Studio dottrina sociale 32

I diritti umani

32 I diritti umani derivano per una logica intrinseca dalla stessa dignità della persona umana. La chiesa ha preso coscienza dell'urgenza di tutelare e di difendere questi diritti, considerando ciò come parte della sua stessa missione salvifica, sull'esempio di Gesù, che si è dimostrato sempre attento ai bisogni degli uomini, particolarmente dei più poveri.
L'affermazione dei diritti umani è sorta nella chiesa, prima che come un sistema teorico, organico e completo, come un servizio concreto all'umanità. Riflettendo su di essi, la chiesa ne ha comunque riconosciuto i fondamenti filosofici e teologici e le implicazioni giuridiche, sociali, politiche ed etiche, come appare dai documenti del suo insegnamento sociale. Lo ha fatto però non nel contesto di un'opposizione rivoluzionaria dei diritti della persona contro le autorità tradizionali, ma sullo sfondo del diritto iscritto dal Creatore nella natura umana.
L'insistenza con cui la chiesa, specialmente nel nostro tempo, si fa promotrice del rispetto e della difesa dei diritti dell'uomo, siano essi personali o sociali, si spiega non solo con il fatto che il suo intervento oggi come ieri è dettato dal Vangelo, (74) ma anche perché dalla riflessione su di essi si sviluppa una nuova sapienza teologica e morale per affrontare i problemi del mondo contemporaneo. (75) In particolare, il diritto alla libertà religiosa, in quanto attinge alla sfera più intima dello spirito, “si rivela punto di riferimento e, in certo modo, diviene misura degli altri diritti fondamentali”. (76) Oggi, esso è affermato e difeso da varie organizzazioni pubbliche e private, nazionali ed internazionali. Da parte sua, la chiesa cattolica si mostra in special modo solidale con quanti sono discriminati o perseguitati a causa della fede, e opera con impegno e tenacia perché tali ingiuste situazioni siano superate.

74
GS 41: EV l/1447s.
75 GS 26 GS 73 GS 76: EV 1/1399ss.l562ss,1579ss.
76 GIOVANNI PAOLO II, Messaggio per la XXI cornata della pace (8.12.1987), n. 1: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X/3, p. 1334.

Gli apporti del magistero pontificio ai diritti umani

33 Assieme al magistero conciliare, il magistero pontificio ha ampiamente trattato e sviluppato il tema dei diritti della persona umana. Già Pio XII aveva enunciato i princìpi, fondati sul diritto naturale, di un ordine sociale conforme alla dignità dell'uomo, concretato in una sana democrazia, capace di meglio rispettare il diritto alla libertà, alla pace, ai beni materiali. Successivamente l'enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII fu il primo testo pontificio ufficiale esplicitamente dedicato ai diritti dell'uomo. Infatti, scrutando i “segni dei tempi”, la chiesa percepiva la necessità di proclamare i diritti “universali, inviolabili e inalienabili” di tutti gli uomini, contro ogni discriminazione e ogni concezione particolaristica. Per questo la Pacem in terris, oltre che fondare i diritti dell'uomo sulla legge naturale inerente alla creazione e ordinata alla redenzione, corregge un certo aspetto individualìstico della tradizionale concezione della reciprocità dei diritti-doveri, inserendo i diritti in un contesto di solidarietà e sottolineando le esigenze di ordine comunitario che essa comporta.
A sua volta Paolo VI, nell'enciclica Populorum progressio, senza separare i diritti umani dal campo della ragione, procedendo nell'ottica seguita soprattutto dal concilio Vaticano II, mette in evidenza il loro fondamento cristiano e mostra come la fede ne trasformi la stessa dinamica interna. Si deve inoltre osservare che, se la Pacem in terris è la carta dei diritti dell'uomo, la Populorum progressio costituisce la carta dei diritti dei popoli poveri allo sviluppo. Più tardi, Giovanni Paolo II, approfondendo questa riflessione, fonda i diritti umani simultaneamente nelle tre dimensioni della verità completa sull'uomo: nella dignità dell'uomo in quanto tale, nell'uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio, nell'uomo inserito nel mistero di Cristo, Su questa dignità dell'uomo, vista alla luce dell'opera redentrice di Cristo, si fonda la missione salvifica della chiesa; è per questo che essa non può tacere quando sono lesi o sono in pericolo i diritti inviolabili dell'uomo e dei popoli. Dal punto di vista cristiano, infatti, le nazioni e le patrie sono una realtà umana di valore positivo e irrinunciabile, che fonda dei diritti inviolabili in seno ai vari popoli, e in particolare il diritto dei popoli alla propria identità e al proprio sviluppo. (77)

