Leone Magno - Capitolo V Le Sacre Scritture attestano la verità della carne del Cristo\i \244

Capitolo V Le Sacre Scritture attestano la verità della carne del Cristo\i \244


Dunque, per la strettissima unione delle due nature nell’unica persona, si può dire che il Figlio dell’uomo è disceso dal cielo, quando il Figlio di Dio, che è nato da quella Vergine dalla quale ha preso corpo umano, ha preso carne umana. E si aggiunge che lo stesso Figlio di Dio fu crocifisso e sepolto, dal momento che tali elementi (passibili) non possono essere situati nella divinità, per la quale il Figlio è coeterno e consostanziale al Padre, ma sono invece possibili nella fragilità della natura umana nella quale egli ha sofferto45.

44  Altra realtà, quella della verità della carne (= del corpo, della natura umana) del Signore Gesù, tanto cara ai Padri (cf. note 13 e 16); è quanto Leone ribadisce in questo V capitolo.
45  Occorre non dimenticare che san Leone M. - ancor diacono - aveva pensato di poter avere un aiuto da sant’Agostino (cf. Introduzione), né lo ha perso di vista; l’incipit del cap. V trova proprio un parallelo in un testo agostiniano, Contro gli Ariani, cap. VIII.


Perciò tutti quanti, nel simbolo  apostolico, confessiamo che l’unigenito Figlio di Dio fu appeso alla croce, fu sepolto, secondo che si legge presso l’Apostolo: Se l’avessero conosciuto, mai avrebbero crocifisso il Signore della maestà 46. Lo stesso Figlio di Dio spiega la sua natura agli apostoli quando vogliono sapere chi egli sia, facendo maturare la loro fede; domanda: Che cosa dicono di me gli uomini? Dicono che sono il Figlio dell’uomo? 47. Essi portano le diverse opinioni che correvano sul suo conto; chiede loro di nuovo: Ma voi, chi dite che io sia? 48. Me, proprio me, che sono il Figlio dell’uomo, me che potete vedere rivestito della forma di schiavo, me che osservate nella verità della carne (di un corpo vero e proprio), chi dite voi che io sia? In tutta risposta il beato Pietro, traendo però l’ispirazione dall’alto, emettendo una professione di fede che sarebbe servita a tutti i posteri, rispose: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo 49. E giustamente il Signore lo dice beato e dall’immagine della solidità della roccia lo disse Pietro, ricavandone il nome da essa, proprio Pietro che - per rivelazione del Padre - lo aveva appena definito come il Cristo, il Figlio del Dio vivo; perché uno solo di tali elementi, senza l’altro, non potrebbe giovare alla salvezza 50. Poteva nascondersi un duplice pericolo: o di riconoscere in Gesù Cristo Signore solamente Dio senza la natura di uomo; oppure di crederlo solamente un uomo e non anche Dio 51. Dopo la risurrezione del Signore (che fu realtà che riguardava un corpo vero e proprio, per il fatto che lo stesso che era stato crocifisso ed era morto, e non un altro, era colui che anche risuscitò), che altro significa il fatto che il Signore si trattenne sulla terra per 40 giorni, se non per voler confermare senza ambagi la pienezza della nostra fede, rimossa ogni caligine di dubbio? Parlando ripetutamente ai suoi discepoli, fermandosi sotto lo stesso tetto, mangiando con loro 52, e volendo essere toccato ripetutamente da essi, con attento esame per coloro che erano ancora preda del dubbio, ammettendoli alla sua presenza, egli entrò nel cenacolo dov’erano trincerati e, insufflando su di loro, faceva loro il dono dello Spirito Santo 53, e così illuminati per comprendere secondo l’intelligenza dello spirito, aprì loro il senso recondito delle Scritture sante 54; e poi mostrando di nuovo le ferite dei chiodi e la trafittura del costato e tutti gli altri segni gloriosi della recente passione, poteva dire loro: Osservate ben bene le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccate e vedete attentamente: uno spirito non può avere carne ed ossa (un corpo reale) come vedete che ho, invece, io 55. Tutto ciò veniva a confermare senz’ombra di esitazione che le proprietà individuali della natura divina e della natura umana continuavano a perdurare, al fine di dimostrare che il Verbo non si identificava con la carne 56, e affinché confessassimo che l’unico Figlio di Dio era l’uno e l’altro, ossia Verbo e carne. Si deve dire che codesto Eutiche è proprio vanesio, e come!, dato che ignora completamente tale mistero della nostra fede, dato che non riconosce la nostra natura nell’unigenito Figlio di Dio, né nell’umiltà della fragilità umana, né nella gloria della risurrezione. E neppure Eutiche ha paventato di andare contro l’attestazione dell’apostolo ed evangelista Giovanni, quando questi afferma risolutamente: È dalla parte di Dio ogni spirito che confessa che Gesù Cristo è venuto nella carne; ed ogni spirito che dissolve Gesù non appartiene a Dio, ed è un anticristo 57. E che cosa significa dissolvere Gesù, se non sottrargli la natura umana, e svuotare di significato, con argomenti fasulli, il sacramento che è il fondamento inconcusso della nostra salvezza? Colui che è immerso nella nebulosità circa la conoscenza della natura del corpo di Cristo, è evidente che concluderà con pari insipienza accecata anche per ciò che riguarda la passione del Signore. Dato che ritiene autentica la croce del Signore e non ha esitazioni di sorta circa il fatto che Gesù ha affrontato un vero e proprio sacrificio della croce per la salvezza del mondo 58, è necessario che creda che vi fu il corpo di colui che sa essere morto, e non negherà che sia uomo della nostra stessa sostanza, dal momento che riconosce che egli fu passibile; perché - per essere conseguenti - negata la verità della carne, dovrà negare anche che Gesù Cristo abbia sofferto la passione del corpo. Se dunque l’eretico accoglie la fede cristiana e non distorce l’ascolto dalla predicazione evangelica, osservi ben bene quale sia la natura che, appesa alla croce, è stata trapassata dai chiodi piantati nella croce stessa, ed aperto il costato ad opera della lancia di un soldato, capirà bene da dove siano sgorgati sangue ed acqua 59, così che la Chiesa di Dio venisse irrorata dal sangue del sacrificio e dall’acqua del battesimo 60. Se non altro presti attenzione al beato Pietro apostolo che va gridando che la santificazione dello Spirito avviene mediante l’aspersione del sangue di Cristo61. Non sia troppo facile e corrivo, quando legge le parole dell’apostolo: Ben sapendo che non a prezzo di oro e di argento, elementi corruttibili, siete stati riscattati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma siete stati comprati a prezzo del sangue prezioso di Cristo Gesù, quasi di agnello senza macchia e incontaminato 62. E non faccia resistenza alla voce dell’apostolo Giovanni che afferma: E il sangue di Cristo, Figlio di Dio, ci purifica da quasivoglia peccato 63; e di nuovo: Questa è la vittoria che vince il mondo, la nostra fede 64. E ancora: E chi è che vince il mondo, se non colui che crede che Gesù Cristo è il Figlio di Dio? Questi è colui che è venuto mediante l’acqua e il sangue, Gesù Cristo; non mediante solo l’acqua, ma mediante l’acqua e il sangue. Ad attestarlo è lo Spirito, poiché lo Spirito è verità. Dato che sono in tre a rendere testimonianza: lo Spirito, l’acqua e il sangue; e questi tre sono una realtà sola65. Ossia, intende dire, che sono certamente lo Spirito di santificazione, e il sangue della redenzione, e l’acqua del battesimo; poiché tali realtà, pur essendo tre, restano tuttavia nella loro individualità specifica, non staccate l’una dall’altra. La Chiesa cattolica ha il suo pilastro fondamentale in questa fede; con questa fede essa si sviluppa, poiché in Cristo Gesù non c’è vera umanità senza la divinità, né vera divinità senza l’umanità 66



