GP2 Discorsi 1997 295

295 2. Da poco il cinema ha compiuto il suo primo secolo di vita e continua ad attirare l'interesse del pubblico, che lo percepisce come occasione di spettacolo. Il cinema, tuttavia, ha anche la capacità di promuovere la crescita personale, se conduce l'uomo all'elevazione estetica e spirituale. Per tale ragione, la Chiesa intende offrire il proprio contributo alla riflessione sui valori spirituali e culturali che il cinema può veicolare, nel contesto di questo primo Festival "Tertio Millennio".

Sin dal loro sorgere, la Chiesa ha riconosciuto l'importanza dei mezzi di comunicazione sociale, quali strumenti utili per far conoscere ed apprezzare i valori umani e religiosi che sostengono la maturazione della persona, richiamando coloro che operano in questo delicato settore ad un alto senso di responsabilità. Il cinema si affianca a questi mezzi, avvalendosi di un linguaggio suo proprio che permette di raggiungere persone di culture diverse.

Nei primi cento anni di esistenza, il cinema ha camminato a fianco di altre arti che lo avevano preceduto, unendole in maniera nuova ed originale e producendo così capolavori divenuti ormai parte integrante del patrimonio culturale comune. Si tratta di un progresso avvenuto a livello sia tecnico che artistico ed umano. Nel primo secolo di vita del cinema si sono verificati rilevanti sviluppi, che hanno offerto ad esso grandi possibilità di espressione, anche se in qualche caso la tecnologia ha contato più sugli effetti speciali che sui contenuti.

3. Il vero progresso di questa moderna forma di comunicazione si misura dalla capacità che essa ha di trasmettere contenuti e proporre modelli di vita. Quanti si accostano al cinema, nelle svariate forme in cui si presenta, percepiscono la forza che da esso promana, poiché è in grado di orientare riflessioni e comportamenti di intere generazioni. E' perciò importante che sappia presentare valori positivi e sia rispettoso della dignità della persona umana.

Accanto a pellicole che hanno un più marcato carattere di intrattenimento, esiste un filone cinematografico più sensibile alle problematiche esistenziali. Il suo successo è forse meno clamoroso, ma in esso si riflette il lavoro di grandi maestri che hanno contribuito, con la loro opera, ad arricchire il patrimonio culturale ed artistico dell'umanità. Di fronte a questi films lo spettatore viene guidato alla riflessione, verso aspetti di una realtà a volte sconosciuta ed il suo animo si interroga, si rispecchia nelle immagini, si confronta con prospettive diverse e non può restare insensibile al messaggio di cui l'opera cinematografica si fa portatrice.

Il cinema è capace di creare momenti di particolare intensità, fissando nelle immagini un istante della vita e soffermandosi su di esso con un linguaggio che può dar luogo ad espressione di autentica poesia. Così, questa nuova forma di arte può aggiungere molto di valido all'inesauribile cammino di ricerca che l'uomo compie, allargando la conoscenza sia del mondo che lo circonda che del suo universo interiore. Occorre, naturalmente, aiutare il pubblico, soprattutto quello più giovane, a formarsi una capacità di lettura critica dei messaggi proposti, perché il cinema giovi alla crescita complessiva e armoniosa delle persone.

4. Il cinema ha affrontato, e affronta tuttora, argomenti ispirati alla fede. In tale contesto, la Scrittura, la vita di Gesù, della Madonna e dei Santi, come pure le problematiche della Chiesa, sono fonti inesauribili per chi è alla ricerca del significato spirituale e religioso dell'esistenza.

E' così successo che l'arte cinematografica abbia spesso saputo trasmettere un messaggio sublime, contribuendo a diffondere il rispetto per quei valori che arricchiscono l'animo umano e senza i quali è ben difficile vivere una vita piena e completa. Il cinema può in tal modo offrire un valido apporto alla cultura ed una specifica cooperazione alla Chiesa. Ciò diviene particolarmente significativo, mentre ci apprestiamo a varcare la soglia di un nuovo millennio cristiano. Auspico che gli argomenti legati alla fede vengano sempre trattati con competenza e col dovuto rispetto.

