GP2 Discorsi 1998 251

251 2. Con la fondazione della vostra Unione, quei giuristi intesero rispondere all'esigenza di ritrovare il fondamento autentico del diritto, sottraendo quest'ultimo all'arbitrarietà di un uso politico ispirato alla logica del più forte. Essi videro nel diritto naturale il solido e autentico fondamento della legge positiva e fecero di tale convinzione il riferimento costante della loro attività scientifica.

In questi cinquant'anni, il vostro Sodalizio si è impegnato a favorire lo sviluppo dell'ordinamento giuridico in aderenza alla Carta costituzionale italiana del 1948, e soprattutto alle tre fondamentali direttive contenute nella prima parte: il principio personalista, il principio pluralista ordinato secondo il criterio di sussidiarietà, il principio della preesistenza dei diritti della persona e delle comunità rispetto ad ogni concessione da parte dello Stato.

Guardando a tali direttive, i Soci dell'Unione hanno svolto il ruolo di coscienza critica nella più larga comunità dei giuristi italiani, sia richiamando i valori della Costituzione ogni qualvolta il volgere dell'esperienza giuridica metteva in luce divari crescenti, sia trovando in quei valori la soluzione delle questioni nuove poste dal progresso scientifico e tecnologico. A tali nobili motivazioni si ispirò lo strenuo impegno culturale dei giuristi cattolici italiani contro la legge del divorzio, nel 1970, e quella dell'aborto, nel 1978, nonché il loro pregevole contributo sulle tematiche dell'ecologia e della bioetica, in tempi nei quali esse non erano ancora oggetto di attenzione da parte della cultura giuridica in Italia.

Come non compiacersi del considerevole e qualificato cammino da voi percorso in questi cinque decenni? Come non ringraziare il Signore per la passione e la competenza con la quale in mezzo secolo di storia l'Unione Giuristi Cattolici Italiani ha sostenuto il primato della persona e l'istanza del bene comune, dinanzi all'evoluzione della società e dell'esperienza giuridica?

Il motto "Da cinquant'anni per la giustizia del diritto", che avete scelto per questa ricorrenza giubilare, richiama alla memoria la costante fedeltà dei giuristi credenti all'etica ed esprime il vostro rinnovato impegno a porvi al servizio di un diritto ispirato ai grandi valori umani e cristiani. Continuerete così ad offrire alla società italiana ed alla scienza giuridica un contributo che appare sempre più utile ed apprezzato.

3. La vostra Associazione ha tenuto come costante riferimento l'affermazione del diritto naturale, considerandolo fondamentale per la promozione autentica della persona e della società.

Tale riferimento rappresenta oggi un significativo punto di contatto con la moderna dottrina giuridica, nella quale esiste un consenso universale sulla tematica dei diritti umani, che incarna le antiche istanze del giusnaturalismo.

Preoccupazione comune dei giuristi è dare oggi piena effettività ai diritti umani di fronte alle loro gravi violazioni, che si registrano in diverse parti del mondo nonostante le solenni affermazioni di principio. Ma tale proposito rischia di conseguire esiti modesti o di confondere autentici diritti con rivendicazioni soggettive ed egoistiche, se manca un largo ed universale consenso sul loro fondamento. Risulta, pertanto, lodevole e meritorio il vostro sforzo per l'affermazione di un sano giusnaturalismo, che costituisce l'unica garanzia per fondare in maniera certa ed assoluta i diritti umani.

4. Il Convegno che state celebrando in questi giorni ha per tema: "La solidarietà tra etica e diritto". Nella prospettiva del nuovo millennio, avete voluto individuare nella tematica della solidarietà quasi lo sbocco logico della riflessione sul diritto naturale, svolta per un cinquantennio dalla vostra Associazione.

Si tratta di un argomento quanto mai importante, strettamente connesso con quello del diritto naturale: infatti, nella dimensione della solidarietà si esprime un diritto che non è arbitrario strumento nelle mani del più forte, ma sicuro mezzo di giustizia.

Formulo voti che tali tematiche, destinate ad orientare la ricerca dei Giuristi cattolici, contribuiscano a contrastare efficacemente concezioni individualistiche che snaturano il diritto positivo riducendolo a mera esplicitazione delle pretese individuali, senza tener conto delle esigenze di giustizia e dei doveri di solidarietà.

