B. Paolo VI Omelie 28110

Sabato, 28 novembre 1970, «Luneta Park», Manila: SACRA ORDINAZIONE DI NUOVI MINISTRI DI DIO

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Figli e Fratelli carissimi!

Sacerdoti novelli della Chiesa di Dio!

Noi non vi diremo che brevissime parole, perché gia lunga i: la cerimonia e questa gia parla da sé; e poi, voi siete gih bene informati del Sacramento che avete ricevuto.

Noi ci limitiamo a raccomandarvi di meditare il fatto della vostra Ordinazione per tutta la vita. Comincia oggi per voi un tema di pensiero, di preghiera, di azione che sempre dovrete ricordare, esaminare, esplorare, cercare di comprendere. Esso deve imprimersi nella vostra coscienza, come già è impresso col carattere sacramentale nella vostra anima, nel vostro essere umano, nel vostro essere cristiano. Pensate! Voi siete oggi diventati Sacerdoti! Provate a dare la definizione di voi stessi, e le parole si faranno stentate e difficili; e la realtà, che esse vorrebbero esprimere, ancora più difficile, misteriosa e ineffabile. Ciò che è avvenuto in voi da veramente le vertigini! Quid retribuam Domino pro omnibus quac retribuit mihi? (
Ps 115,12) ciascuno può dire, sentendosi investito dall’azione trasformante dello Spirito Santo. Voi diventate per voi stessi oggetto di meraviglia e di venerazione. Non lo dimenticate mai. Quella «sacralità», che il mondo non conosce, e che tanti cercano di spogliare dalla personalità del prete, voi dovrete invece sempre avere presente, nel vostro spirito e nella vostra condotta, perché essa deriva da una nuova presenza qualificante dello Spirito Santo nelle vostre anime; e se sarete vigilanti nell’amore, voi ne avrete anche un’interiore esperienza (Cfr. Jn 14,17 Jn 14,22-23). Non mettete mai in dubbio la vostra identità sacerdotale; cercate piuttosto di comprenderla.

Voi potrete comprendere qualche cosa del vostro Sacerdozio cercando di capire due ordini di relazioni, che esso stabilisce. Il primo ordine riguarda le relazioni che voi avete acquistato con Cristo, mediante la vostra ordinazione sacerdotale. Voi sapete che nell’economia religiosa del Nuovo Testamento non esiste che un solo vero Sacerdozio, quello di Gesù Cristo, unico mediatore fra Dio e gli uomini (1Tm 2,5), ma in virtù del Sacramento dell’Ordine, voi siete diventati partecipi del Sacerdozio di Cristo, così che voi non solo rappresentate Cristo, non solo esercitate il suo ministero, ma lo vivete Cristo. Cristo vive in voi; voi potete dire, in quanto a lui associati in un grado così alto e così pieno di partecipazione alla sua missione di salvezza, come diceva San Paolo di sé: «Io vivo, ma no’n sono più io: è Cristo che vive in me!» (Ga 2,20). Questa è tal cosa da dischiudere al Prete la via ascensionale della sua spiritualità, la più alta che sia aperta all’uomo, e che arriva ai vertici della vita ascetica e della vita mistica. Se mai un giorno vi sentiste soli, se mai un giorno vi sentiste uomini fragili e profani, se mai un giorno foste tentati di abbandonare l’impegno sacro del vostro Sacerdozio, ricordatevi che voi siete «per Ipsum, et cum Ipso, et in Ipso», siete ciascuno «alter Christus».

Il secondo ordine di relazioni, che da questo momento vi collega alla Chiesa, è quello col vostro Vescovo (o col vostro Superiore), con il Popolo di Dio, con le anime, ed anche col mondo. Il Sacerdote non è più per se stesso, è per il ministero nel Corpo mistico di Cristo. Egli è servitore, egli è strumento della Parola e della Grazia. L’annuncio del Vangelo, la celebrazione dell’Eucaristia, la remissione dei peccati, l’esercizio dell’attività pastorale, la vita di fede e di culto, l’irradiazione della carità. e della santità sono il suo dovere, da oggi, un dovere che arriva al sacrificio di sé, come Gesù, alla croce. È un peso molto grave. Ma Gesù lo porta con il suo eletto, e gli fa sentire la verità delle sue parole: «Il mio giogo è soave, e il mio peso è leggero» (Mt 11,30). Perché, c’insegna Sant’Agostino: Pondus meum, amor meus (S. AUG., Conf., XIII, 2, 9). L’amore di Cristo, diventato principio unico e sommo della vita sacerdotale tutto rende facile, tutto possibile, tutto felice.