Anche nei films di argomento non esplicitamente religioso è possibile trovare autentici valori umani, una concezione della vita ed una visione del mondo aperte verso il trascendente. Diventa così possibile lo scambio tra le diverse culture che si affacciano alla finestra aperta che il cinema offre: vengono in tal modo accorciate le distanze del mondo, e favorita la reciproca comprensione nel mutuo rispetto.

5. Questo mezzo di comunicazione può assumere quindi anche una funzione pedagogica, che aiuta l'uomo nella conoscenza dei valori universali presenti nelle diverse culture, portandolo a percepire le legittime differenze come occasione di reciproco scambio di doni.

Il cinema è un mezzo particolarmente adatto a raccontare il mistero ineffabile che circonda il mondo e l'uomo. Per mezzo delle immagini, il regista dialoga con lo spettatore, gli trasmette il suo pensiero, lo spinge a mettersi di fronte a situazioni che non possono lasciare l'animo insensibile. Se oltre che con arte, egli sa esprimersi con responsabilità ed intelligenza, può offrire il suo specifico contributo al grande dialogo che esiste tra persone, popoli e civiltà. Egli diviene così, in certo modo, pedagogo non solo per i suoi contemporanei, ma anche per le generazione future, come avviene per ogni altro agente culturale.

296 Il cinema è dunque uno strumento sensibilissimo, capace di leggere nel tempo quei segni che a volte possono sfuggire allo sguardo di un osservatore frettoloso. Quando ben usato, esso può contribuire alla crescita di un vero umanesimo e, in definitiva, alla lode che dal creato si eleva verso il Creatore. E' questo l'auspicio che formulo per la vostra attività e, mentre invoco la luce dello Spirito sulle vostre fatiche a servizio della cultura, della pace e del dialogo, di cuore imparto a tutti voi e alle persone che vi sono care la Benedizione Apostolica.


A S.E. IL SIGNOR JUL BUSHATI,


AMBASCIATORE DI ALBANIA PRESSO LA SANTA SEDE


Sabato, 5 dicembre 1997




Signor Ambasciatore,

sono lieto di accoglierLa nella sua qualità di nuovo Ambasciatore della Repubblica di Albania presso la Santa Sede. Il mio deferente pensiero va anzitutto al Presidente della Repubblica del suo Paese, il Professor Rexhep Mejdani. La prego di recare a lui il mio cordiale saluto insieme con l'espressione della mia riconoscenza per i devoti sentimenti di cui Ella si è fatta interprete.

Come Ella ha poc'anzi ricordato, l'Albania da alcuni anni sta vivendo una profonda fase di trasformazioni sociali. Dopo la fine del duro regime comunista, il Paese che Ella rappresenta si sta aprendo, attraverso avvenimenti talora drammatici, ad una nuova stagione di democrazia e di integrazione nella grande famiglia dei popoli dell'Europa, cui appartiene non solo a motivo della sua posizione geografica, ma soprattutto per la sua storia millenaria e per la sua cultura.

Negli scorsi mesi ho seguito con particolare attenzione e spirituale partecipazione gli eventi che hanno portato alla presente fase politica. Mi sono continuamente presenti le sofferenze e le speranze dei numerosi cittadini albanesi che, spinti dalla necessità e dal desiderio di un avvenire migliore, per sé e per i loro cari, lasciano la loro Terra con mezzi spesso inadeguati ed in condizioni precarie. Mentre auspico che la Comunità internazionale si faccia carico di un problema tanto urgente, attraverso provvedimenti ispirati a solidarietà ed equità, desidero assicurare la fattiva collaborazione della Chiesa Cattolica per trovare adeguate soluzioni alle loro precarie condizioni in Patria o altrove. E' importante che siano assicurate a tutti condizioni di vita degne e giuste. A tale proposito desidero far mio l'appello rivolto dai Vescovi albanesi all'Europa "perché possa considerare la questione dell'Albania con maggiore e più efficace impegno".

La recente crisi, che ha sconvolto la Repubblica di Albania ed ha avuto anche in Parlamento una preoccupante appendice, deve rendere sia il Governo che l'opposizione particolarmente solleciti nell'imboccare la via del dialogo e della collaborazione. Occorre evitare la tentazione di puntare allo scontro con l'avversario politico, in primo luogo perché moralmente inaccettabile, ma anche perché tale atteggiamento si rivela sempre dannoso per il consolidarsi di una corretta dialettica democratica e per lo sviluppo integrale di tutti i cittadini del Paese.

