Caterina, Lettere 29

A madonna la Reina, donna dello soprascritto signore di Melano, per li detti ambasciadori.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Reverenda madre in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vestita del vestimento dell'ardentissima carità, sì e per sì-fatto modo che voi siate quel mezzo e instrumento che facciate pacificare lo sposo vostro con Cristo dolce Gesù e col vicario suo, Cristo in terra.

So' certa che, se sarà in voi la virtù della carità, non si potrà tenere che lo sposo vostro non ne senta el caldo. E così vuole la prima Verità che voi siate due in uno spirito, e in uno affetto e santo disiderio.

Questo non potreste fare se non fusse in voi questo amore. Ma voi mi direte: «Da che io non ò l'amore, e senza amore io no 'l posso fare, che modo tengo d'averlo?». Dicolo a voi, che amore non s'acquista se non con amore: però che colui che vuole amore, prima gli conviene amare, cioè d'avere volontà d'amare. Poi che egli à avuta questa volontà, conviengli uprire l'occhio del conoscimento, e vedere dove si truova e come e' si truova questo amore. In sé medesimo el trovarà. Come? cognoscendo sé medesimo non essere: vedendo sé non essere per sé medesimo, retribuisce e cognosce da Dio avere l'essere suo, e ogni grazia che è fondata sopra questo essere - cioè le grazie e i doni spirituali e temporali che Idio ci dà -: ché, se noi non fussimo, non potremo ricevere neuna grazia. Sì che ogni cosa à, e truova d'avere, per la inestimabile bontà e carità di Dio.

Come l'anima à veduto e trovata in sé tanta bontà del suo Creatore, levasi e cresce in tanto amore e disiderio che sé e 'l mondo, con tutte le delizie sue, spregia e à in dispetto. E non me ne maraviglio, però che l'è condizione dell'amore che, quando la creatura si vede amare, subbito ama; come egli ama, elegge inanzi la morte che offendere quello che egli ama. Ella si notrica nel fuoco dell'amore perché s'à veduta tanto amare, quando vede sé esser stato quel campo e quella pietra dove fu fitto el gonfalone della santissima croce. Ché voi sapete bene che la terra né la pietra averebbe tenuta la croce, né chiovi né croce averebbero tenuto el Verbo dell'unigenito Figliuolo di Dio, se l'amore non l'avesse tenuto. Adunque l'amore, che Dio ebbe all'anima nostra, fu quella pietra e quelli chiovi che l'ànno tenuto.

Or questo è el modo da trovare l'amore. Poi che aviamo trovato el luogo dove sta l'amore, in che modo ce 'l convien amare? O reverenda e dolcissima madre, egli è la regola e la via: e altra che questa una via non c'è. La via sua, ch'egli insegna a noi - la quale doviamo seguitare, se vogliamo andare per la luce e ricevere vita di grazia -, si è andare per le pene, per gli obrobii, scherni, strazii e villanie e persecuzioni: con esse pene conformarsi con Cristo crocifisso. Egli fu quello Agnello immaculato che spregiò le ricchezze e signorie del mondo; con-ciò-sia-cosa-che fusse Dio e uomo, nondimeno, come regola e via nostra, egli ce la 'nsegna; fatto è osservatore della legge e non trapassatore. Egli è umile e mansueto, che non è udito el grido suo per veruna mormorazione. Egli à uperto sé medesimo per larghezza d'amore; diventa gustatore e mangiatore della salute nostra, non cercando né vedendo sé, ma solo l'onore del Padre e 'l bene delle creature. Egli none schifa le pene, anco va drieto a esse pene.

Grande cosa è a vedere el dolce e buono Gesù, che governa e pasce tutto l'universo, ed esso medesimo in tanta miseria e necessità che non è veruno che sia simile a lui. Egli è mendico in tanto che Maria non ebbe panno dove involgere il figliuolo suo; ne l'ultimo muore nudo in croce, per rivestire l'uomo e coprirli la sua nudità. Nudo era fatto per lo peccato commesso, perduto avea el vestimento della grazia: sì che sé spoglia della vita, e noi ne veste. Dico che l'anima, che averà trovato amore nell'affetto di Cristo crocifisso, che ella si vergognarà di seguitarlo per altra via che per Cristo crocifisso: non vorrà dilizie, né stati, né pompe; anco vorrà stare come peregrina o viandante (He 11,13 1P 2,11) in questa vita, che attende pure di giognare al termine suo. Né per prosperità che truovi nella via, né aversità, se egli è buono peregrino, non tarda però el suo andare: anco va virilmente, per l'amore e affetto ch'egli à posto al termine suo, al quale aspetta di giongere.

