Lezionario "I Padri vivi" 210

SOLENNITÀ DEI SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI

210 (29 giugno)

       La Chiesa di Roma, sin dai tempi più remoti, unisce tra loro questi due grandi apostoli: Pietro e Paolo. Ne danno testimonianza le più antiche scritte nelle catacombe, i mosaici della vecchia basilica di San Pietro oppure della basilica di Santa Maria Maggiore. La prima testimonianza della festa di Pietro e Paolo, il giorno 29 giugno, l’abbiamo a partire dalla metà del III secolo. Nel IV secolo, essa viene celebrata molto solennemente. Il popolo romano, nonché molti pellegrini si recano in questo giorno alla basilica costruita da Costantino sulla tomba di san Pietro al colle Vaticano. La notte precedente la festa, si faceva la veglia notturna, che veniva conclusa dalla solenne Messa mattutina. Dopo la Messa nella basilica vaticana, il papa si recava alla basilica di San Paolo fuori le mura e questa prassi è rimasta fino ai tempi di Adriano I (+ 795). I suoi successori, per motivi pratici, si recano alla tomba di san Paolo il giorno seguente, il 30 giugno. L’unità della festa rimane così spezzata, benché i festeggiamenti di due giorni assumano grandiosità. In questo giorno di festa, ci si radunava ancora nelle catacombe presso la via Appia, nelle vicinanze dell’attuale basilica di San Sebastiano: è qui che durante la persecuzione dell’imperatore Valerio sarebbero stati deposti temporaneamente i corpi dei due apostoli. Le celebrazioni della festa nelle catacombe non durarono a lungo, poiché i sacramentari romani non ne parlano.

       In Italia ed in Africa la Solennità dei Santi Pietro e Paolo veniva celebrata secondo il costume romano, invece in Oriente ed in Gallia nel tempo di Natale. Soltanto nel VI secolo tutta la Chiesa accetterà la data romana. Il calendario liturgico aggiornato sopprime la commemorazione di san Paolo il 30 giugno e così viene ripristinata l’unità originale della festa.

       Oggi, la Chiesa romana celebra una grande festa, il giorno della sua natività. I due grandi apostoli - Pietro e Paolo - posero le sue fondamenta. La festa di oggi, così romana, viene celebrata da tutta la Chiesa, dato che il Vescovo di Roma, successore di san Pietro è il capo della Chiesa di Cristo sulla terra. Oggi, la Chiesa in modo particolare si rende conto di essere costruita sulle fondamenta degli apostoli e di essere chiamata a trasmettere fedelmente la loro testimonianza a Cristo. Pietro e Paolo ricevettero dal Signore carismi differenti e ciascuno di loro ebbe una missione diversa da compiere. Pietro, per primo, confessò la fede in Cristo; Paolo, invece, ricevette la grazia di penetrarne tutta la profondità. Pietro, fonda la prima comunità dei credenti provenienti dal popolo eletto; Paolo, invece, diventa l’apostolo dei pagani. Ebbero carismi diversi, ma tutti e due si davano da fare con costanza per costruire la Chiesa di Cristo.

       Ricordando i santi apostoli, eleviamo le preghiere con la loro intercessione: affinché la Chiesa di Cristo conservi fedelmente l’insegnamento degli apostoli, perseveri nello spezzare il Pane, e affinché tutti i suoi figli abbiano un cuor solo ed un’anima sola.

       Preghiamo, perché la Chiesa perseveri nella fede di Pietro e perché sia animata dallo spirito missionario di Paolo.

       Dio onnipotente ed eterno,

       che con ineffabile sacramento

       volesti porre nella sede di Roma

       la potestà del principato apostolico,

       perché per suo tramite la verità evangelica

       si diffondesse per tutti i regni del mondo,

       concedi che ciò che si è diffuso per la loro

       predicazione in tutto l’orbe,

       venga seguito da tutta la cristiana devozione.

       Sacramentarium Veronense, ed. L.C. Mohlberg, Roma 1978, n. 292


1. Nella natività degli apostoli Pietro e Paolo

       Questo giorno ci consacrò la passione dei beati apostoli Pietro e Paolo. Non parla di alcuni martiri, poco conosciuti.

       In tutta la terra si diffuse la loro fama, e fino ai confini della terra le loro parole (
Is 18,5). Questi martiri videro ciò che predicarono, seguirono la giustizia, professando la verità, morendo per la verità.

       Beato Pietro, primo degli apostoli, grande amante del Cristo, che meritò di ascoltare: Io ti dico, che tu sei Pietro.Aveva detto, infatti, egli stesso: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. E il Cristo a lui: E io ti dico che tu sei Pietro, e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa (Mt 16,16-18).

       Sopra questa pietra edificherò la fede, che tu confessi. Sopra questo che hai detto: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente, edificherò la mia Chiesa. Tu, infatti, sei Pietro.

       Pietro da pietra, non pietra da Pietro.

       Così, Pietro da pietra, come il cristiano da Cristo. Vuoi conoscere da quale pietra dice Pietro? Ascolta Paolo: Non voglio, o fratelli, che voi siate nell’errore, poiché tutti i nostri padri furono sotto la nube, e tutti passarono attraverso il mare e tutti furono battezzati in Mosè nella nube e nel mare, e tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, e tutti bevvero la stessa bevanda spirituale.

       Bevevano, infatti, dalla pietra spirituale che li seguiva: ma la pietra era Cristo (1Co 10,1-4).

       Ecco donde deriva Pietro.

       A Pietro che rappresentava la persona della Chiesa sono state date le chiavi del Regno dei Cieli. Ad uno sono state date, perché all’unità della Chiesa.

       Cristo prima risuscita, allora adempie la Chiesa.

