GP2 Discorsi 1998 157

157 La prego di voler trasmettere all'Illustrissimo Presidente della Repubblica, Signor Milan Kucan, la mia cordiale gratitudine per i cortesi sentimenti di deferenza e di augurio di cui Ella si è fatta interprete. A mia volta, formulo voti di ogni bene per il suo alto mandato al servizio dei compatrioti.

Nel ringraziarLa per le nobili espressioni di riconoscenza che Ella ha avuto con riferimento al processo di indipendenza della Repubblica di Slovenia, desidero assicurarLe che la Santa Sede continuerà ad offrire il suo peculiare appoggio alla cara Nazione da Lei rappresentata, come ad ogni popolo che lotta pacificamente per affermare le proprie legittime aspirazioni alla libertà.

2. E' ancora vivo in me il ricordo della visita che ho avuto la gioia di compiere in terra slovena, nel maggio del 1996, toccando Ljubljana, Postojna e Maribor. Confido che quei momenti rimangano nella memoria storica del popolo, quale stimolo ad alimentare costantemente le proprie radici spirituali, traendo da esse la linfa necessaria per crescere unito e motivato, nel contesto della grande famiglia delle nazioni.

Specialmente nelle fasi storiche segnate da rapidi mutamenti e, per così dire, da brusche accelerazioni nei processi politici, economici e culturali, è più che mai necessario tenere ben saldi e vivi i valori che non cambiano e che qualificano in modo permanente e universale la persona umana e la civile convivenza. Questo è assolutamente indispensabile soprattutto dal punto di vista educativo, in riferimento alle nuove generazioni, che non hanno conosciuto in prima persona la fatica di propugnare certi ideali e rischiano di smarrirne il senso e le esigenze. Una società, infatti, è vitale nella misura in cui è in grado di trasmettere i grandi valori umani e la passione per la loro concreta realizzazione storica.

3. Non c'è dubbio che, a tal fine, svolge un ruolo assai prezioso la presenza attiva e il più possibile diffusa della Comunità ecclesiale. Essa, secondo l'eloquente immagine evangelica del lievito, favorisce lo sviluppo dell'intera compagine sociale nella direzione della giustizia, della libertà, della pace, del rispetto dei diritti umani. Tutto ciò la Slovenia lo sa bene non per sentito dire, ma per la propria secolare esperienza storica: gli annali della storia slovena documentano l'apporto positivo della religione cattolica alla vita del Paese ed alla qualità della sua crescita morale e culturale.

Come è noto a Vostra Eccellenza, la Santa Sede è l'organo centrale della Chiesa Cattolica, la quale è da secoli ben radicata anche nella Repubblica di Slovenia. La Sede Apostolica ha il compito di promuovere, in unione con i Vescovi locali, le relazioni con le autorità statali e di regolare i rapporti tra la Chiesa e lo Stato. Purtroppo, durante il passato regime ciò non fu possibile. Con il ripristino della democrazia, la Chiesa Cattolica ha ottenuto nuove possibilità per svolgere la sua attività di evangelizzazione e di promozione umana.

4. Ho preso nota con soddisfazione di quanto Ella ha rilevato circa le soluzioni trovate ad alcune questioni di grande importanza per le mutue relazioni. Auspico che, con dialogo sincero e leale, i rappresentanti della Chiesa e dello Stato affrontino altri argomenti tuttora pendenti, che sono, da anni, oggetto di discussioni. Una soluzione equa di tali problemi sarà di beneficio non solo per la Chiesa Cattolica, ma anche per l'intera società slovena, che la Chiesa intende servire e al cui benessere desidera contribuire

Faccio voti che l'adempimento dell'alto compito affidatoLe, Signor Ambasciatore, valga ad ulteriormente sviluppare ed approfondire i mutui rapporti, a beneficio non soltanto dei cattolici sloveni, ma anche di tutti i cittadini della cara Nazione che Ella rappresenta.

Le auguro, Signor Ambasciatore, un felice soggiorno a Roma. Posso assicurarLe che Ella troverà sempre nei miei collaboratori sostegno attento e cordiale accoglienza. Su di Lei, sul popolo sloveno e su quanti lo governano in questa vigilia del terzo millennio, invoco di cuore l'abbondanza delle divine benedizioni.