46  Dall’Apostolo si passa al simbolo; tuttavia la citazione di 1 Cor. 2, 8 è un po’ singolare qui rispetto al dato del simbolo. Anche Dominus gloriae (come qui) o Dominus maiestatis, che discende dal testo cit. di san Paolo, è ricorrente nei Padri; cf., ad es., Cromazio, in Cristologia cromaziana (appunti), cit., p. 78: Dominus maiestatis aeternae, vicino a Christus Dei sapientia (nel testo di 1Co 1,24).
47 Mt. 16, 14.
48 Mt. 16, 15.
49 Mt. 16, 17.
50  È l’attenzione soteriologica del papa.
51  La prima interpretazione è quella di Eutiche (Cristo non avrebbe la natura umana); la seconda è di Nestorio (uomo, e non anche Dio).
52 Cf. Atti 1,4, ma pure Lc. 24, 42-43; Gv. 21,5.9-13.
53 Cf. Gv. 20, 22.
54 A senso da Lc. 24, 45; tale «lettura» è della massima importanza per la comprensione cristiana della Scrittura; i Padri non si stancano di ripeterlo in tutti i toni. È l’intelligenza dello spirito, è la valenza tipologica (o tipica) della Bibbia (meno bene detta allegorica); cf. H. De Lubac, Esegesi medievale ; ediz. Paoline, Roma 1962, soprattutto pp. 869 ss. Cf. anche quanto detto della teologia della «scuola» di Alessandria nell’ Introduzione.
55 Lc. 24, 39.
56 Più che Eutiche, era Nestorio che sosteneva ciò; ma - insomma - le due eresie finivano per negare, quale per un verso e quale per un altro, il vero essere di Cristo.
57    1 Gv. 4, 2-3. Cf. note 13.16.44.
58  Pro mundi salute: è il fine soteriologico della passione/morte del Signore Gesù; forse esemplato su Gv. 6, 52: pro mundi vita.
59  Evidentemente presente Gv. 19; 34; è interpretazione corrente nei Padri.
60  Il latino dice: Ut Ecclesia Dei et lavacro rigaretur et poculo; prosegue sulla linea interpretativa di Gv. 19, 34: il lavacro è il battesimo, il calice è l’Eucaristia.
61  Sembra quasi che Leone dica: ma quest’eretico ha mai messo l’occhio sulla Scrittura?
62 1 Pt. 1, 18-19.
63 1 Gv. 1,7.
64 1 Gv. 5, 4.
65 1 Gv. 5, 5-7.
66  Come si ha dalla conclusione, Leone ribadisce qual è il fulcro portante della fede cristiana: è l’essere di Cristo Dio e uomo insieme; tale fondamento giustificato dal fine salvifico dell’incamazione del Figlio di Dio (hac catholica Ecclesia fide vivit, hac proficit).


Capitolo VI La professione di fede di Eutiche è erronea e subdola.

Se rinsavirà, si dettano le condizioni perché sia riammesso alla comunione ecclesiale. Frattanto Leone invia i suoi delegati in Oriente



All’esame 67 cui avete sottoposto quell’Eutiche, egli emise questa confessione: Professo che il nostro Signore, prima che venissero a confluire insieme, egli constava di due nature; ma dopo che esse si sono congiunte, mi è giocoforza sostenere che egli possiede un’unica natura. Devo fare le mie più grosse meraviglie, prima di tutto perché nessuno di coloro che erano stati chiamati a giudicare Eutiche abbia mosso obiezione di sorta di fronte a una confessione tanto assurda e tanto perversa; un discorso tanto sciocco e tanto blasfemo, e messo da parte come se avesse detto la cosa più innocente del mondo, mentre tutti i giudici han potuto sentirlo senza muover ciglio. È affermazione empia sostenere che l’unigenito Figlio di Dio possedesse due nature prima di incarnarsi, e dopo l’incarnazione (il Verbo s’è fatto carne)68, Eutiche abbia avuto la spudoratezza di dire che ne conserva una soltanto! E non creda codesto Eutiche d’aver parlato in modo ineccepibile o in modo passabile, per il solo fatto che nessuno di voi lo ha rintuzzato. Perciò, fratello mio carissimo, ti ammonisco che se, per caso, per la misericordia di Dio, verrà ricondotto a ritrattare le sue assurdità, tu lo possa correggere (perché di uomo ignorante si tratta) anche da tale peste di errore. Eutiche, per la verità - come consta dagli atti trasmessi - aveva onestamente incominciato a recedere dalla falsa opinione, allorché incalzato dalle vostre domande ha cominciato ad asserire ciò che precedentemente non aveva detto, ed anche ad accordare se stesso a quella norma di fede dalla quale precedentemente pareva fosse alieno. Ma siccome ricusava di condannare esplicitamente l’empia eresia nella quale era irretito, voi avete compreso che egli perseverava nell’errore funesto e avete compreso che era necessario condannarlo in modo formale. Se tornerà alla fede coerentemente, perché pentito, capirà facilmente perché l’autorità del vescovo abbia dovuto fare ricorso a interventi disciplinari, sia pure - per lui - tardivamente. Se verrà ad una abiura corretta e completa, e lo farà verbalmente, ma anche mediante una dichiarazione firmata, egli non sarà più da riprendere e ci sarà misericordia nei suoi confronti, per quanto magnanima essa possa parere. È dovere ricordarsi che il Signore è il vero e buon pastore che offre la sua vita per le sue pecorelle 69; lui è venuto per salvare gli uomini, non per condannarli70. Gesù intende che siamo imitatori della sua misericordia, così da costringere con giusto rigore chi sbaglia, ma di non allontanare dalla misericordia chi si è corretto dall’errore. La prova che l’errore è stato sconfessato si ha quando si difende con grande frutto la vera fede, e quando anche ritorna sulle sue posizioni chi le aveva sostenute, ma ora le condanna.



