espresso i vostri timori riguardo alla sempre maggiore diminuzione del numero dei sacerdoti e ai gravosi compiti che devono svolgere attualmente, a volte fino al limite delle loro forze e a un'età molto avanzata. Conoscendo le difficili condizioni in cui vivono, rendo omaggio alla loro dedizione, alla loro perseveranza e alla loro fedeltà, invitandoli a non perdere la speranza e ad attingere dalla preghiera personale e liturgica, e soprattutto dalla celebrazione dell'Eucaristia, la forza per vivere in conformità a Cristo del quale sono un'icona vivente, per essere servitori del Vangelo e per mostrare agli uomini che una vita donata a Dio nel celibato è fonte di gioia profonda e di equilibrio interiore. Spetta a voi preoccuparvi, come già fate, della qualità della loro vita materiale e far sì che siano attenti a conservare una giusta armonia fra la vita spirituale, la vita pastorale, il tempo libero e i rapporti di amicizia.

D'altro canto, è importante favorire tutto ciò che può rafforzare l'unità e il senso fraterno in seno al «presbiterio, che è accordato al Vescovo come le corde alla chitarra» (Sant'Ignazio di Antiochia, Lettera agli ). I sacerdoti sono uniti ai loro confratelli «con il vincolo della carità, della preghiera e di ogni specie di collaborazione» (Presbyterorum ordinis
PO 8). I rapporti devono dunque essere improntati all'amicizia e all'attenzione reciproca, richiedendo i più giovani di essere sostenuti all'inizio del loro ministero e nelle loro prime responsabilità e potendo i più anziani apportare tutta la loro esperienza. Tutto ciò è favorito da momenti di ritiro spirituale e da tempi di formazione teologica proposti all'insieme del clero, affinché il suo insegnamento venga rafforzato e sia in grado di rispondere in modo più preciso agli interrogativi dei nostri contemporanei. Trasmettete ai sacerdoti e ai diaconi il mio coraggioso incoraggiamento e la sicurezza della mia preghiera, in particolare a quanti sono malati e a quanti sperimentano difficoltà nel loro ministero. Trasmettete i miei migliori saluti ai membri degli istituti di vita consacrata che, malgrado la scarsità di vocazioni, proseguono la loro missione al prezzo di duri sforzi, per amore di Cristo e della Chiesa. Auspico che trovino i mezzi per riunire le proprie forze e trasmettere la propria spiritualità ai laici che lavorano con loro, come già stanno facendo.

5. Voi avete deciso di mantenere in ogni Diocesi un grande seminario, istituzione essenziale e centrale che contribuisce alla visibilità della Chiesa e al suo dinamismo apostolico. È una scelta coraggiosa, che dimostra la grande attenzione che rivolgete alla formazione dei futuri sacerdoti e la preoccupazione per un buon discernimento. Grazie a questa prossimità, i giovani rafforzano il loro rapporto di fiducia e di obbedienza filiale con il loro Vescovo e prendono coscienza delle realtà diocesane che dovranno vivere in seguito. Per quanto riguarda la formazione, è opportuno innanzitutto verificare la retta intenzione dei candidati al sacerdozio e il loro grado di maturità, ed aiutarli a strutturare la loro personalità (cfr Pastores dabo vobis PDV 62). A tale proposito, sarebbe pregiudizievole per i giovani scegliere da soli il loro luogo di formazione, in funzione di criteri legati alla loro soggettività, alla loro sensibilità e alla loro storia. Ciò potrebbe limitare il discernimento e indebolire la dimensione di servizio che il ministero sacerdotale richiede. Apprezzo l'attenzione che rivolgete all'insegnamento filosofico e teologico, così come al progresso spirituale dei futuri sacerdoti, scegliendo professori e direttori particolarmente preparati per questo delicato ministero.

La presenza di un seminario offre anche l'occasione a tutti i fedeli di stare vicino e di sostenere con la loro preghiera fraterna coloro che diventeranno i loro Pastori. Tutti i cristiani, e in particolare i genitori, devono impegnarsi a risvegliare vocazioni nelle famiglie e a stare accanto ai giovani che si sentono chiamati a seguire Cristo nella vita sacerdotale e religiosa. In questo spirito, mi rallegro del nuovo slancio che avete voluto conferire ai diversi Servizi di Vocazioni.