Così voglio che facciate voi, dolcissima madre e suoro in Cristo dolce Gesù. Non voglio che miriate per li grandi stati che aviate, né per le grande ricchezze e diletti, né per avversità o tribulazione che vedeste venire. Non vi ritraga el diletto, né non vi ritraga la pena; ma con cuore virile corrite per questa via, dilettandovi sempre delle virtù e di portare pena per Cristo crocifisso, che sì dolcemente ve l'à insegnata.

Prendete delle cose del mondo per necessità della natura, e non per affetto disordinato: ché troppo sarebbe spiacevole a Dio che voi poneste l'amore in quella cosa che è meno di voi, che non sarebbe altro che perdere la dignità sua: ché tale diventa la creatura, quale è quella cosa che egli ama. Se io amo el peccato, el peccato non è: ecco ch'io divento non cavelle. A maggiore viltà non può venire. El peccato non procede da altro che d'amare quello che Idio odia, e odiare quello che Dio ama; dunque amando le cose transitorie del mondo, e sé medesimo d'amore sensitivo, offende, però che è quella cosa che Dio odia, e tanto gli dispiacque che ne volse fare vendetta e giustizia sopra el corpo suo. Fece di sé uno ancudine, fabricandovi su le nostre iniquità.

Or che grande miseria e cechità è quella della creatura, a vedere sé, creato alla imagine e similitudine sua (Gn 1,26), e anco riformato in grazia (poi che la perdé per lo peccato mortale, con l'abondanzia del sangue suo riformò questa imagine), ed ella è tanto cieca che abbandona l'affetto e l'amore che l'à fatta grande per la sua bontà, e dassi ad amare quelle cose che sono fuori di Dio, cioè traendo l'affetto e l'amore fuore di lui, e amare le cose create e sé medesimo senza lui! Ché non è la forma degli stati e delizie del mondo, né le creature, che siano reprensibili; ma è l'affetto che la persona vi pone, trapassandone per questo affetto el comandamento dolce di Dio. Così, per lo contrario, quando l'amore e l'affetto si leva da sé, e pollo tutto in Cristo crocifisso, egli viene nella maggiore degnità che possi venire, però che diventa una cosa col suo Creatore. E che meglio può avere, che essere unito in colui, che è ogni bene? E non la può riputare a sé quella dignità e unione, ma all'amore. Perché sarebbe grande una serva che fosse presa per sposa dallo 'mperadore, ché, subito che ella è unita con lui, è fatta imperadrice, e non per sé, ch'ella era serva, ma per la dignità dello imperadore.

Così pensate, carissima madre in Cristo dolce Gesù, che l'anima inamorata di Dio, che è serva e schiava ricomprata del sangue del Figliuolo di Dio, viene a tanta dignità che ella non si può chiamare serva, ma imperadrice, sposa dello imperadore etterno. Ben s'acorda con la parola della prima verità: «El servire a Dio non è essere servo, ma regnare»: anco gli tolle la servitudine del peccato, e fallo libero. Bene è forte dunque questa unione perfetta, che, oltra alla dignità della creazione sua, per l'unione dell'amore e delle virtù, fa perfetta questa dignità prima dell'essere, cioè per l'unione che à fatta col suo Creatore. Questa s'è spogliata dell'uomo vecchio di sé medesima, e vestita del nuovo, Cristo dolce Gesù. Allora è aperta l'anima a ricevere e tenere la grazia, colla quale in questa vita gusta Idio; poi, ne l'ultimo, vede l'etterna visione sua, dove si pacifica e à perfetto riposo e quiete, però che sono adempiti e' desideri suoi. Questa è la ragione che in questa vita non può avere questa pace: perché non è saziato el disiderio suo infino che non gionge all'unione della divina essenzia: à solamente fame e desiderio mentre che è viandante e peregrino (He 11,13 1P 2,11) in questa vita: desiderio à di fare la via dritta, e à fame di giongere al termine e al fine suo. El qual desiderio el fa correre per la via, per la strada battuta da Cristo crocifisso, sì come di sopra è detto; ché, se non avesse amore al suo fine, cioè a Dio, non si curarebbe di volere sapere la via.

Adunque voglio che cresciate el santo e vero desiderio a seguitare questa via, che vi fa gionger al termine.

Sappiate che ella non è buia né tenebrosa né piena di spine, anco è lucida con vero lume; e battélla questa strada, col sangue suo, Gesù Cristo, che è esso lume. Non ci à spine, ch'ella è odorifera, piena di fiori e di soavi frutti, in tanto che, come la creatura comincia a tenere per essa strada e via dolce, gustavi tanta dolcezza che inanzi elegge la morte che volersene partire. E con-ciò-sia-cosa-che in questa via ci si veggano spine, che paiono spine di molte tribulazioni e illusioni del dimonio, e 'l mondo ci si para inanzi colla infiata superbia, dico che non le cura quella anima che si diletta in questa via: ma fa come colui che va al rosaio, che coglie la rosa e lassa stare la spina; così ella, delle tribulazioni e angoscie del mondo: le lassa dietro, e coglie la rosa odorifera della vera e santa pazienzia, ponendosi dinanzi a l'occhio del cognoscimento el sangue dell'Agnello che dà vita, posto in capo di questa strada.

