Lumen gentium IT 35

Partecipazione dei laici alla funzione profetica del Cristo

35 Cristo, il grande profeta, il quale con la testimonianza della sua vita e con la potenza della sua parola ha proclamato il regno del Padre, adempie il suo ufficio profetico fino alla piena manifestazione della gloria, non solo per mezzo della gerarchia, che insegna in nome e con la potestà di lui, ma anche per mezzo dei laici, che perciò costituisce suoi testimoni provvedendoli del senso della fede e della grazia della parola (cfr. Ac 2,17-18 Ap 19,10), perché la forza del Vangelo risplenda nella vita quotidiana, familiare e sociale. Essi si mostrano figli della promessa quando, forti nella fede e nella speranza, mettono a profitto il tempo presente (cfr. Ep 5,16 Col 4,5) e con pazienza aspettano la gloria futura (cfr. Rm 8,25). E questa speranza non devono nasconderla nel segreto del loro cuore, ma con una continua conversione e lotta «contro i dominatori di questo mondo tenebroso e contro gli spiriti maligni» (Ep 6,12), devono esprimerla anche attraverso le strutture della vita secolare.

Come i sacramenti della nuova legge, alimento della vita e dell'apostolato dei fedeli, prefigurano un cielo nuovo e una nuova terra (cfr. Ap 21,1), così i laici diventano araldi efficaci della fede in ciò che si spera (cfr. He 11,1), se senza incertezze congiungono a una vita di fede la professione di questa stessa fede. Questa evangelizzazione o annunzio di Cristo fatto con la testimonianza della vita e con la parola acquista una certa nota specifica e una particolare efficacia dal fatto che viene compiuta nelle comuni condizioni del secolo.

In questo ordine di funzioni appare di grande valore quello stato di vita che è santificato da uno speciale sacramento: la vita matrimoniale e familiare. L'esercizio e scuola per eccellenza di apostolato dei laici si ha là dove la religione cristiana permea tutta l'organizzazione della vita e ogni giorno più la trasforma. Là i coniugi hanno la propria vocazione: essere l'uno all'altro e ai figli testimoni della fede e dell'amore di Cristo. La famiglia cristiana proclama ad alta voce allo stesso tempo le virtù presenti del regno di Dio e la speranza della vita beata. Così, col suo esempio e con la sua testimonianza, accusa il mondo di peccato e illumina quelli che cercano la verità.

I laici quindi, anche quando sono occupati in cure temporali, possono e devono esercitare una preziosa azione per l'evangelizzazione del mondo. Alcuni di loro, in mancanza di sacri ministri o essendo questi impediti in regime di persecuzione, suppliscono alcuni uffici sacri secondo le proprie possibilità; altri, più numerosi, spendono tutte le loro forze nel lavoro apostolico: bisogna tuttavia che tutti cooperino all' estensione e al progresso del regno di Cristo nel mondo. Perciò i laici si applichino con diligenza all'approfondimento della verità rivelata e domandino insistentemente a Dio il dono della sapienza.


Partecipazione dei laici al servizio regale

36 Cristo, fattosi obbediente fino alla morte e perciò esaltato dal Padre (cfr. Ph 2,8-9), è entrato nella gloria del suo regno; a lui sono sottomesse tutte le cose, fino a che egli sottometta al Padre se stesso e tutte le creature, affinché Dio sia tutto in tutti (cfr. 1Co 15,27-28). Questa potestà egli l'ha comunicata ai discepoli, perché anch'essi siano costituiti nella libertà regale e con l'abnegazione di sé e la vita santa vincano in se stessi il regno del peccato anzi, servendo il Cristo anche negli altri, con umiltà e pazienza conducano i loro fratelli al Re, servire i1 quale è regnare. Il Signore infatti desidera estendere il suo regno anche per mezzo dei fedeli laici: i1 suo regno che è regno « di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace » [115] e in questo regno anche le stesse creature saranno liberate dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla gloriosa libertà dei figli di Dio (cfr. Rm 8,21). Grande veramente è la promessa, grande il comandamento dato ai discepoli: « Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio » (1Co 3,23).