Ecco: noi vorremmo che la coscienza di questa destinazione pastorale al servizio del prossimo non si spegnesse mai in voi, e vi rendesse sempre sensibili ai mali, ai bisogni, alle sofferenze che circondano la vita di un prete; ogni categoria di persone sembra tendere le braccia verso di lui ed invocare la sua comprensione, la sua compassione, la sua assistenza: i bambini, i giovani, i poveri, gli ammalati, gli affamati di pane e di giustizia, i disgraziati, i peccatori stessi . . . . tutti hanno necessità dell’aiuto del Sacerdote. Non dite mai che la vostra vita è alienata ed mutile. «Chi è infermo - dice San Paolo - che anch’io non lo sia con lui?» (2Co 11,29). E se avrete questa sensibilità delle deficienze fisiche, morali, sociali degli uomini avvertirete in voi stessi un’altra sensibilità, quella del bene potenziale che sempre si trova in ogni essere umano: per un Sacerdote ogni vita è degna d’amore. Questa duplice sensibilità, del male e del bene umano, è il battito del Cuore di Cristo in quello del Sacerdote fedele; e non per nulla sa di miracolo, psicologico, morale, e mistico, se volete, ed insieme estremamente sociale: un miracolo della carità nel cuore sacerdotale.

Voi ne farete l’esperienza. È il voto che Noi facciamo per voi nel giorno della vostra ordinazione sacerdotale; e !o accompagniamo con la Nostra Benedizione Apostolica.


AI FANCIULLI NEO-COMUNICATI

E a voi, carissimi bambini, che oggi fate la prima Comunione, che cosa diremo?

La parola più bella sarebbe questa: restate sempre, per tutta la vita, come siete oggi: buoni, religiosi, innocenti ed amici di quel Gesù, che ora viene nel vostro cuore. Forse voi sapete che Gesù ha avuto una grande preferenza per i fanciulli, e che ha detto a tutti: «Se non vi fate come fanciulli, non potete entrare nel regno dei cieli» (Mt 18,3), cioè non potete essere veri cristiani e andare in paradiso. Bisogna essere sempre come fanciulli. Ma come si fa? Si diventa grandi, e la vita cambia.

Ma una cosa non cambi mai per voi, carissimi figliuoli; cioè, conservate sempre il ricordo di questo giorno, e promettete a Gesù che sarete sempre suoi amici, con umiltà, con semplicità, con confidenza. Suoi amici, anche quando sarete cresciuti, sempre amici di Gesù. La fate questa promessa? Vedrete che Gesù la accetterà, restando Lui l’Amico vostro, per sempre.

Lo pregheremo insieme che così sia. Con la Nostra affettuosa Benedizione.






Domenica, 29 novembre 1970: SANTA MESSA AL «QUEZON CIRCLE» DI MANILA

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Filippine, Manila


Io, Paolo, successore di San Pietro, incaricato della missione pastorale per tutta la Chiesa, non sarei mai venuto da Roma fine a questo Paese estremamente lontano, se non fossi fermissimamente persuaso di due cose fondamentali: la prima, di Cristo; la seconda, della vostra salvezza.

Di Cristo! Sí, io sento la necessità di annunciarlo, non posso tacerlo: «Guai a me se non proclamassi il Vangelo!» (
1Co 9,16). Io sono mandato da Lui, da Cristo stesso, per questo. Io sono apostolo, io sono testimonio. Quanto più è lontana la meta, quanto più difficile è la mia missione, tanto più urgente è: l’amore che a ciò mi spinge (Cfr. 2Co 5,14). Io devo confessare il suo nome: Gesù è il Cristo, Figlio di Dio vivo (Mt 16,16); Egli è il rivelatore di Dio invisibile, è il primogenito d’ogni creatura, è il fondamento d’ogni cosa; Egli è il Maestro dell’umanità, è il Redentore; Egli è nato, è morto, è risorto per noi; Egli è il centro della storia e del mondo; Egli è Colui che ci conosce e che ci ama; Egli è il compagno e l’amico della nostra vita; Egli è l’uomo del dolore e della speranza; è Colui che deve venire e che deve un giorno essere il nostro giudice e, noi speriamo, la pienezza eterna della nostra esistenza, la nostra felicità. Io non finirei più di parlare di Lui: Egli è la luce, è la verità, anzi: Egli è «la via, la verità e la vita» (Jn 14,6); Egli è il Pane, la fonte d’acqua viva per la nostra fame e per la nostra sete; Egli è il Pastore, la nostra guida, il nostro esempio, il nostro conforto, il nostro fratello. Come noi, e più di noi, Egli è stato piccolo, povero, umiliato, lavoratore, disgraziato e paziente. Per noi, Egli ha parlato, ha compiuto miracoli, ha fondato un regno nuovo, dove i poveri sono beati, dove la pace è principio di convivenza, dove i puri di cuore ed i piangenti sono esaltati e consolati, dove quelli che aspirano alla giustizia sono rivendicati, dove i peccatori possono essere perdonati, dove tutti sono fratelli.

Gesù Cristo: voi ne avete sentito parlare; anzi voi, la maggior parte certamente, siete già suoi, siete cristiani. Ebbene, a voi cristiani io ripeto il suo nome, a tutti io lo annuncio: Gesù Cristo è il principio e la fine; l’alfa e l’omega; Egli è il Re del nuovo mondo; Egli è il segreto della storia; Egli è la chiave dei nostri destini; Egli è il mediatore, il ponte, fra la terra e il cielo; Egli è per antonomasia il Figlio dell’uomo, perché Egli è il Figlio di Dio, eterno, infinito; è il Figlio di Maria, la benedetta fra tutte le donne, sua madre nella carne, e madre nostra nella partecipazione allo Spirito del Corpo mistico.

