Vita consecrata IT 33

Testimoniare il Vangelo delle Beatitudini


33 Compito peculiare della vita consacrata è di tener viva nei battezzati la consapevolezza dei valori fondamentali del Vangelo, testimoniando «in modo splendido e singolare che il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle Beatitudini». In tal modo la vita consacrata fa continuamente emergere nella coscienza del Popolo di Dio l'esigenza di rispondere con la santità della vita all'amore di Dio riversato nei cuori dallo Spirito Santo (cfr Rm 5,5), rispecchiando nella condotta la consacrazione sacramentale avvenuta per opera di Dio nel Battesimo, nella Cresima o nell'Ordine. Occorre infatti che dalla santità comunicata nei sacramenti si passi alla santità della vita quotidiana. La vita consacrata, con il suo stesso esistere nella Chiesa, si pone al servizio della consacrazione della vita di ogni fedele, laico e chierico. D'altra parte, non si deve dimenticare che i consacrati ricevono anch'essi dalla testimonianza propria delle altre vocazioni un aiuto a vivere integralmente l'adesione al mistero di Cristo e della Chiesa nelle sue molteplici dimensioni. In virtù di tale reciproco arricchimento, diventa più eloquente ed efficace la missione della vita consacrata: indicare come meta agli altri fratelli e sorelle, tenendo fisso lo sguardo sulla pace futura, la beatitudine definitiva che è presso Dio.

Immagine viva della Chiesa-Sposa


34 Particolare rilievo ha, nella vita consacrata, il significato sponsale, che rimanda all'esigenza della Chiesa di vivere nella dedizione piena ed esclusiva al suo Sposo, dal quale riceve ogni bene. In questa dimensione sponsale, propria di tutta la vita consacrata, è soprattutto la donna che ritrova singolarmente se stessa, quasi scoprendo il genio speciale del suo rapporto con il Signore. Suggestiva è, al riguardo, la pagina neotestamentaria che presenta Maria con gli Apostoli nel cenacolo in attesa orante dello Spirito Santo (cfr Ac 1,13-14). Vi si può vedere un'immagine viva della Chiesa-Sposa, attenta ai cenni dello Sposo e pronta ad accogliere il suo dono. In Pietro e negli altri Apostoli emerge soprattutto la dimensione della fecondità, quale si esprime nel ministero ecclesiale, che si fa strumento dello Spirito per la generazione di nuovi figli mediante la dispensazione della Parola, la celebrazione dei Sacramenti e la cura pastorale. In Maria è particolarmente viva la dimensione dell'accoglienza sponsale, con cui la Chiesa fa fruttificare in sé la vita divina attraverso il suo totale amore di vergine. La vita consacrata è sempre stata vista prevalentemente nella parte di Maria, la Vergine sposa. Da tale amore verginale proviene una particolare fecondità, che contribuisce al nascere e al crescere della vita divina nei cuori. La persona consacrata, sulle tracce di Maria, nuova Eva, esprime la sua spirituale fecondità facendosi accogliente alla Parola, per collaborare alla costruzione della nuova umanità con la sua incondizionata dedizione e la sua viva testimonianza. Così la Chiesa manifesta pienamente la sua maternità sia attraverso la comunicazione dell'azione divina affidata a Pietro, sia attraverso la responsabile accoglienza del dono divino, tipica di Maria. Il popolo cristiano, per parte sua, trova nel ministero ordinato i mezzi della salvezza, nella vita consacrata lo stimolo a una piena risposta d'amore in tutte le varie forme di diaconia.