252 Con tali auspici, affido ciascuno di voi ed il vostro lavoro alla materna protezione della Sedes Sapientiae ed invoco la costante assistenza divina, mentre, in pegno dei celesti favori, imparto di cuore a tutti la Benedizione Apostolica.

PREGHIERA DEL SANTO PADRE


A PIAZZA DI SPAGNA PER LA SOLENNITÀ


DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE


DELLA BEATA VERGINE MARIA


Martedì 8 dicembre 1998

1. O Maria!

Eccoci nuovamente ai tuoi piedi,
nel giorno in cui celebriamo la tua Immacolata Concezione,
e ti supplichiamo, quale figlia prediletta del Padre,
perché, durante quest'ultimo anno di preparazione
al Grande Giubileo del Duemila,
ci insegni a camminare uniti verso la casa paterna,
per formare dell'intera umanità una sola famiglia.

2. O Maria!
253 Fin dal primo istante dell'esistenza,
tu sei stata preservata dal peccato originale,
in forza dei meriti di Gesù,
di cui dovevi diventare la Madre.
Su di te il peccato e la morte non hanno potere.

Dal momento stesso in cui fosti concepita,
hai goduto del singolare privilegio di essere ricolmata
della grazia del tuo Figlio benedetto,
per esser santa come Egli è santo.
Per questo il celeste messaggero,
inviato ad annunciarti il disegno divino,
254 a te si rivolse salutandoti:
"Rallègrati, o piena di grazia" (
Lc 1,28).

Sì, o Maria, tu sei la piena di grazia,
tu sei l'Immacolata Concezione.
In te si compie la promessa fatta ai progenitori,
primordiale vangelo di speranza,
nell'ora tragica della caduta:
"Io porrò inimicizia tra te e la donna,
tra la tua stirpe e la sua stirpe" (Gn 3,15).

La tua stirpe, o Maria,
è il Figlio benedetto del tuo seno Gesù,
255 Agnello immacolato che ha preso su di sé
il peccato del mondo, il nostro peccato.
Il tuo Figlio, o Madre, ha preservato te,
per offrire a tutti gli uomini il dono della salvezza.
Per questo, di generazione in generazione,
i redenti non cessano di ripeterti le parole dell'Angelo:
"Rallègrati, piena di grazia, il Signore è con te" (
Lc 1,28).

3. O Maria!
Da Oriente ad Occidente, fin dagli inizi,
il Popolo di Dio professa con fede che tu sei la tutta pura,
la tutta santa, la Madre eccelsa del Redentore.
256 Lo attestano unanimi i Padri della Chiesa,
lo proclamano i pastori, i teologi
ed i più grandi confessori della fede.

Nel 1854, poi, il mio venerato predecessore,
il Pontefice Pio IX, riconobbe ufficialmente
la verità di questo tuo privilegio.
A perenne memoria di quell'evento,
fu eretta qui, nel cuore di Roma, questa Colonna,
da dove tu vegli materna sulla Città.
Da allora, ogni anno, in questa tua festa solenne,
la Chiesa e la città di Roma con il suo Vescovo
257 vengono, qui in Piazza di Spagna,
ad onorare te, segno per tutti gli uomini di sicura speranza.

Con questo annuale atto di venerazione
noi professiamo di voler tornare
al disegno originario ed eterno del nostro Creatore e Padre,
e ripetiamo con l'apostolo Paolo:
"Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo ...
In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo,
per essere santi e immacolati al suo cospetto" (
Ep 1,3-4).

4. O Maria!
Tu sei la testimone di quest'originaria elezione.
258 Guidaci tu, o Madre, che conosci la Via!
A Te, Immacolata Concezione,
si affida quest'oggi il Popolo di Dio
e l'intera città di Roma.
Proteggici sempre e guidaci tutti
sulle vie della santità.

Amen!



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II


AI FEDELI BRASILIANI IN OCCASIONE DELL’APERTURA


DELLA CAMPAGNA DI FRATERNITA’ 1999




Carissimi Fratelli e Sorelle del Brasile!

«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna» (Mt 20,1).