Adunque corrite, madre, e corrano tutti e' veri fedeli cristiani, all'ogietto di questo sangue, dietro a l'odore suo (Ct 1,3). Allora diventaremo veramente ebri d'esso sangue, arsi e consumati nella divina dolce carità; fatti saremo una cosa con lui. Faremo come l'ebro, che non pensa di sé, se non del vino ch'egli à bevuto e di quello che rimane a bere. Inebriatevi di sangue per Cristo crocifisso; poi che l'avete inanzi, non vi lassate morire di sete; non ne prendete poco, ma tanto che voi inebriate, sì che perdiate voi medesima.

Non amate voi per voi, ma voi per Idio; né la creatura per la creatura, ma solo a loda e gloria del nome di Dio; né amate Idio per voi, per vostra utilità, ma amate Dio per Idio, in quanto è somma bontà, degno d'esser amato. Allora l'amore sarà perfetto e non mercenaio; non potrete pensare altro che di Cristo crocifisso, del vino che avete bevuto, cioè della perfetta carità, la quale vedete che Idio v'à data e mostrata inanzi la creazione del mondo, inamorandosi di voi prima che voi fosti: ché, se non si fusse inamorato, mai non v'arebbe creata. Ma, per l'amore ch'egli v'ebbe vedendovi in sé, egli si mosse a darvi l'essere. Or qui si distendaranno e' pensieri vostri in questa carità beuta. Dico che pensarete in quello che è a bere, cioè aspettando e desiderando d'avere e gustare la somma etterna bellezza di Dio. Ora aviamo trovato el luogo ove si riposa l'amore (Ct 1,6) e dove l'anima l'acquista, e trovato in che modo ce 'l conviene pigliare.

Or vi prego, per l'amore di Cristo crocifisso, che non siate negligente, ma sollicita ad andare a questo luogo, e tenere per questa via mostrata di sopra. Facendolo, adimpirete el disiderio e la volontà di Dio in voi - che non cerca né vuole altro che la vostra santificazione - e 'l disiderio di me, misera miserabile, piena di peccati e d'iniquità, che ò fame e volontà della salute vostra, sì per voi, e sì per lo mezzo ch'io voglio che siate a lo sposo vostro, inducendolo a virtù e a seguitare la via della verità. Invitatelo e pregatelo, quanto potete, a fare che sia vero figliuolo e servo a Cristo crocifisso, obediente al padre santo, la cui vece tiene, e non sia più ribello.

Padre e madre carissimi, siatemi uniti in una volontà e uno spirito. Non aspettate el tempo, ché 'l tempo non aspetta voi. Guardate guardate che l'occhio di Dio è sopra di voi, e veruno è che da quello occhio si possa nascondere. Egli è el dolce Idio nostro, che non à bisogno di noi: amocci prima che da noi fusse amato, donocci sé medesimo per grazia e non per debito. Non voglio che siate ingrata a tanto benifizio, ma grata e conoscente, rispondendo alla grazia e clemenzia de lo Spirito santo. Pregovi che e' figliuoli vostri sempre gli nutrichiate e aleviate nel timore di Dio. Non attendete pur a' corpi loro, ma alla salute de l'anime.

Sappiate che Dio ve li richiederà ne l'ultimo dì. Non dico più.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Perdonate alla mia ignoranzia, se troppo vi gravasse di parole; ma, per la fame e amore ch'io ò alla salute vostra, piuttosto farei in effetto che con parole.

Venne a me quel vostro fedele serviziale per vostra parte; dissemi a bocca la vostra ambasciata, la quale ò ricevuta molto graziosamente etc. Gesù dolce, Gesù amore.



30

Alla badessa del monasterio di santa Marta da Siena e a suoro Nicolosa del detto monasterio.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso.

A voi, dilettissima e carissima madre e suoro, madonna, e a te, figliuola e suoro Nicolosa, io Caterina, inutile serva (Lc 17,10) di Gesù Cristo e vostra serva inutile voglio fare a voi l'offizio che fa el servo al signore, che sempre porta e arreca: così voglio portare sempre voi nel conspecto del dolcissimo Salvatore.