Gesù Cristo! Ricordate: questo è il nostro perenne annuncio, è la voce che noi facciamo risuonare per tutta la terra (Cfr. Rm 10,18), e per tutta la fila dei secoli (Rm 9,5). Ricordate e meditate: il Papa è venuto qua fra voi, e ha gridato: Gesù Cristo!

E questo facendo io esprimo anche la seconda idea dinamica, che a voi mi conduce; e cioé che Gesù Cristo non è soltanto da celebrare per ciò che Egli è per se stesso, ma Egli è da esaltare e da amare per ciò che Egli è per noi, per ciascuno di noi, per ciascun Popolo e per ciascuna civiltà: Cristo è il nostro Salvatore. Cristo è il nostro supremo benefattore. Cristo è il nostro liberatore. Cristo ci è necessario, per essere uomini degni e veri nell’ordine temporale, e uomini salvati ed elevati all’ordine soprannaturale.

Qui si presentano molte domande, che travagliano il nostro tempo, e che io immagino siano presenti anche nel vostro spirito. Le domande sono: può Cristo essere davvero utile anche per risolvere i problemi pratici e concreti della vita presente? Non ha Egli detto che il suo regno non è di questo mondo? Che cosa può fare Egli per noi? Può cioè il cristianesimo generare un vero umanesimo? Può la concezione cristiana della vita ispirare un vero rinnovamento sociale? Può essa accordarsi con le esigenze della vita moderna, e favorire il progresso e il benessere per tutti? Può il cristianesimo interpretare le aspirazioni dei popoli e assumere le tendenze peculiari della vostra civiltà?

Sono molte domande, alle quali non possiamo rispondere con una formula sola, che non tenga conto della complessità dei problemi dei diversi bisogni dell’uomo, spirituali, morali, economici, politici, etnici, storici e sociali. Ma, per quello che preme ora sapere in vista dell’evoluzione positiva e felice delle vostre condizioni sociali, si può rispondere affermativamente: il cristianesimo può essere salvezza anche a questo livello terreno ed umano. Cristo ha moltiplicato i pani anche per la fame fisica delle folle che lo seguivano. E Cristo continua a compiere questo miracolo per quelli che davvero credono in Lui, e da Lui desumono i principi d’un ordine sociale dinamico, cioè in via di continuo rinnovamento e progresso.

Cristo, ad esempio - voi lo sapete - promulga perennemente il suo grande e sommo precetto della carità. Non esiste alcun fermento sociale più forte e più buono di questo, sia positivo, per mettere in moto energie morali incomparabili e inestinguibili, sia negativo, per denunciare ogni egoismo, ogni ritardo, ogni dimenticanza a danno dei bisogni altrui. Cristo proclama l’eguaglianza e la fratellanza di tutti gli uomini: chi mai, se non Lui, ha insegnato e può tuttora efficacemente insegnare tali principi, di cui la rivoluzione, mentre se ne giova, li rinnega; se non Lui, diciamo, che ha svelato la Paternità divina, vera e inoppugnabile ragione della fraternità umana? E la libertà autentica e sacra dell’uomo donde deriva se non dalla dignità umana, di cui Cristo si è fatto maestro e vindice? E chi, se non Lui, ha reso disponibili i beni temporali, quando ha tolto ad essi la ragione di fine e li ha dichiarati mezzi, mezzi che devono, in qualche misura, a tutti bastare, e mezzi inferiori ai beni superiori dello spirito? Chi, se non Cristo, ha messo nel cuore dei suoi il genio dell’amore e del servizio per ogni sofferenza e per ogni bisogno dell’uomo? Chi ha dato al lavoro la sua legge di diritto e di dovere e di provvidenza, la sua dignità che lo fa risalire a cooperazione e compimento del disegno divino, la sua liberazione da ogni forma inumana di servitù, la sua mercede di giustizia e di merito?

Dico a voi, Studenti, che potete ben comprendere queste idee fondamentali e questi valori superiori; a voi, che contestando oggi le strutture della società possidente e della società dominata dalla tecnica e dall’ansia della produzione e del godimento, avvertite l’insufficienza e l’inganno del materialismo economico e sociale del nostro presente progresso. Voi potete riaffermare la superiorità, la fecondità e l’attualità della vera sociologia cristiana, fondata sulla vera conoscenza dell’uomo e dei suoi destini.

