GP2 Discorsi 1998 224

Novembre 1998


PAROLE DI GIOVANNI PAOLO II


A CONCLUSIONE DELLA SERATA OFFERTA


DAI PARLAMENTARI PER IL GIUBILEO


5 novembre 1998




Venerati Fratelli,
Illustri Signori e Signore!

Con animo riconoscente ho preso parte a questo singolare omaggio, ed ora sono lieto di rivolgere a ciascuno di voi il mio cordiale saluto, con un pensiero di particolare deferenza alle Autorità che hanno voluto onorare questo incontro con la loro presenza.

Ringrazio i membri dell’Intergruppo Parlamentare italiano e i loro Colleghi del mondo intero per l’impegno da essi assunto di contribuire insieme alla preparazione del Giubileo del 2000, sia in vista dell’incontro che li riguarda direttamente come politici, sia, più in generale, per le finalità etico-sociali dell’Anno Santo. A questo proposito, mi rallegro del fatto che la proposta di riduzione del debito estero dei Paesi più poveri, e quella di moratoria delle esecuzioni almeno nell’anno giubilare, vengano sostenute da persone che ricoprono alte cariche istituzionali e possono, pertanto, contribuire efficacemente al loro accoglimento.

Desidero esprimere un “grazie” particolare a quanti mi hanno presentato questa sera un messaggio augurale: alla Senatrice Ombretta Fumagalli Carulli e a ciascuna delle illustri Personalità politiche e religiose collegate a distanza.

Ringrazio il Maestro Paolo Olmi con l’Orchestra e il Coro del Teatro dell’Opera di Roma e le Voci Bianche di Poznan, come pure i validissimi Solisti, e mi congratulo per le pregevoli esecuzioni.

Questa serata - oltre che una singolare manifestazione di vicinanza alla persona del Papa - ha offerto una significativa testimonianza di unità intorno ai fondamentali valori spirituali ed etici della persona e della comunità umana.

225 Per tutti voi, qui presenti, e per quanti sono uniti a noi mediante i mezzi di comunicazione, invoco dal Signore copiose benedizioni.



RECITA DEL SANTO ROSARIO

PAROLE DI GIOVANNI PAOLO II

Aula Paolo VI, 7 novembre 1998




Rivolgo il mio cordiale saluto a tutti voi, che avete preso parte a questo momento di preghiera mariana, e lo estendo a quanti si sono uniti a noi mediante la radio e la televisione.

In particolare, sono lieto di accogliere questa sera il folto gruppo di persone, soprattutto religiose ma anche laici, che, a turno, recitano ogni giorno il Rosario nella Cappella della Radio Vaticana, da dove viene trasmesso in tutto il mondo. A ciascuno di voi, carissimi Fratelli e Sorelle, va il mio "grazie" sincero e la mia benedizione, come pure ai membri del coro "Jubilate Deo", che accompagna il Rosario del primo sabato del mese e ricorda i vent'anni di attività.

Saluto inoltre i fedeli delle parrocchie "Visitazione di Maria Santissima" in Gardolo (Trento), "San Nicola di Bari" in Ponzano Romano, "San Nicola" in Roccagiovine (Roma), "San Pietro" in Sezze (Latina) e del Santuario "Madonna di Fatima" in Trani (Bari); come pure il gruppo di preghiera "Padre Pio", di Bevagna (Perugia).

La Madonna ottenga per tutti abbondanza di grazie.


AI PARTECIPANTI ALLA TERZA PUBBLICA SEDUTA


DELLE PONTIFICIE ACCADEMIE


7 novembre 1998




Signori Cardinali,
Signori Ambasciatori,
Illustri Accademici Pontifici,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

226 1. Questa terza Seduta pubblica delle Pontificie Accademie, convocata per porre in rilievo il loro contributo all'umanesimo cristiano, all'alba del Terzo Millennio, mi offre l'occasione di incontrarvi nuovamente. Ringrazio di cuore tutti voi qui presenti.

