Presbyterorum Ordinis IT 8

Unione fraterna tra i presbiteri

8 Tutti i presbiteri, costituiti nell'ordine del presbiterato mediante l'ordinazione, sono uniti tra di loro da un'intima fraternità sacramentale; ma in modo speciale essi formano un unico presbiterio nella diocesi al cui servizio sono ascritti sotto il proprio vescovo. Infatti, anche se si occupano di mansioni differenti, sempre esercitano un unico ministero sacerdotale in favore degli uomini. Tutti i presbiteri, cioè, hanno la missione di contribuire a una medesima opera, sia che esercitino il ministero parrocchiale o sopraparrocchiale, sia che si dedichino alla ricerca dottrinale o all'insegnamento, sia che esercitino un mestiere manuale, condividendo la condizione operaia - nel caso ciò risulti conveniente e riceva l'approvazione dell'autorità competente - , sia infine che svolgano altre opere d'apostolato od ordinate all'apostolato. È chiaro che tutti lavorano per la stessa causa, cioè per l'edificazione del corpo di Cristo, la quale esige molteplici funzioni e nuovi adattamenti, soprattutto in questi tempi. Pertanto è oltremodo necessario che tutti i presbiteri, sia diocesani che religiosi, si aiutino a vicenda in modo da essere sempre cooperatori della verità (68).

Di conseguenza ciascuno è unito agli altri membri di questo presbiterio da particolari vincoli di carità apostolica, di ministero e di fraternità: il che viene rappresentato liturgicamente fin dai tempi più antichi nella cerimonia in cui i presbiteri assistenti all'ordinazione sono invitati a imporre le mani, assieme al vescovo che ordina, sul capo del nuovo eletto, o anche quando concelebrano unanimi la sacra eucaristia. Ciascuno dei presbiteri è dunque legato ai confratelli col vincolo della carità, della preghiera e della collaborazione nelle forme più diverse, manifestando così quella unità con cui Cristo volle che i suoi fossero una sola cosa, affinché il mondo sappia che il Figlio è stato inviato dal Padre (69).

Per tali motivi, i più anziani devono veramente trattare come fratelli i più giovani, aiutandoli nelle prime attività e responsabilità del ministero, sforzandosi di comprendere la loro mentalità, anche se differente, e guardando con simpatia le loro iniziative. I giovani, a loro volta, abbiano rispetto per l'età e l'esperienza degli anziani, sappiano studiare assieme ad essi i problemi riguardanti la cura d'anime e collaborino volentieri.

Animati da spirito fraterno, i presbiteri non trascurino l'ospitalità (70) pratichino la beneficenza e la comunità di beni (71) avendo speciale cura di quanti sono infermi, afflitti, sovraccarichi di lavoro, soli o in esilio, nonché di coloro che soffrono la persecuzione (72). È bene che si riuniscano volentieri per trascorrere assieme serenamente qualche momento di distensione e riposo, ricordando le parole con cui il Signore stesso invitava gli apostoli stremati dalla fatica: « Venite in un luogo deserto a riposare un poco» (
Mc 6,31). Inoltre, per far sì che i presbiteri possano reciprocamente aiutarsi a fomentare la vita spirituale e intellettuale, collaborare più efficacemente nel ministero, ed eventualmente evitare i pericoli della solitudine, sia incoraggiata fra di essi una certa vita comune o una qualche comunità di vita, che può naturalmente assumere forme diverse, in rapporto ai differenti bisogni personali o pastorali: può trattarsi, cioè, di coabitazione, là dove è possibile, oppure di una mensa comune, o almeno di frequenti e periodici raduni. Vanno anche tenute in grande considerazione e diligentemente incoraggiate le associazioni che, in base a statuti riconosciuti dall'autorità ecclesiastica competente, fomentano - grazie ad un modo di vita convenientemente ordinato e approvato e all'aiuto fraterno - la santità dei sacerdoti nell'esercizio del loro ministero, e mirano in tal modo al servizio di tutto l'ordine dei presbiteri.

Infine sappiano i presbiteri che, a causa della partecipazione al medesimo sacerdozio, essi sono specialmente responsabili nei confronti di coloro che soffrono qualche difficoltà; procurino dunque di aiutarli a tempo, anche con un delicato ammonimento, quando ce ne fosse bisogno. E per quanto riguarda coloro che fossero caduti in qualche mancanza, li trattino sempre con carità fraterna e comprensione, preghino per loro incessantemente e si mostrino in ogni occasione veri fratelli e amici.