Dico a voi, Lavoratori, che oggi avete preso coscienza dei vostri diritti e della vostra forza: badate di non scegliere, per la vostra integrale riabilitazione, delle formule incomplete o inesatte, che offrendovi conquiste parziali, d’ordine economico e edonistico, all’insegna della lotta egoistica ed amara, aumentino poi la delusione d’essere stati privati dei beni superiori dello spirito, della vostra personalità religiosa, della vostra speranza nella vita che non muore. Date alle vostre aspirazioni il vigore e la saggezza, che solo il Vangelo del divino Lavoratore vi può conferire. Dico a voi, Poveri: ricordatevi che avete un Amico supremo, quel Cristo che vi ha proclamati beati, come destinatari privilegiati del suo regno, e che ha personificato in voi Se stesso per piegare verso di voi ogni persona buona, ogni cuore grande, ogni uomo che vuol salvare se stesso cercando in voi il Cristo Salvatore. Sì, cercate di sollevarvi, ne avete diritto e dovere; esigete l’aiuto da una società che vuol chiamarsi civile; ma non maledite né la vostra sorte, né gli uomini insensibili, sapendovi ricchi dei valori della pazienza cristiana e del dolore redentore.

Dico finalmente a voi ricchi: ricordate quanto Cristo fu severo a vostro riguardo, quando vi vide soddisfatti, inerti, egoisti, e quanto invece Egli fu sensibile e grato, quando vi incontrò provvidi e generosi, e disse che nemmeno un bicchiere d’acqua fresca, dato con animo cristiano, rimarrà senza ricompensa. Forse è venuta l’ora vostra, per aprire gli occhi ed i cuori a nuove e grandi visioni, che non siano intitolate alle lotte d’interesse, dell’odio e della violenza, ma all’insegna della carità sollecita e generosa, e del vero progresso.

Tutto questo fa parte del messaggio della fede cattolica, Figli e Fratelli carissimi, ch’io sono obbligato e lieto d’annunciare qui, nel nome di Gesù Cristo, nostro Signore e nostro Salvatore.



Lunedì, 30 novembre 1970, Samoa: SANTA MESSA NEL VILLAGGIO DI LEULUMOEGA

30110
Oceano Pacifico, Isole di Samoa


Cari Figli e Figlie,

Eccomi in mezzo a voi. Io vengo da lontano, da Roma, dove si trovano le tombe dei grandi Apostoli Pietro e Paolo e di tanti altri Santi e Martiri, e vi porto la loro benedizione.

Non è il gusto di viaggiare e neppure un interesse qualsiasi che mi hanno portato presso di voi: io vengo, perché noi tutti siamo fratelli, o meglio perché voi siete miei figli e figlie, ed è giusto che, come padre di famiglia, di questa famiglia che è la Chiesa cattolica, mostri a ciascuno ch’egli ha diritto ad un eguale affetto. Sapete che cosa significa «Chiesa Cattolica»? Significa che è fatta per l’intero universo, che è fatta per tutti, che non è estranea in nessuna parte: ciascun uomo, qualunque sia la sua nazione, la sua razza, la sua età o istruzione, trova posto in Lei.

Come potrei dirvi una cosa tanto sorprendente? Perché è così che l’ha voluta Gesù Cristo, il primogenito di tutti gli uomini. Egli è il Figlio di Dio, nostro Padre celeste, ed è nello stesso tempo il figlio di Maria, nostra sorella per la discendenza umana. È Lui che ci salva, è Lui il nostro maestro. È Lui che mi ha inviato, come ha inviato i vostri missionari.

È da parte di Gesù Cristo che questi uomini e queste donne di Dio sono venuti nelle vostre Isole: essi vi hanno insegnato la medesima dottrina che io vi porto; erano spinti da un affetto eguale al mio.

L’opera missionaria, in nome della quale mi trovo in mezzo a voi, è cominciata il giorno di Pentecoste e continua ancora ai nostri giorni. Essa è sempre necessaria ed urgente. Nel mondo ci sono ancora tanti uomini che non hanno trovato la verità; il seme che Dio ha deposto nei loro cuori non ha trovato, per mancanza di qualcuno che l’insegnasse loro, il terreno dove crescere e svilupparsi totalmente.

Per questo Io ho un favore da chiedervi, ed è questo: mandiamo insieme un messaggio, cioè una lettera, un invito, a tutti i Cattolici di tutto il mondo, per dire che vi sono ancora molti uomini, molti popoli, i quali non hanno ancora ricevuto i Missionari, ovvero ne hanno ricevuti troppo pochi. E diciamo che bisogna mandare qua, e in tutte le Isole e in tutte le parti della terra che ancora non conoscono Gesù Cristo, nuovi Missionari e nuove Missionarie. Per predicare il Vangelo, per battezzare tutti qulelli che desiderano farsi cristiani. E per istruire la gente, per fare scuola ai fanciulli, per insegnare alla gioventù le cose belle e buone, per il lavoro e per dare alla vostra vita il modo di crescere e di svilupparsi; e per annunciare a tutti a rispettare ogni essere umano, per dimostrare a vivere bene, nella giustizia e nella pace, e ricordare a tutti chi è Gesù Risorto, e come dobbiamo amare Dio e amare tutti gli uomini.

Vi piace questa proposta?

Io vi presento questo foglio: qui è scritto il Messaggio missionario. Lo firmeremo tutti. Sarà il messaggio cattolico dalle Missioni di Samoa per le Missioni in tutto il mondo. Tutto il mondo vi ascolterà.

