B. Paolo VI Omelie 30668

Domenica, 30 giugno 1968: CONCLUSIONE DELL'«ANNO DELLA FEDE» NEL CENTENARIO DEL MARTIRIO DEGLI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

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Venerati Fratelli e diletti Figli.

Con questa solenne Liturgia Noi concludiamo la celebrazione del XIX centenario del martirio dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, e diamo così all’«Anno della Fede» il suo coronamento: l’avevamo dedicato alla commemorazione dei Santi Apostoli per attestare il nostro incrollabile proposito di fedeltà al Deposito della fede (Cfr.
1Tm 6,20) che essi ci hanno trasmesso, e per rafforzare il nostro desiderio di farne sostanza di vita nella situazione storica, in cui si trova la Chiesa pellegrina nel mondo.

Noi sentiamo pertanto il dovere di ringraziare pubblicamente tutti coloro che hanno risposto al Nostro invito, conferendo all’ «Anno della Fede» una splendida pienezza, con l’approfondimento della loro personale adesione alla Parola di Dio, con la rinnovazione della professione di fede nelle varie comunità, e con la testimonianza di una vita veramente cristiana. Ai Nostri Fratelli nell’Episcopato, in modo particolare, e a tutti i fedeli della santa Chiesa cattolica, Noi esprimiamo la Nostra riconoscenza e impartiamo la Nostra Benedizione.

Al tempo stesso, Ci sembra che a Noi incomba il dovere di adempiere il mandato, affidato da Cristo a Pietro, di cui siamo il successore, sebbene l’ultimo per merito, di confermare cioè nella fede i nostri fratelli (Cfr. Lc 22,32). Consapevoli, senza dubbio, della Nostra umana debolezza, ma pure con tutta la forza che un tale mandato imprime nel Nostro spirito, Noi Ci accingiamo pertanto a fare una professione di fede, a pronunciare un Credo, che, senza essere una definizione dogmatica propriamente detta, e pur con qualche sviluppo, richiesto dalle condizioni spirituali del nostro tempo, riprende sostanzialmente il Credo di Nicea, il Credo dell’immortale Tradizione della santa Chiesa di Dio.

Nel far questo, Noi siamo coscienti dell’inquietudine, che agita alcuni ambienti moderni in relazione alla fede. Essi non si sottraggono all’influsso di un mondo in profonda trasformazione, nel quale un così gran numero di certezze sono messe in contestazione o in discussione. Vediamo anche dei cattolici che si lasciano prendere da una specie di passione per i cambiamenti e le novità. Senza dubbio la Chiesa ha costantemente il dovere di proseguire nello sforzo di approfondire e presentare, in modo sempre più confacente alle generazioni che si succedono, gli imperscrutabili misteri di Dio, fecondi per tutti di frutti di salvezza. Ma al tempo stesso, pur nell’adempimento dell’indispensabile dovere di indagine, è necessario avere la massima cura di non intaccare gli insegnamenti della dottrina cristiana. Perché ciò vorrebbe dire - come purtroppo oggi spesso avviene - un generale turbamento e perplessità in molte anime fedeli.

A tale proposito occorre ricordare che al di là del dato osservabile, scientificamente verificato, l’intelligenza dataci da Dio raggiunge la realtà (ciò che è), e non soltanto l’espressione soggettiva delle strutture e dell’evoluzione della coscienza; e che, d’altra parte, il compito dell’interpretazione - dell’ermeneutica - è di cercare di comprendere e di enucleare, nel rispetto della parola pronunciata, il significato di cui un testo è espressione, e non di ricreare in qualche modo questo stesso significato secondo l’estro di ipotesi arbitrarie.

Ma, soprattutto, Noi mettiamo la Nostra incrollabile fiducia nello Spirito Santo, anima della Chiesa, e nella fede teologale su cui si fonda la vita del Corpo mistico. Noi sappiamo che le anime attendono la parola del Vicario di Cristo, e Noi veniamo incontro a questa attesa con le istruzioni che normalmente amiamo dare. Ma oggi Ci si offre l’occasione di pronunciare una parola più solenne.

In questo giorno, scelto per la conclusione dell’«Anno della Fede», in questa Festa dei beati Apostoli Pietro e Paolo, Noi abbiamo voluto offrire al Dio vivente l’omaggio di una professione di fede. E come una volta a Cesarea di Filippo l’Apostolo Pietro prese la parola a nome dei Dodici per confessare veramente, al di là delle umane opinioni, Cristo Figlio di Dio, vivente, così oggi il suo umile Successore, Pastore della Chiesa universale, eleva la sua voce per rendere, in nome di tutto il popolo di Dio, una ferma testimonianza alla Verità divina, affidata alla Chiesa perché essa ne dia l’annunzio a tutte le genti.