(68) Cf. 3Jn 1,8.
(69) Cf. Jn 17,23.
(70) Cf. He 13,1-2.
(71) Cf. He 13,16.
(72) Cf. Mt 5,10.



I presbiteri e i laici


9 I sacerdoti del Nuovo Testamento, anche se in virtù del sacramento dell'ordine svolgono la funzione eccelsa e insopprimibile di padre e di maestro nel popolo di Dio e per il popolo di Dio, sono tuttavia discepoli del Signore, come gli altri fedeli, chiamati alla partecipazione del suo regno per la grazia di Dio (73). In mezzo a tutti coloro che sono stati rigenerati con le acque del battesimo, i presbiteri sono fratelli (74) membra dello stesso e unico corpo di Cristo, la cui edificazione è compito di tutti (75).

Perciò i presbiteri nello svolgimento della propria funzione di presiedere la comunità devono agire in modo tale che, non mirando ai propri interessi ma solo al servizio di Gesù Cristo (76) uniscano i loro sforzi a quelli dei fedeli laici, comportandosi in mezzo a loro come il Maestro il quale fra gli uomini « non venne ad essere servito, ma a servire e a dar la propria vita per la redenzione della moltitudine» (
Mt 20,28). I presbiteri devono riconoscere e promuovere sinceramente la dignità dei laici, nonché il loro ruolo specifico nell'ambito della missione della Chiesa.

Abbiano inoltre il massimo rispetto per la giusta libertà che spetta a tutti nella città terrestre. Siano pronti ad ascoltare il parere dei laici, tenendo conto con interesse fraterno delle loro aspirazioni e giovandosi della loro esperienza e competenza nei diversi campi dell'attività umana, in modo da poter assieme riconoscere i segni dei tempi. Provando gli spiriti per sapere se sono da Dio (77), essi devono scoprire con senso di fede i carismi, sia umili che eccelsi, che sotto molteplici forme sono concessi ai laici, devono riconoscerli con gioia e fomentarli con diligenza. Dei doni di Dio che si trovano abbondantemente tra i fedeli, meritano speciale attenzione quelli che spingono non pochi a una vita spirituale più profonda. Allo stesso modo, non esitino ad affidare ai laici degli incarichi al servizio della Chiesa, lasciando loro libertà d'azione e un conveniente margine di autonomia, anzi invitandoli opportunamente a intraprendere con piena libertà anche delle iniziative per proprio conto (78).

Infine, i presbiteri si trovano in mezzo ai laici per condurre tutti all'unità della carità, « amandosi l'un l'altro con la carità fraterna, prevenendosi a vicenda nella deferenza» (Rm 12,10). A loro spetta quindi di armonizzare le diverse mentalità in modo che nessuno, nella comunità dei fedeli, possa sentirsi estraneo. Essi sono i difensori del bene comune, che tutelano in nome del vescovo, e sono allo stesso tempo strenui assertori della verità, evitando che i fedeli siano sconvolti da qualsiasi vento di dottrina (79). In modo speciale devono aver cura di quanti hanno abbandonato la frequenza dei sacramenti o forse addirittura la fede, e come buoni pastori non devono tralasciare di andare alla loro ricerca.

Avendo presenti le disposizioni sull'ecumenismo (80) non trascurino i fratelli che non godono della piena comunione ecclesiastica con noi. Devono infine considerare come oggetto della propria cura quanti non conoscono Cristo loro salvatore. I fedeli, dal canto loro, abbiano coscienza del debito che hanno nei confronti dei presbiteri, e li trattino perciò con amore filiale, come loro pastori e padri; condividendo le loro preoccupazioni, si sforzino, per quanto è possibile, di essere loro di aiuto con la preghiera e con l'azione, in modo che essi possano superare più agevolmente le eventuali difficoltà e assolvere con maggiore efficacia i propri compiti (81).