I fedeli perciò devono riconoscere la natura profonda di tutta la creazione, il suo valore e la sua ordinazione alla lode di Dio, e aiutarsi a vicenda a una vita più santa anche con opere propriamente secolari, affinché il mondo si impregni dello spirito di Cristo e raggiunga più efficacemente il suo fine nella giustizia, nella carità e nella pace. Nel compimento universale di questo ufficio, i laici hanno il posto di primo piano. Con la loro competenza quindi nelle discipline profane e con la loro attività, elevata intrinsecamente dalla grazia di Cristo, portino efficacemente l'opera loro, affinché i beni creati, secondo i fini del Creatore e la luce del suo Verbo, siano fatti progredire dal lavoro umano, dalla tecnica e dalla cultura civile per l'utilità di tutti gli uomini senza eccezione, e siano tra loro più convenientemente distribuiti e, secondo la loro natura, portino al progresso universale nella libertà umana e cristiana. Così Cristo per mezzo dei membri della Chiesa illuminerà sempre di più l'intera società umana con la sua luce che salva.

Inoltre i laici, anche consociando le forze, risanino le istituzioni e le condizioni del mondo, se ve ne siano che provocano al peccato, così che tutte siano rese conformi alle norme della giustizia e, anziché ostacolare, favoriscano l'esercizio delle virtù. Così agendo impregneranno di valore morale la cultura e le opere umane. In questo modo il campo del mondo si trova meglio preparato per accogliere il seme della parola divina, e insieme le porte della Chiesa si aprono più larghe, per permettere che l'annunzio della pace entri nel mondo.

Per l'economia stessa della salvezza imparino i fedeli a ben distinguere tra i diritti e i doveri, che loro incombono in quanto membri della Chiesa, e quelli che competono loro in quanto membri della società umana. cerchino di metterli in armonia fra loro, ricordandosi che in ogni cosa temporale devono essere guidati dalla coscienza cristiana, poiché nessuna attività umana, neanche nelle cose temporali, può essere sottratta al comando di Dio. Nel nostro tempo è sommamente necessario che questa distinzione e questa armonia risplendano nel modo più chiaro possibile nella maniera di agire dei fedeli, affinché la missione della Chiesa possa più pienamente rispondere alle particolari condizioni del mondo moderno. Come infatti si deve riconoscere che la città terrena, legittimamente dedicata alle cure secolari, è retta da propri principi, così a ragione è rigettata 1 infausta dottrina che pretende di costruire la società senza alcuna considerazione per la religione e impugna ed elimina la libertà religiosa dei cittadini [116].

[115] Messale romano, dal prefazio della festa di Cristo Re.
[116] Cf. LEONE XIII, Encicl. Immortale Dei, 1° nov. 1885: ASS 18 (1885), p. 166ss. IDEM, Encicl. Sapientiae Christianae, 10 genn. 1890: ASS 22 (1889-90), p. 397ss. PIO XII, Disc. Alla vostra filiale, 23 marzo 1958: AAS 50 (1958), p. 220: "la legittima sana laicità dello Stato".


I laici e la gerarchia

37 I laici, come tutti i fedeli, hanno il diritto di ricevere abbondantemente dai sacri pastori i beni spirituali della Chiesa, soprattutto gli aiuti della parola di Dio e dei sacramenti [117]; ad essi quindi manifestino le loro necessità e i loro desideri con quella libertà e fiducia che si addice ai figli di Dio e ai fratelli in Cristo. Secondo la scienza, competenza e prestigio di cui godono, hanno la facoltà, anzi talora anche il dovere, di far conoscere il loro parere su cose concernenti il bene della Chiesa [118]. Se occorre, lo facciano attraverso gli organi stabiliti a questo scopo dalla Chiesa, e sempre con verità, fortezza e prudenza, con rispetto e carità verso coloro che, per ragione del loro sacro ufficio, rappresentano Cristo. I laici, come tutti i fedeli, con cristiana obbedienza prontamente abbraccino ciò che i pastori, quali rappresentanti di Cristo, stabiliscono in nome del loro magistero e della loro autorità nella Chiesa, seguendo in ciò l'esempio di Cristo, il quale con la sua obbedienza fino alla morte ha aperto a tutti gli uomini la via beata della libertà dei figli di Dio. Né tralascino di raccomandare a Dio con le preghiere i loro superiori, affinché, dovendo questi vegliare sopra le nostre anime come persone che ne dovranno rendere conto, lo facciano con gioia e non gemendo (cfr. He 13,17).

