Ut unum sint




Lettera Enciclica "Ut Unum Sint" Sull'impegno verso l'ecumenismo

INTRODUZIONE

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1. Ut unum sint! L'appello all'unità dei cristiani, che il Concilio Ecumenico Vaticano II ha riproposto con così appassionato impegno, risuona con sempre maggiore vigore nel cuore dei credenti, specie all'approssimarsi dell'Anno Duemila che sarà per loro un Giubileo sacro, memoria dell'Incarnazione del Figlio di Dio, fattosi uomo per salvare l'uomo.

La testimonianza coraggiosa di tanti martiri del nostro secolo, appartenenti anche ad altre Chiese e Comunità ecclesiali non in piena comunione con la Chiesa cattolica, infonde nuova forza all'appello conciliare e ci richiama l'obbligo di accogliere e mettere in pratica la sua esortazione. Questi nostri fratelli e sorelle, accomunati nell'offerta generosa della loro vita per il Regno di Dio, sono la prova più significativa che ogni elemento di divisione può essere trasceso e superato nel dono totale di sé alla causa del Vangelo.

Cristo chiama tutti i suoi discepoli all'unità. L'ardente desiderio che mi muove è di rinnovare oggi questo invito, di riproporlo con determinazione, ricordando quanto ebbi a sottolineare al Colosseo romano il Venerdi Santo 1994, concludendo la meditazione della Via Crucis, guidata dalle parole del venerato fratello Bartolomeo, Patriarca ecumenico di Costantinopoli. Ho affermato in quella circostanza che, uniti nella sequela dei martiri, i credenti in Cristo non possono restare divisi. Se vogliono veramente ed efficacemente combattere la tendenza del mondo a rendere vano il Mistero della Redenzione, essi debbono professare insieme la stessa verità sulla Croce (Nota 1: cfr. Discorso dopo la Via Crucis del Venerdi Santo (1 aprile 1994), 3: AAS 87 (1995),88]. La Croce! La corrente anticristiana si propone di mortificarne il valore, di svuotarla del suo significato, negando che l'uomo ha in essa le radici della sua nuova vita; pretendendo che la Croce non sappia nutrire né prospettive né speranze: l'uomo, si dice, è soltanto un essere terreno, che deve vivere come se Dio non esistesse.

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2. A nessuno sfugge la sfida che tutto ciò pone ai credenti. Essi non possono non raccoglierla. Come potrebbero, infatti, rifiutarsi di fare tutto il possibile, con l'aiuto di Dio, per abbattere muri di divisione e di diffidenza, per superare ostacoli e pregiudizi, che impediscono l'annuncio del Vangelo della salvezza mediante la Croce di Gesù, unico Redentore dell'uomo, di ogni uomo? Ringrazio il Signore perché ci ha indotto a progredire lungo la via difficile, ma tanto ricca di gioia, dell'unità e della comunione fra i cristiani.

I dialoghi interconfessionali a livello teologico hanno dato frutti positivi e tangibili: ciò incoraggia ad andare avanti.

Tuttavia, oltre alle divergenze dottrinali da risolvere, i cristiani non possono sminuire il peso delle ataviche incomprensioni che essi hanno ereditato dal passato, dei fraintendimenti e dei pregiudizi degli uni nei confronti degli altri. Non di rado, poi, l'inerzia, l'indifferenza ed una insufficiente conoscenza reciproca aggravano tale situazione. Per questo motivo, l'impegno ecumenico deve fondarsi sulla conversione dei cuori e sulla preghiera, le quali indurranno anche alla necessaria purificazione della memoria storica. Con la grazia dello Spirito Santo, i discepoli del Signore, animati dall'amore, dal coraggio della verità e dalla volontà sincera di perdonarsi a vicenda e di riconciliarsi, sono chiamati a riconsiderare insieme il loro doloroso passato e quelle ferite che esso continua purtroppo a provocare anche oggi. Sono invitati dalla forza sempre giovane del Vangelo a riconoscere insieme con sincera e totale obiettività gli errori commessi e i fattori contingenti intervenuti all'origine delle loro deprecabili separazioni. Occorre un pacato e limpido sguardo di verità, vivificato dalla misericordia divina, capace di liberare gli spiriti e di suscitare in ciascuno una rinnovata disponibilità, proprio in vista dell'annuncio del Vangelo agli uomini di ogni popolo e nazione.