IV. GUIDATI DALLO SPIRITO DI SANTITÀ

Esistenza «trasfigurata»: la chiamata alla santità


35 «All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore» (Mt 17,6). Nell'episodio della Trasfigurazione i sinottici, pur con diverse sfumature, mettono in evidenza il senso di timore che prende i discepoli. Il fascino del volto trasfigurato di Cristo non impedisce che essi si sentano sgomenti di fronte alla Maestà divina che li sovrasta. Sempre, quando l'uomo avverte la gloria di Dio, tocca con mano anche la sua piccolezza e ne trae un senso di spavento. Questo timore è salutare. Ricorda all'uomo la divina perfezione, e al tempo stesso lo incalza con un appello pressante alla «santità». Tutti i figli della Chiesa, chiamati dal Padre ad «ascoltare» Cristo, non possono non avvertire una profonda esigenza di conversione e di santità. Ma, come è stato sottolineato al Sinodo, questa esigenza chiama in causa in primo luogo la vita consacrata. In effetti, la vocazione delle persone consacrate a cercare innanzitutto il Regno di Dio è, prima di ogni altra cosa, una chiamata alla conversione piena, nella rinuncia a se stessi per vivere totalmente del Signore, affinché Dio sia tutto in tutti. Chiamati a contemplare e testimoniare il volto trasfigurato di Cristo, i consacrati sono anche chiamati a un'esistenza «trasfigurata». Significativo, a questo proposito, è quanto è stato espresso nella Relazione finale della II Assemblea Straordinaria del Sinodo: «I santi e le sante sempre sono stati fonte e origine di rinnovamento nelle più difficili circostanze in tutta la storia della Chiesa. Oggi abbiamo grandissimo bisogno di santi, che dobbiamo implorare da Dio con assiduità. Gli Istituti di vita consacrata, mediante la professione dei consigli evangelici, devono essere consapevoli della loro speciale missione nella Chiesa odierna e noi dobbiamo incoraggiarli nella loro missione». A queste valutazioni hanno fatto eco i Padri di questa IX Assemblea sinodale, i quali hanno affermato: «La vita consacrata è stata, lungo la storia della Chiesa, una presenza viva dell'azione dello Spirito, come spazio privilegiato di amore assoluto a Dio e al prossimo, testimone del progetto divino di fare di tutta l'umanità, all'interno della civiltà dell'amore, la grande famiglia dei figli di Dio». La Chiesa ha sempre visto nella professione dei consigli evangelici una via privilegiata verso la santità. Le stesse espressioni con cui la qualifica — scuola del servizio del Signore, scuola di amore e di santità, via o stato di perfezione — indicano sia l'efficacia e la ricchezza dei mezzi propri di questa forma di vita evangelica, sia il particolare impegno di coloro che la abbracciano. Non a caso sono tanti i consacrati che lungo i secoli hanno lasciato testimonianze eloquenti di santità e compiuto imprese di evangelizzazione e di servizio particolarmente generose ed ardue.

Fedeltà al carisma


36 Nella sequela di Cristo e nell'amore per la sua persona vi sono alcuni punti concernenti la crescita della santità nella vita consacrata, che meritano di essere messi oggi in speciale evidenza. Anzitutto è richiesta la fedeltà al carisma fondazionale e al conseguente patrimonio spirituale di ciascun Istituto. Proprio in tale fedeltà all'ispirazione dei fondatori e delle fondatrici, dono dello Spirito Santo, si riscoprono più facilmente e si rivivono più fervidamente gli elementi essenziali della vita consacrata. Ogni carisma ha infatti, alla sua origine, un triplice orientamento: verso il Padre, innanzitutto, nel desiderio di ricercarne filialmente la volontà attraverso un processo di conversione continua, in cui l'obbedienza è fonte di vera libertà, la castità esprime la tensione di un cuore insoddisfatto di ogni amore finito, la povertà alimenta quella fame e sete di giustizia che Dio ha promesso di saziare (cfr Mt 5,6). In questa prospettiva il carisma di ogni Istituto spingerà la persona consacrata ad essere tutta di Dio, a parlare con Dio o di Dio, come si dice di san Domenico,per gustare quanto sia buono il Signore (cfr Sal 34[33], 9) in tutte le situazioni. I carismi di vita consacrata implicano anche un orientamento verso il Figlio, col quale inducono a coltivare una comunione di vita intima e lieta, alla scuola del suo servizio generoso di Dio e dei fratelli. In tal modo, «lo sguardo progressivamente cristificato impara a distaccarsi dall'esteriorità, dal turbine dei sensi, da quanto cioè impedisce all'uomo quella lievità disponibile a lasciarsi afferrare dallo Spirito»,e consente così di andare in missione con Cristo, lavorando e soffrendo con Lui nel diffondere il suo Regno. Ogni carisma comporta, infine, un orientamento verso lo Spirito Santo, in quanto dispone la persona a lasciarsi guidare e sostenere da Lui, sia nel proprio cammino spirituale che nella vita di comunione e nell'azione apostolica, per vivere in quell'atteggiamento di servizio che deve ispirare ogni scelta dell'autentico cristiano. In effetti, è sempre questa triplice relazione che emerge, pur con i tratti specifici dei vari modelli di vita, in ogni carisma di fondazione, per il fatto stesso che in esso domina «un profondo ardore dell'animo di configurarsi a Cristo, per testimoniare qualche aspetto del suo mistero»,aspetto specifico chiamato a incarnarsi e svilupparsi nella più genuina tradizione dell'Istituto, secondo le Regole, le Costituzioni e gli Statuti.