       Il Signore Gesù elesse i suoi discepoli prima della sua passione, come sapete, e li chiamò apostoli. Tra di essi il solo Pietro, quasi ovunque, meritò di rappresentare la persona di tutta la Chiesa. A causa della stessa persona che egli rappresentava, da solo, di tutta la Chiesa, meritò di udire: E a te darò le chiavi del Regno dei Cieli (Mt 16,19).

       Queste chiavi, pertanto, le ricevette non un solo uomo, ma la Chiesa unita.

       Di qui, dunque, procede l’importanza di Pietro, poiché portò l’immagine della stessa universalità ed unità della Chiesa, quando gli fu detto: A te consegno, che fu tramandato a tutti. Infatti, acciocché conosciate che la Chiesa ha ricevuto le chiavi del Regno dei Cieli, ascoltate in un altro luogo ciò che il Signore dice a tutti i suoi apostoli: Ricevete lo Spirito Santo. E subito: Se a qualcuno rimetterete i peccati, gli saranno rimessi; se non glieli rimetterete, gli saranno trattenuti (Jn 20,22-23).

       Questo riguarda le chiavi, delle quali è stato detto: Quelle cose che scioglierete sulla terra, saranno sciolte anche in cielo; e quelle cose che legherete sulla terra, saranno legate anche in cielo.

       Ma questo lo disse a Pietro. Affinché tu sappia che Pietro rappresentava allora la persona di tutta la Chiesa, ascolta che cosa viene detto a lui in persona, e a tutti i suoi fedeli discepoli: Se il fratello peccherà contro di te, correggilo tra te e lui solo. Se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone: è scritto infatti: «Sulla parola di due o tre testimoni, si fermerà la mia parola». Se nemmeno essi ascolterà, riferiscilo all’assemblea: se neanche questa ascolterà, sia considerato da te come un pagano ed un peccatore. In verità vi dico che qualunque cosa legherete sulla terra, sarà legata anche in cielo; e qualunque cosa scioglierete sulla terra sarà sciolta anche in cielo (Mt 18,15-18).

       La colomba lega, la colomba scioglie; l’edificio sopra la terra, lega e scioglie.

       Temano quelli che sono legati, temano quelli che sono sciolti. Quelli che sono sciolti temano affinché non siano legati; quelli che sono stati legati, preghino affinché siano sciolti. Coi capelli dei propri peccati ognuno sarà stretto (Pr 5,22); e fuori di questa Chiesa niente sarà sciolto.

       A Lazzaro, che era morto da quattro giorni viene detto: Vieni f uori. E uscì dal sepolcro, avvolto mani e piedi nelle bende. Il Signore lo sveglia, affinché il morto esca dal sepolcro; se tocca il cuore (se ciò commuove), affinché esca fuori la confessione del peccato. Ma ancora per poco è legato. Il Signore, quindi, dopo che Lazzaro uscì dal sepolcro, disse ai suoi discepoli, ai quali aveva già detto: «Qualunque cosa scioglierete sulla terra, sarà sciolta anche in cielo»: Scioglietelo e lasciatelo andare (Jn 11,43-44).

       Per sé lo svegliò, per i discepoli lo sciolse.

       La fortezza e la debolezza della Chiesa sono adombrate in Pietro.

       Quindi la fortezza della Chiesa è lodata soprattutto in Pietro; poiché seguì il Signore che andava alla passione: anche una certa debolezza è osservata; poiché, interrogato dalla serva rinnegò il Signore. Ed esso da quel grande amatore è diventato subito rinnegatore.

       Trovò sé, colui che aveva presunto di sé.

       Aveva detto, infatti, come sapete: Signore, io sarò con te fino alla morte: se ci sarà bisogno che io muoia, darò la mia anima per te.

       E il Signore a lui che presumeva delle proprie forze: L’anima tua tu darai per me? In verità ti dico, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte (Mt 26,33-35 Jn 13,37-38).

       Avvenne ciò che aveva predetto il medico: non poté avvenire come l’ammalato aveva presunto. Ma che cosa?

       Subito il Signore lo rimirò. Così sta scritto e così riferisce il Vangelo: Il Signore lo guardò, ed egli uscì fuori, e pianse amaramente (Lc 22,61-62). Uscì fuori, cioè, si pentì. Pianse amaramente colui che non aveva conosciuto di amare.

       La dolcezza seguì nell’amore, la cui amarezza aveva preceduto nel dolore.

       Agostino, Sermo 295, 1-3


2. La negazione e l’amore di Pietro

       Il beato Pietro, il primo degli apostoli, che tanto amò quanto negò il Signore Gesù Cristo, come dice il Vangelo, seguì il Signore che andava alla morte; ma in quel tempo non lo poteva seguire per andar lui alla morte: lo seguì a piedi, perché ancora incapace di seguirlo nei costumi. Promise che sarebbe morto per lui e non poté morire con lui: aveva osato di più di quanto gli promettevano le sue forze. Aveva promesso più di quanto poteva fare, perché non era giusto che facesse ciò che aveva promesso. Morirò per te, aveva detto. Ma questo l’avrebbe fatto il Signore per il servo, non il servo per il Signore. E perché osò troppo, amò anche confusamente; perciò temé e negò. Ma poi, dopo la risurrezione, il Signore insegna l’amore a Pietro. L’amore disordinato cade sotto il peso della passione; ma a chi ama con ordine promette la passione.