77
RH 17: Ev 6/1230ss; GIOVANNI PAOLO II, Messaggio L'Église catholique alle autorità civili firmatarie dell'Accordo di Helsinki (1975) sulla libertà di coscienza e di religione (1.9.1980): EV7/556ss; Allocuzione I desire ai rappresentanti delle Nazioni Unite (2.10.1979), n. 6: EV 6/1722ss; Allocuzione A minha saudaçao agli indios dell'Amazzonia (10,7.1980); AAS 72(1980), 960ss.

Il rapporto persona-società

34 La persona umana è un essere sociale per sua natura: ossia per la sua innata indigenza e per la sua connaturale tendenza a comunicare con gli altri. Questa socialità umana è il fondamento di ogni forma di società e delle esigenze etiche che vi sono iscritte. L'uomo non può bastare a se stesso per raggiungere il suo pieno sviluppo, ma ha bisogno degli altri e della società.
Questo principio dell'interdipendenza persona-società, congiunto essenzialmente a quello della dignità della persona umana, si riferisce al complesso tessuto della vita sociale dell'uomo, che si regola secondo leggi proprie ed adeguate, perfezionate mediante la riflessione cristiana. (78) La comprensione dei vari aspetti della vita sodale oggi non è sempre facile, visti i rapidi e profondi cambiamenti che si verificano in tutti i campi, grazie all'intelligenza e all'attività creativa dell'uomo. I cambiamenti, per parte loro, provocano delle crisi, che si riflettono sia negli squilibri interni dell'uomo, che aumenta sempre più il suo potere, senza riuscire sempre a incanalarlo a giusti fini; sia nelle relazioni sociali, in quanto non sempre si perviene ad un'esatta applicazione delle leggi che regolano la vita sociale. (79)

78
GS 25: EV l/1396ss.
79 GS 4: EV 1/1326.

35 La società umana è quindi oggetto dell'insegnamento sociale della chiesa, dal momento che essa non si trova né al di fuori né al di sopra degli uomini socialmente uniti, ma esiste esclusivamente in essi e, quindi, per essi. La chiesa insiste sulla “natura intrmsecamente sociale” degli esseri umani. (80) Va però osservato che qui il “sociale” non coincide con il “collettivo”, per il quale la persona è soltanto un mero prodotto. La forza e il dinamismo di questa condizione sodale della persona si sviluppa pienamente nella società, che vede così crescere le relazioni di convivenza sia a livello nazionale che internazionale. (81)

80 MM: AAS 53(1961),
MM 453.
81 MM: AAS 53(1961), MM 415s.

36 Dalla dignità della persona umana, dai suoi diritti e dalla sua socialità derivano gli altri princìpi permanenti di riflessione che orientano e regolano la vita sociale. Tra di essi, approfonditi dalla riflessione del magistero, sono da menzionare quelli che riguardano il bene comune, la solidarietà, la sussidiarietà, la partecipazione, la concezione organica della vita sociale e la destinazione universale dei beni.