Noi abbiamo voluto che la Nostra professione di fede fosse sufficientemente completa ed esplicita, per rispondere in misura appropriata al bisogno di luce, sentito da così gran numero di anime fedeli come da tutti coloro che nel mondo, a qualunque famiglia spirituale appartengano, sono in cerca della Verità.

A gloria di Dio Beatissimo e di Nostro Signore Gesù Cristo, fiduciosi nell’aiuto della Beata Vergine Maria e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, per il bene e l’edificazione della Chiesa, a nome di tutti i Pastori e di tutti i fedeli, Noi ora pronunciamo questa professione di fede, in piena comunione spirituale con tutti voi, Fratelli e Figli carissimi.

Professione di Fede

Noi crediamo in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, creatore delle cose visibili, come questo mondo ove trascorre la nostra vita fuggevole, delle cose invisibili quali sono i puri spiriti, chiamati altresì angeli (Cfr. Dz.-Sch. DS 3002), e Creatore in ciascun uomo dell’anima spirituale e immortale.

Noi crediamo che questo unico Dio è assolutamente uno nella sua essenza infinitamente santa come in tutte le sue perfezioni, nella sua onnipotenza, nella sua scienza infinita, nella sua provvidenza, nella sua volontà e nel suo amore. Egli è Colui che è, come Egli stesso lo ha rivelato a Mosè (Cfr. Ex 3,14); ed Egli è Amore, come ce lo insegna l’Apostolo Giovanni (Cfr. 1Jn 4,8): cosicché questi due nomi, Essere e Amore, esprimono ineffabilmente la stessa Realtà divina di Colui, che ha voluto darsi a conoscere a noi, e che «abitando in una luce inaccessibile» (Cfr. 1Tm 6,16) è in Se stesso al di sopra di ogni nome, di tutte le cose e di ogni intelligenza creata. Dio solo può darci la conoscenza giusta e piena di Se stesso, rivelandosi come Padre, Figlio e Spirito Santo, alla cui eterna vita noi siamo chiamati per grazia di Lui a partecipare, quaggiù nell’oscurità della fede e, oltre la morte, nella luce perpetua, l’eterna vita. I mutui vincoli, che costituiscono eternamente le tre Persone, le quali sono ciascuna l’unico e identico Essere divino, sono le beata vita intima di Dio tre volte santo, infinitamente al di là di tutto ciò che noi possiamo concepire secondo l’umana misura (Cfr. Dz-Sch. DS 804). Intanto rendiamo grazie alla Bontà divina per il fatto che moltissimi credenti possono attestare con noi, davanti agli uomini, l’Unità di Dio, pur non conoscendo il mistero della Santissima Trinità.

Noi dunque crediamo al Padre che genera eternamente il Figlio; al Figlio, Verbo di Dio, che è eternamente generato; allo Spirito Santo, Persona increata che procede dal Padre e dal Figlio come loro eterno Amore. In tal modo, nelle tre Persone divine, coaeternae sibi et coaequales (Dz-Sch. DS 75), sovrabbondano e si consumano, nella sovreccellenza e nella gloria proprie dell’Essere increato, la vita e la beatitudine di Dio perfettamente uno; e sempre «deve essere venerata l’Unità nella Trinità e la Trinità nell’Unità» (Dz-Sch. DS 75).

Noi crediamo in Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo eterno, nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousios to Patri (Dz-Sch. DS 150); e per mezzo di Lui tutto è stato fatto. Egli si è incarnato per opera dello Spirito nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale pertanto al Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità (Cfr. Dz.-Sch. DS 76), ed Egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle nature ma per l’unità della persona Cfr. Ibid.).

Egli ha dimorato in mezzo a noi, pieno di grazia e di verità. Egli ha annunciato e instaurato il Regno di Dio, e in Sé ci ha fatto conoscere il Padre. Egli ci ha dato il suo Comandamento nuovo, di amarci gli uni gli altri com’Egli ci ha amato. Ci ha insegnato la via delle Beatitudini del Vangelo: povertà in spirito, mitezza, dolore sopportato nella pazienza, sete della giustizia, misericordia, purezza di cuore, volontà di pace, persecuzione sofferta per la giustizia. Egli ha patito sotto Ponzio Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati del mondo, ed è morto per noi sulla Croce, salvandoci col suo Sangue Redentore. Egli è stato sepolto e, per suo proprio potere, è risolto nel terzo giorno, elevandoci con la sua Resurrezione alla partecipazione della vita divina, che è la vita della grazia. Egli è salito al Cielo, e verrà nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, ciascuno secondo i propri meriti; sicché andranno alla vita eterna coloro che hanno risposto all’Amore e alla Misericordia di Dio, e andranno nel fuoco inestinguibile coloro che fino all’ultimo vi hanno opposto il loro rifiuto.