Fedeltà creativa


37 Gli Istituti sono dunque invitati a riproporre con coraggio l'intraprendenza, l'inventiva e la santità dei fondatori e delle fondatrici come risposta ai segni dei tempi emergenti nel mondo di oggi. Questo invito è innanzitutto un appello alla perseveranza nel cammino di santità attraverso le difficoltà materiali e spirituali che segnano le vicende quotidiane. Ma è anche appello a ricercare la competenza nel proprio lavoro e a coltivare una fedeltà dinamica alla propria missione, adattandone le forme, quando è necessario, alle nuove situazioni e ai diversi bisogni, in piena docilità all'ispirazione divina e al discernimento ecclesiale. Deve rimanere, comunque, viva la convinzione che nella ricerca della conformazione sempre più piena al Signore sta la garanzia di ogni rinnovamento che intenda rimanere fedele all'ispirazione originaria. In questo spirito torna oggi impellente per ogni Istituto la necessità diun rinnovato riferimento alla Regola, perché in essa e nelle Costituzioni è racchiuso un itinerario di sequela, qualificato da uno specifico carisma autenticato dalla Chiesa. Un'accresciuta considerazione per la Regola non mancherà di offrire alle persone consacrate un criterio sicuro per ricercare le forme adeguate di una testimonianza che sappia rispondere alle esigenze del momento senza allontanarsi dall'ispirazione iniziale.

