Sacramentum caritatis IT


ESORTAZIONE APOSTOLICA

POSTSINODALE

SACRAMENTUM CARITATIS

DEL SANTO PADRE

BENEDETTO XVI

ALL'EPISCOPATO, AL CLERO

ALLE PERSONE CONSACRATE

E AI FEDELI LAICI

SULL'EUCARISTIA

FONTE E CULMINE DELLA VITA

E DELLA MISSIONE DELLA CHIESA


INTRODUZIONE

1 Sacramento della carità (1), la Santissima Eucaristia è il dono che Gesù Cristo fa di se stesso, rivelandoci l'amore infinito di Dio per ogni uomo. In questo mirabile Sacramento si manifesta l'amore « più grande », quello che spinge a « dare la vita per i propri amici » (Jn 15,13). Gesù, infatti, « li amò fino alla fine » (Jn 13,1). Con questa espressione, l'Evangelista introduce il gesto di infinita umiltà da Lui compiuto: prima di morire sulla croce per noi, messosi un asciugatoio attorno ai fianchi, Egli lava i piedi ai suoi discepoli. Allo stesso modo, Gesù nel Sacramento eucaristico continua ad amarci « fino alla fine », fino al dono del suo corpo e del suo sangue. Quale stupore deve aver preso il cuore degli Apostoli di fronte ai gesti e alle parole del Signore durante quella Cena! Quale meraviglia deve suscitare anche nel nostro cuore il Mistero eucaristico!

(1) Cfr S. Tommaso D'Aquino, Summa Theologiae III 73,3.


Il cibo della verità

2 Nel Sacramento dell'altare, il Signore viene incontro all'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1,27), facendosi suo compagno di viaggio. In questo Sacramento, infatti, il Signore si fa cibo per l'uomo affamato di verità e di libertà. Poiché solo la verità può renderci liberi davvero (cfr Jn 8,36), Cristo si fa per noi cibo di Verità. Con acuta conoscenza della realtà umana, sant'Agostino ha messo in evidenza come l'uomo si muova spontaneamente, e non per costrizione, quando si trova in relazione con ciò che lo attrae e suscita in lui desiderio. Domandandosi, allora, che cosa possa ultimamente muovere l'uomo nell'intimo, il santo Vescovo esclama: « Che cosa desidera l'anima più ardentemente della verità? » (2). Ogni uomo, infatti, porta in sé l'insopprimibile desiderio della verità, ultima e definitiva. Per questo, il Signore Gesù, « via, verità e vita » (Jn 14,6), si rivolge al cuore anelante dell'uomo, che si sente pellegrino e assetato, al cuore che sospira verso la fonte della vita, al cuore mendicante della Verità. Gesù Cristo, infatti, è la Verità fatta Persona, che attira a sé il mondo. « Gesù è la stella polare della libertà umana: senza di Lui essa perde il suo orientamento, poiché senza la conoscenza della verità la libertà si snatura, si isola e si riduce a sterile arbitrio. Con Lui, la libertà si ritrova » (3). Nel sacramento dell'Eucaristia Gesù ci mostra in particolare la verità dell'amore, che è la stessa essenza di Dio. È questa verità evangelica che interessa ogni uomo e tutto l'uomo. Per questo la Chiesa, che trova nell'Eucaristia il suo centro vitale, si impegna costantemente ad annunciare a tutti, opportune importune (cfr 2Tm 4,2), che Dio è amore (4). Proprio perché Cristo si è fatto per noi cibo di Verità, la Chiesa si rivolge all'uomo, invitandolo ad accogliere liberamente il dono di Dio.

(2) S. Agostino, In Iohannis Evangelium Tractatus, 26.5: PL 35, 1609.
(3) Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti all'Assemblea Plenaria della Congregazione per la Dottrina della fede (10 febbraio 2006) : AAS 98 (2006), 255.
(4) Cfr Benedetto XVI, Discorso ai Membri del Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi (1 giugno 2006): L'Osservatore Romano, 2 giugno 2006, p. 5.