1. Con queste parole della Sacra Scrittura, desidero unirmi a tutta la Chiesa che è in Brasile, per dare inizio alla Campagna della Fraternità di quest'anno, che ha come tema: «La Fraternit à e la Disoccupazione». Procediamo risolutamente verso il Giubileo dell'Anno 2000 e, in questa prospettiva, ribadisco che «l'impegno per la giustizia e per la pace in un mondo come il nostro, segnato da tanti conflitti e da intollerabili disuguaglianze sociali ed economiche, è un aspetto qualificante della preparazione e della celebrazione del Giubileo » (Tertio Millennio adveniente TMA 51).

2. Indubbiamente poter lavorare nella vigna del Signore è un dono divino. Questa visione del possesso definitivo del Regno dei cieli, presentata nella parabola dei lavoratori della vigna, non esclude, anzi rafforza il bisogno di comprendere il diritto al lavoro in questo mondo. La Quaresima, come momento forte di conversione a Dio, mediante la penitenza e la preghiera, è occasione di riflessione e di proponimenti affinché tutti gli uomini e le donne di buona volontà si sentano protagonisti «della "civiltà dell'amore" fondata sui valori universali di pace, solidarietà, giustizia e libertà, che trovano in Cristo la loro piena attuazione» (Tertio Millennio adveniente TMA 52). Il pane è «frutto del lavoro dell'uomo»; lo sconcertante fenomeno mondiale della disoccupazione e della sottoccupazione deve quindi interpellare sempre più la coscienza di tutti i cristiani, di fronte all'angosciante interrogativo proposto dalla Campagna della Fraternità: «Senza lavoro... perché?» (cfr Enciclica Sollicitudo rei socialis SRS 18).

259 3. Nel formulare voti affinché si utilizzino tutti i mezzi possibili, già da me suggeriti, per alleviare il dramma della disoccupazione, nella celebrazione della Giornata Mondiale della Pace di quest'anno (n. 8), invoco un'abbondante luce dall'Alto e la benedizione per tutti coloro che mi ascoltano.

Lodato sia Nostro Signore Gesù Cristo!

Dal Vaticano, 8 dicembre 1998

IOANNES PAULUS PP. II



GIOVANNI PAOLO II


AI MEMBRI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DELL'AUSTRALIA IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"


14 dicembre 1998

Caro Cardinale Clancy,

Cari Fratelli Vescovi,

1. Vi porgo un cordiale saluto, Vescovi dell’Australia, con le parole dell’Apostolo Pietro: «Pace a voi tutti che siete in Cristo» (1P 5,14). La vostra visita ad Limina si svolge contemporaneamente all’Assemblea Speciale per l’Oceania del Sinodo dei Vescovi, in occasione della quale, fra le gioie e le ansie del vostro servizio sacerdotale, siete entrati nel colloquium fraternitatis con i vostri fratelli Vescovi della Nuova Zelanda, della Papua Nuova Guinea, delle Isole Salomone e di tutta la regione del Pacifico sulla centralità di Cristo, la Via, la Verità e la Vita dei popoli del vostro continente. I rappresentanti della vostra Conferenza hanno incontrato vari responsabili dei Dicasteri della Santa Sede per discutere aspetti del vostro ministero nella situazione particolare della Chiesa nel vostro Paese. Desidero incoraggiarvi a rivolgervi alle forze profonde della comunità cattolica in Australia che, fra cambiamenti spesso sconcertanti, continua ad ascoltare la Parola di Dio e a recare abbondanti frutti di santità e di servizio evangelico.

2. I vostri incontri con alcune Congregazioni della Curia Romana sono stati incentrati sulle questioni della dottrina e della morale, della liturgia, del ruolo del Vescovo, dell’evangelizzazione e della missione, del sacerdozio, della vita religiosa e dell’educazione cattolica. In ognuna di queste aree la vostra personale responsabilità di Vescovi è assolutamente vitale e sarà il tema fondamentale di queste brevi riflessioni. A partire dal Concilio Vaticano II, la figura del Vescovo diocesano è emersa con nuovo vigore e nuova chiarezza. Con i vostri fratelli Vescovi, e in unione con il Successore di Pietro, avete ricevuto per opera dello Spirito Santo il compito di prendervi cura della Chiesa di Dio, la sposa acquisita al prezzo del sangue del Figlio Unigenito, il Signore Gesù Cristo (cfr Ac 20,28). I Vescovi sono «la fonte visibile e il fondamento dell’unità nelle loro Chiese particolari», proprio come il Successore di Pietro è «la fonte perpetua e visibile dell’unità» di tutti i Vescovi e con loro di tutto il Corpo dei fedeli. Poiché le Chiese particolari, presiedute dai rispettivi Vescovi, rappresentano una porzione del Popolo di Dio affidata al governo pastorale dei Vescovi, non sono complete in se stesse, ma esistono in e attraverso la comunione con la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica. Per questo motivo «tutti i Vescovi, infatti, devono promuovere e difendere l’unità della fede e la disciplina comune a tutta la Chiesa» (Lumen gentium LG 23). Ogni singolo Vescovo, dunque, è chiamato ad assumersi una piena responsabilità, opponendosi risolutamente a tutto ciò che può danneggiare la fede che è stata trasmessa (cfr 1Co 4,7). Affinché il suo ministero di santificare, insegnare e governare sia veramente efficace, è ovvio che lo stile di vita di un Vescovo deve essere irreprensibile: deve apertamente lottare per la santità e consacrarsi generosamente e senza esitazioni al servizio del Vangelo.