Ben a ragione i Vescovi, intervenendo più volte durante il corrente anno, indicavano nel rifiuto dell'odio e nella riconciliazione con Dio e con il prossimo la via maestra per un reale futuro di pace e di prosperità. Essi hanno perciò invitato gli Albanesi a fare il possibile per restaurare un ordine pubblico efficiente con mezzi legali, e per restituire ai cittadini la sicurezza nella vita quotidiana, grazie anche alla ritrovata fiducia nelle istituzioni legittime dello Stato. Per raggiungere tale obiettivo occorre promuovere ogni sforzo, perché quanti posseggono illegittimamente le armi siano al più presto disarmati e perché vengano ulteriormente organizzate le forze di polizia locale e dell'esercito.

Nel proporre questi suggerimenti la Chiesa Cattolica "non è mossa da alcuna ambizione terrena; essa mira a questo solo: a continuare, sotto la guida dello Spirito Paraclito, l'opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito" (Gaudium et spes GS 3). Essa partecipa attivamente alla vita sociale del Paese, adoperandosi perché possa incamminarsi verso orizzonti di pace e di prosperità. Tale condivisione sincera della sorte del popolo albanese è stata testimoniata da tanti missionari cattolici che nella recente crisi politica hanno scelto di rimanere al loro posto, nonostante i pericoli ed i disagi. La loro opera ha ottenuto un significativo riconoscimento non solo dai cattolici, ma anche da numerosi mussulmani e ortodossi.

Il nuovo clima instaurato nella Repubblica albanese dopo la fine della tragica dittatura comunista ha permesso alla Chiesa Cattolica di avviare una significativa opera di evangelizzazione e di promozione umana, attraverso la riapertura delle Chiese, l'istituzione di nuovi centri pastorali, la fondazione di scuole e di dispensari, ed una rete di servizi promossi dalla Caritas.

Perché tale azione a favore del Popolo albanese possa continuare ed incrementarsi auspico che, con il consenso di tutte le forze politiche, si giunga a redigere una nuova Costituzione ed una legislazione adeguata, nella quale sia offerta una base giuridica solida alle libertà umane fondamentali, tra le quali quella religiosa.

297 E', altresì, noto il clima di tolleranza che da sempre caratterizza la convivenza nell'unico Popolo albanese di cittadini di fede diversa. Tale clima affonda le radici in una lunga consuetudine di rispetto reciproco tra i musulmani, gli ortodossi e i cattolici, che costituiscono le tre religioni storiche dell'Albania. Possa questa preziosa eredità, gelosamente custodita, rappresentare una premessa importante per la ricostruzione materiale e spirituale dell'Albania.

Con tali sentimenti, nel ricevere con piacere le Lettere Credenziali, Le auguro che l'alta missione affidataLe sia ricca delle soddisfazioni che il Signore non fa mancare a chi serve generosamente i fratelli. Le assicuro, al tempo stesso, un costante ricordo nella preghiera, mentre invoco la benedizione di Dio Onnipotente su di Lei, Signor Ambasciatore, sui Governanti del suo nobile Paese e sull'intero Popolo albanese.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL VESCOVO DI BERGAMO IN OCCASIONE


DELLE CELEBRAZIONI PER IL XVII CENTENARIO


DEL MARTIRIO DEL PATRONO SANT'ALESSANDRO



Al venerato Fratello
Roberto Amadei
Vescovo di Bergamo

1. Ho appreso con gioia che codesta Comunità diocesana si appresta a ricordare il XVII centenario del Martirio di sant'Alessandro. Desidero unirmi spiritualmente alle celebrazioni dell'"Anno alessandrino", con le quali la Diocesi di Bergamo fa solenne memoria del suo celeste Patrono e rende grazie per i doni di cui il Signore l'ha arricchita, sin dagli inizi della sua storia.