(73) Cf. 1Th 2,12 Col 1,13.
(74) Cf. Mt 23,8. “Se vogliamo essere pastori, padri e maestri degli uomini, bisogna che ci comportiamo come loro fratelli”: PAOLO VI, Encicl. Ecclesiam suam, 6 ag. 1964: AAS 56 (1964), p. 647.
(75) Cf. Ep 4,7 Ep 4,16; Const. Apost., VIII, 1, 20: “Ma nemmeno si esalti il vescovo sopra i diaconi o i presbiteri, né i presbiteri sopra il popolo: poiché la comunità è composta di entrambe le categorie”: ed. F. X. Funk, I, p. 467.
(76) Cf. Ph 2,21.
(77) Cf. 1Jn 4,1.
(78) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, LG 37: AAS 57 (1965), pp. 42-43 [pag. 207ss].
(79) Cf. Ep 4,14.
(80) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sull’Ecumenismo Unitatis redintegratio: AAS 57 (1965), pp. 90ss.
(81) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, LG 37: AAS 57 (1965), pp. 42-43 [pag. 207ss].



III. Distribuzione dei presbiteri e vocazioni sacerdotali

Sollecitudine di tutte le Chiese


10 Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell'ordinazione non li prepara a una missione limitata e ristretta, bensì a una vastissima e universale missione di salvezza, « fino agli ultimi confini della terra » (Ac 1,8), dato che qualunque ministero sacerdotale partecipa della stessa ampiezza universale della missione affidata da Cristo agli apostoli. Infatti il sacerdozio di Cristo, di cui i presbiteri sono resi realmente partecipi, si dirige necessariamente a tutti i popoli e a tutti i tempi, né può subire limite alcuno di stirpe, nazione o età, come già veniva prefigurato in modo arcano con Melchisedec (82). Ricordino quindi i presbiteri che a essi incombe la sollecitudine di tutte le Chiese. Pertanto, i presbiteri di quelle diocesi, che hanno maggior abbondanza di vocazioni si mostrino disposti ad esercitare volentieri il proprio ministero, previo il consenso o l'invito del proprio ordinario, in quelle regioni, missioni o attività che soffrano di scarsezza di clero.

Inoltre, le norme sull'incardinazione e l'escardinazione vanno riviste in modo che questo antichissimo istituto, pur rimanendo in vigore, sia però più rispondente ai bisogni pastorali di oggi. E lì dove ciò sia reso necessario da motivi apostolici, si faciliti non solo una distribuzione funzionale dei presbiteri, ma anche l'attuazione di peculiari iniziative pastorali in favore di diversi gruppi sociali in certe regioni o nazioni o addirittura continenti. A questo scopo potrà essere utile la creazione di seminari internazionali, peculiari diocesi o prelature personali, e altre istituzioni del genere, cui potranno essere ascritti o incardinati dei presbiteri per il bene di tutta la Chiesa, secondo norme da stabilirsi per ognuna di queste istituzioni, e rispettando sempre i diritti degli ordinari del luogo.

Comunque, per quanto è possibile, i presbiteri non devono essere mandati soli in una nuova regione, soprattutto quando non ne conoscono ancora bene la lingua e le usanze; è meglio che vadano a gruppi di almeno due o tre, come i discepoli del Signore (83), in modo da aiutarsi a vicenda. È parimenti necessario che ci si prenda cura della loro vita spirituale e della loro salute fisica e mentale; inoltre, nei limiti del possibile, è bene che si scelgano il luogo e le condizioni di lavoro che meglio si adattano alle possibilità personali di ciascuno di essi. D'altra parte, è altrettanto necessario che coloro i quali entrano in una nuova nazione cerchino di conoscere non solo la lingua del paese, ma anche gli speciali caratteri psico-sociologici di quel popolo al cui servizio essi umilmente desiderano mettersi, fondendosi con esso nel modo più pieno, così da seguire l'esempio dell'apostolo Paolo, il quale poté dire di sé: « Io infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servitore di tutti, per guadagnarne il più gran numero. Con i Giudei mi sono fatto Giudeo, per guadagnare i Giudei... » (1Co 9,19-20).

(82) Cf. He 7,3.
(83) Cf. Lc 10,1.