E così portando, da l'ineffabile carità sua impetraremo grazia di fare l'altro atto del servo, di ritornare in giuso: così venremo ne la grazia del cognoscimento di noi e di Dio. Però che non mi pare di potere avere virtù né la plenitudine de la grazia, senza l'abitazione de la cella del cuore e dell'anima nostra, nel quale luogo acquistaremo el tesoro che c'è vita, cioè l'abisso santo del santo cognoscimento di sé e di Dio, dal quale santo cognoscimento, suore carissime, procede quello santissimo odio che ci fa unire in quella somma etterna e prima Verità, cognoscendo noi somma bugia, operatori di quella cosa che non è. Così odiando gridaremo con voce di cuore, manifestando la sua bontà: Tu solo se' colui che se' buono, tu se' quello mare pacifico, donde escono tutte le cose che ànno essare, excepto che quella cosa che non è, non è in lui, cioè el peccato. Come disse la somma Verità a una serva sua inutile: «Io voglio che tu sia amatrice di tutte quante le cose; ché sono tutte buone e perfette e sono degne d'essare amate, e tutte sono fatte da me che so' somma bontà, excepto che il peccato non è in me, ché se fusse in me, dilettissima mia figliuola, sarebbe degno d'essare amato».

O amore inestimabile, però vuoli che noi ci odiamo, per le perverse nostre volontadi donde procede questo che non è in te. Dunque, madre e suoro dilettissime in Cristo Gesù, corriamo corriamo corriamo morte, per la via de la verità. E se mi diceste: che uccidiamo? gridiamo con l'apostolo: la nostra perversa volontà.

Che dice lo inamorato di Pavolo? «Mortificate le membra del corpo vostro» (Col 3,5). Non dice così de la volontà, ma vuole ch'ella sia morta e non mortificata. O dolcissimo e dilettissimo amore, io non ci so vedere altro rimedio se non quello coltello che tu avesti, dolcissimo amore, nel cuore e nell'anima tua. Ciò fu l'odio che avesti al peccato e l'amore che avesti a l'onore del Padre e a la nostra salute. O amore dolcissimo, questo fu quello coltello che trapassò el cuore e l'anima de la Madre. El Figliuolo era percosso nel corpo, e la Madre similemente; perché quella carne era di lei. Ragionevole cosa era, come cosa sua, ched elli aveva tratto di lei carne.

Io m'avego, o fuoco di carità, che ci à un'altra unione. Egli à la forma de la carne, ed ella, come cera calda, à ricevuta la impronta del desiderio e dell'amore de la nostra salute, ricevuta dal sugello - ed è 'l sugello de lo Spirito santo -, el quale sugello e inesto à incarnato quel Verbo etterno divino. Ella, come arbore di misericordia, riceve in sé l'anima consumata del Figliuolo, la quale anima è vulnerata e ferita de la volontà del Padre: ella, come arbore che à in sé lo 'nnesto, è vulnerata col coltello dell'odio e dell'amore.

Or è tanto moltiplicato l'odio e l'amore ne la Madre e nel Figliuolo, che 'l Figliuolo corre a la morte per lo grande amore che egli à di darci la vita. Tanta è la fame e 'l grande desiderio de la santa obedienzia del Padre, che elli à perduto l'amore proprio di sé e corre a la croce. Questo medesimo fa quella dolcissima e carissima Madre, che volontariamente perde l'amore del Figliuolo. Ché non tanto ch'ella faccia come madre, che 'l ritraga da la morte, ma ella si vuole fare scala e vuole ch'elli muoia. Ma non è grande fatto, però ch'ella era vulnerata de la saetta dell'amore de la nostra salute.

O carissime suoro e figliuole tutte quante in Cristo Gesù, se per infino a qui non fussimo arse nel fuoco di questo santo desiderio de la Madre e del Figliuolo, non si contenghino più ostinati e' cuori nostri: di questo vi prego da parte di Cristo crocifisso, che questa pietra si dissolva con l'abondanzia del sangue caldissimo del Figliuolo di Dio, che è di tanta caldezza che ogni durizia o freddezza di cuore debba dissolvare. In che ci fa dissolvere? solamente in quello che detto aviamo: ci fa dissolvere nell'odio e nell'amore, e questo fa lo Spirito santo quando viene nell'anima. Adunque vi comando e vi costringo che voi dimostriate di volere in voi questo coltello. E se mi dimandaste in che el potiamo dimostrare, rispondovi: in due cose voglio che 'l dimostriate nel conspecto di Dio. Cioè voglio che voi non vogliate tempo a vostro modo, ma a modo di Colui che è: così sarete spogliate de la vostra volontà e vestite de la sua.

Intesi che mi scriveste del desiderio ch'avavate del mio venire a voi; voglio che questo si mitichi col giogo soave del Figliuolo di Dio, e così ricevarete questo tempo e ogni altro tempo, quanto malagevole si fusse, pensando che non può essare altro che nostro bene: con reverenzia riceviamo ogni tempo.

