Sacramentum caritatis IT 49

Scambio della pace


49 L'Eucaristia è per sua natura Sacramento della pace. Questa dimensione del Mistero eucaristico trova nella Celebrazione liturgica specifica espressione nel rito dello scambio della pace. Si tratta indubbiamente di un segno di grande valore (cfr Jn 14,27). Nel nostro tempo, così spaventosamente carico di conflitti, questo gesto acquista, anche dal punto di vista della sensibilità comune, un particolare rilievo in quanto la Chiesa avverte sempre più come compito proprio quello di implorare dal Signore il dono della pace e dell'unità per se stessa e per l'intera famiglia umana. La pace è certamente un anelito insopprimibile, presente nel cuore di ciascuno. La Chiesa si fa voce della domanda di pace e di riconciliazione che sale dall'animo di ogni persona di buona volontà, rivolgendola a Colui che « è la nostra pace » (Ep 2,14) e che può rappacificare popoli e persone, anche dove falliscono i tentativi umani. Da tutto ciò si comprende l'intensità con cui spesso il rito della pace è sentito nella Celebrazione liturgica. A questo proposito, tuttavia, durante il Sinodo dei Vescovi è stata rilevata l'opportunità di moderare questo gesto, che può assumere espressioni eccessive, suscitando qualche confusione nell'assemblea proprio prima della Comunione. È bene ricordare come non tolga nulla all'alto valore del gesto la sobrietà necessaria a mantenere un clima adatto alla celebrazione, per esempio facendo in modo di limitare lo scambio della pace a chi sta più vicino.(150)

(150) Tenendo conto di consuetudini antiche e venerabili e dei desideri espressi dai Padri sinodali, ho chiesto ai competenti Dicasteri di studiare la possibilità di collocare lo scambio della pace in altro momento, ad esempio prima della presentazione dei doni all'altare. Tale scelta, peraltro, non mancherebbe di suscitare un significativo richiamo all'ammonimento del Signore sulla necessaria riconciliazione previa ad ogni offerta a Dio (cfr Mt 5,23s): cfr Propositio 23.


Distribuzione e ricezione dell'Eucaristia


50 Un altro momento della celebrazione a cui è necessario accennare è la distribuzione e la ricezione della santa Comunione. Chiedo a tutti, in particolare ai ministri ordinati e a coloro che, adeguatamente preparati, in caso di reale necessità, vengono autorizzati al ministero della distribuzione dell'Eucaristia, di fare il possibile perché il gesto nella sua semplicità corrisponda al suo valore di incontro personale con il Signore Gesù nel Sacramento. Per quanto riguarda le prescrizioni per la corretta prassi rimando ai documenti recentemente emanati.(151) Tutte le comunità cristiane si attengano fedelmente alle norme vigenti, vedendo in esse l'espressione della fede e dell'amore che tutti dobbiamo avere nei confronti di questo sublime Sacramento. Inoltre, non venga trascurato il tempo prezioso del ringraziamento dopo la Comunione: oltre all'esecuzione di un canto opportuno, assai utile può essere anche il rimanere raccolti in silenzio.(152)

A questo proposito, vorrei richiamare l'attenzione ad un problema pastorale in cui frequentemente accade di imbattersi nel nostro tempo. Mi riferisco al fatto che in alcune circostanze, come ad esempio nelle sante Messe celebrate in occasione di matrimoni, funerali o eventi analoghi, sono presenti alla celebrazione, oltre ai fedeli praticanti, anche altri che magari da anni non si accostano all'altare, o forse si trovano in una situazione di vita che non permette l'accesso ai Sacramenti. Altre volte capita che siano presenti persone di altre confessioni cristiane o addirittura di altre religioni. Circostanze simili si verificano anche in chiese che sono meta di visitatori, soprattutto nelle grandi città d'arte. Si comprende la necessità che si trovino allora modi brevi ed incisivi per richiamare tutti al senso della comunione sacramentale e alle condizioni per la sua ricezione. Laddove vi siano situazioni in cui non sia possibile garantire la doverosa chiarezza sul significato dell'Eucaristia, si deve valutare l'opportunità di sostituire la Celebrazione eucaristica con una celebrazione della Parola di Dio.(153)

(151) Cfr Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr. Redemptionis Sacramentum -96: AAS 96 (2004), 574-577.
(152) Cfr Propositio 34.
(153) Cfr Propositio 35.