E il suo Regno non avrà fine.

Noi crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dona la vita; che è adorato e glorificato col Padre e col Figlio. Egli ci ha parlato per mezzo dei profeti, ci è stato inviato da Cristo dopo la sua Resurrezione e la sua Ascensione al Padre; Egli illumina, vivifica, protegge e guida la Chiesa, ne purifica i membri, purché non si sottraggano alla sua grazia. La sua azione, che penetra nell’intimo dell’anima, rende l’uomo capace di rispondere all’invito di Gesù: «Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48).

Noi crediamo che Maria è la Madre, rimasta sempre Vergine, del Verbo Incarnato, nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo (Cfr. Dz.-Sch. DS 251-252) e che, a motivo di questa singolare elezione, Ella, in considerazione dei meriti di suo Figlio, è stata redenta in modo più eminente (Cfr. Lumen gentium, LG 53), preservata da ogni macchia del peccato originale (Cfr. Dz.-Sch. DS 2803) e colmata del dono della grazia più che tutte le altre creature (Cfr. Lumen gentium, LG 53).

Associata ai Misteri della Incarnazione e della Redenzione con un vincolo stretto e indissolubile (Cfr. Lumen gentium, LG 53 LG 58 LG 61), la Vergine Santissima, l’Immacolata, al termine della sua vita terrena è stata elevata in corpo e anima alla gloria celeste (Cfr. Dz.-Sch. DS 3903) e configurata a suo Figlio risorto, anticipando la sorte futura di tutti i giusti; e noi crediamo che la Madre Santissima di Dio, Nuova Eva, Madre della Chiesa (Cfr. Lumen gentium, LG 53 LG 56 LG 61 LG 63; cfr. PAULI VI, Alloc. in conclusione III Sessionis Concilii Vat. II: A.A.S. 56, 1964, p. 1016; Exhort. Apost. Signum Magnum, Introd.), continua in Cielo il suo ufficio materno riguardo ai membri di Cristo, cooperando alla nascita e allo sviluppo della vita divina nelle anime dei redenti (Cfr. Lumen gentium, LG 62 PAULI VI, Exhort. Apost. Signum Magnum, p. 1,1).

Noi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato: il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta le conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all’inizio nei nostri progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l’uomo non conosceva né il male né la morte. È la natura umana così decaduta, spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di Trento, che il peccato originale viene trasmesso con la natura umana, «non per imitazione, ma per propagazione», e che esso pertanto è «proprio a ciascuno» (Dz-Sch. DS 1513).

Noi crediamo che nostro Signor Gesù Cristo mediante il Sacrificio della Croce ci ha riscattati dal peccato originale e da tutti i peccati personali commessi da ciascuno di noi, in maniera tale che - secondo la parola dell’Apostolo - «là dove aveva abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5,20).

Noi crediamo in un sol Battesimo istituito da Nostro Signor Gesù Cristo per la remissione dei peccati. Il battesimo deve essere amministrato anche ai bambini che non hanno ancor potuto rendersi colpevoli di alcun peccato personale, affinché essi, nati privi della grazia soprannaturale, rinascano «dall’acqua c dallo Spirito Santo» alla vita divina in Gesù Cristo (Cfr. Dz-Sch. DS 1514).

Noi crediamo nella Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, edificata da Gesù Cristo sopra questa pietra, che è Pietro. Essa è il Corpo mistico di Cristo, insieme società visibile, costituita di organi gerarchici, e comunità spirituale; essa è la Chiesa terrestre, Popolo di Dio pellegrinante quaggiù, e la Chiesa ricolma dei beni celesti; essa è il germe e la primizia del Regno di Dio, per mezzo del quale continuano, nella trama della storia umana, l’opera e i dolori della Redenzione, e che aspira al suo compimento perfetto al di là del tempo, nella gloria (Cfr. Lumen gentium, ). Nel corso del tempo, il Signore Gesù forma la sua Chiesa mediante i Sacramenti, che emanano dalla sua pienezza (Cfr. Lumen Gentium, LG 7,11). È con essi che la Chiesa rende i propri membri partecipi del Mistero della Morte e della Resurrezione di Cristo, nella grazia dello Spirito Santo, che le dona vita e azione (Cfr. Sacrosanctum Concilium, SC 5,6 Lumen gentium, LG 7 LG 12 LG 50). Essa è dunque santa, pur comprendendo nel suo seno dei peccatori, giacché essa non possiede altra vita se non quella della grazia: appunto vivendo della sua vita, i suoi membri si santificano, come, sottraendosi alla sua vita, cadono nei peccati e nei disordini, che impediscono l’irradiazione della sua santità. Perciò la Chiesa soffre e fa penitenza per tali peccati, da cui peraltro ha il potere di guarire i suoi figli con il Sangue di Cristo ed il dono dello Spirito Santo.