Il bene comune

37 Nel parlare delle leggi o dei princìpi che regolano la vita sociale, bisogna tenere presente in primo luogo il “bene comune”. Esso, anche se “nei suoi aspetti essenziali e più profondi non può essere concepito in termini dottrinali e meno ancora determinato nei suoi contenuti storici”, (82) tuttavia può essere descritto come “l'insieme di quelle condizioni sociali che consentono e favoriscono negli esseri umani lo sviluppo integrale della loro persona”. (83) Esso dunque, anche se è superiore all'interesse privato, è inseparabile dal bene della persona umana, impegnando i poteri pubblici a riconoscere, rispettare, comporre, tutelare e promuovere i diritti umani e a rendere più facile l'adempimento dei rispettivi doveri. Di conseguenza, l'attuazione del bene comune può considerarsi la stessa ragione di essere dei poteri pubblici, i quali sono tenuti a realizzarlo a vantaggio di tutti i cittadini e di tutto l'uomo – considerato nella sua dimensione terrena-temporale e trascendente - rispettando una giusta gerarchia dei valori ed i postulati delle circostanze storiche. (84)
Considerato quindi il bene comune dalla chiesa come un valore di servizio e di organizzazione della vita sociale e del nuovo ordine della convivenza umana, essa ne mette in rilievo il senso umano e l'idoneità ad animare le strutture sociali nella loro totalità e nei loro settori particolari, stimolando le trasformazioni in profondità, secondo il criterio della giustizia sociale.

82 GIOVANNI XXIII, Lett. enc. Pacem in terris [PT], (11.4.1963): EV2/23,
83 MM: AAS 53(1961),
MM 417; cf. Pio XII. Radiomessaggio natalizio Con sempre nuova (24.12.1942): AAS 35(1943), 13.
84 PT. EV 2/23.

Solidarietà e sussidiarietà

38 La solidarietà e la sussidiarietà sono altri due importanti principi che regolano la vita sociale. Secondo il principio della solidarietà ogni persona, come membro della società, è indissolubilmente legata al destino della società stessa e, in forza del Vangelo, al destino di salvezza di tutti gli uomini. Nella recente enciclica Sollicitudo rei socialis, il papa ha particolarmente sottolineato l'importanza di questo principio, qualificandolo come una virtù umana e cristiana. (83) Le esigenze etiche della solidarietà richiedono che tutti gli uomini, i gruppi e le comunità locali, le associazioni e le organizzazioni, le nazioni e i continenti, partecipino alla gestione di tutte le attività della vita economica, politica e culturale, superando ogni concezione puramente individualistica. (86)
Come complemento della solidarietà è da considerarsi la sussidiarietà, che protegge la persona umana, le comunità locali e i “corpi intermedi” dal pericolo di perdere la loro legittima autonomia. La chiesa è attenta all'applicazione di questo principio a motivo della dignità stessa della persona, del rispetto di ciò che vi è di più umano nell'organizzazione della vita sociale (87) e della salvaguardia dei diritti dei popoli nelle relazioni tra società particolari e società universale.

85
SRS 39-40: EV 10/2652-2663.
86 GS 30-32: EV 1/1413ss; LC 73. EV 10/297; GIOVANNI PAOLO II, Discorso Je désire alla 68’ sessione della Conferenza internazionale del lavoro (15.6.1982): AAS 74(1982), 992ss.
87 QA: AAS 23(1931). 203; PT: EV2/49; LE: EV7/1456; LC 73: EV 10/297.

Concezione organica della vita sociale

39 Come risulta da quanto si è detto, un'ordinata società non si comprende adeguatamente senza una concezione organica della vita sociale. Questo principio esige che la società sia fondata, da una parte, sul dinamismo interiore dei suoi membri - che ha origine nell'intelligenza e nella volontà libera delle persone che cercano solidaristicamente il bene comune - e, dall'altra, sulla struttura e sull'organizzazione della società, costituita non solo da singole persone libere, ma anche da società intermedie, che vanno integrandosi in unità superiori, a partire dalla famiglia per arrivare, attraverso le comunità locali, le associazioni professionali, le regioni e gli stati nazionali agli organismi sovrannazionali e alla società universale di tutti i popoli e nazioni. (88)

88 Q.A: AAS 23(1931), 203; MM: AAS 53(1961),
MM 409-410 MM 413 PP 33: EV 2/1078; OA 46-47; EV 4/771ss; G.T 30-31; EV l/1413ss,


Partecipazione

40 La partecipazione occupa un posto predominante nei recenti sviluppi dell'insegnamento sociale della chiesa. La sua forza sta nel fatto che assicura la realizzazione delle esigenze etiche della giustizia sociale. La giusta, proporzionata e responsabile partecipazione di tutti i membri e settori della società nello sviluppo della vita socio-economica, politica e culturale, è la via sicura per raggiungere una nuova convivenza umana. La chiesa non solo non tralascia di ricordare questo principio, (89) ma trova in esso una motivazione permanente per favorire il progresso della qualità della vita degli individui e della società come tale. Si tratta di una aspirazione profonda dell'uomo, che esprime la sua dignità e libertà nel progresso scientifico e tecnico, nel mondo del lavoro e nella vita pubblica. (90)