Lo sviluppo del rito eucaristico

3 Guardando alla storia bimillenaria della Chiesa di Dio, guidata dalla sapiente azione dello Spirito Santo, ammiriamo, pieni di gratitudine, lo sviluppo, ordinato nel tempo, delle forme rituali in cui facciamo memoria dell'evento della nostra salvezza. Dalle molteplici forme dei primi secoli, che ancora splendono nei riti delle antiche Chiese di Oriente, fino alla diffusione del rito romano; dalle chiare indicazioni del Concilio di Trento e del Messale di san Pio V fino al rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano II: in ogni tappa della storia della Chiesa la Celebrazione eucaristica, quale fonte e culmine della sua vita e missione, risplende nel rito liturgico in tutta la sua multiforme ricchezza. La XI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, svoltasi dal 2 al 23 ottobre 2005 in Vaticano, ha espresso nei confronti di questa storia un profondo ringraziamento a Dio, riconoscendo operante in essa la guida dello Spirito Santo. In particolare, i Padri sinodali hanno constatato e ribadito il benefico influsso che la riforma liturgica attuata a partire dal Concilio ecumenico Vaticano II ha avuto per la vita della Chiesa (5). Il Sinodo dei Vescovi ha avuto la possibilità di valutare la sua ricezione dopo l'Assise conciliare. Moltissimi sono stati gli apprezzamenti. Le difficoltà ed anche taluni abusi rilevati, è stato affermato, non possono oscurare la bontà e la validità del rinnovamento liturgico, che contiene ancora ricchezze non pienamente esplorate. Si tratta in concreto di leggere i cambiamenti voluti dal Concilio all'interno dell'unità che caratterizza lo sviluppo storico del rito stesso, senza introdurre artificiose rotture (6).

(5) Cfr Propositio 2.
(6) Mi riferisco qui alla necessità di una ermeneutica della continuità anche in riferimento ad una corretta lettura dello sviluppo liturgico dopo il Concilio Vaticano II: cfr Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana (22 dicembre 2005): AAS 98 (2006), 44-45.


Il Sinodo dei Vescovi e l'Anno dell'Eucaristia

4 È necessario inoltre sottolineare il rapporto del recente Sinodo dei Vescovi sull'Eucaristia con quanto è accaduto negli ultimi anni nella vita della Chiesa. Innanzitutto, dobbiamo ricollegarci idealmente al Grande Giubileo del 2000, con il quale il mio amato Predecessore, il servo di Dio Giovanni Paolo II, ha introdotto la Chiesa nel terzo millennio cristiano. L'Anno Giubilare è stato indubbiamente caratterizzato in senso fortemente eucaristico. Non si può poi dimenticare che il Sinodo dei Vescovi è stato preceduto, ed in un certo senso anche preparato, dall'Anno dell'Eucaristia, voluto con grande lungimiranza da Giovanni Paolo II per tutta la Chiesa. Tale periodo, iniziato con il Congresso Eucaristico Internazionale a Guadalajara nell'ottobre 2004, si è concluso il 23 Ottobre 2005, al termine della XI Assemblea Sinodale, con la canonizzazione di cinque Beati, che si sono particolarmente distinti per la pietà eucaristica: il Vescovo Józef Bilczewski, i presbiteri Gaetano Catanoso, Zygmunt Gorazdowski e Alberto Hurtado Cruchaga, e il religioso cappuccino Felice da Nicosia. Grazie agli insegnamenti proposti da Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Mane nobiscum Domine (7) e ai preziosi suggerimenti della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (8), sono state numerose le iniziative che le diocesi e le diverse realtà ecclesiali hanno intrapreso per risvegliare ed accrescere nei credenti la fede eucaristica, per migliorare la cura delle celebrazioni e promuovere l'adorazione eucaristica, per incoraggiare una fattiva solidarietà che partendo dall'Eucaristia raggiungesse i bisognosi. Infine, è necessario menzionare l'importanza dell'ultima Enciclica del mio venerato Predecessore, Ecclesia de Eucharistia (9), con la quale egli ci ha lasciato un sicuro riferimento magisteriale sulla dottrina eucaristica e un'ultima testimonianza circa il posto centrale che questo divino Sacramento occupava nella sua esistenza.

