GP2 Discorsi 1997 287

287 Sono qui presenti anche i Padri Bernardini, con il Provinciale e con il Governo della loro Provincia, ed anche i pellegrini di Kalwaria. Vi saluto cordialmente. La vostra presenza mi ricorda Dukla e Krosno e lo straordinario personaggio di san Jan. Sono contento e rendo grazie a Dio per aver potuto canonizzare quel grande religioso e sacerdote.

Benedico di cuore voi qui presenti e tutto il Popolo di Dio della Diocesi di Zielona Góra-Gorzów.


AI VESCOVI AMICI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI


Sala dei Papi - Giovedì, 13 novembre 1997




Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Carissimi Fratelli e Sorelle in Cristo!

1. Vi accolgo con gioia a conclusione del Convegno ecumenico da voi celebrato in questi giorni presso il "Centro Mariapoli" di Castelgandolfo. A tutti il mio affettuoso saluto e la mia cordiale riconoscenza per questa visita.

Ringrazio in particolare il Cardinale Miloslav Vlk per le cortesi parole che mi ha rivolto a nome di tutti e per l'interessante descrizione che ha voluto farmi dei vostri lavori e dell'impulso evangelico ed ecumenico che li ha animati. Sono lieto di salutare i Vescovi ed i Responsabili di Chiese ed altre Comunioni cristiane provenienti da varie parti del mondo, mentre rivolgo un pensiero cordiale a Chiara Lubich ed agli altri rappresentanti del Movimento dei Focolari.

2. Al centro del vostro incontro di quest'anno, come ha voluto porre in evidenza il Cardinale Arcivescovo di Praga, avete posto l'approfondimento della spiritualità del Movimento dei Focolari come spiritualità ecumenica, per vivere a fondo l'ecclesiologia di comunione quale presupposto indispensabile per un itinerario sempre più convinto e concorde verso la piena unità. A tal proposito, vi sono state sicuramente di particolare aiuto le singolari testimonianze legate ai recenti sviluppi del vostro Movimento per quanto concerne il dialogo ecumenico ed inter-religioso.

Questi incontri annuali, che offrono l'opportunità a Vescovi e Responsabili di varie Chiese e Comunioni cristiane, amici del Movimento dei Focolari, di trascorrere insieme alcuni giorni di proficuo lavoro comune, pur con il loro carattere informale e privato, contribuiscono certamente ad approfondire gli ideali e la spiritualità evangelica che stanno alla base del cammino dei cristiani verso la piena unità voluta da Cristo.

La preghiera comune e le celebrazioni della Parola, lo scambio di testimonianze di Vangelo vissuto e la condivisione fraterna rappresentano infatti non solo un innegabile arricchimento reciproco, ma aiutano a far crescere ed a diffondere un'intensa unione spirituale nella carità e nella verità, che alimenta la speranza del completo superamento, con l'aiuto della grazia di Dio, delle barriere che purtroppo ancora dividono i cristiani.

288 3. Come opportunamente poc'anzi ha ricordato il Cardinale Miloslav Vlk, questo vostro incontro intende offrire un contributo significativo alla grande causa ecumenica nel momento storico ed ecclesiale che stiamo vivendo, alle soglie ormai del terzo millennio cristiano. In occasione del Concistoro straordinario da me convocato nel 1994 per la preparazione del Grande Giubileo dell'Anno Duemila, ho voluto sottolineare l'anelito all'unità che emerge sempre più vivo e sentito in tutti i discepoli di Cristo. E' quanto ho in seguito ribadito anche nella Lettera Apostolica Orientale lumen: "Non possiamo presentarci davanti a Cristo, Signore della storia, così divisi come ci siamo purtroppo ritrovati nel corso del secondo millennio. Queste divisioni devono cedere il passo al riavvicinamento e alla concordia; devono essere rimarginate le ferite sul cammino dell'unità dei cristiani" (Giovanni Paolo II, Orientale lumen, n. 4).

Vostra cura, durante i giorni scorsi, è stato di contribuire ad infondere rinnovato coraggio e speranza al cammino ecumenico, affinché si realizzi pienamente il desiderio di Cristo nell'Ultima Cena, che tutti siano una cosa sola affinché il mondo creda (cfr
Jn 17,21).

Con questa speranza, resa ancor più viva dall'avvicinarsi dello storico appuntamento del Giubileo, rinnovo a ciascuno di voi, carissimi Fratelli e Sorelle, il mio cordiale saluto, invocando su tutti l'abbondanza dei doni dello Spirito Santo e delle divine benedizioni.




AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE SPAGNOLA


IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Sabato, 15 novembre 1997




Cari Fratelli nell'Episcopato,

1. È per me motivo di gioia ricevervi oggi, Arcivescovi e Vescovi delle Provincie Ecclesiastiche di Valladolid, Toledo, Mérida-Badajoz, Madrid e dell'Ordinariato Militare, che siete venuti a Roma per rinnovare la vostra fede dinanzi alle tombe degli Apostoli. Questa è la prima volta che l'Arcidiocesi di Mérida-Badajoz, eretta nell'ultimo quinquennio, effettua la visita «ad Limina», con la quale tutti i Vescovi riaffermano il loro vincolo di comunione con il Successore di Pietro.

Ringrazio di cuore Monsignor José Delicado Baeza, Arcivescovo di Valladolid, per il saluto che mi ha rivolto a nome di tutti, e ognuno di voi, per l'opportunità che mi ha offerto, negli incontri personali, di conoscere l'opinione delle persone che servite come Pastori, partecipando così all'auspicio che il vostro gregge cresca «in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo» (Ep 4,15).

Al fine di incoraggiare la vostra sollecitudine pastorale, desidero ora condividere con voi alcune riflessioni suggerite dalla situazione concreta nella quale esercitate il ministero di far conoscere e di «annunziare il Mistero di Cristo» (Col 4,3).

2. Constato con soddisfazione lo sforzo che state compiendo, sia in forma congiunta sia in ogni Diocesi, per forgiare una comunità ecclesiale piena di vitalità ed evangelizzatrice, che viva una profonda esperienza cristiana alimentata dalla Parola di Dio, dalla preghiera e dai sacramenti, coerente con i valori evangelici nella sua esistenza personale, familiare e sociale, e che sappia manifestare la sua fede nel mondo, dinanzi alla tentazione di relegare alla sola sfera privata la dimensione trascendente, etica e religiosa dell'essere umano.

A questo tema avete dedicato vari documenti della Conferenza Episcopale e in particolare i «Piani di azione pastorale», che negli ultimi anni si sono succeduti con regolarità e rigore metodologico. La vostra preoccupazione continua ad essere concentrata sull'impatto che le profonde e rapide trasformazioni sociali, economiche e politiche hanno avuto sulla concezione generale della vita e, in particolare, sul mondo dei valori etici e religiosi. Anche se il compito è indubbiamente gravoso, poiché in pratica abbraccia tutti i settori della vita ecclesiale, vi invito a proseguire nel vostro proposito di promuovere, con creativa fedeltà al Vangelo, uno stile di vita cristiano all'altezza delle vostra ricca eredità e conforme alle esigenze dei nuovi tempi. Nei momenti di difficoltà o d'incertezza, ricordate l'esclamazione di Pietro: «Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Jn 6,68). Solo l'incrollabile adesione a Cristo permetterà di mantenere salda la speranza in Lui, «unico Salvatore del mondo» (Tertio Millennio adveniente TMA 40), e annunciarlo con gioia alle soglie del terzo millennio.

3. Nella missione di portare il Vangelo agli uomini di oggi potete contare sull'appoggio di una tradizione cristiana antichissima e molto radicata. La vostra terra è ricca di modelli di santità e di eminenti figure del sapere teologico, di missionari audaci, di numerose forme di vita consacrata e di movimenti apostolici, così come di espressive manifestazioni di pietà; tutto ciò costella di gloria la vostra storia.

289 Potete contare anche su espressioni d'arte che costituiscono uno splendido patrimonio religioso e culturale. Sono lieto di constatare come la Chiesa in Spagna avvalori questa eredità storica che, a ragione, molti ammirano, e che dimostra in modo tangibile come la fede in Cristo nobiliti l'uomo, ispirando il suo ingegno e portandolo a plasmare il riflesso dell'inesauribile bellezza di Dio in opere di incomparabile valore artistico.

A tale proposito è importante che i beni culturali ed artistici delle chiese, soprattutto i luoghi e gli oggetti sacri, non restino soltanto reliquie del passato che si contemplano passivamente. Occorre ricordare e conservare per quanto possibile la loro specificità originale, per non sminuire il loro valore culturale. Si tratta di templi eretti come luoghi di preghiera e di celebrazioni religiose, di scritti e di melodie composte per lodare il Signore e per accompagnare il Popolo di Dio nel suo pellegrinaggio, di immagini dei modelli di santità proposti ai credenti, che rappresentano i misteri della salvezza, affinché possano alimentare la loro fede e la loro speranza.

Questo ricco patrimonio è inoltre per la Chiesa un prezioso strumento per la catechesi e l'evangelizzazione. Oggi, come ieri, costituisce una proposta valida per ogni persona che cerca sinceramente Dio o che desidera incontrarLo nuovamente. Perciò non basta conservare e tutelare questi beni, ma è anche «necessario... inserirli nei circuiti vitali dell'azione culturale e pastorale della Chiesa» (Discorso alla Pontificia Commissione per i beni culturali della Chiesa, 12-10-1995). A tale proposito è bene segnalare la grande accoglienza che ha ricevuto il ciclo di esposizioni realizzate negli ultimi anni con il titolo «Le età dell'uomo », che ha indubbiamente contribuito a far sì che il menzionato patrimonio favorisse l'evangelizzazione delle attuali generazioni.