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3. Con il Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica si è impegnata in modo irreversibile a percorrere la via della ricerca ecumenica, ponendosi così all'ascolto dello Spirito del Signore, che insegna come leggere attentamente i "segni dei tempi". Le esperienze, che essa ha vissuto in questi anni e che continua a vivere, la illuminano ancor più profondamente sulla sua identità e sulla sua missione nella storia. La Chiesa cattolica riconosce e confessa le debolezze dei suoi figli, consapevole che i loro peccati costituiscono altrettanti tradimenti ed ostacoli alla realizzazione del disegno del Salvatore. Sentendosi costantemente chiamata al rinnovamento evangelico, essa non cessa dunque di fare penitenza. Al tempo stesso, pero, riconosce ed esalta ancora di più la potenza del Signore il quale, avendola colmata del dono della santità, l'attira e la conforma alla Sua passione e alla Sua risurrezione.

Edotta dalle molteplici vicende della sua storia, la Chiesa è impegnata a liberarsi da ogni sostegno puramente umano, per vivere in profondità la legge evangelica delle Beatitudini. Consapevole che la verità non si impone se non "in forza della stessa verità, la quale penetra nelle menti soavemente ed insieme con vigore" (Nota 2: Conc. Ecum. Vat. II, Dich. sulla libertà religiosa
DH 1], nulla ricerca per sé se non la libertà d'annunciare il Vangelo. La sua autorità infatti si esercita nel servizio della verità e della carità.

Io stesso intendo promuovere ogni utile passo affinché la testimonianza dell'intera comunità cattolica possa essere compresa nella sua integrale purezza e coerenza, soprattutto in vista di quell'appuntamento che attende la Chiesa alle soglie del nuovo Millennio, ora eccezionale per la quale essa domanda al Signore che l'unità di tutti i cristiani cresca fino a raggiungere la piena comunione (Nota 3: cfr. Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), TMA 16: AAS 87 (1995),15]. A questo nobilissimo scopo mira anche la presente Lettera enciclica, che nella sua indole essenzialmente pastorale vuol contribuire a sostenere lo sforzo di quanti lavorano per la causa dell'unità.

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4. E questo un preciso impegno del Vescovo di Roma in quanto successore dell'apostolo Pietro. Io lo svolgo con la convinzione profonda di ubbidire al Signore e con la piena consapevolezza della mia umana fragilità. Infatti, se Cristo stesso ha affidato a Pietro questa speciale missione nella Chiesa e gli ha raccomandato di confermare i fratelli, Egli gli ha fatto conoscere allo stesso tempo la sua debolezza umana ed il suo particolare bisogno di conversione: "Tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli" (
Lc 22,32). Proprio nell'umana debolezza di Pietro si manifesta pienamente come, per adempiere questo speciale ministero nella Chiesa, il Papa dipenda totalmente dalla grazia e dalla preghiera del Signore: "Io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede" (Lc 22,32). La conversione di Pietro e dei suoi successori trova appoggio sulla preghiera stessa del Redentore e la Chiesa costantemente partecipa a questa invocazione. Nella nostra epoca ecumenica, segnata dal Concilio Vaticano II, la missione del Vescovo di Roma si rivolge particolarmente a ricordare l'esigenza della piena comunione dei discepoli di Cristo.

Il Vescovo di Roma in prima persona deve far sua con fervore la preghiera di Cristo per la conversione, che è indispensabile a "Pietro" per poter servire i fratelli. Di cuore chiedo che partecipino a questa preghiera i fedeli della Chiesa cattolica e tutti i cristiani. Insieme a me, tutti preghino per questa conversione.

Sappiamo che la Chiesa nel suo peregrinare terreno ha sofferto e continuerà a soffrire di opposizioni e persecuzioni. La speranza che la sostiene è tuttavia incrollabile, come è indistruttibile la gioia che da tale speranza scaturisce. Infatti, la roccia salda e perenne, su cui essa è fondata, è Gesù Cristo suo Signore.

I. L'IMPEGNO ECUMENICO DELLA CHIESA CATTOLICA Il disegno di Dio e la comunione

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5. Assieme a tutti i discepoli di Cristo, la Chiesa cattolica fonda sul disegno di Dio il suo impegno ecumenico di radunare tutti nell'unità. Infatti "la Chiesa non è una realtà ripiegata su se stessa bensi permanentemente aperta alla dinamica missionaria ed ecumenica, perché inviata al mondo ad annunciare e testimoniare, attualizzare ed espandere il mistero di comunione che la costituisce: raccogliere tutti e tutto in Cristo; ad essere per tutti "sacramento inseparabile di unità"" (Nota 4: Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica su alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione Communionis notio (28 maggio 1992), 4: AAS 85 (1993),840].