Il congedo: « Ite, missa est »


51 Infine, vorrei soffermarmi su quanto i Padri sinodali hanno detto circa il saluto di congedo al termine della Celebrazione eucaristica. Dopo la benedizione, il diacono o il sacerdote congeda il popolo con le parole: Ite, missa est. In questo saluto ci è dato di cogliere il rapporto tra la Messa celebrata e la missione cristiana nel mondo. Nell'antichità « missa » significava semplicemente « dimissione ». Tuttavia essa ha trovato nell'uso cristiano un significato sempre più profondo. L'espressione « dimissione », in realtà, si trasforma in « missione ». Questo saluto esprime sinteticamente la natura missionaria della Chiesa. Pertanto, è bene aiutare il Popolo di Dio ad approfondire questa dimensione costitutiva della vita ecclesiale, traendone spunto dalla liturgia. In questa prospettiva può essere utile disporre di testi, opportunamente approvati, per l'orazione sul popolo e la benedizione finale che esplicitino tale legame.(154)

(154) Cfr Propositio 24.



Actuosa participatio

Autentica partecipazione


52 Il Concilio Vaticano II aveva posto giustamente una particolare enfasi sulla partecipazione attiva, piena e fruttuosa dell'intero Popolo di Dio alla Celebrazione eucaristica.(155) Certamente, il rinnovamento attuato in questi anni ha favorito notevoli progressi nella direzione auspicata dai Padri conciliari. Tuttavia, non dobbiamo nasconderci il fatto che a volte si è manifestata qualche incomprensione precisamente circa il senso di questa partecipazione. Conviene pertanto mettere in chiaro che con tale parola non si intende fare riferimento ad una semplice attività esterna durante la celebrazione. In realtà, l'attiva partecipazione auspicata dal Concilio deve essere compresa in termini più sostanziali, a partire da una più grande consapevolezza del mistero che viene celebrato e del suo rapporto con l'esistenza quotidiana. Ancora pienamente valida è la raccomandazione della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, che esortava i fedeli a non assistere alla liturgia eucaristica « come estranei o muti spettatori », ma a partecipare « all'azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente ».(156) Il Concilio proseguiva sviluppando la riflessione: i fedeli « formati dalla Parola di Dio, si nutrano alla mensa del Corpo del Signore; rendano grazie a Dio; offrendo la vittima senza macchia, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui, imparino ad offrire se stessi, e di giorno in giorno, per mezzo di Cristo Mediatore siano perfezionati nell'unità con Dio e tra di loro ».(157)

(155) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium,
SC 14-20 SC 30s; SC 48s; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr. Redemptionis Sacramentum -42: AAS 96 (2004), 561-564.
(156) SC 48.
(157) Ibidem SC 48.