4. Il vostro patrimonio comprende anche numerose forme di pietà popolare, tanto radicate soprattutto nei paesi e nei villaggi spagnoli. Dinanzi al razionalismo imperante in certi momenti della nostra storia recente, questa pietà popolare riflette una «sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere» (Paolo VI, Evangelii nuntiandi EN 48) e ha saputo dimostrare che Dio parla chiaramente al cuore dell'essere umano, il quale ha diritto di esprimergli la dovuta venerazione nel modo che gli è più congeniale.

Così ha inteso il Concilio Vaticano II nel raccomandare «i pii esercizi del popolo cristiano, purché siano conformi alle leggi e alle norme della Chiesa» (Sacrosanctum Concilium
SC 13). È certo che in alcuni casi i costumi possono trasmettere elementi estranei all'autentica espressione religiosa cristiana. Tuttavia la Chiesa, concentrandosi più sulle disposizioni profonde dell'animo che sul formalismo rituale, manifesta comprensione e pazienza, secondo l'avvertimento di sant'Agostino, «una cosa è ciò che insegnamo, un'altra ciò che possiamo ammettere » (cfr Contra Faustum, 20, 21). Per questo «tutto ciò poi che nei costumi dei popoli non è indissolubilmente legato a superstizioni o ad errori, essa lo prende in considerazione con benevolenza e, se è possibile, lo conserva inalterato» (Sacrosanctum Concilium SC 37).

Vi incoraggio quindi, con affetto paterno e prudenza pastorale, a conservare e a promuovere quelle forme di pietà nelle quali divengono concrete e profonde l'adorazione dell'Eucaristia, la devozione alla Vergine Maria o la venerazione dei santi, evitando deformazioni spurie o esagerazioni improprie attraverso un'adeguata catechesi e, in modo particolare, integrando la devozione con la partecipazione attiva ai sacramenti e alla Celebrazione liturgica, il cui centro è il mistero pasquale di Cristo.

5. Vorrei richiamare l'attenzione su un aspetto che riguarda molte vostre Diocesi e che certamente avrete avuto occasione di constatare nelle visite pastorali a paesi o villaggi dove sono rimasti solo i genitori o i nonni di coloro che si sono trasferiti in città. In effetti, in poco tempo si è passati da una società prevalentemente contadina e rurale alle grandi concentrazioni urbane.

Questa situazione esige, innanzitutto, uno sforzo particolare affinché quanti già si sentono isolati nella nuova società possano sperimentare, con maggiore intensità se possibile, la vicinanza della Chiesa e l'amore di Dio che non dimentica nessuno dei suoi figli. In molti casi sarà necessario prestare un aiuto particolare ai sacerdoti che, nonostante le difficoltà, rimangono nelle piccole parrocchie rurali, condividendo la sorte dei loro fedeli e infondendo loro la speranza cristiana. Laddove una presenza stabile non è possibile, i piani di pastorale devono assicurare la necessaria attenzione religiosa e una degna celebrazione dei sacramenti. Bisogna poter dire con Gesù: «Li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto» (Jn 17,12).

Molti di questi paesi, ora impoveriti, possiedono in realtà una grande ricchezza spirituale, espressa nell'arte, nei costumi e soprattutto nella corretta fede dei loro abitanti. Per nessun motivo si può considerare la loro esistenza inutile, esistenza che permette a quanti ritornano, anche se temporaneamente, di riscoprire la fede degli anziani e le manifestazioni religiose che a volte ancora rimpiangono.

6. Nella vostra missione di portare il Vangelo agli uomini di oggi non siete soli. Vostri stretti collaboratori sono tutti i sacerdoti che, nella Celebrazione Eucaristica e negli altri sacramenti, sono uniti al loro Vescovo «e così lo rendono in un certo modo presente in ciascuna adunanza dei fedeli» (Presbyterorum ordinis PO 5).