       Il Signore Gesù Cristo annunzia ai discepoli l’imminenza della sua passione. Pietro, che lo ama ancora secondo la carne, temendo che muoia il debellatore della morte dice: Non sia mai, non sia mai, riguardati. Non direbbe riguardati, se non lo riconoscesse Dio. Dunque, Pietro, se lo riconosci Dio, come puoi temere che Dio muoia? Tu sei uomo, lui è Dio. E Dio s’è fatto uomo, prendendo in sé ciò che non era, ma senza perdere ciò che era. In lui, dunque, sarebbe morto quello stesso Signore che sarebbe risorto. Pietro ebbe paura della morte umana e non avrebbe voluto ch’essa toccasse il Signore: senza saperlo, avrebbe voluto chiudere il sacco dal quale doveva venir fuori il prezzo del nostro riscatto. Sentì allora dirsi: Allontànati, satana; non parli secondo Dio, ma secondo gli uomini.Eppure poco prima, per la dichiarazione: Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivo, gli aveva detto: Beato te, Simone figlio di Giovanni, perché non te l’ha rivelato né la carne né il sangue, ma il Padre mio che sta nei cieli.Prima beato, poi satana. Perché beato? Non per lui: Non te lo ha rivelato né la carne né il sangue, ma il Padre mio. Perché satana? Per l’uomo e nell’uomo: Non parli secondo Dio, ma secondo gli uomini. Questo Pietro, che amava il Signore e voleva morire per lui, lo seguì; e la cosa andò come aveva predetto il medico, non come aveva preteso il malato. Interrogato da una serva, nega una, due, tre volte. Guardato dal Signore, piange amaramente, asciuga le lagrime della pietà e le macchie della negazione.

       Risorge il Signore, appare ai discepoli; Pietro vede, vivo, colui per il quale aveva temuto la morte; vide non il Signore ucciso, ma la morte uccisa nel Signore. Rassicurato, dalla prova della stessa carne del Signore, che la morte non era poi tanto da temere, impara ad amare; ora bisogna che ami, bisogna che ami ora che ha visto il Signore vivo, sebbene fosse morto; bisogna che ami con sicurezza; con sicurezza, perché ora lo avrebbe seguito. Perciò il Signore dice: Pietro, mi ami? ed egli: Ti amo, Signore. E il Signore: Non voglio che tu muoia per me, perché mi ami; questo l’ho già fatto io per te. Che farai, allora, per me dal momento che mi ami? Pasci le mie pecore. E questo due o tre volte, perché l’amore confessi tre volte, come tre volte il timore aveva negato. Guardate, capite, imparate. La domanda è solo: Mi ami? La risposta è solo: Ti amo.Alla risposta tiene dietro: Pasci le mie pecore. Raccomandate le pecore a Pietro, preannunzia a Pietro la passione e dice: Quando eri giovane, ti cingevi e andavi dove volevi; ma, fatto vecchio, un altro ti cingerà e ti condurrà, dove non vuoi. Ma questo lo diceva per significare con quale morte avrebbe glorificato Dio. Capite che il non rifiutar la morte per il gregge del Signore fa parte dell’ufficio di pascere il gregge del Signore.

       Pasci le mie pecore: Affida le pecore a uno che è capace, o è poco capace? Prima, quali pecore affida? Non pecore comprate con danaro, oro, argento, ma col sangue. Se un padrone affidasse le sue pecore a un servo, certo si chiederebbe se il servo ha come garantire il valore delle sue pecore e direbbe: Se perderà, dissiperà o mangerà le mie pecore, ha come ripagare. Affiderebbe, dunque, a un servo capace le sue pecore e chiederebbe il ricambio del danaro per delle pecore, che egli ha comprato con danaro. Ma il Signore Gesù Cristo, che affida delle pecore ch’egli ha comprato col sangue, vuole vedere l’idoneità del servo nella passione del sangue, come se dicesse: Ti affido le mie pecore. Quali pecore? Quelle che ho comprato col sangue. Son morto per esse. Mi ami? Muori per loro. Un uomo, servo dell’uomo, restituirebbe danaro per le pecore sciupate: Pietro diede il sangue per le pecore conservate.

       Agostino, Sermo Cass. I, 133, 1-4


3. La continuità della dignità apostolica

       Al motivo della nostra festa si aggiunge, inoltre, la dignità non solo apostolica, ma ancora episcopale di san Pietro che non cessa di sedere sulla sua Cattedra e conserva una incessante partecipazione alle prerogative del Sommo Sacerdote. La solidità che riceve dalla Pietra che è Cristo, egli, divenuto pietra a sua volta, la trasmette anche ai suoi eredi; e, dovunque compare una qualche fermezza, è la forza del pastore che si manifesta. Infatti se, per aver validamente sopportato i supplizi loro inflitti, dando così loro il modo di manifestare i propri meriti, i martiri hanno praticamente ottenuto tutti e dappertutto di poter recare soccorso agli uomini in pericolo, di scacciare le malattie e di guarire innumerevoli mali (Mt 10,1), chi sarà così ignorante o così invidioso da disprezzare la gloria di san Pietro e credere che esistano porzioni di Chiesa che sfuggono alla sollecitudine del suo governo e non si accrescano grazie a lui? Eccoci di fronte ad un amore di Dio e degli uomini in pieno vigore e vita nel Principe degli apostoli, tale che neppure il carcere, le catene o le sommosse popolari, o le minacce dei re hanno potuto intimorire; così dicasi della sua fede invincibile che non ha ceduto nella lotta e non si è intiepidita nella vittoria.

       Leone Magno, De natali Petri, V, 4 s.


4. La Chiesa è ingrandita dalle persecuzioni

       In questa stessa città veniva Paolo, apostolo con te, vaso d’elezione e speciale dottore dei gentili, per esserti associato nel medesimo tempo in cui ogni innocenza, ogni pudore, ogni libertà venivano oppressi sotto il potere di Nerone. Il furore di questi, acceso dall’eccesso di tutti i vizi, lo precipitò in un torrente di follia, al punto da essere il primo a decretare una persecuzione generale e atroce contro il nome cristiano, come se la grazia di Dio potesse essere spenta dal massacro dei santi: questa, al contrario, vi trovava il maggior profitto, come dire che il disprezzo di questa vita effimera diveniva entrata in possesso della felicità eterna. Preziosa è dunque agli occhi di Dio la morte dei suoi santi (Ps 115,15), e nessuna specie di crudeltà può distruggere la religione fondata dal mistero della croce di Cristo. La Chiesa non è sminuita, bensì ingrandita, dalle persecuzioni; e il campo del Signore si riveste continuamente di una messe più ricca, quando i chicchi, cadendo solitari, rinascono moltiplicati (Jn 12,24). Così, quale discendenza hanno dato, sviluppandosi, queste due piante eccellenti, divinamente seminate, migliaia di santi martiri son là ad attestarlo: emuli dei trionfi degli apostoli, essi hanno cinto la nostra città di folle purpuree e brillanti, il cui splendore si estende al largo, e l’hanno coronata di un diadema unico ravvivato dal bagliore di numerose gemme.

