Origene - Genesi 206

Gli scompartimenti

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6. Invero, poiché l'arca, che ci sforziamo di descrivere, è costruita, per comando di Dio, non solo a due scompartimenti, ma anche a tre, sforziamoci anche noi di aggiungere alla duplice spiegazione precedente anche una terza, secondo l'ordine di Dio.

La prima interpretazione, precedente, quella storica, è come il fondamento posto alla base; la seconda, quella mistica, è superiore e più elevata; se possiamo, tentiamo di aggiungervene una terza, quella morale. Il fatto stesso che non abbia detto soltanto a due scompartimenti, e poi abbia taciuto, né soltanto a tre scompartimenti, e poi abbia smesso, ma abbia detto a due scompartimenti, e poi abbia aggiunto a tre scompartimenti, sembra non essere privo di mistero per l'esposizione stessa, cui attendiamo. Infatti i tre scompartimenti indicano questa triplice interpretazione; ma poiché non sempre nelle Scritture divine può sussistere la logica storica, ma a volte viene meno, come, per esempio, quando si dice: Nascono spine in mano all'ubriaco (
Pr 26,9) e si dice del tempio costruito da Salomone: Non si è udita nel tempio di Dio la voce del martello e della scure (1R 6,7), e ancora nel Levitico, quando si comanda che i sacerdoti esaminino e purifichino la lebbra dei muri, delle pelli, delle tessiture (cfr Lv 14,34 Lv 13,48): per questi, e altri esempi simili a questi, l'arca è composta non solo a tre scompartimenti, ma anche a due scompartimenti, affinché sappiamo che, nelle divine Scritture, non sempre è inserito un triplice significato esegetico, poiché non sempre ci accompagna la storia, ma a volte troviamo soltanto un senso duplice.

Sforziamoci dunque di trattare anche della terza possibilità interpretativa, secondo il genere morale.

Se c'è qualcuno che, fra il crescere del male e l'inondare dei vizi, può convertirsi dalle cose passeggere, periture e caduche, all'ascolto della parola di Dio e dei comandamenti celesti, costui edifica nel suo cuore l'arca della salvezza, e consacra in sé, per cosi dire, la biblioteca della parola divina, collocandovi come lunghezza, larghezza e altezza: la fede, la carità, la speranza. Extende la fede nella Trinità alla lunghezza e immortalità della vita, fonda la larghezza della carità nei sentimento del perdono e della benevolenza, innalza l'altezza della speranza alle cose celesti ed eccelse; infatti, camminando sulla terra, ha la sua vita nei cieli (cfr Ph 3,20); riferisce all'uno la somma delle sue azioni. Infatti sa che tutti corrono, ma uno solo riceve la palma (1Co 9,24), cioè chi non è stato molteplice per la mutevolezza dei pensieri e l'instabilità dell'animo. Però costruisce questa biblioteca non con legni rozzi e grossolani, ma con legni quadrati e diritti secondo la linea della giustizia, cioè non con gli autori del mondo, ma con i libri dei profeti e degli apostoli.

Giacché sono essi che, sgrossati da diverse prove, tagliati via e recisi tutti i vizi, portano in sé la vita quadrata e bilanciata da ogni parte.

Infatti gli autori dei libri del mondo possono esser detti alberi eccelsi e alberi ombrosi - infatti Israele è accusato di aver fornicato sotto ogni albero alto e frondoso (cfr 2R 17,7) -, poiché essi parlano certo con una eloquenza elevata e ornata, ma tuttavia non si sono comportati in conformità alle loro parole; per questo non possono essere chiamati legni quadrati (cfr Gn 6,14), poiché in loro non quadrano vita e parola.

Tu, dunque, se fai un'arca, se metti insieme una biblioteca, falla con gli scritti dei profeti e degli apostoli, e di quelli che li hanno seguiti con fede rettilinea; cioè falla a due scompartimenti e a tre scompartimenti.

Apprendi da essa le narrazioni storiche, da essa riconosci il mistero grande, che si adempie nel Cristo e nella Chiesa (cfr Ep 5,32); da essa intendi anche come emendare i costumi, tagliare via i vizi, purificare l'anima, e spogliarla da ogni vincolo di prigionia, riponendo in essa nidi e nidi di diverse virtù e progressi.