Partecipazione e ministero sacerdotale


53 La bellezza e l'armonia dell'azione liturgica trovano una significativa espressione nell'ordine con cui ciascuno è chiamato a partecipare attivamente. Ciò comporta il riconoscimento dei diversi ruoli gerarchici implicati nella celebrazione stessa. È utile ricordare che la partecipazione attiva ad essa non coincide di per sé con lo svolgimento di un ministero particolare. Soprattutto non giova alla causa della partecipazione attiva dei fedeli una confusione che venisse ingenerata dalla incapacità di distinguere, nella comunione ecclesiale, i diversi compiti spettanti a ciascuno.(158) In particolare, è necessario che vi sia chiarezza riguardo ai compiti specifici del sacerdote. Egli è in modo insostituibile, come attesta la tradizione della Chiesa, colui che presiede l'intera Celebrazione eucaristica, dal saluto iniziale alla benedizione finale. In forza dell'Ordine sacro ricevuto, egli rappresenta Gesù Cristo, capo della Chiesa e, nel modo suo proprio, anche la Chiesa stessa.(159) Ogni celebrazione dell'Eucaristia, infatti, è guidata dal Vescovo, « o personalmente, o per mezzo dei presbiteri suoi collaboratori ».(160) Egli è coadiuvato dal diacono, il quale ha nella celebrazione alcuni compiti specifici: preparare l'altare e prestare servizio al sacerdote, annunciare il Vangelo, eventualmente tenere l'omelia, proporre ai fedeli le intenzioni della preghiera universale, distribuire ai fedeli l'Eucaristia.(161) In relazione a questi ministeri, legati al sacramento dell'Ordine, si pongono anche altri ministeri per il servizio liturgico, lodevolmente svolti da religiosi e laici preparati.(162)

(158) Cfr Congregazione per il Clero e altri Dicasteri della Curia Romana, Istr. su alcune questioni circa la collaborazione dei laici nel ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997): AAS 89 (1997), 852-877.
(159) Cfr Propositio 33.
(160) .
(161) Cfr .
(162) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'apostolato dei laici Apostolicam actuositatem,
AA 24; -111; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr. Redemptionis Sacramentum -47: AAS 96 (2004), 564-566; Propositio 33: « Questi ministeri devono essere introdotti secondo uno specifico mandato e secondo le reali esigenze della comunità che celebra. Le persone incaricate di questi servizi liturgici laicali devono essere scelte accuratamente, ben preparate e accompagnate con una formazione permanente. La loro nomina deve essere a tempo. Queste persone devono essere conosciute dalla comunità e devono ricevere da essa anche un grato riconoscimento ».


Celebrazione eucaristica e inculturazione


54 A partire dalle affermazioni fondamentali del Concilio Vaticano II, è stata sottolineata più volte l'importanza della partecipazione attiva dei fedeli al Sacrificio eucaristico. Per favorire questo coinvolgimento si può fare spazio ad alcuni adattamenti appropriati ai diversi contesti e alle differenti culture.(163) Il fatto che vi siano stati alcuni abusi non oscura la chiarezza di questo principio, che deve essere mantenuto secondo le reali necessità della Chiesa, la quale vive e celebra il medesimo mistero di Cristo in situazioni culturali differenti. Il Signore Gesù, infatti, proprio nel mistero dell'Incarnazione, nascendo da donna come perfetto uomo (cfr Ga 4,4), si è posto in diretto rapporto non soltanto con le attese presenti all'interno dell'Antico Testamento, ma anche con quelle coltivate da tutti i popoli. Con ciò Egli ha mostrato che Dio intende raggiungerci nel nostro contesto vitale. Pertanto, per una più efficace partecipazione dei fedeli ai santi Misteri è utile la prosecuzione del processo di inculturazione nell'ambito della Celebrazione eucaristica, tenendo conto delle possibilità di adattamento offerte dall'Ordinamento Generale del Messale Romano,(164) interpretate alla luce dei criteri fissati dalla IV Istruzione della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti Varietates legitimae del 25 gennaio 1994 (165), e dalle direttive espresse dal Papa Giovanni Paolo II nelle Esortazioni postsinodali Ecclesia in Africa, Ecclesia in America, Ecclesia in Asia, Ecclesia in Oceania, Ecclesia in Europa.(166) A questo scopo raccomando alle Conferenze episcopali di agire favorendo il giusto equilibrio tra criteri e direttive già emanate e nuovi adattamenti,(167) sempre in accordo con la Sede Apostolica.

(163) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, SC 37-42.
(164) Cfr -399.
(165) AAS 87 (1995), 288-314.
(166) Esort. ap. postsinodale Ecclesia in Africa -71: AAS 88 (1996), 34-47; Esort. ap. postsinodale Ecclesia in America .40.64.70-72: AAS 91 (1999), 752-753; 775-776; 799; 805-809; Esort. ap. postsinodale Ecclesia in Asia s.: AAS 92 (2000), 482-487; Esort. ap. postsinodale Ecclesia in Oceania (22 novembre 2001), 16: AAS 94 (2002), 382-384; Esort. ap. postsinodale Ecclesia in Europa -60: AAS 95 (2003), 685-686.
(167) Cfr Propositio 26.