Noi, Paolo VI,

- con la comunità cattolica dell’Isola di Upolu, raggruppata intorno al suo Vescovo Pio Taofinu’u, ed al suo Clero,

- con i nostri collaboratori, i Cardinali Eugenio Tisserant ed Agnelo Rossi, gli Arcivescovi Giovanni Benelli, Agostino Casaroli e Sergio Pignedoli, il Vescovo Giacomo Martin,

- Lanciamo ora un appello che vuol essere come un grido a tutta quanta la Chiesa, sparsa in tutte le parti del mondo, da questa terra privilegiata, perduta nell’immensità dell’Oceano Pacifico, ma già aperta da tanto tempo al Messaggio Evangelico:

- Rispondendo alle invocazioni angosciate delle anime desiderose di luce, che ci dicono: «Passa da noi e vieni in nostro aiuto!» (Cfr.
Ac 15,9);

- Presi da pietà per la folla, che ha fame del pane della Parola e del pane dell’Eucaristia e non ha nessuno che a lei li distribuisca;

- Pieni di ammirazione di fronte alle ricchezze, che Dio ha posto nel cuore degli uomini, ed alle promesse meravigliose della messe evangelica;

- Noi rinnoviamo l’invito rivolto da Dio, fin dalle età più antiche, alle anime generose: «Lascia il tuo paese, la tua famiglia e la casa di tuo padre, e va’ nel paese che io ti indicherò» (Gen. 12, 1).

- A voi, Vescovi della Santa Chiesa Cattolica,

che, in forza della collegialità episcopale, condividete la sollecitudine per il bene di tutta la Chiesa (Cfr. Lumen gentium, LG 23), allargate il vostro ardore apostolico alla santa causa della diffusione della Chiesa nel mondo intero (Cfr. Fidei donum);

- A voi, Sacerdoti,

la cui fede anela ad effondersi su più vasti spazi, venite a portare il fuoco del vostro zelo a coloro, nei quali la semplicità di vita ha salvato la sensibilità per i valori dello spirito;

- A voi, Religiosi e Religiose,

la cui vita è tutta rivolta all’imitazione del Signore, raggiungete le intrepide generazioni dei Missionari che, da secoli, si sono fatti, al Suo seguito, messaggeri della fede, della pace e del progresso, annunciando il Cristo, il Maestro, il Modello, il Liberatore, il Salvatore (Ad gentes, AGD 8);

- A voi, Giovani uomini e donne,

la cui anima assetata di verità, di giustizia e d’amore, va alla ricerca di nobili cause da difendere nello sforzo e nel disinteresse, diciamo: raccogliete l’invito a divenire gli araldi della Buona Novella della Salvezza;

ricchi della vostra fede e del vostro entusiasmo giovanile, venite ad insegnare agli uomini che c’è un Dio che li ama e li attende e li vuole accanto a Sé come figli riuniti intorno al capo di famiglia, venite a curare i corpi, a illuminare le intelligenze, a insegnare a vivere meglio ed a crescere in umanità, a edificare la Chiesa per la maggior gloria di Dio.

- Voi che siete ricchi, mettete a disposizione i beni di cui Dio vi affida la gestione, perché l’apostolo possa vivere e le sue iniziative pastorali prosperare;

- Voi che siete poveri, offrite la vostra lotta ed il vostro sudore per il pane quotidiano, perché fra tutti venga diviso questo pane;

- Voi che soffrite, voi che piangete e siete perseguitati, offrite la vostra sofferenza, perché il corpo di Cristo cresca nella giustizia e nella speranza (Cfr. Col 1,24).

A tutta la Cristianità cattolica Noi diciamo: «Allarga lo spazio della tua tenda, spiega le cortine dei tuoi padiglioni senza esitazione» (Is 54,2).

Ad un mondo in marcia versa la sua unità, fornite l’alimento dell’indispensabile armonia!

Ché se la ricerca in comune della verità ravvicina gli uomini, solo l’incontro dei cuori rinsalda la loro unità.

Di questo corpo gigante e mistico, che è la Chiesa in formazione, siate i costruttori nello Spirito di Gesù Cristo!

È da voi che dipende se domani la pace e la fraternità dissiperanno le ombre di morte.

Dio ha bisogno di voi perché, intorno al Cristo Salvatore, salga e si fondi all’unisono (Ep 2,21) l’Inno al Creatore, Dio e Padre di tutti (Ep 4,6).

Fratelli e sorelle sconosciuti, ascoltate la Nostra voce! E la grazia del Signore sia con voi! Amen!





Lunedì, 30 novembre 1970: SANTA MESSA NELLA CATTEDRALE DI SANTA MARIA DI SYDNEY

30130
Australia, Sydney



«Sia grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesu Cristo» (2 Thess.
2Th 1,2). Facciamo Nostro il saluto dell’Apostolo, e lo esprimiamo a voi con tutto il Nostro cuore. Noi siamo pieni di gioia e di stupore. Non è un sogno che Noi ora siamo qui, in Australia, a Sydney, fra voi, per voi. Forse nella storia della Chiesa non troviamo facilmente un incontro come questo, un saluto come questo. Bisogna risalire ai momenti più significativi della comunione ecclesiale per trovare una intensità di sentimenti, una ricchezza di pensieri come quelle che invadono i nostri animi, mentre ci scambiamo questo primo saluto.