I pastori, da parte loro, riconoscano e promuovano la dignità e la responsabilità dei laici nella Chiesa; si servano volentieri del loro prudente consiglio, con fiducia affidino loro degli uffici in servizio della Chiesa e lascino loro libertà e margine di azione, anzi li incoraggino perché intraprendano delle opere anche di propria iniziativa. Considerino attentamente e con paterno affetto in Cristo le iniziative, le richieste e i desideri proposti dai laici e, infine, rispettino e riconoscano quella giusta libertà, che a tutti compete nella città terrestre.

Da questi familiari rapporti tra i laici e i pastori si devono attendere molti vantaggi per la Chiesa: in questo modo infatti si afferma nei laici il senso della propria responsabilità, ne è favorito lo slancio e le loro forze più facilmente vengono associate all'opera dei pastori. E questi, aiutati dall'esperienza dei laici [119], possono giudicare con più chiarezza e opportunità sia in cose spirituali che temporali; e così tutta la Chiesa, forte di tutti i suoi membri, compie con maggiore efficacia la sua missione per la vita del mondo.

[117] Cf. CIC, can. CIS 682 [nel nuovo Codice: can. CIC 213].
[118] Cf. PIO XII, Disc. De quelle consolation, l.c. [nota 2], p. 789: "Nelle battaglie decisive, talvolta dal fronte che partono le pi felici iniziative...". IDEM, Disc. Limportance de la presse catholique, 17 febbr. 1950: AAS 42 (1950), p. 256.
[119] Cf. 1Th 5,19 1Jn 4,1.


Conclusione

38 Ogni laico deve essere davanti al mondo un testimone della risurrezione e della vita del Signore Gesù e un segno del Dio vivo. Tutti insieme, e ognuno per la sua parte, devono nutrire il mondo con i frutti spirituali (cfr. Ga 5,22) e in esso diffondere lo spirito che anima i poveri, miti e pacifici, che il Signore nel Vangelo proclamò beati (cfr. Mt 5,3-9). In una parola: « ciò che l'anima è nel corpo, questo siano i cristiani nel mondo » [120].

[120] Epist. ad Diognetum, 6: ed. FUNK I, p. 400. Cf. S. GIOV. CRISOSTOMO, In Mt., Hom. 46 (47), 2: PG 58, 478, sul fermento nella pasta.



CAPITOLO V

UNIVERSALE VOCAZIONE ALLA SANTITÀ NELLA CHIESA


La santità nella Chiesa

39 La Chiesa, il cui mistero è esposto dal sacro Concilio, è agli occhi della fede indefettibilmente santa. Infatti Cristo, Figlio di Dio, il quale col Padre e lo Spirito è proclamato « il solo Santo » [121], amò la Chiesa come sua sposa e diede se stesso per essa, al fine di santificarla (cfr. Ep 5,25-26), l'ha unita a sé come suo corpo e l'ha riempita col dono dello Spirito Santo, per la gloria di Dio. Perciò tutti nella Chiesa, sia che appartengano alla gerarchia, sia che siano retti da essa, sono chiamati alla santità, secondo le parole dell'Apostolo: « Sì, ciò che Dio vuole è la vostra santificazione » (1Th 4,3 cfr. Ep 1,4). Orbene, questa santità della Chiesa costantemente si manifesta e si deve manifestare nei frutti della grazia che lo Spirito produce nei fedeli; si esprime in varie forme in ciascuno di quelli che tendono alla carità perfetta nella linea propria di vita ed edificano gli altri; e in un modo tutto suo proprio si manifesta nella pratica dei consigli che si sogliono chiamare evangelici. Questa pratica dei consigli, abbracciata da molti cristiani per impulso dello Spirito Santo, sia a titolo privato, sia in una condizione o stato sanciti nella Chiesa, porta e deve portare nel mondo una luminosa testimonianza e un esempio di questa santità.

[121] Messale Romano, Gloria a Dio. Cf. Lc 1,35 Mc 1,24 Lc 4,34 Jn 6,69 (ho hagios tou Theou); Ac 3,14 Ac 4,27 Ac 4,30 He 7,26 1Jn 2,20 Ap 3,7.