Le testimonianze storiche a noi pervenute su sant'Alessandro si limitano quasi esclusivamente ad attestare il suo martirio. Tuttavia l'antica liturgia del Santo, ricordando il simbolico fiorire di rose e di gigli dalle gocce del suo sangue e traducendo con sorprendente efficacia la convinzione radicata nei Padri della Chiesa secondo cui "il sangue dei martiri è seme di cristiani", invita a considerare la fecondità di quel gesto d'amore, che fa di sant'Alessandro una "colonna nel tempio di Dio" (cfr Liturgia delle Ore, Comune di un martire). Infatti, attraverso il martirio di questo valoroso soldato di Cristo, la forza della Pasqua ha potuto irrompere nella storia di codeste popolazioni per trasformarne i costumi, gli ordinamenti, le istituzioni e lo stesso tessuto urbanistico che, costituitosi intorno alle chiese edificate sulla memoria del martire, ha portato talora a definire i cittadini di Bergamo "homines sancti Alexandri", eredi ed emuli del martire. Celebrare sant'Alessandro è ricordare gli inizi della Chiesa che è in Bergamo.

2. L'eredità di quella eroica testimonianza evangelica, infatti, ha dato origine in terra bergamasca ad una sequenza ininterrotta di cristiani, noti o sconosciuti, che hanno fatto di Cristo il centro della loro vita: da santa Grata che, secondo la tradizione, raccolse il corpo del martire Alessandro e gli diede degna sepoltura, a Narno, Viatore e Giovanni, Fermo e Rustico, Alberto e Vito, Gregorio Barbarigo, Luigi Maria Palazzolo, Teresa Eustochio Verzeri, Paola Elisabetta Cerioli, Gertrude Comensoli, Francesco Spinelli, Pierina Morosini. Senza parlare poi di Papa Giovanni XXIII, che ha commosso il mondo per la sua bontà, e di tante altre figure luminose, che hanno arricchito la comunità bergamasca con il tesoro dei loro esempi di fede vissuta.

Le numerose chiese dedicate al Santo, le antiche formule liturgiche e la devozione popolare, le istituzioni educative e caritative, il fervore di tante parrocchie e comunità provano che il martirio di Alessandro produce ancora i suoi frutti nei figli di codesta Chiesa. Il cristiano bergamasco, come affermava l'allora Nunzio Apostolico Mons. Roncalli, "anche lontano, oltre i mari, dove lo conducano ricerca di lavoro o di fortuna, a servizio della Chiesa o della Patria, ama ricordarlo, e come prendere auspicio ai suoi ardimenti e propositi di serietà, di saggezza, di disciplina, da quell'aspetto vigoroso e simpatico del suo sant'Alessandro, soldato e martire, espressione di dignità e di sacrificio, dalla linea decisa che dà fisionomia alla sua gente e le fa onore" (Mons. A. G. Roncalli, Omelia nella festa di sant'Alessandro, 25 agosto 1950).

Veramente il seme caduto in terra ha prodotto molto frutto (cfr. Gv Jn 12,24) e, per le gesta gloriose di Alessandro, codesta "Chiesa ovunque fiorisce"! (Sant'Agostino, Discorso 329 nel natale dei martiri, PL 38, 1454). I figli della diocesi bergamasca hanno seminato tanto bene lungo i secoli, sia in terra italiana sia in tante nazioni del mondo con generoso spirito missionario.

3. "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13). La Parola del Maestro, accolta con serietà e coraggio, ha portato Alessandro a far dono della sua esistenza a Cristo ed ai fratelli, fino all'effusione del sangue.

298 Unendosi misticamente alla croce del Signore e completando nella sua carne "quello che manca ai patimenti di Cristo" (Col 1,24), egli ha testimoniato la forza del Risorto che vince la morte ed ha mostrato la potenza dello Spirito che sostiene il Corpo mistico nella lotta contro le potenze delle tenebre.

Con il suo gesto eroico, il Martire afferma che Cristo è il senso ultimo della vita dell'uomo e la verità definitiva della storia e che solo in Lui l'umanità è resa capace di rispondere pienamente al progetto divino.