3. Recentemente, la comunità cattolica in Australia ha sperimentato una notevole espansione. La vostra è la storia degna di nota di una grande istituzione, edificata in breve tempo nonostante le risorse limitate. Diocesi, parrocchie, comunità religiose, scuole, seminari, organizzazioni di ogni tipo sono apparse a testimoniare la forza della fede cattolica nel vostro Paese e l’immensa generosità di quanti l’hanno portata.

Ora, forse, sembra che questo slancio stia rallentando e che la Chiesa in Australia si trovi di fronte a una situazione complessa che esige un attento discernimento da parte dei Vescovi e una risposta fiduciosa e seria da parte di tutti i cattolici. L’interrogativo di fondo riguarda il rapporto fra la Chiesa e il mondo. Esso è stato fondamentale per il Concilio Vaticano II e resta tale per la vita della Chiesa più di trent’anni dopo. La risposta che daremo a questo interrogativo determinerà la risposta che daremo a una gamma di altri importanti e concreti interrogativi. L’avanzata secolarizzazione della società comporta la tendenza a far sfumare i confini fra la Chiesa e il mondo. Alcuni aspetti della cultura dominante possono condizionare la comunità cristiana in modi che il Vangelo non permette. A volte manca la volontà di sfidare le premesse culturali come esige il Vangelo. Ciò spesso si accompagna a un approccio acritico al problema del male morale e alla riluttanza a riconoscere la realtà del peccato e il bisogno di perdono. Questo atteggiamento incarna una visione troppo ottimistica della modernità, insieme a un certo disagio di fronte alla Croce e alle sue implicazioni per la vita dei cristiani. Si dimentica il passato troppo facilmente e si enfatizza talmente il presente che il senso del soprannaturale si indebolisce. Un rispetto distorto per il pluralismo conduce a un relativismo che mette in dubbio le verità insegnate dalla fede e accessibili alla ragione umana; ci, a sua volta, porta alla confusione circa l’essenza della libertà autentica. Tutto questo causa incertezza sul contributo peculiare che la Chiesa è chiamata a offrire al mondo. Nel parlare del dialogo della Chiesa con il mondo, Papa Paolo VI usò l’espressione colloquium salutis; non solo dialogo per amor suo, ma un dialogo che trova la sua fonte nella Verità e cerca di comunicare la Verità che libera e salva. Il colloquium salutis esige che la Chiesa sia diversa proprio per amore del dialogo. La fonte inesauribile di tale diversità è la forza del Mistero pasquale che proclamiamo e comunichiamo. É nel mistero pasquale che scopriamo la verità assoluta e uni versale la verità su Dio e sulla persona umana che è stata affidata alla Chiesa, la quale la offre agli uomini e alle donne di ogni epoca. Noi Vescovi non dobbiamo mai perdere la fiducia nella chiamata che abbiamo ricevuto, la chiamata a una diakonia umile e tenace di quella verità. La fede apostolica e la missione apostolica che abbiamo ricevuto ci impongono l’obbligo solenne di comunicare la verità tutti i livelli del nostro ministero.