Preghiera ed ascesi: il combattimento spirituale


38 La chiamata alla santità è accolta e può essere coltivata solo nel silenzio dell'adorazione davanti all'infinita trascendenza di Dio: «Dobbiamo confessare che abbiamo tutti bisogno di questo silenzio carico di presenza adorata: la teologia, per poter valorizzare in pieno la propria anima sapienziale e spirituale; la preghiera, perché non dimentichi mai che vedere Dio significa scendere dal monte con un volto così raggiante da essere costretti a coprirlo con un velo (cfr Ex 34,33)[...]; l'impegno, per rinunciare a chiudersi in una lotta senza amore e perdono [...]. Tutti, credenti e non credenti, hanno bisogno di imparare un silenzio che permetta all'Altro di parlare, quando e come vorrà, e a noi di comprendere quella parola». Ciò comporta in concreto una grande fedeltà alla preghiera liturgica e personale, ai tempi dedicati all'orazione mentale e alla contemplazione, all'adorazione eucaristica, ai ritiri mensili e agli esercizi spirituali. Occorre anche riscoprire i mezzi ascetici tipici della tradizione spirituale della Chiesa e del proprio Istituto. Essi hanno costituito e tuttora costituiscono un potente aiuto per un autentico cammino di santità. L'ascesi, aiutando a dominare e correggere le tendenze della natura umana ferita dal peccato, è veramente indispensabile alla persona consacrata per restare fedele alla propria vocazione e seguire Gesù sulla via della Croce. È necessario anche riconoscere e superare alcune tentazioni che talvolta, per insidia diabolica, si presentano sotto apparenza di bene. Così, ad esempio, la legittima esigenza di conoscere la società odierna per rispondere alle sue sfide può indurre a cedere alle mode del momento, con diminuzione del fervore spirituale o con atteggiamenti di scoraggiamento. La possibilità di una formazione spirituale più elevata potrebbe spingere le persone consacrate ad un certo sentimento di superiorità rispetto agli altri fedeli, mentre l'urgenza di legittima e doverosa qualificazione può trasformarsi in una esasperata ricerca di efficienza, quasi che il servizio apostolico dipenda prevalentemente dai mezzi umani, anziché da Dio. Il lodevole desiderio di farsi vicini agli uomini e alle donne del nostro tempo, credenti e non credenti, poveri e ricchi, può portare all'adozione di uno stile di vita secolarizzato o ad una promozione dei valori umani in senso puramente orizzontale. La condivisione delle istanze legittime della propria nazione o cultura potrebbe indurre ad abbracciare forme di nazionalismo o ad accogliere elementi di costume che hanno invece bisogno di essere purificati ed elevati alla luce del Vangelo. Il cammino che conduce alla santità comporta quindi l'accettazione del combattimento spirituale. È un dato esigente al quale oggi non sempre si dedica l'attenzione necessaria. La tradizione ha spesso visto raffigurato il combattimento spirituale nella lotta di Giacobbe alle prese col mistero di Dio, che egli affronta per accedere alla sua benedizione e alla sua visione (cfr Gn 32,23-31). In questa vicenda dei primordi della storia biblica le persone consacrate possono leggere il simbolo dell'impegno ascetico che è loro necessario per dilatare il cuore e aprirlo all'accoglienza del Signore e dei fratelli.

Promuovere la santità


39 Un rinnovato impegno di santità da parte delle persone consacrate è oggi più che mai necessario anche per favorire e sostenere la tensione di ogni cristiano verso la perfezione. «È necessario, pertanto, suscitare in ogni fedele un vero anelito alla santità, un desiderio forte di conversione e di rinnovamento personale in un clima di sempre più intensa preghiera e di solidale accoglienza del prossimo, specialmente quello più bisognoso». Le persone consacrate, nella misura in cui approfondiscono la propria amicizia con Dio, si pongono nella condizione di aiutare fratelli e sorelle mediante valide iniziative spirituali, quali scuole di orazione, esercizi e ritiri spirituali, giornate di solitudine, ascolto e direzione spirituale. In questo modo viene agevolato il progresso nella preghiera di persone che potranno poi operare un miglior discernimento della volontà di Dio su di sé e decidersi alle opzioni coraggiose, talvolta eroiche, richieste dalla fede. In effetti, le persone consacrate «con la stessa intima natura del loro essere si collocano nel dinamismo della Chiesa, assetata dell'Assoluto di Dio, chiamata alla santità. Di questa santità esse sono testimoni». Il fatto che tutti siano chiamati a diventare santi non può che stimolare maggiormente coloro che, per la loro stessa scelta di vita, hanno la missione di ricordarlo agli altri.

«Alzatevi e non temete»: una rinnovata fiducia


40 «Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: ‘Alzatevi e non temete'» (Mt 17,7). Come i tre apostoli nell'episodio della Trasfigurazione, le persone consacrate sanno per esperienza che non sempre la loro vita è illuminata da quel fervore sensibile che fa esclamare: «È bello per noi stare qui» (Mt 17,4). È però sempre una vita «toccata» dalla mano di Cristo, raggiunta dalla sua voce, sorretta dalla sua grazia. «Alzatevi e non temete». Questo incoraggiamento del Maestro è indirizzato, ovviamente, a ogni cristiano. Ma a maggior ragione esso vale per chi è stato chiamato a «lasciare tutto» e, dunque, a «rischiare tutto» per Cristo. Ciò vale in modo speciale ogni qualvolta, col Maestro, si scende dal «monte» per imboccare la strada che dal Tabor porta al Calvario. Dicendo che Mosè ed Elia parlavano con Cristo del suo mistero pasquale, Luca usa significativamente il termine «dipartita» (éxodos): «parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme» (Lc 9,31). «Esodo»: termine fondamentale della rivelazione, a cui si richiama tutta la storia della salvezza, e che esprime il senso profondo del mistero pasquale. Tema particolarmente caro alla spiritualità della vita consacrata e che ben ne manifesta il significato. In esso è incluso inevitabilmente ciò che appartiene al mysterium Crucis. Ma questo impegnativo «cammino esodale», visto dalla prospettiva del Tabor, appare come un cammino posto tra due luci: la luce anticipatrice della Trasfigurazione e quella definitiva della Risurrezione. La vocazione alla vita consacrata — nell'orizzonte dell'intera vita cristiana — nonostante le sue rinunce e le sue prove, ed anzi in forza di esse, è cammino «di luce», sul quale veglia lo sguardo del Redentore: «Alzatevi e non temete».