Le vocazioni sacerdotali


11 Il Pastore e vescovo delle nostre anime (84) costituì la sua Chiesa in tal modo che il popolo da lui scelto e acquistato a prezzo del suo sangue (85) dovesse avere sempre, fino alla fine del mondo, i propri sacerdoti, e quindi i cristiani non venissero mai a trovarsi come pecore senza pastore (86). Conoscendo questa sua volontà, gli apostoli, per suggerimento dello Spirito Santo, considerarono proprio dovere scegliere dei ministri « i quali fossero capaci di insegnare anche ad altri » (2Tm 2,2). Questa è appunto una funzione che fa parte della stessa missione sacerdotale, in virtù della quale il presbiterio partecipa della sollecitudine per la Chiesa intera, affinché nel popolo di Dio qui sulla terra non manchino mai gli operai. Ma siccome « vi è comunità di interessi fra il capitano della nave e i passeggeri» (87) a tutto il popolo cristiano va insegnato che è suo dovere collaborare in vari modi - con la preghiera insistente e anche con gli altri mezzi a sua disposizione (88) a far sì che la Chiesa disponga sempre dei sacerdoti di cui ha bisogno per compiere la propria missione divina. In primo luogo, quindi, abbiano i presbiteri la massima preoccupazione per far comprendere ai fedeli - con il ministero della parola e con la propria testimonianza di una vita, in cui si rifletta chiaramente lo spirito di servizio e la vera gioia pasquale - l'eccellenza e la necessità del sacerdozio. Senza badare a fatiche o difficoltà, aiutino quanti considerano veramente idonei a un così elevato ministero siano essi giovani o adulti, affinché abbiano modo di prepararsi convenientemente e possano quindi essere eventualmente chiamati dai vescovi, sempre naturalmente nel pieno rispetto della loro libertà sia esterna che interna. A questo scopo è oltremodo utile una attenta e prudente direzione spirituale.

Quanto poi ai genitori e ai maestri, e in genere a tutti coloro cui spetta in un modo o nell'altro l'educazione dei bambini e dei giovani, essi devono istruirli in modo tale che, conoscendo la sollecitudine del Signore per il suo gregge e avendo presenti i bisogni della Chiesa, siano pronti a rispondere con generosità alla chiamata del Signore dicendogli con il profeta: « Eccomi qui, manda me » (Is 6,8). Ma si badi che questa voce del Signore che chiama non va affatto attesa come se dovesse giungere all'orecchio del futuro presbitero in qualche modo straordinario (89). Essa va piuttosto riconosciuta ed esaminata attraverso quei segni di cui si serve ogni giorno il Signore per far capire la sua volontà ai cristiani che sanno ascoltare; e ai presbiteri spetta di studiare attentamente questi segni.

Ad essi pertanto si raccomandano caldamente le opere per le vocazioni, sia quelle diocesane che quelle nazionali (90). Nella predicazione, nella catechesi, nella stampa, si offra un'informazione precisa sulle necessità della Chiesa locale e della Chiesa universale e siano messi in luce il significato e l'importanza del ministero sacerdotale, facendo vedere che esso comporta pesanti responsabilità, ma allo stesso tempo anche gioie ineffabili; soprattutto si dica che attraverso esso, come insegnano i Padri della Chiesa, si può dare a Cristo la più eccelsa testimonianza d'amore (91).

(84) Cf. 1P 2,25.
(85) Cf. Ac 20,28.
(86) Cf. Mt 9,36.
(87) Pontificale romano, Ordinazione dei Presbiteri.
(88) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sulla formazione sacerdotale Optatam totius, OT 2 [pag. 441ss].
(89) “La voce di Dio che chiama si esprime in due modi diversi, meravigliosi e convergenti: uno interiore, quello della grazia, quello dello Spirito Santo, quello ineffabile del fascino interiore che la “voce silenziosa” e potente del Signore esercita nelle insondabili profondità dell’anima umana; e uno esteriore, umano, sensibile, sociale, giuridico, concreto, quello del ministro qualificato della Parola di Dio, quello dell’Apostolo, quello della Gerarchia, strumento indispensabile, istituito e voluto da Cristo, come veicolo incaricato di tradurre in linguaggio sperimentabile il messaggio del Verbo e del precetto divino. Così insegna con San Paolo la dottrina cattolica: Come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi... La fede dipende dalla predicazione (Rm 10,14 Rm 10,17)”: PAOLO VI, Discorso pronunciato il 5 maggio 1965: L’Osservatore Romano, 6 maggio 1965, p. 1.
(90) Cf. CONC. VAT. II, Decr. sulla formazione sacerdotale Optatam totius, OT 2 [pag. 441ss].
(91) Questo insegnano i Padri quando spiegano le parole di Cristo a Pietro: “Mi vuoi bene?... Pasci le mie pecorelle” (Jn 21,17); così S. GIOVANNI CRISOSTOMO, De sacerdotio, II, 2: PG 48, 633; S. GREGORIO MAGNO, Reg. Past. Liber, P. I, c. 5: PL 77, 19A.