Vocazione universale alla santità

40 Il Signore Gesù, maestro e modello divino di ogni perfezione, a tutti e a ciascuno dei suoi discepoli di qualsiasi condizione ha predicato quella santità di vita, di cui egli stesso è autore e perfezionatore: «Siate dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste» (Mt 5,48) [122]. Mandò infatti a tutti lo Spirito Santo, che li muova internamente ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente, con tutte le forze (cfr Mc 12,30), e ad amarsi a vicenda come Cristo ha amato loro (cfr. Jn 13,34 Jn 15,12). I seguaci di Cristo, chiamati da Dio, non a titolo delle loro opere, ma a titolo del suo disegno e della grazia, giustificati in Gesù nostro Signore, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi. Essi quindi devono, con l'aiuto di Dio, mantenere e perfezionare con la loro vita la santità che hanno ricevuto. Li ammonisce l'Apostolo che vivano « come si conviene a santi » (Ep 5,3), si rivestano «come si conviene a eletti di Dio, santi e prediletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di dolcezza e di pazienza » (Col 3,12) e portino i frutti dello Spirito per la loro santificazione (cfr. Ga 5,22 Rm 6,22). E poiché tutti commettiamo molti sbagli (cfr. Jc 3,2), abbiamo continuamente bisogno della misericordia di Dio e dobbiamo ogni giorno pregare: « Rimetti a noi i nostri debiti » (Mt 6,12) [123].

È dunque evidente per tutti, che tutti coloro che credono nel Cristo di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità [124] e che tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano. Per raggiungere questa perfezione i fedeli usino le forze ricevute secondo la misura con cui Cristo volle donarle, affinché, seguendo l'esempio di lui e diventati conformi alla sua immagine, in tutto obbedienti alla volontà del Padre, con piena generosità si consacrino alla gloria di Dio e al servizio del prossimo. Così la santità del popolo di Dio crescerà in frutti abbondanti, come è splendidamente dimostrato nella storia della Chiesa dalla vita di tanti santi.

[122] Cf. ORIGENE, Comm. Rom. 7,7: PG 14, 1122B. PS. MACARIO, De Oratione, 11: PG 34, 861AB. S. TOMMASO, Summa Theol. II-II 184,3.
[123] Cf. S. AGOSTINO, Retract. II, 18: PL 32, 637s. PIO XII, Encicl. Mystici Corporis, 29 giugno 1943: AAS 35 (1943), p. 225.
[124] Cf. PIO XI, Encicl. Rerum omnium, 26 genn. 1923: AAS 15 (1923), pp. 50 e 59-60 [Collantes 7.319-20]; Encicl. Casti Connubii, 31 dic. 1930: AAS 22 (1930), p. 548. PIO XII, Cost. Apost. Provida Mater, 2 febbr. 1947: AAS 39 (1947), p. 117. Disc. Annus sacer, 8 dic. 1950: AAS 43 (1951), pp. 27-28. Disc. Nel darvi, 1° lug. 1956: AAS 48 (1956), p. 574s.


Esercizio multiforme della santità

41 Nei vari generi di vita e nei vari compiti una unica santità è coltivata da quanti sono mossi dallo Spirito di Dio e, obbedienti alla voce del Padre e adorando in spirito e verità Dio Padre, camminano al seguito del Cristo povero, umile e carico della croce, per meritare di essere partecipi della sua gloria. Ognuno secondo i propri doni e uffici deve senza indugi avanzare per la via della fede viva, la quale accende la speranza e opera per mezzo della carità . In primo luogo i pastori del gregge di Cristo devono, a immagine del sommo ed eterno sacerdote, pastore e vescovo delle anime nostre, compiere con santità e slancio, umiltà e forza il proprio ministero: esso, così adempiuto, sarà anche per loro un eccellente mezzo di santificazione. Chiamati per ricevere la pienezza del sacerdozio, è loro data la grazia sacramentale affinché, mediante la preghiera, il sacrificio e la predicazione, mediante ogni forma di cura e di servizio episcopale, esercitino un perfetto ufficio di carità pastorale [125] non temano di dare la propria vita per le pecorelle e, fattisi modello del gregge (cfr. 1P 5,3), aiutino infine con l'esempio la Chiesa ad avanzare verso una santità ogni giorno più grande.