Certo la spalmerai di bitume di dentro e di fuori (Gn 6,14), avendo la fede nel cuore, esprimendola con la confessione della bocca (cfr Rm 10,9), avendo al di dentro la scienza, al di fuori le opere, al di dentro il cuore puro, al di fuori vivendo con corpo casto.

Dunque in quest'arca, sia che la intendiamo come biblioteca dei libri divini, sia come l'anima fedele, provvisoriamente secondo il genere morale, devi introdurre pure animali di ogni genere, non solo mondi ma anche immondi.

Possiamo dire facilmente che per animali mondi si possono intendere la memoria, l'erudizione, l'intelligenza, la ricerca e il discernimento delle cose che leggiamo, e altre cose simili a queste; è difficile invece pronunziarsi sugli animali immondi, nominati a due a due (Gn 6,19).

Per quanto possiamo osare riguardo a punti così difficili, ritengo che necessariamente si dicano immonde la concupiscenza e l'ira, che si trovano in ogni anima, in quanto servono all'uomo per peccare; ma per il fatto che né senza la concupiscenza si rinnova la successione della posterità, né senza ira può sussistere correzione e disciplina alcuna, esse sono dette necessarie e da conservarsi. E, benché appaia che abbiamo discusso queste cose non con la ragione morale ma naturale, tuttavia per quel che poteva soddisfare al presente, ne abbiamo trattato per edificazione. Certo, se qualcuno potrà con libertà di spirito riscontrarsi e confrontarsi con la Scrittura divina, e applicare cose spirituali a cose spirituali (cfr 1Co 2,13), non ci nascondiamo che troverà in questo passo molti segreti di un mistero profondo e arcano, che ora non possiamo far emergere in piena luce sia per la brevità del tempo che per non stancare chi ascolta.

Tuttavia scongiuriamo la misericordia di Dio onnipotente, di farci non solo ascoltatori della sua parola, ma anche operatori (), e di far ricadere anche sopra le nostre anime il diluvio della sua acqua, e di cancellare in noi quel che egli sa che deve essere cancellato, e di vivificare quel che ritiene debba essere vivificato, per Cristo nostro Signore e per il suo Spirito Santo.

A lui gloria per gli eterni secoli dei secoli. Amen.

Origene

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Omelia quarta sulla Genesi

Di quel che è scritto: Dio apparve ad Abrahamo

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1. Abbiamo ascoltato la proclamazione di un'altra visione di Dio ad Abrahamo, avvenuta in questo modo: Iddio apparve ad Abrahamo, mentre era seduto all'entrata della sua tenda, presso il querceto di Mambre. Ed ecco tre uomini stettero su di lui, e, guardando coi suoi occhi, Abrahamo vide, ed ecco tre uomini su di lui, ed egli usci incontro a loro, eccetera (
Gn 18,1-2).

In primo luogo, se vi sembra il caso, paragoniamo questa visione con quella che avvenne a Lot.

Tre uomini vengono ad Abrahamo, e stanno su di lui; da Lot vengono due, e si siedono nella piazza (): guarda se le cose non avvengono in proporzione al merito per un disegno dello Spirito Santo. Certo Lot era di gran lunga inferiore ad Abrahamo; se non gli fosse stato inferiore, non si sarebbe separato da Abrahamo, e non gli avrebbe detto: Se tu vai a destra, io a sinistra; se tu vai a sinistra, io a destra (Gn 13,9); e se non gli fosse stato inferiore, non gli sarebbero piaciute la terra e la dimora con i Sodomiti.

Vengono dunque ad Abrahamo tre uomini, a mezzogiorno, e da Lot ne vengono due, e alla sera: giacché Lot non era capace di accogliere l'intensità della luce meridiana; mentre Abrahamo fu capace del pieno fulgore di quella luce.

Vediamo ora come Abrahamo e Lot accolgano quelli che vengono a loro, e confrontiamo i preparativi per l'ospitalità dell'uno e dell'altro. Però, nota per prima cosa che ad Abrahamo, assieme ai due angeli, si presentò anche il Signore, mentre da Lot vanno soltanto i due angeli. E cosa dicono? Il Signore ci ha mandato a distruggere la città, e a mandarla in rovina (): dunque egli accolse quelli che possono dare la rovina, e non accolse colui che può salvare; Abrahamo, invece, accolse sia colui che salva, che quelli che mandano in perdizione.

Consideriamo ora in che modo ciascuno accolga.

