GP2 Discorsi 1998 180


GIOVANNI PAOLO II


AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA


DELLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI


1° ottobre 1998




Signori Cardinali,
181 Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio!

1. E' per me motivo di intensa gioia incontrarvi nel corso della Sessione Plenaria della vostra Congregazione, mentre state riflettendo su alcune linee di azione del Dicastero per i prossimi anni, al servizio delle Chiese Orientali Cattoliche.

Ringrazio, in particolare, il Signor Cardinale Achille Silvestrini, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, per le cortesi espressioni di saluto che mi ha voluto rivolgere anche a nome di tutti voi.

Intendo inoltre esprimere la mia riconoscenza per il servizio reso dalla Congregazione, la quale coadiuva il Vescovo di Roma "nell'esercizio del supremo ufficio pastorale per il bene e il servizio della Chiesa universale e delle Chiese Particolari, esercizio col quale si rafforzano l'unità della fede e la comunione del popolo di Dio e ne promuove la missione propria della Chiesa nel mondo" (Costituzione Apostolica Pastor Bonus, art. 1).

2. Tra i diversi Dicasteri della Curia Romana, particolarmente delicato è il compito della Congregazione per le Chiese Orientali e questo in ragione sia della sua competenza istituzionale sia del momento storico presente.

La vostra Congregazione "tratta le materie concernenti le Chiese Orientali, sia circa le persone sia circa le cose" (Pastor Bonus, art. 56). Tale competenza "si estende a tutti gli affari, che sono propri delle Chiese Orientali e che debbono essere deferiti alla Sede Apostolica, sia circa la struttura e l'ordinamento delle Chiese, sia circa l'esercizio delle funzioni di insegnare, di santificare e di governare, sia circa le persone, il loro stato, i loro diritti e doveri" (art. 58 §1). Inoltre "l'azione apostolica e missionaria nelle regioni, in cui da antica data sono prevalenti i riti orientali, dipende esclusivamente da questa Congregazione, anche se viene svolta da missionari della Chiesa latina" (art. 60).

Questo lavoro della Congregazione, reso particolarmente oneroso dalle presenti situazioni di difficoltà in cui versano le Chiese Orientali, richiede una pluriformità di competenze. Ciò si esprime in particolare attraverso l'opera delle Commissioni Speciali, come quelle per la liturgia, per gli studi sull'oriente cristiano e per la formazione del clero e dei religiosi, che sono state istituite dai Sommi Pontefici nel suo ambito.

3. Il Concilio Vaticano II ha messo in evidenza la ricchezza che l'esistenza delle Chiese Orientali arreca alla Chiesa Universale, manifestandone la pluriformità nell'unità. Il Decreto Orientalium Ecclesiarum si apre infatti con la solenne affermazione che "la Chiesa Cattolica ha in grande stima le istituzioni, i riti liturgici, le tradizioni ecclesiastiche e la disciplina della vita cristiana delle Chiese Orientali. In esse, infatti, poiché sono illustri per veneranda antichità, risplende la tradizione che deriva dagli Apostoli attraverso i Padri e che costituisce parte del patrimonio divinamente rivelato e indiviso della Chiesa universale" (n.1). E' in ragione di questa vocazione che i Padri Conciliari hanno espresso il desiderio che le Chiese Orientali "fioriscano e assolvano con nuovo vigore apostolico la missione loro affidata" (n. 1).

Compito della Congregazione è pertanto di esprimere la sollecitudine della Chiesa universale per tali Chiese in modo che tutti "possano conoscere in pienezza questo tesoro e sentire così, insieme con il Papa, la passione perché sia restituita alla Chiesa e al mondo la piena manifestazione della cattolicità della Chiesa, espressa non da una sola tradizione, né tanto meno da una comunità contro l'altra" (Lettera Apostolica Orientale Lumen, n. 1).

4. La contingenza storica pone queste Chiese in condizione di dover contare sul sostegno, sull'affetto e sulla cura particolare della Santa Sede, così come delle Chiese particolari di rito latino. Alcune di queste Chiese di rito orientale infatti sono uscite dalla persecuzione dei regimi comunisti e stanno vivendo la fatica della rinascita. Altre invece operano in aree politicamente instabili, dove la convivenza inter-religiosa non sempre è ispirata alla fraternità e al rispetto reciproco. Il crescente fenomeno della migrazione, infine, comporta per la Sede Apostolica il dovere di sostenere e promuovere la cura pastorale dei fedeli orientali cattolici in diaspora.