A S.E. IL SIGNOR VLATKO KRALJEVIC


AMBASCIATORE DI BOSNIA ERZEGOVINA PRESSO LA SANTA SEDE


IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE


DELLE LETTERE CREDENZIALI


11 settembre 1998




Signor Ambasciatore!

158 1. Sono lieto di accoglierLa in occasione della presentazione delle Lettere con le quali la Presidenza della Bosnia ed Erzegovina La accredita come primo Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario presso la Santa Sede. La ringrazio per le cortesi parole che mi ha appena indirizzato e per le considerazioni svolte circa i progressi compiuti, i progetti futuri e le comprensibili difficoltà che sta vivendo il Suo Paese.

Desidero anzitutto far giungere, per il Suo cortese tramite, il mio saluto deferente e cordiale alla Presidenza collegiale e al Consiglio dei Ministri della Bosnia ed Erzegovina. Attraverso le loro persone intendo poi rinnovare i miei sentimenti di affetto e di vicinanza a tutte le popolazioni che abitano nel Paese: esse hanno un posto speciale nel mio cuore e nelle mie preghiere.

Ho ancora davanti agli occhi vive le scene della memorabile visita, che la Provvidenza mi ha concesso di compiere, il 12 e 13 aprile dello scorso anno, a Sarajevo. Essa rimane la città simbolo del nostro secolo, a causa degli eventi che vi sono accaduti e delle conseguenze che ne sono derivate per l’intera Europa. Ho vissuto quell'incontro come un incitamento a tutte le persone di buona volontà a non lasciarsi scoraggiare negli sforzi per edificare la pace da poco raggiunta; come un invito alle Nazioni a guardare con occhi nuovi ai Balcani; come una esortazione a proseguire instancabilmente sulla via ardua ma fruttuosa del dialogo sincero.

2. L’interessamento della Santa Sede a favore della Bosnia ed Erzegovina, dalla sua indipendenza ad oggi, è costante. Lo dimostra quanto fino ad ora è stato fatto. Mentre infuriava la guerra, la Santa Sede si è impegnata per promuovere la pace, indicando nel dialogo il mezzo più adatto per garantire il rispetto dei diritti fondamentali e inalienabili di ogni persona secondo la propria nazionalità. Essa inoltre si è prodigata per alleviare le sofferenze delle popolazioni inermi dell’intera regione sconvolta dalla guerra.

Sin dalle prime avvisaglie del conflitto, la Santa Sede non ha mancato di attivarsi per fare quanto era nelle sue possibilità al fine di evitare sofferenze e lutti e per promuovere tra le parti un dialogo sincero e costruttivo. Ora che le armi finalmente tacciono, dopo la sanguinosa prova di un conflitto devastante, essa continua a perseguire l’obiettivo di favorire il consolidamento della pace nella effettiva uguaglianza dei popoli che costituiscono la Bosnia ed Erzegovina, esortando al rispetto reciproco e al dialogo leale e costante in un clima di vera libertà.

Auspico vivamente che il travaglio della recente dolorosa esperienza contribuisca alla collaborazione fattiva tra le Nazioni dell’area balcanica ed alla promozione dell'effettivo riconoscimento dei diritti dell’uomo e dei popoli nell’area del Sud-Est europeo, necessità oggi quanto mai impellente di fronte all’accendersi di nuovi focolai di conflitto.

3. L’edificio della pace in Bosnia ed Erzegovina si va consolidando giorno per giorno, grazie all'impegno delle autorità locali ed agli sforzi della Comunità internazionale, impegnata per la pratica attuazione nella regione degli accordi di pace di Washington e di Dayton.

Resta ora il compito urgente della ricostruzione morale e materiale del Paese. Impegno esigente ma imprescindibile, al quale è legato il futuro dell’intera Bosnia ed Erzegovina. Nella ricostruzione del Paese colpito dalla recente guerra occorre certo investire in infrastrutture, tanto necessarie per la ripresa della vita delle popolazioni locali e per un nuovo slancio economico; ma occorre anzitutto mettere in grado il cittadino di godere dei diritti e della dignità che gli sono propri. E’ la persona, infatti, il bene più prezioso di ogni società civile. In questo contesto non si può eludere il problema dei profughi e degli esuli che chiedono giustamente di tornare alle loro case. Invito cordialmente tutte le parti in causa a non scoraggiarsi davanti alle difficoltà e ad attivarsi per una giusta soluzione di questo dramma.