Salutiamo Te, venerabile Fratello nostro, Cardinale Norman Thomas Gilroy, Arcivescovo di questa illustre e fiorente Chiesa, a Noi noto e caro da tanti anni, da Noi ricevuto, con tanti Pellegrini Australiani, a Milano, quando Noi eravamo Pastori di quell’antica e benedetta Chiesa dei Santi Ambrogio e Carlo: ecco, Noi siamo lieti di restituirti la visita, e di portare a Te e a questa diletta Chiesa le benedizioni di quei Santi e grandi Vescovi, e quelle preziose degli Apostoli Romani, Pietro e Paolo.

Salutiamo Voi, degnissimi e carissimi Fratelli Vescovi di questo immenso continente, della Nuova Zelanda e dell’Oceania; voi, Sacerdoti, voi Religiosi e Religiose, voi Fedeli di questa eletta porzione della Chiesa cattolica. Tutti, tutti Noi vi salutiamo; per tutti e per ciascuno di voi è in quest’ora il Nostro cuore, il Nostro augurio, la Nostra benedizione.

Vengono alle Nostre labbra le parole del Salmo: «Oh! quanto è bello e giocondo che dei fratelli si trovino insieme» (Ps 132,1). Perché Noi ci sentiamo circondati da fratelli e da figli; Noi ci sentiamo fra amici, come se la nostra conoscenza fosse antica e abituale. Non ci sentiamo forestieri fra di voi; e siamo felici di gustare sensibilmente e spiritualmente questa unione con voi! Ebbene, sappiate che questo è lo scopo del Nostro viaggio: sperimentare, consolidare, celebrare in Cristo l’unità dellla nostra Chiesa. Questo sentimento di unità, che tocca i nostri cuori, è un fatto stupendo e singolare, e deve farci gustare e meditare «la gioia d’essere cattolici» (Mons. M. Besson). Esso nasconde un’identità di fede (meravigliosa armonia delle anime), ed ancor più, una comunione di carità, anzi una misteriosa presenza, quella di Cristo, nel cui nome siamo qui adunati (Cfr. Mt 18,20).

Noi vogliamo godere questi giorni di unione con voi, come una grazia del Signore; e fin d’ora vi ringraziamo della vostra accoglienza così piena di cristiana familiare bontà; e tutti vi benediciamo.



Martedí, 1° dicembre 1970: SANTA MESSA ALL'IPPODROMO «RANDWICK» DI SYDNEY

11370
Australia, Sydney



Cari Figli e Figlie,

Sono due secoli da quando il Capitano James Cook gettava l'ancora nella Botany Buy, presso quella che sarebbe diventata Sydney: egli era il primo navigatore inglese che esplorasse questa costa del vostro continente. È questo l’avvenimento che la vostra Nazione celebra quest’anno, e Noi abbiamo voluto, in occasione di questo viaggio, associarci alla vostra preghiera di ringraziamento.

L’Australia aveva gia degli abitanti, e Noi salutiamo con soddisfazione i loro rappresentanti, auspicando che tutti possano sempre trovare, in questa importante confluenza di popoli di cui voi siete i testimoni, i mezzi per salvaguardare i loro valori umani per riuscire ad integrarsi sempre più pienamente nella nazione.

Ma questa celebrazione ci fa sentire come è giovane questo Paese, per la maggior parte di voi. Forse del resto non siete voi, per questo, persone che conservano il culto del passato? Forse vi è. sufficiente la vostra fierezza di avere edificato un’Australia prospera? Questo dinamismo, che vi è proprio e che rifulge nel sorgere ininterrotto dei vostri grandi edifici e l’animazione di questa grande città vi fa volgere più volentieri lo sguardo verso l’avvenire, e questo - a considerare il corso normale delle cose - si presenta sotto i migliori auspici.

Noi tuttavia, meditando intorno all’evento che stiamo commemorando, che è stato il punto di partenza per la trasformazione completa dell’Australia, possiamo trarre qualche spunto per la Nostra coscienza storica, civica, morale e religiosa.

Ogni uomo, come ogni società, ha la sua storia. Voi che rappresentate qui un popolo singolare, frutto dell’incontro di uomini così diversi per nazione, per lingua, per cultura, sapete bene che la vostra vitalità, il vostro amore al lavoro, il vostro spirito di iniziativa sono il patrimonio vivente che vi ha trasmesso lo spirito pionieristico dei vostri antenati. Ed è per questo che non possiamo considerare la storia come uno svolgimento cieco di avvenimenti fortuiti: Dio è Padrone della Storia; Gesù Cristo, che è il medesimo ieri, oggi e sempre (Cfr.
He 13,8), «verso il quale convergono le aspirazioni della storia e della civiltà» (Gaudium et spes, GS 45,2), nel suo amore per l’uomo, dirige ordinatamente il moto della storia al progresso dell’umanità ed in vista della «terra nuova e dei cieli nuovi», dove vi sarà perfetta giustizia (Cfr. 2P 3,13 e Ap 21,1).