       Di questa protezione, carissimi, a noi divinamente largita per essere un esempio di pazienza e un sostegno nella fede, noi dobbiamo senza dubbio rallegrarci in un modo generale, quando facciamo memoria di tutti i santi; ma abbiamo motivo di gloriarci con i più grandi trasporti di gioia per l’eccellenza di tali padri; la grazia di Dio, in effetti, li ha collocati sì in alto tra tutti i membri della Chiesa da farne quasi i due occhi del corpo di cui Cristo è la testa (Ep 1,22). Dei loro meriti e delle loro virtù, superiori a quanto si possa dire, nulla dobbiamo pensare che li opponga, nulla che li divida, poiché l’elezione li ha resi pari, la fatica simili e la fine eguali.

       Leone Magno, In natali apostol., 69, 6-7


5. Elogio dell’apostolo Paolo

       Abele offre un sacrificio e n’è lodato (Gn 4,4); ma se guardiamo la vittima offerta da Paolo, vediamo subito che lo supera quanto il cielo la terra. Quale volete che vi nomini? non è, infatti, una sola la vittima offerta da Paolo. Si offriva infatti ogni giorno e in due modi diversi, sia morendo ogni giorno (1Co 15,31), sia portando attorno, senza respiro, la mortificazione nel suo corpo (2Co 4,10). Sia, infatti, che si preparasse ad affrontare i pericoli - operando così un martirio nella volontà - sia che mortificasse in se stesso la natura della carne, non compiva nulla di meno dell’offerta di una vittima a Dio, anzi qualche cosa di più. Infatti, non offriva pecore, o buoi, ma se stesso, giorno dopo giorno, e, come abbiam detto, in due modi, perciò tranquillamente disse: Io già vengo immolato (2Tm 4,6), intendendo, certo, che il suo sangue fosse un’immolazione.

       Ma non si contentò di questi sacrifici soltanto. Poiché si era già pienamente consacrato a Dio in se stesso, cercò di offrirgli anche tutto il mondo, la Grecia e il mondo dei barbari; e, per quanto è grande, la terra, quasi a volo, la girò tutta e non con poca fatica, come se andasse a spasso, ma strappando le spine dei peccati e seminando dappertutto la parola della pietà, fugando gli errori, riportando la verità e facendo gli uomini angeli; più precisamente, mutando gli uomini da demoni in angeli. Perciò, sul punto di andarsene dopo tanti sudori e trionfi, a consolazione dei discepoli diceva: Se vengo immolato, son contento e ne gioisco con voi, perciò, anche voi, siate contenti e gioitene con me (Ph 2,17). E che cosa c’è mai che si possa paragonare a questa vittima che Paolo offrì con la spada dello Spirito Santo e la depose su quell’altare che sta al di sopra dei cieli? Abele poi cadde per l’inganno del fratello (Gn 4). Ma io ti posso mostrare in Paolo tante morti, quanti furono i giorni ch’egli visse predicando. Se poi vuoi proprio vedere la morte che mise fine a tutto, guarda che Abele fu ucciso da un fratello che egli non aveva in nessun modo offeso, ma al quale neanche aveva fatto dei benefici, Paolo invece fu ucciso da coloro, che egli voleva strappare da mali infiniti e per i quali aveva sostenuto tutte le fatiche e pene, che aveva sostenuto.

       Crisostomo Giovanni, De laudib. S. Pauli Ap., I




FESTA DELLA TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE

214 (6 agosto)

       La festa della Trasfigurazione del Signore compare in Oriente nel V secolo ed è celebrata il 6 agosto. La scelta della data non è casuale, si riferisce al 6 gennaio quando si commemora la prima grande teofania di Gesù, durante il Battesimo nel Giordano. La liturgia romana commemorava il mistero della Trasfigurazione nella seconda domenica della Quaresima, collegandola strettamente al mistero della Passione del Signore. In Occidente, la prima menzione della festa risale al X secolo e ben presto essa viene celebrata in molte Chiese di Francia. Un ulteriore sviluppo della festa è legato all’incremento della pietà verso i luoghi sacri in Palestina al tempo delle crociate. Callisto III, nell’anno 1457, in segno di gratitudine per la vittoria riportata sui Turchi, introduce la festa nel calendario della Chiesa universale.

       Gesù prese con sé Pietro, Jc e suo fratello Giovanni e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro (
Mt 17,1). Gesù, Dio da Dio, Luce da Luce, della stessa sostanza del Padre, manifesta ai discepoli la gloria che egli ha presso il Padre. I discepoli caddero con la faccia a terra vedendo la gloria del Figlio di Dio. Gesù, nella sua divina sapienza, li prepara a sostenere lo scandalo della Croce. Poi capiranno che, per arrivare alla gloria che hanno visto, bisogna percorrere la via della croce, come il Signore. Guardando «Cristo trasfigurato», la Chiesa si rende conto che è diretta verso la gloria in cui è avvolto Cristo. Vuole capire, che prima di partecipare alla gloria del Signore, deve prima aver parte alla sua Croce. Così impara a vedere il senso di tutto ciò che sperimenta nel suo cammino attraverso la storia. Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua, disse il Signore (Mt 16,24). Nella festa della Trasfigurazione, noi prendiamo di nuovo la nostra croce, ci rafforziamo nella nostra personale via della croce, siamo disponibili ad accettare tutto, rinnoviamo la fede nelle parole di Cristo. Ci rivolgiamo un’altra volta al Signore, gli stiamo vicini.