Auspico che si possano creare al più presto le condizioni per il ritorno pacifico e sicuro di quanti sono fuggiti sotto l'incalzare degli orrori della guerra o sono stati cacciati con la violenza dalla loro terra. Occorre garantire a tutti l'effettiva possibilità di rientrare nelle proprie case, per riprendervi la vita abituale nella serenità e nella pace. Ciò suppone l'eliminazione di ogni minaccia di violenza e l'instaurazione di un clima di reciproca fiducia in un contesto sociale di legalità e di sicurezza.

Questo cammino richiede il coinvolgimento delle numerose forze sane che formano l’insieme della società. La Chiesa, per ciò che le compete, non ha mancato e non mancherà di dare il suo convinto e concreto contributo affinché gli animi di tutti proseguano sulla via del dialogo e della sincera collaborazione. Grande, tuttavia, è anche la responsabilità delle forze politiche ed istituzionali dello Stato nel garantire l’identità, lo sviluppo e la prosperità di ognuno dei popoli che costituiscono la Bosnia ed Erzegovina. E’ un’opera che richiede pazienza, tempo, tenacia, e che non sopporta forzature. L'eventuale insorgere di imprevisti non deve scoraggiare nessuno, ma solo impegnare la saggezza di tutti nel correggere e migliorare i piani già predisposti.

4. Signor Ambasciatore, di fronte alle promettenti prospettive aperte dalla pace finalmente riconquistata, non si può negare che vi siano anche ombre che devono essere fugate. Rimane forte la preoccupazione per vari attentati, compiuti negli ultimi tempi, che seminano terrore e tolgono serenità alle popolazioni locali. Sono atti che costituiscono un serio ostacolo alla pace, alla riconciliazione e al perdono, tanto necessari per il futuro dell'intera regione. Nulla di durevole si costruisce sulla violenza! La Bosnia ed Erzegovina è un Paese in cui vivono insieme tre popoli che lo costituiscono ed operano diversi gruppi religiosi. Occorre fornire a ciascuno le stesse possibilità di iniziative economiche, sociali, culturali; occorre dare a tutti l’opportunità di esprimere la propria identità nel pieno rispetto degli altri.

159 Una società multietnica e multireligiosa, com’è appunto la Bosnia ed Erzegovina, deve basarsi sul rispetto delle diversità, sulla stima reciproca, sull’uguaglianza concreta, sulla collaborazione fattiva, sulla solidarietà costruttiva, sul dialogo costante e leale. Solo così le comunità interessate potranno trasformare il Paese in una vera «regione di pace». Ciascuno dovrà, dunque, resistere alla tentazione di prevalere sugli altri mosso dal desiderio del dominio e dagli egoismi personali o di gruppo. Al contrario, sarà indispensabile coltivare una vera vita democratica, unita ad un’autentica libertà religiosa e culturale, orientata verso la costante promozione della persona e del bene comune.

Le opportune disposizioni legislative dovranno perciò garantire l’uguaglianza effettiva di tutte le componenti della società civile, e le istituzioni dello Stato dovranno promuovere tale uguaglianza, proteggendola con ogni mezzo legittimo.

5. Non posso poi non accennare, Signor Ambasciatore, alla attuale situazione della Chiesa Cattolica nel suo Paese. Essa non chiede per sé alcun privilegio; essa vuole soltanto adempiere al mandato ricevuto dal suo divino Fondatore, svolgendo liberamente la propria attività al servizio di tutti. Questo è il motivo per cui essa vorrebbe vedersi restituire i beni di cui è stata privata nel periodo comunista o durante il recente conflitto. Si tratta di una prova di giustizia e di un segno di democraticità delle istituzioni del Paese, che Ella è qui chiamato a rappresentare. Ovviamente quanto la Chiesa Cattolica chiede per sé, lo invoca anche per le altre Comunità religiose del Paese.