89 PT: F.V 2/30;
GS 9 GS 68: EV 1/1347.1548ss; SRS 44: EV 10/2684-2687.
90 MM:AAS 53(1961), MM 423; OA 22: EV 4/744, LE 15: EV 7/1457s; LC 86: EV 10/321.

Strutture umane e comunità di persone

41 La chiesa ha cercato ripetutamente di prevenire il pericolo reale che minaccia la dignità della persona, la libertà individuale e le libertà sociali, e che deriva dalla concezione tecnicistica e meccanicistica della vita e della struttura sociale che non lascia spazio sufficiente allo sviluppo di un vero umanesimo. In non poche nazioni lo stato moderno si trasforma in una gigantesca macchina amministrativa che invade tutti i settori della vita, trascinando l'uomo in uno stato di paura e di angustia che ne determina la spersonalizzazione. (91)
La chiesa ha pertanto ritenuto necessari gli organismi e le molteplici associazioni private che riservano il dovuto spazio alla persona e stimolano la crescita delle relazioni di collaborazione nella subordinazione al bene comune; tuttavia, perché questi organismi siano delle autentiche comunità, i loro membri devono essere considerati e rispettati come persone e chiamati a partecipare attivamente nei compiti comuni. (92) Secondo la chiesa, pertanto, un cammino sicuro per raggiungere questa meta consiste nell'associare il lavoro e il capitale e nel dare vita a corpi intermedi. (93)
L'attuazione di questi princìpi, che regolano la vita sociale ai diversi livelli dell'organizzazione sociale e nei vari settori dell'attività umana, permette di superare ogni tensione tra socializzazione e personalizzazione. L'odierno fenomeno della moltiplicazione delle relazioni e delle strutture sociali a tutti i livelli, derivate da libere decisioni ed avviate a migliorare la qualità della vita umana, non può essere accolto se non positivamente, dato che esso rende manifesta la realizzazione della solidarietà umana e favorisce l'ampliamento della sfera dell'attività materiale e spirituale della persona.

91 PIO XII, Radiomessaggio natalizio Levate capita vestra (24.12.1952):AAS 45(1953). 37.
92 MM: AAS 53(1961).
MM 416.
93 LE 14: EV 7/1456.

Destinazione universale dei beni

42 Con questo “principio tipico della dottrina sociale della chiesa” (94) si afferma che i beni della terra sono destinati all'uso di tutti gli uomini per soddisfare il loro diritto alla vita in modo consono alla dignità della persona e alle esigenze della famiglia. Infatti, “Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene all'uso di tutti gli uomini e popoli, e pertanto i beni creati debbono secondo un equo criterio essere partecipati a tutti, avendo come guida la giustizia e compagna la carità”. (95) Ne consegue che il diritto alla proprietà privata, in sé valido e necessario, deve essere circoscritto entro i limiti imposti dalla sua funzione sociale. Come si esprime a tale proposito il magistero nell'enciclica Laborem exercens, “la tradizione cristiana non ha mai sostenuto questo diritto come un qualcosa di assoluto ed intoccabile. Al contrario, essa l'ha sempre inteso nel più vasto contesto del comune diritto di tutti ad usare i beni dell'intera creazione: il diritto della proprietà privata come subordinato al diritto dell'uso comune, alla destinazione universale dei beni”. (96)

94
SRS 42: EV 10/2675.
95 GS 69; F.V 1/1551.
96 LE 14: EV 7/1451.



2. VALORI FONDAMENTALI

La via sicura

43 I princìpi di riflessione della dottrina sociale della chiesa, in quanto leggi che regolano la vita sociale, non sono indipendenti dal riconoscimento reale dei valori fondamentali inerenti alla dignità della persona umana. Questi valori sono principalmente: la verità, la libertà, la giustizia, la solidarietà, la pace e la carità o amore cristiano. Vivere questi valori è la Via sicura non solo per il perfezionamento personale, ma anche per attuare un autentico umanesimo e una nuova convivenza sociale. Ad essi, dunque, bisogna riferirsi per operare le riforme sostanziali delle strutture economiche, politiche, culturali e tecnologiche e i necessari cambiamenti nelle istituzioni.