CAPITOLO III


VITA DEI PRESBITERI


I. Chiamata dei presbiteri alla perfezione

Il dovere di tendere alla perfezione


12 Con il sacramento dell'ordine i presbiteri si configurano a Cristo sacerdote come ministri del capo, allo scopo di far crescere ed edificare tutto il su corpo che è la Chiesa, in qualità di cooperatori de: l'ordine episcopale. Già fin dalla consacrazione del battesimo, essi, come tutti i fedeli, hanno ricevuto il segno e il dono di una vocazione e di una grazi così grande che, pur nell'umana debolezza (92) possono tendere alla perfezione, anzi debbono tendervi secondo quanto ha detto il Signore: « Siate dunque perfetti così come il Padre vostro celeste è perfetto » (Mt 5,48). Ma i sacerdoti sono specialmente obbligati a tendere a questa perfezione, poiché essi - che hanno ricevuto una nuova consacrazione a Dio mediante l'ordinazione - vengono elevati alla condizione di strumenti vivi di Cristo eterno sacerdote, per proseguire nel tempo la sua mirabile opera, che ha restaurato con divina efficacia l'intera comunità umana (93). Dato quindi che ogni sacerdote, nel modo che gli è proprio, tiene il posto di Cristo in persona, fruisce anche di una grazia speciale, in virtù della quale, mentre è al servizio della gente che gli è affidata e di tutto il popolo di Dio, egli può avvicinarsi più efficacemente alla perfezione di colui del quale è rappresentante, e la debolezza dell'umana natura trova sostegno nella santità di lui, il quale è diventato per noi il pontefice « santo, innocente, incontaminato, segregato dai peccatori» (He 7,26).

Cristo, che il Padre santificò e consacrò inviandolo al mondo (94) « offerse se stesso in favore nostro per redimerci da ogni iniquità e far di noi un popolo non più immondo, che gli appartenga e cerchi di compiere il bene », e così, passando attraverso la sofferenza, entrò nella sua gloria (95) allo stesso modo i presbiteri, consacrati con l'unzione dello Spirito Santo e inviati da Cristo, mortificano in se stessi le opere della carne e si dedicano interamente al servizio degli uomini; in tal modo possono progredire nella santità della quale sono stati dotati in Cristo (96), fino ad arrivare all'uomo perfetto.

Pertanto, esercitando il ministero dello Spirito e della giustizia (97), essi vengono consolidati nella vita dello Spirito, a condizione però che siano docili agli insegnamenti dello Spirito di Cristo che li vivifica e li conduce. I presbiteri, infatti, sono ordinati alla perfezione della vita in forza delle stesse sacre azioni che svolgono quotidianamente, come anche di tutto il loro ministero, che esercitano in stretta unione con il vescovo e tra di loro. Ma la stessa santità dei presbiteri, a sua volta, contribuisce non poco al compimento efficace del loro ministero: infatti, se è vero che la grazia di Dio può realizzare l'opera della salvezza anche attraverso ministri indegni, ciò nondimeno Dio, ordinariamente preferisce manifestare le sue grandezze attraverso coloro i quali, fattisi più docili agli impulsi e alla direzione dello Spirito Santo, possono dire con l'Apostolo, grazie alla propria intima unione con Cristo e santità di vita: « Ormai non sono più io che vivo, bensì è Cristo che vive in me » (Ga 2,20).

Perciò questo sacro Sinodo, per il raggiungimento dei suoi fini pastorali di rinnovamento interno della Chiesa, di diffusione del Vangelo in tutto il mondo e di dialogo con il mondo moderno, esorta vivamente tutti i sacerdoti ad impiegare i mezzi efficaci che la Chiesa ha raccomandato (98) in modo da tendere a quella santità sempre maggiore che consentirà loro di divenire strumenti ogni giorno più validi al servizio di tutto il popolo di Dio.