(7) Cfr AAS 97 (2005), 337-352.
(8) Cfr Anno dell'Eucaristia: suggerimenti e proposte (15 ottobre 2004): L'Osservatore Romano, 15 ottobre 2004, Supplemento.
(9) Cfr AAS 95 (2003), 433-475. Si ricordi anche l'Istr. della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Redemptionis Sacramentum (25 marzo 2004): AAS 96 (2004), 549-601, voluta espressamente da Giovanni Paolo II.


Scopo della presente Esortazione

5 Questa Esortazione apostolica postsinodale ha lo scopo di riprendere la multiforme ricchezza di riflessioni e proposte emerse nella recente Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, – a partire dai Lineamenta fino alle Propositiones, passando attraverso l'Instrumentum laboris, le Relationes ante et post disceptationem, gli interventi dei Padri sinodali, degli auditores e dei delegati fraterni –, nell'intento di esplicitare alcune fondamentali linee di impegno, volte a destare nella Chiesa nuovo impulso e fervore eucaristico. Consapevoli del vasto patrimonio dottrinale e disciplinare accumulato nel corso dei secoli intorno a questo Sacramento (10), nel presente documento desidero soprattutto raccomandare, accogliendo il voto dei Padri sinodali (11), che il popolo cristiano approfondisca la relazione tra il Mistero eucaristico, l'azione liturgica e il nuovo culto spirituale derivante dall'Eucaristia, quale sacramento della carità.In questa prospettiva intendo porre la presente Esortazione in relazione con la mia prima Lettera enciclica Deus caritas est, nella quale ho parlato più volte del sacramento dell'Eucaristia per sottolineare il suo rapporto con l'amore cristiano, sia in riferimento a Dio che al prossimo: « Il Dio incarnato ci attrae tutti a sé. Da ciò si comprende come agape sia ora diventata anche un nome dell'Eucaristia: in essa l'agape di Dio viene a noi corporalmente per continuare il suo operare in noi e attraverso di noi » (12).

(10) Solo per ricordare i principali: Conc. Ecum. di Trento, Doctrina et canones de ss. Missae sacrificio,
DS 1738-1759; Leone XIII, Lett. enc. Mirae caritatis (28 maggio 1902): ASS (1903), 115-136; Pio XII, Lett. enc. Mediator Dei (20 novembre 1947): AAS 39 (1947), 521-595; Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei (3 settembre 1965): AAS 57 (1965), 753-774; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003): AAS 95 (2003), 433-475; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr. Eucharisticum mysterium (25 maggio 1967): AAS 59 (1967), 539-573; Istr. Liturgiam authenticam (28 marzo 2001): AAS 93 (2001), 685-726.
(11) Cfr Propositio 1.
(12) N. 14 : AAS 98 (2006), 229.


PRIMA PARTE

EUCARISTIA, MISTERO DA CREDERE

« Questa è l'opera di Dio: credere in colui

che egli ha mandato » (Jn 6,29)



La fede eucaristica della Chiesa

6 « Mistero della fede! ». Con questa espressione pronunciata immediatamente dopo le parole della consacrazione, il sacerdote proclama il mistero celebrato e manifesta il suo stupore di fronte alla conversione sostanziale del pane e del vino nel corpo e nel sangue del Signore Gesù, una realtà che supera ogni comprensione umana. In effetti, l'Eucaristia è per eccellenza « mistero della fede »: « è il compendio e la somma della nostra fede » (13). La fede della Chiesa è essenzialmente fede eucaristica e si alimenta in modo particolare alla mensa dell'Eucaristia. La fede e i Sacramenti sono due aspetti complementari della vita ecclesiale. Suscitata dall'annuncio della Parola di Dio, la fede è nutrita e cresce nell'incontro di grazia col Signore risorto che si realizza nei Sacramenti: « La fede si esprime nel rito e il rito rafforza e fortifica la fede » (14). Per questo, il Sacramento dell'altare sta sempre al centro della vita ecclesiale; « grazie all'Eucaristia la Chiesa rinasce sempre di nuovo! » (15). Quanto più viva è la fede eucaristica nel Popolo di Dio, tanto più profonda è la sua partecipazione alla vita ecclesiale mediante la convinta adesione alla missione che Cristo ha affidato ai suoi discepoli. Di ciò è testimone la stessa storia della Chiesa. Ogni grande riforma è legata, in qualche modo, alla riscoperta della fede nella presenza eucaristica del Signore in mezzo al suo popolo.