Verso un rinnovamento della società

44 L'importanza vitale di questi valori spiega perché la chiesa li abbia sempre proposti con tanta insistenza come veri fondamenti di una nuova società più degna dell'uomo. Pur riconoscendo l'autonomia delle realtà terrene, (97) la chiesa, però, sa che le leggi scoperte ed impiegate dall'uomo nella vita sociale non garantiscono da sé, quasi meccanicamente, il bene di tutti. Esse infatti devono essere applicate sotto la guida dei valori che derivano dalla concezione della dignità della persona umana. (98) Tutti questi valori manifestano la priorità dell'etica sulla tecnica, il primato della persona sulle cose, la superiorità dello spirito sulla materia. (99)

97
GS 36: EV 1/1431.
98 PT: EV 2/3.
99 RH 16: EV 6/1219ss.

La “sapienza” nell'impegno sociale

45 I valori però entrano frequentemente in conflitto con le situazioni in cui sono negati apertamente o indirettamente. In tali casi, l'uomo si trova nella difficoltà di onorarli tutti in modo coerente e simultaneo. Per questa ragione diventa ancor più necessario il discernimento cristiano delle scelte da fare nelle diverse circostanze, alla luce dei valori fondamentali del cristianesimo. Questo è il modo di praticare l'autentica “sapienza” che la chiesa richiede nell'impegno sociale ai cristiani e a tutti gli uomini di buona volontà. (100)

100 PT: EV 2/16s; GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Dives in misericordia (30.11.1980). n.
DM 12: EV 7/924ss; LC 3.4.26.57: EV 10/199-201.227s.269s,

Valori per lo sviluppo

46 Tenendo conto della grande complessità della società umana contemporanea e della necessità di promuovere determinati valori come fondamento di una nuova società, la chiesa è chiamata ad intensificare il processo di educazione con la finalità di far comprendere non solo agli individui, ma anche all'opinione pubblica, almeno nei paesi dove la sua presenza è ammessa e la sua azione permessa, la necessità vitale di difendere e di promuovere i valori fondamentali della persona umana, senza dei quali non si potrà avere un vero sviluppo umano ed integrale di ogni società.
Per questo non sarà possibile porre le basi dell'autentico sviluppo umano, richiesto dalla chiesa nel suo più recente magistero sociale, senza una permanente riaffermazione della dignità umana e delle sue esigenze etiche e trascendenti; senza un'etica di responsabilità e di solidarietà tra i popoli (101) e di giustizia sociale; senza una revisione del senso del lavoro, (102) che comporta una sua ridistribuzione più equa.

101 LC 89-91: EV 10/324-326. PONTIFICIA COMMISSIONE JUSTITIA ET PAX”, Un approccio etico al debito internazionale: EV 10/1045-1128.
102
LE 3 LE 6 LE 12 LE 14: EV 7/1397,1409ss.l439ss.l450ss; LC 81-87: EV 10/311-322,


IV. CRITERI DI GIUDIZIO

Conoscenza della realtà

47 La dottrina sociale della chiesa ha lo scopo di comunicare un sapere non solo teorico, ma anche pratico e orientativo dell'azione pastorale. Ecco perché essa, oltre ai principi permanenti di riflessione, offre anche dei criteri di giudizio sulle situazioni, le strutture, le istituzioni che organizzano la vita economica, sociale, politica, culturale, tecnologica e sugli stessi sistemi sociali (103). A questo proposito, non vi è dubbio che il pronunciarsi circa le condizioni di vita più umane o meno urna ne delle persone, circa il valore etico delle strutture e dei sistemi sociali, economia, politici e culturali, in rapporto alle esigenze della giustizia sociale, fa parte della missione evangelizzatrice della chiesa.
Per poter dare in modo corretto il suo giudizio a tale riguardo, la chiesa ha bisogno di conoscere le situazioni storielle locali, nazionali e internazionali, e l'identità culturale di ogni comunità e popolo. Anche se qui essa s'avvale di tutti i mezzi forniti dalle scienze, rimane tuttavia fermo che il suo riferimento principale all'approccio della realtà sociale sono sempre i summenzionati valori fondamentali, che forniscono ben precise “norme di giudizio” per il discernimento cristiano. Queste, che si trovano incluse, secondo le dichiarazioni ufficiali, nella dottrina sociale, sono irrinunciabili, e devono essere pertanto fatte conoscere ed apprezzare nell'insegnamento impartito nei seminali e nelle facoltà teologiche.