5. Sono ancora vive in me la commozione e la gioia, generate dall'importanza dell'incontro che ho avuto due giorni or sono con i Patriarchi delle Chiese Orientali Cattoliche. In quell'occasione ho avuto modo di sottolineare come tale gesto costituisse un atto di omaggio da parte delle Sede Apostolica verso la dignità che è loro propria.

182 Due aspetti, poi, già richiamati nell'incontro avuto con i Patriarchi, mi paiono di particolare significato: la sinodalità che le Chiese da essi presiedute esercitano in modo peculiare e l'apporto sempre maggiore che sono chiamate a dare in vista del ristabilimento della piena comunione con le Chiese Ortodosse sorelle.

La sinodalità dei Vescovi intorno al Patriarca, che caratterizza le Chiese Orientali, è un modo antichissimo di vivere la collegialità episcopale, raccomandata e illustrata dalla Costituzione Dogmatica Lumen Gentium (cfr n.22).

Nell'impegno ecumenico, in virtù della loro prossimità teologica e culturale nei confronti delle Chiese Ortodosse, sono chiamate a procedere coraggiosamente e risolutamente, anche se la memoria reca vive le ferite del passato e se talora non è facile la realizzazione di questo mandato nelle presenti circostanze.

6. L'agenda dei lavori della vostra Plenaria è un segno dell'impegno con cui siete chiamati a delineare l'attività futura del Dicastero. Vi sarò grato se privilegerete particolarmente il settore della cura pastorale dei fedeli orientali in diaspora. A questo riguardo è necessario che tutti, latini e orientali, colgano le delicate implicazioni di una situazione che costituisce una vera sfida sia per la sopravvivenza dell'Oriente cristiano, sia per il ripensamento generale dei propri programmi pastorali.

I Pastori della Chiesa latina infatti sono invitati innanzitutto ad approfondire la propria conoscenza circa l'esistenza e il patrimonio delle Chiese Orientali Cattoliche e a favorire quella dei fedeli affidati alle loro cure. In secondo luogo, sono chiamati a farsi promotori e difensori del diritto dei fedeli orientali a vivere e pregare secondo la tradizione ricevuta dai Padri nella propria Chiesa. "Circa la cura pastorale dei fedeli dei Riti orientali che vivono in Diocesi di Rito latino, secondo lo spirito e la lettera dei Decreti conciliari Christus Dominus 23, 3 e Orientalium Ecclesiarum 4, gli Ordinari latini di tali Diocesi devono assicurare al più presto possibile un'adeguata cura pastorale dei fedeli di Rito orientale, attraverso il ministero di sacerdoti o mediante parrocchie del Rito, dove ciò fosse opportuno, o per opera di un Vicario episcopale" (Lettera ai Vescovi dell'India del 28 maggio 1987, n. 5.c)

I Pastori delle Chiese Orientali d'altra parte non cesseranno di farsi carico dei propri fedeli che hanno lasciato i Paesi d'origine, impegnandosi a discernere le forme nelle quali esprimere la propria tradizione, in modo che risponda alle attese odierne di quei fedeli, nelle particolari condizioni della società nella quale vivono.

7. Credo importante a questo punto offrire alcune indicazioni in merito ai compiti che devono caratterizzare l'operato della Congregazione per le Chiese Orientali nei prossimi anni.

La Congregazione è chiamata ad aiutare e sostenere le comunità orientali cattoliche, divenendo così espressione della "sollecitudine per tutte le Chiese" (cf.
2Co 11,28), propria di ogni Chiesa locale, ma in modo particolare vocazione specifica della Chiesa di Roma che "presiede nella carità", secondo la felice espressione di Ignazio di Antiochia.

Due sono le modalità concrete, con cui esercitare tale compito. Innanzitutto la Congregazione è chiamata a formulare indicazioni generali, frutto della varietà e ricchezza della propria esperienza, che poi le singole Chiese elaboreranno e adatteranno alla propria situazione specifica. E' quanto la Congregazione ha già fatto, ad esempio, con l'Istruzione per l'applicazione delle prescrizioni liturgiche del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. A questo riguardo sono certo che i Pastori di ogni Chiesa orientale procederanno presto all'elaborazione dei Direttori Liturgici propri da essa richiesti, in quanto costituiscono uno strumento indispensabile per dare piena espressività al proprio patrimonio liturgico.

Le indicazioni già offerte in materia liturgica, dovranno ora essere elaborate anche nel campo della formazione, della catechesi e della vita religiosa.

La Congregazione elaborerà alcune linee generali che aiutino le singole Chiese a formulare poi la propria Ratio studiorum (cfr CCEO can. 330).