Erede delle promesse divine e figlia di Abramo secondo lo spirito, per mezzo di quell’Israele di cui custodisce con amore le Scritture e venera i Patriarchi e i Profeti; fondata sugli Apostoli e trasmettitrice, di secolo in secolo, della loro parola sempre viva e dei loro poteri di Pastori nel Successore di Pietro e nei Vescovi in comunione con lui; costantemente assistita dallo Spirito Santo, la Chiesa ha la missione di custodire, insegnare, spiegare e diffondere la verità, che Dio ha manifestato in una maniera ancora velata per mezzo dei Profeti e pienamente per mezzo del Signore Gesù. Noi crediamo tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio, scritta o tramandata, e che la Chiesa propone a credere come divinamente rivelata sia con un giudizio solenne, sia con il magistero ordinario e universale (Cfr. Dz-Sch. DS 3011). Noi crediamo nell’infallibilità, di cui fruisce il Successore di Pietro, quando insegna ex cathedra come Pastore e Dottore di tutti i fedeli (Cfr. Dz.-Sch. DS 3074), e di cui è dotato altresì il Collegio dei vescovi, quando esercita con lui il magistero supremo (Cfr. Lumen gentium, LG 25).

Noi crediamo che la Chiesa, che Gesù ha fondato e per la quale ha pregato, è indefettibilmente una nella fede, nel culto e nel vincolo della comunione gerarchica. Nel seno di questa Chiesa, sia la ricca varietà dei riti liturgici, sia la legittima diversità dei patrimoni teologici e spirituali e delle discipline particolari lungi dal nuocere alla sua unità, la mettono in maggiore evidenza (Cfr. Lumen gentium, LG 23 cfr. Orientalium Ecclesiarum, OE 2 OE 3 OE 5 OE 6).

Riconoscendo poi, al di fuori dell’organismo della Chiesa di Cristo, l’esistenza di numerosi elementi di verità e di santificazione che le appartengono in proprio e tendono all’unità cattolica (Cfr. Lumen gentium, LG 8), e credendo alla azione dello Spirito Santo che nel cuore dei discepoli di Cristo suscita l’amore per tale unità (Cfr. Lumen gentium, LG 15), Noi nutriamo speranza che i cristiani, i quali non sono ancora nella piena comunione con l’unica Chiesa, si riuniranno un giorno in un solo gregge con un solo Pastore.

Noi crediamo che la Chiesa è necessaria alla salvezza, perché Cristo, che è il solo Mediatore e la sola via di salvezza, si rende presente per noi nel suo Corpo, che è la Chiesa (Cfr. Lumen gentium, LG 14). Ma il disegno divino della salvezza abbraccia tutti gli uomini: e coloro che, senza propria colpa, ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, ma cercano sinceramente Dio e sotto l’influsso della sua grazia si sforzano di compiere la sua volontà riconosciuta nei dettami della loro coscienza, anch’essi, in un numero che Dio solo conosce, possono conseguire la salvezza (Cfr. Lumen gentium, LG 16).

Noi crediamo che la Messa, celebrata dal Sacerdote che rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sacramento dell’Ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e dei membri del suo Corpo mistico, è il Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari. Noi crediamo che, come il pane e il vino consacrati dal Signore nell’ultima Cena sono stati convertiti nel suo Corpo e nel suo Sangue che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla Croce, allo stesso modo il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel Corpo e nel Sangue di Cristo gloriosamente regnante nel Cielo; e crediamo che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera, reale e sostanziale (Cfr. Dz.-Sch. DS 1651).