Condizioni personali per una « actuosa participatio »


55 Considerando il tema dell'actuosa participatio dei fedeli al sacro rito, i Padri sinodali hanno dato rilievo anche alle condizioni personali in cui ciascuno deve trovarsi per una fruttuosa partecipazione.(168) Una di queste è certamente lo spirito di costante conversione che deve caratterizzare la vita di tutti i fedeli. Non ci si può aspettare una partecipazione attiva alla liturgia eucaristica, se ci si accosta ad essa superficialmente, senza prima interrogarsi sulla propria vita. Favoriscono tale disposizione interiore, ad esempio, il raccoglimento ed il silenzio, almeno qualche istante prima dell'inizio della liturgia, il digiuno e, quando necessario, la Confessione sacramentale. Un cuore riconciliato con Dio abilita alla vera partecipazione. In particolare, occorre richiamare i fedeli al fatto che un'actuosa participatio ai santi Misteri non può aversi se non si cerca al tempo stesso di prendere parte attivamente alla vita ecclesiale nella sua integralità, che comprende pure l'impegno missionario di portare l'amore di Cristo dentro la società.

Senza dubbio, la piena partecipazione all'Eucaristia si ha quando ci si accosta anche personalmente all'altare per ricevere la Comunione.(169) Tuttavia, si deve fare attenzione a che questa giusta affermazione non introduca un certo automatismo tra i fedeli, quasi che per il solo fatto di trovarsi in chiesa durante la liturgia si abbia il diritto o forse anche il dovere di accostarsi alla Mensa eucaristica. Anche quando non è possibile accostarsi alla comunione sacramentale, la partecipazione alla santa Messa rimane necessaria, valida, significativa e fruttuosa. È bene in queste circostanze coltivare il desiderio della piena unione con Cristo con la pratica, ad esempio, della comunione spirituale, ricordata da Giovanni Paolo II (170) e raccomandata da Santi maestri di vita spirituale.(171)

(168) Cfr Propositio 35; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium,
SC 11.
(169) Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, CEC 1388; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, SC 55.
(170) Cfr Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), EE 34: AAS 95 (2003), 456.
(171) Quali, ad esempio, S. Tommaso d'Aquino, Summa. Theologiae, III 80,1-2; S. Teresa di Gesù, Cammino di perfezione, cap. CV 35. La dottrina è stata autorevolmente confermata dal Concilio di Trento, sess. XIII, c. VIII.


Partecipazione dei cristiani non cattolici


56 Con il tema della partecipazione ci troviamo inevitabilmente a trattare dei cristiani appartenenti a Chiese o a Comunità ecclesiali che non sono in piena comunione con la Chiesa Cattolica. A questo proposito, si deve dire che l'intrinseco legame esistente tra Eucaristia e unità della Chiesa, da una parte, ci fa desiderare ardentemente il giorno in cui potremo celebrare insieme con tutti i credenti in Cristo la divina Eucaristia ed esprimere così visibilmente la pienezza dell'unità che Cristo ha voluto per i suoi discepoli (cfr Jn 17,21). Dall'altra parte, il rispetto che dobbiamo al sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo ci impedisce di farne un semplice « mezzo » da usarsi indiscriminatamente per raggiungere questa stessa unità.(172) L'Eucaristia, infatti, non manifesta solo la nostra personale comunione con Gesù Cristo, ma implica anche la piena communio con la Chiesa. Questo è, pertanto, il motivo per cui con dolore, ma non senza speranza, chiediamo ai cristiani non cattolici di comprendere e rispettare la nostra convinzione che si rifà alla Bibbia e alla Tradizione. Noi riteniamo che la Comunione eucaristica e la comunione ecclesiale si appartengano così intimamente da rendere generalmente impossibile accedere all'una senza godere dell'altra, da parte di cristiani non cattolici. Ancora più priva di senso sarebbe una vera e propria concelebrazione con ministri di Chiese o Comunità ecclesiali non in piena comunione con la Chiesa Cattolica. Resta tuttavia vero che, in vista dell'eterna salvezza, vi è la possibilità dell'ammissione di singoli cristiani non cattolici all'Eucaristia, al sacramento della Penitenza e all'Unzione degli infermi. Ciò suppone però il verificarsi di determinate ed eccezionali situazioni connotate da precise condizioni.(173) Esse sono indicate con chiarezza nel Catechismo della Chiesa Cattolica (174) e nel suo Compendio.(175) È dovere di ciascuno attenervisi fedelmente.