67  Allude al sinodo tenuto a Costantinopoli nel novembre del 448; Eutiche, finalmente comparso, dopo ripetuti rifiuti di farsi vivo, venne condannato nell'ultima sessione del 22 nov. del 448; cf. Moricca, op. cit., p. 1044.
68  Gv. 1, 14. Il rimprovero di Leone ai vescovi è fermo, severo e amaro.



Perché la questione si risolva nel migliore dei modi, con rispetto della fede e onestamente, deleghiamo i nostri fratelli, il vescovo Giuliano 71 e il presbìtero Renato, del titolo di san Clemente, nonché il carissimo figlio spirituale, il diacono Ilario. Essi terranno il nostro posto. Ad essi associamo anche lo stenografo Dulcizio, la cui fede è a noi più che sicura. Confidiamo che in un affare di tanta importanza non mancherà l’aiuto divino, così che colui che aveva fuorviato nella fede, ritrattato il suo errore, possa essere salvato. Dio ti custodisca sano e salvo, fratello mio carissimo 72.

La lettera è stata scritta il 13 giugno del 449, quand’erano consoli i nobilissimi uomini Asturio e Protogene. 72


69 Gv. 10, 11.
70 Cf. Lc. 9, 56; cf. Mt. 18, 11.
71  Vescovo in cui papa Leone riponeva grande fiducia; cf. lettere 34.48.81.86.92.107.109.113.117, ecc. Qui il riferimento è la prima (34). Per gli altri delegati qui nominati, cf. Moricca, op. cit., p. 1053.
72  In quest’ultimo capitolo, dopo una parte dogmatica conclusiva - ricordati alcuni elementi storici o disciplinari -, sottolinea l’atteggiamento della misericordia proprio della Chiesa: quello di essere madre; cf. nota 68.


LETTERA 30 ALL’IMPERATRICE PULCHERIA

Leone vescovo a Pulcheria imperatrice

Capitolo I Cristo è della nostra stessa stirpe. Gli errori di Nestorio e di Eutiche

Quanta fiducia la Chiesa santa di Dio debba ripromettersi dalla fede della vostra magnificenza, lo abbiamo asserito in tanti modi. E ciò avete appreso dall’ispirazione dello Spirito Santo, al quale avete affidato ogni bene della vostra autorità, e mediante il quale siete imperatrice per una sua particolare protezione. Mediante la relazione inviatami dal nostro venerato fratello e coepiscopo Flaviano, come sono venuto a sapere che nella Chiesa di Costantinopoli - ad opera di un certo Eutiche - si è presa di mira l’integrità della fede cristiana; allo stesso modo Flaviano m’ha fatto avere copia degli atti sinodali 1. Pertanto faccio ricorso pure alla maestà vostra, perché è ben degno che sia anche opera vostra se tale errore (un errore che pare nato più da ignoranza che da malafede) venga tolto di mezzo; occorre fare presto, prima che alligni ulteriormente, acquistando forza per la pertinacia di uomini imprudenti che lo assecondino. Si deve dire che quanto si è allontanato dalla verità Nestorio, perché finì per sostenere che il Signore Gesù Cristo, nato dalla Vergine madre è semplicemente un

1  Del sinodo tenuto a Costantinopoli nel novembre del 448, cf. lett. preced. 28, nota 67; cf. Moricca, op. cit., p. 1044. Per l’ambientazione della lettera, cf. Introduzione; al n. 4, pp. 21 ss.