Pertanto Cristo non può essere presente in questo Sacramento se non mediante la conversione nel suo Corpo della realtà stessa del pane e mediante la conversione nel suo Sangue della realtà stessa del vino, mentre rimangono immutate soltanto le proprietà del pane e del vino percepite dai nostri sensi. Tale conversione misteriosa è chiamata dalla Chiesa, in maniera assai appropriata, transustanziazione. Ogni spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino han cessato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il Corpo e il Sangue adorabili del Signore Gesù ad esser realmente dinanzi a noi sotto le specie sacramentali del pane e del vino (Cfr. Dz-Sch. DS 1642 DS 1651-1654; PAULI VI, Litt. Enc. Mysterium Fidei MF 1), proprio come il Signore ha voluto, per donarsi a noi in nutrimento e per associarci all’unità del suo Corpo Mistico (Cfr. S. Th. III 73,3).

L’unica ed indivisibile esistenza del Signore glorioso nel Cielo non è moltiplicata, ma è resa presente dal Sacramento nei numerosi luoghi della terra dove si celebra la Messa. Dopo il Sacrificio, tale esistenza rimane presente nel Santo Sacramento, che è, nel tabernacolo, il cuore vivente di ciascuna delle nostre chiese. Ed è per noi un dovere dolcissimo onorare e adorare nell’Ostia santa, che vedono i nostri occhi, il Verbo Incarnato, che essi non possono vedere e che, senza lasciare il Cielo, si è reso presente dinanzi a noi.

Noi confessiamo che il Regno di Dio, cominciato quaggiù nella Chiesa di Cristo, non è di questo mondo, la cui figura passa; e che la sua vera crescita non può esser confusa con il progresso della civiltà, della scienza e della tecnica umane, ma consiste nel conoscere sempre più profondamente le imperscrutabili ricchezze di Cristo, nello sperare sempre più fortemente i beni eterni, nel rispondere sempre più ardentemente all’amore di Dio, e nel dispensare sempre più abbondamente la grazia e la santità tra gli uomini. Ma è questo stesso amore che porta la Chiesa a preoccuparsi costantemente del vero bene temporale degli uomini. Mentre non cessa di ricordare ai suoi figli che essi non hanno quaggiù stabile dimora, essa li spinge anche a contribuire - ciascuno secondo la propria vocazione ed i propri mezzi - al bene della loro città terrena, a promuovere la giustizia, la pace e la fratellanza tra gli uomini, a prodigare il loro aiuto ai propri fratelli, soprattutto ai più poveri e ai più bisognosi. L’intensa sollecitudine della Chiesa, Sposa di Cristo, per le necessità degli uomini, per le loro gioie e le loro speranze, i loro sforzi e i loro travagli, non è quindi altra cosa che il suo grande desiderio di esser loro presente per illuminarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in Lui, unico loro Salvatore. Tale sollecitudine non può mai significare che la Chiesa conformi se stessa alle cose di questo mondo, o che diminuisca l’ardore dell’attesa del suo Signore e del Regno eterno.

Noi crediamo nella vita eterna. Noi crediamo che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo, sia che debbano ancora esser purificate nel Purgatorio, sia che dal momento in cui lasciano il proprio corpo siano accolte da Gesù in Paradiso, come Egli fece per il Buon Ladrone, costituiscono il Popolo di Dio nell’aldilà della morte, la quale sarà definitivamente sconfitta nel giorno della Resurrezione, quando queste anime saranno riunite ai propri corpi.

Noi crediamo che la moltitudine delle anime, che sono riunite intorno a Gesù ed a Maria in Paradiso, forma la Chiesa del Cielo, dove esse nella beatitudine eterna vedono Dio così com’è (Cfr. 1Jn 3,2; DS 1000) e dove sono anche associate, in diversi gradi, con i santi Angeli al governo divino esercitato da Cristo glorioso, intercedendo per noi ed aiutando la nostra debolezza con la loro fraterna sollecitudine (Cfr. Lumen gentium, LG 49).

Noi crediamo alla comunione tra tutti i fedeli di Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la propria purificazione e dei beati del Cielo, i quali tutti insieme formano una sola Chiesa; noi crediamo che in questa comunione l’amore misericordioso di Dio e dei suoi Santi ascolta costantemente le nostre preghiere, secondo- la parola di Gesù: Chiedete e riceverete (Cfr. Lc 10,9-10 Jn 16,24). E con la fede e nella speranza, noi attendiamo la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.

Sia benedetto Dio Santo, Santo, Santo. Amen.





Giovedì, 15 agosto 1968: SANTA MESSA NELLA CHIESA PARROCCHIALE DI CASTEL GANDOLFO

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Festività di Maria SS.ma Assunta in Cielo



Ai figli carissimi, adunati con profondo raccoglimento nel tempio, il Santo Padre ricorda, anzitutto, che la comune conoscenza è ormai convalidata dall’incontro nella festività dell’Assunta, il quale si ripete, per grazia di Dio, ogni anno. È, ora, la sesta volta che Egli ha la fortuna di salutare, nel giorno tanto solenne per Ia gloria di Maria, il popolo, la comunità parrocchiale di Castel Gandolfo.