4. Poiché il Vescovo è «distributore della grazia del supremo sacerdozio» (Lumen gentium, LG 26), il suo servizio alla verità ha un’applicazione specifica e primaria nella vita liturgica della sua Diocesi. Deve fare tutto il necessario per assicurare che la liturgia attraverso la quale «si attua l’opera della nostra redenzione» (Sacrosanctum concilium SC 2) rimanga fedele alla sua più intima natura: lode e adorazione del Padre Eterno (cfr ibidem, n. 7). É particolarmente importante per il Vescovo offrire un sano insegnamento della teologia liturgica e della spiritualità nei seminari e in istituzioni simili. Deve anche vegliare sulla creazione delle risorse di cui ha bisogno la sua Diocesi, sotto forma di sacerdoti, diaconi e laici istruiti appositamente, di commissioni funzionanti e di gruppi di lavoro per la promozione della liturgia, della musica e dell’arte liturgiche e per la costruzione e il mantenimento di chiese che, con il loro stile e i loro arredi, siano in stretta armonia con i valori fondamentali della tradizione cattolica. Inoltre, sia fra i membri del clero sia fra i laici, devono esistere strumenti idonei per la formazione permanente e per una catechesi costante circa il significato più profondo delle varie celebrazioni liturgiche. In molti casi, sardi aiuto unire le proprie risorse a quelle delle Diocesi vicine o comunque a Ecco una nostra traduzione italiana del saluto rivolto al Papa dal Card. Edward Bede Clancy, Arcivescovo di Sydney e Presidente della Conferenza Episcopale: Santissimo Padre, noi, Vescovi dell’Australia, le porgiamo i nostri saluti filiali in occasione della nostra visita ad Limina presso la Santa Sede. Le portiamo anche i saluti del popolo cattolico dell’Australia, dei sacerdoti, dei diaconi, dei religiosi e dei fedeli laici. Il ricordo della sua visita in Australia nel 1986 è ancora vivo, così come quello della più recente visita nel 1995 per la Beatificazione di Madre Mary MacKillop. É sempre nei nostri pensieri e nelle nostre preghiere mentre ogni giorno soddisfa le difficili esigenze del suo ministero nella Chiesa universale. Siamo giunti a Roma anche per prendere parte al Sinodo speciale per l’Oceania e speriamo di aver tra quelle esistenti in tutta la nazione. Tali misure non dovrebbero ridurre il compito del Vescovo di ordinare, di promuovere e di tutelare la vita liturgica della Chiesa particolare (cfr Vicesimus quintus annus, n. 21). Poiché il sacrificio della messa è «fonte e apice di tutta la vita cristiana» (Lumen gentium LG 11), vi incoraggio a esortare i sacerdoti e i laici a voler fare sacrifici concreti per far sì che la Messa domenicale venga celebrata e seguita. Le generazioni precedenti di cattolici dell’Australia hanno dimostrato la profondità della loro fede attraverso l’ossequio all’Eucaristia e agli altri Sacramenti. Quello spirito è parte integrante della vita cattolica, parte della nostra tradizione spirituale che deve essere riaffermata.

260 5. Nel preparare e nel celebrare il prossimo Grande Giubileo quale tempo di conversione e di riconciliazione, c’è ampio spazio per un grande sforzo di catechesi in rapporto al Sacramento della Penitenza. Oggi è possibile e necessario superare alcune applicazioni superficiali delle scienze umane nell’approccio alla formazione delle coscienze. La Chiesa in Australia dovrebbe invitare i cattolici a riscoprire il mistero salvifico dell’amore e della misericordia del Padre attraverso quell’esperienza umana, trasformatrice e profondissima che è la confessione individuale, completa con la relativa assoluzione. Come sottolinea il Catechismo della Chiesa Cattolica, è l’unico modo ordinario grazie al quale i fedeli si riconciliano con Dio e con la Chiesa (n. 1484). La natura personale del peccato, della conversione, del perdono e della riconciliazione è il motivo per cui il Secondo Rito di Penitenza esige la confessione personale dei peccati e l’assoluzione individuale. Per questo stesso motivo la confessione e l’assoluzione generali sono adatte soltanto nei casi di grave necessità, previsti con chiarezza dalle norme liturgiche e canoniche. Quali primi responsabili della vita e della disciplina ecclesiale, saprete certamente spiegare ai fedeli le ragioni teologiche, pastorali e antropologiche della pratica ecclesiale, secondo la quale i ragazzi che hanno raggiunto l’età della ragione ricevono il Sacramento della Penitenza prima della loro Prima Santa Comunione (cfr Canone 914). É in gioco il rispetto per l’integrità del loro rapporto personale e individuale con Dio.