uomo e nulla più, altrettanto costui, Eutiche, si è smarrito dalla retta strada della fede cristiana, per il fatto che asserisce che il Signore non è consostanziale con noi quanto a natura umana2. Così conclude con il sostenere che, per il fatto che fu simile a noi nella forma di servo, perché apparve come uomo, perché parve essere a noi conforme 3, tutto ciò - egli dice - non fu realtà, ma semplice apparenza 4. A nulla giova confessare che il Signore nostro, figlio di Maria, è semplice uomo, se non lo si può (e deve) ritenere uomo di quella stessa natura e di quella medesima discendenza delle quali si parla fin dagli inizi dell’evangelo 5. Perciò sono molto afflitto e molto mi addolora il sapere che costui, il quale sembrava meritevole di lode circa i suoi sentimenti di umiltà, insorga ora impudentemente contro quella che è l’unica speranza nostra, l’unica speranza dei padri nostri6, e abbia l’ardire di mettere insieme cose vane e cose gravemente perverse. Ed egli, pur accorgendosi che quanto andava dicendo nella sua insipienza non poteva non offendere la fede cattolica, e avrebbe dovuto tornare nuovamente alla verità, volgendo i suoi passi anziché esporsi al giudizio di coloro che presiedono alla Chiesa, finì con l’attirare su di sé una condanna generale7. Che se egli si indurirà nella sua cocciutaggine, nessuno potrà assolverlo. La sede apostolica ha per norma di comportarsi in questi termini: con quelli che si ostinano, essa usa rigore, ma desidera quanto mai concedere il suo perdono a coloro che sono rinsaviti, recedendo essi dall’errore8.


2  Leone mette subito a fuoco le due contrapposte eresie che svuotavano di significato la redenzione; Nestorio ed Eutiche agli antipodi.
3     Eco di Fil. 2, 6ss.; cf. lett. 28, alla nota 21.
4 Cf. lett. 28, note 13 e 16. Il corpo, la carne di Cristo: è realtà, non apparenza; cf. Tertulliano: caro salutis est cardo! De carnis resurrectione, 8. L’affermazione di Leone è energica e recisa.
5  Cf. Mt. 1, 1ss.; altrove Leone cita direttamente il testo: cf. lett. 28, nota 7.
6  Cf. nota 4. Circa l’atteggiamento di quelli chiamati a giudicare dell’ortodossia di Eutiche, cf. lett. 28, alla nota 68.
7  Quella finalmente comminata a Costantinopoli nel novembre del 448; cf. nota 1.
8  La Chiesa è anche «maestra in umanità»; cf. Introduzione, nota 68.




Capitolo II Allorché si mette in dubbio la verità della carne di Cristo, tutta la fede ne è compromessa



Nutro grande stima sul conto della tua sincerissima fede e pietà; supplico intensamente la tua magnificenza, perché come hai sempre dato un prezioso contributo all’annuncio della fede cattolica, sono sicuro che anche in tale congiuntura tu darai il tuo validissimo contributo ad affermarne la libertà9. Non è compromessa una qualche verità, diciamo così, di secondaria importanza, che poi non sia granché evidente; ma ora, invece, l’eresia di Eutiche, uomo tanto sprovveduto quanto presuntuoso, ha l’ardire di mettere in forse quanto il Signore stesso ha voluto che nella Chiesa nessuno ignorasse 10. Perciò occorre che, assecondando la tua ben nota consuetudine intorno a ciò che riguarda la pietà autentica, faccia ogni sforzo affinché ogni persona sana di mente respinga con tutte le sue forze quello che un insipiente ha imbastito contro il sacramento più venerabile della salvezza umana 11. Se avverrà che colui che è caduto entro il tranello dell’inganno diabolico, finalmente riacquisti senno, così


9  Alla prova dei fatti non fu esattamente così; Pulcheria, donna molto religiosa, potè operare energicamente soltanto quando, morto il fratello Teodosio II (a. 450), associatosi - lei «augusta» - come sposo Marciano, potè svolgere un ruolo importante, per ricomporre l’ortodossia nell’impero sconvolto dall’eresia di Eutiche anche nella compagine sociale. Pulcheria è venerata come santa nella Chiesa orientale.