La coscienza civica così notevole nel vostro Paese non è forse radicata nel volstro passato? Non è forse l’esperienza intima con cui ciascuno partecipa all’edificazione di un paese nuovo, che ha suscitato nei vostri padri ed in voi stessi il rispetto delle libertà democratiche? Ogni cittadino, nonostante la varietà dei compiti e delle reazioni personali, è presso di voi sensibile ad un bene comune, che oltrepassa la propria persona: egli l’accetta e vi porta il suo contributo. Continuate su questa linea, senza chiudere il vostro cerchio ristretto per una soddisfazione egoistica. Vivete questa parola di San Pietro: «Comportatevi da liberi, non da persone che si servono della libertà come di una maschera per nascondere la malizia, ma da servi di Dio» (1P 2,16).

Al vertice di tutto si pone la vostra coscienza morale e religiosa. La tentazione di ritenersi appagati, allorché sono soddisfatti i bisogni materiali e temporali, insidia le società giunte al vostro livello di vita; vi è un rischio di ridurre tutto ad un umanesimo terreno, dimentico della dimensione morale e spirituale della vita, e di non preoccuparsi più del necessario rapporto dell’uomo con il Creatore di ogni bene e con il Supremo Regolatore del suo retto uso. Quale vuoto allora nel cuore umano! Quale tentazione di supplirvi mediante contraffazioni, delle quali alcune, come l’egoismo, l’edonismo, l’erotismo e molte altre ancora, portano al disprezzo dell’uomo medesimo, senza peraltro soddisfare la sua profonda inquietudine! Il cuore dell’uomo è fatto per Dio, e non esiste umanesimo integrale se non nel suo servizio (Cfr. Populorum progressio, PP 42).

Noi invitiamo coloro che hanno una responsabilità nella vostra Nazione, a tutti i livelli e in tutti i campi, a profittare di questa circostanza per fare un esame di coscienza. Genitori, educatori, pubblicisti, legislatori, uomini politici, non è sufficiente determinare o raggiungere una riuscita personale; bisogna aprire gli spiriti ed i cuori ai doveri sociali e religiosi. Ogni uomo è oggi più che mai responsabile di tutti gli uomini! Il soddisfacimento delle aspirazioni religiose ed una condotta di vita secondo il Vangelo non sono la migliore garanzia, per la vostra prestigiosa Nazione e per il mondo, di una società affratellata nella scoperta di una comune Paternità?

Che Dio benedica la grande Nazione Australiana, e le accordi pace e prosperità.



Mercoledì, 2 dicembre 1970: SANTA MESSA AI GIOVANI DELL'AUSTRALIA - SYDNEY

21270
Australia, Sydney


Cari Figli e Figlie,

Tra gli incontri del Nostro programma abbiamo voluto includere questo speciale contatto con il vostro mondo, giovani di Australia. Non che voi non facciate parte della comunità cattolica in forza dello stesso battesimo e per la comune professione della stessa fede (
Ep 4,5), ma perché ci è sembrato che in questo giovane popolo voi siete i giovani tra i giovani e che quindi abbiate diritto ad una particolare parola.

Noi vorremmo che in ciò ravvisaste la simpatia della Chiesa per la gioventù. Ciò non significa che la Chiesa si senta come quelle persone avanzate in età che, per dare un sostegno alle loro mancanti forze, ricercano l’appoggio di un braccio vigoroso. Certo, essa può far valere la sua lunga storia, la sua ricca esperienza, acquistata al contatto con numerose generazioni di ogni origine e di ogni cultura; ma non pensiamo che ciò possa impedirle di interessarsi alle nuove forze di oggi e suscitare il loro attaccamento. La sua ragion d’essere, la sua giustificazione è il prolungamento della presenza di Gesù Cristo in mezzo agli uomini, la diffusione della sua parola e la comunicazione della sua vita. Non si è egli definito «via, verità e vita»? (Jn 14,6) Non è la luce per ogni uomo? (Jn 1,6) Uomo nuovo e perfetto, eternamente giovane perché dominatore delle vicissitudini del tempo, egli è, ai nostri giorni, come ai primi tempi della cristianità, colui che rivela pienamente l’uomo a sé stesso e gli permette di arrivare alla sua pienezza. Il Concilio l’ha giustamente chiamato «termine della storia umana, punto focale dei desideri della storia e della civiltà, centro del genere umano, la gioia di ogni cuore e il compimento delle loro aspirazioni» (Gaudium et spes, GS 45,2).

La missione della Chiesa è nella esatta direzione di questa volontà del Cristo di andare verso ciascuno per schiuderlo nella sua profondità e secondo le sue ricchezze, per elevarlo e salvarlo, facendolo divenire figlio di Dio. Dal Cristo la Chiesa riceve questa virtù - al di sopra delle capacità di ogni società puramente umana - di essere la piena risposta alle vostre giovani anime, perché essa è «la giovinezza del mondo» (Appello del Concilio ai Giovani - 8 dicembre 1965), che si rinnova incessantemente, che offre a ogni nuova generazione, a ogni nuovo popolo la Buona Novella che li salva, attingendo dal tesoro infinito della parola di Dio la risposta alle situazioni più inedite.