Già nell'Antico Testamento, riferendosi a quella che era allora la situazione del popolo di Dio, il profeta Ezechiele, ricorrendo al semplice simbolo di due legni prima distinti, poi accostati l'uno all'altro, esprimeva la volontà divina di "radunare da ogni parte" i membri del suo popolo lacerato: "Io saro il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Le genti sapranno che io sono il Signore che santifico Israele" (cfr.
Ez 37,16-28). Il Vangelo giovanneo, da parte sua, e di fronte alla situazione del popolo di Dio a quel tempo, vede nella morte di Gesù la ragione dell'unità dei figli di Dio: "Doveva morire per la nazione e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Jn 11,51-52). Infatti, spiegherà la Lettera agli Efesini, "abbattendo il muro di separazione, (...] per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l'inimicizia", di ciò che era diviso egli ha fatto una unità (cfr. Ep 2,14-16).

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6. L'unità di tutta l'umanità lacerata è volontà di Dio. Per questo motivo Egli ha inviato il suo Figlio perché, morendo e risorgendo per noi, ci donasse il suo Spirito d'amore. Alla vigilia del sacrificio della Croce, Gesù stesso chiede al Padre per i suoi discepoli, e per tutti i credenti in lui, che siano una cosa sola, una comunione vivente. Da ciò deriva non soltanto il dovere, ma anche la responsabilità che incombe davanti a Dio, di fronte al suo disegno, su quelli e quelle che per mezzo del Battesimo diventano il Corpo di Cristo, Corpo nel quale debbono realizzarsi in pienezza la riconciliazione e la comunione. Come è mai possibile restare divisi, se con il Battesimo noi siamo stati "immersi" nella morte del Signore, vale a dire nell'atto stesso in cui, per mezzo del Figlio, Dio ha abbattuto i muri della divisione? La "divisione contraddice apertamente alla volontà di Cristo, ed è di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del Vangelo a ogni creatura" (Nota 5: Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo
UR 1].

La via ecumenica: via della Chiesa

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7. "Il Signore dei secoli, che con sapienza e pazienza persegue il disegno della sua grazia verso di noi peccatori, in questi ultimi tempi ha incominciato ad effondere con maggiore abbondanza nei cristiani tra loro separati l'interiore ravvedimento ed il desiderio dell'unione. Moltissimi uomini in ogni parte del mondo sono stati toccati da questa grazia, e anche tra i nostri fratelli separati è sorto, per impulso della grazia dello Spirito Santo, un movimento ogni giorno più ampio per il ristabilimento dell'unità di tutti i cristiani. A questo movimento per l'unità, chiamato ecumenico, partecipano quelli che invocano la Trinità e professano la fede in Gesù Signore e Salvatore, e non solo singole persone separatamente, ma anche riunite in gruppi, nei quali hanno ascoltato il Vangelo e che i singoli dicono essere la Chiesa loro e di Dio. Quasi tutti pero, anche se in modo diverso, aspirano alla Chiesa di Dio una e visibile, che sia veramente universale e mandata a tutto il mondo, perché il mondo si converta al Vangelo e così si salvi per la gloria di Dio" (Nota 6: Ibid.].

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8. Tale affermazione del Decreto Unitatis redintegratio va letta nel contesto dell'intero magistero conciliare. Il Concilio Vaticano II esprime la decisione della Chiesa di assumere il compito ecumenico a favore dell'unità dei cristiani e di proporlo con convinzione e con vigore: "Questo Santo Concilio esorta tutti i fedeli cattolici perché, riconoscendo i segni dei tempi, partecipino con slancio all'opera ecumenica" (Nota 7: Ibid.,
UR 4].

Nell'indicare i principi cattolici dell'ecumenismo, l'Unitatis redintegratio si ricollega prima di tutto all'insegnamento sulla Chiesa della Costituzione Lumen gentium, nel suo capitolo che tratta del popolo di Dio (Nota 8: cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa LG 14]. Allo stesso tempo, esso ha presente quanto affermato dalla Dichiarazione conciliare Dignitatis libertà religiosa DH 1-2].