Saluto il Signor Cardinale Paul Poupard, Presidente del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie, e lo ringrazio per le gentili espressioni che, a nome di tutti, mi ha appena rivolto. Saluto pure i Signori Cardinali, i venerati Fratelli nell'Episcopato, i Signori Ambasciatori presenti, i sacerdoti, i consacrati e le consacrate e gli illustri membri delle Accademie Pontificie. Saluto, infine, il Prof. Bruno Cagli, Presidente dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia e ringrazio di cuore i componenti del Coro giovanile della stessa Accademia, diretti dal Maestro Martino Faggiani, che rendono ancora più solenne quest'incontro con la loro magistrale esecuzione di noti brani musicali ispirati all'amore del popolo cristiano verso Maria Santissima.

2. E' infatti alla Vergine Maria che l'odierna solenne Seduta è consacrata: Maria, Icona e Modello dell'umanità redenta da Cristo.

L'attenzione a Lei rivolta si è alimentata anche ai contributi teologici offerti dagli illustri relatori sui vari aspetti del suo ruolo nella storia della salvezza. In effetti, la riflessione sull'uomo sviluppatasi nelle varie culture lungo il corso dei secoli, ha tratto dal confronto con il mistero di Gesù, Verbo di Dio fattosi carne nel seno di Maria, uno straordinario incremento. Nel nuovo orizzonte cognitivo che la Rivelazione ha aperto si staglia il ruolo eminente della Vergine Madre di Dio.

Nella lettera ai Galati, San Paolo scrive: "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli" (
Ga 4,4-5). Le parole dell'Apostolo ci conducono al cuore stesso della storia: nella "pienezza del tempo", il Figlio di Dio nacque da una donna, Maria di Nazareth, partecipe in modo unico del mistero del Verbo, avendo dato alla luce nel tempo il Figlio generato dal Padre fin dall'eternità.

Maria è figlia del popolo eletto, e per ciò stesso figlia della sua cultura, arricchita dall'incontro millenario con la Parola di Dio: è la Donna che partecipa attivamente al primo miracolo di Gesù a Cana, manifestando la sua gloria (cfr Jn 2,1-12) ed è presente sul Golgota per essere indicata quale Madre del discepolo amato e Madre nostra.

I Vangeli e la Tradizione cristiana ci insegnano a riconoscere in Lei la "sede" in cui s'è compiuta storicamente l'Incarnazione. Da duemila anni, la vita di Gesù e l'annuncio della Buona Novella della salvezza hanno una dimensione squisitamente mariana. La Vergine Madre è vicina al cuore degli uomini di ogni tempo e di ogni cultura, come testimoniano i capolavori del genio umano, fioriti in ogni epoca della storia.

3. La Vergine viene presentata dal Nuovo Testamento come una donna straordinaria nella semplicità della sua esistenza. I Padri della Chiesa, maestri di spiritualità cristiana, hanno dato voce alla fede della comunità dei credenti, mettendo in luce le verità che riguardano l'eccezionale specificità di Maria. Ella è la Theotokos, la Deipara, la Madre di Dio, che la Chiesa onora con un "culto speciale" (Lumen Gentium LG 66).

Alle soglie del Grande Giubileo dell'Anno Duemila, mi è gradito ricordare l'immenso tesoro di amore, di devozione e di arte testimoniato, nell'arco di due millenni, dalle Chiese d'Oriente. Esse onorano Maria Santissima, la Theotokos, anche con altri splendidi titoli come Panaghia, la Tutta Santa; Hiperagionorma, Santa sopra ogni limite; Platythera, immensa; Odigitria, colei che indica la via; Eleousa, colei che è piena di misericordiosa tenerezza. La tradizione mariana orientale contempla, venera e canta le lodi della Vergine, le cui icone richiamano a tutti che la Madre di Dio è l'immagine prescelta dell'umanità redenta da Cristo. Le Chiese d'Oriente ci offrono, dunque, nel loro ricchissimo patrimonio mariano non solo un cammino ecumenico, ma anche un modello di umanesimo cristiano.

4. Quanto all'Occidente, la teologia, la spiritualità e l'arte, per onorare la Madre di Dio e per metterne in rilievo la maternità spirituale universale, attingono ai misteri della Santissima Trinità e del Verbo incarnato. La sua unione a Cristo è l'archetipo dell'unione della Chiesa e dei singoli cristiani al Redentore. Riflettendo su di essa, i discepoli del Signore hanno compreso ben presto che Maria Santissima è la prima fra i redenti, immagine perfetta della redenzione. Il Beato Giovanni Duns Scoto, cantore dell'Immacolata Concezione, scrisse a questo proposito: "Se dunque Cristo ci ha riconciliato perfettissimamente con Dio, ha meritato che venisse rimesso a qualcuno questo gravissimo castigo. Questo non poté essere che a favore della Madre sua" (Opus Oxoniense, m, d. 3. q. 1). Mi rallegro che la Pontificia Accademia Mariana Internazionale ed il Pontificio Ateneo Antonianum abbiano istituito una cattedra di studi mariologici intitolati a questo grande teologo.