183 Ugualmente utile sarebbe la preparazione di un Direttorio Catechistico che "tenga conto dell'indole speciale delle Chiese Orientali, in modo che nell'insegnamento della catechesi risplendano l'importanza della Bibbia e della liturgia e le tradizioni della propria Chiesa nella patrologia, nell'agiografia e nella stessa iconografia" (CCEO can. 621 2). Illuminante è al riguardo il metodo catechistico dei Padri della Chiesa che si esprimeva in "catechesi" per i catecumeni e in "mistagogia" o "catechesi mistagogica" per gli iniziati ai Misteri divini.

Un'attenzione speciale va riservata nel favorire il ripristino nelle Chiese Orientali Cattoliche delle forme tradizionali di vita religiosa, in particolare del monachesimo, che "è stato da sempre l'anima stessa delle Chiese Orientali" (Orientale Lumen, n. 9).

8. Accanto all'elaborazione di linee generali, spetta alla Congregazione di aiutare le Chiese Orientali Cattoliche nel processo di attuazione di tali indicazioni. Sarà sua premura pertanto creare occasioni di incontro e collaborazione a vario livello, come già avvenuto ad esempio nell'incontro tra i Vescovi ed i Superiori Maggiori Orientali Cattolici d'Europa e la Congregazione, tenutosi nel mese di luglio 1997 nell'Eparchia di Haidudorog in Ungheria. Auspico che un analogo risultato positivo possa raggiungere l'incontro dei Patriarchi e Vescovi del Medio Oriente previsto per il prossimo anno e che analoga iniziativa possa essere pensata e organizzata per il cosiddetto "nuovo mondo".

9. Infine l'impegno al quale è chiamata la Congregazione consiste nel far conoscere l'esistenza e lo specifico delle Chiese Orientali Cattoliche a tutta la Chiesa, nello spirito della Lettera Apostolica Orientale Lumen. Per questo dovrebbero essere promossi e sostenuti studi storici e teologici particolarmente significativi. Tale conoscenza deve estendersi anche alla dimensione pastorale, in modo che i Vescovi latini sappiano in concreto come valorizzare la presenza degli Orientali cattolici nelle proprie Diocesi; sarà compito del Dicastero rivolgersi a loro con opportune indicazioni in tal senso.

10. Siamo alla vigilia del Grande Giubileo dell'Anno 2000. Il mondo di oggi ha bisogno di una coraggiosa opera evangelizzatrice. "Giunge a tutte le Chiese, d'Oriente e d'Occidente, il grido degli uomini d'oggi che chiedono un senso per la loro vita. Noi vi percepiamo l'invocazione di chi cerca il Padre dimenticato e perduto (cf. Lc
Lc 15,18-20 Jn 14,8). Le donne e gli uomini di oggi ci chiedono di indicare loro Cristo, che conosce il Padre e ce lo ha rivelato (cf. Gv Jn 8,55 Jn 14,8-11)" (Orientale Lumen, n. 4). Le Chiese Orientali hanno goduto di una straordinaria forza di evangelizzazione, sapendosi sovente adattare alle esigenze culturali che l'incontro con nuovi popoli determinava. E' indispensabile che esse valutino lo spirito e le modalità per far rivivere tale esperienza nelle presenti condizioni.

I figli delle Chiese d'Oriente, che non hanno esitato a versare il loro sangue per mantenersi fedeli a Cristo e alla Chiesa, sapranno operare anche all'interno delle loro Chiese quella riforma dei cuori e delle strutture che potrà far risplendere in pienezza la loro testimonianza cristiana.

La Chiesa guarda con viva riconoscenza ed ammirazione all'impegno missionario delle Chiese Orientali in India ed auspica che esso possa estendersi ad altre Chiese, e che tutti sappiano accogliere con gratitudine questa mirabile collaborazione alla crescita del Regno, secondo forme diverse e diverse tradizioni. Come indica il Decreto sulle Chiese Orientali cattoliche, tutte le Chiese sotto il governo pastorale del Romano Pontefice «godono degli stessi diritti e sono tenute agli stessi obblighi, anche per quanto riguarda la predicazione del Vangelo in tutto il mondo, sempre sotto la direzione del Romano Pontefice» (OE 3)" (Lettera ai Vescovi dell'India del 28 maggio 1987, n. 5.b)

11. Tale impegno in favore dell'evangelizzazione ci spinge inoltre a ricercare con forza la piena comunione con le altre confessioni cristiane. Il mondo di oggi aspetta tale unità. E noi lo abbiamo privato di "una testimonianza comune che, forse, avrebbe potuto evitare tanti drammi se non addirittura cambiare il senso della storia. [...] L'eco del Vangelo, parola che non delude, continua a risuonare con forza, indebolita solo dalla nostra separazione: Cristo grida, ma l'uomo stenta a sentire la sua voce, perché noi non riusciamo a trasmettere parole unanimi" (Orientale Lumen, n. 28).