Motivo di particolare soddisfazione è il considerevole numero di seminaristi in diverse vostre Diocesi e il sensibile incremento registrato in alcune di esse. È un segno di vitalità cristiana e di speranza nel futuro, soprattutto nelle Diocesi di recente creazione. Un'altra grande ricchezza delle Chiese che presiedete è costituita dalle numerose comunità religiose, sia di vita contemplativa sia di vita attiva. Ognuna di esse è un dono per la Diocesi, che contribuisce a edificare, apportando l'esperienza dello Spirito propria del suo carisma e l'attività evangelizzatrice caratteristica della sua missione. Proprio in quanto dono inestimabile per tutta la Chiesa, si raccomanda al Vescovo di «sostenere ed aiutare le persone consacrate, affinché, in comunione con la Chiesa, si aprano a prospettive spirituali e pastorali corrispondenti alle esigenze del nostro tempo» (Vita consecrata VC 49). In questo importante compito, il dialogo rispettoso e fraterno sarà il cammino privilegiato per riunire gli sforzi e per assicurare l'indispensabile coerenza dell'attività pastorale in ogni Diocesi sotto la guida del suo Pastore.

290 7. A tutto ciò occorre aggiungere il decisivo contributo dei laici, che devono essere incoraggiati a svolgere pienamente la loro missione specifica, animandoli a partecipare assiduamente alla liturgia e a collaborare alla catechesi, o ad assumersi un impegno responsabile nei movimenti e nelle diverse associazioni ecclesiali, sempre in perfetta comunione con il proprio Vescovo.

In effetti, affinché il Vangelo illumini l'esistenza degli uomini, è necessaria la testimonianza di vita dei credenti, coerente con la fede professata, così come un'adeguata preparazione per donare un'«anima cristiana » al mondo dell'educazione o del lavoro, della cultura o dell'informazione, dell'economia o della politica. Tutto ciò richiede una solida formazione, che include innanzitutto una salda spiritualità, basata sulla consacrazione battesimale, e una conoscenza dottrinale sistematica e ben fondata, che permetta di «“rendere ragione della speranza“ che è in loro di fronte al mondo e ai suoi gravi e complessi problemi» (Christifideles laici
CL 60).

Una solida formazione si potrà acquisire solo per mezzo di un'azione catechetica rinnovata e creativa, incisiva e costante, sia fra i giovani sia fra gli adulti. In tale ambito i Pastori hanno un dovere fondamentale, in quanto sono stati chiamati ad esercitare con zelo la loro funzione di insegnare come «dottori autentici ... al popolo loro affidato la fede da credere e da applicare nella pratica della vita» (Lumen gentium LG 25). A tale proposito vi sarà di grande aiuto il Catechismo della Chiesa Cattolica, il cui valore desidero ribadire qui ricordando che è lo «strumento più idoneo in vista della nuova evangelizzazione» (Discorso ai Presidenti delle commissioni per la catechesi delle Conferenze episcopali nazionali, 29-4-1993, n. 4). La sua ricchezza dogmatica, liturgica, morale e spirituale deve giungere a tutti, soprattutto ai bambini e ai giovani, attraverso catechismi diversificati per l'uso parrocchiale, familiare, scolastico e per la formazione in seno ai diversi movimenti o associazioni di fedeli. Non mancano, cari Fratelli, né a voi né ai vostri sacerdoti, illustri esempi di predicatori che, preparandosi con la preghiera e lo studio assiduo, sono stati capaci con le loro parole di toccare i cuori delle persone, mantenendole nella purezza della fede e guidandole nel loro impegno cristiano.

8. Al termine di questo incontro, vi prego vivamente di trasmettere il mio cordiale saluto ai vostri diocesani: sacerdoti, comunità religiose e fedeli laici. Ho particolarmente presenti le comunità ecclesiali dell'Estremadura che nei giorni scorsi hanno sopportato la dura prova di calamità naturali con tante vittime e con danni ingenti. Rendetele partecipi dell'esperienza che avete vissuto in questi giorni e animatele a vivere con gioia la fede in Cristo nostro Salvatore.

Affido i vostri aneliti e i vostri progetti pastorali alla materna intercessione della Vergine Maria, che con tanto fervore viene invocata in quelle amate terre, e al contempo vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica, che estendo a quanti collaborano al vostro ministero episcopale.


AI MEMBRI DEL COMITATO ORGANIZZATORE


DEL VIAGGIO APOSTOLICO COMPIUTO A SARAJEVO


Sabato, 15 novembre 1997




Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Cari Sacerdoti,
Illustri Signori,

1. Vi accolgo con grande gioia e vi porgo il mio cordiale benvenuto, in questo incontro con il quale, in certo modo, voi intendete restituirmi l'indimenticabile Visita che ho potuto compiere a Sarajevo il 12 e 13 aprile scorsi. E' ancora vivo nel mio animo il ricordo della città con le profonde ferite delle distruzioni operate dalla guerra e le sofferenze della popolazione. E allo stesso tempo, rimane in me radicata l'impressione della gente e delle autorità che hanno partecipato alla mia visita.

291 Saluto Lei, Signor Cardinale Vinko Puljic, che, insieme con i cari Presuli della Bosnia ed Erzegovina, ha desiderato accompagnare i Membri del Comitato organizzatore dell'incontro di Sarajevo e porgermi il cordiale augurio di tutti.