Sulla scia dell'Esortazione Apostolica Marialis Cultus del mio venerato predecessore, il Servo di Dio Paolo VI, ho voluto ribadire nell'Enciclica Redemptoris Mater il legame essenziale che intercorre fra Maria e la Chiesa, mettendone in rilievo la missione all'interno della comunità dei credenti. Nella Lettera apostolica Mulieris dignitatem ho ricordato, poi, come Maria illumini ed arricchisca l'umanesimo cristiano che al Vangelo si ispira, perché, oltre ai vari aspetti dell'"umanità nuova" che in Lei si è realizzata, mette in risalto la dignità ed il "genio" della donna. Scelta da Dio per l'attuazione del suo disegno di salvezza, Maria ci aiuta a capire la missione della donna nella vita della Chiesa e nell'annuncio del Vangelo.

227 5. Carissimi Fratelli e Sorelle, accogliendo la proposta del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie, sono lieto ora di consegnare il premio delle Pontificie Accademie alla Dottoressa del Costa Rica Deyanira Flores Gonzales per il suo lavoro in Mariologia, intitolato: "La Virgen Maria al pie de la cruz (Jn 19,25-27) en Ruperto de Deutz", presentato dalla Pontificia Facoltà Teologica Marianum. Volentieri offro pure, quale segno di apprezzamento, una medaglia del Pontificato, a due neolaureati: la Dottoressa Marielle Lamy, francese, per la sua tesi "Le culte marial entre doctrine et dévotion: étapes et enjeux de la controverse de l'Immaculée Conception au Moyen Age (XIIe - XVe siècles)", presentata presso l'Università Paris X Nanterre, ed Padre Johannes Schneider, francescano austriaco, per la sua tesi "Virgo Ecclesia facta: la presenza di Maria nel Crocifisso di San Damiano e nell'Officium Passionis di San Francesco d'Assisi", presentata presso il Pontificio Ateneo Antonianum di Roma.

Come è noto, il Premio delle Pontificie Accademie, istituito due anni fa, intende incoraggiare giovani universitari, artisti ed istituzioni a contribuire allo sviluppo delle scienze religiose, dell'umanesimo cristiano e delle sue espressioni artistiche. Esprimo in particolare l'auspicio che un rinnovato impegno degli studiosi nelle ricerche di Mariologia possa mettere in rilievo i tratti dell'umanesimo fecondato dallo Spirito della grazia, di cui Maria Santissima è Modello ed Icona.

Con tali sentimenti, di cuore imparto a voi, alle vostre famiglie ed a quanti vi sono cari una speciale Benedizione Apostolica.



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


ALL’ASSEMBLEA GENERALE


DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA


(COLLEVALENZA, 9-12 NOVEMBRE 1998)




Carissimi Vescovi italiani!

1. "La grazia del Signore Gesù sia con voi. Il mio amore con tutti voi in Cristo Gesù" (1Co 16,23).

Mi è caro salutare ciascuno di voi con queste parole dell'apostolo Paolo. Saluto, in particolare, il Cardinale Presidente Camillo Ruini, i tre Vicepresidenti e il Segretario Generale Mons. Ennio Antonelli, ringraziandoli per l'impegno e la sagacia con cui operano a servizio della vostra Conferenza.

Consideratemi spiritualmente presente a questa Assemblea Generale, che è tempo di grazia per vivere più intensamente la comunione episcopale e la comune sollecitudine verso la Chiesa di Dio che è in Italia. A tutti voi esprimo personale gratitudine per la partecipazione al ventesimo anniversario della mia elezione alla sede di Pietro e quarantesimo di Episcopato.