Nel concludere queste parole di saluto e di auspicio, desidero affidare alla celeste protezione della Santissima Madre di Dio gli sforzi per l’edificazione della pace e per la ricostruzione materiale e spirituale che la Bosnia ed Erzegovina, aiutata dalla Comunità Internazionale, sta compiendo. L'intercessione della Beata Vergine Maria faccia scendere copiose le benedizioni di Dio su tutte le popolazioni di questo Paese, particolarmente caro al mio cuore. Accompagno questi voti con un caloroso augurio a Lei per una proficua missione presso la Sede Apostolica.




AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DELLA REPUBBLICA CECA


IN VISITA “AD LIMINA APOSTOLORUM”


14 settembre 1998




Venerati Fratelli nell'Episcopato!

1. Siate i benvenuti nella Casa di Pietro! Vorrei ripetere a voi le parole che il Signore Gesù rivolgeva ai Dodici, quando li riuniva intorno a Sé dopo un periodo di missione: "Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'" (Mc 6,31).

Quello di oggi prolunga la serie, breve ma assai significativa, dei miei incontri con i Pastori della Chiesa che è nella Repubblica Ceca, dopo i mutamenti politici del 1989. Indimenticabile rimane il viaggio del 1990, come pure la storica visita "ad limina" compiuta due anni dopo da tutti i Vescovi delle due Conferenze Episcopali Ceca e Slovacca, ancora unite. Dopo la divisione della Cecoslovacchia, per due volte sono venuto nel vostro Paese.

Indelebili impressioni ha lasciato nel mio animo la visita del 1995, durante la quale ho avuto la gioia di inscrivere nell'albo dei Santi Jan Sarkander e Zdislava di Lemberk, due insigni figure che onorano la storia secolare della vostra Chiesa, venuti ad aggiungersi alla folta schiera di anime elette germogliate nel corso dei secoli nelle terre di Boemia, di Moravia e di Slesia.

Le presenti osservazioni ed indicazioni si pongono in continuità con quelle, più globali ed articolate, da me offerte alla vostra Conferenza Episcopale, durante la visita che ho compiuto nello scorso anno, in occasione del Millennio di S. Adalberto.

2. Mi piace vedere l'attuale visita "ad limina" nella particolare luce che promana da questi coraggiosi testimoni del Vangelo. I Santi Adalberto e Jan Sarkander indicano la via della fede professata e testimoniata fino al sangue, come risposta alle diverse prove che la Comunità ecclesiale è chiamata ad affrontare col mutare delle situazioni. E Santa Zdislava mostra la famiglia come via privilegiata della Chiesa per rinnovare gli uomini e le società con il fermento del Vangelo.

160 In effetti, l'impegno per la fede e la pastorale della famiglia costituiscono due direttrici fondamentali dell'azione della Chiesa: la fede richiama, per così dire, l'asse verticale, il compito prioritario di annunciare Dio e condurre a Lui; la famiglia rappresenta piuttosto la dimensione orizzontale, il tessuto sociale, da animare con i valori cristiani.

In ogni Continente e in ogni Paese, questo è il duplice impegno a cui deve soddisfare l'azione pastorale. In particolare, in una realtà come la vostra, contrassegnata, per un verso, dalla ricca tradizione spirituale della regione e, per l'altro, dalle ferite della scristianizzazione e dalle sfide della nuova fase socioculturale, gli obiettivi della fede e della famiglia risaltano in tutta la loro urgenza.

Mi permetterò di attirare la vostra attenzione su due fenomeni, che sono da tempo oggetto di speciale sollecitudine da parte dei Pastori della Chiesa ormai in ogni parte del mondo, e che impegnano direttamente anche voi, come so bene: mi riferisco alla nuova evangelizzazione, oggi contrastata dalla diffusione delle sette, ed alle problematiche connesse con la morale familiare e con il rispetto della vita. Ora, voi ben sapete che tali fenomeni esigono studi specifici e risposte mirate: non possono venire affrontati con soluzioni di corto respiro. Si richiedono interventi specifici, inseriti all'interno di un piano pastorale d'insieme, che punti a consolidare le convinzioni di fondo su cui si regge il comportamento privato e pubblico dei fedeli.