Ad ognuno desidero esprimere la mia gratitudine per i generosi sforzi profusi per la buona riuscita del mio pellegrinaggio nella vostra Patria; e prego di trasmettere il mio ringraziamento agli Eccellentissimi Membri della Presidenza della Bosnia ed Erzegovina.

Nel porgere il mio saluto a voi, intendo rinnovare alle popolazioni della Bosnia ed Erzegovina i miei sentimenti di affetto, assicurando di avere tutti presenti nelle mie preghiere e vicini al mio cuore.

2. Quella Visita, da voi così ben preparata, ha recato conforto ai cattolici, rinsaldandone la fede ed i propositi di impegno nella ricostruzione civile e morale, così necessaria dopo le rovine causate dalla guerra. È legittimo, infatti, il desiderio dei cattolici di vedere doverosamente riconosciute e considerate le loro aspirazioni civili, culturali e religiose. Ad essi vanno garantiti i diritti che godono ogni altra persona e comunità del vostro Paese, affinché, con il loro specifico apporto, possano contribuire attivamente a rendere sempre più umana e pacifica la vita nei luoghi in cui si trovano ed operano.

3. Confido che la mia Visita abbia contribuito anche a riaccendere negli abitanti dell'intera Bosnia ed Erzegovina la fiducia nel dialogo, nella giustizia, nella reciproca comprensione, nonché in una pace giusta e duratura.

In una società che è alla ricerca della pace, ogni cittadino ha il diritto e il dovere recare il proprio contributo all'ordinato perseguimento di tale nobile causa.

Quando si lavora in piena fedeltà a Dio ed all'uomo, non ci si deve scoraggiare delle difficoltà che inevitabilmente si incontrano. Anche di fronte ad eventuali intimidazioni, il credente in Dio sa di essere portatore di una cultura nuova che lotta con le armi dell'amore, perché si affermi il rispetto e la dignità dell'uomo e dei popoli. Egli è consapevole, inoltre, di dover promuovere con ogni mezzo legittimo quei valori positivi che possono creare rapporti di intesa e di collaborazione fra tutti.

4. Venerati Pastori della Bosnia ed Erzegovina, è vostro compito salvaguardare i legittimi diritti delle vostre comunità, perseverando nell'annunciare con mansuetudine il Vangelo di Cristo "in ogni occasione opportuna e non opportuna" (
2Tm 4,2). Continuate ad operare affinché i fedeli dell'intera Chiesa in Bosnia ed Erzegovina facciano sentire a tutti, con la parola e l'esempio, la carità di Cristo, Redentore dell'uomo. Questa missione è ancora più impellente nella prospettiva del Terzo Millennio, nel quale vogliamo entrare con un cuore nuovo, riconciliati fra noi e con i nostri fratelli.

5. Alle Illustrissime Personalità del Comitato Governativo qui presenti vorrei comunicare una parola di incoraggiamento a proseguire gli sforzi per la ripresa e la ricostruzione del Paese ed il buon funzionamento delle Istituzioni comuni, con pazienza, disinteresse e spirito di collaborazione tra i tre popoli. La Santa Sede non mancherà di contribuire, come ha cercato di fare finora, nelle forme appropriate ed anche nelle istanze internazionali, a sostenere lo sviluppo civile e sociale della Bosnia ed Erzegovina.

Con tali sentimenti, invoco su tutti voi, sulle vostre famiglie e sull'intera vostra Patria la Benedizione di Dio Onnipotente.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL RETTORE DEL COLLEGIO


IN CAMPO SANTO TEUTONICO PER


I 1200 ANNI DELL'ISTITUZIONE




Reverendissimo Signor
292 Prelato Erwin Gatz
Rettore del Collegio in Campo Santo Teutonico

All'ombra della Basilica di san Pietro si trova il Campo Santo Teutonico, il cimitero dei Tedeschi e dei Fiamminghi, che è circondato dal Collegio e dalla Chiesa di Santa Maria della Pietà. In questi giorni sono giunti a Roma ospiti da lontano e da vicino, per ricordare con gioia le radici del luogo in cui si sono formati, che si trova in quella che, com'è documentato, 1200 anni fa era la Schola Francorum.

Consapevole della ricchezza storica di questo luogo, mi unisco spiritualmente a codesta assemblea festosa, che ringrazia Dio, creatore di tutte le cose, nella celebrazione dell'Eucaristia, per aver fedelmente guidato questo Istituto nel lungo corso del tempo.