103 LC 74: EV 10/298s.


Capacità di giudicare obiettivamente

48 Il diritto-dovere della chiesa di emettere giudizi morali richiede la capacità di tutti gli operatori pastorali, ecclesiastici e laici, di giudicare oggettivamente le diverse situazioni e strutture e i diversi sistemi economico-sociali. Già la conoscenza dei problemi sociali e la loro interpretazione etica alla luce del messaggio evangelico, come viene espresso nella dottrina sociale della chiesa, offrono orientamenti per questo giudizio, da cui devono essere guidati i comportamenti e le scelte cristiane. Però il passaggio dal dottrinale al pratico suppone mediazioni di natura culturale, sociale, economica e politica, per le quali sono competenti particolarmente, anche se non esclusivamente, i laici, ai quali spetta di sviluppare le attività temporali di propria iniziativa e sotto la propria responsabilità.

Esempi di giudizi

49 Di fatto l'esame dei documenti fa rilevare che la dottrina sociale della chiesa contiene numerosi giudizi sulle situazioni concrete, le strutture, i sistemi sociali e le ideologie. Si possono citare alcuni casi a modo di esempio: la Rerum novarum parla delle cause del malessere degli operai, riferendosi al “giogo” imposto ad essi da “un piccolissimo numero di straricchi”; (104) la Quadragesimo anno giudica che lo stato della società umana del tempo è tale da favorire violenza e lotte;(105) il concilio Vaticano II, descrivendo gli squilibri del mondo moderno, termina con l'affermazione che essi conducono a sfiducie, conflitti e disgrazie dirette contro l'uomo; (106) la Populorum progressio non dubita di denunciare come ingiuste le relazioni tra i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo; (107) la Laborem exercens dice che anche oggi diversi sistemi ideologici sono causa di flagranti ingiustizie; (108) la Sollicitudo rei socialis critica la divisione del mondo in due blocchi (est-ovest) e le conseguenze negative che ne derivano per le nazioni in via di sviluppo. (109)
È ovvio che la formulazione di giudizi morali su situazioni, strutture e sistemi sociali non riveste lo stesso grado di autorità che è proprio del magistero della chiesa quando si pronuncia in merito ai principi fondamentali. Tuttavia, tra i vari giudizi, quelli riguardanti le prevaricazioni contro la dignità umana hanno grande autorità, perché legati a princìpi e valori fondati sulla stessa legge divina.

104 RN: Acta Leonis XIII 11(1891), 99.
105 QA: AAS 23(1931). 219ss.
106
GS 8: LV 1/1345,
107 PP 48-49: EV 2/1093s.
108 LE 8: EV 7/1422.
109 SRS 21: EV 10/2567-2569.