I sacerdoti, a somiglianza dell'ordine dei vescovi, dei quali formano la corona spirituale [126] partecipando alla grazia dell'ufficio di quelli per mezzo di Cristo, eterno ed unico mediatore, mediante il quotidiano esercizio del proprio ufficio crescano nell'amore di Dio e del prossimo, conservino il vincolo della comunione sacerdotale, abbondino in ogni bene spirituale e diano a tutti la viva testimonianza di Dio [127] emuli di quei sacerdoti che nel corso dei secoli, in un servizio spesso umile e nascosto, hanno lasciato uno splendido esempio di santità. La loro lode risuona nella Chiesa di Dio. Pregando e offrendo il sacrificio, com'è loro dovere, per il loro popolo e per tutto il popolo di Dio, cosciente di ciò che fanno e confermandosi ai misteri che compiono [128] anziché essere ostacolati dalle cure apostoliche, dai pericoli e dalle tribolazioni, ascendano piuttosto per mezzo dì esse ad una maggiore santità, nutrendo e dando slancio con l'abbondanza della contemplazione alla propria attività, per il conforto di tutta la Chiesa di Dio. Tutti i sacerdoti e specialmente quelli che, a titolo particolare della loro ordinazione, portano il nome di sacerdoti diocesani, ricordino quanto contribuiscano alla loro santificazione la fedele unione e la generosa cooperazione col loro vescovo.

Alla missione e alla grazia del supremo Sacerdote partecipano in modo proprio anche i ministri di ordine inferiore; e prima di tutto i diaconi, i quali, servendo i misteri di Dio e della Chiesa [129] devono mantenersi puri da ogni vizio, piacere a Dio e studiarsi di fare ogni genere di opere buone davanti agli uomini (cfr. 1Tm 3,8-10 1Tm 3,12-13). I chierici che, chiamati dal Signore e separati per aver parte con lui, sotto la vigilanza dei pastori si preparano alle funzioni di sacri ministri, sono tenuti a conformare le loro menti e i loro cuori a una così eccelsa vocazione; assidui nell'orazione, ferventi nella carità, intenti a quanto è vero, giusto e onorevole, facendo tutto per la gloria e l'onore di Dio. A questi bisogna aggiungere quei laici scelti da Dio, i quali sono chiamati dal vescovo, perché si diano più completamente alle opere apostoliche, e nel campo del Signore lavorano con molto frutto [130].

I coniugi e i genitori cristiani, seguendo la loro propria via, devono sostenersi a vicenda nella fedeltà dell'amore con l'aiuto della grazia per tutta la vita, e istruire nella dottrina cristiana e nelle virtù evangeliche la prole, che hanno amorosamente accettata da Dio. Così infatti offrono a tutti l'esempio di un amore instancabile e generoso, edificando la carità fraterna e diventano testimoni e cooperatori della fecondità della madre Chiesa, in segno e partecipazione di quell'amore, col quale Cristo amò la sua sposa e si è dato per lei [131]. Un simile esempio è offerto in altro modo dalle persone vedove e celibatarie, le quali pure possono contribuire non poco alla santità e alla operosità della Chiesa. Quelli poi che sono dediti a lavori spesso faticosi, devono con le opere umane perfezionare se stessi, aiutare i concittadini e far progredire tutta la società e la creazione verso uno stato migliore; devono infine, con carità operosa, imitare Cristo, le cui mani si esercitarono in lavori manuali e il quale sempre opera col Padre alla salvezza di tutti, in ciò animati da una gioiosa speranza, aiutandosi gli uni gli altri a portare i propri fardelli, ascendendo mediante il lavoro quotidiano a una santità sempre più alta, santità che sarà anche apostolica.

Sappiano che sono pure uniti in modo speciale a Cristo sofferente per la salute del mondo quelli che sono oppressi dalla povertà, dalla infermità, dalla malattia e dalle varie tribolazioni, o soffrono persecuzioni per la giustizia: il Signore nel Vangelo li ha proclamati beati, e « il Dio... di ogni grazia, che ci ha chiamati all'eterna sua gloria in Cristo Gesù, dopo un po' di patire, li condurrà egli stesso a perfezione e li renderà stabili e sicuri» (1P 5,10).

Tutti quelli che credono in Cristo saranno quindi ogni giorno più santificati nelle condizioni, nei doveri o circostanze che sono quelle della loro vita, e per mezzo di tutte queste cose, se le ricevono con fede dalla mano del Padre celeste e cooperano con la volontà divina, manifestando a tutti, nello stesso servizio temporale, la carità con la quale Dio ha amato il mondo.