L'altra si è che voi andiate col giogo de la santa obedienzia. E voi singularmente, madonna, vogliate essere obediente a Dio in portare la fadiga che elli v'à posta, cioè d'avere a governare le pecorelle sue. E non vi recate a malagevole, se vi vedete molte volte per l'impacci di dare fadiga al prossimo per onore di Dio, e questo veggio che facevano i discepoli santi, che spregiavano ogni consolazione spirituale e temporale. O quanta consolazione avarebbero avuta, di ritrovarsi co' la madre de la pace del Figliuolo di Dio, e l'uno con l'altro ritrovarsi insieme! E non di meno, come vestiti del vestimento nuziale (Mt 22,11-12) del maestro, e' si danno a ogni fadiga e obrobrio e morte, per l'onore di Dio e salute del prossimo, l'uno separato dall'altro e così spregiando le consolazioni e abracciando le pene: così voglio che facciate voi.

E se mi diceste de la grande sollicitudine de le cose temporali che vi conviene avere, rispondovi che, tanto sono temporali quanto le facciamo; e già v'ò detto che ogni cosa procede da la somma bontà: dunqu'è ogni cosa e buona e perfetta. Sì che non voglio col colore de le cose temporali schifiate la fadiga, ma voglio che sollecitamente e con occhio dirizzato secondo Dio siate sollecita. Singularmente siate sollecita dell'anime loro. Ché, come dice santo Bernardo, la carità, s'ella ti lusinga, non t'inganna; s'ella ti corregge, non t'odia. Adunque virilmente vi portate, con asprezze e con lusinghe, secondo che bisogna ne lo stato vostro.

Non siate negligente a correggiare e' difetti; e, piccioli o grandi, che sieno puniti secondo che la persona è atta a ricevare: chi fusse disposto a portare diece libre, non ponete vinti, ma tollete quello che potete avere.

E loro prego per parte di colui che fu fatto portatore d'ogni nostra miseria, ch'elle s'inchinino per la porta stretta (Mt 7,13 Lc 13,24) de la santa obedienzia, a ciò che la superbia de la loro volontà non lo' rompesse el capo. E non vi paia, suoro carissime, fadigoso de la santa riprensione. O se voi sapeste quanto è dura la riprensione di Dio ch'è fatta all'anima che schifa la riprensione di questa vita! Sì che meglio è che le negligenzie e l'ignoranzie nostre e 'l poco amore che avemo a la santa ubidienzia, ch'elle sieno punite co' le riprensioni fatte nel tempo finito che quella dura nel tempo infinito. Adunque siate ubbidienti, per amore di quello dolcissimo e amantissimo giovano Figliuolo di Dio, che fu ubidiente infino a la morte. E così avaremo el coltello sopra detto; avendo tagliato per la virtù di Dio el vizio de la superbia trovarenci radicati ne la virtù santa de la carità, la quale dimostraremo ne la virtù de la santa ubidienzia, che dimostraremo per la virtù de la santa umilità. Altro non vi dico, se non che noi facciamo una santa petizione acciò che noi potiamo servare ciò che noi aviamo detto.

Chi è in camino, à bisogno di lume, acciò che non erri el camino: ò trovata una luce, ed è quella dolce vergine Lucia romana che ci dà lume. A quella dolcissima inamorata Magdalena dimandaremo quello dispiacimento che ella ebbe di sé; ad Agnesa - che è agnella mansuetudine e umilità -: sì che ecco che Lucia ci dà lume, Magdalena odio e amore, Agnesa ci dà l'olio dell'umilità. E così fornita la navicella dell'anima nostra, andaremo a visitare el luogo santo de la beata santa Marta, di quella inamorata spedaliera che ricevette Cristo uomo e Dio, ora collocata in casa del Padre, cioè in quella essenzia di Dio, ne la quale essenzia e visione, spero, - per l'abondanzia del sangue di Gesù Cristo, e per li meriti di costoro, e di quella dolcissima madre - noi gustaremo e vederemo Cristo a faccia a faccia. Pregovi che siamo solliciti di consumare la vita per lui. Laudato sia el nostro dolce Salvatore.

A voi madonna e a te Nicolosa, figliuola e suoro, io mi racomando e prego che mi racomandiate a suoro Augustina e a tutte l'altre, che preghino Dio per me, che mi levi de la via de la negligenzia e corra morta per la via de la verità. Altro non vi dico di questa materia. Laudato sia Gesù Cristo crocifisso. Amen.



31

A madonna Mitarella donna di Vico da Mogliano, senatore che fu a Siena nel mccclxxiij.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissima e carissima madre e suoro in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva inutile di Gesù Cristo, mi vi racomando, confortandovi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi nel cospetto di Dio serva fedele, cioè che voi stiate in quella fede che dà letizia e gaudio ne l'anima nostra. Questa è quella dolce fede che a noi conviene avere, sì come disse el nostro Salvatore: «Se voi arete tanta fede quanto è uno granello di senape, e comandaste a questo monte, sì si levarebbe» (Mt 17,20). In questa fede, dilettissima suoro, vi prego che permaniate.