Pericolo dell'influsso ideologico

50 Ai fini di un dialogo più realistico con gli uomini, di una giusta apertura alle differenti circostanze della convivenza sociale e di una conoscenza oggettiva delle situazioni, delle strutture e dei sistemi, la chiesa, quando emette un giudizio, può avvalersi di tutti “gli aiuti che possono offrire le scienze”, (110) per esempio dei dati empirici criticamente avvalorati, sapendo bene tuttavia che non è suo compito analizzare scientificamente la realtà e le possibili conseguenze dei cambiamenti sociali. (111) Ciò vale sia per la chiesa universale come per le chiese particolari.
Un criterio importante per l'uso dei mezzi che offrono le scienze sociali è il ricordare che l'analisi sociologica non sempre offre un'elaborazione oggettiva dei dati e dei fatti, in quanto essa, già in partenza può trovarsi soggetta ad una determinata visione ideologica e ad una ben precisa strategia politica, come si verifica nell'analisi marxista. Com'è noto, il magistero non ha mancato di pronunciarsi ufficialmente circa il pericolo che da questo tipo di analisi può venire per la fede cristiana e per la vita della chiesa. (112).
Questo pericolo dell'influsso ideologico sull'analisi sociologica esiste anche nell'ideologia liberale che ispira il sistema capitalistico; in esso i dati empirici sono spesso sottomessi per principio a una visione individualistica del rapporto economico-sociale, in contrasto con la concezione cristiana. (113).
Non si può certo rinchiudere il destino dell'uomo tra questi due progetti storici contrapposti, perché ciò sarebbe contrario alla libertà e alla creatività dell'uomo. E infatti la storia degli uomini, dei popoli e delle comunità si è rivelata sempre ricca e articolata e i progetti dei modelli sociali sono stati sempre molteplici nelle diverse epoche. A questo proposito, è importante precisare che molte variazioni del principio del liberismo economico, come sono rappresentate dai partiti cristiano-democratici o socialdemocratici, possono essere considerate non più come espressione di “liberalismo” in senso stretto, ma come nuove alternative di organizzazione sociale.

110
OT 20: EV 1/815.
111 LE 1: EV 7/1392.
112 OA 34: EV 4/757; LN VII, n. 6: EV 9/923
113 OA 26: EV 4/749.

Discernimento delle scelte

51 Speciale attenzione merita il dialogo della chiesa con i movimenti storici che hanno cercato di superare il dilemma acuto esistente tra il capitalismo e il socialismo. Tuttavia, la chiesa, con il suo insegnamento sociale, non pretende di incoraggiare un sistema socio-economico e politico alternativo, né formulare un suo progetto ben definito di società, in quanto questo compito spetta ai gruppi e alle comunità a cui sono assegnati ruoli sociali e politici. In essi comunque i cristiani sono chiamati ad esercitare un discernimento permanente. Inoltre il dialogo e l'eventuale impegno dei cristiani nei movimenti “che sono nati da diverse ideologie ma che, d'altra parte, sono differenti da esse”, dovranno sempre svolgersi con l'attenzione e con il discernimento critico dovuti, e sempre con il riferimento al giudizio morale pronunciato dal magistero della chiesa. (114).
La missione salvifica della chiesa scaturita dagli insegnamenti, dalla testimonianza e dalla vita stessa di Gesù Cristo, il salvatore, implica due scelte ineludibili: una per l'uomo secondo il Vangelo e l'altra per l'immagine evangelica della società. Senza ipotizzare una “terza via” (115) di fronte all'“utopia liberale” e all’“utopia socialista”, i credenti devono optare sempre per un modello umanizzante delle relazioni socio-economiche, che sia conforme alla scala dei valori menzionata più sopra. In questa prospettiva, i pilastri di ogni modello veramente umano, cioè conforme alla dignità della persona, sono la verità, la libertà, la giustizia, l'amore, la responsabilità, la solidarietà e la pace. La realizzazione di questi valori nelle strutture della società comporta il primato dell'uomo sulle cose, la priorità del lavoro sul capitale, il superamento dell'antinomia lavoro-capitale. (116).
Queste scelte in se stesse non sono politiche, però toccano la sfera politica, e particolarmente il rapporto chiesa-politica; non sono neppure socio-economiche, ma interessano anche questa dimensione nel rapporto uomo-società e chiesa-società. Così è chiaro che non si può fare a meno del giudizio etico della chiesa circa i fondamenti del sistema sociale che si vuole costruire, e circa i progetti e i programmi concreti della convivenza, in cui deve confluire anche l'immagine dell'uomo e della società offerta dal Vangelo.