(92) Cf. 2Co 12,9.
(93) Cf. PIO XI, Encicl. Ad catholici sacerdotii, 20 dic. 1935: AAS 28 (1936), p. 10.
(94) Cf. Jn 10,36.
(95) Cf. Lc 24,26.
(96) Cf. Ep 4,13.
(97) Cf. 2Co 3,8-9.
(98) Cf. tra l’altro: S. PIO X, Esortazione al clero, Haerent animo, 4 ag. 1908: S. Pii X Acta, vol. IV (1908), p. 237ss. PIO XI, Encicl. Ad catholici sacerdotii, 20 dic. 1935: AAS 28 (1936), p. 5ss. PIO XII, Esort. Ap. Menti Nostrae, 23 sett. 1950: AAS 42 (1950), p. 657ss. GIOVANNI XXIII, Encicl. Sacerdotii Nostri primordia, 10 ag. 1959: AAS 51 (1959), p. 545ss.


L'esercizio della funzione sacerdotale esige e favorisce la santità


13 I presbiteri raggiungeranno la santità nel loro modo proprio se nello Spirito di Cristo eserciteranno le proprie funzioni con impegno sincero e instancabile.

Essendo ministri della parola di Dio, essi leggono ed ascoltano ogni giorno questa stessa parola che devono insegnare agli altri: e se si sforzano anche di riceverla in se stessi, allora diventano discepoli del Signore sempre più perfetti, secondo quanto dice l'apostolo Paolo a Timoteo: « Occupati di queste cose, dedicati ad esse interamente, affinché siano palesi a tutti i tuoi progressi. Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento, persevera in tali cose, poiché così facendo salverai te stesso e quelli che ti ascoltano » (
1Tm 4,15-16). Infatti, cercando il miglior modo di trasmettere agli altri ciò che hanno contemplato (99), assaporeranno più intimamente « le insondabili ricchezze di Cristo » (Ep 3,8) e la multiforme sapienza di Dio (100). Non dimenticando mai che è il Signore ad aprire i cuori (101) e che l'efficacia non proviene da essi ma dalla potenza di Dio (103), all'atto stesso di predicare la parola si uniranno più intimamente con Cristo maestro e saranno guidati dal suo Spirito. Uniti così a Cristo, partecipano della carità di Dio, il cui mistero, nascosto nei secoli è stato rivelato in Cristo.

Nella loro qualità di ministri della liturgia, e soprattutto nel sacrificio della messa, i presbiteri rappresentano in modo speciale Cristo in persona, il quale si è offerto come vittima per santificare gli uomini; sono pertanto invitati a imitare ciò che compiono, nel senso che, celebrando il mistero della morte del Signore, devono cercare di mortificare le proprie membra dai vizi e dalle concupiscenze (104) Nel mistero del sacrificio eucaristico, in cui i sacerdoti svolgono la loro funzione principale, viene esercitata ininterrottamente l'opera della nostra redenzione (105) e quindi se ne raccomanda caldamente la celebrazione quotidiana, la quale è sempre un atto di Cristo e della sua Chiesa (106), anche quando non è possibile che vi assistano i fedeli.

Così i presbiteri, unendosi con l'atto di Cristo sacerdote, si offrono ogni giorno totalmente a Dio, e nutrendosi del Corpo di Cristo partecipano dal fondo di se stessi alla carità di colui che si dà come cibo ai fedeli. Allo stesso modo, quando amministrano i sacramenti si uniscono all'intenzione e alla carità di Cristo; il che realizzano in modo particolare nell'esercizio del sacramento della penitenza, se si mostrano sempre e pienamente disposti ad amministrarla ogniqualvolta i fedeli ne facciano ragionevolmente richiesta. Nella recitazione dell'ufficio divino essi danno voce alla Chiesa, la quale persevera in preghiera in nome di tutto il genere umano assieme a Cristo, che è « sempre vivente per intercedere in favore nostro » (He 7,25).

Reggendo e pascendo il popolo di Dio, i presbiteri sono spinti dalla carità del buon Pastore a dare la loro vita per il gregge pronti anche al supremo sacrificio (107), seguendo l'esempio di quei sacerdoti che anche ai nostri tempi non hanno esitato a dare la vita; e poiché sono educatori nella fede, avendo anch'essi «fiducia nell'accesso dei santi al sangue di Cristo» (He 10,19), si rivolgono a Dio «con cuore sincero nella pienezza della fede » (He 10,22); fanno mostra di una speranza incrollabile al cospetto dei loro fedeli (108) in modo da poter consolare coloro che sono in qualsiasi tribolazione, con la medesima consolazione con cui loro stessi sono consolati da Dio (109). Nella loro qualità di reggitori della comunità praticano l'ascetica propria del pastore d'anime, rinunciando ai propri interessi e mirando non a ciò che fa loro comodo, bensì a ciò che è utile a molti, in modo che siano salvi (110) in un continuo progresso nel compimento più perfetto del lavoro pastorale e, all'occorrenza, pronti anche ad adottare nuovi sistemi pastorali, sotto la guida dello Spirito d'amore, che soffia dove vuole (111).