La Chiesa cattolica accoglie con speranza l'impegno ecumenico come un imperativo della coscienza cristiana illuminata dalla fede e guidata dalla carità.

Anche qui si può applicare la parola di san Paolo ai primi cristiani di Roma: "L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo"; così la nostra "speranza non delude" (Rm 5,5). Questa è la speranza dell'unità dei cristiani, che nell'unità Trinitaria del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo trova la sua fonte divina.

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9. Gesù stesso nell'ora della sua Passione ha pregato "perché tutti siano una sola cosa" (
Jn 17,21). Questa unità, che il Signore ha donato alla sua Chiesa e nella quale egli vuole abbracciare tutti, non è un accessorio, ma sta al centro stesso della sua opera. Né essa equivale ad un attributo secondario della comunità dei suoi discepoli. Appartiene invece all'essere stesso di questa comunità. Dio vuole la Chiesa, perché egli vuole l'unità e nell'unità si esprime tutta la profondità della sua agape.

Infatti, questa unità data dallo Spirito Santo non consiste semplicemente nel confluire insieme di persone che si sommano l'una all'altra. E una unità costituita dai vincoli della professione di fede, dei sacramenti e della comunione gerarchica (Nota 10: cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa LG 14]. I fedeli sono uno perché, nello Spirito, essi sono nella comunione del Figlio e, in lui, nella sua comunione col Padre: "La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo" (1Jn 1,3). Dunque, per la Chiesa cattolica, la comunione dei cristiani non è altro che la manifestazione in loro della grazia per mezzo della quale Dio li rende partecipi della sua propria comunione, che è la sua vita eterna. Le parole di Cristo: "Che tutti siano una cosa sola", sono dunque la preghiera rivolta al Padre perché il suo disegno si compia pienamente, così che risplenda "agli occhi di tutti qual è l'adempimento del mistero nascosto da secoli nella mente di Dio, Creatore dell'universo" (Ep 3,9). Credere in Cristo significa volere l'unità; volere l'unità significa volere la Chiesa; volere la Chiesa significa volere la comunione di grazia che corrisponde al disegno del Padre da tutta l'eternità. Ecco qual è il significato della preghiera di Cristo: "Ut unum sint".

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10. Nell'attuale situazione di divisione fra i cristiani e di fiduciosa ricerca della piena comunione, i fedeli cattolici si sentono profondamente interpellati dal Signore della Chiesa. Il Concilio Vaticano II ha rafforzato il loro impegno con una visione ecclesiologica lucida e aperta a tutti i valori ecclesiali presenti tra gli altri cristiani. I fedeli cattolici affrontano la problematica ecumenica in spirito di fede. Il Concilio dice che "la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui" e nel contempo riconosce che "al di fuori del suo organismo visibile si trovano parecchi elementi di santificazione e di verità, che, quali doni propri della Chiesa di Cristo, spingono verso l'unità cattolica" (Nota 11: Ibid., 8]. "perciò le Chiese e Comunità separate, quantunque crediamo che abbiano delle carenze, nel mistero della salvezza non sono affatto prive di significato e valore. Lo spirito di Cristo infatti non ricusa di servirsi di esse come di strumenti di salvezza, la cui efficacia deriva dalla stessa pienezza di grazia e di verità che è stata affidata alla Chiesa cattolica" (Nota 12: Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo
UR 3].

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11. In questo modo la Chiesa cattolica afferma che, durante i duemila anni della sua storia, è stata conservata nell'unità con tutti i beni con i quali Dio vuole dotare la sua Chiesa, e ciò malgrado le crisi spesso gravi che l'hanno scossa, le carenze di fedeltà di alcuni suoi ministri e gli errori in cui quotidianamente si imbattono i suoi membri. La Chiesa cattolica sa che, in nome del sostegno che le proviene dallo Spirito, le debolezze, le mediocrità, i peccati, a volte i tradimenti di alcuni dei suoi figli, non possono distruggere ciò che Dio ha infuso in essa in funzione del suo disegno di grazia. Anche "le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" (
Mt 16,18). Tuttavia la Chiesa cattolica non dimentica che molti nel suo seno opacizzano il disegno di Dio. Evocando la divisione dei cristiani, il Decreto sull'ecumenismo non ignora la "colpa di uomini di entrambe le parti" (Nota 13: Ibid.], riconoscendo che la responsabilità non può essere attribuita unicamente agli "altri". Per grazia di Dio, non è stato pero distrutto ciò che appartiene alla struttura della Chiesa di Cristo e neppure quella comunione che permane con le altre Chiese e Comunità ecclesiali. Infatti, gli elementi di santificazione e di verità presenti nelle altre Comunità cristiane, in grado differenziato dall'una all'altra, costituiscono la base oggettiva della pur imperfetta comunione esistente tra loro e la Chiesa cattolica. Nella misura in cui tali elementi si trovano nelle altre Comunità cristiane, l'unica Chiesa di Cristo ha in esse una presenza operante. Per questo motivo il Concilio Vaticano II parla di una certa comunione, sebbene imperfetta. La Costituzione Lumen gentium sottolinea che la Chiesa cattolica "sa di essere per più ragioni unita" (Nota 14: LG 15] a queste Comunità con una certa vera unione nello Spirito Santo.