       O Cristo Dio,

       tu ti sei trasfigurato sul monte

       e i tuoi discepoli hanno potuto contemplare

       la tua gloria secondo la loro possibilità,

       perché vedendoti poi crocifisso,

       potessero credere volontaria la tua Passione

       ed annunziassero al mondo

       che tu sei veramente lo splendore del Padre.

       Liturgia Bizantina, EE, n. 3057




SOLENNITÀ DELL’ ASSUNZIONE DELLA B.V.M.

218 (15 agosto)

       Il 15 agosto, si celebrava in Oriente una delle più antiche feste mariane, molto popolare tra i fedeli. Secondo quanto indicano le letture della Messa, conservate finora, era una festa in onore di Maria, Madre di Dio. All’inizio del VI secolo, in Palestina ed in Siria, questa festa diviene la memoria dell’Assopimento di Maria. A Gerusalemme, le celebrazioni si svolgono nella chiesa presso il Giardino degli Ulivi dove si trovava la tomba, dalla quale, come si riteneva, Maria fu assunta in Cielo. La grande popolarità dell’apocrifo Transitus Mariae, nonché l’afflusso dei pellegrini sembrano essere la causa del cambiamento del contenuto teologico della festa. L’imperatore Maurizio (582-602) prescrive di celebrare l’Assopimento di Maria in tutta la Chiesa orientale. La Chiesa romana accolse la festa mariana del 15 agosto nel VI secolo, e nella metà del VII secolo, sotto influsso della Chiesa bizantina, la celebra quale festa dell’Assopimento della Beatissima Vergine Maria. Il Sacramentario Gregoriano le dà il nome di «Assunzione» di Maria. Papa Sergio (+ 701) introduce la solenne processione notturna.

       Verso la fine del X secolo, si congiunge con la festa dell’Assunzione di Maria il costume di benedire le erbe medicinali. Il costume si richiamava alla più antica tradizione orientale in cui, nella festa del 15 agosto, si benedicevano i campi. In questo giorno, fino ad oggi, i fedeli portano in chiesa i frutti del loro lavoro nei campi, giardini, frutteti per presentarli a Dio.

       Maria con l’anima e il corpo fu assunta in Cielo, questa la sostanza della festa che la Chiesa celebra con grande gioia. Non ha subito la corruzione della tomba e questo suo nuovo privilegio è implicato nel primo. Maria fu preservata dalla macchia del peccato originale, perciò adesso non deve sottostare alle sue conseguenze. Ha partorito il Figlio di Dio, il Datore di tutta la vita, per questo la morte non può toccarla. Ha partecipato nel modo più pieno al mistero salvifico di Cristo ed ecco che in lei si rivela già fin da ora la pienezza della salvezza portata da Cristo. Per prima raggiunse la salvezza, diventò l’immagine della Chiesa della gloria e per il popolo pellegrinante un segno di speranza e di consolazione.

       Nell’Assunzione di Maria e la sua piena unione con Cristo risorto dai morti possiamo sperimentare la sua viva ed efficace presenza nella Chiesa, la sua spirituale maternità. Come Maria, abbiamo parte al mistero salvifico di Cristo e come lei tendiamo alla gloria del Cielo: ci arriveremo se cercheremo con costanza le cose di lassù. L’intercessione di Maria ci riempia con l’amore, ci sostenga sulla via che porta alla gloria, ci rafforzi nella perseveranza.

       Si elevi, o Padre, a favore del tuo popolo la preghiera della

       Madre di Dio,

       che, se per la nostra condizione mortale

       ha dovuto abbandonare questa vita,

       si allieta ora, gloriosa e potente,

       presso il tuo trono.

       Messale Ambrosiano, Milano 1976: Assunzione della B.V.M. Vigilia, Orazione a conclus. liturg. parola


1. La morte della Vergine e la sua Assunzione

       Mentre medito e molto spesso ritorno in spirito sull’Assunzione della Madre di Dio, un problema mi si presenta, degno di esame, utile da risolvere e che vi apparirà dolcissimo una volta comunicatovi. Ci si chiede in effetti perché, in occasione dell’Ascensione del Signore, sua Madre, che lo circondava di indicibile affetto, non lo abbia subito seguito. Nessuna ombra di peccato l’aveva oppressa, nessuna macchia aveva insozzato la sua vita; la sua carità la rendeva più ardente di un braciere, la sua castità più brillante della luce, il suo parto virginale inaudito più splendente degli stessi abitanti dei cieli: sembra quindi sbalorditivo che essa non sia stata subito condotta in cielo insieme al Figlio.

       Senza dubbio, Enoch camminò con Dio nella purezza del cuore, e non lo si vide più perché Dio lo rapì. Del pari, è scritto che Elia, infiammato dal bruciante zelo della carità, fu rapito su un carro di fuoco trainato da cavalli di fuoco. Mentre lei, che superava Enoch per la purezza del cuore, ed era più grande di Elia nel privilegio dell’amore, perché mai non è stata portata in cielo immediatamente insieme a colui che ella aveva partorito? Essa era infatti piena di grazia e benedetta tra tutte le donne. Essa sola ha meritato di concepire il Dio vero da Dio vero. Vergine, essa lo ha messo al mondo; vergine, lo ha allattato, stringendolo al suo seno, e lo ha nutrito in tutto con la devota premura di una serva. Infine, essa ha sofferto nello spirito più che nella carne con lui morente, ed è rivissuta in spirito con lui quando è risorto. Perché allora non ascende con lui quando egli ascende? Certo, la sua carne santissima, che fu incinta per opera dello Spirito Santo, che si gonfiò del germe del gran Re, nella quale Dio si è fatto uomo, il Verbo si è fatto carne, e in cui, per la mediazione di Cristo, la pienezza della divinità abitò corporalmente (
Col 2,9), avrebbe dovuto, così sembrerebbe, essere introdotta in cielo fin dal momento in cui vi salì il Signore. Perché allora questo ingresso venne ritardato almeno per breve tempo ed essa restò separata da suo Figlio? Perché il suo desiderio sì santo, ardente più del fuoco, non fu subito appagato?