3. Sul piano della fede, anzitutto, è necessario un serio lavoro di consolidamento delle basi della vita cristiana, per il quale le vostre Diocesi sono dotate di strutture in genere assai valide, di cui vanno legittimamente orgogliose. Tale patrimonio di persone e di mezzi richiede tuttavia di essere costantemente alimentato ed aggiornato, perché mantenga la sua efficienza nell'impegno di trasmettere il messaggio alla gente del nostro tempo. Questo è stato lo spirito con cui avete vissuto il Decennio di preparazione al millenario del martirio di Sant'Adalberto: un periodo di rinnovamento spirituale, promosso dal compianto e venerato Cardinale František Tomášek, che non mancherà di produrre i suoi frutti ben oltre la soglia del terzo millennio.

In questa visuale, vi incoraggio a condurre avanti anzitutto la pastorale liturgica e catechistica, ben radicata e sviluppata nelle vostre parrocchie; come pure la multiforme pastorale della carità, che reca frutti preziosi di testimonianza nelle normali situazioni di vita, ma che si esplica con una continua inventiva nelle emergenze, come è avvenuto nel caso delle alluvioni dello scorso anno e ancora recentemente. A questo proposito vorrei far giungere una parola di lode per quanto i fedeli delle vostre diocesi, le parrocchie, le associazioni e, in particolare, le Charita dell'intera Repubblica, organizzate in una fitta rete di collegamenti, con progetti generali e con interventi concreti, hanno compiuto in Moravia e, quest'anno stanno compiendo nella Boemia orientale. Esse non si sono scoraggiate davanti agli immani problemi, suscitati dalla furia distruttrice delle acque, e hanno offerto un magnifico segno di solidarietà fattiva. Portate l'attenzione e il compiacimento del Papa a quei vostri volonterosi Collaboratori che, senza chiedere compenso alcuno e con ammirevole altruismo, hanno dato il loro aiuto con tanta efficacia e altrettanta modestia.

4. La Chiesa deve oggi affrontare la sfida del secolarismo, che esige un rinnovato slancio, sia nella direzione dell'approfondimento spirituale, sia in quella dell'impegno missionario. E' l'urgenza della nuova evangelizzazione, che coinvolge l'intera comunità cristiana.

Per questo esorto ciascuno di voi a coltivare sempre una stretta e cordiale unità con il rispettivo presbiterio diocesano, affinché le linee di azione tracciate dal Vescovo siano condivise idealmente e praticamente e il dinamismo pastorale sviluppi tutta la sua efficacia.

Al tempo stesso, e proprio attraverso il lavoro formativo guidato dai Sacerdoti, occorre far crescere nella spiritualità e nella corresponsabilità il laicato, secondo gli orientamenti del Concilio Vaticano II. Per raggiungere tale obiettivo è assai preziosa l'opera delle associazioni e dei movimenti, a condizione che questi si muovano in costante sintonia con i Pastori, e non si chiudano in se stessi, affinché i vari carismi contribuiscano effettivamente all'edificazione dell'intera Comunità ecclesiale.

A tale scopo è indispensabile un'efficace pastorale della cultura e delle comunicazioni sociali: mi compiaccio per la vivacità che anche in questo settore dimostrano le vostre Diocesi. A voi soprattutto il compito di promuovere tale attenzione e di vigilare sulla qualità dei contenuti. Sarà particolarmente interessante ed utile, in questo campo aperto alla creatività, il confronto e lo scambio di esperienze con altri Paesi europei, in un dialogo costruttivo che non mancherà di rivelarsi vantaggioso per tutti.

5. Un'altra grande linea di azione è la pastorale familiare: essa deve essere ribadita come un'esigenza prioritaria, da porre al centro della vostra attenzione. Senza un serio e organico lavoro con le famiglie, nell'attuale contesto culturale anche la pastorale vocazionale e quella giovanile in senso lato diventano inevitabilmente più fragili. Come voi avete sperimentato, le famiglie credenti sono state il baluardo della fede nei periodi bui della persecuzione e le vocazioni sono nate naturalmente da quegli ambienti di fede vissuta e provata come l'oro nel crogiolo. Esprimo pertanto il mio apprezzamento per le molteplici iniziative in favore delle famiglie, dalle quali dipende appunto la predisposizione del terreno favorevole per l'educazione dei giovani e per le vocazioni. Una buona rete formativa al servizio delle famiglie, che parta dalla parrocchia e, con l'aiuto dei movimenti e delle associazioni, cerchi di coinvolgere le famiglie stesse per una presenza discreta ma incisiva là dove la gente vive e soffre, appare anche come la più efficace risposta al proselitismo delle sette e alla mentalità edonistica e permissiva, che mina alla base la fecondità della vita cristiana.