Nel rinnovare l'auspicio di un fecondo lavoro, invoco su di voi e sul vostro impegno l'abbondanza dei favori celesti, in pegno dei quali a tutti imparto con affetto la Benedizione Apostolica.


GIOVANNI PAOLO II


ALLE RELIGIOSE PARTECIPANTI AL SIMPOSIO


PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE


PER GLI OPERATORI SANITARI


1° ottobre 1998




Carissime Sorelle,

184 1. E' per me una grande gioia potervi incontrare in occasione di questo Congresso dedicato alla riflessione su “La donna consacrata nel mondo della salute alle soglie del Terzo Millennio”. Rivolgo un particolare ringraziamento al Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari che, rispondendo a un mio vivo desiderio, ha promosso questa felice iniziativa, inserendola nel suo programma di preparazione al prossimo Giubileo. Saluto con affetto tutti voi qui presenti, con un particolare pensiero per il Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari. Mons. Javier Lozano Barragán, che ringrazio per le cordiali parole rivoltemi.

Nell'attesa vigile dell'inizio del nuovo millennio, voi volete riflettere in modo approfondito sulla vostra missione a servizio dell'uomo sofferente, fissando in maniera più profonda lo sguardo sul Cristo per attingere da lui ispirazione, coraggio e capacità di completa dedizione a chi fa esperienza, spesso in maniera drammatica, dei limiti della condizione umana. Siete consapevoli, infatti, che la vostra azione a favore di chi soffre acquista senso ed efficacia nella misura in cui, guidata dallo Spirito Santo, riflette i tratti caratteristici del divino samaritano delle anime e dei corpi.

La Chiesa guarda con ammirazione e gratitudine a voi, donne consacrate, che, assistendo i malati e i sofferenti, siete coinvolte in un apostolato quanto mai importante. Il vostro servizio, contribuisce a perpetuare nel tempo il ministero di misericordia di Cristo che 'passò beneficando e sanando tutti' (
Ac 10,38). Molte vostre Consorelle, lungo i secoli, "hanno sacrificato la loro vita nell'assistenza alle vittime delle malattie contagiose, mostrando che la dedizione fino all'eroismo appartiene all'indole profetica della vita consacrata" (Vita consecrata VC 83). La dedizione d'amore, che vi sollecita a soccorrere le membra sofferenti del Signore, imprime al vostro apostolato una nobiltà che non sfugge né agli occhi di Dio né alla considerazione degli uomini.

2. Come le Sorelle che vi hanno preceduto, anche voi siete chiamate ad adattare il vostro servizio agli infermi secondo le mutate condizioni dei tempi. Oggi, infatti, gli ambienti sanitari in cui operate vi pongono di fronte a rapidi mutamenti e a sfide inedite. Il progresso della scienza e della tecnologia e l'evolversi delle scienze amministrative se, da un lato, hanno aperto originali possibilità alla pratica della medicina e alla distribuzione delle cure, dall'altro non hanno mancato di suscitare gravi problemi di natura etica, relativi al nascere, al morire, al rapporto con i sofferenti. Dal punto di vista antropologico, poi, se l'evoluzione del concetto di salute e di malattia ha seguito un percorso positivo fino a riconoscere in tali esperienze esistenziali una dimensione spirituale, ciò non toglie che in molti contesti s'affermi un concetto secolarizzato della salute e dell'infermità, con la triste conseguenza che alle persone viene a volte impedito di affrontare la stagione del soffrire come importante occasione di crescita umana e spirituale.

Questi profondi rivolgimenti hanno cambiato il volto del mondo della sofferenza e della salute ed esigono una risposta cristiana nuova. Come accordare armoniosamente imperativi tecnici e imperativi etici? Come superare vittoriosamente la tendenza all'indifferenza, l'assenza di compassione, la mancanza di rispetto e di valorizzazione della vita in tutte le sue fasi? Come promuovere una salute degna dell'uomo? Come garantire una presenza cristiana che, in collaborazione con le valide componenti già presenti nella società, contribuisca a permeare di valori evangelici e pertanto autenticamente umani, il mondo della sofferenza e della salute, privilegiando la difesa e il sostegno dei piccoli e dei poveri?