(172) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ut unum sint (25 maggio 1995), UUS 8: AAS 87 (1995), 925-926.
(173) Cfr Propositio 41; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo Unitatis redintegratio, UR 8 UR 15; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ut unum sint (25 maggio 1995), UUS 46: AAS 87 (1995), 948; Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), EE 45-46: AAS 95 (2003), 463-464; Codice di Diritto Canonico, can. CIC 844 §§ 3-4; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. CIO 671 §§ 3-4; Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani, Directoire pour l'application des principes et des normes sur l'oecuménisme (25 marzo 1993), 125, 129- 131: AAS 85 (1993), 1087, 1088-1089.
(174) Cfr CEC 1398-1401.
(175) Cfr N. 293.


Partecipazione attraverso i mezzi di comunicazione


57 A causa dello sviluppo formidabile dei mezzi di comunicazione, negli ultimi decenni la parola « partecipazione » ha acquistato un significato più ampio che in passato. Tutti riconosciamo con soddisfazione che questi strumenti offrono nuove possibilità anche in riferimento alla Celebrazione eucaristica.(176) Ciò richiede dagli operatori pastorali del settore una specifica preparazione ed un vivo senso di responsabilità. Infatti, la santa Messa trasmessa alla televisione inevitabilmente acquista un certo carattere di esemplarità. Si deve fare perciò particolare attenzione perché la celebrazione, oltre a svolgersi in luoghi degni e ben preparati, rispetti le norme liturgiche.

Infine, quanto al valore della partecipazione alla santa Messa resa possibile dai mezzi di comunicazione, chi assiste a tali trasmissioni deve sapere che, in condizioni normali, non adempie al precetto festivo. Infatti, il linguaggio dell'immagine rappresenta la realtà, ma non la riproduce in se stessa.(177) Se è assai lodevole che anziani e malati partecipino alla santa Messa festiva attraverso le trasmissioni radiotelevisive, non altrettanto potrebbe dirsi di chi, mediante tali trasmissioni, volesse dispensarsi dall'andare in chiesa per partecipare alla Celebrazione eucaristica nell'assemblea della Chiesa viva.

(176) Cfr Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istr. past. sulle Comunicazioni Sociali nel 20(o) Anniversario della « Communio et Progressio » Aetatis novae (22 febbraio 1992): AAS 84 (1992), 447-468.
(177) Cfr Propositio 29.


« \IActuosa participatio\i » \Idegli infermi


58 Considerando la condizione di coloro che per motivi di salute o di età non possono recarsi nei luoghi di culto, vorrei richiamare l'attenzione di tutta la comunità ecclesiale sulla necessità pastorale di assicurare l'assistenza spirituale ai malati, a quelli che restano nelle proprie case o che si trovano in ospedale. Più volte nel Sinodo dei Vescovi si è fatto cenno alla loro condizione. Occorre fare in modo che questi nostri fratelli possano accostarsi con frequenza alla Comunione sacramentale. Rinforzando in tal modo il rapporto con Cristo crocifisso e risorto, potranno sentire la propria esistenza pienamente inserita nella vita e nella missione della Chiesa mediante l'offerta della propria sofferenza in unione col sacrificio di nostro Signore. Un'attenzione particolare deve essere riservata ai disabili; là dove la loro condizione lo permette, la comunità cristiana deve favorire la loro partecipazione alla celebrazione nel luogo di culto. In proposito, si faccia in modo che siano rimossi negli edifici sacri eventuali ostacoli architettonici che impediscono ai disabili l'accesso. Infine, venga assicurata anche la comunione eucaristica, per quanto possibile, ai disabili mentali, battezzati e cresimati: essi ricevono l'Eucaristia nella fede anche della famiglia o della comunità che li accompagna.(178)