Perciò la Chiesa viene a voi senza complessi. Essa sa i valori di cui siete portatori, quelli del vostro numero, quelli del vostro slancio verso l’avvenire, quelli della vostra sete di giustizia e di verità e della vostra avversione per l’odio e per la sua peggiore espressione che è la guerra, persino quelli del rigetto degli elementi caduchi della moderna civiltà. Dio li ha messi in voi per rispondere con un atteggiamento nuovo a una situazione nuova. Colui che ha creato la vita, colui che, con la sua Incarnazione, ha voluto essere in tutto partecipe della nostra condizione umana, eccetto che nel peccato, ha pure la capacità di fare avanzare verso il suo termine la storia umana e di salvare questo mondo dalla divisione e dal caos, conducendolo, con il concorso libero di ciascuno, verso il suo meraviglioso destino di regno di Dio.

C’è un’intima connessione, cari giovani, tra la vostra fede e la vostra vita. Proprio nell’insoddisfazione che vi tormenta, nella vostra critica di quella società - che oggi è giustamente chiamata società permissiva - c’è un elemento di luce.

In quella società, si verificano purtroppo ogni giorno più atti aggressivi, nuovi atteggiamenti e modelli di comportamento che non sono cristiani. Quando voi li denunciate e chiedete che la società li rigetti, sostituendoli con i valori autenticamente basati sulla vera giustizia, sulla vera sincerità, sulla vera rettitudine morale e sulla vera fratellanza, voi avete certo ragione. Avete non solo l’approvazione, ma il pieno appoggio della Chiesa.

Ma fate attenzione al modo in cui voi vi occupate di ciò e fate questo sforzo, perché, se vi ripiegate su voi stessi, se vi costituite giudici supremi della verità, se rigettate in blocco il passato, - cioè quel che i rappresentanti della stessa specie umana alla quale voi appartenete, fondamentalmente con le stesse doti e gli stessi difetti, si sono sforzati di edificare -, allora il mondo di domani non sarà sensibilmente migliore, anche se sarà differente, perché la radice del male non sarà stata estirpata: quella dell’orgoglio dell’uomo. «L’uomo - abbiamo detto nella Nostra Enciclica Populorum progressio - può organizzare la terra senza Dio, ma senza Dio egli in fondo non può che organizzarla contro l’uomo. L’umanesimo esclusivo è un umanesimo inumano» (Populorum progressio, PP 42).

Se, al contrario, voi accettate di andare incontro a colui che ha dato, più di ogni altro, la prova del suo amore per l’uomo, offrendosi sino alla morte per salvarlo, allora voi accenderete la fiamma dei vostri ideali al fuoco della sua divina carità, e parteciperete a questa marcia dell’uomo verso la luce: «perché non c’è sotto il cielo altro nome dato agli uomini che possa salvarli» (Ac 4,12).

Questa è la vostra vocazione, cari Figli e Figlie. Ecco dove si colloca il vostro dovere. Bisogna scegliere. Per l’uomo con Gesù Cristo o contro l’uomo. Non si tratta di una scelta sentimentale e superficiale; si tratta della vostra vita e di quella degli altri.

Sta a voi, con l’aiuto dei vostri genitori, dei vostri educatori, dei vostri compagni, tra di voi, in seno alle organizzazioni adatte alla vostra età e alle vostre ricerche, approfondire questi doni della vostra fede. Non è infatti possibile che la vostra vita di adolescenti e di giovani si rischiari ancora dalla vostra fede di fanciulli.

D’altra parte non si tratta soltanto di voi; si tratta di tutti i vostri fratelli della comunità australiana; si tratta, al di là delle vostre frontiere, della salvezza del mondo. Dio non ci ha salvati isolatamente, ma perché noi formassimo un popolo compatto e pacifico. La felicità delle vostre anime, voi la troverete essenzialmente nel parteciparla ad altri. Gli appelli non mancano; vengono dal vostro ambiente, dai compagni che compiono gli stessi studi; vengono dalle vostre parrocchie, dai poveri, dai malati; vengono da oltre i mari del mondo che vi circonda e che cerca le ragioni supreme della vita.

Con quale istanza e con quale affetto Noi supplichiamo il Maestro di illuminare coloro che dubitano, di confortare coloro che soffrono, di rivelarsi a voi tutti, lui così buono e così vicino a ciascuno di voi per la pace e la gioia delle vostre anime. Di cuore Noi impartiamo alla vostra assemblea e a tutta la gioventù australiana la Nostra speciale Benedizione Apostolica.



Giovedì, 3 dicembre 1970: ORDINAZIONE DEL PRIMO VESCOVO NATO IN NUOVA GUINEA - SYDNEY


B. Paolo VI Omelie 28110