10  Se è vero quanto affermato nella lettera precedente (che ha certo un maggiore impegno dottrinale), Eutiche non conosce né la Scrittura, né il simbolo apostolico : cf. lett. 28, capp. I-II.


da dimostrare mediante sottoscrizione e a voce di ritrattare quanto insensatamente aveva blaterato, gli venga restituito il suo posto nella comunione ecclesiale. Quanto ho scritto a te, o piissima imperatrice, è ciò che pure ho scritto al mio carissimo fratello e coepiscopo Flaviano: voglio che tu sappia dei passi che ho fatto; voglio che tu sia pure informata dei delegati che ho scelto a rappresentarmi, affinché venga perdonato sì l’errante, se riconoscerà il suo errore. E perché non sembrasse all’imperatore, che di buon grado ha voluto riunire il sinodo, che mancasse la mia presenza, ecco chi ho scelto come legati al concilio. Si tratta dei fratelli, Giuliano, vescovo, di Renato, presbìtero, di Ilario, il mio diacono: ho pensato bene di inviare costoro; sono sicuro che essi faranno bene la loro parte in mia vece. Quanto poi ad Eutiche, che è caduto in un errore così grave, perché più sapientemente gli si dia una mano al fine che rinsavisca, - nel caso che si ravveda -, così occorre che si corregga cominciando proprio là dove aveva dato il via all’errore; e là dove era stato a buon diritto condannato, proprio dallo stesso punto gli sia consentito di meritare il perdono11 12.

La lettera porta la data del 13 giugno dell’anno 449, essendo consoli i nobilissimi Asturio e Protògene.



LETTERA 31a ALL’IMPERATRICE PULCHERIA

Leone a Pulcheria imperatrice


11  L’eresia di Eutiche mette in forse ogni fondamento della fede; Eutiche è insorto contra singulare sacramentum salutis humanae... Cf. note 4 e 6.
12  Alcune notizie qui espresse erano nella lettera preced.; sottolinea ancora una volta l’attenzione e l’amore della Chiesa agli erranti; cf. Introduzione, nota 68.


Capitolo I Il papa sollecita l’imperatrice a prendere posizione contro l’eretico Eutiche\i\21


Abbiamo avuto ripetutamente modo di sottolineare quale forza difensiva il Signore abbia potuto riporre nella vostra disponibilità a vantaggio della sua Chiesa 2. E tutto quello che di buono l’operosità del vescovo è riuscito a conseguire, in tali congiunture, contro coloro che volevano aggredire la fede cattolica, è stato soprattutto conseguito per merito vostro. Voi vi siete affidata completamente allo Spirito Santo da cui avete appreso la verità; a lui avete sottomesso la vostra autorità; se siete regina lo si deve a un suo dono e alla sua protezione. Perciò, dato che nella Chiesa di Costantinopoli si è sollevato un uragano contro la fede cristiana, compromettendone verità essenziali - tale tempesta è stata sollevata da Eutiche - e il vescovo Flaviano, mio fratello nell’episcopato, me ne ha fatto relazione 3 e m’ha anche aggiornato sul sinodo tenuto a Costantinopoli


1  La lettera porta la data della preced., 13 giugno 449; se quella poteva parere più un «biglietto da visita» (è breve, in due capitoli), questa è molto più consistente, portando l'attenzione anche sul tema dogmatico contestato da Eutiche. Si può pensare che Leone papa abbia ritenuto necessario spendere dell'altro tempo, per altre considerazioni, ritenendo, forse, non sufficiente la lettera 30a. L'ambientazione, dunque, è la stessa. Siamo alla vigilia del sinodo previsto ad Efeso, e che andrà a finire male.

contro l’eretico 2 3 4, mi pare più che conveniente e per voi motivo di vanto, che concorriate a svellere l'errore (da quanto ho appreso esso mi pare più nato da ignoranza che da cattiva volontà). Occorre intervenire tempestivamente prima che l'errore vada acquistando credito per l'adesione di uomini imprudenti. Si sa che si può cadere in gravi errori anche per colpa dell'ignoranza, spesso anche l'incauta semplicità è caduta dentro la fossa scavata dalla malvagità del diavolo; forse è per ignoranza o per incauta semplicità che Eutiche ha fuorviato dalla fede, perché, mentre egli pensa di difendere meglio la divina maestà del Figlio di Dio, se (come ritiene) ad essa si nega la verità dell'essere al tutto partecipe della nostra natura umana, finisce per concludere che il celebre detto il Verbo si è fatto carne 5 è da ritenersi tutto e solo dell'unica natura divina. E quanto si è allontanato dalla verità Nestorio che sostenne che il Cristo sia nato dalla madre solo in quanto uomo, così, allo stesso modo anche Eutiche ha fuorviato, in quanto ritiene che dalla stessa Vergine il Signore non sia nato partecipe della nostra natura mortale. Giunge a tale conclusione, con l'intento di difendere la natura divina del Cristo, in quanto la forma di servo 6 che prese su di sé e per il fatto che fu simile a noi e fu della nostra stessa sostanza, egli, Eutiche, pensa che si sia trattato di una forma evanescente, di un'immagine, e non di una realtà vera e propria.