114 PT: EV 2/57; Documento di Puebla, nn. 554-557,
115
SRS 41: EV 10/2669.
116 LE 12 LE 14ss: EV7/1439ss.l450ss.

Compiti sociali delle chiese particolari

52 Le chiese particolari sono, nei rispettivi territori, centri di pensiero, di riflessione morale e di azione pastorale anche nel campo sociale. Esse infatti non possono prescindere dalle particolari problematiche locali, che richiedono opportuni adattamenti, come dimostrano numerose lettere dei vescovi e delle conferenze episcopali. Per valutare però giustamente le situazioni e le realtà socio-economiche, politiche e culturali nelle quali si trovano, come anche per contribuire efficacemente al loro progresso e, se è necessario, alla loro trasformazione, molto importa che esse attingano i princìpi ed i criteri di giudizio dalle fonti dell'insegnamento sociale che sono validi per la chiesa universale. (117)

117 OA 36: EV 4/759.

Nuovi giudizi in nuove situazioni

53 Può darsi che il cambiamento delle situazioni postuli la modifica di un precedente giudizio, espresso in una situazione diversa. Ciò spiega perché realmente nella dottrina sociale della chiesa si abbiano oggi giudizi differenti da quelli di un tempo, pur nella continuità di una linea imposta dai princìpi. Ad ogni modo, è evidente che un giudizio maturo sulle nuove situazioni, sui nuovi modelli della società e sui nuovi programmi, non dipende solo dalla dottrina sociale, ma anche dalla formazione filosofico-teologica, dal senso politico e dal discernimento delle mutazioni del mondo. Tutto ciò richiede preparazione remota e prossima, studio e riflessione, come viene raccomandato in questi “Orientamenti”.




Criteri di azione

54 La dottrina sociale della chiesa, in quanto sapere teorico-pratico, è orientata alla evangelizzazione della società: include dunque necessariamente l'invito all'azione sociale offrendo, per le diverse situazioni, opportune direttive (118) ispirate ai principi fondamentali e ai criteri di giudizio (119) più sopra illustrati. L'azione che viene suggerita non si deduce a priori una volta per tutte da considerazioni filosofiche ed etiche, ma si precisa di volta in volta per mezzo del discernimento cristiano della realtà interpretata alla luce del Vangelo e dell'insegnamento sociale della chiesa, che dimostra così ad ogni momento storico la sua attualità. Sarebbe perciò un grave errore dottrinale e metodologico se nell'interpretazione dei problemi di ciascuna epoca storica non si tenesse conto della ricca esperienza acquisita dalla chiesa ed espressa nel suo insegnamento sociale. Pertanto tutti i cristiani dovranno mettersi di fronte alle nuove situazioni con una coscienza ben formata secondo le esigenze etiche del Vangelo e con una sensibilità sociale veramente cristiana, maturata attraverso lo studio attento dei diversi pronunciamenti magisteriali.

118 MM: AAS 53(1961),
MM 455ss.
119 LC 76: EV 10/303s.


Rispetto della dignità della persona umana

55 La chiesa nella sua pastorale sudale si impegna per la piena realizzazione della promozione umana. Tale promozione rientra nel disegno della promozione salvifica dell'uomo è della costruzione del regno di Dio, in quanto tende a nobilitare la persona umana in tutte le sue dimensioni, di ordine naturale e soprannaturale. Come insegna la Gaudium et spes, la missione di evangelizzazione che mira alla salvezza, cioè alla liberazione definitiva dell'uomo, richiede un'azione pastorale diversificata secondo gli ambienti in cui essa sì realizza: profetica, liturgica e di carità. L'azione pastorale della chiesa nelle sue relazioni con il mondo è un'azione di presenza, di dialogo e di servizio a partire dalla fede, nell'ampio e vasto campo sociale, economico, politico, culturale, tecnologico, ecologico, ecc.: essa abbraccia, in una parola, tutto il panorama delle realtà temporali.
Dato il primato dell'uomo sulle cose, un primo criterio o norma non solo di giudizio, ma anche di azione è la dignità della persona umana, che comporta il rispetto e la promozione di tutti i diritti personali e sociali inerenti alla sua natura.
La moralità, la discriminazione tra il giusto e l'ingiusto, dipenderà dalla conformità o dalla difformità delle linee politiche e delle decisioni, dei progetti e dei programmi adottati dai vari agenti sociali (governi, partiti politici, istituzioni ed organizzazioni, persone e gruppi) con la dignità della persona, che ha delle esigenze etiche inviolabili.



Studio dottrina sociale 32