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12. La stessa Costituzione ha lungamente esplicitato "gli elementi di santificazione e verità" che, in modo diversificato, si trovano ed agiscono oltre le frontiere visibili della Chiesa cattolica: "Ci sono infatti molti che hanno in onore la Sacra Scrittura come norma della fede e della vita, mostrano un sincero zelo religioso, credono con amore in Dio Padre onnipotente e in Cristo, Figlio di Dio e Salvatore, sono segnati dal Battesimo, col quale vengono uniti con Cristo; anzi riconoscono e accettano nelle proprie Chiese e Comunità ecclesiali anche altri sacramenti. Molti fra loro hanno anche l'Episcopato, celebrano la sacra Eucaristia e coltivano la devozione alla Vergine Madre di Dio. A questo si aggiunge la comunione di preghiere e di altri benefici spirituali; anzi una certa vera unione nello Spirito Santo, poiché anche in loro lo Spirito con la sua virtù vivificante opera per mezzo di doni e grazie, e ha fortificato alcuni di loro fino allo spargimento del sangue. così lo Spirito suscita in tutti i discepoli di Cristo il desiderio e l'azione, affinché tutti, nel modo da Cristo stabilito, pacificamente si uniscano in un solo gregge sotto un solo pastore" (Nota 15: Ibid.]. Il Decreto conciliare sull'ecumenismo, riferendosi alle Chiese ortodosse, è pervenuto in particolare a dichiarare che "per mezzo della celebrazione dell'Eucaristia del Signore in queste singole chiese la Chiesa di Dio è edificata e cresce" (Nota 16: Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo
UR 15]. Riconoscere tutto questo è una esigenza di verità.

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13. Di questa situazione, il medesimo Documento enuclea con sobrietà le implicazioni dottrinali. A proposito dei membri di tali Comunità, esso dichiara: "Giustificati nel Battesimo dalla fede, sono incorporati a Cristo e perciò sono a ragione insigniti del nome di cristiani e dai figli della Chiesa cattolica sono giustamente riconosciuti come fratelli nel Signore" (Nota 17: Ibid., 3].

Riferendosi ai molteplici beni presenti nelle altre Chiese e Comunità ecclesiali, il Decreto aggiunge: "Tutte queste cose, che provengono da Cristo e a lui conducono, giustamente appartengono all'unica Chiesa di Cristo. Anche non poche azioni sacre della religione cristiana vengono compiute dai fratelli da noi separati, e queste in vari modi, secondo la diversa condizione di ciascuna Chiesa o Comunità, possono senza dubbio produrre realmente la vita della grazia e si devono dire atte ad aprire l'ingresso nella comunione della salvezza" (Nota 18: Ibid.]. Si tratta di testi ecumenici della massima importanza. Oltre i limiti della comunità cattolica non c'è il vuoto ecclesiale. Parecchi elementi di grande valore (eximia) che, nella Chiesa cattolica sono integrati alla pienezza dei mezzi di salvezza e dei doni di grazia che fanno la Chiesa, si trovano anche nelle altre Comunità cristiane.

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14. Tutti questi elementi portano in sé il richiamo all'unità per trovare in essa la loro pienezza. Non si tratta di sommare insieme tutte le ricchezze disseminate nelle Comunità cristiane, al fine di pervenire ad una Chiesa a cui Dio mirerebbe per il futuro. Secondo la grande Tradizione attestata dai Padri d'Oriente e d'Occidente, la Chiesa cattolica crede che nell'evento di Pentecoste Dio ha già manifestato la Chiesa nella sua realtà escatologica, che egli preparava "sin dal tempo di Abele il Giusto" (Nota 19: cfr. S. Gregorio Magno, Homiliae in Evangelia 19,1: PL 76,1154 citato in Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa
LG 2]. Essa è già data. Per questo motivo noi siamo già nei tempi ultimi.