CAPITOLO II


SIGNUM FRATERNITATIS

LA VITA CONSACRATA

SEGNO DI COMUNIONE NELLA CHIESA



I. VALORI PERMANENTI

Ad immagine della Trinità


41 Il Signore Gesù nella sua vita terrena chiamò quelli che Egli volle, per tenerli accanto a sé e formarli a vivere sul suo esempio per il Padre e per la missione da Lui ricevuta (cfr Mc 3,13-15). Egli inaugurava così quella nuova famiglia della quale avrebbero fatto parte nel corso dei secoli quanti sarebbero stati pronti a «compiere la volontà di Dio» (cfr Mc 3,32-35). Dopo l'Ascensione, per effetto del dono dello Spirito, si costituì intorno agli Apostoli una comunità fraterna raccolta nella lode di Dio e in una concreta esperienza di comunione (cfr Ac 2,42-47 Ac 4,32-35). La vita di tale comunità e, più ancora, l'esperienza di piena condivisione con Cristo vissuta dai Dodici, sono state costantemente il modello a cui la Chiesa si è ispirata, quando ha voluto rivivere il fervore delle origini e riprendere con rinnovato vigore evangelico il suo cammino nella storia. In realtà, la Chiesa è essenzialmente mistero di comunione, «popolo adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». La vita fraterna intende rispecchiare la profondità e la ricchezza di tale mistero, configurandosi come spazio umano abitato dalla Trinità, che estende così nella storia i doni della comunione propri delle tre Persone divine. Molti sono, nella vita ecclesiale, gli ambiti e le modalità in cui s'esprime la comunione fraterna. La vita consacrata ha sicuramente il merito di aver efficacemente contribuito a tener viva nella Chiesa l'esigenza della fraternità come confessione della Trinità. Con la costante promozione dell'amore fraterno anche nella forma della vita comune, essa ha rivelato che la partecipazione alla comunione trinitaria può cambiare i rapporti umani, creando un nuovo tipo di solidarietà. In questo modo essa addita agli uomini sia la bellezza della comunione fraterna, sia le vie che ad essa concretamente conducono. Le persone consacrate, infatti, vivono «per» Dio e «di» Dio, e proprio per questo possono confessare la potenza dell'azione riconciliatrice della grazia, che abbatte i dinamismi disgregatori presenti nel cuore dell'uomo e nei rapporti sociali.