Mandastemi dicendo che per lo caso occorso al sanatore - del quale mi pare che abbiate avete avuto grandissimo timore -, che non avete altra fede né altra speranza se no ne l'orazioni de' servi di Dio. Und'io vi prego, da parte di Dio e del dolcissimo amore Gesù Cristo, che sempre rimaniate in questa dolce e santa fede. O fede dolce, che ci dai vita! Se voi starete in questa santa fede, già mai nel vostro cuore non caderà tristizia, perché la tristizia non procede da altro se non dalla fede che poniamo nelle creature; ché le creature sono cosa morta e caduca che vengono meno, e il cuore nostro non si può mai riposare se no in cosa stabile e ferma. Adunque essendo el nostro cuore posto ne le creature, non è in cosa ferma, ché oggi è l'uomo vivo e domane è morto. Convienci dunque, a volere avere riposo, che noi riposiamo il cuore e l'anima, per fede e amore, in Cristo crocifisso: allora trovaremo l'anima nostra piena di letizia. O dolcissimo amore Gesù! Suoro mia, non temete le creature; sì come disse Cristo benedetto - «Non temete gli uomini, che non possono uccidere altro che 'l corpo; ma temete me, che posso uccidare l'anima e 'l corpo» (Mt 10,28 Lc 12,4-5) -, lui temiamo, che dice che non vuole la morte del peccatore, anco vuole che si converta e viva (Ez 33,11). O inestimabile carità di Dio, che prima ci minaccia che può uccidare el corpo e l'anima, e questo fa per farci umiliare e stare nel santo timore! O bontà di Dio! Per dare letizia a l'anima dice che non vuole la morte nostra, ma che viviamo in lui. Allora dimostrarete, dilettissima suoro, che siate viva, quando la vostra volontà sarà unita e acordata con quella di Dio. Questa volontà dolce vi darà la fede e la speranza viva, posta tutta in Dio.

A volere dare vita a questa santa fede, due cose vi prego che abiate ne la memoria. La prima si è che Dio non può volere altro che 'l nostro bene - e per darci quello vero bene, dié sé medesimo infino all'obrobiosa morte de la croce -, del quale bene fumo privati per lo peccato. Egli dolcemente umiliò sé medesimo, per rendarci la grazia e tòllare da noi la superbia; adunque, bene è vero che Dio non vuole altro che 'l nostro bene. L'altra si è che voi crediate che veramente ciò che aviene a noi - o per morte o per vita, o per infermità o per sanità, o ricchezza o povertà, o ingiuria che fusse fatta a noi da amici o da parenti o da qualunque creatura - voglio che crediate ch'egli è permessione e volontà di Dio, ché senza sua volontà non cade una foglia d'albore. Adunque non solo non temete questo, perché a misura tanto Dio ci dà quanto potiamo portare, e più no (1Co 10,13); ma con riverenzia riceviamo, dilettissima suoro, riputandoci indegni di tanto bene quanto egli è a portare fatica per Dio. E perché 'l dimonio ci volesse mettare una grande paura per lo caso del quale voi temete, pigliate subito l'arme della fede, credendo che per Cristo crocifisso saremo deliberati, e così rimarrete in perfettissima letizia, credendo, come abiamo detto, che Dio non vuole altro che 'l nostro bene. Confortatevi in Cristo crocifisso, e non temete.

Altro non vi dico, se no che tutte le vostre operazioni sieno fatte con amore e timore di Dio.

Ricordovi che voi dovete morire, e non sapete quando; e l'occhio di Dio è sopra di voi e riguarda tutte le vostre operazioni. Dolce Dio, dacci la morte inanzi che noi t'offendiamo.

Laudato sia Gesù Cristo etc.



32

A frate Jacomo da Padova priore del monasterio di Monte Oliveto di Fiorenza.