       Si è che questo intervallo non fu di lieve consolazione per i discepoli di Cristo. L’intervallo non tolse nulla alla madre, mentre apportò al mondo rimedi di salvezza. Il Signore Gesù volle in effetti che, dopo il suo ritorno al Padre, gli apostoli potessero gioire dell’assistenza ed educazione materne. Per quanto già istruiti dallo Spirito, essi avevano ancora molto da imparare da colei che dette al mondo il Sole di giustizia e fece scaturire per noi dal suo seno immacolato, come da un prato verginale, la sorgente della Sapienza. Infine, nella sua mirabile bontà, la Provvidenza ha voluto che la Chiesa primitiva, che non vedeva più Dio presente nella nostra carne, potesse vedere la sua madre ed essere confortata da così amabile vista.

       Cosa c’è infatti di tanto amabile, di tanto bello e di tanto dilettevole quanto la vista della madre del Creatore e Redentore di tutti? Se tanto si desidera vedere con i propri occhi il sepolcro del nostro Redentore, ancora in piedi a tutt’oggi; se la pietra sulla quale ha riposato il santo tronco di Iesse esercita una si potente attrattiva e gode una tal fama, tanto da richiamare a sé gli affetti e i pensieri di tutti e, con un fascino religioso attira tutti a sé, quale gioia - e di quale valore - non dovette essere la vista della madre di Dio fino a quando la tenerezza divina permise che rimanesse con noi sulla terra, secondo il comune destino?

       O felice nazione, o beata generazione che meritò di essere illuminata da un tale spettacolo! Sì, beata quella generazione fedele e gioiosa in seno alla quale è stato piantato l’albero che produsse il frutto della vita, ha brillato la madre della luce vera, è apparso quel pozzo chiuso e sigillato dal quale è sgorgata la sorgente della casa di David, aperta per la purificazione dei peccati e delle sozzure. Tale insigne privilegio, quel dono celeste, quella grazia speciale sono stati accordati alla Chiesa dei primi cristiani.

       Infine, la Vergine madre apriva l’accesso a tutti i carismi che erano in lei. Brillante del fuoco del santo amore, al primo sguardo infatti bruciava soavemente il cuore di chi l’avvicinava ispirava la fede alle anime, consigliava la modestia, adornare il pudore, attraendo alla pietà. Esalava il fiore [sic] della verginità, seminava il campo nuovo della castità, offrendo agli occhi la virtù dell’umiltà e mostrando i segni della sincerità. Attorno a lei, uno splendore senza declino, e sul suo volto un fuoco ardente. Un fiume di fuoco, rapido, usciva da lei per bruciare i suoi nemici, per scaldare i suoi amici, soccorrere i prossimi e ridurre in cenere quelli che non l’amavano...

       E se per gli uni, cioè per i nemici, essa era odore di morte per la morte, per gli altri, coloro che credevano nel Figlio suo, era odore di vita per la vita. Come infatti tutti muoiono in Eva, così in Maria tutti saranno vivificati. E come del pari per la colpa di Eva il mondo fu condannato, così per la fede di Maria l’universo fu riabilitato. L’una, fu infettata da un veleno mortale che trasmise ai suoi discendenti; l’altra, fu impregnata da una medicina vitale che trasfuse in tutti i fedeli. L’una, cadde per aver avuto la sventura di credere al serpente; l’altra, si alzò, e secondo la promessa di Dio nella Genesi, schiacciò il capo del serpente. Annunciata fin dall’inizio, ed ora concessa alla Chiesa dei primi cristiani; promessa da sempre, e manifestata alla fine dei tempi.

       Chi dunque non si affretterebbe, chi dunque non accorrerebbe dalle estremità della terra per contemplare la bellezza di quella maestà venerabile, e vedere quel volto ornato da ogni sorta di dolcezza, ed anche da dignità sovrana e da potenza senza pari? Certo, nulla di simile si poteva trovare tra i figli e le figlie di Adamo; nulla di uguale tra i profeti, gli apostoli o gli angeli. Il cielo e la terra niente hanno prodotto che possa essere a lei paragonato. Chi dunque, sotto le nubi, sarà confrontato con lei o sarà simile alla madre del Signore tra i figli di Dio?

       Considera quanto fosse normale che, già prima della sua assunzione, il suo nome abbia brillato, ammirabile su tutta la terra, e la sua fama celeberrima si sia diffusa dovunque, prima ancora che la sua magnificenza si fosse elevata al di sopra dei cieli. Conveniva infatti che la Vergine madre, per l’onore stesso del Figlio, regnasse dapprima sulla terra, e potesse alla fine ricevere in eredità i cieli con la gloria; che fosse ricolmata quaggiù per penetrare lassù in una santa pienezza; e quasi trasportata di virtù in virtù, così lo fu di splendore in splendore dallo Spirito del Signore.

       Presente nella carne, essa gustava dunque in anticipo le primizie del regno futuro, ora elevandosi a Dio in sublimità ineffabili, ora condiscendendo verso il prossimo in carità indicibile. Da una parte, era circondata dalle deferenze degli angeli; dall’altra, era venerata dal servizio degli uomini. Con gli altri angeli, l’assisteva l’arcangelo Gabriele; e Giovanni, felice di essersi visto affidare sotto la croce, lui vergine, la Vergine madre, la serviva al pari degli altri apostoli. Gioivano al vederla, gli uni la loro regina, gli altri la loro maestra, e tutti le tributavano affettuosa devozione.