Quale indispensabile servizio alle famiglie è da vedere anche l'impegno per l'istituzione, la difesa e lo sviluppo delle scuole cattoliche. Esse recano, per altro, un prezioso contributo alla stessa cultura della Nazione, come l'esperienza ampiamente conferma. Vi esorto pertanto a sostenerle, promovendo al tempo stesso l'insegnamento della religione nelle scuole statali, perché questo corrisponde ad un diritto fondamentale degli adolescenti e dei loro genitori.

161 A tale proposito, esprimo apprezzamento anche per l'impegno che ponete perché i rapporti con le autorità civili siano sempre improntati a lealtà e collaborazione. Ciò permetterà di affrontare nel modo più proficuo le varie questioni che rimangono aperte e che è interesse sia della Chiesa sia dello Stato portare a conveniente soluzione.

6. Carissimi Fratelli, vorrei ora rivolgermi più direttamente a voi, con una parola personale di riconoscenza e apprezzamento per il vostro generoso lavoro pastorale, e sopratutto per dirvi: coraggio, il Signore è con voi! Quando più si fa sentire la fatica e quando maggiori sono le difficoltà personali o ambientali, proprio allora voi potete contare su di una speciale presenza di Cristo Buon Pastore, che vi chiama ad una più intima conformazione a Lui nella fede e nella grazia del vostro stato.

Siate vicini ai Sacerdoti che la Provvidenza continua a suscitare tra il vostro popolo. Sappiate ascoltarli, sostenerli, valorizzarli, indirizzarli, richiamarli quando occorre, ma sempre con saggezza e soprattutto con paterna carità. Siate per loro maestri di discernimento, perché essi, a loro volta, sappiano educare le comunità loro affidate a discernere e a perseguire quello che lo Spirito suggerisce per alimentare la fede e per mantenere alta la temperie spirituale, che ha distinto le famiglie ceche, specie nei periodi dell'oppressione atea.

Possa la Chiesa, che testimonia la sua fede in Cristo nella vostra Terra, conoscere una fioritura di carismi e di iniziative che, grazie al vostro ministero di Pastori, portino frutti abbondanti di vita cristiana alle soglie del nuovo millennio.

Con questi voti vi affido a Maria Santissima, che la vostra gente venera con tanta devozione negli innumerevoli santuari, sparsi in tutta la Repubblica. Ella vi ottenga le grazie che maggiormente vi stanno a cuore e vi sostenga sempre nel servizio ecclesiale. Vi accompagni anche la mia Benedizione, che imparto di cuore a ciascuno di voi ed alle vostre Comunità diocesane.


GIOVANNI PAOLO II


ALLA COMUNITA’ DEL SEMINARIO DIOCESANO DI TREVISO


15 settembre 1998




Venerato Fratello,
Carissimi Sacerdoti e Seminaristi!

1. Sono molto lieto di incontrarmi con voi, che formate le comunità dei Seminari Maggiore e Minore della Diocesi di Treviso.

Saluto cordialmente il vostro Vescovo, Mons. Paolo Magnani, e lo ringrazio per le amabili parole rivoltemi, nelle quali ho sentito vibrare l’espressione del profondo legame di fede e di affetto che la Chiesa trevigiana nutre verso il Successore di Pietro.

Carissimi Seminaristi, con grande gioia vi accolgo, insieme con i vostri Educatori, e vi ringrazio per questa visita, che mi rinnova il suggestivo ricordo dei giorni trascorsi nella casa che la vostra Diocesi da vari anni mette a mia disposizione in Lorenzago di Cadore. Penso, in particolare, all’incontro avuto là nel luglio scorso con una folta rappresentanza della vostra Comunità diocesana. All’interno della Chiesa locale voi costituite un gruppo importantissimo, per i valori di cui siete portatori e per le speranze che siete in grado di alimentare: rappresentate, in un certo senso, il futuro della Diocesi.