2. Conosco lo zelo con il quale guidate la preparazione delle vostre diocesi al grande Giubileo, ormai molto vicino. L'educazione dei giovani alla fede, tema principale della vostra Assemblea, ben si inquadra in questo percorso, anzi ne è parte essenziale, non solo perché un appuntamento di speciale rilievo dell'Anno Santo sarà la Giornata Mondiale della Gioventù, ma anche e soprattutto perché scopo fondamentale del Giubileo è rinvigorire e rilanciare, in vista del nuovo millennio, l'annuncio e la testimonianza della fede in Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo, e questa missione è affidata in modo peculiare ai giovani, che dovranno forgiare il volto cristiano della futura civiltà.

Con l'Enciclica Fides et ratio ho voluto richiamare e approfondire l'intimo legame che unisce la rivelazione del mistero di Dio con l'intelligenza dell'uomo. Da questo legame possono ricevere impulso anche il progetto culturale della Chiesa italiana e tutte le iniziative di comunicazione sociale, per il cui sviluppo siete giustamente impegnati. Può così essere offerta alle giovani generazioni una via per uscire dall'ambito troppo angusto della propria soggettività, ritrovando un comune orizzonte di verità e di valori condivisi per i quali operare insieme.

3. Nella vostra Assemblea vi occuperete, inoltre, della promozione del sostegno economico alla Chiesa. Desidero ringraziarvi pubblicamente per la generosità con la quale venite in aiuto a tante Chiese sorelle e nazioni meno fortunate, in quello spirito di solidarietà planetaria che è proprio della comunione ecclesiale.

Mi rallegro con voi per il nuovo Statuto della vostra Conferenza, rivolto a sostenere sempre più efficacemente l'affetto collegiale e il comune lavoro pastorale. E' questo anche il fine della Lettera apostolica in forma di "Motu proprio" Apostolos suos, con la quale ho inteso meglio precisare la natura teologica e giuridica delle Conferenze dei Vescovi. Sulla nostra missione di Vescovi all'alba del terzo Millennio avremo modo di riflettere più ampiamente insieme nella prossima Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi.

228 4. Cari Fratelli nell'Episcopato, conosco bene e condivido profondamente la sollecitudine, dettata dall'amore, con cui seguite le vicende della diletta nazione italiana.

Penso, in particolare, alla famiglia fondata sul matrimonio, che costituisce anche oggi la risorsa più preziosa e più importante di cui l'Italia dispone e che tuttavia è stata finora ben poco aiutata per la debolezza delle politiche familiari, e che anzi è sottoposta a molteplici attacchi, sul piano culturale come sul versante politico, legislativo e amministrativo. Penso alla difesa e promozione della vita umana, dal concepimento fino al suo termine naturale. Penso alla scuola, che deve ritrovare le sue più nobili finalità educative, in un quadro di effettiva libertà e parità come avviene in altri Paesi europei. Penso alle possibilità di lavoro e di sviluppo, che vanno incrementate in una logica di solidarietà e di valorizzazione dei molteplici soggetti sociali, per far fronte alla disoccupazione e alla povertà che affliggono in molte regioni d'Italia ampie fasce della popolazione.

5. Di fronte a questi e ad altri problemi il mio invito, cari Fratelli, è quello di non abdicare mai alla missione che ci è stata affidata, di non cedere a conformismi e a mode passeggere, di reagire ad ogni errata separazione tra la fede, la cultura e la vita, personale e sociale.

Operando in profonda comunione tra noi e con le nostre Chiese, e procedendo sempre con amore e con fiducia, potremo aiutare l'Italia a non smarrire la sua anima profonda e a mettere a frutto la sua insigne eredità di fede e di cultura, che è un bene prezioso anche per l'Europa e per il mondo.

Mi unisco a voi nella grande preghiera per l'Italia, che ora ha preso nuovo impulso dal Santuario di Loreto, e imparto con affetto la Benedizione Apostolica a voi, cari Fratelli nell'Episcopato, e alle Chiese affidate alla vostra cura pastorale.

Dal Vaticano, 9 Novembre 1998.

IOANNES PAULUS PP. II




MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EPISCOPALE DELLA CEI


PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO






Al venerato Fratello

FERNANDO CHARRIER

Vescovo di Alessandria
Presidente della Commissione episcopale
per i problemi sociali e il lavoro

1. L'Assemblea speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi del 1991 è stato un momento di importanza rilevante nel cammino della "nuova evangelizzazione" intrapreso dalle Chiese del Continente. Essa ha inteso riaffermare le comuni radici cristiane dell'Europa, indispensabili all'attuale processo di integrazione europea.