Al nome di Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, venerabile padre in Cristo Gesù, per riverenzia di quel santissimo sacramento, io Caterina, serva e schiava de' servi di Cristo, mi vi racomando nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi veramente servo fedele al nostro dolce Salvatore, sì come elli disse: «Se voi avrete tanto fede quanto è uno granello di senape e comandarete a questo monte, elli si levarà». (Mt 17,19) E così mi pare veramente, padre, ch'è l'anima fedele: che tutta la fede e la speranza sua abbi posto in sul legno de la santissima croce, due noi troviamo l'Agnello arrostito al fuoco de la divina carità; e ine acquista l'anima tanta fede che non sarà neuno monte - cioè monte di neuno peccato o superbia o ignoranzia o negligenzia nostra -, comandandolo con fede viva per virtù di quella santissima croce, che la volontà nostra non muova questo monte da vizio a virtù, da negligenzia a sollecitudine, da superbia a vera e perfetta umilità. Raguardando Dio umiliato a sé uomo, levarassi el monte dell'ignoranzia, rimarremo umiliati nel vero e perfetto cognoscimento di noi medesimi, vedremo noi non essare ma operatori di quella cosa che non è. Allora truova l'anima in sé fondata la bontà di Dio con tanto ardentissimo amore, però che vede ched e' l'amò in sé medesimo inanzi ched egli el creasse. Dipoi ch'egli l'à veduta - la miseria sua e la bontà di Dio in lui -, viene in uno odio di sé medesimo e in uno amore del dolce Gesù perché si vede essare stato ed è ribello a Dio, ma, facendo quello bene el quale noi potiamo fare, vorrà fare giustizia di sé medesimo; e non tanto che si chiami contento di fare giustizia di sé, ma elli desidera che le creature ne faccino vendetta, volendo sostenere da loro ingiurie, strazii e scherni e villanie: in altro non si può dilettare che sostenere e portare fadighe con buona e vera pazienzia.

Allora manifesta la fede sua viva e none morta, che à conformata la volontà sua con quella di Dio; à comandato a' monti che si levino e sonsi levati, e, rimasto in virtù, diventa giudicatore de la santa volontà di Dio, da la quale volontà nasce uno lume: e ciò che vede e ciò che li fusse fatto, o da uomini o da dimonia o per qualunque modo sia, non può vedere che proceda da altro che da questa santa volontà di Dio. E veruna cosa a quella mente e a quella anima li può essare pena, né veruno tempo né stato vuole eleggiare a suo modo, se non secondo che a la bontà di Dio piace, perché vede che Dio è sommamente buono: non può volere altro che bene e la nostra santificazione, sì come disse el dolce inamorato di Pavolo che la volontà di Dio è che noi siamo santificati in lui.

Adunque, poi che l'anima à veduto tanto ineffabile amore, e ciò che Dio fa e permette è dato a noi per singulare amore, levisi l'anima nostra con perfetta sollecitudine a vestirsi e stregnare a sé questo santo e dolce vestimento, el quale fa adempire quella dolce parola del salterio: «Gustate e vedete». (Ps 33,9) E veramente, carissimo padre, così è, ché se l'uomo nol gusta in questa vita per amore e per desiderio, nol potrà vedere ne la vita durabile. O quanto sarà beata l'anima nostra se noi el gustaremo, essendo vestiti di questa santa e dolce volontà: el quale è el segno che noi dimostriamo al Salvatore nostro con l'amore che noi portiamo a lui; e dell'amore nasce la fede viva, e tanto ò fede o speranza quanto amo; e l'amore, cioè la divina carità, parturisce e' figliuoli de le virtù vive e non morte. Or sù, padre, transformiamo el cuore e l'anima nostra in questo consumato e infocato e ardentissimo amore, niscosi nelle piaghe del cuore consumato del Figliuolo di Dio.

Permanete ne la santa dilezione di Dio. Corriamo corriamo che 'l tempo è breve. Gesù dolce Cristo Gesù.



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All'abbate di Monte Oliveto volendogli rimettere nelle mani uno frate uscito dell'Ordine suo.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi in perfettissima carità.

La quale carità non cerca le cose sue (1Co 13,5); ella è libera e non è serva della propria sensualità; ella è larga, che dilata il cuore nell'amore di Dio e dilezione del prossimo suo, e però sa portare e supportare (1Co 13,7-d) i difetti delle creature per amore del Creatore. Ella è pietosa e non crudele, perché à tolta da sé quella cosa che fa l'uomo crudele - cioè l'amore proprio di sé - e però riceve caritativamente con grande pietà il prossimo suo per Dio; ella è benivola e pacifica e non iracunda (1Co 13,4-5); ella cerca le cose giuste e sante, e non le ingiuste; e come le cerca così l'osserva in sé, e però riluce la margarita della giustizia nel petto suo.

La carità, se ella lusinga, non inganna; e se ella riprende, non à ira né odio, ma caritativamente ama tutti come figliuoli: o lusingando o riprendendo, in qualunque modo si sia. Ella è una madre che concipe nell'anima i figliuoli delle virtù, e parturiscele per onore di Dio nel prossimo suo. La sua baglia è la vera e profonda umilità. Che cibo le dà questa sua nutrice? Cibo di lume e di cognoscimento di sé, col quale lume cognosce la miseria sua e la fragile sensualità, cagione d'ogni miseria. Con questo cognoscimento s'aumilia l'anima e concipe odio verso sé medesima; con questo nutrica il fuoco della divina carità, cognoscendo la grande e ineffabile bontà di Dio in sé, la quale bontà è cagione principio e fine d'ogni suo cognoscimento.