(178) Cfr Propositio 44.


L'attenzione per i carcerati


59 La tradizione spirituale della Chiesa, sulla scorta di una precisa parola di Cristo (cfr Mt 25,36), ha individuato nella visita ai carcerati una delle opere di misericordia corporale. Coloro che si trovano in questa situazione hanno particolarmente bisogno di essere visitati dal Signore stesso nel sacramento dell'Eucaristia. Sperimentare la vicinanza della comunità ecclesiale, partecipare all'Eucaristia e ricevere la santa Comunione in un periodo della vita così particolare e doloroso può sicuramente contribuire alla qualità del proprio cammino di fede e favorire il pieno ricupero sociale della persona. Interpretando i desideri espressi nell'Assemblea sinodale chiedo alle Diocesi di fare in modo che, nei limiti del possibile, vi sia un adeguato investimento di forze nell'attività pastorale rivolta alla cura spirituale dei detenuti.(179)

(179) Cfr Propositio 48.


I migranti e la partecipazione all'Eucaristia


60 Toccando il problema di coloro che per diversi motivi sono costretti a lasciare la propria terra, il Sinodo ha espresso particolare gratitudine verso quanti sono impegnati nella cura pastorale dei migranti. In questo contesto, un'attenzione specifica deve essere data a quei migranti che appartengono alle Chiese cattoliche orientali e per i quali, al distacco dalla propria casa, si aggiunge la difficoltà di non poter partecipare alla liturgia eucaristica secondo il proprio rito di appartenenza. Per questo, dove è possibile, venga loro concesso di essere assistiti dai sacerdoti del loro rito. In ogni caso, chiedo ai Vescovi di accogliere nella carità di Cristo questi fratelli. L'incontro di fedeli di riti diversi può diventare anche occasione di vicendevole arricchimento. In particolare, penso al giovamento che può derivare, soprattutto per il clero, dalla conoscenza delle diverse tradizioni.(180)

(180) Tale conoscenza può essere effettuata anche negli anni di formazione dei candidati al sacerdozio in seminario attraverso opportune iniziative: cfr Propositio 45.


Le grandi concelebrazioni


61 L'Assemblea sinodale si è soffermata a considerare la qualità della partecipazione nelle grandi celebrazioni che avvengono in circostanze particolari, in cui vi sono, oltre ad un grande numero di fedeli, anche molti sacerdoti concelebranti.(181) Da una parte, è facile riconoscere il valore di questi momenti, specialmente quando presiede il Vescovo attorniato dal suo presbiterio e dai diaconi. Dall'altra, in tali circostanze possono verificarsi problemi quanto all'espressione sensibile dell'unità del presbiterio, specialmente nella preghiera eucaristica, e quanto alla distribuzione della santa Comunione. Si deve evitare che tali grandi concelebrazioni creino dispersione. A ciò si provveda con strumenti adeguati di coordinamento e sistemando il luogo di culto in modo da consentire ai presbiteri e ai fedeli la piena e reale partecipazione. Comunque, occorre tener presente che si tratta di concelebrazioni d'indole eccezionale e limitate a situazioni straordinarie.

(181) Cfr Propositio 37.