Capitolo II È essenziale per la salvezza dell’uomo che il Cristo sia non soltanto uomo, ma anche della nostra stessa stirpe


2     L'inizio è simile al precedente: elogio di Pulcheria.
3  Si riferisce con tutta probabilità, alla lett. che, nell'epistolario, porta il n. 22.
4    Cf. lett. 28, nota 67.
5    Gv. 1, 14.

6  Cf. nota 21 alla lett. 28. Poco sopra ha usato due volte il termine substantia ad indicare la natura (umana, che Eutiche nega darsi in Cristo).

Non serve a nulla predicare che il nostro Signore Gesù Cristo, figlio di Maria Vergine, è vero e perfetto uomo, se anche non si può asserire che egli è precisamente della stessa schiatta dell’uomo, di cui parla l’evangelo. Scrive infatti Matteo: Il libro della generazione di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo 7. L’evangelista traccia poi l’ordine successivo dell’origine umana del Signore, in modo tale che conduce la linea dell’albero genealogico fino a Giuseppe, al quale era andata sposa la madre del Signore 8. Luca, invece, seguendo un altro criterio, in senso ascendente - dal basso verso l’altro - riporta sino all’inizio del genere umano 9, di modo che risalti come il primo e l’ultimo Adamo siano della medesima natura. A rigore, avrebbe potuto l’onnipotente Figlio di Dio, al fine di educare e di rendere santi gli uomini, apparire nelle stesse forme nelle quali si presentò già ai patriarchi e ai profeti nelle semplici apparenze umane, ad esempio, al modo con cui ingaggiò la lotta con Giacobbe10 oppure dialogò, oppure allorché non ricusò i doveri di ospitalità offertigli, o anche quando prese il cibo che gli veniva offerto 11. Ma tali incontri con l’uomo stavano ad indicare qualcosa di ben più grande: essi erano immagini mistiche 12 di quell’uomo, la cui realtà profonda era tutta tesa a indicare che egli, il Signore, avrebbe assunto la stessa natura dei padri che lo avevano preceduto nel tempo 13.



7  Mt. 1, 1; è citazione già riscontrata o accennata; cf. lett. 28, nota 7; lett. 30, nota 5.
8  Cf. Mt. 1, 18.
9  Vedi Lc. 3, 23-38.
10 Cf. Gen. 32, 24.
11 Cf. Gen. 18, 1-9.
12 È l’analogia tipologica (o tipica), figurale, per cui un fatto dell’AT, pur conservando la sua verità storica, è assunto ad essere anticipazione di una realtà più grande che si sarebbe verificata nel NT.

Perciò il sacramento della nostra riconciliazione, già predisposto prima dei tempi 14, non era ancora stato realizzato da alcuna figura tipologica, dal momento che lo Spirito Santo non era ancora sceso sulla Vergine Maria perché la potenza dell’Altissimo la coprisse della sua ombra 15, di modo che il Verbo si facesse carne nell’intemerato grembo di Maria, poiché la sapienza divina sola poteva costruire a sé la sua casa 16. A tali condizioni si sarebbero inscindibilmente compaginate la forma dello schiavo e la forma di Dio17 così da risultarne un’unica persona. Così il creatore dei tempi nasceva nel tempo; colui mediante il quale ogni realtà creata fu fatta, egli stesso veniva a nascere tra le realtà create 18. Infatti, se il nuovo uomo, fatto tale nella somiglianza della carne del peccato 19, non avesse preso su di sé la nostra vecchiezza e, consostanziale com’era al Padre suo, non si fosse degnato di divenire anche consostanziale alla madre, e, unico tra gli uomini, libero da qualsiasi peccato, non avesse unito a sé la nostra natura umana, la schiatta umana tutta quanta, sarebbe ancora oppressa sotto il giogo diabolico; né sarebbe a noi permesso (se ciò non

È relazione AT/NT della massima importanza; cf. De Lubac, op. cit., che illumina tale rapporto nei Padri. Meno bene il termine allegoria.

13  La verità (ossia la realizzazione) è immensamente superiore alla figurazione (la figura, il tipo) che la ha anticipata, senza che - per questo - la figurazione perda la sua consistenza storica.