Abrahamo vide, e corse loro incontro (Gn 18,2): guarda come Abrahamo è continuamente operoso e alacre nel servizio. Egli stesso corre incontro, e, dopo essere andato incontro, ritorna in fretta alla tenda e dice alla sua moglie: Affrettati alla tenda (Gn 18,6); vedi nei singoli gesti quale sia la prontezza di colui che accoglie: ci si affretta in tutto, tutto appare urgente, non si fa niente adagio adagio.

Dice dunque a Sara sua moglie: Affrettati alla tenda, e impasta tre misure di fior di farina, facendone delle focacce cotte sotto la cenere (Gn 18,6); in greco la parola è egkryfìas, che indica pani celati o nascosti.

Egli poi corse alla stalla e prese un vitello (Gn 18,7): quale vitello? forse il primo che gli capitò? Non è così, ma un vitello buono e tenero (): anche se fa tutte le cose in fretta, sa bene quali cose, speciali e grandi, siano da offrirsi a Dio e agli angeli.

Prese dunque, o scelse dalla mandra, un vitello buono e tenero e lo diede al servo; il servo si affrettò a prepararlo (Gn 18,7): corre lui, si affretta la moglie, è celere il servo, non c'è alcun pigro nella casa del sapiente.

Apparecchia dunque il vitello, insieme con i pani e la focaccia, ma anche latte e burro: questo è il servizio di ospitalità di Abrahamo e di Sara.

Consideriamo ora quel che fa Lot: egli non ha né fior di farina, né pane mondo, ma farina; non conosce le tre misure di fior di farina, e non può apparecchiare per i visitatori le egkryfìas, cioè i pani nascosti e mistici.

Si lavino i vostri piedi

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2. Continuiamo intanto a vedere come si comporta Abrahamo con i tre uomini che stettero su di lui (); considera cosa significhi il fatto stesso che vengono su di lui, non contro di lui. Poiché davvero si era assoggettato alla volontà di Dio, si dice che Dio sta su di lui; apparecchia i pani impastati con tre misure di fior di farina: accolse tre uomini, impastò i pani con tre misura di fior di farina; tutto quel che fa è mistico, tutto è pieno di misteri.

Apparecchia il vitello, ecco un altro mistero; e il vitello non è duro, ma buono e tenero; e che cosa è tanto tenero e buono quanto colui che si umiliò per noi fino alla morte (), e pose l'anima sua per i suoi amici (CF 1
Jn 3,16 Jn 15,13)? Egli è il vitello ingrassato, che il Padre immola per accogliere il figlio pentito (). Infatti egli ha tanto amato il mondo, da dare il suo figlio unico per la vita del mondo (Jn 3,16).

E il sapiente sa bene chi accoglie: corre incontro ai tre, e uno solo adora, a uno solo parla: Scendi dal tuo servo, e ristorati sotto l'albero (Gn 18,3-4).

Ma come mai aggiunge di nuovo, quasi parlando a uomini: Si prenda dell'acqua, e si lavino i vostri piedi (Gn 18,4)?

Con ciò Abrahamo, padre e maestro delle genti, ti insegni come devi accogliere gli ospiti, e che tu lavi i piedi agli ospiti, tuttavia anche questo è detto in mistero: sapeva infatti che i sacramenti del Signore non si compiono se non nella lavanda dei piedi (); ma non gli sfuggiva la severità del precetto detto dal Salvatore: Se non vi accoglieranno, scuotete anche la polvere, che si è attaccata ai vostri piedi, in testimonianza per loro. In verità vi dico che, nel giorno del giudizio, ci sarà più tolleranza per la terra di Sodoma che per quella città ().

Voleva dunque prevenire, e lavare i piedi, che per caso non ci restasse un po' di polvere, che potesse essere riserbata per il giorno del giudizio, da scuotersi a testimonianza dell'incredulità. Per questo dunque il sapiente Abrahamo dice: Si prenda dell'acqua, e si lavino i vostri piedi.

Sotto l'albero di Mambre

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3. Vediamo ora quel che è detto in seguito: Abrahamo poi stava ritto presso di loro, sotto l'albero (
Gn 18,8). Procuriamoci orecchie circoncise per tali narrazioni; non è da credersi che stesse tanto a cuore allo Spirito Santo di scrivere nei libri della legge dove stava Abrahamo. Quale utilità c'è per me, che sono venuto ad ascoltare, che cosa insegna lo Spirito Santo all'umanità, se ascolterò che Abrabamo stava sotto l'albero? Ma vediamo quale sia l'albero sotto cui stava Abrahamo, e offriva un convito al Signore e agli angeli.