Questa occasione suscita in me ricordi personali legati al mio soggiorno di studio a Roma, risalente a cinquant'anni fa, che lo scorso anno ho inserito nel mio libro Dono e Mistero, in occasione del 50esimo anniversario del mio sacerdozio. Come i membri del Collegio in Campo Santo Teutonico, anche io allora «nella Città Eterna» imparai «intensamente Roma: la Roma delle catacombe, la Roma dei martiri, la Roma di Pietro e di Paolo, la Roma dei confessori. ( . . .) Partendo» portai «con me non soltanto un accresciuto bagaglio di cultura teologica, ma anche il consolidamento del mio sacerdozio e l'approfondimento della mia visione della Chiesa» (Dono e Mistero, p. 67 versione italiana).

Nell'esprimere a tutti voi responsabili del Collegio Teutonico il mio sincero apprezzamento per il vostro servizio, auspico che il luogo di questa pregevole fondazione sia terreno fertile per lo spirito, che vi regna. Conosco il rapporto che esiste tra la Chiesa in Germania ed il Successore di Pietro. Conosco le capacità formative di questa Istituzione, che ha trasmesso a innumerevoli personalità la competenza e la formazione necessarie, affinché plasmassero in senso cristiano la vita della loro nazione dal punto di vista scientifico, ecclesiale e sociale. Che la vicinanza alla tomba di Pietro sia simbolo di fedeltà e possa rappresentare uno sprone per tutti coloro che oggi escono da questo luogo di formazione o che lo faranno domani! Si formano in un luogo privilegiato, che è in grado di ampliare la loro visuale conferendole una dimensione europea e universale.

Poiché la chiesa di Santa Maria della Pietà rappresenta in un certo qual modo il centro del Collegio, affido il Campo Santo Teutonico alla particolare intercessione della Vergine Maria. Che guidi la vita di tutti coloro che vanno e vengono; dei sacerdoti e dei laici, dei docenti e degli studenti, dei residenti e degli impiegati, dei membri dell'Arciconfraternita e, non ultime, delle Suore della Carità Cristiana, che operano al servizio del Collegio! Su voi e su tutti coloro che partecipano alla celebrazione di questo 1200esimo anniversario, imparto di cuore la Benedizione Apostolica

Dal Vaticano, 21 novembre 1997

IOANNES PAULUS PP. II



ATTO COMMEMORATIVO DEL SERVO DI DIO PAPA PAOLO VI

NEL CENTENARIO DELLA NASCITA

SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II

Aula Paolo VI - Sabato, 22 novembre 1997




Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
293 Illustri Signori e Signore del Corpo Diplomatico,
Carissimi Fratelli e Sorelle !

Nella memoria e nel cuore della Chiesa e del mondo, come bene ha affermato il Cardinale Casaroli nel suo commosso ricordo, il Servo di Dio Papa Paolo VI ha ormai un monumento che nessuno potrà distruggere. La solenne celebrazione di questa sera ne costituisce ulteriore conferma. La sua figura, più che mai viva in tutti noi, è stata in quest'Aula, che a lui si intitola, così efficacemente rievocata grazie al generoso impegno di tante persone, alle quali desidero ora rivolgere una parola di saluto e di riconoscenza.

La mia gratitudine va anzitutto ai professori dell'Orchestra del Festival Internazionale di Brescia e Bergamo, al Coro da Camera di Praga, ed al Maestro Agostino Orizio, che li ha così validamente diretti. La loro magnifica esecuzione ha elevato lo spirito di tutti noi a quella dimensione di armonica bellezza che Paolo VI ha più volte indicato quale via per la conoscenza e la comunicazione della Verità.

Cordiale gratitudine esprimo, in particolare, al carissimo Signor Cardinale Agostino Casaroli, per lunghi anni mio apprezzato e strettissimo collaboratore, che ha illuminato questo atto commemorativo con la sua ampia e profonda relazione, che in certi passaggi ha avuto il tono di una toccante testimonianza, avvalorata dalla pluriennale condivisione delle sollecitudini pastorali del grande Pontefice.

La venerazione ed il filiale affetto verso il Papa Paolo VI hanno richiamato qui, questa sera, tante persone. Molte di esse lo hanno conosciuto personalmente; alcune, le più fortunate, hanno beneficiato anche della sua amicizia. A ciascuno rivolgo il mio fraterno pensiero.

Il mio deferente saluto va innanzitutto al Signor Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e a tutte le altre Autorità e Personalità presenti. Saluto, poi, i Signori Cardinali tra i quali un particolare pensiero va al Signor Cardinale Carlo Maria Martini, successore dell'allora Cardinale Montini sulla Cattedra di Sant'Ambrogio. Saluto, inoltre, Mons. Pasquale Macchi, Mons. John Magee e Monsignor Vigilio Mario Olmi, Ausiliare di Brescia qui venuto insieme col Presidente dell'Istituto Paolo VI di Brescia, il Sindaco di Brescia e il Sindaco ed il Parroco di Concesio. Saluto, infine, con particolare intensità tutti i familiari e parenti, che sono qui con noi stasera.