6. Come è stato più volte ripetuto durante l’attuale Sinodo, esiste un nesso diretto fra il ministero del Vescovo e la condizione del sacerdozio nella sua Diocesi, sia riguardo alla scelta di candidati idonei al sacerdozio sia all’esercizio del ministero sacerdotale. Avete osservato un calo nel numero di coloro che rispondono alla chiamata di Dio al sacerdozio e alla vita religiosa, un calo nel numero di quanti svolgono il ministero attivo e anche l’età sempre più avanzata di quanti attualmente servono la Chiesa. Avete giustamente cercato di risolvere questo problema pastorale con la preghiera e con vari programmi di promozione vocazionale. Il fatto che la carenza di vocazioni non si verifichi ovunque con la stessa intensità indicherebbe che l’ideale dell’impegno, del servizio e del dono incondizionato di sè per amore di Gesù Cristo parla ancora a molti cuori, in particolare laddove i giovani trovano sacerdoti che vivono, il più radicalmente possibile, l’amore del Buon Pastore che «offre la sua vita per le pecore» (
Jn 10,11 Pastores dabo vobis PDV 40). Oggi, la nuova generazione di cattolici dimostra una notevole capacità di rispondere alla chiamata a una vita spirituale generosa ed esigente proprio perchè percepisce rapidamente che la dominante cultura

egocentrica è incapace di soddisfare le necessità più profonde del cuore umano. In questa ricerca attende di essere guidata. Ha bisogno di testimoni autentici del messaggio evangelico. In vari modi il calo del numero dei sacerdoti nel ministero attivo è controbilanciato da un’accresciuta partecipazione dei laici alla vita parrocchiale. I laici, uomini e donne, operano spesso a stretto contatto con i parroci nei settori liturgici, nella catechesi, nell’amministrazione pratica della parrocchia e nello sforzo di attirare altre persone verso la Chiesa per mezzo della loro opera e del loro apostolato (cfr Apostolicam actuositatem AA 10). Spetta al Vescovo organizzare in maniera adeguata questa collaborazione, in particolare assicurando che il parroco non venga percepito solo come un ministro fra tanti, con una particolare responsabilità per i sacramenti, ma il cui ufficio dottrinale e il cui governo sono limitati dalla volontà della maggioranza o di una minoranza influente. Il senso australiano di uguaglianza non deve essere utilizzato come pretesto per privare il parroco dell’autorità e dei doveri pertinenti al suo ufficio, dando l’impressione che il sacerdozio ministeriale sia meno essenziale per la comunità ecclesiale locale. Ogni Vescovo riconosce l’importanza della vicinanza ai suoi sacerdoti, poiché per loro è un padre che li conferma e li corregge quando necessario. In un clima culturale dominato dal pensiero soggettivo e dal relativismo morale, la trasmissione della fede e la presentazione dell’insegnamento e della disciplina della Chiesa devono essere un motivo di grave preoccupazione per i Successori degli Apostoli. Purtroppo, l’insegnamento del Magistero si scontra con riserve e dubbi, tendenza questa che viene alimentata dall’interesse dei mezzi di comunicazione sociale per il dissenso, o in alcuni casi dall’intenzione di utilizzare i mezzi di comunicazione sociale come uno stratagemma per costringere la Chiesa a cambiamenti che non può operare. Il compito del Vescovo non consiste nell’uscire vincitore dalle dispute, ma nel conquistare anime per Cristo, non nell’impegnarsi in dispute ideologiche, ma nell’ingaggiare una lotta spirituale in nome della verità, non nel preoccuparsi della propria rivincita o promozione, ma nel proclamare e nel diffondere il Vangelo.