Dice: Sotto l'albero di Mambre (): Mambre nella nostra lingua significa visione o perspicacia: vedi quale, e di che genere, è il luogo, in cui il Signore può tenere un convito? Si è compiaciuto della visione e della perspicacia di Abrahamo: infatti era puro nel cuore, così da poter vedere Dio (Mt 5,8).

Dunque in tali luoghi, e in un cuore simile, il Signore può tenere un convito con i suoi angeli. In effetti, un tempo i profeti erano chiamati veggenti ().

Dov'è Sara?

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4. Che cosa dunque dice il Signore ad Abrahamo? Dov'è Sara, tua moglie? E lui: Eccola, risponde, nella tenda. E dice il Signore: Verrò sicuramente da te a un certo tempo, e proprio in questo tempo, Sara tua moglie avrà un figlio. Sara ascoltava, stando dietro la porta della tenda, dietro ad Abrahamo ().

Imparino le donne dall'esempio dei patriarchi, imparino, dico, le donne, a seguire i loro mariti; infatti non senza motivo è stato scritto che Sara stava dietro Abrahamo, ma per mostrare che, se l'uomo va avanti verso il Signore, la moglie deve seguirlo; dico cioè che la donna deve seguire, se vede il suo marito stare presso il Signore.

Del resto eleviamoci a un grado più alto di intelligenza, e diciamo che, in noi, l'uomo è il senso spirituale, e la donna, a lui congiunta come a marito, è la nostra carne. Dunque la carne segua sempre il senso spirituale, e non si giunga mai a tal punto di pigrizia, che il senso spirituale, ridotto in schiavitù, obbedisca alla carne che ondeggia nella lussuria e nei piaceri.

Sara stava dietro Abrahamo: ma in questo tratto possiamo anche cogliere l'aspetto mistico, se consideriamo come, nell'Exodo, Dio andava avanti, di notte nella colonna di fuoco, e di giorno nella colonna di nube (), e la sinagoga del Signore andava dietro, dopo di lui. Così anche intendo che Sara seguiva, o stava dietro Abrahamo.

Cosa dice dopo? Erano entrambi presbiteri, cioè anziani, e avanzati negli anni (
Gn 18,11): per quel che riguarda l'età del corpo, molti prima di loro avevano condotto una vita molto più longeva per gli anni, ma nessuno è stato chiamato presbitero; per cui si vede che tale nome è attribuito non in ragione della longevità, ma della maturità.

Il Signore è disceso

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5. E che dunque accadde dopo un tale e tanto convito, offerto da Ahrahamo al Signore e agli angeli sotto l'albero della visione?

Gli ospiti se ne vanno. Abrahamo poi li accompagnava e camminava con loro. E il Signore disse: Non posso celare ad Abrahamo, mio servo, quel che farò, poiché Abrahamo diventerà un popolo grande e numeroso, e in lui saranno benedette tutte le genti della terra. Sapeva infatti che avrebbe dato ordini ai suoi figli, e avrebbero osservato le vie del Signore, per fare giustizia e giudizio, affinché il Signore adempisse con Abrahamo quel che gli aveva rivelato. E disse: Il clamore di Sodoma e di Gomorra è giunto al colmo, e i loro peccati sono troppo grandi. Dunque sono disceso per vedere se sono giunti al grado estremo, secondo il loro stesso clamore, arrivato fino a me; o se altrimenti, per saperlo (
Gn 18,16-21).

Queste sono le parole della Scrittura divina: vediamo dunque ora che cosa, in esse, si debba degnamente comprendere.

Sono disceso per vedere: quando sono trasmessi messaggi ad Abrahamo, non si dice che Dio discende, ma che sta su di lui, come abbiamo spiegato sopra: Stettero tre uomini su di lui (Gn 18,2); ma ora, che si tratta di peccatori, è detto che Dio discende.