La lingua latina

62 Quanto affermato non deve, tuttavia, mettere in ombra il valore di queste grandi liturgie. Penso in questo momento, in particolare, alle celebrazioni che avvengono durante incontri internazionali, oggi sempre più frequenti. Esse devono essere giustamente valorizzate. Per meglio esprimere l'unità e l'universalità della Chiesa, vorrei raccomandare quanto suggerito dal Sinodo dei Vescovi, in sintonia con le direttive del Concilio Vaticano II: (182) eccettuate le letture, l'omelia e la preghiera dei fedeli, è bene che tali celebrazioni siano in lingua latina; così pure siano recitate in latino le preghiere più note (183) della tradizione della Chiesa ed eventualmente eseguiti brani in canto gregoriano. Più in generale, chiedo che i futuri sacerdoti, fin dal tempo del seminario, siano preparati a comprendere e a celebrare la santa Messa in latino, nonché a utilizzare testi latini e a eseguire il canto gregoriano; non si trascuri la possibilità che gli stessi fedeli siano educati a conoscere le più comuni preghiere in latino, come anche a cantare in gregoriano certe parti della liturgia.(184)

(182) Cfr Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium,
SC 36 e SC 54.
(183) Propositio 36.
(184) Cfr ibidem.


Celebrazioni eucaristiche in piccoli gruppi


63 Una situazione assai diversa è quella che si viene a creare in alcune circostanze pastorali in cui, proprio per una partecipazione più consapevole, attiva e fruttuosa, si favoriscono le celebrazioni in piccoli gruppi. Pur riconoscendo la valenza formativa sottesa a queste scelte, è necessario precisare che esse devono essere armonizzate con l'insieme della proposta pastorale della Diocesi. Infatti, tali esperienze perderebbero il loro carattere pedagogico, se fossero sentite in antagonismo o in parallelo rispetto alla vita della Chiesa particolare. A tale proposito, il Sinodo ha evidenziato alcuni criteri ai quali attenersi: i piccoli gruppi devono servire a unificare la comunità, non a frammentarla; ciò deve trovare convalida nella prassi concreta; questi gruppi devono favorire la partecipazione fruttuosa dell'intera assemblea e preservare, per quanto possibile, l'unità della vita liturgica delle singole famiglie.(185)

(185) Cfr Propositio 32.


La celebrazione interiormente partecipata

Catechesi mistagogica

64 La grande tradizione liturgica della Chiesa ci insegna che, per una fruttuosa partecipazione, è necessario impegnarsi a corrispondere personalmente al mistero che viene celebrato, mediante l'offerta a Dio della propria vita, in unità con il sacrificio di Cristo per la salvezza del mondo intero. Per questo motivo, il Sinodo dei Vescovi ha raccomandato di curare nei fedeli l'intima concordanza delle disposizioni interiori con i gesti e le parole. Se questa mancasse, le nostre celebrazioni, per quanto animate, rischierebbero la deriva del ritualismo. Pertanto occorre promuovere un'educazione alla fede eucaristica che disponga i fedeli a vivere personalmente quanto viene celebrato. Di fronte all'importanza essenziale di questa participatio personale e consapevole, quali possono essere gli strumenti formativi adeguati? I Padri sinodali all'unanimità hanno indicato, al riguardo, la strada di una catechesi a carattere mistagogico, che porti i fedeli a addentrarsi sempre meglio nei misteri che vengono celebrati.(186) In particolare, per la relazione tra ars celebrandi e actuosa participatio si deve innanzitutto affermare che « la migliore catechesi sull'Eucaristia è la stessa Eucaristia ben celebrata ».(187) Per natura sua, infatti, la liturgia ha una sua efficacia pedagogica nell'introdurre i fedeli alla conoscenza del mistero celebrato. Proprio per questo, nella tradizione più antica della Chiesa il cammino formativo del cristiano, pur senza trascurare l'intelligenza sistematica dei contenuti della fede, assumeva sempre un carattere esperienziale in cui determinante era l'incontro vivo e persuasivo con Cristo annunciato da autentici testimoni. In questo senso, colui che introduce ai misteri è innanzitutto il testimone. Tale incontro certamente si approfondisce nella catechesi e trova la sua fonte e il suo culmine nella celebrazione dell'Eucaristia. Da questa struttura fondamentale dell'esperienza cristiana prende le mosse l'esigenza di un itinerario mistagogico, in cui devono sempre essere tenuti presenti tre elementi.