(13) Catechismo della Chiesa Cattolica,
CEC 1327.
(14) Propositio 16.



Santissima Trinità ed Eucaristia

Il pane disceso dal cielo

7 La prima realtà della fede eucaristica è il mistero stesso di Dio, amore trinitario. Nel dialogo di Gesù con Nicodemo, troviamo un'espressione illuminante a questo proposito: « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui » (Jn 3,16-17). Queste parole mostrano la radice ultima del dono di Dio. Gesù nell'Eucaristia dà non « qualche cosa » ma se stesso; egli offre il suo corpo e versa il suo sangue. In tal modo dona la totalità della propria esistenza, rivelando la fonte originaria di questo amore. Egli è l'eterno Figlio dato per noi dal Padre. Nel Vangelo ascoltiamo ancora Gesù che, dopo aver sfamato la moltitudine con la moltiplicazione dei pani e dei pesci, ai suoi interlocutori che lo avevano seguito fino alla sinagoga di Cafarnao, dice: « Il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo » (Jn 6,32-33), ed arriva ad identificare se stesso, la propria carne e il proprio sangue, con quel pane: « Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo » (Jn 6,51). Gesù si manifesta così come il pane della vita, che l'eterno Padre dona agli uomini.

Dono gratuito della Santissima Trinità


8 Nell'Eucaristia si rivela il disegno di amore che guida tutta la storia della salvezza (cfr Ep 1,10 Ep 3,8-11). In essa il Deus Trinitas, che in se stesso è amore (cfr 1Jn 4,7-8), si coinvolge pienamente con la nostra condizione umana. Nel pane e nel vino, sotto le cui apparenze Cristo si dona a noi nella cena pasquale (cfr Lc 22,14-20 1Co 11,23-26), è l'intera vita divina che ci raggiunge e si partecipa a noi nella forma del Sacramento. Dio è comunione perfetta di amore tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Già nella creazione l'uomo è chiamato a condividere in qualche misura il soffio vitale di Dio (cfr Gn 2,7). Ma è in Cristo morto e risorto e nell'effusione dello Spirito Santo, dato senza misura (cfr Jn 3,34), che siamo resi partecipi dell'intimità divina (16). Gesù Cristo, dunque, che « con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio » (He 9,14), nel dono eucaristico ci comunica la stessa vita divina. Si tratta di un dono assolutamente gratuito, che risponde soltanto alle promesse di Dio, compiute oltre ogni misura. La Chiesa accoglie, celebra, adora questo dono in fedele obbedienza. Il « mistero della fede » è mistero di amore trinitario, al quale siamo per grazia chiamati a partecipare. Anche noi dobbiamo pertanto esclamare con sant'Agostino « Se vedi la carità, vedi la Trinità » (17).

(15) Benedetto XVI, Omelia in occasione dell'insediamento sulla Cattedra Romana (7 maggio 2005): AAS 97 (2005), 752.
(16) Cfr Propositio 4.
(17) De Trinitate, VIII, 8, 12: CCL 50, 287.



Eucaristia: Gesù vero Agnello immolato

La nuova ed eterna alleanza nel sangue dell'Agnello


9 La missione per la quale Gesù è venuto fra noi giunge a compimento nel Mistero pasquale. Dall'alto della croce, dalla quale attira tutti a sé (cfr Jn 12,32), prima di « consegnare lo Spirito », Egli dice: « Tutto è compiuto » (Jn 19,30). Nel mistero della sua obbedienza fino alla morte, e alla morte di croce (cfr Ph 2,8), si è compiuta la nuova ed eterna alleanza. La libertà di Dio e la libertà dell'uomo si sono definitivamente incontrate nella sua carne crocifissa in un patto indissolubile, valido per sempre. Anche il peccato dell'uomo è stato espiato una volta per tutte dal Figlio di Dio (cfr He 7,27 1Jn 2,2 1Jn 4,10). Come ho già avuto modo di affermare, « nella sua morte in croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona per rialzare l'uomo e salvarlo – amore, questo, nella sua forma più radicale » (18). Nel Mistero pasquale si è realizzata davvero la nostra liberazione dal male e dalla morte. Nell'istituzione dell'Eucaristia Gesù stesso aveva parlato della « nuova ed eterna alleanza », stipulata nel suo sangue versato (cfr Mt 26,28 Mc 14,24 Lc 22,20). Questo scopo ultimo della sua missione era già ben evidente all'inizio della sua vita pubblica. Infatti, quando sulle rive del Giordano, Giovanni il Battista vede Gesù venire verso di lui, esclama: « Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo » (Jn 1,29). È significativo che la stessa espressione ricorra, ogni volta che celebriamo la santa Messa, nell'invito del sacerdote ad accostarsi all'altare: « Beati gli invitati alla cena del Signore, ecco l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo ». Gesù è il vero agnello pasquale che ha offerto spontaneamente se stesso in sacrificio per noi, realizzando così la nuova ed eterna alleanza. L'Eucaristia contiene in sé questa radicale novità, che si ripropone a noi in ogni celebrazione (19).