[125] Cf. S. TOMMASO, Summa Theol. II-II 184,5-6; De perf. vitae spir., c. 18. ORIGENE, In Is., Hom. 6, 1: PG 13, 239.
[126] Cf. S. IGNAZIO M., Magn. 13, 1: ed. FUNK I, p. 241.
[127] Cf. S. PIO X, Esort. Haerent animo, 4 ag. 1908: ASS 41 (1908), p. 560s. CIS 124 [nel nuovo Codice can. CIC 276]. PIO XI, Encicl. Ad catholici sacerdotii, 20 dic. 1935: AAS 28 (1936), p. 22.
[128] Cf. Pontificale Romanum, Ordinazione dei Presbiteri, esortazione iniziale.
[129] Cf. S. IGNAZIO M., Trall. 2, 3: ed. FUNK I, p. 244.
[130] Cf. PIO XII, Disc. Sous la maternelle protection, 9 dic. 1957: AAS 50 (1958), p. 36.
[131] Cf. PIO XI, Encicl. Casti Connubii, 31 dic. 1930: AAS 22 (1930), p. 548s. S. GIOV. CRISOSTOMO, In Ephes., Hom. 20, 2: PG 62, 136ss.


Vie e mezzi di santità

42 « Dio è amore e chi rimane nell'amore, rimane in Dio e Dio in lui » (1Jn 4,16). Dio ha diffuso il suo amore nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci fu dato (cfr. Rm 5,5); perciò il dono primo e più necessario è la carità, con la quale amiamo Dio sopra ogni cosa e il prossimo per amore di lui. Ma perché la carità, come buon seme, cresca e nidifichi, ogni fedele deve ascoltare volentieri la parola di Dio e con l'aiuto della sua grazia compiere con le opere la sua volontà, partecipare frequentemente ai sacramenti, soprattutto all'eucaristia, e alle azioni liturgiche; applicarsi costantemente alla preghiera, all'abnegazione di se stesso, all'attivo servizio dei fratelli e all'esercizio di tutte le virtù. La carità infatti, quale vincolo della perfezione e compimento della legge (cfr. Col 3,14 Rm 13,10), regola tutti i mezzi di santificazione, dà loro forma e li conduce al loro fine [132]. Perciò il vero discepolo di Cristo è contrassegnato dalla carità verso Dio e verso il prossimo.

Avendo Gesù, Figlio di Dio, manifestato la sua carità dando per noi la vita, nessuno ha più grande amore di colui che dà la vita per lui e per i fratelli (cfr. 1Jn 3,16 Jn 15,13). Già fin dai primi tempi quindi, alcuni cristiani sono stati chiamati, e altri lo saranno sempre, a rendere questa massima testimonianza d'amore davanti agli uomini, e specialmente davanti ai persecutori. Perciò il martirio, col quale il discepolo è reso simile al suo maestro che liberamente accetta la morte per la salute del mondo, e col quale diventa simile a lui nella effusione del sangue, è stimato dalla Chiesa come dono insigne e suprema prova di carità. Ché se a pochi è concesso, tutti però devono essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini e a seguirlo sulla via della croce durante le persecuzioni, che non mancano mai alla Chiesa.

Parimenti la santità della Chiesa è favorita in modo speciale dai molteplici consigli che il Signore nel Vangelo propone all'osservanza dei suoi discepoli [133]. Tra essi eccelle il prezioso dono della grazia divina, dato dal Padre ad alcuni (cfr. Mt 19,11 1Co 7,7), di consacrarsi, più facilmente e senza divisione del cuore (cfr. 1Co 7,7), a Dio solo nella verginità o nel celibato [134]. Questa perfetta continenza per il regno dei cieli è sempre stata tenuta in singolare onore dalla Chiesa, quale segno e stimolo della carità e speciale sorgente di fecondità spirituale nel mondo.