7. É necessario annunciare la verità con chiarezza, con amore e con fiducia poiché la verità che proclamiamo appartiene a Cristo ed è infatti la verità cui tutti anelano, indipendentemente da quanto possano sembrare privi di interesse o contrari ad essa. Il nostro colloquium salutis produrr buoni risultati solo se lo Spirito Santo respirerò attraverso il nostro essere e diverrà la nostra voce. In questo momento di comunione, dunque, invochiamo quello stesso Spirito Santo «la cui venuta è gentile» come dice san Cirillo di Gerusalemme «il cui fardello è così leggero... poiché esso viene per salvare, curare, insegnare, ammonire, rafforzare, esortare e illuminare la mente» (Catechesi, XVI, 16). Raccomando alle vostre preghiere e alle vostre riflessioni, alla vostra responsabilità e alla vostra azione, il documento che riassume i vostri incontri con i vari Dicasteri della Santa Sede. Tutti noi sappiamo che il triplice ministero episcopale di insegnare, santificare e governare è difficile e spesso pesante e che implica il dolore e la Croce. Tuttavia, come il Documento stesso afferma: «Dal mistero della Croce apprendiamo una sapienza che trascende la nostra debolezza e i nostri limiti: apprendiamo che in Cristo la verità e l’amore sono un tutt’uno, e in lui troviamo il significato della nostra vocazione» (n. 17). É soprattutto la Madre del Redentore che, con il suo Magnificat pieno di Spirito, ci porta a lodare Dio che ci ha chiamato «dalle tenebre alla sua ammirabile luce» (1P 2,9). Che Maria, Ausilio dei cristiani, vegli sul vostro Paese e sul suo popolo! In pegno di grazia e di pace in Colui che è sempre «la Via, la Verità e la Vita» (Jn 14,6), imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica a voi e ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici che vivono in Australia.


GIOVANNI PAOLO II


ALLA DELEGAZIONE DELLA REPUBBLICA DI CROAZIA


15 dicembre 1998




Signor Vice-Primo Ministro e distinte autorità,
Venerati fratelli nell'Episcopato,
Egregi Signori,

In occasione dello scambio degli strumenti di ratifica dell'Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica di Croazia circa questioni economiche, che ha avuto luogo ieri in questo Palazzo Apostolico, voi avete voluto esprimere al Papa sensi di devozione e di riconoscenza. Ve ne ringrazio di cuore. Grazie, poi, per avere ricordato la mia seconda Visita Apostolica in Croazia, che rimane profondamente impressa nel mio cuore. Per l'intercessione del beato Cardinale Alojzije Stepinac, chiedo al Signore che tale Visita continui ad apportare molti frutti, per il bene di tutti i membri della cara Nazione Croata.

Saluto ben volentieri la Vostra Delegazione, guidata dal Dott. Jure Radic, Vice-Primo Ministro e Presidente della Commissione Statale per i Rapporti con le comunità religiose. Rivolgo poi un cordiale saluto ai rappresentanti della Conferenza Episcopale Croata, con a capo Sua Eccellenza Mons. Josip Bozanic, Arcivescovo di Zagabria.

Con l'Accordo sulle questioni economiche, felicemente raggiunto tra la Santa Sede e la Repubblica di Croazia, si è cercato di riparare alle ingiustizie causate in passato dalla confisca dei beni ecclesiastici e si è voluto fornire alla Chiesa Cattolica i mezzi necessari per svolgere la sua attività pastorale. La Chiesa ha sempre rivendicato il diritto di possedere e di amministrare dei beni temporali. Essa però non chiede privilegi in tale campo, bensì la possibilità di adoperare i mezzi a sua disposizione per una triplice finalità: "ordinare il culto divino, provvedere ad un onesto sostentamento del clero e degli altri ministri, esercitare opere di apostolato sacro e di carità, specialmente a servizio dei poveri" (can. 1254 § 2 del CIC). Ho rilevato con soddisfazione che tale finalità indicata nel Codice di Diritto Canonico, è ben presente anche nel testo dell'Accordo.

261 Esso rappresenta anche una sfida per la Chiesa e per lo Stato. La Chiesa Cattolica dovrà ripensare, tra l'altro, il modo adeguato del sostentamento del clero, secondo le indicazioni del Concilio Vaticano Secondo, adoperandosi per un sostegno equo e dignitoso ai suoi ministri (cfr. Presbyterorum Ordinis PO 20-22). Essa dovrà, poi, riorganizzare e potenziare la propria attività d'indole sociale e caritativa. Da parte sua, lo Stato dovrà risarcire le ingiustizie del passato e, riconoscendo il valore di utilità sociale del lavoro della Chiesa, rendere possibile la sua attività, tendente ad alleviare le necessità dei fratelli meno agiati, che devono essere oggetto di particolare e concorde cura dello Stato e della Chiesa.

Formulando i migliori voti per una corretta applicazione dell'Accordo, a beneficio di tutti, imparto di cuore su voi qui presenti e sull'intera Croazia, la Benedizione Apostolica, che accompagno con i più fervidi auguri di Buon Natale.