(18) Lett. enc. Deus caritas est (25 dicembre 2005) : AAS 98 (2006), 228.
(19) Cfr Propositio 3.


L'istituzione dell'Eucaristia


10 In tal modo siamo portati a riflettere sull'istituzione dell'Eucaristia nell'Ultima Cena. Ciò accadde nel contesto di una cena rituale che costituiva il memoriale dell'avvenimento fondante del popolo di Israele: la liberazione dalla schiavitù dell'Egitto. Questa cena rituale, legata all'immolazione degli agnelli (cfr Ex 12,1-28 Ex 12,43-51), era memoria del passato ma, nello stesso tempo, anche memoria profetica, ossia annuncio di una liberazione futura. Infatti, il popolo aveva sperimentato che quella liberazione non era stata definitiva, poiché la sua storia era ancora troppo segnata dalla schiavitù e dal peccato. Il memoriale dell'antica liberazione si apriva così alla domanda e all'attesa di una salvezza più profonda, radicale, universale e definitiva. È in questo contesto che Gesù introduce la novità del suo dono. Nella preghiera di lode, la Berakah, Egli ringrazia il Padre non solo per i grandi eventi della storia passata, ma anche per la propria « esaltazione ». Istituendo il sacramento dell'Eucaristia, Gesù anticipa ed implica il Sacrificio della croce e la vittoria della risurrezione. Al tempo stesso, Egli si rivela come il vero agnello immolato, previsto nel disegno del Padre fin dalla fondazione del mondo, come si legge nella Prima Lettera di Pietro (cfr 1P 1,18-20). Collocando in questo contesto il suo dono, Gesù manifesta il senso salvifico della sua morte e risurrezione, mistero che diviene realtà rinnovatrice della storia e del cosmo intero. L'istituzione dell'Eucaristia mostra, infatti, come quella morte, di per sé violenta ed assurda, sia diventata in Gesù supremo atto di amore e definitiva liberazione dell'umanità dal male.



Figura transit in veritatem


11 In questo modo Gesù inserisce il suo novum radicale all'interno dell'antica cena sacrificale ebraica. Quella cena per noi cristiani non è più necessario ripeterla. Come giustamente dicono i Padri, figura transit in veritatem: ciò che annunciava le realtà future ha ora lasciato il posto alla verità stessa. L'antico rito si è compiuto ed è stato superato definitivamente attraverso il dono d'amore del Figlio di Dio incarnato. Il cibo della verità, Cristo immolato per noi, dat ... figuris terminum (20). Con il comando « Fate questo in memoria di me » (Lc 22,19 1Co 11,25), Egli ci chiede di corrispondere al suo dono e di rappresentarlo sacramentalmente. Con queste parole, pertanto, il Signore esprime, per così dire, l'attesa che la sua Chiesa, nata dal suo sacrificio, accolga questo dono, sviluppando sotto la guida dello Spirito Santo la forma liturgica del Sacramento. Il memoriale del suo dono perfetto, infatti, non consiste nella semplice ripetizione dell'Ultima Cena, ma propriamente nell'Eucaristia, ossia nella novità radicale del culto cristiano. Gesù ci ha così lasciato il compito di entrare nella sua « ora »: « L'Eucaristia ci attira nell'atto oblativo di Gesù. Noi non riceviamo soltanto in modo statico il Logos incarnato, ma veniamo coinvolti nella dinamica della sua donazione » (21). Egli « ci attira dentro di sé » (22). La conversione sostanziale del pane e del vino nel suo corpo e nel suo sangue pone dentro la creazione il principio di un cambiamento radicale, come una sorta di « fissione nucleare », per usare un'immagine a noi oggi ben nota, portata nel più intimo dell'essere, un cambiamento destinato a suscitare un processo di trasformazione della realtà, il cui termine ultimo sarà la trasfigurazione del mondo intero, fino a quella condizione in cui Dio sarà tutto in tutti (cfr 1Co 15,28).