Sulla scia del Concilio Ecumenico Vaticano II, che ricorda come il martirio "con il quale il discepolo è reso simile al Maestro che liberamente accetta la morte per la salute del mondo, e a Lui si conforma nella effusione del sangue, è stimato dalla Chiesa dono insigne e suprema prova di carità" (Lumen gentium LG 42), i bergamaschi di oggi sono invitati a rendere grazie per il loro celeste Patrono e ad assumerne la testimonianza come riferimento sicuro per vivere la fedeltà a Cristo nel nostro tempo.

4. Sotto la sua illuminata guida pastorale, Venerato Fratello, i fedeli di codesta amata Diocesi, testimoni e protagonisti di grandi mutamenti culturali e di un benessere economico largamente diffuso, potranno contrastare efficacemente il sottile secolarismo dell'attuale società, che insidia la vita morale e minaccia il saldo rapporto con la fede cristiana, tratto distintivo della identità bergamasca.

Di fronte alla possibilità di una religiosità motivata da riferimenti culturali, più che dall'adesione personale a Cristo, il glorioso martirio di sant'Alessandro esorta tutti a riaffermare la centralità della Croce e della Risurrezione nell'esperienza cristiana ed a difendersi dal pericolo di impoverire il Vangelo, adeguandolo alla logica del mondo.

Alle soglie del nuovo Millennio, come nel corso della prima evangelizzazione, anche per i cristiani di codesta Terra si rinnova l'urgenza di testimoniare con coraggio Gesù Cristo, unico salvatore del mondo!

5. Tale urgenza richiede ai singoli ed alle comunità di lasciarsi condurre dallo Spirito del Signore. Egli ravviverà in ciascuno la consapevolezza di essere amato dal Padre e donerà, con la forza di seguire Cristo, la gioia di riscoprire in Lui il tesoro che dà senso alla vita. Sosterrà la fede nei momenti difficili e, infondendo fiduciosa attesa nel compimento del Regno, guiderà il cammino di conversione.

Attraverso l'ascolto della Parola di Dio, l'obbedienza ai Pastori, la celebrazione dei Sacramenti e, specialmente, la "frazione del pane" eucaristico, lo Spirito condurrà i cristiani bergamaschi a progettare la convivenza civile alla luce delle Beatitudini per costruire la civiltà dell'amore.

Anche le comunità cristiane, docili alla voce dello Spirito, si impegneranno a proclamare con nuovo entusiasmo il Vangelo e ad elaborare itinerari di fede che consentano ai vicini ed ai lontani, ai giovani ed agli adulti di incontrare personalmente Gesù Cristo ed assumerlo come riferimento essenziale dell'esistenza.

Guardando a sant'Alessandro, dono insigne del Signore per le popolazioni bergamasche, le diverse comunità ecclesiali, affidate alle sue cure pastorali, sono chiamate a valorizzare i tanti e preziosi carismi di cui sono state arricchite, per continuare a porli al servizio della crescita della Chiesa locale e di quella universale. Saranno, altresì, sollecitate a vivere con dedizione evangelica le attività educative e caritative ed a trasformare in moderne frontiere di evangelizzazione le innumerevoli tradizioni popolari, dotandole di nuovo slancio e di più profonde motivazioni.

Con tali auspici, mentre invoco dal Signore, per intercessione di sant'Alessandro, il dono di una fede viva, di una ferma speranza e di una carità operosa per i fedeli della diletta Diocesi di Bergamo, imparto di cuore a Lei, Venerato Fratello, ai Presbiteri, ai Religiosi ed alle Religiose, alle Famiglie ed all'intero Popolo di Dio una speciale Benedizione Apostolica.

299 Dal Vaticano, 7 Novembre 1997

IOANNES PAULUS PP. II



ALLA COMUNITÀ DEL PONTIFICIO COLLEGIO MESSICANO


Sala del Concistoro - Venerdì, 5 dicembre 1997




Cari Fratelli nell'Episcopato,
illustri Superiori e Studenti presbiteri del Pontificio Collegio Messicano di Roma,

1. Sono lieto di darvi il benvenuto in questo incontro con la Comunità di questa istituzione e con i suoi collaboratori, accompagnati dal Cardinale Juan Sandoval Íñiguez, Arcivescovo di Guadalajara, e da altri Pastori diocesani della vostra nazione, che attualmente partecipano all'Assemblea Speciale per l'America del Sinodo dei Vescovi.