Sta' attento a non intenderlo come una ascensione e discesa nello spazio; questo si trova spesso nelle lettere divine, per esempio nel profeta Michea: Ecco, il Signore è uscito dal suo santo luogo, è disceso e camminerà sopra le alture della terra (). Si dice dunque che Dio discende, quando si degna di aver cura della fragilità umana; e questo dobbiamo pensano in maniera speciale del nostro Signore e Salvatore, il quale non stimò una rapina l'essere uguale a Dio, ma annientò se stesso, assumendo la forma dello schiavo (Ph 2,7): dunque è disceso. Nessuno è salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo, che è in cielo (Jn 3,13).

Infatti il Signore è disceso, non solo per curare, ma anche per portare ciò che è nostro: Infatti assunse forma di schiavo, ed essendo egli invisibile per natura, in quanto eguale al Padre, tuttavia prese una forma visibile, e fu trovato nel sembiante come uomo (). Ma, anche quando discese, per alcuni è in basso, per altri invece ascese ed è in alto. Infatti, scelti alcuni apostoli, salì in un monte eccelso, e là si trasfigurò davanti a loro (): dunque, per coloro che ammaestra riguardo ai misteri del regno dei cieli (), è in alto; ma per le folle e i Farisei, ai quali rimprovera i peccati, è in basso, ed è là con loro, ov'è l'erba ().

Non avrebbe potuto trasfigurarsi in basso, ma sale in alto con quelli che hanno potuto seguirlo, e là si trasfigura.

Il Signore conosce quelli che sono suoi

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6. Dunque sono disceso, per vedere se i peccati sono giunti al grado estremo, secondo il loro clamore, arrivato fino a me; o se altrimenti, per saperlo (
Gn 18,21).

Sulla base di questo discorso, gli eretici sogliono impugnare il mio Dio, dicendo: Ecco, il Dio della legge non avrebbe saputo quel che accadeva a Sodoma, se non fosse disceso per vedere, e non avesse mandato inviati a saperlo. Ma noi, ai quali è stato dato l'ordine di combattere le battaglie del Signore, affiliamo contro di loro la spada della parola di Dio e avanziamo contro di loro a battaglia; stiamo in campo cinti i fianchi nella verità, e, presentando lo scudo della fede (), riceviamo i dardi velenosi delle loro dispute, e rivolgiamoli di nuovo contro di loro, diligentemente librati.

Infatti queste sono le battaglie del Signore, combattute da David e dagli altri patriarchi. Resistiamo contro di loro per i nostri fratelli: Infatti per me è meglio morire () piuttosto che rapiscano e facciano preda di qualcuno dei miei fratelli, e con scaltre insinuazioni di parole, facciano prigionieri i fanciullini e lattanti in Cristo (). Infatti con i perfetti non potranno venire alle mani, né oseranno attaccare battaglia: noi dunque, per prima cosa pregando il Signore, con l'aiuto delle vostre orazioni, intraprenderemo contro di loro la battaglia della parola.

Diciamo dunque con franchezza che, secondo le Scritture, Dio non conosce tutti. Dio non conosce il peccato, e Dio non conosce i peccatori, ignora quanti sono estranei a lui. Ascolta la Scrittura che dice: Conosce il Signore quelli che sono suoi, e: Si allontani dall'iniquità chiunque invoca il nome del Signore (CF 2 (cf Nb 16,5). Il Signore conosce i suoi, ma non conosce gli iniqui e gli empi. Ascolta il Salvatore che dice: Allontanatevi da me, voi tutti operatori di iniquità, non vi conosco (Mt 7,23). E ancora Paolo dice: Se vi è fra voi un profeta o uomo spirituale, riconosca che le cose che scrivo sono del Signore. Ma chi non lo conosce, non è conosciuto (1Co 14,37-38).

Queste cose poi le diciamo non avendo di Dio una nozione blasfema, come fate voi, o attribuendogli ignoranza, ma intendiamo così, che coloro le cui azioni sono indegne di Dio, siano giudicati anche indegni della conoscenza di Dio. Dio non si degna di conoscere colui che si è distolto da lui, e lo ignora; per questo l'Apostolo dice: Chi non lo conosce, non è conosciuto .

Ora dunque, tale significato ha quello che si dice di coloro che abitano a Sodoma: così che, se, secondo il clamore, salito a Dio, i loro peccati sono giunti al grado estremo (), siano giudicati indegni della conoscenza di Dio; se invece c'è in loro una qualche conversione, o se almeno dieci fra loro saranno trovati giusti (), di nuovo il Signore li conoscerà.