Vita fraterna nell'amore


42 La vita fraterna, intesa come vita condivisa nell'amore, è segno eloquente della comunione ecclesiale. Essa viene coltivata con particolare cura dagli Istituti religiosi e dalle Società di vita apostolica, ove acquista speciale significato la vita in comunità. Ma la dimensione della comunione fraterna non è estranea né agli Istituti Secolari né alle stesse forme individuali di vita consacrata. Gli eremiti, nella profondità della loro solitudine, non solo non si sottraggono alla comunione ecclesiale, ma la servono con il loro specifico carisma contemplativo; le vergini consacrate nel secolo attuano la loro consacrazione in uno speciale rapporto di comunione con la Chiesa particolare e universale. Similmente le vedove e i vedovi consacrati. Tutte queste persone, in attuazione del discepolato evangelico, si impegnano a vivere il «comandamento nuovo» del Signore, amandosi gli uni gli altri come Egli ci ha amati (cfr Jn 13,34). L'amore ha portato Cristo al dono di sé fino al sacrificio supremo della Croce. Anche tra i suoi discepoli non c'è unità vera senza questo amore reciproco incondizionato, che esige disponibilità al servizio senza risparmio di energie, prontezza ad accogliere l'altro così com'è senza «giudicarlo» (cfr Mt 7,1-2), capacità di perdonare anche «settanta volte sette» (Mt 18,22). Per le persone consacrate, rese «un cuore solo e un'anima sola» (Ac 4,32) da questo amore riversato nei cuori dallo Spirito Santo (cfr Rm 5,5), diventa un'esigenza interiore porre tutto in comune: beni materiali ed esperienze spirituali, talenti e ispirazioni, così come ideali apostolici e servizio caritativo: «Nella vita comunitaria l'energia dello Spirito che è in uno passa contemporaneamente a tutti. Qui non solo si fruisce del proprio dono, ma lo si moltiplica nel farne parte ad altri e si gode del frutto del dono altrui come del proprio». Nella vita di comunità, poi, deve farsi in qualche modo tangibile che la comunione fraterna, prima d'essere strumento per una determinata missione, è spazio teologale in cui si può sperimentare la mistica presenza del Signore risorto (cfr Mt 18,20). Questo avviene grazie all'amore reciproco di quanti compongono la comunità, un amore alimentato dalla Parola e dall'Eucaristia, purificato nel Sacramento della Riconciliazione, sostenuto dall'implorazione dell'unità, speciale dono dello Spirito per coloro che si pongono in obbediente ascolto del Vangelo. E' proprio Lui, lo Spirito, ad introdurre l'anima alla comunione col Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo (cfr 1Jn 1,3), comunione nella quale è la sorgente della vita fraterna. Dallo Spirito le comunità di vita consacrata sono guidate nell'adempimento della loro missione di servizio alla Chiesa e all'intera umanità, secondo la propria ispirazione originaria. In questa prospettiva, particolare importanza rivestono i «Capitoli» (o riunioni analoghe), sia particolari che generali, nelle quali ogni Istituto è chiamato ad eleggere i Superiori o le Superiore secondo le norme stabilite dalle proprie Costituzioni, e a discernere, alla luce dello Spirito, le modalità adeguate per custodire e rendere attuale, nelle diverse situazioni storiche e culturali, il proprio carisma ed il proprio patrimonio spirituale.

Il compito dell'autorità


43 Nella vita consacrata la funzione dei Superiori e delle Superiore, anche locali, ha sempre avuto una grande importanza sia per la vita spirituale che per la missione. In questi anni di ricerche e di mutamenti si è talvolta sentita la necessità di una revisione di questo ufficio. Ma occorre riconoscere che chi esercita l'autorità non può abdicare al suo compito di primo responsabile della comunità, quale guida dei fratelli e delle sorelle nel cammino spirituale e apostolico. Non è facile, in ambienti fortemente segnati dall'individualismo, far riconoscere ed accogliere la funzione che l'autorità svolge a vantaggio di tutti. Si deve, però, riaffermare l'importanza di questo compito, che si rivela necessario proprio per consolidare la comunione fraterna e non vanificare l'obbedienza professata. Se l'autorità deve essere prima di tutto fraterna e spirituale e se, di conseguenza, chi ne è rivestito deve saper coinvolgere mediante il dialogo i confratelli e le consorelle nel processo decisionale, conviene tuttavia ricordare che tocca all'autorità l'ultima parola, e ad essa compete poi di far rispettare le decisioni prese.