6. La situazione presente vi porta a riorganizzare e a ristrutturare le parrocchie, tenendo conto delle possibilità che vi vengono offerte e delle necessità pastorali. La parrocchia non è una semplice associazione, bensì un segno della visibilità della Chiesa e un focolare in cui si esprime la comunione fra tutti i membri della comunità. È l'unità di base che ha il dovere di assicurare le grandi funzioni della missione ecclesiale, e che, proprio per questo, deve avere una certa disponibilità di forze vive. È dunque importante che questa riorganizzazione tenga conto del numero di fedeli, della possibilità di assicurare i diversi servizi pastorali indispensabili e del tessuto umano che trova parte della sua vitalità nelle assemblee domenicali e nelle attività parrocchiali.

7. Nei vostri rapporti, esprimete le vostre preoccupazioni e quelle di una parte importante dei belgi di fronte all'evolversi della società. Sottolineate l'aumento dei fenomeni di povertà, che sono legati alla congiuntura economica e all'incremento della disoccupazione, e che generano un aumento della delinquenza in ogni sua forma e inducono a perdere la speranza nel futuro. Constatate anche la corruzione dei valori morali su cui si fondano la retta vita personale e le relazioni fra i vostri concittadini, la necessaria solidarietà in seno alla comunità nazionale e la gestione della res publica. La Chiesa deve prestare attenzione a tutti gli uomini, soprattutto a quelli che vengono emarginati. Esorto dunque i cristiani a mettersi sempre più al servizio dei loro fratelli e a essere attenti alla necessità di una giusta assistenza per ogni persona, mediante un impegno in ogni ambito della vita sociale, con un maggiore senso di probità, che ogni persona chiamata a partecipare alla gestione del bene comune deve avere. Una tale condotta contribuirà a rafforzare la fiducia dei vostri concittadini nelle istituzioni nazionali.

La Chiesa deve anche ricordare instancabilmente che ogni persona deve essere protetta, soprattutto i bambini che, in quanto deboli e indifesi, sono spesso il bersaglio di adulti perversi che feriscono gravemente e in modo duraturo i giovani, per dare libero sfogo alle loro passioni. In questo momento penso in particolare alle famiglie che sono state recentemente colpite da comportamenti criminali di cui i loro figli sono stati vittime. Assicuratele che il Papa è loro vicino con la preghiera e che è sensibile al grande coraggio di cui hanno dato prova nel dolore, invitando i loro concittadini a un profondo sussulto morale e al perdono.

8. Il futuro della società pone a tutti i nostri contemporanei una grande sfida etica; per questo è opportuno intraprendere una riflessione morale rinnovata, che fornisca a ogni persona elementi per discernere, per giudicare la bontà morale di un atto e per assumere atteggiamenti corretti. Apprezzo in tal senso le dichiarazioni forti e coraggiose dei Vescovi, che hanno richiamato l'attenzione dei fedeli e dell'insieme del popolo belga sulla necessità di rispettare la dignità intrinseca di ogni essere umano dal suo concepimento fino alla sua morte naturale. In ogni Paese, la Chiesa ha il dovere di fare udire la voce dei più deboli e di insegnare, in ogni momento, opportuno e non opportuno, i valori morali che nessuna legge può impunemente ignorare. Inoltre, anche se la Chiesa non si confonde in alcun modo con la comunità politica, che rispetta, deve comunque ricordare a quanti rendono un servizio legittimo al popolo e a tutti i nostri contemporanei ciò che dà fondamento all'agire personale e comunitario e ciò che, all'opposto, ferisce gravemente l'uomo e l'umanità. In effetti, «l'esercizio dell'autorità mira a rendere evidente una giusta gerarchia dei valori al fine di facilitare l'esercizio della libertà e della responsabilità di tutti» (Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 2236).

9. Al termine del nostro incontro, cari Fratelli nell'Episcopato, vi chiedo di trasmettere ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi, alle religiose e ai laici delle vostre comunità il mio saluto affettuoso. Assicurateli della mia preghiera perché, nelle difficoltà presenti, non perdano la speranza e affinché lo Spirito ispiri a tutti gesti coraggiosi e profetici, che saranno per i loro fratelli un segno eclatante della salvezza donata da Cristo e della conversione che Egli opera nei cuori. Affidandovi all'intercessione dei santi della vostra terra, imparto di cuore la mia Benedizione apostolica a voi e ai membri del popolo di Dio affidato alla vostra sollecitudine pastorale.


GP2 Discorsi 1997 272