Per questo ha detto: O se altrimenti, per saperlo (Gn 18,21). Non ha detto: per conoscere che cosa fanno, ma per conoscere loro, e per farli degni della mia conoscenza, se troverò fra loro alcuni giusti, alcuni penitenti, alcuni tali che io debba conoscerli. E alla fine, poiché non fu trovato alcuno che si pentisse, alcuno che si convertisse, all'infuori di Lot, egli solo è riconosciuto, egli solo è liberato dall'incendio (). Neppure i generi, avvertiti, lo seguono, neppure i vicini e i parenti, nessuno volle conoscere la clemenza di Dio, nessuno rifugiarsi nella sua misericordia; perciò anche nessuno è riconosciuto.

Queste cose siano dette contro coloro che parlano altezzosamente iniquità (Ps 73,8).

Quanto a noi, adoperiamoci che tali siano i nostri atti, tale la nostra vita, che siamo ritenuti degni della conoscenza di Dio, che egli si degni di conoscerci, che siamo ritenuti degni della conoscenza del Figlio suo Gesù Cristo, e della conoscenza dello Spirito Santo, affinché, conosciuti dalla Trinità, anche noi meritiamo di riconoscere pienamente, totalmente e perfettamente, il mistero della Trinità, rivelandolo a noi il Signore Gesù Cristo, al quale è la gloria e il dominio nei secoli dei secoli. Amen ().


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Omelia ottava sulla Genesi

Abrahamo offre suo figlio Isacco

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1. Porgete orecchio, o voi che vi siete avvicinati a Dio, che vi credete fedeli, e considerate con grande diligenza come viene messa a prova la fede dei fedeli, dalla lettura che ci è stata proclamata.

E avvenne, dopo queste parole, che Iddio tentò Abrahamo, e gli disse: Abrahamo, Abrahamo. Ed egli disse: Eccomi (
Gn 22,1). Osserva bene le parole scritte, una per una: in ciascuna, infatti, se uno sa scavare in profondo, troverà un tesoro; e forse, anche dove non pensa, sono nascosti i gioielli preziosi dei misteri.

Quest'uomo prima si chiamava Abramo, e da nessuna parte leggiamo che Dio lo abbia chiamato con questo nome, o gli abbia detto: Abramo, Abramo. Infatti non poteva essere chiamato da Dio con un nome destinato a essere cancellato, ma lo chiama con il nome che egli stesso gli ha donato (Gn 17,5), e non solo lo chiama con questo nome, ma anche lo ripete.

E quando egli ha risposto: Eccomi, gli dice: Prendi il tuo figlio carissimo, che ami, Isacco, e offrilo a me. Va' in un luogo elevato, e là offrilo in olocausto su uno dei monti che ti mostrerò (Gn 22,2). Dio stesso poi spiega perché gli ha dato un nome e lo ha chiamato Abrahamo: Poiché ti ho posto padre di molte genti (Gn 17,5). Dio gli fece questa promessa quando aveva il figlio Ismaele, ma gli promise che tale promessa si sarebbe compiuta nel figlio che sarebbe nato da Sara. Aveva dunque infiammato i suoi desideri per l'amore di un figlio non solo a motivo della discendenza, ma anche per la speranza delle promesse.

Ma ora gli è ingiunto di offrire in olocausto al Signore su uno dei monti questi, nel quale sono state riposte per lui queste promesse grandi e mirabili, questo figlio, dico, nel quale il suo nome è stato chiamato Abrahamo.

Come reagisci tu a queste cose, o Abrahamo? Quali pensieri, e di qual genere, si agitano nel tuo cuore? Da Dio è uscita una voce per vagliare e mettere alla prova la tua fede. Cosa rispondi a queste cose? Cosa pensi? Cosa rimetti in discussione? Forse che rivolgi in cuor tuo il pensiero: se in Isacco mi è stata fatta la promessa, e ora lo offro in olocausto, resta che io non debba sperare più in quella promessa? O pensi piuttosto, e dici che è impossibile che mentisca colui che ha promesso, e che, qualunque cosa accada, la promessa resterà?