Siano lodati Gesù e Maria!


GIOVANNI PAOLO II


AI NUOVI AMBASCIATORI DELLA NIGERIA,


GUYANA, KIRGIZISTAN E MONGOLIA


PRESSO LA SANTA SANTA SEDE


IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE


DELLE LETTERE CREDENZIALI


Giovedì, 17 dicembre 1998




Eccellenze,

1. Vi accolgo con gioia mentre presentate le Lettere che vi accreditano come Ambasciatori straordinari e plenipotenziari dei vostri Paesi presso la Santa Sede: la Guyana di cui ricevo per la prima volta il rappresentante, la Nigeria, il Kirghizstan e la Mongolia. In questa occasione, saluto i Responsabili di ognuna delle vostre nazioni, così come i vostri concittadini. Ringrazio vivamente i vostri Capi di Stato per i messaggi che mi hanno rivolto e vi sarei grato se li contraccambiaste esprimendo i miei sentimenti deferenti e i miei migliori voti per la loro persona e per la loro alta missione al servizio dei loro popoli.

2. Nella Bolla per l’indizione del Grande Giubileo, ho ricordato la necessità «di creare una nuova cultura di solidarietà e cooperazione internazionali» (n. 12). É in effetti indispensabile che, all’alba del terzo millennio, l’umanità s’impegni risolutamente su questa via, affinché tutti i popoli conoscano una speranza nuova, in una società sempre più equa. In questa prospettiva, rinnovo il mio auspicio di vedere riesaminata la questione del debito che grava su numerosi Paesi poveri; ciò impedisce loro di realizzare progressi significativi a favore del benessere delle loro popolazioni e conduce a situazioni di violenza spesso incontrollabili. Tuttavia, conviene anche agire con vigore sulle cause dell’indebitamento, soprattutto riducendo le spese inutili ed eccessive, retribuendo più equamente i Paesi produttori e facendo in modo che i fondi della solidarietà internazionale pervengano effettivamente alle popolazioni alle quali sono destinati.

3. In questo anno in cui si celebra il cinquantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, rendo omaggio ai progressi della ricerca di maggiore giustizia e libertà fra gli uomini e nelle società. Gli stessi diritti vengono ormai riconosciuti formalmente a tutte le persone e a tutti i popoli. Schernirli è diventato per ogni coscienza un attentato intollerabile alla dignità umana. Eppure tragiche situazioni d’ingiustizia, di povertà estrema e di violazione dei diritti umani sono ancora una piaga aperta nel fianco dell’umanità. Nuove forme di schiavitù, frutto di una cultura della morte, si manifestano ai nostri giorni, privando della loro liberte emarginandoli molti uomini, donne e bambini. É dovere dei responsabili delle nazioni adoperarsi instancabilmente per far scomparire queste piaghe che sviliscono e asserviscono l’uomo, al fine di stabilire rapporti sociali che permettano a ognuno di vivere degnamente e nel rispetto della sua natura di figlio di Dio.

4. Infine, rinnovo il mio fervente auspicio di vedere instaurarsi ovunque una pace duratura, in particolare nel continente africano. I combattimenti che ancora vi si svolgono non possono che accrescere lo spirito di odio e di vendetta fra le nazioni e fra i gruppi umani che le costituiscono. La pace è così nuovamente minacciata in Medio Oriente, soprattutto in Iraq da dove ci giungono notizie allarmanti. La riconciliazione, fondata sul dialogo, la giustizia e il diritto di ognuno e di ogni popolo a vivere nella sicurezza e il riconoscimento della sua specificità, è più che mai urgente. Spetta in particolare alla comunità internazionale promuovere quelle soluzioni che conducono alla concordia e al rinnovamento della vita in società, e assumersi le proprie responsabilità, per evitare derive che farebbero delle popolazioni le vittime innocenti.

5. Auspico che la missione che voi inaugurate oggi presso la Santa Sede vi offra numerose occasioni di scoprire la vita e le preoccupazioni della Chiesa universale. Su voi, sulle vostre famiglie, sui vostri collaboratori e sulle nazioni che rappresentate invoco l’abbondanza delle Benedizioni divine.


GIOVANNI PAOLO II


A UNA DELEGAZIONE TEDESCA


DA BAD SÄCKINGEN


Sabato, 19 dicembre 1998

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