Questi interrogativi esprimono altrettante sfide, alle quali anche voi, unitamente all'intera Comunità ecclesiale, siete chiamate a rispondere.

3. Il primo compito della vostra vita consacrata nella gioiosa e coinvolgente esperienza del Cristo resta quello di ricordare al popolo di Dio e al mondo il volto misericordioso del Signore. La forza del vostro carisma, infatti, prima che nelle opere e negli scopi di servizio, deve brillare in una novità di vita, in cui vengono riprodotti i tratti caratteristici di Gesù. Non è forse vero che la Chiesa ha bisogno di uomini e donne consacrati che, attraverso le loro persone e la loro vita, manifestino la maternità feconda che la qualifica? Ora, tale fecondità della Chiesa non è proporzionata all'efficienza delle attività, ma all'autenticità della dedizione a Cristo crocifisso.

Tutta la vostra vita di consacrate dovrà, quindi, essere permeata dall'amicizia di Dio, per poter essere cuore e mani di Cristo verso i malati, rendendo manifesta in voi quella fede che vi conduce a riconoscere nei malati il Signore stesso e che diviene sorgente zampillante della vostra spiritualità.

4. In secondo luogo, la vostra presenza nel mondo della sofferenza e della salute deve essere portatrice della ricchezza legata alla vostra condizione femminile. E' innegabile, infatti, che la vocazione della donna alla maternità vi renda più sensibili a cogliere i bisogni, e geniali nel darvi adeguata risposta. Quando a tali doti naturali si aggiunge anche un consapevole atteggiamento di altruismo, e soprattutto la forza della fede e della carità evangelica, allora si verificano veri e propri miracoli di dedizione. Le espressioni più significative della carità - la delicatezza, la mansuetudine, la gratitudine, il sacrificio, la sollecitudine e il generoso dono di sé a coloro che soffrono - diventano testimonianza dell'amore di un Dio vicino, misericordioso e sempre fedele. Un eroe della carità verso gli infermi, Camillo de Lellis, invitava a domandare prima di tutto al Signore la grazia di un affetto materno verso il prossimo, in modo da poter servire gli ammalati con quell'attenzione che un'amorevole madre suole avere verso il suo unico figlio infermo.

5. La consapevolezza della missione cui siete chiamate attraverso il servizio ai malati e la promozione della salute deve spingervi, Sorelle carissime, ad essere fedeli e innovative nell'esercizio del vostro apostolato di carità misericordiosa.

Lungi dal contrapporsi, questi due atteggiamenti - la fedeltà e la creatività - sono chiamati ad armonizzarsi attraverso una saggia azione di discernimento. Come non sarebbe conforme allo spirito dei vostri Fondatori e Fondatrici l'arroccarsi su posizioni ormai superate, altrettanto contrastante con i carismi dei vostri Istituti sarebbe l'abbandonare, senza il necessario esame, forme di apostolato rese difficili dalle presenti situazioni socio-culturali. Per questo, carissime Sorelle, vi invito a rimanere con fedeltà accanto a chi soffre negli ospedali e nelle altre istituzioni sanitarie, corroborando di spirito evangelico la cura degli infermi.

185 Nelle vostre scelte, occupino sempre un posto privilegiato l'attenzione verso gli ammalati più abbandonati. Il vostro sguardo e la vostra azione si estendano con generosità ai paesi del Terzo Mondo, privi delle risorse più elementari per far fronte alla malattia e promuovere la salute. La vostra partecipazione alla nuova evangelizzazione sulla salute e sulla infermità si traduca in un annuncio coraggioso di Cristo, il quale nella sua morte e risurrezione ha reso l'uomo capace di trasformare l'esperienza di sofferenza in un momento di grazia per sé e per gli altri (cfr. SD, 25-27). La collaborazione con i laici, partendo da una autentica partecipazione dei vostri carismi, diventi strumento efficace per rispondere, con parole e gesti evangelicamente ispirati, alle antiche e nuove povertà e malattie che affliggono la società del nostro tempo.

6. Nel compiere il vostro apostolato, vi sia di esempio la Vergine Immacolata, venerata come Salute degli Infermi. Icona della tenerezza di Dio, essa si mostra attenta alle necessità degli altri, premurosa nel rispondervi, ricca di compassione. Guardando a Lei, sforzatevi di essere sempre ricche di sensibilità, capaci di fare della vostra presenza una testimonianza di tenerezza e di donazione, che sia riflesso della provvidente bontà di Dio.