La Chiesa ripensa anche al monito dell'Apostolo, il quale incitando i fede]i alla carità, ]i esorta ad avere in sé gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale « spogliò se stesso, prendendo la natura di un servo... facendosi obbediente fino alla morte » (Ph 2,7-8), e per noi «da ricco che era si fece povero » (2Co 8,9). L'imitazione e la testimonianza di questa carità e umiltà del Cristo si impongono ai discepoli in permanenza; per questo la Chiesa, nostra madre, si rallegra di trovare nel suo seno molti uomini e donne che seguono più da vicino questo annientamento del Salvatore e più chiaramente lo mostrano, abbracciando, nella libertà dei figli di Dio, la povertà e rinunziando alla propria volontà: essi cioè per amore di Dio, in ciò che riguarda la perfezione, si sottomettono a una creatura umana al di là della stretta misura del precetto, al fine di conformarsi più pienamente a Cristo obbediente [135].

Tutti i fedeli del Cristo quindi sono invitati e tenuti a perseguire la santità e la perfezione del proprio stato. Perciò tutti si sforzino di dirigere rettamente i propri affetti, affinché dall'uso delle cose di questo mondo e da un attaccamento alle ricchezze contrario allo spirito della povertà evangelica non siano impediti di tendere alla carità perfetta; ammonisce infatti l'Apostolo: Quelli che usano di questo mondo, non vi ci si arrestino, perché passa la scena di questo mondo (cfr. 1Co 7,31 gr.) [136].

[132] Cf. S. AGOSTINO, Enchir. 121, 32: PL 40, 288. S. TOMMASO, Summa Theol. II-II 184,1. PIO XII, Esort. Apost. Menti nostrae, 23 sett. 1950: AAS 42 (1950), p. 660 [Collantes 7.321].
[133] Sui consigli in genere cf. ORIGENE, Comm. Rom. X, 14: PG 14,1275B. S. AGOSTINO, De S. Virginitate 15,15: PL 40, 403. S. TOMMASO, Summa Theol. I-II 100,2c (alla fine); II-II 44,4, ad 3.
[134] Sull’eccellenza della verginità consacrata cf. TERTULLIANO, Exhort. Cast. 10: PL 2, 925C. S. CIPRIANO, Hab. Virg. 3 e 22: PL 4, 443B e 461As. S. ATANASIO (?), De Virg.: PG 28, 252ss. S. GIOV. CRISOSTOMO, De Virg.: PG 48, 533ss.
[135] Sulla povertà spirituale cf. Mt 5,3 Mt 19,21 Mc 10,21 Lc 18,22; sull’obbedienza si propone l’esempio di Cristo; Jn 4,34 Jn 6,38 Ph 2,8-10 He 10,5-7. Abbondano i Padri e i fondatori degli ordini religiosi.
[136] Sull’effettiva pratica dei consigli, che non viene imposta a tutti, cf. S. GIOV. CRISOSTOMO, In Mt., Hom. 7,7: PG 57, 81s. S. AMBROGIO, De Viduis 4,23: PL 16, 241s.


CAPITOLO VI

I RELIGIOSI


I consigli evangelici nella Chiesa

43 I consigli evangelici della castità consacrata a Dio, della povertà e dell'obbedienza, essendo fondati sulle parole e sugli esempi del Signore e raccomandati dagli apostoli, dai Padri e dai dottori e pastori della Chiesa, sono un dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore e con la sua grazia sempre conserva. La stessa autorità della Chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo, si è data cura di interpretarli, di regolarne la pratica e anche di stabilire sulla loro base delle forme stabili di vita. Avvenne quindi che, come un albero che si ramifica in modi mirabili e molteplici nel campo del Signore a partire da un germe seminato da Dio, si sviluppassero varie forme di vita solitaria o comune e varie famiglie, il cui capitale spirituale contribuisce al bene sia dei membri di quelle famiglie, sia di tutto il corpo di Cristo [137]. Quelle famiglie infatti forniscono ai loro membri gli aiuti di una maggiore stabilità nella loro forma di vita, di una dottrina provata per il conseguimento della perfezione, della comunione fraterna nella milizia di Cristo, di una libertà corroborata dall'obbedienza, così che possano adempiere con sicurezza e custodire con fedeltà la loro professione religiosa, avanzando nella gioia spirituale sul cammino della carità [138].

Un simile stato, se si riguardi la divina e gerarchica costituzione della Chiesa, non è intermedio tra la condizione clericale e laicale, ma da entrambe le parti alcuni fedeli sono chiamati da Dio a fruire di questo speciale dono nella vita della Chiesa e ad aiutare, ciascuno a suo modo, la sua missione salvifica [139].