(20) Breviario Romano, Inno all'Ufficio delle Letture della solennità del Corpus Domini.
(21) Benedetto XVI, Lett. enc. Deus caritas est, (25 dicembre 2005) : AAS 98 (2006), 228.
(22) Cfr Benedetto XVI, Omelia sulla Spianata di Marienfeld (21 Agosto 2005): AAS 97 (2005), 891-892.



Lo Spirito Santo e l' Eucaristia

Gesù e lo Spirito Santo


12 Con la sua parola e con il pane ed il vino il Signore stesso ci ha offerto gli elementi essenziali del culto nuovo. La Chiesa, sua Sposa, è chiamata a celebrare il convito eucaristico giorno dopo giorno in memoria di Lui. Essa inscrive così il sacrificio redentore del suo Sposo nella storia degli uomini e lo rende presente sacramentalmente in tutte le culture. Questo grande mistero viene celebrato nelle forme liturgiche che la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, sviluppa nel tempo e nello spazio (23). A tale proposito è necessario risvegliare in noi la consapevolezza del ruolo decisivo esercitato dallo Spirito Santo nello sviluppo della forma liturgica e nell'approfondimento dei divini misteri. Il Paraclito, primo dono ai credenti (24), operante già nella creazione (cfr Gn 1,2), è pienamente presente in tutta l'esistenza del Verbo incarnato: Gesù Cristo, infatti, è concepito dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo (cfr Mt 1,18 Lc 1,35); all'inizio della sua missione pubblica, sulle rive del Giordano, lo vede scendere su di sé in forma di colomba (cfr Mt 3,16 e par); in questo stesso Spirito agisce, parla ed esulta (cfr Lc 10,21); ed è in Lui che egli può offrire se stesso (cfr He 9,14). Nei cosiddetti « discorsi di addio », riportati da Giovanni, Gesù mette in chiara relazione il dono della sua vita nel mistero pasquale con il dono dello Spirito ai suoi (cfr Jn 16,7). Una volta risorto, portando nella sua carne i segni della passione, Egli può effondere lo Spirito (cfr Jn 20,22), rendendo i suoi partecipi della sua stessa missione (cfr Jn 20,21). Sarà poi lo Spirito ad insegnare ai discepoli ogni cosa e a ricordare loro tutto ciò che Cristo ha detto (cfr Jn 14,26), perché spetta a Lui, in quanto Spirito di verità (cfr Jn 15,26), introdurre i discepoli alla verità tutta intera (cfr Jn 16,13). Nel racconto degli Atti lo Spirito discende sugli Apostoli radunati in preghiera con Maria nel giorno di Pentecoste (cfr Ac 2,1-4), e li anima alla missione di annunciare a tutti i popoli la buona novella. Pertanto, è in forza dell'azione dello Spirito che Cristo stesso rimane presente ed operante nella sua Chiesa, a partire dal suo centro vitale che è l'Eucaristia.

(23) Cfr Propositio 3.
(24) Cfr Messale Romano, Preghiera Eucaristica IV.