Dopo questo lume e cognoscimento si diletta di quel cibo che Dio più ama, cioè della sua creatura la quale creò alla imagine e similitudine sua (Gn 1,26); e tanto l'amò che egli le donò il Verbo del suo Figliuolo perché placasse l'ira sua, e traessela della lunga guerra nella quale era caduta per la colpa d'Adam, e lavasse la faccia dell'anima - che per la colpa era tutta lorda - nel sangue dolcissimo suo. Egli fu nostra pace (Ep 2,14) e nostro tramezzatore tra Dio e noi (Col 1,20), ricevendo i colpi della giustizia sopra di sé; egli fu il nostro medico, sì come dice il glorioso Paulo: Quando l'umana generazione giaceva inferma venne il grande medico nel mondo per sanare le nostre infermità. Egli è nostro conforto, perché ci s'è dato in cibo. Questo dolce e amoroso Verbo, per compire l'obedienzia e voluntà del Padre suo nella creatura, corse come inamorato ponendosi alla mensa della santissima croce: e ine mangiò il cibo dell'anime, sostenendo pene obrobrii strazii e villanie, e ne l'ultimo la penosa morte della croce, aprendo il corpo suo che da ogni parte versa sangue.

Tutto questo manifesta l'amore che Dio à a l'uomo: unde quello che è in carità ama e dilettasi del cibo dell'anime; e già per altra via né per altro modo non vuole pigliare questo suave cibo che 'l pigliasse il dolce e amoroso Verbo Cristo dolce e buono Gesù. Se egli sostenne, ed ella vuole sostenere con lui insieme, unde patisce fame, sete, nudità, scherni e villanie, molestie dagli uomini e dalle dimonia. Egli sopportò la nostra ingratitudine, non ritraendo però adietro di compire la nostra salute: dico che in questo e ogni altra cosa l'anima che sta in carità, quanto l'è possibile, si conforma con lui, e vuole seguitare le vestigie sue. Ella vuole ricogliere e ricoglie con benignità sotto l'ale della misericordia chi l'avesse offesa, perché vede che quel medesimo la bontà di Dio à fatto a lei.

Quanto è dolce dunque questa madre carità! è veruna virtù che non sia in lei? No. Ella non è tenebrosa, perché la guida sua è il lume della santissima fede, la quale fede è la pupilla dell'occhio de l'intelletto, che mena l'affetto in quello che debbe amare, ponendogli per obiecto l'amore che Dio gli à, e la dottrina di Cristo crocifisso. Unde l'affetto, che col lume vede sé essere amato, è costretto ad amare e mostrare che in verità ami il suo Creatore, seguitando la dottrina della verità. Bene è dunque da levarsi dal sonno della negligenzia e della ignoranzia, e con sollicitudine cercare questa madre nel sangue di Cristo crocifisso, però che il sangue ci rappresenta questo dolce e amoroso fuoco: e per questo modo acquisteremo la vita della grazia; per altra via, no. E però vi dissi che io desiderava di vedervi fondato in vera e perfettissima carità: ogni creatura che à in sé ragione la debbe avere in sé, perché ci è necessaria se voliamo gustare Dio nella vita durabile.

Ma molto maggiormente ne sono tenuti e obligati quegli che ànno a reggere e governare anime, ed è lo' di grande bisogno, però che egli è sì grande peso che, se fossino privati della carità, non portarebbono questo giogo senza offesa di Dio. Non vuole essere tiepida né imperfetta la carità del prelato, ma perfetta con grandissimo caldo d'amore e desiderio della salute de' sudditi suoi: con lume e discrezione sapere dare ad ognuno secondo che è atto a ricevere; caritativamente correggere, facendosi infermo con loro insieme, lusingando e correggendo secondo che vuole la giustizia e la misericordia; cercando la pecorella ismarrita, e poi che l'à trovata ponersela in su la spalla, portando i pesi suoi sopra di sé, rallegrandosi e facendo festa della pecorella ritornata all'ovile.

A questa allegrezza v'invito, carissimo padre, inverso la pecorella vostra che tanto tempo stette nella congregazione dell'altre pecorelle, cioè frate Pietro, il quale è oggi monaco di Santo Lorenzo; e pare che, umiliato e apparecchiato a ricevere la verga della giustizia, si voglia ritornare al suo ovile, all'obedienzia dell'Ordine e vostra chinando il capo allo stare e all'andare secondo che piacerà alla santa obedienzia.

Vedesi stare a pericolo fuore dell'ordine suo e ricognosce la colpa sua, e però verrà ad voi a chiedervi le mollicole che caggiono della mensa. Pregovi che gli apriate le braccia della misericordia a riceverlo caritativamente, sicome debba fare il padre al suo figliuolo. Siatemi un buono pastore che poniate la vita per le pecorelle vostre, se bisogna. Altro non vi dico.

Permanete nella santa etc. Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina, Lettere 29