ANNUALE INCONTRO IN PATERNA CORDIALITÀ

I voti in tale circostanza sono così buoni e pii, che meritano di venire espressi anche intorno all’altare. Diventano, quindi, sacri e religiosi, quasi una conversazione svolta dinanzi a Dio e sotto la sua ispirazione e benedizione. Sono voti che si elevano fino al Cielo e nel contempo invocano le assistenze del Signore, le grazie di cui abbiamo bisogno per essere perfetti fedeli, esemplari cristiani, uomini del nostro tempo tesi a comprendere il punto che oggi maggiormente richiama il nostro sguardo e il nostro ardente pensiero: il Cielo.

Orbene, proprio in tale sublime splendore contempliamo Maria assurta all’apice del suo trionfo. E come di una persona collocata in alto possiamo osservare, nel modo più degno, ogni particolare della entità, - al contrario di quando è in mezzo alla folla, allorché è arduo intravedere anche solo qualche aspetto di essa, - così di Maria, posta in alto, vicino a Gesù, presso il trono di Dio, riusciamo a percepire tutto il fulgore e il materno incanto.

Nell’odierna solennità noi celebriamo la incomparabile gloria della Madonna. Abbiamo rievocato, durante l’anno, le fasi della sua esistenza terrena, i misteri, gli avvenimenti, che fanno scintillare questa singolarissima vita di tante meraviglie e soavità, per cui è agevole la preghiera, il ringraziamento, la lode. Oggi è un compendio d’insieme: e noi vorremmo restare con lo sguardo e l’animo sospesi in una ammirazione, per tutti consolatrice, inebriante.

È gaudio intenso scambiarsi i saluti alla sua presenza gloriosa. Il Papa, quindi, si rallegra con l’intera popolazione che Lo ascolta, lieto di sentirsi, almeno una volta all’anno, come partecipe di eletta famiglia parrocchiale. Esprime, perciò, intenso compiacimento per la vita religiosa a Castello - rivolge un encomio al Parroco zelante ed a quanti lo aiutano - la quale si desume da vari elementi positivi, con vero rigoglio di spiritualità.

Vengono spontanei, a questo punto, gli speciali saluti: al Signor Sindaco; a Monsignore Vescovo di Albano, che ha la bontà di associarsi alla celebrazione; ai villeggianti; alla popolazione permanente; al Direttore delle Ville Pontificie.



MARIA AL VERTICE DELLA COSTITUZIONE DOGMATICA «LUMEN GENTIUM»

E adesso una domanda: qual è il motivo del devoto convegno che noi, cercando di elevarci a superiori sentimenti, desideriamo conoscere?

Fissando la mente ed il cuore in Maria SS.ma Assunta in Cielo, una considerazione immediata richiama il nostro intelletto. È quella stessa notata dal Concilio, nella sua apologia, nello splendido capitolo della Costituzione Dogmatica sulla Chiesa, «Lumen gentium», là dove la Madonna è collocata, nel tratto conclusivo del Documento, come al sommo vertice di tutta la dottrina sulla Chiesa. Maria, dice il Concilio, è il Tipo, cioè l’ideale, l’esempio, il modello della Chiesa.

«La Chiesa - si legge nella ricordata Costituzione Dogmatica sulla Chiesa (cap. III, n.
LG 65) - pensando a Lei con pietà filiale e contemplandola alla luce del Verbo fatto uomo, con venerazione penetra più profondamente nell’altissimo mistero dell’Incarnazione e si va ognor più conformando col suo Sposo. Maria, infatti, la quale, per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza, riunisce per così dire e riverbera i massimi dati della. fede, mentre viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all’amore del Padre. A sua volta la Chiesa, mentre persegue la gloria di Cristo, diventa più simile alla sua eccelsa Figura (Typus), progredendo continuamente nella fede, speranza e carità e in ogni cosa cercando e seguendo la divina volontà. Onde anche nella sua opera apostolica la Chiesa giustamente guarda a Colei, che generò Cristo, concepito appunto dallo Spirito Santo e nato dalla Vergine per nascere e crescere anche nel cuore dei fedeli per mezzo della Chiesa. La Vergine infatti nella sua vita fu modello di quell’amore materno, del quale devono essere animati tutti quelli, che nella missione apostolica della Chiesa cooperano alla rigenerazione degli uomini».