(99) Cf. S. TOMMASO, Summa Theol., II-II 188,7.
(100) Cf. Ep 3,9-10.
(101) Cf. Ac 16,14.
(102) Cf. 2Co 4,7.
(103) Cf. Ep 3,9.
(104) Cf. Pontificale romano, Nell’ordinazione dei Presbiteri.
(105) Cf. Messale romano, orazione sopra le offerte della domenica IX dopo Pentecoste [nel Messale di Paolo VI, domenica II per annum].
(106) “Ogni Messa, anche se privatamente celebrata da un sacerdote, non è tuttavia cosa privata, ma azione di Cristo e della Chiesa, la quale, nel sacrificio che offre, ha imparato ad offrire se medesima come sacrificio universale, applicando per la salute del mondo intero l’unica e infinita virtù redentrice del Sacrificio della Croce. Poiché ogni Messa celebrata viene offerta non solo per la salvezza di alcuni, ma anche per la salvezza di tutto il mondo. (...) Ci raccomandiamo dunque con paterna insistenza ai Sacerdoti, in modo particolare Nostro gaudio e Nostra corona nel Signore, affinché...celebrino la Messa ogni giorno degnamente e con devozione”: PAOLO VI, Encicl. Mysterium Fidei, 3 sett. 1965: AAS 57 (1965), pp. 761-762. Cf. CONC. VAT. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, SC 25 SC 27: AAS 56 (1964), p. 107 [pag. 33].
(107) Cf. Jn 10,11.
(108) Cf. 2Co 1,7.
(109) Cf. 2Co 1,4.
(110) Cf. 1Co 10,33.
(111) Cf. Jn 3,8.


Unità di vita nello svolgimento del ministero


14 Nel mondo d'oggi i compiti che gli uomini devono affrontare sono tanti e i problemi che li preoccupano - e che spesso richiedono una soluzione urgente - sono assai disparati; di conseguenza in molte occasioni essi si trovano in condizioni tali che è facile che si disperdano in tante cose diverse. Anche i presbiteri, immersi e agitati da un gran numero di impegni derivanti dalla loro missione, possono domandarsi con vera angoscia come fare ad armonizzare la vita interiore con le esigenze dell'azione esterna. Ed effettivamente, per ottenere questa unità di vita non bastano né l'organizzazione puramente esteriore delle attività pastorali, né la sola pratica degli esercizi di pietà, quantunque siano di grande utilità. L'unità di vita può essere raggiunta invece dai presbiteri seguendo nello svolgimento del loro ministero l'esempio di Cristo Signore, il cui cibo era il compimento della volontà di colui che lo aveva inviato a realizzare la sua opera (112).

In effetti Cristo, per continuare a realizzare incessantemente questa stessa volontà del Padre nel mondo per mezzo della Chiesa, opera attraverso i suoi ministri. Egli pertanto rimane sempre il principio e la fonte della unità di vita dei presbiteri. Per raggiungerla, essi dovranno perciò unirsi a lui nella scoperta della volontà del Padre e nel dono di sé per il gregge loro affidato (113). Così, rappresentando il buon Pastore, nell'esercizio stesso della carità pastorale (114) troveranno il vincolo della perfezione sacerdotale che realizzerà la unità nella loro vita e attività. D'altra parte, questa carità pastorale scaturisce soprattutto dal sacrificio eucaristico, il quale risulta quindi il centro e la radice di tutta la vita del presbitero, cosicché lo spirito sacerdotale si studia di rispecchiare ciò che viene realizzato sull'altare. Ma ciò non è possibile se i sacerdoti non penetrano sempre più a fondo nel mistero di Cristo con la preghiera.