Spirito Santo e Celebrazione eucaristica


13 In questo orizzonte si comprende il ruolo decisivo dello Spirito Santo nella Celebrazione eucaristica ed in particolare in riferimento alla transustanziazione. La consapevolezza di ciò è ben documentabile nei Padri della Chiesa. San Cirillo di Gerusalemme, nelle sue Catechesi, ricorda che noi « invochiamo Dio misericordioso di inviare il suo Santo Spirito sulle oblate che ci stanno dinanzi, affinché Egli trasformi il pane in corpo di Cristo e il vino in sangue di Cristo. Ciò che lo Spirito Santo tocca è santificato e trasformato totalmente ».(25) Anche san Giovanni Crisostomo rileva che il sacerdote invoca lo Spirito Santo quando celebra il Sacrificio: (26) come Elia, il ministro – egli dice – attira lo Spirito Santo affinché « discendendo la grazia sulla vittima si accendano per mezzo di essa le anime di tutti ».(27) È quanto mai necessaria per la vita spirituale dei fedeli una coscienza più chiara della ricchezza dell'anafora: insieme alle parole pronunciate da Cristo nell'Ultima Cena, essa contiene l'epiclesi, quale invocazione al Padre perché faccia discendere il dono dello Spirito affinché il pane e il vino diventino il corpo ed il sangue di Gesù Cristo e perché « la comunità tutta intera diventi sempre più corpo di Cristo ».(28) Lo Spirito, invocato dal celebrante sui doni del pane e del vino posti sull'altare, è il medesimo che riunisce i fedeli « in un solo corpo », rendendoli un'offerta spirituale gradita al Padre.(29)

(25) Catechesi XXIII, 7: PG 33, 1114 s.
(26) Cfr Sul Sacerdozio, VI, 4: PG 48, 681.
(27) Ibidem, III, 4: PG 48, 642.
(28) Propositio 22.
(29) Cfr Propositio 42: « Questo incontro eucaristico si realizza nello Spirito Santo che ci trasforma e santifica. Egli risveglia nel discepolo la volontà decisa di annunciare agli altri, con audacia, quanto si è ascoltato e vissuto, per condurre anche loro allo stesso incontro con Cristo. In questo modo, il discepolo, inviato dalla Chiesa, si apre ad una missione senza frontiere ».



Eucaristia e Chiesa

Eucaristia principio causale della Chiesa


14 Attraverso il Sacramento eucaristico Gesù coinvolge i fedeli nella sua stessa « ora »; in tal modo Egli ci mostra il legame che ha voluto tra sé e noi, tra la sua persona e la Chiesa. Infatti, Cristo stesso nel sacrificio della croce ha generato la Chiesa come sua sposa e suo corpo. I Padri della Chiesa hanno lungamente meditato sulla relazione tra l'origine di Eva dal fianco di Adamo dormiente (cfr Gn 2,21-23) e della nuova Eva, la Chiesa, dal fianco aperto di Cristo, immerso nel sonno della morte: dal costato trafitto, racconta Giovanni, uscì sangue ed acqua (cfr Jn 19,34), simbolo dei sacramenti.(30) Uno sguardo contemplativo « a colui che hanno trafitto » (Jn 19,37) ci porta a considerare il legame causale tra il sacrificio di Cristo, l'Eucaristia e la Chiesa. La Chiesa, in effetti, « vive dell'Eucaristia ».(31) Poiché in essa si rende presente il sacrificio redentore di Cristo, si deve innanzitutto riconoscere che « c'è un influsso causale dell'Eucaristia alle origini stesse della Chiesa ».(32) L'Eucaristia è Cristo che si dona a noi, edificandoci continuamente come suo corpo. Pertanto, nella suggestiva circolarità tra Eucaristia che edifica la Chiesa e Chiesa stessa che fa l'Eucaristia,(33) la causalità primaria è quella espressa nella prima formula: la Chiesa può celebrare e adorare il mistero di Cristo presente nell'Eucaristia proprio perché Cristo stesso si è donato per primo ad essa nel sacrificio della Croce. La possibilità per la Chiesa di « fare » l'Eucaristia è tutta radicata nella donazione che Cristo le ha fatto di se stesso. Anche qui scopriamo un aspetto convincente della formula di san Giovanni: « Egli ci ha amati per primo » (1Jn 4,19). Così anche noi in ogni celebrazione confessiamo il primato del dono di Cristo. L'influsso causale dell'Eucaristia all'origine della Chiesa rivela in definitiva la precedenza non solo cronologica ma anche ontologica del suo averci amati « per primo ». Egli è per l'eternità colui che ci ama per primo.