CAPIRE LA SUBLIME INCOMPARABILE SANTITÀ

Delle medesime verità s’era dato poco prima l’annunzio: «La Beata Vergine, per il dono e ufficio della divina maternità che la unisce col Figlio Redentore, e per le sue singolari grazie e funzioni, è pure intimamente congiunta con la Chiesa: la Madre di Dio è figura della Chiesa, come già insegnava sant’Ambrogio, nell’ordine cioè della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo» (ibid. n. 63).

La Madonna rappresenta, dunque, l’ideale a cui deve dirigersi il nostro pensiero, la nostra devozione, e, inoltre, la nostra volontà di ricevere misericordiosi doni da Lei.

Che cosa chiediamo alla Madonna? La grazia di farci capire la sua sublime santità, i privilegi dei quali Iddio l’ha insignita, la sua esperienza nella storia evangelica; e di potere noi stessi, in qualche modo, imitare, assorbire una piccola parte di tanta ricchezza. Vorremmo, in una parola, che questo suo lume si riflettesse sopra di noi; fosse, cioè, esempio per la Chiesa, che siamo noi.

Tutto ciò può attuarsi con due ordini di considerazioni. Anzitutto, la Madonna è l’esempio della Chiesa, perché tutto quanto di bene fiorisce nella Chiesa è riassunto in Maria: e in Lei si trova con pienezza di grazia e perfezione. La Madonna racchiude in Sé tutta la santità, tutta la bellezza, tutta la provvidenza che noi, studiando la Chiesa, troveremo diffusa in questa prodigiosa istituzione che il Signore ha voluto perché fosse continuata la sua opera redentrice. Ciò che si chiama il Mistero, vale a dire il disegno, il piano di Dio, l’idea che il Signore ha avuto della nostra salvezza, si trova, al suo grado principale, superiore, concreto, in Maria SS.ma.

Che cosa, infatti, compie la Chiesa sull’esempio della Madonna? Che cosa ha fatto la Madonna? Ha generato Cristo; ha dato Cristo al mondo. E che cosa deve effettuare la Chiesa? Essa deve e vuole generare nuovi cristiani e rendere gli uomini, veramente, altrettanti figli e fratelli di Cristo. Quel che la Chiesa opera in ciascun uomo, la Madonna ha compiuto nel suo Figliuolo. E noi chiamiamo Madre la Chiesa proprio perché essa ci genera nell’ordine soprannaturale - e lo asseriscono con avvincente slancio i Santi - nello stesso modo con cui Maria ha generato Cristo Signore.



L’UNIONE DI MARIA E DELLA CHIESA A CRISTO

La Madonna fu Madre e Vergine. Anche la Chiesa è la Madre, che genera tutti noi non per virtù umana, ma per alto dono dello Spirito Santo; e, si direbbe, con una verginità di ministero.

Ancora: possiamo considerare in quale modo la Chiesa è unita a Cristo. Lo è, deve esserlo come la Madonna fu unita a Gesù. Ella, la Tutta Santa, non ebbe che un ideale, un amore, un disegno: l’intera sua vita si riassume nel devoto ossequio e nella illimitata consacrazione a Gesù. Del pari va detto della Chiesa, la quale non ha altro scopo, altro amore, né diversa finalità o differente programma se non di portare Cristo al mondo.

Il raffronto potrebbe continuare: ma è tutto spiegato ricordando che la Vergine SS.ma dal suo posto, accanto al Cuore del Salvatore dove si trova nel Cielo, effonde sopra di noi una luce di esempio. Esso compendia il nostro vivere cristiano e ci fa pensare a tanta Madre come alla bellezza che deve essere sempre davanti a noi. I misteri della vita della Madonna diventano i misteri della nostra vita quando noi condividiamo quella della Chiesa. Se veramente siamo fedeli alla Chiesa, otteniamo in noi qualche cosa .della bellezza e della missione di Maria SS.ma.



«BEATA, QUAE CREDIDISTI»

Per un altro verso, poi, la Madonna è il nostro «Typus», il nostro modello. Per le sue virtù, per l’esperienza che ci dà il suo cammino evangelico su questa terra. Basta guardare un po’ con la lente, non d’ingrandimento, ma di precisione della pietà cristiana, le poche eppur mirabili cose che il Vangelo ci ricorda della Madre di Gesù. Vediamo in Lei ogni perfezione, a cominciare dalla sua umiltà, che sente le distanze immense, invalicabili, tra Dio e l’uomo. «Magnificat anima mea Dominum . . .». Perché ha guardato la piccolezza della sua ancella, il Signore ha fatto di me molte e grandi cose! Questa impostazione - che potrebbe dirsi filosofica - del nostro presentarci a Dio è insegnata da Maria con semplicità, padronanza e superamento, in grado meraviglioso, delle cose e vicende materiali.