229 Infatti, i Padri della nuova Europa e qualificati esponenti del mondo della cultura hanno maturato il convincimento che tale integrazione non può limitarsi alla costruzione dell'"Europa dei mercati", ma deve avere di mira innanzitutto un'Europa dei popoli, nella quale la storia, le tradizioni, i valori, la legislazione e le istituzioni delle singole Nazioni diventino motivo di dialogo e di scambio reciproco in vista di un'efficace cooperazione per la realizzazione di un'Europa politica, nella quale la tensione verso l'unità non mortifichi le ricchezze e le differenze di ciascun popolo.

Le situazioni di difficoltà economiche e politiche presenti nei singoli Stati interpellano le Chiese e la loro vocazione ad essere punto d'incontro e fattore d'unità per l'intero genere umano (cfr Gaudium et spes
GS 42). Ad esse è chiesto un rinnovato impegno perché la verità sull'uomo e sulla società, il bene della libertà, e specialmente di quella religiosa, la giustizia sociale, la solidarietà, la sussidiarietà e la centralità della persona umana si stabilizzino nella mentalità, nella legislazione e nei comportamenti dei popoli europei.

2. Alle soglie del terzo millennio la situazione del Continente si presenta, come ricordavo il 13 dicembre 1991, al termine dell'Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi, variegata e complessa così da rendere difficile il cammino verso l'auspicata integrazione. Ciò riguarda anche i credenti in Cristo, a motivo delle divisioni intervenute tra loro nel corso del secondo millennio. Il cammino ecumenico richiede l'impegno di tutti, va realizzato ad ogni livello attraverso gesti e parole e può trovare un terreno fecondo nell'ambito della pastorale sociale e del lavoro. In effetti, le situazioni e le problematiche sociali sono comuni sia ai cattolici che ai credenti di altre confessioni cristiane, tutti chiamati ad operare insieme perché l'uomo non sia considerato strumento di produzione, ma soggetto efficiente del lavoro e suo vero artefice e creatore (cfr Laborem exercens LE 7). Il lavoro umano può costituire, quindi, un terreno privilegiato per superare "le dolorose lacerazioni che contraddicono apertamente la volontà di Cristo e sono di scandalo al mondo" (Tertio millennio adveniente TMA 34). Questo impegno comune, da tempo posto in atto dai lavoratori, è oggi facilitato dalla caduta delle ideologie, per decenni motivo di contrapposizioni e di strumentalizzazioni politiche.

Al di là delle personali ispirazioni ideali, i lavoratori operano fianco a fianco nelle diverse organizzazioni per la difesa dei loro diritti. Come scrivevo nell'Enciclica Laborem exercens, "se è vero che l'uomo si nutre col pane del lavoro delle sue mani, e cioè non solo di quel pane quotidiano col quale si mantiene vivo il suo corpo, ma anche del pane della scienza e del progresso, della civiltà e della cultura, allora è pure una verità perenne che egli si nutre di questo pane col sudore del suo volto, cioè non solo con lo sforzo e la fatica personali, ma anche in mezzo a tante tensioni, conflitti e crisi che, in rapporto con la realtà del lavoro, sconvolgono la vita delle singole società ed anche tutta l'umanità" (n. 1). Questa solidarietà fondata sulla comune cultura e su analoghe condizioni di vita e su identici problemi può costituire un terreno valido di incontro per il dialogo religioso al fine di giungere a quell'unità per la quale Cristo Signore ha pregato nell'Ultima Cena: "... perché tutti siano una sola cosa come tu, Padre, sei in me e io in te" (Jn 17,21).

3. L'esigenza di confronto scaturisce dall'urgenza dell'evangelizzazione in un campo, quello sociale, che oggi assorbe gran parte delle energie e del tempo della classe dirigente e della gente comune. L'annuncio del Vangelo in questo ambito in forma aggiornata e più incisiva può favorire la nuova stagione di civiltà che la prospettiva dell'unità europea sta aprendo per il Continente. Gli europei vanno riscoprendo sempre più il compito di "esportare" le ricchezze di cultura e di civiltà che provengono dalle loro radici cristiane. Per svolgere tale storica missione i cristiani d'Europa non possono non interpellarsi sulla propria fedeltà al Redentore, alla sua parola e alla sua vita; sull'accoglienza attenta e disponibile degli insegnamenti del Magistero; sull'effettivo radicamento di certe loro attuali forme di vita nella fede cristiana, fondamento della civiltà europea.