(30) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, LG 3; ad esempio, si veda S. Giovanni Crisostomo, Catechesi 3,13-19: SC 50,174-177.
(31) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), EE 1: AAS 95 (2003), 433.
(32) Ibidem, EE 21: AAS 95 (2003), 447.
(33) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979), RH 20: AAS 71 (1979), 309-316; Lett. ap. Dominicae Cenae (24 febbraio 1980), 4: AAS 72 (1980), 119-121.


Eucaristia e comunione ecclesiale


15 L'Eucaristia, dunque, è costitutiva dell'essere e dell'agire della Chiesa. Per questo l'antichità cristiana designava con le stesse parole Corpus Christi il Corpo nato dalla Vergine Maria, il Corpo eucaristico e il Corpo ecclesiale di Cristo.(34) Questo dato ben presente nella tradizione ci aiuta ad accrescere in noi la consapevolezza dell'inseparabilità tra Cristo e la Chiesa. Il Signore Gesù, offrendo se stesso in sacrificio per noi, ha efficacemente preannunciato nel suo dono il mistero della Chiesa. È significativo che la seconda preghiera eucaristica, invocando il Paraclito, formuli in questo modo la preghiera per l'unità della Chiesa: « per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo ». Questo passaggio fa ben comprendere come la res del Sacramento eucaristico sia l'unità dei fedeli nella comunione ecclesiale. L'Eucaristia si mostra così alla radice della Chiesa come mistero di comunione.(35)

Sulla relazione tra Eucaristia e communio aveva già attirato l'attenzione il servo di Dio Giovanni Paolo II nella sua Enciclica Ecclesia de Eucharistia. Egli ha parlato del memoriale di Cristo come della « suprema manifestazione sacramentale della comunione nella Chiesa ».(36) L'unità della comunione ecclesiale si rivela concretamente nelle comunità cristiane e si rinnova nell'atto eucaristico che le unisce e le differenzia in Chiese particolari, « in quibus et ex quibus una et unica Ecclesia catholica exsistit ».(37) Proprio la realtà dell'unica Eucaristia che viene celebrata in ogni Diocesi intorno al proprio Vescovo ci fa comprendere come le stesse Chiese particolari sussistano in e ex Ecclesia. Infatti, « l'unicità e indivisibilità del Corpo eucaristico del Signore implica l'unicità del suo Corpo mistico, che è la Chiesa una ed indivisibile. Dal centro eucaristico sorge la necessaria apertura di ogni comunità celebrante, di ogni Chiesa particolare: attratta tra le braccia aperte del Signore, essa viene inserita nel suo Corpo, unico ed indiviso ».(38) Per questo motivo nella celebrazione dell'Eucaristia, ogni fedele si trova nella sua Chiesa, cioè nella Chiesa di Cristo. In questa prospettiva eucaristica, adeguatamente compresa, la comunione ecclesiale si rivela realtà per natura sua cattolica.(39) Sottolineare questa radice eucaristica della comunione ecclesiale può contribuire efficacemente anche al dialogo ecumenico con le Chiese e con le Comunità ecclesiali non in piena comunione con la Sede di Pietro. Infatti, l'Eucaristia stabilisce obiettivamente un forte legame di unità tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse, che hanno conservato la genuina e integra natura del mistero dell'Eucaristia. Al tempo stesso, il rilievo dato al carattere ecclesiale dell'Eucaristia può diventare elemento privilegiato nel dialogo anche con le Comunità nate dalla Riforma.(40)

(34) Cfr Propositio 5.
(35) S. Tommaso D'Aquino, Summa Theologiae,
III 80,4.
(36) N. 38: AAS 95 (2003), 458.
(37) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, LG 23.
(38) Congregazione per la Dottrina della fede, Lettera su alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione Communionis Notio (28 maggio 1992), 11: AAS 85 (1993), 844-845.
(39) Propositio 5: « Il termine “cattolico” esprime l'universalità proveniente dall'unità che l'Eucaristia, celebrata in ogni Chiesa, favorisce ed edifica. Le Chiese particolari nella Chiesa universale hanno così, nell'Eucaristia, il compito di rendere visibile la loro propria unità e la loro diversità. Questo legame di amore fraterno lascia trasparire la comunione trinitaria. I concili e i sinodi esprimono nella storia quest'aspetto fraterno della Chiesa ».
(40) Cfr ibidem.



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