Con questi auspici, vi imparto di cuore la mia Benedizione, che estendo volentieri a tutte le Consorelle delle vostre Congregazioni.

VIAGGIO APOSTOLICO

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN CROAZIA (2-4 OTTOBRE 1998)

2 Ottobre 1998

Signor Presidente della Repubblica,

Onorevoli Rappresentanti del Governo,
Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. La Provvidenza divina mi permette di calcare oggi di nuovo il suolo croato: sto per iniziare la mia seconda Visita pastorale in questo amato Paese. Questo Viaggio apostolico costituisce, in certo modo, il proseguimento di quello che potei compiere, nel settembre del 1994, quando la mia Visita si limitò alla capitale.

Sono lieto di aver potuto accogliere gli inviti giuntimi da varie parti: dai Vescovi del Paese, dal Signor Presidente della Repubblica, dai Rappresentanti del Governo e del Parlamento croato, come pure da semplici cittadini. Ringrazio il Signor Presidente della Repubblica per le parole di grande cordialità e di benvenuto, rivoltemi poc'anzi. Saluto i rappresentanti del Governo e le altre Personalità che hanno voluto onorare con la loro presenza questo incontro.

Con grande cordialità saluto poi tutti voi, che vi siete qui raccolti per darmi il benvenuto: attraverso le vostre persone il mio saluto s'estende a tutti gli abitanti di questo nobile Paese, ricco di fede e di cultura.

186 2. Vengo tra voi quale pellegrino del Vangelo, seguendo le orme dei primi confessori della fede. Vengo per raccogliere i frutti della coraggiosa testimonianza resa da Pastori e fedeli fin dai primi secoli del cristianesimo. Sono frutti che si sono rivelati in tutta la loro ricchezza soprattutto nei periodi difficili: quello delle persecuzioni romane, agli inizi, e poi quello dell'invasione e della successiva occupazione turca, e, da ultimo, il periodo terribile della repressione comunista. Come non restare ammirati davanti a campioni della fede quali San Domnio Vescovo, i Martiri di Salona, di Delminium, dell'Istria, di Sirmium, di Siscia, fino al Servo di Dio Alojzije Stepinac, che con altri testimoni ha illuminato di vivida luce questo secolo col quale si conclude il secondo millennio cristiano?

Nel rendere grazie al Signore per la bimillenaria presenza della Chiesa in questa regione e per la ricca storia dei cattolici croati, vengo oggi a confermare i miei fratelli nella fede. Vengo ad incoraggiare la loro speranza ed a rafforzare la loro carità. Questa mia seconda Visita pastorale in Croazia ha due punti focali: la beatificazione del Servo di Dio Alojzije Stepinac quale martire della fede e la celebrazione dei diciassette secoli di vita della Città di Spalato. A questi adempimenti si collegano due pellegrinaggi: a Marija Bistrica, Santuario mariano nazionale croato, ed all'Isola di Solin, nel Protosantuario mariano croato, due luoghi assai significativi per la storia religiosa della vostra regione.

Sarà dunque questo un Viaggio nella prospettiva della devozione del Popolo croato verso la Madre di Dio. Desidero per questo sin d'ora affidare a Colei che è salutata come l'Advocata Croatiae, fidelissima Mater, i miei passi nella vostra terra. A Lei elevo la mia supplica, affinché continui a vegliare sul cammino del vostro Popolo. Lo protegga e lo sostenga nella testimonianza a Cristo ed al suo Vangelo, gli indichi lungo le strade del tempo la via della salvezza eterna.

3. È di fondamentale importanza che il Popolo croato rimanga fedele alle proprie radici cristiane mantenendosi al tempo stesso aperto alle istanze del momento attuale che, se presenta non facili problemi, lascia anche intravedere confortanti motivi di speranza. Dopo la violenta e crudele guerra nella quale si è trovata coinvolta, la Terra croata conosce finalmente un periodo di pace e di libertà. Ora tutte le energie delle popolazioni sono indirizzate verso il risanamento progressivo delle profonde ferite del conflitto, verso un'autentica riconciliazione fra tutte le componenti etniche, religiose e politiche della popolazione, verso una sempre maggiore democratizzazione della società.

Mi rallegro di ciò ed esorto a perseverare in questo impegno con generosa determinazione. Numerosi sono gli ostacoli creati dalle conseguenze della guerra e dalla mentalità formatasi durante il regime comunista. È indispensabile non arrendersi. Con la solidale collaborazione di tutti sarà possibile trovare soluzioni adeguate e in tempi ragionevolmente brevi anche alle questioni più complesse.