Poiché "una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta (Insegnamenti di Giovanni Paolo II V, 1P 131), scopo dell'incontro dei responsabili della pastorale sociale e del lavoro delle Chiese dell'Europa è riaffermare la priorità dell'evangelizzazione della dimensione sociale della vita, in vista di una nuova cultura europea, sostenuta dalla millenaria tradizione cristiana. Il rinnovato annuncio del Vangelo, che intende aiutare gli uomini dell'Europa a costruire un Continente aperto e solidale, passa necessariamente attraverso alcuni momenti che costituiscono altrettanti obiettivi comuni della progettualità pastorale.

4. L'Europa ha bisogno di speranza, ma questa può essere recata soltanto da chi offre all'uomo prospettive di alto profilo spirituale e morale, quali sono quelle che scaturiscono dall'attenzione ai segni dei tempi e dalla lettura sapienziale della storia, alla luce della parola di Dio, accolta e meditata in sintonia con la Chiesa.

Di fronte ai nuovi problemi della mondializzazione della cultura, della politica, dell'economia e della finanza, urgono regole certe, suscitate da quella visione della vita che è presente nel pensiero sociale cristiano, nel quale decisivo è il contemporaneo impegno per la globalizzazione dei valori della solidarietà, dell'equità, della giustizia e della libertà.

In questa prospettiva si muovono il Concilio Vaticano II e il recente Magistero sociale che, pur riconoscendo i valori della modernità, li radicano nell'avvenimento di Cristo Signore per difenderli da possibili deviazioni. La nuova evangelizzazione del resto non si limita ad opporsi al secolarismo, ma si propone di instaurare modi di vivere la fede capaci di rigenerare il tessuto civico delle comunità e della vita democratica.

5. Dopo la prima Assemblea speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi, le Chiese hanno riscoperto l'utilità di incontrarsi per comunicarsi esperienze e difficoltà, e per programmare linee comuni nello sforzo di evangelizzazione del mondo del lavoro.

La prospettiva dell'integrazione politica richiede alle Chiese un rinnovato impegno comune per rinsaldare l'Europa del prossimo millennio sulle basi durature e feconde del cristianesimo. Nell'attuale contesto, l'impegno della pastorale sociale e del lavoro deve far riscoprire e vivere la verità evangelica negli areopaghi dell'economia, della politica e del lavoro. Infatti, prima del territorio vanno considerati gli ambiti di vita dell'uomo e le culture. E' soprattutto da questo contesto che giunge alla Chiesa l'appello rivolto in sogno dal macedone all'apostolo Paolo: "Passa... e aiutaci" (Ac 16,9). Auspico che il Grande Giubileo del 2000 trovi la Chiesa più generosa e disponibile ad accogliere il comando del Signore: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura" (Mc 16,15), per recare dappertutto con rinnovato ardore l'annuncio della salvezza.

230 Con tali voti, mentre affido il vostro incontro alla materna intercessione della Vergine di Nazaret e di San Giuseppe, imparto a Lei, venerato Fratello, ai Vescovi, a tutti gli intervenuti, a quanti fanno parte del variegato mondo del lavoro ed a quanti sono in attesa di un'occupazione una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 10 Novembre 1998

IOANNES PAULUS PP. II


DISCORSO Del SANTO PADRE


GIOVANNI PAOLO II


ALLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ URBANIANA


11 novembre 1998




Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
carissimi alunni!

l. E' per me motivo di grande gioia presiedere questo solenne Atto Accademico, al termine del quale benedirò la rinnovata Aula Magna di quest'Università Pontificia. Qui, infatti, vengono preparati spiritualmente e formati teologicamente coloro che si recheranno nelle varie parti del mondo per annunciarvi, come nuovi apostoli, il Vangelo di Gesù Cristo.

Saluto cordialmente innanzitutto il Signor Cardinale Jozef Tomko, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli e Gran Cancelliere della Pontificia Università Urbaniana, e lo ringrazio per le amabili parole, che all'inizio di questo nostro incontro, ha voluto rivolgermi a nome di tutti i presenti. Esprimo poi il mio vivo apprezzamento al Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, per la dotta relazione da lui poc'anzi tenuta.