E per poter anche concretizzare nella pratica l'unità di vita, considerino ogni loro iniziativa alla luce della volontà di Dio (115) vedendo cioè se tale iniziativa va d'accordo con le norme della missione evangelica della Chiesa. Infatti la fedeltà a Cristo non può essere separata dalla fedeltà alla sua Chiesa. Per questo, la carità pastorale esige che i presbiteri, se non vogliono correre invano (116) lavorino sempre in stretta unione con i vescovi e gli altri fratelli nel sacerdozio. Se procederanno con questo criterio, troveranno l'unità della propria vita nella unità stessa della missione della Chiesa, e così saranno uniti al loro Signore, e per mezzo di lui al Padre nello Spirito Santo, per poter essere colmati di consolazione e di gioia (117).

(112) Cf.
Jn 4,34.
(113) Cf. 1Jn 3,16.
(114) “Sia dovere d’amore pascere il gregge del Signore”: S. AGOSTINO, Tract. in Io., 123,5: PL 35, 1967.
(115) Cf. Rm 12,2.
(116) Cf. Ga 2,2.
(117) Cf. 2Co 7,4.



II. Peculiari esigenze spirituali nella vita dei presbiteri

Umiltà e obbedienza


15 Tra le virtù che più sono necessarie nel ministero dei presbiteri, va ricordata quella disposizione di animo per cui sempre sono pronti a cercare non la soddisfazione dei propri desideri, ma il compimento della volontà di colui che li ha inviati (118). Infatti l'opera divina per la quale sono stati scelti dallo Spirito Santo (119) trascende ogni forza umana e qualsiasi umana sapienza: « Dio ha scelto le cose deboli del mondo per confondere quelle forti » (1Co 1,27). Consapevole quindi della propria debolezza, il vero ministro di Cristo lavora con umiltà, cercando di sapere ciò che è grato a Dio (120) come se avesse mani e piedi legati dallo Spirito (121) si fa condurre in ogni cosa dalla volontà di colui che vuole che tutti gli uomini siano salvi; e questa volontà la può scoprire e seguire nel corso della vita quotidiana, servendo umilmente tutti coloro che gli sono affidati da Dio in ragione della funzione che deve svolgere e dei molteplici avvenimenti della vita.

D'altra parte, il ministero sacerdotale, dato che è il ministero della Chiesa stessa, non può essere realizzato se non nella comunione gerarchica di tutto il corpo. La carità pastorale esige pertanto che i presbiteri, lavorando in questa comunione, con l'obbedienza facciano dono della propria volontà nel servizio di Dio e dei fratelli, ricevendo e mettendo in pratica con spirito di fede le prescrizioni e i consigli del sommo Pontefice, del loro vescovo e degli altri superiori, e dando volentieri tutto di sé in ogni incarico che venga loro affidato (122), anche se umile e povero. Perché con questo atteggiamento custodiscono e rafforzano la necessaria unità con i fratelli nel ministero, specialmente con quelli che il Signore ha costituito reggitori visibili della sua Chiesa, e lavorano per la edificazione del corpo di Cristo, il quale cresce « per ogni articolazione di servizio » (123). Questa obbedienza, che porta a una più matura libertà di figli di Dio, esige per sua natura che i presbiteri nello svolgimento della loro missione, mentre sono indotti dalla carità a cercare prudentemente vie nuove per un maggior bene della Chiesa, facciano sapere con fiducia le loro iniziative ed espongano chiaramente i bisogni del proprio gregge, disposti sempre a sottomettersi al giudizio di coloro che esercitano una funzione superiore nel governo della Chiesa di Dio.

Con questa umiltà e obbedienza responsabile e volontaria i presbiteri si conformano sull'esempio di Cristo, e arrivano ad avere in sé gli stessi sentimenti di Cristo Gesù, il quale « annientò se stesso prendendo la condizione di servo..., fatto obbediente fino alla morte » (Ph 2,7-8) e con questa obbedienza ha vinto e redento la disobbedienza di Adamo, come testimonia l'Apostolo: « Come infatti per la disobbedienza di uno solo i molti furono costituiti peccatori, così per l'obbedienza di quel solo, i molti saranno costituiti giusti» (Rm 5,19).

(118) Cf. Jn 4,34 Jn 5,30 Jn 6,38.
(119) Cf. Ac 13,2.
(120) Cf. Ep 5,10.
(121) Cf. Ac 20,22.
(122) Cf. 2Co 12,15.
(123) Cf. Ep 4,11-16.



Presbyterorum Ordinis IT 8