14  Ecco il nucleo centrale: il sacramentum reconciliationis nostrae; nella lettera preced. ha parlato di sacramentum salutis humanae (cf. lett. 30, nota 11). Ad indicare il mistero (o il sacramento) redentivo Leone adopera (quasi indifferentemente) i termini praeparatio, renovatio...; tale mistero è la nostra unica speranza, l’unica speranza dei nostri padri (cf. alla lett. preced.). Per il mistero infine va vista la teologia di san Paolo, ad es., degli inni cristologici Ef. 1,3-14; Col. 1, 15-20.

15 Cf. Lc. 1,35.

16  Cf. Prov. 9, 1; citazione già presente nella lett. 28 (cf. nota 15).

ì7 Sempre il pensiero di Fil. 2, 6ss.

18 Cf. Gv. 1,3.14.

19 Cf. Rom. 8, 3 ed Ebr. 4, 15.

fosse stato) avere a nostro vantaggio la vittoria di colui che trionfò, se il conflitto fosse avvenuto al di fuori della nostra natura umana20 21 22 23.


Capitolo III La nascita dei cristiani trae origine dalla nascita di Cristo. La cocciutaggine di Eutiche e la moderazione messa in atto dalla sede apostolica


Il sacramento 21 di questa mirabile partecipazione alla rigenerazione ci è brillato davanti, affinché mediante quello stesso Spirito Santo per mezzo del quale Cristo fu concepito e generato, anche noi - nati dalla concupiscenza della carne, - rinascessimo mediante una vita nuova, da una nuova origine che viene dallo Spirito. Per questo lo Spirito parla ai credenti per mezzo dell’evangelista, quando dice loro: Coloro che sono nati non da volontà di sangue, né da volontà di carne, né da volontà di uomo, ma da Dio sono nati22. Di tale ineffabile dono di grazia non può essere partecipe, né può essere annoverato nel numero dei figli di Dio chiunque esclude se stesso dalla retta fede, che è il punto capitale della nostra salvezza23. Questa è la ragione per cui sono assai addolorato e grandemente me ne rattristo, che costui, che precedentemente sembrava, per l’umiltà che dimostrava, degno di ogni lode, si sia ora eretto contro quella che è l’unica nostra speranza e la speranza dei padri nostri, e vada almanaccando ragionamenti inconsistenti e molto discutibili24. E allorché si è accorto che i suoi sciocchi ragionamenti non potevano non dispiacere a chi

20  Come si vede questo cap. II è denso di riflessione teologica, al punto che meglio si avvicina alla lett. 28 a Flaviano che non alla lett. preced. pure indirizzata a Pulcheria (quanto alla relazione tra le due lett., non è qui il caso di soffermarci).

21     Anche l’avvio del III cap. è ricco di elementi dogmatici.

22    Gv. 1, 13.

23     Dice: hoc quod nos principaliter salvat; cf. nota 14.

rettamente sentiva con la Chiesa, avrebbe dovuto ritrattare il suo parere; così non sarebbe incorso nelle censure della Chiesa, in seguito ad un pronunciamento dei pastori. Se non ritornerà alla verità, persistendo nella sua opinione, nessuno potrà assolverlo dal suo errore. La sede apostolica ha per prassi quella di essere decisa con chi persevera nell’errore, ma offre di buon grado il perdono a quanti rientrano nell’ortodossia24 25.

Dato che io ho grande fiducia nella tua pietà che so incrollabile, ti supplico con grande forza che, come sempre hai favorito la fede cattolica, ora è il momento giusto che tu ne tuteli pure la libertà 26. Può darsi che il Signore abbia permesso tale prova perché coloro che si sono annidati entro il seno della Chiesa, venissero smascherati27. Ma mai si deve procedere a cuor leggero nei loro confronti, perché non se ne debba rimpiangere la perdita 28.

24  Medesimo lamento espresso già nella preced. lett.; stessa formula: Eutiche è andato contra unicam spem nostram patrumque nostrorum.
25  Resta la speranza che Eutiche rinsavisca, così che alla Chiesa sia consentito fare ricorso alla misericordia; cf. Introduz., nota 68.
26    Cf. lett. 30, nota 9.
27     Forse vaga eco di Atti 20, 28-31.
28     Come per la nota 26.



Leone Magno - Capitolo V Le Sacre Scritture attestano la verità della carne del Cristo\i \244