Nominando Concesio, paese natale di Giovanni Battista Montini, il pensiero corre spontaneamente alla casa paterna ed al fonte battesimale, dove egli ricevette il Sacramento della nuova nascita nel giorno stesso in cui - come non ricordarlo? - partiva da questo mondo l'anima eletta di Teresa di Lisieux. Alla spiritualità della Santa carmelitana possiamo ben accomunare l'anelito religioso del Papa Paolo VI, che espresse il suo grande amore per Cristo con il lungo e sapiente servizio alla Chiesa.

In questi cento anni l'evento ecclesiale più rilevante è stato, senza dubbio, il Concilio Ecumenico Vaticano II. Il Signore ha voluto che un gracile figlio della terra bresciana diventasse il robusto timoniere della barca di Pietro proprio durante la celebrazione dell'Assise conciliare e negli anni della sua prima attuazione. Siamo tutti profondamente grati a Dio per il dono di questo grande Papa, che ha saputo guidare la Chiesa in un momento storico di vasti, repentini e imprevedibili cambiamenti. Per l'inestimabile eredità di magistero e di virtù, che Paolo VI ha lasciato ai credenti e all'intera umanità, lodiamo il Signore con sincera riconoscenza. A noi tocca ora di fare tesoro di così sapiente eredità. Ci aiuti Iddio a continuare la sua opera apostolica e missionaria, per intercessione di Maria, che il mio venerato Predecessore onorò particolarmente con il titolo di "Madre della Chiesa".

A tutti rinnovo i miei sentimenti di gratitudine, con la mia Benedizione.

VISITA ALLA PARROCCHIA DELLA SS.MA TRINITÀ A LUNGHEZZA


AI BAMBINI


Domenica, 23 novembre 1997

294
Voi sapete che oggi è la festa di Cristo Re, Cristo Re dell'Universo. Quando sono entrato qui e salutato voi tutti, bambini, ho pensato: “tutti sono battezzati, sono stati battezzati quando erano neonati”. Cosa vuol dire che siete battezzati? Vuol dire che appartenete tutti al Regno di Cristo, perché quando Cristo Risorto, tornava al Padre in cielo, ha detto agli Apostoli e ai loro successori :“Andate per l'universo, comunicate il Vangelo battezzando tutti in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Io sono con voi per tutti i giorni fino alla fine del mondo”. Questa è stata la prima dichiarazione di Cristo Re. Non si può dire che lui era un Re di un regno terrestre; ma il suo regno si trova sulla terra, e appartengono a questo suo regno tutti quelli che hanno accettato il Vangelo e sono stati battezzati nel suo Nome. Allora vi appartenete voi tutti. Siete Stati battezzati tutti vero? e chi si ricorda del suo battesimo? Lo ricordano certamente i vostri genitori. Però lo ricorda anche un registro nel quale sono scritti i battesimi. Allora questo regno ha un libro nel quale sono registrati i nomi di tutti i battezzati. Anche io sono stato battezzato, tanti anni fa, quasi ottanta anni fa. Tutti noi dunque apparteniamo a questo stesso Regno, al Regno di Cristo Re. Appartenendo a questo Regno, qui in terra, siamo anche iscritti in un altro libro, che è il libro dell'eternità. Questo Regno di Cristo incomincia sulla terra ma dura per tutta l'eternità. Io vi auguro di rimanere bene iscritti in questo libro: che i vostri nomi siano là bene iscritti in modo che un giorno Cristo possa dire “Questi sono i miei fratelli, le mie sorelle, appartengono al mio Regno”. Vi auguro dunque una buona domenica nella solennità di Cristo Re e vi benedico insieme con tutti i vostri cari.