       Amedeo di Losanna, Hom. 7 in Assumpt.


2. L’Assunzione non toglie al mondo la protezione misericordiosa di Maria

       È ora, dice il Signore, che ti porti con me, o Madre mia. Come hai riempito di gioia la terra e coloro che abitano in terra, o piena di grazia, così rallegra i celesti. Fai lieta la casa del Padre mio: ravviva gli spiriti dei santi. Vedendo infatti la tua festosa Assunzione tra una moltitudine di angeli si renderanno conto che, per tuo mezzo, una porzione di loro stessi venga ad abitare nella mia luce. Vieni, dunque, con gioia. Ave anche ora e sii felice, come già quella volta (Lc 1,28); hai, infatti, la pienezza di quanto veniva significato con le parole piena di grazia.Ricevesti un messaggio di gioia, quando stavi per concepirmi; godi ora che sei invitata all’Assunzione con me. Non ti turbi l’abbandono di un mondo, che si corrompe con i suoi desideri. Tu superi la sua corruzione; e non è che lasci privi del tuo aiuto coloro che sono nel mondo; ma come io, che non sono del mondo, guardo con occhio di misericordia coloro che sono nel mondo e li guido con la mia provvidenza, così, fino alla fine, non sarà mai tolta al mondo la tua protezione.

       L’abbandono della cura della carne non ti farà perire: ti volgerai a una vita più vivace, a un riposo di gioia, alla più grande e tranquilla pace, a una vita senza affanni, a piaceri senza macchia, a un’eternità serenissima, a una letizia immortale, a una luce senza tramonto, a un giorno senza sera; ti volgerai a me, Creatore tuo e di tutte queste cose. Perché dove son io, ivi è la vita eterna, la gioia incomparabile, un’abitazione unica, una città non soggetta a morte. Perciò dove sono io, devi stare anche tu, madre inseparabile, nel Figlio indiviso. Dov’è Dio, c’è ogni bene, ogni piacere, tutto è giocondo. Nessuno che ha visto il mio splendore, pensa d’andar via. Nessuno che ha assaggiato la mia pace, vuole più le cose di un mondo che perisce. Chiedi a Pietro, se ci sia un paragone tra il mondo e il Tabor, dove egli poté vedere per un momento il mio splendore.

       Mentre eri nel mondo corruttibile, ti mostrai la mia potenza in visione, ora che ne esci, io mi ti mostrerò a faccia a faccia. Non ti dispiaccia di lasciare alla terra ciò ch’è proprio della terra. Il tuo corpo è mio; e poiché son miei tutti i confini della terra, nessuno porterà via nulla dalle mie mani. Affidami il tuo corpo; anch’io diedi in custodia la mia divinità al tuo utero. La tua anima vedrà la gloria del Padre; il tuo corpo illibato vedrà lo splendore del Figlio unigenito; il tuo spirito immacolato vedrà la maestà del santissimo Spirito.

       La morte non avrà nulla da gloriarsi su di te, poiché tu hai portato nel tuo ventre la Vita. Sei stata il mio recipiente; nessuna cosa lo spezzerà, nessuna caligine ti porterà nel buio. Vieni da tuo Figlio di buon animo, voglio farti felice, come lo può volere un figlio: voglio ricompensarti per avermi ospitato nel tuo seno: voglio ripagarti per il latte che m’hai dato: voglio contraccambiarti l’avermi allevato; voglio darti testimonianza che sei mia madre. Tu che, o Madre, hai avuto me come tuo unigenito, vorrai certo stare con me; so molto bene che non puoi portare il tuo amore a un altro figlio. Io ti ho fatta vergine madre. Io ti farò madre felice di tuo Figlio. Ti farò il mondo debitore e farò più gloriosa la tua uscita dal mondo. Ti farò muro del mondo, ponte di quelli che sono sbattuti dai flutti, bastone di quelli che non si reggono, avvocata dei peccatori, scala che porti al cielo i mortali.

       Vieni felice. Apri il paradiso, che Eva tua parente, compagna della tua razza, aveva chiuso. Vieni nella gioia di tuo Figlio. Lascia la terrena Gerusalemme: corri alla città celeste; perché il pianto della Gerusalemme terrena durerà poco, come sta scritto: ci sarà un gran pianto, come il pianto del melograno, che vien tagliato nel campo (Za 12,11). Stenditi nel sepolcro di Getsemani, ma solo in apparenza: non vi ti lascerò a lungo sola. Verrò da te, appena sarai stata seppellita, non per essere un’altra volta concepito ma perché tu sia mia compagna. Adagia con fiducia il tuo corpo sul Getsemani, come io, prima della passione, in quello stesso luogo prostrai le ginocchia del mio corpo. Come io dal punto, ove avevo piegato le ginocchia, mi recai liberamente alla morte vivifica della mia croce, così tu, dopo la deposizione del tuo corpo, sarai subito portata alla vita.

       Verranno da te i miei discepoli e il tuo funerale sarà curato con riverenza dalle loro mani, ed essi sono i figli spirituali della mia luce. A loro, ne sei testimone, ho dato la grazia dell’adozione; perciò mentre essi ti rendono onore, pensa che sia io a renderti gli onori e che io stesso con le mie mani accudisca ai tuoi funerali. Neanche è bene, infatti, che facciano questi uffici per te altri che i miei apostoli, nei quali abita anche lo Spirito Santo, e che rappresenteranno la mia persona, o immacolata, agli onori dei tuoi funerali.