Davvero, io che sono il minimo (), non sono capace di scrutare i pensieri di un così grande patriarca, e non posso sapere quali pensieri gli abbia mosso, quale sentimento gli abbia arrecato la voce di Dio, che si era manifestata per tentarlo, quando gli comandò di uccidere il figlio unico. Ma poiché lo spirito dei profeti è soggetto ai profeti (1Co 14,32), l'apostolo Paolo che, per opera dello Spirito, credo, aveva appreso quale sentimento, quale consiglio portasse in sé Abrahamo, li indicò dicendo: Per la fede Abrahamo non esitò, nell'offrire l'unico figlio, nel quale aveva ricevuto le promesse, pensando che Dio è potente a risuscitarlo anche dai morti (He 11,17 He 19). L'Apostolo ci ha dunque rivelato i pensieri dell'uomo fedele, e cioè che già allora, in Isacco, ebbe il suo inizio la fede nella risurrezione. Abrahamo dunque sperava che Isacco sarebbe risorto, e credeva che sarebbe accaduto quel che ancora non si era verificato. Come dunque possono essere figli di Abrahamo (Jn 8,37), coloro che non credono che si sia compiuto nel Cristo quello che egli credette sarebbe accaduto in Isacco?

Anzi, per esprimermi più chiaramente, Abrahamo sapeva di prefigurare un'immagine della verità futura, sapeva che dal suo seme sarebbe nato il Cristo, il quale avrebbe dovuto essere offerto come vera vittima di tutto il mondo, e sarebbe risorto dai morti.

In Isacco le promesse

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2. Ma intanto ora Dio tentava Abrahamo, e gli dice: Prendi il tuo figlio carissimo, che ami (
Gn 22,1-2); non gli era bastato aver detto figlio, ma aggiunge anche carissimo; sia pure, ma perché aggiunge ancora: che ami? Considera la gravità della tentazione: mediante questi dolci e cari nomi, di nuovo e più volte ripetuti, sono eccitati i sentimenti del padre, affinché, essendo ben desta la memoria dell'amore, la destra del padre sia trattenuta nell'immolare il figlio, e tutta la milizia della carne faccia lotta contro la fede dell'anima.

Prendi, dice dunque, il tuo figlio carissimo, che ami, Isacco ; sia pure, Signore, che tu ricordi il figlio al padre; aggiungi anche carissimo di colui che comandi di uccidere; basti questo al supplizio del padre; di nuovo aggiungi anche che ami; pure in questo siano triplicati i supplizi del padre; ma che bisogno c'è ancora che tu ricordi anche Isacco? Forse che Abrahamo non sapeva che quel suo figlio carissimo, colui che egli amava, si chiamava Isacco? Ma perché si aggiunge ciò a questo punto? Perché Abrahamo si ricordasse che gli avevi detto: In Isacco si chiamerà per te la discendenza, e in Isacco saranno per te le promesse (). Viene anche ricordato il nome, affinché subentri la disperazione nei confronti delle promesse che erano state fatte in questo nome.

Ma tutto questo, perché Iddio tentava Abrahamo.

Il luogo elevato

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3. E dopo ciò? Va' in un luogo elevato, su uno dei monti che ti mostrerò, e là offrilo in olocausto (
Gn 22,2); considerate dai particolari come si accresce la tentazione: Va' in un luogo elevato; forse che Abrahamo, con il fanciullo, non poteva essere condotto prima a quel luogo elevato, ed essere collocato prima sul monte, scelto dal Signore, e lì essergli detto di offrire il suo figlio? Ma prima gli viene detto che deve offrire il suo figlio, e poi gli è comandato di andare in un luogo elevato e di salire sul monte. A che mira ciò?

A che, mentre cammina, mentre fa la strada, per tutta la via sia lacerato dai pensieri, e a tratti sia tormentato dall'urgenza del comando, a tratti dall'affetto riluttante per l'unico figlio.

Per questo, dunque, gli è comandata anche la via, anche l'ascesa del monte, perché in tutti questi passi possano ampiamente misurarsi a battaglia i sentimenti e la fede, l'amore di Dio e l'amore della carne, la grazia delle cose presenti e l'attesa delle future. E' mandato dunque in un luogo elevato, e il luogo elevato non basta per il patriarca che deve compiere per il Signore un'opera così grande, ma gli viene comandato anche di salire su un monte, ossia che, elevatosi per la fede, abbandoni le cose terrene e ascenda alle cose celesti.

Il terzo giorno

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4. Si levò dunque Abrahamo al mattino, e mise il basto alla sua asina, e tagliò la legna per l'olocausto. E prese il suo fglio Isacco e due servi, e giunse al luogo che Dio gli aveva detto, il terzo giorno (
Gn 22,3-4). Si levò Abrahamo al mattino (), mise il basto alla sua asina, preparò la legna, prese con sé il figlio. Non riflette, non mette in discussione, non comunica ad alcun uomo la sua intenzione, ma subito affretta il viaggio.