La vostra presenza qui, con la quale desiderate rinnovare l'affetto e l'adesione al Successore di Pietro, coincide con il XXX anniversario della fondazione del vostro Collegio, a cui contribuirono in modo diretto Papa Paolo VI - del quale abbiamo di recente celebrato il centenario della nascita - e il primo Cardinale messicano, José Garibi Rivera, Arcivescovo di Guadalajara. Desidero ricordare anche le due visite che ho fatto alla vostra casa, la prima nel dicembre 1979 e la seconda nel novembre 1992, in occasione del suo XXV anniversario. Stare con voi mi fa sentire vicino alle vostre Diocesi e ai vostri luoghi d'origine e al contempo mi fa rivivere gli indimenticabili viaggi pastorali compiuti nel vostro amato Paese.

2. In questi anni il Collegio ha favorito un clima adeguato che permette di approfondire e di ampliare la formazione accademica e spirituale, così necessaria per il ministero sacerdotale nel futuro, che è l'obiettivo concreto della vostra presenza qui. Allo stesso tempo stare qualche anno a Roma consente di percepire da vicino la dimensione universale della Chiesa, mentre si vive la comunione ecclesiale che aiuta ad accogliere meglio gli insegnamenti del suo Magistero. Vi permette inoltre di conoscere altre realtà ecclesiali e culturali, grazie alla convivenza con sacerdoti di diversi Paesi, il che costituisce indubbiamente un arricchimento per il vasto campo della pastorale.

3. Anche se lontane fisicamente, so che nel vostro cuore avete presenti le persone che assistete nel vostro ministero; il vero Pastore non può dimenticarsi dei suoi fedeli, spinto dalla carità pastorale al modo di Cristo. A tale riguardo, «la stessa carità pastorale spinge il sacerdote a conoscere sempre più le attese, i bisogni, i problemi, le sensibilità dei destinatari del suo ministero: destinatari colti nelle loro concrete situazioni personali, familiari, sociali» (Pastores dabo vobis PDV 70).

Domenica scorsa abbiamo iniziato il secondo anno di preparazione al grande Giubileo dell'Anno 2000, dedicato allo Spirito Santo. Egli deve essere presente nella nostra vita, poiché è l'anima dell'autentica carità pastorale e della santificazione personale. Lo Spirito di Cristo, che abbiamo ricevuto nell'ordinazione sacerdotale, ci configura a Lui, modello dei Pastori, affinché possiamo agire in suo nome e vivere intimamente i suoi sentimenti. Imitare Cristo, povero, casto e umile, è il modo in cui il sacerdote può donarsi senza riserve agli altri, amando la Chiesa che è santa e che ci vuole santi, per poter contribuire così alla santificazione delle persone che ci sono state affidate.

4. Prima di concludere, voglio esprimere la mia riconoscenza alla Commissione Episcopale pro Collegio Messicano che segue da vicino la programmazione delle iniziative e il loro sviluppo. Parimenti, desidero ringraziare i Padri Superiori per la loro opera di orientamento e guida spirituale degli studenti presbiteri, così come le religiose Piccole Sorelle dei Poveri, Serve del Sacro Cuore di Gesù, che, silenziosamente, insieme al personale secolare, fanno sì che questa comunità sacerdotale viva come se fosse una famiglia e la sua convivenza sia presieduta da un sano e gioioso clima di fraternità.

Fra pochi giorni, precisamente nella solennità di Nostra Signora di Guadalupe, si concluderà l'Assemblea Speciale per l'America del Sinodo dei Vescovi. A Lei, prima evangelizzatrice dell'America, affido la nuova occasione di grazia rappresentata da questo nuovo Incontro ecclesiale, in cui i suoi Pastori hanno assunto con tutte le loro forze e speranze le sfide della nuova evangelizzazione per quel vasto continente.

300 Alla Vergine di Guadalupe, Regina della vostra amata Nazione e Madre di tutti i messicani, che nella sua Basilica del Tepeyac riceve le manifestazioni di amore dei suoi figli, chiedo di intercedere per voi dinanzi al suo divino Figlio, sommo ed eterno Sacerdote, e di accompagnarvi sempre con la sua sollecita presenza e la sua tenerezza materna. Come conferma di questi vivi auspici, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica, che estendo volentieri ai vostri familiari e ai benefattori del Collegio.