Gli elementi di questa Chiesa già data esistono, congiunti nella loro pienezza, nella Chiesa cattolica e, senza tale pienezza, nelle altre Comunità (Nota 20: cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo UR 4], dove certi aspetti del mistero cristiano sono stati a volte messi più efficacemente in luce.

L'ecumenismo intende precisamente far crescere la comunione parziale esistente tra i cristiani verso la piena comunione nella verità e nella carità.

Rinnovamento e conversione

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15. Passando dai principi, dall'imperativo della coscienza cristiana, alla realizzazione della via ecumenica verso l'unità, il Concilio Vaticano II mette soprattutto in rilievo la necessità della conversione del cuore. L'annuncio messianico: "Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino" e l'appello conseguente: "Convertitevi e credete al Vangelo" (
Mc 1,15) con cui Gesù inaugura la sua missione, indicano l'elemento essenziale che deve caratterizzare ogni nuovo inizio: la fondamentale esigenza dell'evangelizzazione in ogni tappa del cammino salvifico della Chiesa. Ciò riguarda, in modo particolare, il processo al quale il Concilio Vaticano II ha dato avvio, inscrivendo nel rinnovamento il compito ecumenico di unire i cristiani tra loro divisi. "Ecumenismo vero non c'è senza interiore conversione" (Nota 21: Ibid., 7]. Il Concilio chiama sia alla conversione personale che a quella comunitaria. L'aspirazione di ogni Comunità cristiana all'unità va di pari passo con la sua fedeltà al Vangelo. Quando si tratta di persone che vivono la loro vocazione cristiana, esso parla di conversione interiore, di un rinnovamento della mente (Nota 22: cfr. ibid.].

Ciascuno deve dunque convertirsi più radicalmente al Vangelo e, senza mai perdere di vista il disegno di Dio, deve mutare il suo sguardo. Con l'ecumenismo la contemplazione delle "meraviglie di Dio" (mirabilia Dei) si è arricchita di nuovi spazi nei quali il Dio Trinitario suscita l'azione di grazie: la percezione che lo Spirito agisce nelle altre Comunità cristiane, la scoperta di esempi di santità, l'esperienza delle ricchezze illimitate della comunione dei santi, il contatto con aspetti insospettabili dell'impegno cristiano. Per correlazione, il bisogno di penitenza si è anch'esso esteso: la consapevolezza di certe esclusioni che feriscono la carità fraterna, di certi rifiuti a perdonare, di un certo orgoglio, di quel rinchiudersi non evangelico nella condanna degli "altri", di un disprezzo che deriva da una malsana presunzione. così la vita intera dei cristiani è contrassegnata dalla preoccupazione ecumenica ed essi sono chiamati a farsi come plasmare da essa.

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16. Nel magistero del Concilio vi è un chiaro nesso tra rinnovamento, conversione e riforma. Esso afferma: "La Chiesa peregrinante è chiamata da Cristo a questa continua riforma di cui essa stessa, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno, in modo che se alcune cose (...] sono state, secondo le circostanze di fatto e di tempo, osservate meno accuratamente, siano in tempo opportuno rimesse nel giusto e debito ordine" (Nota 23: Ibid., 6]. Nessuna Comunità cristiana può sottrarsi a tale appello. Dialogando con franchezza, le Comunità si aiutano a guardarsi insieme alla luce della Tradizione apostolica.

Questo le induce a chiedersi se veramente esse esprimano in modo adeguato tutto ciò che lo Spirito ha trasmesso per mezzo degli Apostoli (Nota 24: cfr.
DV 7]. Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, a più riprese, come ad esempio in occasione dell'anniversario del Battesimo della Rus' (Nota 25: cfr. Lett. ap. Euntes in mundum (25 gennaio 1988): AAS 80 (1988),935-956], o del ricordo, dopo undici secoli, dell'opera evangelizzatrice dei santi Cirillo e Metodio (Nota 26: cfr. Ep. enc. Slavorum apostoli (2 giugno 1985): AAS 77 (1985),779-813], ho richiamato tali esigenze e prospettive. Più recentemente, il Direttorio per l'applicazione dei principi e delle norme sull'ecumenismo, pubblicato con la mia approvazione dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, le ha applicate al campo pastorale (Nota 27: cfr. Directoire pour l'application des principes et des normes sur l'cuménisme (25 marzo 1993): AAS 85 (1993) 1039-1119].