Saluto, infine, con affetto tutti voi, carissimi Docenti, Studenti e Collaboratori dell'Università Urbaniana, come pure tutti coloro che hanno voluto prendere parte a questo significativo momento di riflessione teologica e di comunione ecclesiale.

2. Il Cardinale Ratzinger ci ha introdotti con magistrale perizia nella lettura di uno specifico aspetto dell'Enciclica Fides et ratio.Quasi riprendendo le sue considerazioni, vorrei ora richiamare la vostra attenzione su ciò che costituisce, per così dire, il nucleo dell'Enciclica, quel rapporto cioè tra fede e ragione che è importante focalizzare, soprattutto in un periodo come il nostro, caratterizzato da cambiamenti epocali della società e della cultura.

231 Il passaggio progressivo verso forme di pensiero che si raccolgono intorno alla denominazione di "post-modernità" richiede che a questo processo anche la Chiesa presti la dovuta attenzione, facendo sentire la sua voce, perché nessuno sia privato di quell'apporto peculiare che scaturisce dal Vangelo (Cf. Fides et ratio, 91). Una simile preoccupazione si giustifica, d'altronde, se si pensa al delicato ruolo che la filosofia svolge nella formazione della coscienza, nell'animazione delle culture e, di conseguenza, nell'ispirazione di leggi che regolano la vita sociale e civile. In questo compito, pur nell'autonomia del suo statuto epistemologico, essa non può che trarre vantaggio dalla compagnia della fede, che le indica sentieri da percorrere per raggiungere vette ancora più alte.

3. A nessuno sfugge l'importanza che la filosofia ha progressivamente acquistato nel corso dei secoli. Alcuni sistemi permangono fino ai nostri giorni, in forza dello spessore speculativo che ha loro consentito di promuovere un sicuro progresso nella storia dell'umanità. D'altra parte, il ruolo che la filosofia svolge non può essere relegato a una cerchia ristretta di persone. Come ho scritto: "Ogni uomo è in certo qual modo un filosofo e possiede proprie concezioni filosofiche con le quali orienta la sua vita. In un modo o in un altro, egli si forma una visione globale e una risposta sul senso della propria esistenza: in tale luce egli interpreta la propria vicenda personale e regola il suo comportamento" (Fides et ratio, 30).

L'atto del pensare qualifica l'uomo all'interno del creato. E' pensando che egli può corrispondere nel migliore dei modi al compito affidatogli dal Creatore nel coltivare e custodire il giardino dell'Eden, dove si trova "l'albero della conoscenza del bene e del male" (Cf. Gn
Gn 2,15 Gn Gn 2,17 Cf. Fides et ratio Gn 22). Con il pensiero, dunque, ognuno compie un'esperienza, per così dire, di "auto-trascendenza": supera, infatti, se stesso e i limiti che lo costringono per avvicinarsi all'infinito.

4. Più si apre all'infinito, tuttavia, più l'uomo scopre il limite che porta in sé. Esperienza drammatica, perché mentre si immerge in nuovi spazi, egli scopre nello stesso tempo di non riuscire a procedere oltre. A questo s'aggiunge l'esperienza del peccato: l'esistenza umana ne è segnata, così che anche la ragione ne avverte il peso. Quasi a commento del testo della Genesi, un'espressione della Lettera a Diogneto, scritta agli albori della letteratura cristiana, permette di comprendere più a fondo questa condizione. Scrive l'autore ignoto: "In questo luogo fu piantato l'albero della scienza e l’albero della vita; non l’albero della scienza, ma la disobbedienza uccide" (XII,1). Ecco, dunque, il motivo reale della debolezza del pensiero e della sua incapacità ad innalzarsi oltre se stesso. E' la disobbedienza, segno della volontà d'indipendenza, che mina l'agire dell'uomo, rischiando di bloccare la sua ascesa verso Dio, anche nell'ambito della riflessione filosofica.

Quando la scienza si arrocca orgogliosamente in se stessa, corre il rischio di non esprimere sempre prospettive di vita; se, al contrario, si accompagna alla fede, allora è aiutata a guardare al bene dell'uomo. L'apostolo Paolo ammonisce: "La scienza gonfia mentre la carità edifica" (1Co 8,1). La fede, che si fa forte della carità e che in essa si esprime, suggerisce alla scienza un criterio di verità che guarda all'essenza dell'uomo e ai suoi veri bisogni.