E giunse al luogo che il Signore gli aveva detto, il terzo giorno: tralascio ora quale mistero contenga il terzo giorno; considero la sapienza e il consiglio di colui che tenta.

E così nelle vicinanze non c'era alcun monte, benché tutto accadesse fra i monti, ma il cammino si prolunga per tre giorni, e per tre giorni le viscere del padre sono tormentate dai pensieri ricorrenti, cosi che per tutto questo spazio tanto lungo il padre guardava il figlio, mangiava con lui, e per tante notti il fanciullo riposava nelle braccia del padre, gli si stringeva al petto, gli giaceva in grembo.

Vedi fino a qual punto aumenta la tentazione.

Il terzo giorno, poi è sempre stato adatto ai misteri: infatti anche il popolo, uscito dall'Egitto, offre a Dio il sacrificio il terzo giorno, e si purifica nel terzo giorno; il terzo giorno è quello della risurrezione del Signore; e molti altri misteri sono racchiusi in questo giorno ().

Dio è potente

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5. Guardando, Abrahamo vide il luogo di lontano, e disse ai suoi servi: sedetevi qui con l'asina, io e il fanciullo andremo fin là, e, quando avremo adorato, ritorneremo a voi (
Gn 22,4-5). Lascia i servi; infatti i servi non potevano salire con Abrahamo al luogo dell'olocausto, che Dio gli aveva mostrato.

Dice dunque: Voi sedete qui, io e il bambino andremo, e, quando avremo adorato, ritorneremo a voi. Dimmi, Abrahamo, dici il vero ai servi, che adorerai e ritornerai con il bambino, o menti? Se dici il vero, dunque non farai olocausto di lui; se menti... a un così grande patriarca non si addice mentire. Dunque, quale intenzione manifesta in te questa parola?

Dico il vero, afferma, e offro il fanciullo in olocausto; per questo infatti porto anche con me la legna, e con lui ritornerò a voi, perché credo, e questa è la mia fede: Che Dio è potente a risuscitarlo anche dai morti (He 11,19).

Isacco figura del Cristo

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6. Dopo ciò, Abrahamo prese la legna per l'olocausto, vi pose sopra Isacco suo figlio, e prese nelle sue mani il fuoco e la spada, e si avviarono insieme (
Gn 22,6). Per il fatto che Isacco si porta lui stesso la legna per l'olocausto, è figura del Cristo che si portò lui stesso la croce (Jn 19,17); e tuttavia portare la legna per l'olocausto è compito del sacerdote; diviene cosi insieme vittima e sacerdote.

Ma anche l'aggiunta: E si avviarono tutti e due insieme , si riferisce a ciò: infatti, mentre Abrahamo, che si accingeva a sacrificare, portava il fuoco e il coltello, Isacco non va dietro a lui, ma con lui, affinché appaia che egli, con lui, parimenti funge da sacerdote.

Cosa avviene dopo questo? Isacco disse ad Abrahamo suo padre: Padre (Gn 22,7). In questo momento la voce che proviene dal figlio è una tentazione. Infatti come pensi che il figlio, che doveva essere immolato, abbia scosso le viscere paterne con questa voce? E benché Abrahamo fosse così inflessibile in grazia della fede, tuttavia anch'egli ricambiò una parola d'affetto e disse: Cosa c'è, figlio? E lui: Ecco il fuoco e la legna, ma dov'è la pecora per l'olocausto? (Gn 22,7). Abrahamo rispose: Dio stesso si provvederà la pecora per l'olocausto, figlio (Gn 22,8).

Mi commuove la risposta di Abrahamo, così attenta e cauta; non so quel che vedeva in spirito, perché non riguardo al presente, ma al futuro dice: Dio stesso si provvederà la pecora : al figlio che gli domanda del presente, risponde le cose future. Infatti il Signore stesso si provvederà la pecora nel Cristo, poiché anche la sapienza stessa si è edificata una casa (), ed egli ha umiliato se stesso fino alla morte (Ph 2,8); e troverai che tutto quello che leggi del Cristo, è stato fatto non di necessità, ma liberamente.


Origene - Genesi 206