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17. Per quanto riguarda gli altri cristiani, i principali documenti della Commissione Fede e Costituzione (Nota 28: cfr. in particolare il Documento detto di Lima: Battesimo, Eucaristia, Ministero (gennaio 1982): Ench. cum. 1,1392-1446, e il Documento n. 153 di "Fede e Costituzione" Confessing the "One" Faith, Geneva 1991] e le dichiarazioni di numerosi dialoghi bilaterali hanno già fornito alle Comunità cristiane utili strumenti per discernere ciò che è necessario al movimento ecumenico e alla conversione che esso deve suscitare. Tali studi sono importanti sotto una duplice angolatura: essi mostrano i notevoli progressi già raggiunti ed infondono speranza perché costituiscono una base sicura per la ricerca che va proseguita ed approfondita. La crescente comunione in una continua riforma, realizzata alla luce della Tradizione apostolica, è senza dubbio, nell'attuale situazione del popolo cristiano, uno dei tratti distintivi e più importanti dell'ecumenismo. D'altra parte, essa è anche una essenziale garanzia per il suo avvenire. I fedeli della Chiesa cattolica non possono ignorare che lo slancio ecumenico del Concilio Vaticano II è uno dei risultati di quanto la Chiesa si era allora adoperata a fare per scrutarsi alla luce del Vangelo e della grande Tradizione. Il mio Predecessore, Papa Giovanni XXIII, lo aveva ben compreso, lui che, convocando il Concilio, rifiuto di separare aggiornamento e apertura ecumenica (Nota 29: cfr. Discorso di apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II (11 ottobre 1962): AAS 54 (1962),793]. Al termine di quell'assise conciliare, Papa Paolo VI, riannodando il dialogo della carità con le Chiese in comunione con il Patriarca di Costantinopoli e compiendo con lui il gesto concreto e altamente significativo che ha "relegato nell'oblio" - e ha fatto "sparire dalla memoria e dal mezzo della Chiesa"- le scomuniche del passato, ha consacrato la vocazione ecumenica del Concilio. Vale ricordare che la creazione di uno speciale organismo per l'ecumenismo coincide con l'avvio stesso della preparazione del Concilio Vaticano II (Nota 30: Si tratta del Segretariato per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, creato da Papa Giovanni XXIII con il Motu proprio Superno Dei nutu (5 giugno 1960), 9: AAS 52 (1960),436 e confermato dai successivi documenti: Motu proprio Appropinquante Concilio (6 agosto 1962), c. III, a. 7,2,I: AAS 54 (1962),614; cfr. Paolo VI, Cost. ap. Regimini ecclesiae universae (15 agosto 1967), 92-94: AAS 59 (1967),918-919. Questo Dicastero è attualmente denominato Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani: cfr. Giovanni Paolo II, Cost. ap. Pastor bonus (28 giugno 1988), V, art. 135-138: AAS 80 (1988),895-896] e che, per il tramite di tale organismo, i pareri e le valutazioni delle altre Comunità cristiane hanno avuto la loro parte nei grandi dibattiti sulla Rivelazione, sulla Chiesa, sulla natura dell'ecumenismo e sulla libertà religiosa.


Importanza fondamentale della dottrina

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18. Riprendendo un'idea che lo stesso Papa Giovanni XXIII aveva espresso in apertura del Concilio (Nota 31: cfr. Discorso di apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II (11 ottobre 1962): AAS 54 (1962),792], il Decreto sull'ecumenismo menziona il modo di esporre la dottrina tra gli elementi della continua riforma (Nota 32: cfr.
UR 6]. Non si tratta in questo contesto di modificare il deposito della fede, di cambiare il significato dei dogmi, di eliminare da essi delle parole essenziali, di adattare la verità ai gusti di un'epoca, di cancellare certi articoli del Credo con il falso pretesto che essi non sono più compresi oggi. L'unità voluta da Dio può realizzarsi soltanto nella comune adesione all'integrità del contenuto della fede rivelata. In materia di fede, il compromesso è in contraddizione con Dio che è Verità. Nel Corpo di Cristo, il quale è "via, verità e vita" (Jn 14,6), chi potrebbe ritenere legittima una riconciliazione attuata a prezzo della verità? La Dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa Dignitatis humanae attribuisce alla dignità umana la ricerca della verità, "specialmente in ciò che riguarda Dio e la sua Chiesa" (Nota 33: DH 1] e l'adesione alle sue esigenze. Uno "stare insieme" che tradisse la verità sarebbe dunque in opposizione con la natura di Dio che offre la sua comunione e con l'esigenza di verità che alberga nel più profondo di ogni cuore umano.