Il ruolo delle persone anziane


44 La cura degli anziani e degli ammalati ha una parte rilevante nella vita fraterna, specie in un momento come questo, in cui in alcune regioni del mondo aumenta il numero delle persone consacrate che sono ormai avanti negli anni. L'attenzione premurosa che esse meritano non risponde solo a un preciso dovere di carità e di riconoscenza, ma è anche espressione della consapevolezza che la loro testimonianza giova molto alla Chiesa e agli Istituti e che la loro missione resta valida e meritoria, anche quando per motivi di età o di infermità hanno dovuto abbandonare la loro attività specifica. Essi hanno certamente molto da dare in saggezza ed esperienza alla comunità, se questa sa stare loro vicino con attenzione e capacità di ascolto. In realtà la missione apostolica, prima che nell'azione, consiste nella testimonianza della propria dedizione piena alla volontà salvifica del Signore, una dedizione che si alimenta alle fonti dell'orazione e della penitenza. Molti sono, pertanto, i modi in cui gli anziani sono chiamati a vivere la loro vocazione: la preghiera assidua, la paziente accettazione della propria condizione, la disponibilità per il servizio di direttore spirituale, di confessore, di guida nella preghiera.

Ad immagine della comunità apostolica


45 La vita fraterna svolge un ruolo fondamentale nel cammino spirituale delle persone consacrate, sia per il loro costante rinnovamento che per il pieno compimento della loro missione nel mondo: lo si deduce dalle motivazioni teologiche che ne stanno alla base, e se ne ha ampia conferma dalla stessa esperienza. Esorto pertanto i consacrati e le consacrate a coltivarla con impegno, seguendo l'esempio dei primi cristiani di Gerusalemme, che erano assidui nell'ascolto dell'insegnamento degli Apostoli, nella preghiera comune, nella partecipazione all'Eucaristia, nella condivisione dei beni di natura e di grazia (cfr Ac 2,42-47). Esorto soprattutto i religiosi, le religiose e i membri delle Società di vita apostolica a vivere senza riserve l'amore vicendevole, esprimendolo nelle modalità consone alla natura di ciascun Istituto, perché ogni comunità si manifesti come segno luminoso della nuova Gerusalemme, «dimora di Dio con gli uomini» (Ap 21,3). La Chiesa tutta, infatti, conta molto sulla testimonianza di comunità ricche «di gioia e di Spirito Santo» (Ac 13,52). Essa desidera additare al mondo l'esempio di comunità nelle quali l'attenzione reciproca aiuta a superare la solitudine, la comunicazione spinge tutti a sentirsi corresponsabili, il perdono rimargina le ferite, rafforzando in ciascuno il proposito della comunione. In comunità di questo tipo, la natura del carisma dirige le energie, sostiene la fedeltà ed orienta il lavoro apostolico di tutti verso l'unica missione. Per presentare all'umanità di oggi il suo vero volto, la Chiesa ha urgente bisogno di simili comunità fraterne, le quali con la loro stessa esistenza costituiscono un contributo alla nuova evangelizzazione, poiché mostrano in modo concreto i frutti del «comandamento nuovo».