[137] Cf. ROSWEYDE, Vitae Patrum, Antverpiae 1628. Apophtegmata Patrum: PG 65. PALLADIO, Historia Lausiaca: PG 34, 995ss: ed. C. BUTLER, Cambridge 1898 (1904). PIO XI, Cost. Apost. Umbratilem, 8 lug. 1924: AAS 16 (1924), pp. 386-387. PIO XII, Disc. Nous sommes heureux, 11 apr. 1958: AAS 50 (1958), p. 283.
[138] Cf. PAOLO VI, Disc. Magno gaudio, 23 maggio 1964: AAS 56 (1964), p. 566.
[139] Cf. CIC, cann.
CIS 487-488, 4o [nel nuovo Codice: cann. CIC 573 CIC 588]. PIO XII, DISC. Annus sacer, 8 dic. 1950: AAS 43 (1951), p. 27s. PIO XII, Cost. Apost. Provida Mater, 2 febbr. 1947: AAS 39 (1947), p. 120ss.


Natura e importanza dello stato religioso

44 Con i voti o altri impegni sacri simili ai voti secondo il modo loro proprio, il fedele si obbliga all'osservanza dei tre predetti consigli evangelici; egli si dona totalmente a Dio amato al di sopra di tutto, così da essere con nuovo e speciale titolo destinato al servizio e all'onore di Dio. Già col battesimo è morto al peccato e consacrato a Dio; ma per poter raccogliere in più grande abbondanza i frutti della grazia battesimale, con la professione dei consigli evangelici nella Chiesa intende liberarsi dagli impedimenti che potrebbero distoglierlo dal fervore della carità e dalla perfezione del culto divino, e si consacra più intimamente al servizio di Dio [140]. La consacrazione poi sarà più perfetta, in quanto legami più solidi e stabili riproducono di più l'immagine del Cristo unito alla Chiesa sua sposa da un legame indissolubile.

Siccome quindi i consigli evangelici, per mezzo della carità alla quale conducono [141] congiungono in modo speciale coloro che li praticano alla Chiesa e al suo mistero, la loro vita spirituale deve pure essere consacrata al bene di tutta la Chiesa. Di qui deriva il dovere di lavorare, secondo le forze e la forma della propria vocazione, sia con la preghiera, sia anche con l'attività effettiva, a radicare e consolidare negli animi il regno di Cristo e a dilatarlo in ogni parte della terra. Per questo la Chiesa difende e sostiene l'indole propria dei vari istituti religiosi. Perciò la professione dei consigli evangelici appare come un segno, il quale può e deve attirare efficacemente tutti i membri della Chiesa a compiere con slancio i doveri della vocazione cristiana. Poiché infatti il popolo di Dio non ha qui città permanente, ma va in cerca della futura, lo stato religioso, il quale rende più liberi i suoi seguaci dalle cure terrene, meglio anche manifesta a tutti i credenti i beni celesti già presenti in questo tempo, meglio testimonia l'esistenza di una vita nuova ed eterna, acquistata dalla redenzione di Cristo, e meglio preannunzia la futura resurrezione e la gloria del regno celeste. Parimenti, lo stato religioso imita più fedelmente e rappresenta continuamente nella Chiesa la forma di vita che il Figlio di Dio abbracciò venendo nel mondo per fare la volontà del Padre e che propose ai discepoli che lo seguivano. Infine, in modo speciale manifesta l'elevazione del regno di Dio sopra tutte le cose terrestri e le sue esigenze supreme; dimostra pure a tutti gli uomini la preminente grandezza della potenza di Cristo-Re e la infinita potenza dello Spirito Santo, mirabilmente operante nella Chiesa.

Lo stato di vita dunque costituito dalla professione dei consigli evangelici, pur non concernendo la struttura gerarchica della Chiesa, appartiene tuttavia inseparabilmente alla sua vita e alla sua santità.

[140] Cf. PAOLO VI, l.c. [nota 2], p. 567.
[141] Cf. S. TOMMASO, Summa Theol.
II-II 184,3 II-II 188,2. S. BONAVENTURA, Opusc. XI, Apologia Pauperum, c. 3, 3: ed. Opera, Quaracchi, t. 8, 1898, p. 245a.



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