ALLE PARTECIPANTI AL CONGRESSO NAZIONALE

PROMOSSO DAL CENTRO ITALIANO FEMMINILE


Sala Clementina - Sabato, 6 dicembre 1997




Carissime Sorelle!

1. In occasione del ventiquattresimo Congresso di codesta Associazione, mi è gradito accogliervi in questa speciale Udienza. Saluto cordialmente la vostra Presidente, la Signora Maria Chiaia, che ringrazio per le devote parole, le partecipanti al Convegno e tutte le donne che aderiscono al Centro Italiano Femminile.

A tutte rivolgo un vivo augurio, accompagnato dal fervido auspicio che il vostro incontro - che ha per tema «Donne e cultura europea verso il Terzo Millennio» - possa favorire la valorizzazione dell'insostituibile apporto della riflessione e della sensibilità femminili ai rapidi processi che vanno attraversando l'Italia e l'Europa in questo ultimo scorcio del secondo millennio.

Illuminato dalla fede, radicato nell'inesauribile sorgente della Rivelazione e innestato nella vita della Chiesa, l'impegno femminile a servizio della società e della comunità cristiana può validamente far risaltare, nelle forme appropriate e a beneficio di tutti, quel «genio» del quale Dio Creatore ha voluto arricchire la donna.

2. I racconti evangelici ci mostrano come l'atteggiamento di Cristo nei confronti delle donne sia stato sempre ispirato all'affermazione della verità sul loro essere e sulla loro missione. Con le parole e le azioni, Cristo si è opposto a tutto ciò che offendeva la loro dignità. Il messaggio del Redentore, pertanto, è opera di liberazione, verità che, una volta conosciuta, rende liberi (cfr Jn 8,32) così che chi vive in essa viene alla luce (cfr Jn 3,21).

Questo fu ben compreso dalla Madre di Gesù e dalle discepole che non abbandonarono mai il Maestro, neppure quando sembrava che la sua vicenda terrena fosse conclusa con la tragedia della croce. Per premiare questa loro fedeltà, Cristo volle sceglierle quali prime testimoni della Risurrezione (cfr Mt 28,1-10 Lc 24,8-11 Jn 20,18).

La sensibilità caratteristica della femminilità rese le discepole annunciatrici privilegiate delle grandi opere compiute da Dio in Cristo (cfr Ac 2,11), manifestando così la vocazione profetica che compete alla donna nella Chiesa e nel mondo. «Nella vocazione così intesa, ciò che è personalmente femminile raggiunge una nuova misura: è la misura delle "grandi opere di Dio", delle quali la donna diventa soggetto vivente e insostituibile testimone» (Mulieris dignitatem MD 16). La sensibilità femminile diviene ricchezza per la comunità dei credenti e strumento insostituibile nell'edificazione dell'umanesimo cristiano, che è a fondamento della «civiltà dell'amore».

3. Carissime Sorelle, in virtù di questa specifica vocazione, la donna è chiamata ad essere soggetto attivo nei processi che interessano anzitutto lei stessa, quali il rispetto della sua dignità personale, l'effettiva uguaglianza di lavoratrice, la valorizzazione degli apporti culturali e politici che essa è in grado di offrire alla vita civile, il suo ruolo nell'annuncio del Vangelo, la promozione delle ricchezze della femminilità negli ambiti sociale ed ecclesiale.

Ma ad essa deve essere riconosciuto, altresì, un maggiore spazio negli sforzi che la società compie per risolvere i problemi che l'assillano. In particolare, il ruolo della donna è quanto mai importante in ciò che concerne la qualità della vita e la necessaria cura dell'ambiente, l'erogazione di servizi sociali con attenzione per gli autentici bisogni della specificità della persona, l'umanizzazione dei provvedimenti legislativi nei confronti dei fenomeni migratori, l'organizzazione del tempo libero, la protezione della maternità e della famiglia, l'affermazione della preminenza della dignità umana sui processi produttivi ed economici, l'educazione delle giovani generazioni.