Sentire cum Ecclesia


46 Un grande compito è affidato alla vita consacrata anche alla luce della dottrina sulla Chiesa-comunione, con tanto vigore proposta dal Concilio Vaticano II. Alle persone consacrate si chiede di essere davvero esperte di comunione e di praticarne la spiritualità,come «testimoni e artefici di quel “progetto di comunione” che sta al vertice della storia dell'uomo secondo Dio». Il senso della comunione ecclesiale, sviluppandosi in spiritualità di comunione, promuove un modo di pensare, parlare ed agire che fa crescere in profondità e in estensione la Chiesa. La vita di comunione, infatti, «diventa un segno per il mondo e una forza attrattiva che conduce a credere in Cristo [...]. In tal modo la comunione si apre alla missione, si fa essa stessa missione», anzi «la comunione genera comunione e si configura essenzialmente come comunione missionaria». Nei fondatori e nelle fondatrici appare sempre vivo il senso della Chiesa, che si manifesta nella loro partecipazione piena alla vita ecclesiale in tutte le sue dimensioni e nella pronta obbedienza ai Pastori, specialmente al Romano Pontefice. In questo orizzonte di amore verso la Santa Chiesa, «colonna e sostegno della verità» (1Tm 3,15), ben si comprendono la devozione di Francesco d'Assisi per «il Signor Papa», l'intraprendenza filiale di Caterina da Siena verso colui che ella chiama «dolce Cristo in terra», l'obbedienza apostolica e il sentire cum Ecclesia di Ignazio di Loyola, la gioiosa professione di fede di Teresa di Gesù: «Sono figlia della Chiesa». Si comprende anche l'anelito di Teresa di Lisieux: «Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l'amore». Simili testimonianze sono rappresentative della piena comunione ecclesiale che santi e sante, fondatori e fondatrici, hanno condiviso in epoche e circostanze fra loro diverse e spesso molto difficili. Sono esempi ai quali le persone consacrate devono fare costante riferimento, per resistere alle spinte centrifughe e disgregatrici, oggi particolarmente attive. Un aspetto qualificante di questa comunione ecclesiale è l'adesione di mente e di cuore al magistero dei Vescovi, che va vissuta con lealtà e testimoniata con chiarezza davanti al Popolo di Dio da parte di tutte le persone consacrate, particolarmente da quelle impegnate nella ricerca teologica e nell'insegnamento, nelle pubblicazioni, nella catechesi, nell'uso dei mezzi di comunicazione sociale. Poiché le persone consacrate occupano un posto speciale nella Chiesa, il loro atteggiamento a questo proposito ha grande rilievo per l'intero Popolo di Dio. Dalla loro testimonianza di amore filiale trae forza ed incisività la loro azione apostolica che, nel quadro della missione profetica di tutti i battezzati, si qualifica in genere per compiti di speciale collaborazione con l'ordine gerarchico. In questo modo, con la ricchezza dei loro carismi essi danno uno specifico contributo, perché la Chiesa realizzi sempre più profondamente la sua natura di sacramento «dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano».

La fraternità nella Chiesa universale


47 Le persone consacrate sono chiamate ad essere fermento di comunione missionaria nella Chiesa universale per il fatto stesso che i molteplici carismi dei rispettivi Istituti sono donati dallo Spirito Santo in vista del bene dell'intero Corpo mistico, alla cui edificazione essi devono servire (cfr 1Co 12,4-11). Significativamente «la via migliore» (1Co 12,31), la realtà «di tutte più grande» (1Co 13,13), secondo la parola dell'Apostolo, è la carità, che armonizza tutte le diversità e a tutti infonde la forza del mutuo sostegno nello slancio apostolico. Proprio a questo tende il peculiare vincolo di comunione, che le varie forme di vita consacrata e le Società di vita apostolica hanno con il Successore di Pietro nel suo ministero di unità e di universalità missionaria. La storia della spiritualità illustra ampiamente questo vincolo, mostrandone la provvidenziale funzione a garanzia sia dell'identità propria della vita consacrata che dell'espansione missionaria del Vangelo. La vigorosa diffusione dell'annuncio evangelico, come pure il saldo radicamento della Chiesa in tante regioni del mondo e la primavera cristiana che oggi si registra nelle giovani Chiese, sarebbero impensabili — come i Padri sinodali hanno osservato — senza il contributo di tanti Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica. Essi hanno mantenuto salda lungo i secoli la comunione con i Successori di Pietro, i quali hanno trovato in loro prontezza generosa nel dedicarsi alla missione con una disponibilità che, all'occorrenza, ha saputo spingersi fino all'eroismo. Emerge così il carattere di universalità e di comunione, che è proprio degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica. Per la connotazione sovradiocesana radicata nel loro speciale rapporto col ministero petrino, essi sono anche al servizio della collaborazione fra le diverse Chiese particolari,tra le quali possono efficacemente promuovere lo «scambio di doni», contribuendo ad una inculturazione del Vangelo che purifichi, valorizzi ed assuma le ricchezze delle culture di tutti i popoli. Anche oggi la fioritura nelle giovani Chiese di vocazioni alla vita consacrata manifesta la capacità che questa possiede di esprimere nell'unità cattolica le istanze dei vari popoli e culture.


Vita consecrata IT 33