162 Carissimi ragazzi, che iniziate ad aprire la mente e il cuore alle grandi domande della vita, e voi, giovani, che già affrontate quelle domande alla luce della ricerca scientifica, filosofica e teologica, a voi rivolgo il mio augurio di un sereno e proficuo cammino di crescita umana e spirituale.

2. La Chiesa, che vi ha generato alla fede e che vi sta accompagnando nell’itinerario vocazionale, guarda con fiducia alla vostra esperienza educativa e vi propone le vie migliori, affinché tale cammino raggiunga la sua meta. Essa conosce queste vie non in forza soltanto di una sapienza pedagogica umana, sapienza che pure non rifiuta di interpellare, ma in forza soprattutto di quella “pienezza di grazia e di verità” (cfr
Jn 1,14-17) che ogni giorno contempla nel mistero di Cristo.

Gesù è la via (cfr Jn 14,8). Insieme con Lui e per mezzo di Lui possiamo giungere alla piena verità su Dio e su noi, sul mondo e sulla storia, sul bene e sul male; grazie a Lui possiamo ottenere vita e libertà.

Gesù, dunque, sia sempre il punto di riferimento del vostro quotidiano cammino. L’esperienza educativa del Seminario abbia anzitutto e soprattutto questo scopo: imparare a “stare con Gesù” (cfr Pastores dabo vobis PDV 42).

3. Naturalmente non si tratta della semplice permanenza fisica in un luogo né della conoscenza soltanto teorica e intellettuale di una persona: anche Giuda “stette” con Gesù, ma non ne condivise l’amore e il progetto, non si fece educare e trasformare da Cristo.

Per poter “stare con lui”, bisogna rendersi disponibili a realizzare in sé il dinamismo insito nel triplice momento della vocazione, della conversione, della comunione.

Vocazione è concepire tutta la vita come una risposta. In ogni momento il Signore, attraverso la sua Parola, mediata dagli indirizzi educativi, dalle indicazioni dei Superiori e dalle stesse circostanze concrete, chiama ciascuno alla perfezione e alla santità (cfr ivi, 20) e attende una corrispondenza generosa.

Conversione è realizzare con la grazia dello Spirito Santo una progressiva configurazione a Gesù Cristo (cfr ivi, 21), cercando di eliminare in questo cammino, anzi in questa “corsa” verso di Lui, “tutto ciò che è di peso e il peccato che ci intralcia” (He 12,1).

Comunione è vivere in Cristo e far vivere Cristo in me, come efficacemente si esprime l’apostolo Paolo (cfr Rm 6,10 Ga 2,20), per diventare, come Lui ed in Lui, strumenti efficaci del disegno d’amore della Santissima Trinità, che di tutti gli uomini, mediante la Chiesa, vuole fare una sola famiglia (cfr ivi, 12).

4. Questo cammino, nelle sue esigenze fondamentali, è proprio di ogni cristiano e dell’intera Comunità ecclesiale. Esso si precisa e si articola, all’interno del grande organismo della Chiesa, vivificato dallo Spirito, in molteplici forme concrete di “chiamata e risposta”, tra le quali in modo eminente si evidenzia l’orientamento al ministero ordinato e al sacerdozio.

In questo cammino troverà il suo più autentico sviluppo la personalità di ciascuno di voi, con le sue esigenze e le sue potenzialità: la ricerca di maturità umana (cfr ivi, 43) e la vivacità affettiva (cfr ivi, 44), lo slancio intellettuale (cfr ivi, 51-56) e l’anelito a impegnarsi nella costruzione di un mondo più umano e più cristiano (cfr ivi, 57-59).

163 Oggi, voi vivete una tappa particolarmente significativa della vostra esistenza: il periodo del discernimento vocazionale e della formazione orientata alla vita sacerdotale. E’ un periodo in cui avete la grazia e l’opportunità di condividere insieme con altri vostri coetanei il medesimo itinerario di ricerca nella prospettiva degli stessi ideali. Un periodo in cui, quasi fisicamente, sperimentate quella “comunità apostolica stretta intorno a Gesù, in ascolto della sua Parola, in cammino verso l’esperienza della Pasqua, in attesa del dono dello Spirito per la missione” (cfr ivi, 60). Siate degni di questo singolare momento di grazia! Accogliete con costante attenzione la proposta educativa che quotidianamente vi viene offerta, riproducendo in voi l’ “icona” di Gesù adolescente il quale, nel dialogo amoroso con il Padre e nella docilità a Maria e Giuseppe, suoi educatori umani, “cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2,52).