Noi vediamo nella Madonna, una purezza senza confronto. Quale sublime candore! Il mondo ha perduto il concetto di una immacolata concezione, perché gli uomini recano in sé lo squilibrio, la disfunzione, la disarmonia del peccato originale. Invece quale stupenda realtà quella d’una creatura che conserva la bellezza primigenia, data dal Signore all’uomo, allorché lo ha creato a sua immagine e somiglianza. Che armonia, che limpidezza e poesia in Maria, nella quale spirito e natura, istinti e facoltà, tutti gli elementi convergono ad un equilibrio di perfezione: riflesso evidente di Dio. La SS.ma Vergine in tutte le sue manifestazioni ci dimostra le virtù, che noi cerchiamo faticosamente di acquisire ed esercitare, mentre in Lei si manifestano in grado perfetto. La povertà, l’obbedienza, la dolcezza, la mansuetudine, soprattutto la carità: a cui va aggiunta un’altra dote singolare della Madonna, su cui insiste il Concilio: la Fede.

Ha creduto. «Beata, quae credidisti . . .» le dice Elisabetta, salutandola. O Te beata, che hai creduto, che hai accettato il volere dell’Onnipotente. La tua anima ha aderito alla sua parola. La realtà che il Signore ha stabilito d’introdurre nel mondo Tu l’hai accolta; Tu sei stata fedele!

Ecco la lezione senza fine offertaci dalla Madre di Dio.

Perciò, mentre celebriamo la sua gloria, cercheremo di avvicinare l’eccelso modello alla nostra esperienza d’ogni giorno. Anche coloro che si atteggiano a spregiudicati e secolarizzati, avvertono la nostalgia di una bellezza ideale, specie dopo le delusioni di taluni idoli, addotti quali capolavori, mentre sono miserevoli fantasmi. Giornali, libri, letteratura, spettacoli ne sono pieni. Occorre, allora, sollevare in alto gli occhi, come sempre il popolo cristiano ha fatto; cercare la Madonna; e da Lei attingere la lezione della vita.

Maria SS.ma è nostra Madre e nostra Maestra: ci insegna come dobbiamo vivere. Se, nelle nostre contingenze e traversie, noi guardiamo a Maria, immediatamente sentiamo una provvida ispirazione: sii paziente, buono, caritatevole; comportati così; soffri volentieri; presenta le tue pene al Signore come io le ho offerte. Spera sempre; ama sempre; dà alla tua vita il significato autentico d’essere dedicata a Cristo e di ricevere da Lui la salvezza.


ELLA CI AIUTA ED ISPIRA; CI GUIDA E PROTEGGE

Sono tutte lezioni, queste, tosi elementari che nessuno può ignorarle. Tutti siamo in grado di accoglierle, purché coltiviamo un po’ di devozione sincera verso la Vergine Immacolata.

Ed oggi che la contempliamo tanto alta, come lontana da noi, sentiamo invece che proprio questa luce benigna, da Lei effusa, ci soccorre per avvicinarla. La Madonna non è soltanto Madre e Regina nostra: è sorella, è compagna; è stata anch’Ella cittadina di questa terra; ha percorso i nostri stessi sentieri e, più di tutti, conosce la gravità, la pesantezza della esistenza della vasta famiglia umana, colpita da tanti malanni, e destinata alla penitenza, al dolore santificante, alla speranza che deve quasi liberare dalie cose esteriori, affinché vengano amate quelle supreme.

Il Santo Padre augura ai diletti figli che Lo ascoltano che essi abbiano una vera devozione alla Madonna, e che sempre La pensino con un premuroso intento: che cosa farebbe Maria; che cosa Ella mi insegna e proietta sulla mia vita? Vedremo, allora, una sconfinata luce di bontà, di fiducia e gioia guidare tutti i nostri passi.

Ognuno provi a ripetere con tali sentimenti la «Salve, Regina . . .» e a soffermarsi alla prece che completa il fiducioso appello: «Vita, dulcedo et spes nostra, salve». O Maria, virtù, dolcezza, speranza nostra, noi ti salutiamo.

Abbiate - conclude Sua Santità - nel cuore e nell’animo questi sentimenti; e troverete elevata, purificata, resa cristiana la vostra vita, come paternamente vi auguriamo: adesso celebrando per voi la Santa Messa, e poi confermando i Nostri voti con la Benedizione Apostolica.






B. Paolo VI Omelie 30668