       Germano di Costantinopoli, Hom. in Assumpt., nn. 1824-1826


3. Catechesi dello stesso Neofito sulla santa, augusta, beata Dormizione della purissima nostra Signora, la Madre di Dio

       Ecco l’augusta, veneranda e beata Dormizione dell’immortale Madre di Dio; ecco, il santuario della divinità che è principio di vita oggi ascende alla vita senza fine; la Sposa del Re delle celesti potenze è trasportata ai talami celesti, la fiaccola ritorna alla luce che non tramonta; ecco, il palazzo del Re della gloria sale ai magnifici regali conviti, il trono del Re increato è riportato alla casa del Re; ecco, la mensa immacolata e pura ci invita tutti a banchettare, a dissetarci, ad essere illuminati. Ci pone innanzi il pane di vita, mesce nella coppa una bevanda purificatrice: «Ecco il pane, dice, che per mezzo mio vi è dato, ecco il calice colmo dal suo puro costato che dona la vita». Ad alta voce Ella ci esorta: «Orsù mangiate il mio pane che dà la vita; non mangiate pane non nostro, per non morire. L’allettante pane del peccato è mortifero, e colui che lo porge è un omicida. Ma io, che per natura sono vita, vi offro un pane di vita. Mangiate dunque degnamente del mio pane, per non morire, e bevete il vino che vi ho versato, e inebriatevi «dell’abbondanza della mia casa». Nessuno di voi, furtivamente, con peccaminosa propensione, beva il vino del piacere, per non ubriacarsi di malizia e di perversità ed essere abbandonato in balia del suo giudizio pervertito, sì da commettere azioni indegne. Coloro infatti che preferirono quella bevanda estranea, corrosiva e torbida alla mia che è santa, pura e vivificante, sono stati giustamente paragonati a bestie senza ragione, si fecero simili ad esse, vivendo una vita da bruti e compiendo, senza vergognarsi, opere degne di morte. Rivolto a siffatti uomini, il mio Figlio e Dio, pane di vita e distruttore di morte, porge l’invito a chi ha orecchie da intendere e dice apertamente: "Mangiate il mio pane e bevete il vino che vi ho versato. Abbandonate la stoltezza e vivrete; fatevi un giudizio, per vivere: fatevi un giudizio con cognizione. Non vi è infatti altra cosa che divenga causa di stoltezza, di follia e di morte, all’infuori del peccato e del suo frutto. Lasciate dunque la stoltezza del peccato, e vivrete; fatevi un giudizio di castità, per vivere e non morire"».

       Così spiritualmente ci parla la Madre della vita. Da parte nostra, studiamoci di onorare coi fatti e con le parole la sua Dormizione veneranda, degna d’onori divini, davvero beata e immacolata. Coi fatti onoreremo la Tutta pura e intemerata, mediante una vita intemerata e un comportamento puro; con le parole poi, proclamandole: Ti diciamo beata, noi, generazioni tutte, o Madre della vita, come tu stessa hai profetizzato. Ti diranno sempre beata, ma soprattutto oggi, le schiere degli angeli e le folle dei mortali. Tutto il corso della tua vita si svolse beato e immacolato: in modo beato, mirabile, per dono di Dio sei stata concepita, generata e nutrita; in modo beato e ineffabile hai pure concepito il Verbo beato, e dopo aver dato alla luce l’Inenarrabile al di là di ogni parola ed intendimento, sei rimasta prodigiosamente Vergine come prima del parto. Giustamente dunque, o Beatissima, tutte le generazioni ti dicono beata. Poiché dunque fu tutto beato, e immensamente beato, quanto ti riguardava, ti toccò in sorte una fine ugualmente beata e veneranda: ricevesti un premio celeste dal tuo Signore, che per grazia ti era Figlio; per onorare la tua salma si riunì in aria il coro degli apostoli, mentre scendevano dal cielo, volando, gli eserciti degli angeli insieme al tuo Figlio e Signore, nelle cui sante mani consegnasti il tuo spirito. Quale mortale dunque potrebbe degnamente lodare te, che il Dio Verbo glorificò e le potenze celesti e i cori degli apostoli, ieri, ora e sempre dicono beata, perché Madre di Dio?

       O Sposa beata, intatta, immacolata, divinamente accetta del Padre immortale, o ricettacolo del divino Paraclito, o Madre del Re della gloria, ricordati di quanti celebrano la memoria della tua santa traslazione; e in questo giorno della tua vivificante Dormizione supplicalo - tu che hai confidenza materna - per tutti noi, perché addormenti, per tua intercessione, o Purissima, le nostre insonni passioni e risvegli la nostra mente a vigilare sui suoi comandamenti, affinché - per tua mediazione, cooperazione e grazia - possiamo anche noi aver parte tra i suoi eletti ed essere trovati degni di inneggiare con loro in modo degno e per sempre a quel santissimo, uno e trino Splendore: a cui conviene ogni gloria, onore e adorazione, ora e sempre e per i secoli dei secoli. Amen.

       Neofito il Recluso, Inediti, «Marianum», nn. II-IV, 1974, pp. 293-295


4. Maria la nuova donna

       È veramente cosa degna e giusta, conveniente e salutare, che noi ti ringraziamo, Signore santo, Padre onnipotente, Dio eterno, che, per un tuo ineffabile dono, hai fatto sì che la natura umana diventata così diversa da te per il peccato e per la morte, non perisse nella dannazione eterna, ma proprio di là, onde il peccato aveva tratto la morte, la tua pietà immensa traesse la riparazione, poiché Maria, la nuova donna immacolata, riparò il delitto della prima donna. Maria, infatti, salutata da un angelo, adombrata dallo Spirito Santo, poté dare alla luce colui che col suo cenno, fece nascere tutte le cose; Maria che poté guardare estasiata l’integrità del suo corpo e il frutto della sua concezione e poté avere la sorte di generare colui che l’aveva fatta, Gesù Cristo nostro Signore.

       Sacramentarium Gregorianum, Praefatio in Assumpt., n. 1688





Lezionario "I Padri vivi" 210