VISITA ALLA PARROCCHIA DELLA SS.MA TRINITÀ A LUNGHEZZA


AL CONSIGLIO PASTORALE


Domenica, 23 novembre 1997

Grazie per le vostre parole e grazie per questo incontro. Prima di venire qui ho invitato il vostro parroco insieme con il Cardinale Vicario e con il Vicegerente Mons. Nosiglia a cena. Volevo imparare qualcosa di questa parrocchia della SS.ma Trinità in Lunghezza. Della SS.ma Trinità posso capire qualche cosa, ma cosa vuol dire Lunghezza proprio non lo so; forse vuol dire che è a tanta lunghezza da Roma, dal Vaticano? Mi dicevano che ci sono trenta chilometri, una mezz'ora di macchina. Eppure siamo arrivati puntualmente e tutto sino ad ora è andato bene. Io vi auguro di essere veramente un buon Consiglio Pastorale parrocchiale, un buon consiglio per il vostro parroco. Proprio per questo vi auguro i doni dello Spirito Santo, soprattutto il “donum consilii”. Vi auguro di avere questo dono per poter ben consigliare il vostro parroco e tutta la vostra comunità, soprattutto consigliarli sui tanti problemi che riguardano la vita parrocchiale. Questa parrocchia non ha ancora una chiesa; quella che c'è oggi è una cappella. Con Don Bruno avevamo deciso per questo di celebrare la Messa all'esterno; ma poi è arrivata la pioggia e abbiamo dovuto celebrare all'interno e per fortuna molti parrocchiani sono potuti entrare. Vi auguro con la grazia del Signore tutti i doni dello Spirito Santo, anche quello della fortitudine per andare avanti, soprattutto per superare tutte le difficoltà e creare qui una parrocchia esemplare. Certamente Roma ha una fisionomia tutta particolare: ha un centro storico preziosissimo, nel quale tutti vengono per ammirare l'arte romana, l'arte di tutte le epoche, ma anche dove le parrocchie si svuotano e si spopolano sempre di più. Poi ci sono queste periferie dove non ci sono tante opere d'arte ma c'è la gente, ci sono le comunità. Di qui il mio augurio di formare una parrocchia esemplare che sia un punto di riferimento per altre parrocchie e dove ogni Papa del terzo millennio potrà venire con soddisfazione. Così viviamo insieme questo Tertio Millennio adveniente con quella che si chiama missione cittadina. Vi lascio una benedizione a tutti, alle vostre famiglie alle vostre comunità.

VISITA ALLA PARROCCHIA DELLA SS.MA TRINITÀ A LUNGHEZZA


AI GIOVANI


Domenica, 23 novembre 1997




Ho chiesto al Consiglio Pastorale perché questo posto si chiama Lunghezza. Probabilmente penso che questo ambiente è molto lontano dalla vecchia Roma. Io quando vedo giovani della vostra età penso che a voi appartiene il futuro. Questo terzo millennio a cui ci prepariamo in tutta la Chiesa, in tutti i continenti. Questo terzo millennio appartiene a voi. Spera che la maggior parte di voi possa realizzare in questo terzo millennio i suoi sogni per entrare in questa nuova era del mondo e della cristianità. Non so se qualcuno di voi è andato a Parigi in questo anno: c'è stato un grande incontro mondiale di giovani, ad agosto. E sempre ancora si ricorda questo incontro perché sono stati insieme milioni di giovani non solo di Parigi e della Francia ma di tutto il mondo. Questo ci dice che i giovani camminano insieme, che si sentono forti e coraggiosi quando si trovano insieme. Così anche voi giovani di questa parrocchia, dovete trovare la possibilità di essere insieme, soprattutto qui nella vostra parrocchia, qui nella vostra Roma. Per questo ho anche scritto una lettera ai giovani di Roma: se si cammina insieme, si cammina con più coraggio, con più speranza. Dicono che i giovani sono individualisti: bisogna superare questo individualismo cercando una comunione con gli altri giovani per camminare insieme verso il futuro. L'odierna domenica proclama che Cristo è Re dell'Universo, di tutte le creature, ma soprattutto Re di tutti i cristiani, di quelli che lo seguono come lo hanno seguito gli apostoli, i loro successori i cristiani. Io vi auguro di seguire Cristo Re insieme con gli apostoli in questa vostra comunità parrocchiale di Roma, cercando, almeno spiritualmente, un punto di incontro con i giovani di tutto il mondo, soprattutto con i giovani d'Europa. E poi vi auguro di crescere, e di avere il coraggio di venire almeno una volta a fare visita al Papa. Il Papa è venuto a fare visita a voi a Lunghezza e allora dovete anche voi venire a fare visita a lui, in Vaticano.

                                                                            Dicembre 1997


AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO INTERNAZIONALE DI STUDI


"IL CINEMA, VEICOLO DI SPIRITUALITA' E DI CULTURA"


Sala del Concistoro - Lunedì, 1° dicembre 1997




Signor Cardinale,
Signore e Signori!

1. Sono lieto di potermi incontrare con voi, che partecipate al Convegno Internazionale di Studi sul "Cinema, veicolo di spiritualità e cultura". Esprimo il mio apprezzamento al Pontificio Consiglio della Cultura ed al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, che, in collaborazione con la Rivista del Cinematografo dell'Ente dello Spettacolo, hanno promosso questo Convegno.

Nel rivolgervi il mio cordiale benvenuto, intendo far pervenire anche a coloro che lavorano con voi nel mondo della cultura, della comunicazione e del cinema il mio saluto, insieme con l'augurio di un sempre più proficuo lavoro.


GP2 Discorsi 1997 287