301 4. Quest'opera di attenta promozione delle specificità umane, spirituali, morali e intellettuali, che il genio femminile può offrire alla società contemporanea, si rende ancora più urgente nella prospettiva del prossimo millennio. Si tratta di valorizzare le potenzialità tipiche della donna, complementari ai doni con i quali Dio ha arricchito la sensibilità maschile. Ambedue costituiscono un reciproco complemento e, grazie a questa dualità, l'«umano» si realizza appieno.

Sorelle carissime, lasciatevi guidare e sostenere dalla potenza di Cristo Redentore; vivrete così più in profondità la missione a voi affidata da Dio di servire nell'amore la vita, ad immagine di Maria, «la serva del Signore» (
Lc 1,38). Questa missione sospinge voi donne ad essere protagoniste nell'umanizzazione delle complesse dinamiche che interrogano o assillano l'umanità del nostro tempo. Voi siete chiamate ad essere costruttrici di fattiva speranza, una speranza che è resa salda per i credenti dalla grazia dello Spirito Santo, il quale guida e sostiene le fatiche per l'edificazione di una civiltà e di una storia sempre più ispirate ai valori evangelici della giustizia, dell'amore, della pace. Nel secondo anno, da poco iniziato, di preparazione all'evento giubilare del 2000, l'esempio e l'intercessione della Vergine, docile donna che, «sperando contro ogni speranza» (Rm 4,18), diede al mondo il Salvatore, siano di sostegno all'opera vostra e di tante donne che, con l'aiuto di Dio, vogliono e possono contribuire all'edificazione di un mondo migliore.

Con tali auspici ed invocando l'abbondanza dei favori celesti su voi e sulle carissime sorelle che si riconoscono negli ideali del Centro Italiano Femminile, imparto a tutte la mia cordiale Benedizione.



SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II


AI DIRIGENTI E AGLI ATLETI


DELLA SQUADRA DI CALCIO DELL'ATALANTA


Sabato, 6 dicembre 1997




Cari dirigenti ed atleti dell'"Atalanta"!

1. Sono lieto di accogliervi, insieme con i vostri familiari, e vi ringrazio per questa vostra visita. Voi venite da una terra, quella bergamasca, ricca di tradizioni cristiane. E' la terra che ha dato i natali al mio venerato predecessore il Papa Giovanni XXIII, a numerosi Vescovi e sacerdoti, missionari e missionarie, che hanno lavorato e continuano a lavorare attivamente per il Regno di Dio, a tanti laici impegnati seriamente nel servizio del prossimo.

Di questa tradizione fanno parte anche gli "oratori", nei quali una componente importante dell'educazione dei ragazzi è costituita dallo sport. Penso che anche alcuni di voi, cari atleti, siano cresciuti nell'ambiente degli oratori, e che questo li aiuti a conservare una visione equilibrata e completa del ruolo dello sport nella formazione e nella vita personale e familiare.

2. L'impegno sportivo può essere un utile allenamento alla fortezza, una base per costruire nei giovani una personalità armonica, solidale e generosa, aperta alla comprensione ed alla collaborazione con gli altri. L'apostolo Paolo, che conosceva l'agonismo delle competizioni sportive, paragonava lo sforzo del cristiano, per alcuni versi, a quello che deve affrontare un atleta coscienzioso. Auguro che anche per voi sia così: ogni competizione agonistica sia una gara per il bene e per promuovere gli autentici valori dell'esistenza con la tenacia e lo spirito di sacrificio che vi è richiesto per gli allenamenti e le "partite".

E non dimenticate mai, cari atleti, che gli altri, specialmente i giovani, vi guardano, giacché per loro siete modelli e spesso importanti punti di riferimento. Se la vostra testimonianza sarà positiva, sarete di esempio per i vostri numerosi sostenitori, che vedranno in voi non solo degli ottimi giocatori, ma soprattutto dei giovani e degli uomini maturi e responsabili.

3. Carissimi, stiamo vivendo il tempo dell'Avvento, tempo di preparazione al Natale, che tiene desta nei credenti l'attesa del Signore che viene. Auguro a ciascuno di voi di saper incontrare Cristo che viene negli avvenimenti di ogni giorno.

Formulo voti perché le vostre famiglie e la vostra società siano sempre più luoghi di serena condivisione degli ideali evangelici della solidarietà e della pace.


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