5 Nell’odierna memoria liturgica della Madonna Addolorata, mi è caro affidare ciascuno di voi alla sua materna sollecitudine. Ella vi aiuti a seguire Gesù con generosa disponibilità, a “stare con Lui” sempre, anche e soprattutto nell’ora della Croce, perché è proprio nel dono totale di sé che si fa esperienza dell’amore di Dio e si riceve la luce e la forza dello Spirito Santo.

Con questi sentimenti, carissimi, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica che estendo volentieri ai vostri familiari ed a quanti accompagnano il vostro cammino vocazionale.

VISITA PASTORALE

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

A CHIAVARI E BRESCIA

(18-20 SETTEMBRE 1998)


ALLA CITTADINANZA DI CHIAVARI


NELLA PIAZZA NOSTRA SIGNORA DELL’ORTO


18 settembre 1998




Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Vi sono grato dell'accoglienza che mi avete riservato in questa vostra bella Città, che si trova al centro, o, per dir meglio, al cuore del Tigullio, un golfo rinomato in tutto il mondo per il suo mare, le sue scogliere, i suoi uliveti, le sue pinete, e, soprattutto, per la sua gente laboriosa e buona.

Ringrazio particolarmente il signor Ministro, venuto in rappresentanza del Governo, ed il Signor Sindaco per le nobili espressioni di saluto che mi hanno rivolte, e tutte le altre Autorità di ogni ordine e grado che, insieme con Mons. Alberto Maria Careggio, vostro Pastore, mi fanno l'onore della loro presenza.

Ringrazio e saluto cordialmente tutti e ciascuno di voi, cari cittadini chiavaresi, con gli altri amici qui accorsi per la circostanza. Vi saluto come popolo di questa privilegiata città e regione, ma anche come popolo di Dio raccolto in questa Chiesa locale, che ha il suo centro nella cattedrale-santuario di Nostra Signora dell'Orto. In questo santuario sto per entrare, e lì pregherò davanti all'icona di Maria dipinta nel 1493 da un artigiano chiavarese: un'icona, dunque, che è presente in mezzo a voi ed è qui venerata da oltre mezzo millennio.

2. Vi confesso che, se provo una grande gioia ogni volta che mi è dato di visitare la cattedrale di una Chiesa locale, perché ho l'impressione di confermare così i vincoli di comunione di quella Chiesa con l'unica Chiesa santa, cattolica, apostolica, che professiamo nel Credo, la gioia diventa commozione profonda quando si tratta di una Chiesa espressamente dedicata alla Madonna. Nel presente caso, poi, si tratta di una cattedrale, che nella dedicazione a Maria coinvolge tutta la diocesi chiavarese, la quale, peraltro, comprende nel suo ambito ben altri dieci santuari mariani, tra cui sono lieto di nominare almeno quello di Nostra Signora di Montallegro, nel territorio della vicina Rapallo.

Il titolo di Madonna dell'Orto, originato dal fatto che il dipinto del Borzone si trovava sul muro di quello che era chiamato Orto del Capitano, ci porta a pensare ai giardini ed agli orti presenti nella storia della salvezza: da quello dell'Eden, luogo di innocenza e di felicità dei progenitori, ma divenuto ben presto luogo della disobbedienza e del peccato, a quello del Getsemani, dove il nuovo Adamo, Cristo Gesù, avviò la fase decisiva della redenzione soffrendo fino a sudare sangue (cfr Lc 22,44), al giardino che dovrebbe essere l'anima di ogni cristiano, per essere degno di accogliere Cristo insieme a sua Madre.

Fortunata, dunque, questa diocesi che nelle sue strutture visibili, ma soprattutto nell'invisibile mistero della sua realtà spirituale, aspira ad essere il giardino di Maria: Hortus conclusus, come cantate volentieri specialmente nelle "feste di luglio", fons signatus, o Maria! Emissiones tuae paradisus. "Paradisus": un nuovo giardino di innocenza e di gioia.


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