a) Si tratta innanzitutto della interpretazione dei riti alla luce degli eventi salvifici, in conformità con la tradizione viva della Chiesa. In effetti, la celebrazione dell'Eucaristia, nella sua infinita ricchezza, contiene continui riferimenti alla storia della salvezza. In Cristo crocifisso e risorto ci è dato di celebrare davvero il centro ricapitolatore di tutta la realtà (cfr
Ep 1,10). Fin dall'inizio la comunità cristiana ha letto gli avvenimenti della vita di Gesù, ed in particolare del mistero pasquale, in relazione a tutto il percorso veterotestamentario.

b) La catechesi mistagogica si dovrà preoccupare, inoltre, di introdurre al senso dei segni contenuti nei riti. Questo compito è particolarmente urgente in un'epoca fortemente tecnicizzata come l'attuale, in cui c'è il rischio di perdere la capacità percettiva in relazione ai segni e ai simboli. Più che informare, la catechesi mistagogica dovrà risvegliare ed educare la sensibilità dei fedeli per il linguaggio dei segni e dei gesti che, uniti alla parola, costituiscono il rito.

c)Infine, la catechesi mistagogica deve preoccuparsi di mostrare il significato dei riti in relazione alla vita cristiana in tutte le sue dimensioni, di lavoro e di impegno, di pensieri e di affetti, di attività e di riposo. È parte dell'itinerario mistagogico porre in evidenza il nesso dei misteri celebrati nel rito con la responsabilità missionaria dei fedeli. In tal senso, l'esito maturo della mistagogia è la consapevolezza che la propria esistenza viene progressivamente trasformata dai santi Misteri celebrati. Scopo di tutta l'educazione cristiana, del resto, è di formare il fedele, come « uomo nuovo », ad una fede adulta, che lo renda capace di testimoniare nel proprio ambiente la speranza cristiana da cui è animato.

Per poter svolgere all'interno delle nostre comunità ecclesiali un tale compito educativo occorre avere formatori adeguatamente preparati. Certamente tutto il Popolo di Dio deve sentirsi impegnato in questa formazione. Ogni comunità cristiana è chiamata ad essere luogo di introduzione pedagogica ai misteri che si celebrano nella fede. A questo riguardo, i Padri durante il Sinodo hanno sottolineato l'opportunità di un maggior coinvolgimento delle Comunità di vita consacrata, dei movimenti e delle aggregazioni che, in forza dei loro propri carismi, possono arrecare nuovo slancio alla formazione cristiana.(188) Anche nel nostro tempo lo Spirito Santo non lesina certo l'effusione dei suoi doni per sostenere la missione apostolica della Chiesa, a cui spetta di diffondere la fede e di educarla fino alla sua maturità.(189)

(186) Cfr Propositio 14.
(187) Propositio 19.
(188) Cfr Propositio 14.
(189) Cfr Benedetto XVI, Omelia ai primi Vespri di Pentecoste (3 giugno 2006): AAS 98 (2006), 509.


La riverenza verso l'Eucaristia


65 Un segnale convincente dell'efficacia che la catechesi eucaristica ha sui fedeli è sicuramente la crescita in loro del senso del mistero di Dio presente tra noi. Ciò può essere verificato attraverso specifiche manifestazioni di riverenza verso l'Eucaristia, a cui il percorso mistagogico deve introdurre i fedeli.(190) Penso, in senso generale, all'importanza dei gesti e della postura, come l'inginocchiarsi durante i momenti salienti della preghiera eucaristica. Nell'adeguarsi alla legittima diversità di segni che si compiono nel contesto delle differenti culture, ciascuno viva ed esprima la consapevolezza di trovarsi in ogni celebrazione davanti alla maestà infinita di Dio, che ci raggiunge in modo umile nei segni sacramentali.

(190) Cfr Propositio 34.



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