5. In un contesto accademico come quello odierno, ritengo importante sottolineare un ulteriore aspetto di cui ho fatto menzione in Fides et ratio.Ho ribadito, nell'Enciclica, non solo la necessità ma l'urgenza di una ripresa di quel dialogo tra la filosofia e la teologia che, quando è stato ben realizzato, ha manifestato indubbi vantaggi sia per l'una che per l'altra. L'invito che ho rivolto perché si curi "con particolare attenzione la preparazione filosofica di chi dovrà annunciare il Vangelo all'uomo di oggi" (Fides et ratio, 105) è l'eco dello stesso invito fatto a suo tempo con forte convinzione dai Padri conciliari (Cf. Optatam totius OT 15). Mentre lo studio della filosofia, infatti, apre ai giovani studenti la mente per comprendere le esigenze dell'uomo contemporaneo e il suo modo di pensare e affrontare i problemi (Cf. Gaudium et spes GS 57), l'approfondimento della teologia permetterà di dare a queste richieste, la risposta di Cristo, "Via, Verità e Vita" (Jn 14,6), orientando lo sguardo verso il senso pieno dell'esistenza.

In un momento in cui sembra emergere il dato della frammentarietà del sapere, è importante che la teologia per prima trovi forme che permettano l'identificazione dell'unità fondamentale che collega fra loro i vari cammini di ricerca, mostrandone la meta ultima nella verità rivelata da Dio in Gesù Cristo. In quest'ottica, da una filosofia aperta al mistero e alla sua rivelazione la stessa teologia potrà essere sostenuta nel far comprendere che l'intelligenza dei contenuti di fede favorisce la dignità dell'uomo e la sua ragione.

6. Recuperando quanto è stato patrimonio del pensiero cristiano, ho scritto che il rapporto tra la teologia e la filosofia dovrebbe realizzarsi "all'insegna della circolarità" (Fides et ratio, 73), come è stato anche ricordato poc'anzi dal Cardinale Ratzinger. In questo modo sia la teologia che la filosofia, si aiuteranno reciprocamente per non cadere nella tentazione di imbrigliare nelle secche di un sistema la novità perenne che è racchiusa nel mistero della rivelazione portata da Gesù Cristo. Essa resterà sempre con la sua carica di radicale novità, che mai nessun pensiero potrà spiegare pienamente né esaurire.

La verità può essere accolta sempre e solo come un dono pienamente gratuito che viene offerto da Dio e che nella libertà deve essere ricevuto. La ricchezza di questa verità si inserisce nel tessuto umano e chiede di essere espressa nella molteplicità delle forme che costituiscono il linguaggio dell'umanità. I frammenti di verità che ognuno porta con sé devono tendere a ricomporsi con quella verità unica e definitiva che trova in Cristo la sua forma perfetta. In lui la verità sull'uomo viene donata nello Spirito Santo senza misura (Cf. Gv Jn 3,34) in modo da suscitare un pensiero che è debitore non più alla sola ragione ma anche al cuore. Di questo pensiero profondo e fecondo è testimonianza quella "scienza dei santi" che un anno fa mi indusse a proclamare "dottore della Chiesa" Santa Teresa di Lisieux, sulla scia di tanti santi, uomini e donne, che hanno segnato in maniera significativa la storia del pensiero cristiano sia teologico che filosofico. E' ora che l'esperienza e il pensiero dei santi siano più attentamente e sistematicamente valorizzati per l'approfondimento delle verità cristiane.

7. Teologi e filosofi, secondo le esigenze delle rispettive discipline, sono chiamati a guardare all'unico Dio che si rivela nella creazione e nella storia della salvezza come alla fonte perenne del loro lavoro. La verità che viene "dall'alto", come la storia dimostra, non pregiudica l'autonomia della conoscenza razionale, ma la spinge verso ulteriori scoperte che creano un autentico progresso per l'umanità, favorendo l'elaborazione di un pensiero capace di giungere all'intimo dell'uomo, facendovi maturare frutti di vita.

Affido queste prospettive e questi auspici all'intercessione di Colei che è invocata quale "Sede della Sapienza" e, mentre ne invoco la costante protezione su di voi e sulla "fucina di pensiero" che è chiamata ad essere questa vostra Università, a tutti imparto la mia affettuosa Benedizione.




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