Auspico di cuore che in questo lembo d'Europa non si ripetano mai più le situazioni disumane che vi si sono verificate in questo secolo a più riprese. L'esperienza dolorosa e tragica dei passati decenni si trasformi in lezione capace di illuminare le menti e di corroborare le volontà, così che il futuro di questo Paese, come pure dell'Europa e del mondo intero, sia allietato da crescente intesa e collaborazione anche tra popoli di lingua, cultura, religione diverse.

Con parole di amore e di speranza inizio dunque questa mia Visita alla diletta Croazia: possa essa contribuire alla ricostruzione su valori durevoli di un Paese che è parte integrante dell'Europa. Il mio augurio è che dalle antiche radici cristiane di questa Terra salga un valido fiotto di linfa vitale che assicuri, all'alba ormai di un nuovo millennio, la fioritura di un autentico umanesimo per le generazioni che verranno. In particolare, auspico che i cristiani sappiano dare un decisivo impulso alla nuova evangelizzazione offrendo generosamente la loro testimonianza a Cristo Signore, Redentore dell'uomo.

Invocando l'assistenza divina sull'intera Nazione croata, tutti benedico di cuore!

VIAGGIO APOSTOLICO

DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

IN CROAZIA (2-4 OTTOBRE 1998)

INCONTRO CON LA POPOLAZIONE

NELLA PIAZZA DELLA CATTEDRALE DI ZAGREB


2 Ottobre 1998



1. Cari abitanti di Zagabria e dell'intera Croazia, cari giovani e care famiglie: pace a voi!

Qui, davanti a questa maestosa cattedrale, monumento di fede e di arte, che conserva i resti del Servo di Dio Cardinale Alojzije Stepinac, vi saluto nel nome di Cristo risorto, unico Salvatore del mondo, e vi abbraccio tutti con grande affetto!

187 Il mio pensiero s'estende a tutti i cari abitanti di questo Paese, alle cui nobili tradizioni di civiltà sono lieto di rendere omaggio. Mi rivolgo in modo particolare a voi, cristiani, che secondo le parole dell'apostolo Pietro, dovete essere «pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1P 3,15).

Rendo grazie alla Provvidenza che ha guidato i miei passi, riportandomi di nuovo in Croazia. Mi salgono spontanee alle labbra le parole di un vostro Poeta: «Qui tutti mi sono fratelli / mi sento proprio a casa ...» (D. Domjanic, Kaj). Vorrei poter salutare personalmente tutti gli abitanti di questa Terra, a qualunque condizione sociale essi appartengano: dagli agricoltori agli operai, dalle casalinghe ai professionisti, dai marinai e pescatori agli impiegati e agli uomini di cultura e di scienza; dai più giovani agli anziani e ai malati. Giunga a tutti il mio augurio di pace e di speranza!

2. Con affetto mi rivolgo in particolare a voi giovani, venuti cosi numerosi ad accogliermi al mio arrivo nel vostro Paese. Sono particolarmente lieto che questo mio pellegrinaggio si apra nel segno dei giovani.

Carissimi, in voi saluto il futuro di questa regione e della Chiesa in Croazia. Oggi Cristo bussa alla porta dei vostri cuori: sappiate accoglierlo! Egli ha la risposta adeguata alle vostre attese. Con Lui, sotto lo sguardo pieno di amore della Vergine Maria, potrete costruire in modo creativo il progetto del vostro futuro.

Traete ispirazione dal Vangelo! Alla luce dei suoi insegnamenti potrete alimentare un sano spirito critico nei confronti dei conformismi di moda e portare nel vostro ambiente la novità liberante delle Beatitudini. Imparate a distinguere tra il bene e il male, senza essere sbrigativi nel giudicare. È questa la saggezza che deve caratterizzare ogni persona matura.

3. Il cittadino, in particolare il credente, ha precise responsabilità nei confronti della propria Patria. Il vostro Paese attende da voi un contributo significativo nei vari ambiti della vita sociale, economica, politica, culturale. Il suo futuro sarà migliore nella misura in cui ciascuno di voi saprà impegnarsi a migliorare se stesso.

La vita umana sulla terra comporta difficoltà di vario genere: ad esse non si può certamente porre rimedio rifugiandosi nell'edonismo, nel consumismo, nella droga o nell'alcool. Vi esorto ad affrontare con coraggio le avversità, cercandone la soluzione alla luce del Vangelo. Sappiate riscoprire le risorse della fede, per trarne la forza di una testimonianza coraggiosa e coerente.