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19. Tuttavia, la dottrina deve essere presentata in un modo che la renda comprensibile a coloro ai quali Dio stesso la destina. Nell'Epistola enciclica Slavorum apostoli, ricordavo come Cirillo e Metodio, per questo stesso motivo, si adoperassero a tradurre le nozioni della Bibbia e i concetti della teologia greca in un contesto di esperienze storiche e di pensiero molto diversi. Essi volevano che l'unica parola di Dio fosse "resa così accessibile secondo le forme espressive, proprie di ciascuna civiltà" (Nota 34: Ep. enc. Slavorum apostoli (2 giugno 1985), 11: AAS 77 (1985),792]. Compresero di non poter dunque "imporre ai popoli assegnati alla loro predicazione neppure l'indiscutibile superiorità della lingua greca e della cultura bizantina, o gli usi e i comportamenti della società più progredita, in cui essi erano cresciuti" (Nota 35: Ibid., 13, l.c., 794]. Essi mettevano così in atto quella "perfetta comunione nell'amore (che] preserva la Chiesa da qualsiasi forma di particolarismo o di esclusivismo etnico o di pregiudizio razziale, come da ogni alterigia nazionalistica" (Nota 36: Ibid., 11, l.c., 792]. Nello stesso spirito, non ho esitato a dire agli aborigeni d'Australia: "Non dovete essere un popolo diviso in due parti (...]. Gesù vi chiama ad accettare le sue parole e i suoi valori all'interno della vostra propria cultura" (Nota 37: Discorso agli abitanti autoctoni (29 novembre 1986), 12: AAS 79 (1987),977]. Poiché per sua natura il dato di fede è destinato a tutta l'umanità, esso esige di essere tradotto in tutte le culture. Infatti, l'elemento che decide della comunione nella verità è il significato della verità. L'espressione della verità può essere multiforme. E il rinnovamento delle forme di espressione si rende necessario per trasmettere all'uomo di oggi il messaggio evangelico nel suo immutabile significato (Nota 38: cfr. S. Vincenzo di Lérins, Commonitorium primum, 23: PL 50,667-668]. "Questo rinnovamento ha quindi un'importanza ecumenica singolare" (Nota 39:
UR 6]. E non soltanto rinnovamento nel modo di esprimere la fede, ma della stessa vita di fede. Ci si potrebbe allora chiedere: chi deve attuarlo? Il Concilio risponde chiaramente a questa domanda: esso "riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i Pastori, e tocca ognuno secondo la propria capacità, tanto nella vita cristiana di ogni giorno quanto negli studi teologici e storici" (Nota 40: Ibid., 5].

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20. Tutto ciò è estremamente importante e di fondamentale significato per l'attività ecumenica. Ne risulta inequivocabilmente che l'ecumenismo, il movimento a favore dell'unità dei cristiani, non è soltanto una qualche "appendice", che s'aggiunge all'attività tradizionale della Chiesa. Al contrario, esso appartiene organicamente alla sua vita e alla sua azione e deve, di conseguenza, pervadere questo insieme ed essere come il frutto di un albero che, sano e rigoglioso, cresce fino a raggiungere il suo pieno sviluppo. così credeva nell'unità della Chiesa Papa Giovanni XXIII e così egli guardava all'unità di tutti i cristiani.

Riferendosi agli altri cristiani, alla grande famiglia cristiana, egli constatava: "E molto più forte quanto ci unisce di quanto ci divide". Ed il Concilio Vaticano II, da parte sua, esorta: "Si ricordino tutti i fedeli che tanto meglio promuoveranno, anzi vivranno in pratica l'unione dei cristiani, quanto più si studieranno di condurre una vita conforme al Vangelo. Pertanto con quanta più stretta comunione saranno uniti col Padre, col Verbo e con lo Spirito Santo, con tanta più intima e facile azione potranno accrescere la mutua fraternità" (Nota 41: Ibid., 7].



Ut unum sint