Il Servo di Dio Card. Alojzije Stepinac, che domani, a Dio piacendo, innalzerò all'onore degli altari, raccomandava ai giovani del suo tempo: «Fate attenzione a voi stessi e continuate a maturare, perché senza persone mature e solide dal punto di vista morale non si fa niente. I patrioti più grandi non sono quelli che gridano di più, bensì coloro che adempiono in modo più coscienzioso la legge di Dio» (Omelie, Discorsi, Messaggi, Zagabria 1996, p. 97).

Non venga mai meno il vostro entusiasmo giovanile, alimentato da un profondo rapporto con Dio. Al riguardo, lo stesso Cardinale Stepinac raccomandava ai sacerdoti: «Allontanate come peste dalla nostra gioventù ogni pusillanimità, perché indegna di cattolici i quali possono vantarsi di un nome così grande, quale è il nome del nostro Dio» (Lettere dalla Prigionia, Zagabria 1998, p. 310).

4. Ho ardentemente desiderato di compiere questa seconda Visita in Croazia per poter continuare il pellegrinaggio di fede, di speranza e di pace iniziato nel settembre del 1994. Ora fortunatamente non c'è più la guerra. Il mio augurio è che non vi sia mai più guerra in questo nobile Paese. Possa esso diventare con l'intera regione una dimora di pace: di una pace vera e duratura, la quale suppone sempre giustizia, rispetto per gli altri e convivenza tra persone e culture diverse.

La Croazia, parte integrante dell'Europa, ha voltato definitivamente una pagina dolorosa della sua storia, lasciandosi alle spalle le terribili tragedie del XX secolo per guardare al nuovo millennio con un ardente desiderio di pace, di libertà, di solidarietà e di cooperazione tra i Popoli. Mi è caro citare qui le parole pronunciate dal mio Predecessore Pio XII, di venerata memoria, il 24 dicembre 1939: «Un postulato fondamentale di una pace giusta e onorevole è assicurare il diritto alla vita e all'indipendenza di tutte le Nazioni, grandi e piccole, potenti e deboli» (Allocuzione In questo giorno, 24 dicembre 1939). Sono parole che conservano tutto il loro valore anche nella prospettiva del nuovo millennio che è ormai alle porte. Ma sono anche parole che impegnano ogni singola Nazione a modellare il proprio ordinamento giuridico secondo le esigenze dello Stato di diritto, grazie al rispetto crescente per le istanze radicate nella dignità innata dei cittadini che la compongono.

188 Auspico che in questo Paese vengano sempre meglio riconosciuti ed accolti i diritti fondamentali della persona, a cominciare dal diritto alla vita dal primo sbocciare fino al suo naturale tramonto. Il grado di civiltà di una Nazione si giudica dalla sensibilità che essa dimostra per i suoi membri più deboli e sfortunati e dall'impegno con cui ne promuove la riabilitazione ed il pieno inserimento nella vita sociale.

5. In questo processo di promozione umana la Chiesa si sente chiamata in causa. Essa tuttavia sa bene che suo primo e principale dovere è di contribuirvi mediante l'annuncio del Vangelo e la formazione delle coscienze. Nell'adempimento di questo compito essa conta su ciascuno di voi, carissimi fedeli che mi ascoltate: conta sulla vostra testimonianza e, prima ancora, sulla vostra preghiera. È nella preghiera, infatti, che ci si apre agli orizzonti della costante presenza salvifica di Dio nella vita di ogni persona e di ogni popolo. La comunione con Dio alimenta negli animi il coraggio della speranza. Possa ciascuno di voi riscoprire gli immensi tesori nascosti nella preghiera personale e comunitaria!

Auguro di cuore che le popolazioni della Croazia rimangano anche in futuro fedeli a Cristo. In questa fedeltà sta il segreto della libertà vera: è Cristo infatti che «ci ha liberati perché restassimo liberi» (
Ga 5,1). E la libertà, come canta un vostro poeta, "è un dono in cui Dio altissimo ci ha dato ogni tesoro» (I. Gundulic, Dubravka).

6. Arrivederci domani presso il Santuario di Marija Bistrica!

Invoco ora la benedizione di Dio e la protezione della Beata Vergine Maria su di voi qui presenti, su quanti sono con noi collegati per radio e televisione, e su tutti gli abitanti del Paese. Il Signore vi conceda fede perseverante, concordia operosa, saggezza di decisioni ispirate al bene comune.

E non scompaia mai dalla vostra bocca il bellissimo saluto, con il quale mi rivolgo ora anch'io a voi:

Siano lodati Gesù e Maria!

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